TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 555 di Martedì 26 gennaio 2016

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   BOSCO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2015, una violenta tromba d'aria ha colpito la città di Licata, in provincia di Agrigento, nelle prime ore del mattino, fortunatamente senza causare morti o feriti, ma lasciando dietro di sé ingenti danni al settore dell'agricoltura;
   trenta milioni di euro di danni, 500 aziende sul lastrico, 10 mila lavoratori per strada (5.000 addetti e altrettanti dell'indotto): sono questi i numeri del disastro provocato dalla tromba d'aria che ha raso al suolo ettari di serre di tunnel, colture e recinzioni, in quasi tutte le contrade del territorio;
   gli operatori del comparto agricolo non hanno più nulla: sono state rase al suolo intere coltivazioni di pomodori, zucchine e fagiolini. Le aziende sono sparite nel nulla e, senza liquidità per ripartire, Licata avrà dei danni economici che non hanno precedenti nella sua storia;
   mai in effetti nella storia degli ultimi 100 anni si era verificato un evento atmosferico di questa portata. L'agricoltura a Licata garantisce un prodotto che si aggira attorno a 120 milioni di euro e che permette a molte famiglie di sopravvivere –:
   quali iniziative intenda predisporre al fine di sostenere gli agricoltori di Licata così gravemente colpiti dalla tromba d'aria del 10 ottobre 2015, salvaguardando quindi posti di lavoro del comparto agricolo e dell'indotto dell'intero territorio.
(3-01775)
(19 ottobre 2015)

B) Interrogazione

   BATTELLI e PETRAROLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa e da un generico comunicato del dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri si apprende che l'Italia ha presentato una proposta di revisione dell'Unione economica e monetaria (UEM) da sottoporre ai «quattro presidenti» (sono così denominati il presidente della Commissione, il presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell'eurogruppo e il presidente della Banca centrale europea);
   la proposta prende le mosse da un report preparato dai 4 presidenti e discusso durante il Consiglio europeo informale di febbraio 2015, che si concludeva con una richiesta di proposte di revisione dell'Unione economica e monetaria agli Stati membri;
   sempre da fonti di stampa si apprende che l'Italia propone, una serie di misure, in parte limitative della sovranità nazionale, ampliando i poteri dell'Unione europea in tema non solo di governance economica, ma anche in materia fiscale. Nel documento sembra auspicarsi una svolta dell'Unione europea nel senso della creazione di un'unione più politica. Si propone inoltre di affiancare alle politiche economiche e monetarie delle misure redistributive atte a controbilanciare gli squilibri derivanti dall'unione monetaria. Una proposta di questo tipo comporta un evidente cessione di sovranità nazionale da parte dell'Italia all'Unione europea e pertanto dovrebbe essere sostanziata dalla legittimità popolare che solo il Parlamento potrebbe fornirgli;
   la proposta italiana è stata inviata dal Governo direttamente in sede europea, senza essere stata preventivamente trasmessa al Parlamento né tanto meno aver messo le Camere nelle condizioni di approvare atti di indirizzo;
   il trattato di Lisbona prevede all'articolo 12 che i parlamenti abbiano un ruolo centrale nell'integrazione comunitaria, principio rafforzato con il protocollo n. 1 allegato al trattato stesso, non solo nel controllo del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, ma anche un ruolo fondamentale nell'ambito delle proposte legislative presentate delle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri stessi;
   in virtù dei principi costituzionali, è da intendersi chiaro, ad avviso degli interroganti, come qualsiasi proposta che tratta di nuove cessioni di sovranità, debba preventivamente passare per il vaglio del Parlamento italiano, unico organo rappresentativo dei cittadini, dove solo dopo una discussione e un voto su un atto di indirizzo il Governo può ritenersi legittimato a portare avanti nuove proposte di governance in seno all'Unione europea;
   l'articolo 7 della legge n. 234 del 2012, in particolare letto alla luce dell'articolo 6 a cui fa riferimento, prevede che sugli atti quali i progetti di atti dell'Unione europea o atti preordinati alla formulazione degli stessi e le loro modificazioni i competenti organi parlamentari possono adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei regolamenti delle Camere. Parimenti si prescrive che il Governo è tenuto ad assicurare che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero di altre istituzioni od organi dell'Unione, sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere; se ne deduce un obbligo del Governo a trasmettere alle Camere atti come quelli in esame –:
   su che basi ed in virtù di quale principio il Governo abbia ritenuto di non dover consultare le Camere prima della trasmissione in sede europea della proposta descritta in premessa;
   quale sia la legittimazione democratica di una proposta che cede sovranità popolare senza coinvolgere il Parlamento;
   cosa intenda fare il Governo per coinvolgere il Parlamento nel processo di completamento dell'Unione economica e monetaria. (3-01950)
(21 gennaio 2016)

C) Interrogazione

   LENZI. – Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da notizie di stampa, il comando dei vigili del fuoco di Bologna avrebbe messo a bando il ruolo di medico del lavoro nella locale caserma, per un compenso annuo complessivo di 4.000 euro annui, e tale incarico sarebbe stato assegnato al dottor Ercole De Castro;
   il dottor De Castro risulta essere uno stimato professionista e vanta una difficilmente eguagliabile esperienza medica, dall'alto dei suoi 92 anni;
   il direttore regionale del dipartimento dei vigili del fuoco, Tolomeo Litterio, intervistato dalla stampa locale sulla singolare circostanza che ha portato alla nomina del dottor De Castro, sulla base di un bando di gara per soli titoli e senza alcun limite di età, ha difeso tale scelta in virtù della riconosciuta capacità diagnostica del professionista e del suo instancabile impegno lavorativo;
   pur con riferimento a ruoli e inquadramenti del tutto differenti, uno dei primi provvedimenti adottati dal Governo in carica, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 1, ha riguardato il cosiddetto ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, ma notizie come quelle del comando dei vigili del fuoco di Bologna appaiono andare in direzione del tutto opposta allo spirito della richiamata norma –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione all'episodio sommariamente illustrato in premessa, se non ritengano necessario adottare le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di tale selezione e, in prospettiva, per prevenire il riproporsi di scelte analoghe.
(3-01948)
(21 gennaio 2016)

D) Interrogazione

   LENZI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. – Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 178 del 2012 in applicazione della legge n. 183 del 2010 prevede la riorganizzazione della Croce rossa italiana;
   tale decreto prevede all'articolo 1 la privatizzazione della Croce rossa italiana attraverso la costituzione dell'associazione Croce rossa italiana e quindi «Le funzioni esercitate dall'Associazione italiana della Croce rossa (CRI), sono trasferite alla costituenda Associazione della Croce rossa italiana»;
   detta nuova associazione è persona giuridica di diritto privato ai sensi del libro primo, titolo II, capo II, del codice civile ed è iscritta di diritto nel registro nazionale, nonché nei registri regionali e provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383. L'Associazione è di interesse pubblico ed è ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, è posta sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica, non è ancora costituita e, dopo vari rinvii, dovrebbe nascere nel 2016;
   i comitati locali e provinciali esistenti, alla data del 31 dicembre 2013, «assumono, alla data del 1o gennaio 2014, la personalità giuridica di diritto privato, sono disciplinati dalle norme del titolo II del libro primo del codice civile e sono iscritti di diritto nei registri provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383»;
   la gestione della fase transitoria era demandata all'ente strumentale della Croce rossa italiana che manteneva la personalità giuridica di diritto pubblico, e che doveva essere costituito nel 2016 in contemporanea alla nascita della associazione;
   tale organico disegno, che prevedeva la contemporanea trasformazione di tutti i livelli organizzativi della precedente Croce rossa italiana, da ente pubblico ad associazione di diritto privato rientrante tra le associazioni di promozione sociale, è stato profondamente modificato da due interventi normativi in decreti di proroga che hanno permesso la trasformazione delle associazioni locali e provinciali e rinviato alla fine del 2015 la trasformazione delle associazioni regionali e nazionali. In questo momento quindi, in modo assolutamente anomalo per enti che gestiscono servizi, i livelli provinciali sono associazioni di diritto privato iscritte di diritto al registro delle associazioni di promozione sociale mentre, le associazioni regionali e nazionale sono rimaste enti pubblici;
   tale situazione inoltre implica un in pianto assai diverso da quello prefigurato del decreto legislativo n. 178 del 2012, senza che, ad avviso dell'interrogante, si sia stata una chiara decisione parlamentare in tal senso;
   l'articolo 6 del decreto suddetto regolamentava la situazione del personale dipendente prevedendo la possibilità di opzione e successivamente l'applicazione della normativa per le eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni;
   con decreto-legge n. 192 del 2014 è stata introdotta una modifica alla legge n. 190 del 2014 per estendere le disposizioni sulla mobilità del personale delle ex-province anche al personale della Croce rossa italiana, allo scopo di rendere più agevole il processo di riordino dell'ente;
   al momento della privatizzazione dei comitati provinciali solo una piccola parte del personale (l'1,7 per cento) ha scelto di rimanere come dipendente della associazione provinciale e quindi il personale è stato assegnato alle sedi regionali o al nazionale;
   nelle more della definizione delle procedure per la gestione degli esuberi sul territorio si sta procedendo ad assunzioni di personale precario presso i comitati provinciali (si veda, ad esempio, il bando per assunzione di autista soccorritore del comitato provinciale di San Donato Milanese del 10 febbraio 2015) per svolgere funzioni che potrebbero benissimo essere svolte dal personale transitato alla sede regionale e al quale il sistema pubblico ancora paga lo stipendio;
   l'attuale articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 178 del 2012 stabilisce che le funzioni della decreto legislativo n. 178 del 2012 sono tra le altre:
    «d) organizzare e svolgere, in tempo di pace e in conformità a quanto previsto dalle vigenti convenzioni e risoluzioni internazionali, servizi di assistenza sociale e di soccorso sanitario in favore di popolazioni, anche straniere, in occasione di calamità e di situazioni di emergenza, di rilievo locale, regionale, nazionale e internazionale; e) svolgere attività umanitarie presso i centri per l'identificazione e l'espulsione di immigrati stranieri, nonché gestire i predetti centri e quelli per l'accoglienza degli immigrati ed in particolare dei richiedenti asilo»;
   lo stesso decreto all'articolo 1, comma 6, riconosce la possibilità per l'associazione di stipulare convenzioni con enti pubblici e la sua ancora permanente natura di ente pubblico non economico facilita le possibilità di assegnazione di servizi senza necessità di gara;
   questa facoltà è stata utilizzata per ottenere affidamento di servizi, per poi sub-appaltarli alla associazione privata provinciale con relativa assunzione di personale, come accaduto per l'affidamento diretto effettuato dalla prefettura di Milano per la gestione del centro di assistenza per richiedenti asilo all'associazione regionale e da quest'ultima girato alla Croce rossa italiana associazione privata provinciale (http://www.ilgiorno.it);
   in diverse relazioni e/o dichiarazioni (si veda, ad esempio, l'annuale relazione al Parlamento) l'attuale presidente nazionale della Croce rossa italiana, l'avvocato Rocca, ha ribadito l'auspicio che tale configurazione mista che permette di assumere la qualifica di soggetto pubblico o di soggetto privato, quando conviene, venga mantenuta –:
   se il Governo sia al corrente della situazione sopra esposta e se non ritenga opportuno chiarire le prospettive dell'ente Croce rossa italiana nonché la natura della sua organizzazione. (3-01949)
(21 gennaio 2016)

E) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   dei 17 Paesi europei membri del DAC (Development Assistance Committee) solo la Danimarca, la Norvegia, il Lussemburgo e la Svezia hanno versato lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo per gli aiuti pubblici allo sviluppo dedicati ai Paesi più poveri del mondo. Mediamente l'Europa è allo 0,35 per cento del prodotto interno lordo con tendenza alla diminuzione dei fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo;
   l'Italia nel 2012 ha versato solo lo 0,12 per cento del prodotto interno lordo collocandosi nei gradini più bassi tra i Paesi europei;
   in particolare nell'aiuto pubblico allo sviluppo per la salute, sono venuti meno gli impegni assunti a livello internazionale dall'Italia e purtroppo anche dalla maggioranza dei Paesi donatori europei;
   eppure negli ultimi 2 decenni la salute globale ha progredito come mai in precedenza, e con i fondi stanziati dai Paesi ricchi sono stati affrontati in modo efficace malattie trasmissibili come HIV, tubercolosi, malaria, infezioni tropicali ed altre gravi malattie che colpiscono i Paesi più poveri del mondo;
   il Viceministro agli affari esteri, Lapo Pistelli, in occasione della IV Conferenza di rifinanziamento del fondo globale per la lotta alle grandi pandemie, ha garantito l'impegno dell'Italia a versare 100 milioni di euro per il periodo 2014-2016;
   si spera che questo impegno sia onorato con serietà tenendo conto che sino al 2008 l'Italia è stato uno dei principali Paesi donatori e non a caso aveva un seggio nel consiglio di amministrazione del Fondo globale. Nel 2009 e nel 2010 l'Italia non ha versato niente, contravvenendo agli impegni sottoscritti, e per il periodo 2011-2013 non ha sottoscritto alcun impegno;
   di conseguenza, l'Italia ha perso il ruolo che occupava nella struttura gestionale e direttiva del Fondo. Tornare a finanziare il Fondo nel periodo 2014-2016 con 100 milioni di euro è dunque un fatto significativo in positiva controtendenza;
   così come importante è l'impegno del Governo italiano con il documento di economia e finanza, approvato nel mese di aprile 2013, di arrivare allo 0,30 per cento del prodotto interno lordo per i fondi destinati alla cooperazione internazionale allo sviluppo nel periodo 2014-2017 –:
   quali iniziative abbia assunto per rispettare gli impegni sottoscritti per il rifinanziamento del Fondo globale per la salute e, più in generale, per l'aumento dei fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo.
(2-00465) «Melilla».
(19 marzo 2014)

F) Interrogazione

   RIZZO, FRUSONE, CANCELLERI, DI BENEDETTO, NUTI, LOREFICE, BASILIO, PAOLO BERNINI, MARZANA, GRILLO, D'UVA, VILLAROSA, CORDA, TOFALO, MANNINO, LUPO e DELL'ORCO. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2015, sull'autostrada A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, direzione del capoluogo etneo, hanno ceduto due piloni a causa di una frana in movimento dal 2005 sulla strada provinciale Scillato-Caltavuturo;
   la procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto una inchiesta per «disastro colposo» proprio per accertare eventuali responsabilità sul disastro che, di fatto, ha paralizzato l'unica infrastruttura in grado di collegare le due città siciliane;
   sin dal 2004, il comune di Caltavuturo ha segnalato alla provincia regionale di Palermo il rischio generato dal dissesto idrogeologico di questo zona dell'isola e tale comune è rimasto isolato a causa delle frane avvenute che hanno bloccato la strada provinciale n. 20 e la strada statale n. 120;
   il trasporto su ruote rappresenta l'unica possibilità di transito di merci in Sicilia, anche alla luce dei disinvestimenti applicati sul sistema ferroviario locale da parte di Rete ferroviaria italiana e, a causa del blocco parziale dell'autostrada A19, il traffico sui tratti autostradali A20 Messina-Palermo e A18 Catania-Messina è aumentato notevolmente, con gravi e pesanti disagi alla circolazione ordinaria e ulteriori aggravi di costi ai consumatori, visto che questi tratti autostradali sono gravati da pedaggio ed in considerazione delle già drammatiche situazioni di rischio frane che affliggono soprattutto l'autostrada A18, come documentato dalle recenti frane del 5 ottobre 2015;
   grazie allo stanziamento di 300 mila euro, ricavato dal taglio dei stipendi dei portavoce del MoVimento 5 Stelle dell'Assemblea regionale siciliana, il 31 luglio 2015 è stata inaugurata una regia trazzera «riesumata» e sistema con colate di calcestruzzo, canali di scolo, guard-rail e un impianto semaforico;
   non è una soluzione definitiva al problema, ma permette, allo stesso tempo, di raggiungere due obiettivi: garantire una via di fuga ai paesi madoniti e aver fatto risparmiare ai cittadini siciliani dai 40 ai 50 minuti di percorrenza per raggiungere Catania da Palermo e viceversa;
   sempre il Movimento 5 Stelle si era fatto avanti con un progetto di «bypass» alternativo per la A19 che tagliava costi e tempi rispetto a quelli prospettati dall'Anas. Progetto inizialmente accolto con entusiasmo dal Ministro Graziano Delrio che aveva ricevuto i portavoce nazionali e regionali, salvo poi ricredersi e comunicare, tramite gli uffici tecnici ministeriali, che il progetto non stava in piedi nonostante illustri docenti avevano detto che il progetto avanzato dal MoVimento 5 Stelle fosse valido;
   il 14 luglio 2015, in occasione di una visita presso il cantiere della regia trazzera in fase di realizzazione, casualmente, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha incontrato i militari del 4o reggimento genio guastatori di Palermo a cui ha potuto chiedere ragguagli rispetto la loro presenza sul luogo del ponte Himera, colpito dal dissesto idrogeologico del 10 aprile;
   il giorno prima, il 13 luglio 2015, si era tenuta la conferenza di servizi per autorizzare il proseguimento dell’iter relativo al progetto presentato da Anas, scartando gli altri progetti tra cui quello del MoVimento 5 Stelle; quindi il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo trovava fuori tempo e fuori luogo il fatto che solo il 14 luglio 2015, vale a dire il giorno dopo, fosse avvenuto un sopralluogo da parte dei militari nonostante una risoluzione in Commissione ambiente alla Camera dei deputati fosse stata presentata immediatamente dopo il cedimento del pilone, chiedendo l'immediato intervento dell'Esercito italiano e nonostante il commissario nominato a gestire l'emergenza dal Ministro Delrio, il dottor Guardabassi, avesse trovato criticità sulle capacità tecniche e sulle disponibilità di adeguate attrezzature Corpo militare del Genio come da sue dichiarazioni riscontrabili su un articolo del 30 giugno 2015 apparso su Repubblica.it;
   alle dipendenze del comando genio dell'Esercito insiste il 4o reggimento genio guastatori con sede a Palermo che ha anche il compito di sostenere il Paese in caso di calamità naturali per ripristinare la viabilità; molti sono stati gli interventi sul territorio siciliano comandati ai militari di questo reparto dell'Esercito italiano in questi ultimi decenni; citandone solo i più importanti si ricordano: la crisi idrica a Corleone (Palermo) nel 1986, la demolizione di opere abusive nella valle dei Templi (Agrigento) nel 2001, l'emergenza Etna nel 2002-2003, l'emergenza Stromboli nel 2003, l'operazione Drink Water a Misilmeri (Palermo);
   l'Esercito italiano risulta essere costantemente impegnato in operazioni in Patria, sulla base di specifiche necessità del Paese, dimostrando prontezza e preparazione nello svolgimento delle azioni cui viene chiamato, come l'operazione «Strade Sicure»;
   in data 5 ottobre 2015 il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha inviato una richiesta di accesso agli atti via «posta elettronica certificata» all'ufficio di gabinetto del Ministero per chiedere ed ottenere copia del verbale redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo durante la visita del 14 luglio 2015 presso il ponte Himera, per conoscere, in relazione all'attività svolta durante questa legislatura in Commissione difesa, le risultanze sulle reali capacità di questo reparto dell'Esercito italiano nell'affrontare l'emergenza viabilità e accelerare i tempi necessari alla riapertura del tratto autostradale con attrezzature e mezzi nelle loro disponibilità;
   in data 12 ottobre 2015 il Ministero della difesa respinge la richiesta del primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo di accesso agli atti, con risposta a firma del capo di gabinetto, ammiraglio di squadra Valter Girardelli, in quanto pur essendo portatore di interessi pubblici, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo non viene ritenuto soggetto con interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è stato chiesto l'accesso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali siano i contenuti del verbale di sopralluogo redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo svoltosi il 14 luglio 2015 e che non risulta agli interroganti siano stati segretati, con particolare riferimento alle criticità rilevate sul progetto predisposto dal Movimento 5 Stelle e alle eventuali soluzioni proposte per la sua realizzazione, e se ne intenda consegnare una copia agli interroganti;
   se non riscontri un possibile danno economico nell'aver autorizzato un sopralluogo, ad ormai «giochi fatti», presso il ponte Himera. (3-01951)
(21 gennaio 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RILANCIO DEL MEZZOGIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità per il 2016 il tema del Mezzogiorno è nuovamente entrato nell'agenda della politica italiana;
    questo dato rappresenta un elemento di novità preparato e fortemente voluto dalle forze politiche di maggioranza che non hanno mancato di esercitare un ruolo di stimolo e di indirizzo nei confronti del Governo. Sia attraverso mozioni parlamentari, sia grazie ad una mirata azione emendativa durante l'esame della legge di stabilità, il Parlamento ha permesso di superare una pericolosa tendenza alla rimozione della realtà e dei rischi del grave dualismo economico che colpisce il nostro Paese;
    come da tempo segnalato con allarme, questo dualismo si è accentuato negli anni della lunga crisi. Anche i dati più recenti lo confermano: Istat, rapporto Svimez 2015;
    si deve, peraltro, dare atto al Governo di aver saputo recepire prontamente gli indirizzi parlamentari e di avere accolto – nonostante la difficile situazione dei saldi di finanza pubblica – quegli emendamenti parlamentari che hanno dato sostanza a tali indirizzi;
    con i commi 98 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 si è introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Sud dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura di questa agevolazione è opportunamente differenziata in relazione alle dimensioni aziendali – 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese – allo scopo di massimizzarne l'efficacia in relazione alla particolare struttura industriale dell'economia italiana. L'entità di questa misura è pari a 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019;
    con i commi 109 e 110 si estende anche alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
    con il comma 886 si riserva ad imprese localizzate nelle regioni meridionali una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a., di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996;
    inoltre, con i commi 792-803 si introducono una serie di misure di accelerazione della spendibilità delle risorse destinate agli investimenti cofinanziati con le istituzioni europee, intervenendo sia sulla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 che sul nuovo ciclo 2014-2020. Uno specifico intervento riguarda poi il ruolo della Cassa depositi e prestiti, ai fini dei progetti ricompresi nel Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS);
    a questi quattro interventi principali – che costituiscono gli assi portanti dell'azione di Governo esplicitamente indirizzata al riequilibrio del dualismo economico – si aggiungono una lunga serie di interventi puntuali che – come usualmente accade in occasione dell'approvazione della legge di stabilità – mirano a risolvere specifiche e localizzate criticità: dalla continuità territoriale della Sicilia, al trasporto regionale marittimo della Campania, al collegamento marittimo della Sardegna, al trasporto pubblico locale campano e altro;
    tuttavia non deve essere sottovalutato il dato politico di fondo: la presa d'atto della necessità di aprire una nuova stagione della politica economica nella quale il tema del Mezzogiorno abbia uno spazio specifico e non marginale;
    la valenza di questa scelta ha carattere generale e, non a caso, su di essa si è realizzata la convergenza di un ampio schieramento che travalica la provenienza territoriale dei parlamentari: la ripresa dell'economia meridionale non è una rivendicazione dei parlamentari eletti in questa area geografica, né questo tema può essere monopolizzato dai governatori delle regioni meridionali. La ripresa dell'economia meridionale infatti è molto di più: è una conditio sine qua non della ripresa dell'economia italiana e dello sviluppo di tutto il Paese;
    il Governo e il Parlamento nazionale hanno dimostrato di aver questa consapevolezza e la ferma volontà di intervenire, in una visione unitaria del Paese e in un quadro di rafforzamento delle istituzioni di Governo e di superamento delle tante tendenze centrifughe ancora attive nel sistema istituzionale;
    almeno quattro sono gli elementi all'origine di questa nuova consapevolezza: il dualismo economico deve ridursi perché è troppo alto il rischio che esso dia origine ad una grave crisi sociale; particolarmente preoccupanti sono le tendenze che investono la popolazione giovanile delle aree meridionali; il Sud esprime una economia produttiva rilevante – poco «riconosciuta» e addirittura poco conosciuta – ma manca una politica industriale per il Sud; il Paese fa fatica ad esprimere una efficace proiezione mediterranea che è l'unico contesto nel quale il Mezzogiorno d'Italia può riacquisire centralità;
    il dualismo economico rischia di essere all'origine di una grave crisi sociale, come testimoniato dai dati sulla povertà che hanno visto in questi anni una crescita più che proporzionale nelle aree meridionali rispetto al resto del Paese; la crisi delle aree urbane meridionali si intreccia con la crisi della legalità: annualmente Il Sole 24 ore pubblica un'indagine sulla qualità della vita condotta nelle 107 città italiane capoluogo di provincia. Anche per il 2015 le città decisamente peggio collocate sono tutte quelle meridionali; questi fattori di arretratezza e questo basso livello di benessere rappresentano non solo l'effetto, ma anche il terreno di coltura ideale per la criminalità;
    particolarmente allarmante è lo stato di quei delicati meccanismi che presiedono alla formazione e alla riproduzione del capitale sociale, cioè le competenze che si acquisiscono, si consolidano e si stratificano nella popolazione giovanile di un territorio. Ebbene, sono proprio questi meccanismi che rischiano oggi di incepparsi nel Mezzogiorno. Particolarmente allarmanti sono i dati sul calo demografico della popolazione giovanile: secondo Istat da qui a venti anni si assisterà ad un grave decremento della popolazione giovanile nel Sud, a fronte di un lieve aumento nel resto del Paese, determinato sostanzialmente dall'immissione di giovani immigrati; altrettanto preoccupante è il divario nello stato dell'istruzione universitaria: la pericolosa caduta delle immatricolazioni è molto più accentuata nelle università del Sud; contribuiscono a questa caduta dell'istruzione universitaria nel Mezzogiorno sistemi di certificazione della qualità inadeguati e fatti su misura delle realtà del Centro-Nord, dai quali discendono premialità economiche che danneggiano ulteriormente tutte le università meridionali, quindi i giovani meridionali e in modo particolare (come testimoniato da studi della Banca d'Italia) quelli appartenenti alle fasce di reddito più basse;
    nel Sud è localizzata una base produttiva non irrilevante, ma manca una strategia di sviluppo industriale ed economico per il Sud: il numero di occupati nell'industria degli autoveicoli nel Mezzogiorno è superiore a quello di aree altamente industrializzate quali la Catalogna, il Belgio, la Sassonia, l'Austria; il numero di occupati nell'industria degli altri mezzi di trasporto è superiore a quello dei Paesi Bassi e di poco inferiore a quello della Baviera; il numero di occupati nell'elettronica è superiore a quello dell'intera Danimarca o del Belgio; il numero di pernottamenti turistici supera di gran lunga quello di Paesi come la Svezia, la Repubblica ceca, la Danimarca o di aree ad altissima vocazione turistica come la Provenza-Costa azzurra; questi dati sono ancora troppo poco conosciuti e non formano oggetto di una azione strategica guidata dalle autorità di Governo; si è ancora prigionieri di una parcellizzazione dei temi produttivi e di sviluppo territoriale, ereditata da un regionalismo esasperato, che ha fatto il suo tempo non per una volontà accentratrice del Governo, ma semplicemente perché non ha mantenuto nessuna delle sue promesse;
    infine, il Paese non riesce ancora ad esprimere adeguatamente una sua proiezione mediterranea, premessa indispensabile del recupero di un ruolo attivo e produttivo del nostro Mezzogiorno: al netto dell'instabilità politica legata ai focolai di guerra in Siria e in Nord Africa, frutto di gravissimi errori strategici del recente passato imputabili – in diversa misura – a diversi attori internazionali, l'Italia non riesce ancora a sviluppare una visione coraggiosa e fiduciosa di sé. L'espressione più evidente di tale difficoltà è la perdurante miopia con cui una parte dell'opinione pubblica guarda ad uno sviluppo competitivo della logistica nel Sud e a progetti infrastrutturali ambiziosi e coraggiosi: completamento della rete ferroviaria ad alta velocità fino a Reggio-Palermo, area metropolitana dello Stretto, grande portualità gateway di Taranto e Gioia Tauro e collegamento dei principali porti meridionali alle reti TEN-T per l'instradamento di merci lungo i corridoi continentali; il perdurare di una visione del Mezzogiorno come area vocata ad una utopistica rinaturalizzazione impedisce al Paese di vedere con lucidità la sorda opposizione al ruolo mediterraneo dell'Italia e alle sue potenzialità esercitata dai Paesi dell'Europa del Nord che traggono una rendita di posizione proprio dall'inerzia italiana su queste partite di valenza strategica;
    se questa è la diagnosi, appare urgente e necessario inquadrare gli interventi approvati dalla legge di stabilità 2016 quale espressione di un primo momento di svolta e quali premesse di una nuova politica per il Mezzogiorno che va costruita attraverso successivi interventi, organici e accomunati da una forte visione strategica;
    in questo quadro appare ancora insufficiente il metodo del masterplan lanciato dal Governo, che va messo a punto e potenziato, altrimenti rischia di essere troppo condizionato dal complesso negoziato con le regioni, già visto tante volte in azione, al quale si aggiungono ora le città metropolitane; una strategia per il Mezzogiorno non potrà mai discendere dalla sommatoria delle strategie regionali, ma deve invece partire da una visione del Mezzogiorno come area geoeconomica unitaria, dotata di enormi potenzialità di sviluppo, visione che solo il Parlamento e il Governo possono esprimere, senza aggirare il costante dibattito con le regioni, ma senza neanche delegare ad esse compiti e funzioni che riguardano il futuro dell'intero Paese,

impegna il Governo:

   a monitorare in modo unitario e sistematico – riferendo periodicamente al Parlamento – gli effetti delle misure varate dalla legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno al fine di rafforzare tempestivamente le misure più efficaci e di arricchire ed affinare il quadro normativo in materia di investimenti industriali, nuove assunzioni a tempo indeterminato promosse dall'esonero contributivo, assegnazione di quote del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con la prospettiva di un potenziamento di tali interventi e di un loro indirizzamento verso obiettivi di politica industriale centrati sullo sviluppo logistico del Mezzogiorno e sull'adeguamento infrastrutturale per la cattura di flussi di traffico internazionali e intercontinentali; in questo quadro ad affrontare il tema della istituzione di zone economiche speciali (ZES) in aree particolarmente vocate ad attrarre investimenti di grandi gruppi internazionali nelle attività indotte dallo sviluppo logistico;
   parallelamente, a sviluppare un'iniziativa politica e legislativa verso obiettivi di politica sociale e della formazione di sviluppo e risanamento delle aree urbane e di rilancio dei processi e delle istituzioni a cui è affidata la formazione del capitale sociale del Sud, con particolare impegno alla ricognizione degli effetti perversi di meccanismi di valutazione e di premialità delle università che rischiano di ribaltarsi a danno della popolazione giovanile meridionale e, segnatamente, di quella appartenente alle fasce di reddito più basse;
   con riferimento alla programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, a implementare le innovazioni introdotte dai commi 792-803 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 e a prevedere anche meccanismi che consentano l'utilizzo di una quota delle risorse disponibili per la realizzazione di un «masterplan Mezzogiorno» definito e monitorato da una cabina di regia unica, dotata di poteri effettivi, fra i quali il ricorso tempestivo ai poteri sostitutivi del Governo in materia di utilizzo delle risorse comunitarie, previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, e dall'articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014 in caso di ritardo delle regioni nelle assegnazioni ed erogazioni;
   con riferimento alle politiche di coesione, a garantire un robusto contributo della dotazione 2014-2020 del fondo per lo sviluppo e la coesione allo sviluppo infrastrutturale, attraverso una definizione più chiara e un esercizio più deciso e visibile della responsabilità di guida strategica degli interventi, considerato che le risorse non irrilevanti a disposizione del fondo, pari ad oltre 43 miliardi di euro, richiedono una visione di medio termine e una forte capacità di governo dei processi attuativi, anche utilizzando al meglio le innovazioni normative introdotte dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, commi 703-706).
(1-00976)
(Nuova formulazione) «Dorina Bianchi, Buttiglione, Adornato, Bernardo, Binetti, Bosco, Calabrò, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Marotta, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Sammarco, Scopelliti, Tancredi, Vignali».
(8 settembre 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    con due diverse mozioni, la n. 1-00612 dell'ottobre 2014 e la n. 1-00685 dell'aprile 2015 presentate dal gruppo parlamentare del Partito democratico, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo in merito al rafforzamento delle politiche di rilancio e sviluppo del Mezzogiorno;
    a seguito di quegli atti si è velocizzato l’iter per rendere pienamente operativa l'Agenzia per la coesione territoriale, con l'obiettivo di migliorare la capacità di impiego dei fondi strutturali;
    si è proceduto ad un censimento delle risorse ancora disponibili e non ancora utilizzate nell'ambito degli strumenti della programmazione negoziata, finalizzato alla predisposizione di un piano di rilancio industriale, improntato sulle specificità e le eccellenze produttive presenti nel Mezzogiorno;
    si sono rafforzati, ulteriormente, i progetti in materia di sicurezza e legalità per contrastare la presenza dei fenomeni criminali, prima vera condizione per il rilancio delle politiche di sviluppo;
    si è promosso il patrimonio culturale paesaggistico del Sud soprattutto in chiave turistica come dimostrano il progetto grande Pompei e Matera capitale europea della cultura 2019, ma anche il PON cultura con 491 milioni di euro indirizzati alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
    si sono attivati interventi aventi per obiettivo quello di potenziare le strutture nel Mezzogiorno finalizzate a facilitare l'incontro tra domanda è offerta di lavoro, in particolare per i giovani, e posti correttivi anche per quanto riguarda l'esperienza di garanzia giovani;
    sono stati presi in considerazione strumenti di contrasto del disagio sociale presente in ampie fasce della società meridionale partendo dalle criticità che si sono manifestate nella concretizzazione, ad esempio, del SIE e si è anche avviato un confronto con le istituzioni regionali che nel corso di questi mesi hanno introdotto strumenti di contrasto alla povertà;
    dal mese di settembre 2015 è stato dato nuovo ed importante impulso alle politiche di rilancio del Mezzogiorno;
    nel mese di novembre 2015 sono state varate dal Governo le linee guida del masterplan con l'obiettivo di «mettere in movimento la società civile del Mezzogiorno affinché diventi protagonista di una nuova Italia, l'Italia della legalità, della dignità del lavoro, della creatività imprenditoriale, in una parola del progresso economico e civile»;
    il masterplan intende partire dai punti di forza del tessuto economico meridionale per valorizzarne le capacità di diffusione di imprenditorialità e di competenze lavorative e per promuovere l'attivazione di filiere produttive autonomamente vitali;
    infrastrutture, capacità di connessione, regole dei mercati, sostegno al credito, servizi sono i punti sui quali si concentra il piano del Governo;
    il masterplan consta di circa 95 miliardi di euro di investimenti entro il 2023, derivanti dai fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi di euro nazionali, dai fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro e dal Fondo sviluppo e coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20;
    il Governo è ormai in dirittura d'arrivo per declinare operativamente i 16 patti per il Sud, uno per ciascuna delle 8 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 8 città metropolitane (Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo, Cagliari);
    l'obiettivo è quello di articolare territorio per territorio nella misura maggiormente aderente possibile e meno astratta rispetto al passato gli interventi prioritari, le azioni per concretizzarli, gli ostacoli da rimuovere e la tempistica, in un quadro di precise responsabilità senza rimbalzi che sarebbero vissuti in maniera negativa dalle comunità;
    con la legge di stabilità 2016 è stato introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali in favore di impianti produttivi ubicati nelle regioni del Mezzogiorno;
    si tratta di una misura pari a 617 milioni di euro per ciascun anno dal 2016 al 2019 che si articola in relazione alla dimensione dell'azienda richiedente: 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese;
    viene individuato un limite massimo per ciascun progetto di investimento agevolabile pari a: un massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie imprese e 15 milioni per le grandi imprese. L'agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni di investimento della struttura produttiva, esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato;
    possono beneficiare di tale misura gli investimenti relativi all'acquisto anche in leasing di macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive nuove o anche esistenti;
    tale credito d'imposta non si applica alle imprese in difficoltà finanziaria, oppure operanti nel settore dell'industria siderurgica, del credito, della finanza delle assicurazioni;
    entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità è prevista l'emanazione di un provvedimento dell'Agenzia delle entrate per definire le modalità di richiesta;
    è stata prevista altresì anche una misura finalizzata a estendere anche per l'anno 2017 l'esonero contributivo ai datori di lavoro del settore privato delle regioni meridionali;
    tale estensione è però subordinata alla ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi PAC non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti. Entro il 30 aprile 2016 si procederà a seguito dell'esito della ricognizione a quantificare l'ammontare delle risorse disponibili e comunque tale incentivo è subordinato all'autorizzazione della Commissione europea;
    la legge di stabilità 2016 riserva, inoltre, alle imprese localizzate nelle regioni del Mezzogiorno una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a.;
    ai 28 milioni di euro già stanziati per l'evento Matera capitale europea della cultura 2019 si aggiungono altri 20 milioni di euro, 5 milioni per ciascun anno dal 2016 al 2019, per il completamento del restauro urbanistico dei «Sassi» e dell'altipiano murgico;
    tra le varie misure introdotte è stata prevista l'esenzione o la riduzione della tassa di ancoraggio in via sperimentale per gli anni dal 2016 al 2018 per le navi porta container nei porti con volume di traffico transhipment superiore all'80 per cento. Si tratta di 3 milioni di euro a cui vanno aggiunti 1,8 milioni di euro per la riduzione delle accise sui prodotti energetici per le navi che fanno esclusivamente movimentazione all'interno del porto. Ad essere maggiormente interessati sono i porti di Gioia Tauro, Taranto, Salerno, Cagliari;
    è stato incrementato, portandolo a 51 milioni di euro, il fondo per il potenziamento delle azioni relative al piano straordinario per la promozione del made in Italy finalizzato a sostenere le piccole e medie imprese sui mercati esteri per la tutela delle produzioni tipiche e per il contrasto al fenomeno della contraffazione dei prodotti agroalimentari italiani;
    sono stati stanziati 600 milioni di euro per l'anno 2016 e un miliardo di euro a partire dal 2017 per il contrasto alla povertà con priorità per i nuclei familiari con figli minori o disabili ed è stata prevista anche la creazione di un fondo per il contrasto della povertà educativa minorile;
    sono stati stanziati 8,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 per il risarcimento ai familiari delle vittime dell'alluvione di Sarno;
    per le infrastrutture oltre ai 150 milioni di euro per il completamento della Salerno-Reggio Calabria è stato previsto il commissariamento delle Ferrovie Sud est ed un contributo pari a 70 milioni di euro per l'anno 2016 per assicurare la continuità operativa del servizio. È stato differito al 31 dicembre 2016 il blocco delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il servizio di trasporto pubblico ferroviario nella regione Campania e interessate da piano di rientro al fine di scongiurare licenziamenti ed interruzioni di servizio;
    in data 29 settembre 2015 è stata approvata dalla Camera dei deputati una mozione finalizzata al superamento delle criticità del sistema dei trasporti, in particolare per quanto concerne la regione Calabria, con la previsione di interventi relativi ai corridoi stradali ed autostradali, partendo dalla messa in sicurezza della strada statale 106, che, purtroppo, si conferma essere tra le strade più pericolose del Paese, impegno sul quale c’è grande attenzione istituzionale;
    è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie destinate alla strategia per le «aree interne» fattore di assoluta rilevanza per tutte le aree appenniniche del Sud;
    sono stati prorogati fino al prossimo 31 dicembre 2016 i contratti dei lavoratori precari nei comuni, della Sicilia dissestati o in pre-dissesto;
    sono stati stanziati 20 milioni di euro ad integrazione del fondo destinato al finanziamento di interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale per attività di difesa del suolo e di tutela ambientale in particolare per la Calabria;
    con il decreto-legge n. 185 del 2015 sono state introdotte ulteriori misure a sostegno del Mezzogiorno, come, ad esempio, le disposizioni in materia di bonifica e regine razione urbana di Bagnoli, le risorse pari a 150 milioni di euro per lo smaltimento delle ecoballe in Campania, il supporto economico per il comune di Reggio Calabria, le risorse per i lavoratori socialmente utili;
    in questo quadro non si può trascurare il costante impegno assunto dal Governo per la soluzione di importanti vertenze industriali salvaguardando le possibilità di mantenere in vita e restituire alla produttività segmenti importanti del tessuto produttivo meridionale, come ad esempio la ex Micron di Avezzano, Whirlpool e Firema di Caserta, l'ex Irisbus di Avellino, la Bridgestone di Bari, la Natuzzi di Santeramo e Matera, l'Ansaldo Breda di Reggio Calabria, Italcementi di Castrovillari, l'ex Fiat di Termini Imerese, ma anche la conversione alla chimica verde dei poli di raffinazione di Gela e di Porto Torres, la criticità Portovesme;
    si sono promossi e articolati importanti accordi di programma e protocolli d'intesa per aree di crisi industriale come Taranto, le Murge, Gela, Termini Imerese, il Sulcis, Porto Torres, e i cinque siti individuati per la Campania;
    nell'ambito del masterplan è previsto inoltre che al rilancio dello sviluppo del tessuto produttivo del sud saranno chiamate le imprese partecipate da soggetti pubblici da Finmeccanica a Fincantieri, da Enel ad Eni senza il venir meno ai principi di mercato a cui ormai sono orientate;
    la questione meridionale non è semplicemente questione di risorse finanziarie, è una questione strategica che attiene alla visione che si deve avere per il futuro del Paese;
    la questione meridionale è sottrarre all'illegalità, e in particolare alle varie forme di mafia, ambiti di territorio, restituire credibilità alla funzione pubblica e agli uffici pubblici, è investire nella scuola, è governance ed è soprattutto questione di classi dirigenti;
    il Mezzogiorno, sul piano dell'internazionalizzazione, dei flussi turistici e della ricerca di investimenti, può usufruire delle notevoli potenzialità legate alla presenza in diversi continenti e in un gran numero di Paesi di persone di origine e dei loro discendenti, diventati ormai classe dirigente nei rispettivi contesti di insediamento,

impegna il Governo:

   a rispettare inderogabilmente la data del 30 aprile 2016 per la ricognizione e quantificazione dell'ammontare delle risorse disponibili per la decontribuzione di cui in premessa e a porre in essere ogni iniziativa utile affinché tale misura possa vedere il «via libera» da parte della Commissione europea;
   a definire un puntuale cronoprogramma per l'anno 2016 per la piena operatività di ciascun piano di intervento approvato in base alle linee guida del masterplan, istituendo una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e assumendo iniziative per prevedere anche la possibilità di poteri sostitutivi in caso di ritardi o paralisi per ragioni burocratiche;
   nell'ottimizzazione del masterplan e nella predisposizione dei programmi di internazionalizzazione, a verificare nell'ambito degli specifici progetti le possibilità di coinvolgimento e partenariato con i soggetti e le organizzazioni di origine italiana già attivi nel campo dell'intermediazione commerciale e finanziaria;
   a rinvenire entro l'anno 2016 ulteriori risorse destinate al finanziamento delle misure previste dalla legge n. 185 del 2000 conosciuta come legge sull'autoimpiego;
   a conseguire un miglioramento complessivo della qualità del sistema dei trasporti e di mobilità nel Mezzogiorno prevedendo la istituzione presso il Ministero delle infrastrutture di un apposito osservatorio sui trasporti nel Mezzogiorno coinvolgendo compagnie aeree, società ferroviarie, autolinee e compagnie navali, con attenzione anche al traffico merci, a partire dalle attività portuali, e proseguendo nell'azione, anche in sede comunitaria, per il riconoscimento della zona economica speciale per Gioia Tauro;
   a promuovere piani di rigenerazione urbana articolati in base alle dimensioni delle realtà urbane, partendo dalla messa in sicurezza e valorizzazione dei centri storici per un recupero socio-economico dei contesti, nonché in ottica di promozione turistica;
   a prevedere per l'anno 2016 un piano straordinario di interventi pubblici a sostegno dell'alfabetizzazione digitale finalizzato a superare un evidente ritardo accumulato dal Mezzogiorno in questo strategico settore per il rilancio dell'economia;
   a monitorare, con l'Agenzia per la coesione territoriale, l'impegno delle risorse e l'avanzamento dei programmi finanziati con i fondi europei 2014-2020, valutando l'opportunità di assumere iniziative per prevedere maggiori poteri sostitutivi nel caso di palesi e colpevoli ritardi;
   a supportare e tutelare le produzioni agricole di qualità soprattutto in sede comunitaria, nonché ad individuare programmi di rafforzamento della filiera agroindustriale dalla produzione alla trasformazione nell'ambito dei distretti agroalimentari meridionali;
   a promuovere, coinvolgendo Invitalia, una struttura di scouters di elevatissimo profilo in grado di «cercare», con particolare attenzione agli operatori italiani e di origine italiana che hanno raggiunto posizioni di rilievo nel tessuto produttivo e finanziario delle realtà di residenza, investimenti produttivi da allocare presso le aree industriali del Sud;
   ad attivare in via prioritaria le misure di contrasto all'indigenza previste dalla legge di stabilità 2016 e a promuovere iniziative specifiche di reintegro sociale attraverso progetti e programmi comprensoriali che riguardino interventi di pubblica utilità e servizi alla persona;
   a rafforzare i piani e i progetti in materia di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva;
   a promuovere ulteriori investimenti nell'ambito della manutenzione e messa in sicurezza del territorio, contrastando il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico;
   ad investire nella valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e culturale del Mezzogiorno come avvenuto a Pompei, a Caserta e nell'ambito del PON cultura, anche mettendo in relazione, in vista di Matera 2019, tutte le realtà culturali del Sud e le capitali italiane della cultura;
   a proseguire nell'azione di rafforzamento degli organici, in termini di uomini e mezzi, delle forze dell'ordine al fine di una più capillare presenza nel controllo del territorio nell'ambito delle attività di contrasto delle attività criminali, nonché a promuovere, come già si è iniziato a fare, iniziative, con il coinvolgimento del mondo associativo, finalizzate alla promozione della cultura della legalità, a partire dalle nuove generazioni;
   ad investire in un rafforzamento delle attività di orientamento per i giovani che intendono intraprendere studi universitari anche per contrastare il fenomeno del calo delle iscrizioni, nonché a sostenere le attività degli atenei del Mezzogiorno, valutando l'opportunità di correggere alcune criticità per quanto concerne i criteri di distribuzione delle risorse;
   a proseguire nell'azione di bonifica e caratterizzazione di aree industriali dismesse e a promuovere il monitoraggio della salute delle popolazioni interessate anche sulla base dell'attività dell'Istituto superiore di sanità;
   ad investire nella promozione turistica del Mezzogiorno, anche alla luce degli incoraggianti dati del 2015, e a predisporre, in collaborazione con le regioni meridionali, progetti di promozione e «pacchetti» di incentivi finalizzati al turismo di ritorno, con particolare riferimento alle aree interne del Mezzogiorno;
   ad avviare entro giugno 2016 un'attività di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario, nonché per quanto concerne i servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno, al fine di individuare criticità e predisporre interventi finalizzati a migliorare la rete di welfare delle regioni meridionali.
(1-01097)
(Ulteriore nuova formulazione) «Covello, Famiglietti, Tartaglione, Magorno, Raciti, Ginefra, Gelli, Fregolent, Rotta, Misiani, Oliverio, Schirò, Manfredi, Tino Iannuzzi, Carloni, Braga, Marco Di Maio, Burtone, Bratti, Antezza, Cardinale, Taranto, Venittelli, Vico, Verini, Capone, Bargero, Pes, Piccoli Nardelli, Melilli, Albanella, Amato, Anzaldi, Aiello, Ascani, Battaglia, Campana, Cani, Capodicasa, Capozzolo, Carnevali, Cassano, Castricone, Censore, Culotta, Cuomo, Currò, D'Incecco, Dallai, Donati, Fanucci, Gianni Farina, Fedi, Gadda, Garavini, Grassi, Gribaudo, Iacono, Impegno, Iori, La Marca, Lodolini, Losacco, Malpezzi, Manzi, Marchi, Massa, Marrocu, Mariano, Marzano, Meta, Migliore, Minnucci, Mongiello, Mura, Pelillo, Salvatore Piccolo, Porta, Realacci, Rossomando, Rostan, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Sbrollini, Scanu, Sgambato, Tacconi, Valeria Valente, Ventricelli, Villecco Calipari, Paris».
(19 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    i dati sul Mezzogiorno diffusi nel 2015 dagli Istat e Svimez fotografano una situazione drammatica sia dal punto di vista del gap infrastrutturale, sia da quello dell'arretratezza socio-economica. Una situazione endemica, resa ancor più grave dalla crisi economica che negli ultimi anni ha colpito tutto il Paese ma ha particolarmente falcidiato il Mezzogiorno;
    secondo l'Istat nel Mezzogiorno il 44 per cento dei giovani è disoccupato;
    l'ultimo rapporto Svimez rivela che nel Sud 1 su 3 è a rischio povertà;
    dal 2007 ad oggi il prodotto interno lordo è crollato del 13 per cento (rispetto al calo del 7,4 nel centro-nord); dal 2008 al 2014 al Sud i consumi sono calati del 13/16 per cento; tra il 2001 e il 2014 sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1 milione 667 mila meridionali; dei circa 811 mila posti di lavoro persi in Italia dal 2008 al 2014, ben 576 mila si sono registrati nel Mezzogiorno (oltre il 70 per cento); dal 2008 al 2014 gli investimenti nel Mezzogiorno sono crollati del 38 per cento a fronte del 27 per cento nel centro Nord;
    l'Eurostat dice che la crescita italiana è la più lenta dell'Unione europea a causa del divario Nord-Sud;
    a fronte di tale situazione, gli unici fondi realmente disponibili e destinati allo sviluppo del Mezzogiorno, ossia i fondi comunitari, continuano a registrare un utilizzo poco efficiente e poco efficace;
    a valere sulla programmazione 2007-2013 i fondi non spesi e destinati al Mezzogiorno, ammontano a circa 9,3 miliardi di euro;
    a fronte delle tante difficoltà, certo non sempre giustificate, che incontrano regioni ed enti locali nel programmare la spesa ed approntare i progetti da finanziare con risorse comunitarie, l'atteggiamento del Governo in questi ultimi due anni è apparso più orientato a «riappropriarsi» delle quote di cofinanziamento per destinarle ad altri interventi, non sempre nel Mezzogiorno, che quello di voler coadiuvare e sostenere gli enti nel raggiungimento di performance efficaci di spesa;
    l'ultima legge di stabilità, addirittura, con il comma 804 dell'articolo 1 elimina il vincolo territoriale di spesa per 7,4 miliardi di euro di cofinanziamento e, di fatto, distoglie fondi che sono delle regioni del Sud a fronte di un impegno futuro a rimetterle sul fondo di sviluppo e coesione a partire dal 2017;
    ad agosto del 2015, sulla scia dell'eco drammatica degli ultimi dati Istat e Svimez e degli appelli rivolti dall'Europa e dal Presidente della Repubblica ad adottare politiche di sostegno al Mezzogiorno, il Governo ha annunciato la presentazione di un masterplan per il Sud, del quale al momento non vi è traccia;
    nel suo rapporto, Svimez «consiglia» alcune strade da percorrere per favorire la ripresa nelle regioni del Sud, tra cui: prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 con la stessa intensità e la stessa durata l'esonero dal pagamento dei contributi Inps a carico del datore di lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato; introdurre misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio; definire una nuova politica industriale per il rilancio del Mezzogiorno; utilizzare l'energia geotermica del sottosuolo; creare zone economiche speciali, investire maggiormente in scuola, università, ricerca e sviluppo;
    delle misure consigliate dallo Svimez, e peraltro recepite e proposte anche dai firmatari del presente atto di indirizzo in numerosi emendamenti alla legge di stabilità, il Governo Renzi ha inteso esclusivamente rifinanziare il credito d'imposta, peraltro utilizzando fondi europei;
    l'emergenza economica e sociale sin qui delineata e lo scarso impatto registrato dalle misure sin qui adottate dal Governo, impongono decisioni in tempi rapidi, anche a livello europeo, in netta controtendenza rispetto alla cornice normativa attualmente prevista, in grado di mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale, che ponga al centro dell'azione del Governo il rilancio del Mezzogiorno, attraverso la riduzione degli squilibri economici e sociali intensificati nell'attuale periodo di crisi;
    occorre, in primo luogo, riproteggere le risorse che spettano alle regioni del Sud e, a tal fine, il rispetto del vincolo di territorialità necessita di essere adeguatamente rafforzato, in coerenza, peraltro, con quanto disposto dai passati Governi;
    la dimensione macroeconomica dell'area, dove risiede un terzo della popolazione in cui si produce circa un quarto del prodotto interno, richiede, pertanto, in considerazione degli articolati rilievi in precedenza indicati, politiche di correzione e di riequilibrio per le aree meridionali; la crescita dell'economia italiana appare indissolubilmente legata al miglioramento dell'utilizzo delle risorse produttive del Sud,

impegna il Governo:

   a mettere in atto un'azione di sistema che reintroduca il meccanismo delle politiche di coesione di fatto smantellato;
   a creare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia nella quale un interlocutore unico con delega del Governo sieda con i presidenti delle regioni del Sud ben prima delle scadenze delle rendicontazioni ed in via preliminare, con la finalità di stilare un piano di azione, con tempi e priorità, atto a garantire assistenza, efficacia ed efficienza nella programmazione e nella spesa delle risorse della vecchia e della nuova programmazione europea;
   a prevedere un pacchetto di riforme che contenga, ad esempio: decontribuzione per nuove assunzioni, reinserimento del vincolo di territorialità nella destinazione/ripartizione delle risorse del fondo di coesione, misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio, incremento degli investimenti nelle politiche industriali e nei settori della scuola, dell'università, della ricerca e dello sviluppo, istituzione di zone franche;
   ad assumere iniziative per introdurre, con riferimento alle regioni del Mezzogiorno, norme, anche speciali e straordinarie, tese alla sburocratizzazione delle procedure di investimento e di avviamento di iniziative imprenditoriali e al disbrigo di contenziosi, specie con le pubbliche amministrazioni.
(1-01101)
«Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».
(21 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    a seguito della presentazione del rapporto Svimez in data 30 luglio 2015 nell'ambito del quale si legge che negli anni compresi tra il 2000 e il 2013 nel Sud italiano l'attività produttiva appare cresciuta solo del 13 per cento, circa la metà della Grecia, ove il prodotto interno lordo saliva al 24 per cento, si sviluppò a livello mediatico, dopo anni di silenzio e di rimozione del problema, un dibattito appassionato sulla situazione del Mezzogiorno;
    in data 6 settembre 2015, la Cgil lanciava da Potenza una vertenza nazionale sul Mezzogiorno chiamata «Laboratorio Sud – Idee per il Paese» ed il Governo prometteva che nell'ambito della legge di stabilità per il 2016 starebbe stato inserito un «masterplan» relativo al Sud d'Italia le cui linee si sarebbero dovute tracciare entro il 15 settembre 2015 per poi essere puntualizzate nell'ambito della nota di aggiornamento al def 2015;
    tale documento fu trasmesso alle Camere in data 20 settembre 2015, ma, con riferimento alle previsioni per il disegno di legge di stabilità 2016, non individuava alcun tipo di politica pubblica a carattere strutturale per il Mezzogiorno, facendo solo generici riferimenti a non meglio specificati interventi per la «rivitalizzazione dell'economia meridionale», a fronte non solo delle polemiche suscitate dalla presentazione del rapporto Svimez 2015, ma anche dell'approvazione da parte della Camera dei deputati di diverse mozioni presentate da gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione sul rilancio del Mezzogiorno, fra le quali la mozione presentata da Sinistra Ecologia Libertà n. 1-00680;
    non a caso il disegno di legge di stabilità 2016, presentato in prima lettura al Senato, si rivelava, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una delusione sul fronte degli interventi in favore del rilancio del Mezzogiorno, essendo privo, nonostante gli annunci profusi sulla stampa nazionale dal Governo, di misure speciali per il Sud come il credito di imposta per le imprese meridionali, la riduzione delle tasse per le aziende del Sud e una credibile decontribuzione per i nuovi assunti nelle regioni ad obiettivo convergenza;
    persino l'atteso «Masterplan per il Sud», presentato peraltro con estremo ritardo rispetto alle previsioni del Governo, confermava in modo evidente questo dato, in quanto le risorse ivi indicate non potevano considerarsi ulteriori e aggiuntive rispetto a quelle già previste e concordate a legislazione vigente e in sede europea;
    durante l'esame parlamentare della legge di stabilità 2016 il Governo ha tentato di porre parzialmente rimedio a questo vulnus presentando un emendamento ai fini dell'introduzione di un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019, successivamente modificato anche grazie all'approvazione di emendamenti parlamentari tesi ad estendere alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo, introdotto dalla manovra finanziaria per il solo anno 2016, in favore ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, ma con la condizione della ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del piano di azione coesione, non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi entro il 30 aprile 2016. Al contempo il gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà presentava, in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2016 (C3444), un nutrito pacchetto di emendamenti sul rilancio del Mezzogiorno, puntualmente respinti dall'attuale Esecutivo, che muovessero innanzitutto dall'attuazione degli impegni contenuti nell'ambito della citata mozione n. 1-00680;
    la condizione economica e sociale del Mezzogiorno necessita di essere affrontata all'interno di un progetto complessivo che si ponga l'obiettivo di collocare gli interventi per le regioni del Sud in una strategia politica nazionale di rilancio dei diversi settori economici e produttivi dentro un rinnovato patto di cittadinanza, al fine di rispondere alla palese evidenza che solo attraverso l'adozione di una politica nazionale per il Mezzogiorno sarà possibile intervenire per la riduzione del divario esistente e per superare la condizione di dualità che attraversa il Paese;
    sotto tale profilo appare quanto mai urgente dotare il Paese di strumenti di coordinamento formalizzati tra politiche europee, nazionali e regionali completando il processo di organizzazione dell'Agenzia per la coesione territoriale che, ad oggi, secondo quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo non appare ultimato;
    una parte consistente e decisiva nella definizione di politiche per il Mezzogiorno dovrebbe riguardare in modo più profondo il tema della fiscalità e degli incentivi utili a superare, anche nella fase d'insediamento e di nuovi interventi, le note condizioni di svantaggio. L'obiettivo, per evitare finanziamenti indistinti e non orientati coerentemente alle politiche d'intervento nei diversi settori, dovrebbe essere il carattere selettivo articolato anche per territori, settori merceologici o per progetti interni a uno specifico settore. La selettività dovrebbe premiare il carattere innovativo degli interventi e le attività con un alto profilo di ricerca e innovazione, con l'obiettivo di coniugare l'insediamento delle aziende con le prospettive e le vocazioni territoriali, condizionando innanzitutto gli sgravi all'addizionalità occupazionale strutturale nelle regioni ad obiettivo convergenza;
    del resto la collocazione geografica delle regioni del Mezzogiorno dovrebbe costituire una opportunità strategica non solo per l'Italia ma per tutta l'Europa e la relazione tra le sponde del Mediterraneo dovrebbe essere utilizzata anche in termini di politiche per lo sviluppo attraverso il rafforzamento della cooperazione territoriale;
    sull'annoso tema delle infrastrutture e dei trasporti, per esempio, la strategia adottata dal Governo in sede europea per superare il divario consistente nella mobilità delle cose e delle persone nel Mezzogiorno non appare affatto chiara, come anche quello della portualità, della logistica e dell'energia. Ma anche l'obiettivo di fornire il Sud di vere e proprie infrastrutture sociali che dovrebbe rappresentare uno degli obiettivi prioritari di un Governo forte dell'applicazione del più basilare principio di giustizia e protezione sociale non appare minimamente perseguito;
    contrasto alla povertà, servizi ai cittadini (infanzia e anziani, non-autosufficienza), servizi per il lavoro, istruzione e formazione, efficienza della pubblica amministrazione: sono ambiti nei quali si registra un divario nel Mezzogiorno con il resto del Paese, che incide e si riverbera direttamente nella condizione di cittadinanza. È necessario, dunque, quindi programmare sin da subito interventi che possano invertire la tendenza e che possano rendersi al contempo generatori di occupazione e benessere per la collettività,

impegna il Governo:

   ad adottare apposite iniziative normative finalizzate a reintrodurre la cosiddetta «clausola Ciampi» in forza della quale si prevede un vincolo di destinazione del 45 per cento del totale delle risorse individuate per gli investimenti nel Mezzogiorno;
   a completare il processo di organizzazione dell'Agenzia per la coesione territoriale;
   a presentare entro il 30 giugno 2016 un programma nazionale di politica industriale per il Paese e la rinascita del Mezzogiorno per la valorizzazione della vocazione manifatturiera del Sud Mezzogiorno, guardando al rafforzamento degli insediamenti esistenti, alla valorizzazione dell'industria della trasformazione agricola, per la riunificazione e l'accorciamento delle filiere, nonché al riutilizzo e/o alla riconversione di intere aree industriali dismesse, all'insediamento di produzioni ad alto contenuto innovativo, alla riconversione ecologica delle produzioni industriali a forte impatto ambientale come l'Ilva di Taranto, valutando al contempo di definire in tempi brevi un piano triennale per il lavoro per il Mezzogiorno nell'ambito di un programma di interventi urgenti ai fini ecologici e sociali finalizzato all'assunzione di lavoratori da parte di amministrazioni pubbliche e aziende private;
   a introdurre apposite iniziative normative finalizzate al riconoscimento di uno sgravio contributivo per le nuove assunzioni giovanili riservato alle imprese che operano nel Mezzogiorno innalzando a 8.060 euro annui lo sgravio massimo, anziché a 3.250 euro ed estendendolo a tutti i contributi previdenziali e non solo ad una quota pari a al 40 per cento come, peraltro, previsto attualmente dalla legge di stabilità 2016 approvata in via definitiva dal Parlamento;
   a finalizzare le risorse indicate dal masterplan per il Mezzogiorno (fondi strutturali FERS e FSE 2014-2020 pari a 56, 2 miliardi di euro cui si aggiungono i fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro a valere sul fondo sviluppo e coesione) pubblicato in data 6 novembre 2015 agli obiettivi contenuti negli impegni della citata mozione n. 1-00680 sul rilancio del Mezzogiorno, nonché ad informare pedissequamente il Parlamento in ordine alla attuazione dei cosiddetti «patti per il Sud» formalizzati a fine anno 2015 presso al Presidenza del Consiglio dei ministri;
   a investire vigorosamente nella tutela e la fruibilità del patrimonio culturale e paesaggistico con particolare riferimento al Mezzogiorno, attraverso il reclutamento e l'assunzione straordinaria di giovani, superando la frammentazione della catena decisionale Governo-regioni, che determina, tra l'altro, sperpero di risorse, attraverso un forte coordinamento nazionale;
   a definire un piano per la cultura e il turismo per il Sud di concerto tra regioni e Governo, individuando specifici poli turistici prioritari nel Mezzogiorno sui quali far convergere risorse per qualificare la ricettività, attribuire incentivi e semplificazione burocratica;
   ad agire in modo significativo con particolare riferimento al Mezzogiorno sul fronte delle infrastrutture sociali ed in particolare sul versante degli asili nido e dei servizi per l'infanzia rifinanziando il cosiddetto «piano asili nido», oggi «piano nazionale per i servizi socio educativi» istituito durante l'ultimo Governo Prodi;
   ad affrontare attraverso specifici interventi il processo di progressivo spopolamento delle aree interne del Mezzogiorno e dell'invecchiamento della popolazione che assume priorità d'azione, con particolare riferimento agli anziani non autosufficienti attraverso la previsione di servizi dedicati;
   a riservare particolare attenzione al tema della istruzione e della formazione con particolare riferimento alla formazione post diploma (università, ITS), agli enti pubblici di ricerca e al tema della dispersione scolastica, agendo attraverso meccanismi di investimento, attrazione e incentivazione per gli studenti con un serio intervento sul diritto allo studio, anche attraverso una norma quadro nazionale tesa a rafforzare il ruolo dell'insegnamento pubblico e l'azione della pubblica amministrazione, agente fondamentale per la programmazione e la gestione dei servizi e per la progettazione degli interventi scolastici nel contesto locale;
   ad attuare una politica per il Mezzogiorno che faccia perno su alcune azioni di sistema, anche immediate in una continuità di medio-periodo, in modo orientato e coordinato che parta dalla precondizione insuperabile per lo sviluppo economico, e non solo del Sud, ma di tutto il Paese, ovvero la lotta per la legalità e il contrasto al lavoro nero, al caporalato e alle mafie;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza, garantendo il pieno coinvolgimento delle regioni, per promuovere finalmente, con particolare riferimento al Mezzogiorno, scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità urbana ed extraurbana, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei, nonché ad attivarsi al fine di garantire il diritto alla mobilità con collegamenti ferroviari efficienti al Nord come al Sud tra i principali capoluoghi, integrati con il sistema di porti e aeroporti, ponendo ogni iniziativa di competenza finalizzata ad impedire il perdurante taglio dei collegamenti ferroviari, avviando un'azione di monitoraggio sulla rete pubblica affidata in concessione a Rete ferroviaria italiana finalizzata ad un ripensamento degli investimenti indispensabili ad aumentare la velocità dei collegamenti che parta innanzitutto dalla necessità di valorizzare la presenza di treni pendolari rispetto a quelli a mercato nella definizione delle tracce;
   a definire le politiche relative alla mobilità mettendo al centro gli utenti della mobilità, valutando altresì l'opportunità di assumere iniziative per ripristinare il finanziamento di alcune norme introdotte durante il Governo Prodi nell'ambito della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) e non più rifinanziate dai successivi Governi che prevedono la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, al fine di incentivare, con particolare riferimento al Mezzogiorno, un maggior utilizzo del trasporto pubblico locale con conseguente riduzione progressiva del trasporto privato, a tutto vantaggio di una mobilità alternativa più sostenibile per gli inevitabili ed evidenti effetti positivi in termini di riduzione delle emissioni dei gas inquinanti, soprattutto nelle aree urbane più grandi e maggiormente caotiche;
   ad intervenire con urgenza al fine di risolvere le criticità denunciate recentemente da Legambiente con la pubblicazione del rapporto «Pendolaria 2015» che analizza la situazione di maggiore disagio sulle linee ferroviarie italiane avendo come focus proprio l'emergenza Sud e le 10 linee ferroviarie peggiori del Paese;
   a bloccare l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'esame della Conferenza Stato-regioni del 20 gennaio 2016, che individua 8 nuovi impianti di incenerimento da realizzare tutti nelle regioni del Centro-Sud, Marche, Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna, Sicilia (2 impianti), cui si aggiunge la previsione per la Puglia di un potenziamento dell'impianto di incenerimento esistente, così affossando gli sforzi che le regioni stanno facendo per una programmazione virtuosa della gestione dei rifiuti e per la crescita della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti stessi, in una logica ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo peraltro contraddittoria rispetto ai provvedimenti recentemente varati dal Parlamento in tema di green economy, quali il cosiddetto «collegato ambientale»;
   a dare seguito in modo puntuale agli impegni contenuti nella mozione del gruppo parlamentare Sinistra Ecologia Libertà n. 1-00680 approvata dalla Camera dei deputati in data 14 aprile 2015.
(1-01112)
«Scotto, Ferrara, D'Attorre, Placido, Pannarale, Duranti, Giancarlo Giordano, Folino, Sannicandro, Fratoianni, Fava, Piras, Palazzotto, Fassina, Zaratti, Zaccagnini, Franco Bordo, Gregori, Ricciatti, Marcon, Carlo Galli, Melilla, Quaranta, Costantino, Daniele Farina, Nicchi, Paglia, Pellegrino, Kronbichler».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria nazionale che ha tormentato l'Italia negli ultimi anni si è riverberata in modo ancor più drammatico nelle regioni meridionali, creando una condizione di grave prostrazione. Di tale grave condizione si registrano ciclicamente allarmi che il circuito mediatico diffonde attingendo le informazioni da centri di rilevazione statistica come l'Istat e la Svimez, che, come e’ avvenuto con gli ultimi rapporti, hanno certificato le difficoltà economiche e sociali del sud evidenziandone gli allarmanti tassi di povertà e di sottosviluppo;
    del resto l'attenzione della pubblica opinione, massima nei momenti della pubblicazione dei dati economici, tende a scemare subito dopo, trascurando di considerare che è la difficoltà in cui versa il Mezzogiorno ad impedire il recupero dello slancio in termini di ripresa economica e finanziaria che, invece, nell'area centro-settentrionale del Paese raggiunge ormai livelli europei;
    in qualche modo può dirsi che la disuguaglianza tra Centro-Nord e Sud dell'Italia sia comparabile a quella che caratterizzava le diverse condizioni in cui versavano le due Germanie prima della caduta del Muro di Berlino e dell'unificazione promossa da Helmut Kohl, con gli esiti di positiva omogeneità che sono registrati fin dagli anni ’90 nel Paese;
    va dato atto al Governo di aver manifestato più volte la volontà di imprimere un passo nuovo nell'azione a sostegno delle aree meridionali, in particolare con il masterplan, con i patti per il Sud e con l'attenzione rivolta alle risorse culturali e turistiche del Mezzogiorno;
    d'altro canto il flusso primario di risorse attingibile resta quello dei fondi strutturali europei che prevedono l'intervento comunitario a sostegno della progettualità delle regioni, chiamate ad intervenire a sostegno per una quota parte;
    per concorrere a rendere possibile il pieno attingimento di fondi, venne istituita quattro anni fa, l'Agenzia per la coesione territoriale quale organo di indirizzo e di presidio all'attuazione della programmazione dei fondi territoriali;
    l'agenzia, però, a causa di macchinosi passaggi burocratico-amministrativi e della mancata adozione di decreti attuativi, non è entrata nella sua piena operatività;
    d'altro canto, anche la responsabilità governativa nel settore dei fondi strutturali europei appare oggi priva di un'intestazione specifica, né è possibile individuare un unico centro di imputazione per le politiche meridionaliste per far fronte alla grande difficoltà delle aree del Mezzogiorno,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di costituire nel proprio ambito un coordinamento per l'insieme delle politiche meridionaliste.
(1-01113) «Pisicchio».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    nel Sud persiste un evidente un gap infrastrutturale, in termini di trasporti, logistica, ricerca e innovazione, rispetto al resto del Paese; le conseguenze della presenza delle associazioni mafiose nel Mezzogiorno si intrecciano in modo complesso con l'economia del Sud, stravolgendo le regole del «fare impresa» e scoraggiando gli investimenti, oltre che creando un grave e indiscusso disagio sociale. Tutto ciò appare paradossale se solo si pensa che ogni iniziativa di carattere pubblico adottata nella storia repubblicana in favore del Sud ha poi regolarmente patito gli effetti della corruzione e dello sperpero;
    la Calabria ha beneficiato di diverse manovre mirate alla defiscalizzazione che non hanno prodotto quei risultati apprezzabili per lo sviluppo dell'economia locale;
    la defiscalizzazione è la sola misura che si continua a perseguire e promuovere come panacea alla penuria di investimenti da parte dei privati quando invece è chiaro che le aziende non investono nelle zone dove la burocrazia diventa un ostacolo e la risoluzione delle questioni legali – per non parlare di quelle legate alla malavita organizzata – sono particolarmente ostiche quanto irrisolvibili, complici i tempi biblici della nostra giustizia;
    tutto ciò viene amplificato nel momento in cui si parla di «fare impresa», che nel nostro territorio non trova un humus fertile in quanto la vetusta gestione della burocrazia e lo sperpero dei fondi europei rendono veramente difficile investire nella regione Calabria, nonostante alcune eccezioni possano far pensare il contrario, merito solo della perseveranza e della tenacia di qualche giovane che vuole sviluppare la sua idea nel posto in cui è nato, accettando eroicamente di scontrarsi con tutto ciò;
    anche le occasioni per creare quest’humus vengono negligentemente «dimenticate» e/o inutilizzate annullando di fatto, la capacità di accedere a cospicui capitali liquidi, come accaduto nel caso dei contratti di sviluppo di Invitalia che avrebbero permesso il recupero e lo sviluppo delle aree industriali disagiate. Infatti, i territori dei comuni ricadenti nelle aree di crisi, nelle aree industriali caratterizzate da crisi complesse o nelle aree di crisi industriale diverse da quelle complesse che presentano un impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione vengono raccolte in una lista dal Ministero dello sviluppo economico al fine di avere accesso a detti fondi particolari, eppure nella lista dei comuni compresi nelle aree di crisi di cui alle leggi n. 181 e n. 513 non compare alcun comune calabrese, in quanto la regione Calabria non ha mai segnalato alcun comune o area della Calabria soggetta a tali restrizioni;
    si consideri poi la presenza di alcune anomalie del sistema giuridico e normativo presenti in talune zone industriali che limitano – quando non escludono – le esigenze di sviluppo e di espansione delle attività imprenditoriali. Si prenda ad esempio la zona industriale di Lamezia Terme ove insiste un vincolo paesaggistico conseguente all'emanazione di un provvedimento di 70 anni fa che produce un aggravio di spese e tempi lunghissimi per l'attività imprenditoriale in una zona che invece, vista la presenza di numerose aziende a tecnologia avanzata, la stazione ferroviaria, l'aeroporto internazionale, la prossimità al mare e ad un importante snodo autostradale, potrebbe diventare un fondamentale volano di sviluppo locale;
    di fatto, con le infrastrutture che riguardano i trasporti, considerate tra le peggiori d'Italia – se non le peggiori – è chiaro che altre zone vengano preferite dagli investitori lasciando letteralmente nella condizione di bisogno le popolazioni residenti;
    con la dorsale ionica, le cui ferrovie (per la maggior parte ad un solo binario non elettrificato) dal 2000 in poi soggette ad un progressivo abbandono dei collegamenti a lunga percorrenza ed alla riduzione di quelli regionali, al quale è seguito (e purtroppo in parte sta ancora seguendo) un declassamento infrastrutturale attraverso la riduzione del numero di stazioni portando così ad un'ulteriore riduzione delle potenzialità della ferrovia;
    basti pensare che i tempi di percorrenza ferroviari presentano condizioni di enorme disagio in alcune aree tra la Calabria e – ad esempio – la Puglia. È inimmaginabile che per percorrere i 473 chilometri tra Taranto e Reggio Calabria siano necessari 7 ore e 5 minuti (secondo i dati Trenitalia), mentre per la tratta Roma-Crotone sia necessario cambiare 4 treni con una media di 9 ore di percorrenza;
    tutto questo non ha fatto altro che moltiplicare a dismisura il traffico veicolare, fatto di auto ma anche di decine e decine di autobus – che suppliscono alla mancanza di collegamenti ferroviari – riversati sulla cosiddetta «strada della morte», la strada statale 106 Taranto-Reggio Calabria, che, nella maggior parte della costa, corre parallela alla ferrovia Jonica. Strada statale 106 che negli ultimi 3 anni ha visto perdere la vita di 57 persone, mentre i dati di Aci parlano di oltre 600 morti, se si conta dal 1996 ad oggi, 9.000 sinistri e 24.000 feriti;
    alla luce di quanto sopra si nutrono forti perplessità sulla possibilità che un ulteriore aumento di traffico veicolare – dovuto ad un eventuale aumento della produttività regionale – possa risultare sostenibile da quel tratto stradale, diminuendo al contempo la pericolosità e le sue relative tragiche conseguenze,

impegna il Governo:

   tramite un'apposita iniziativa normativa, ad istituire nelle regioni di Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia, per un periodo di prova di cinque anni, le aree per l'innovazione (api) ovvero delle free zone da sviluppare su aree con estensione (possibilmente non superiore a 500 chilometri quadrati), popolazione residente (preferibilmente inferiore a 100.000 abitanti) e parametri reddituali (a titolo di esempio, con reddito medio pro capite inferiore alla media europea) prestabiliti;
   ad assumere iniziative per ricorrere ad un regime speciale per quanto previsto dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, articolo 37, al fine di ottenere un'area a burocrazia zero, incentivando altresì il ricorso a forme di arbitrato per la risoluzione dei contenziosi, prevedendo un sistema di agevolazioni fiscali per tutte le attività imprenditoriali insistenti nell'area e includendo l'esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nel caso di lavoratori che abbiano sottoscritto contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a tre anni, a condizione che almeno il 50 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade l'area per l'innovazione;
   a valutare, al termine del quinquennio di sperimentazione – nel caso in cui il prodotto interno lordo dell'area per l'innovazione abbia subito un incremento pari o superiore al 2 per cento annuo – la proroga per un ulteriore quinquennio, al termine del quale – se risulti confermato l'incremento medio annuo del prodotto interno lordo, previsto per il primo quinquennio – l'area per l'innovazione divenga permanente;
   ad assumere iniziative per rimuovere, per quanto di competenza, eventuali anomalie presenti del sistema giuridico-normativo nelle aree industriali calabresi a partire da una riperimetrazione del vincolo paesaggistico dell'area industriale di Lamezia Terme;
   con riferimento alla strada statale 106 Ionica, ad individuare uno strumento, eventualmente anche facendo ricorso all'istituzione di una commissione ministeriale, che possa valutare attraverso criteri oggettivi la capacità della strada stessa di poter garantire in sicurezza gli attuali volumi di traffico, avviando un'analisi sulle cause che hanno prodotto le pessime condizioni nella quali la stessa versava e continua a versare tutt'oggi, tenuto conto non solo del numero eccessivo di sinistri, feriti e vittime che rendono già da decenni la strada statale 106 una delle strade più pericolose d'Italia secondo l'Aci-stat, ma anche dei costi sociali determinati dall'incidentalità e dalla mortalità stradale sulla strada statale 106, costi che evidenziano una spesa collettiva maggiore in relazione a ciò che potrebbe essere utilmente, giustamente ed economicamente investito nell'ammodernamento di questa importante arteria viaria che ad oggi è tristemente nota solo per essere definita «strada della morte».
(1-01114)
«Barbanti, Rizzetto, Mucci, Prodani, Artini, Baldassarre, Turco, Segoni, Bechis, Cristian Iannuzzi».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    dall'ultimo Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno emerge la fotografia di un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014, per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3 per cento); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13 per cento e gli investimenti nell'industria in senso stretto addirittura del 59 per cento; nel 2014, quasi il 62 per cento dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5 per cento del Centro-Nord;
    la crisi, nel 2014 (e nella prima parte del 2015, con un miglioramento di fiducia di famiglie e imprese, favorito dalla caduta del prezzo dei prodotti petroliferi), si attenua nella maggior parte delle regioni del Centro-Nord, molto meno, invece, in tutte quelle del Sud;
    per il Sud è scattato infatti un vero e proprio allarme povertà: sulla base dei redditi rilevati nel 2013, in Italia è a rischio di povertà il 18,1 per cento delle persone, ma la differenza fra aree territoriali è notevole: nel Centro-Nord risulta esposto al rischio di povertà un individuo su dieci, nel Mezzogiorno uno su tre. La regione italiana in cui è più alto il rischio di povertà è la Sicilia (41,8 per cento), seguita dalla Campania (37,7 per cento). Inoltre, risulta un profondo divario tra le aspettative delle nuove generazioni in termini di realizzazione personale e professionale e di concrete occasioni di impiego qualificato sul territorio;
    il quadro è quello di un Paese dove «dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto la metà della Grecia». Un'Italia spaccata in due, dove c’è una regione come il Trentino Alto Adige, che registra un reddito pro capite di 37.665 euro e, contemporaneamente, la Calabria che si ferma a 15.807 euro;
    si registrano dati allarmanti sul fronte dell'occupazione in particolare per giovani e donne. Nel 2014, il numero degli occupati nel Mezzogiorno si è fermato a quota 5,8 milioni, segnando il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell'Istat. Per quanto riguarda l'occupazione femminile, secondo lo studio «al Sud lavora solo una giovane su cinque». Le donne, infatti, continuano a lavorare poco: «nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64 per cento registrato in Europa in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento»;
    il capitolo «giovani e lavoro» mostra una frattura senza paragoni in Europa: il Sud negli anni 2008-2014 perde 622 mila posti di lavoro tra gli under 34. Particolarmente colpiti i più giovani: gli under 24 nel 2014 registrano un tasso di disoccupazione del 35,5 per cento nel Centro-Nord e quasi del 56 per cento al Sud;
    sette anni di recessione sono stati inevitabilmente segnati, oltre che dalla crisi occupazionale di giovani e donne, da crescenti fenomeni di esclusione sociale. Tale divario ha determinato negli anni Duemila la ripresa dei flussi di emigrazione, prevalentemente tra i giovani;
    in deciso ribasso anche la capacità produttiva; rispetto ai livelli pre-crisi il Sud ha perso oltre il 30 per cento, contro il -17 per cento del Centro-Nord e il -5 per cento della media della Ue. In questo quadro pesa decisamente il crollo delle agevolazioni concesse alle imprese private: dal 2008 al 2013 sono scese al Centro-Nord del -17 per cento, passando da 3,2 a 2,6 miliardi di euro, mentre al Sud sono sprofondate del 76 per cento, passando da 5,5 a 1,3 miliardi di euro. Le agevolazioni alle imprese del Mezzogiorno sul totale nazionale si sono quindi dimezzate: erano il 63,5 per cento nel 2008, sono diventate il 33,2 per cento nel 2013;
    nel 2015 le prospettive non migliorano, con particolare riferimento al divario con il resto del Paese, che non diminuisce. L'indicatore dell'occupazione è lievemente in crescita, ma si tratta comunque di un dato su cui hanno influito le nuove disposizioni del Jobs act, che di fatto ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo rappresentano un «imbroglio»: ci sono state solo trasformazioni di contratti esistenti in contratti a tutele crescenti, agevolati dagli sgravi contributivi su cui hanno potuto contare i datori di lavoro. Nonostante questo, il dato dei primi nove mesi del 2015 relativo agli occupati nelle regioni meridionali, non ha superato la soglia psicologica dei sei milioni, arrestandosi a 5 milioni e 970 mila;
    va rilevato che il Mezzogiorno ha contribuito in maniera fondamentale alla copertura finanziaria delle risorse stanziate per gli sgravi contributivi che hanno agevolato le assunzioni in tutta Italia. Per recuperare i 3,5 miliardi di euro necessari a coprire lo sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato per il periodo 2015-2018, come previsto dalla legge di stabilità del 2015, il Governo ha infatti dato mandato all'Agenzia di coesione territoriale di «prelevare» le risorse, non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti alla data del 31 dicembre 2014, dai Piani di azione coesione i cui interventi sono concentrati prioritariamente nelle quattro Regioni dell'area convergenza dei fondi strutturali (Calabria, Campania, Sicilia e Puglia);
    ora, dei ben 2.928 milioni di euro recuperati, dei quali 2.228 milioni di euro dai piani di azione coesione a titolarità delle regioni e 700 milioni dai programmi ministeriali, il Meridione ha contribuito con risorse per il 98,7 per cento mentre, per le assunzioni incentivate, le realtà regionali del Sud si fermano alla soglia del 31 per cento. È infatti il Centro-nord a utilizzare maggiormente le risorse per lo sgravio contributivo: ben 794 mila assunzioni incentivate nel 2015, pari al 69 per cento, a fronte dei 364 mila rapporti di lavoro registrati al Sud; quello della copertura finanziaria della decontribuzione è stato un vero e proprio «scippo» a danno del Mezzogiorno, a fronte del quale non vi è stato un significativo «ritorno» di risorse;
    l'indicatore degli investimenti continua, anche per il 2015, a far segnare valori negativi. Come negli anni scorsi, dunque, sono i bassi investimenti a condizionare le prospettive di ripresa del Sud. Dal picco del 2007, infatti, gli investimenti fissi lordi sono calati di oltre 34 miliardi di euro, toccando nel 2014 il valore minimo di 55 miliardi. Particolarmente forti i cali dell'industria e delle costruzioni, dimezzati dal 2000 a oggi. Decrementi ingenti fanno registrare anche gli investimenti pubblici. Al netto delle partite finanziarie, tra il 2009 ed il 2013, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, ben al di sotto dei valori del 2000. La flessione dell'attività produttiva è stata quindi molto più profonda nel Mezzogiorno, con effetti negativi che appaiono ormai strutturali e spiegano la maggiore difficoltà di crescita e la minore capacità di ancorarsi alla ripresa internazionale. La crisi ha depauperato le risorse del Mezzogiorno e il suo potenziale produttivo: la forte riduzione degli investimenti ha diminuito la sua capacità industriale, che, non venendo rinnovata, ha perso ulteriormente in competitività; la riattivazione degli investimenti, privati e pubblici si conferma insomma come la chiave della possibile ripartenza, soprattutto al Sud, dove di più si sono ridotti;
    in questo scenario, lo Svimez ha già avvertito che «il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente»;
    il quadro delineato pone in evidenza i problemi, le forti insufficienze, i ritardi e le specificità che affliggono il Mezzogiorno d'Italia;
    la cosa, purtroppo, non sorprende, anche a fronte della consapevolezza dell'immobilismo del Governo Renzi, che, sin dal suo insediamento, non ha mai inserito il tema del Mezzogiorno tra le priorità della sua agenda, non comprendendo che, senza crescita del Sud, non c’è crescita del Paese; anzi, l'Esecutivo in carica ne ha addirittura ostacolato lo sviluppo, depauperandolo e utilizzando i fondi spettanti alle regioni del Sud come «bancomat» per finanziare tutt'altro;
    il Governo ha infatti decurtato il cofinanziamento nazionale ai fondi comunitari per le tre grandi regioni del Sud che sono in fondo alla classifica per capacità di spesa: Campania, Calabria e Sicilia, portandolo dal 50 per cento al 26 per cento per il periodo 2014-2020. Come già argomentato, l'Esecutivo ha inoltre impegnato 3,5 miliardi del fondo di coesione per finanziare la defiscalizzazione del Jobs Act;
    il Governo ha deciso altresì di non procedere al rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, che ha previsto incentivi per l'autoimprenditorialità e l'autoimpiego, al fine di favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese; il rifinanziamento si rendeva necessario proprio perché tale strumento è diventato negli ultimi anni il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione, perlopiù giovani e donne, ma l'Esecutivo, nonostante i diversi solleciti, ha scelto deliberatamente di non proseguire un percorso virtuoso, in grado di favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale;
    nonostante gli annunci immediatamente successivi alla diffusione degli allarmanti dati Svimez, e ipotetici master plan presentati dall'Esecutivo con tanto di hastag #zerochiacchiere, la legge di stabilità 2016 approvata dalla maggioranza non prevede alcun progetto di rilancio dell'area del Mezzogiorno del Paese: le misure previste risultano inidonee e carenti, e gli interventi destinati alla ripresa degli investimenti privati nelle regioni meridionali si limitano ad un credito di imposta di 600 milioni di euro (finanziato con risorse già attribuite al Sud), e ad una promessa di misure per la decontribuzione (esonero sempre al 40 per cento dei contributi) sulle assunzioni del 2017;
    da parte del Governo, quindi, si tratta ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo solo di un palliativo inutile e incapace di innescare un processo virtuoso di ripresa, totalmente inadeguato a sostenere il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e, quindi, la crescita di reddito capace di generare gettito;
    il Governo ha infatti rinunciato persino alla decontribuzione rafforzata per il Mezzogiorno, reclamata da più parti, utile sicuramente a stimolare adeguatamente le scelte di investimento delle imprese;
    per il momento, l'onere di sostenere la crescita economica al Sud resta quindi soprattutto sulle spalle della politica di coesione e dei fondi strutturali europei, i cui interventi della programmazione 2014-20 stanno ora prendendo il via. È fondamentale che queste risorse vengano utilizzate tempestivamente per far fronte ad emergenze reali. Anche su questo punto, il Governo si è mostrato carente, in particolare nel coordinamento della destinazione dei fondi 2007-2013; in particolare dopo il passaggio di Graziano Delrio, da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Premier ha avocato a sé la delega per la gestione dei fondi comunitari, determinando di fatto un vuoto di guida su una tematica così importante e delicata, che si è trovata priva di un responsabile politico governativo in grado di catalizzare i fondi dell'Unione europea sulle priorità del Mezzogiorno, anche attraverso l'efficientamento dell'Agenzia per la coesione territoriale;
    contrariamente al luogo comune corrente, la spesa pubblica pro capite della Pubblica amministrazione nel Mezzogiorno è più bassa del 20 per cento (2.934 euro in meno) rispetto al resto del paese; del 25 per cento (per circa 4.900 euro) se si considera il settore pubblico allargato (Ferrovie, Anas, Enel ed altro); contrariamente ad un altro luogo comune, i dipendenti pubblici nel Sud (diminuiti di 130 mila unità tra il 2000 e il 2013) sono il 5 per cento della popolazione residente, esattamente nella media nazionale. Il lavoro pubblico rappresenta però il 19 per cento dell'occupazione complessiva contro il 14 per cento del Centro-nord. Il problema, dunque, non è nella ipertrofica dimensione dell'impiego pubblico, quanto nella limitata estensione di quello privato: la risposta è quindi nello sviluppo dell'impresa privata, nella crescita di reddito capace di generare gettito;
    sviluppo dell'impresa privata significa innanzitutto tutela delle imprese che già operano nel Mezzogiorno; significa rafforzare gli impianti produttivi esistenti adottando ogni opportuna iniziativa in grado di aumentarne la capacità competitiva. È fondamentale dunque avviare un piano straordinario per le imprese, in grado di metterle nelle condizioni di operare correttamente: il piano dovrà necessariamente comprendere iniziative volte a rafforzare i presidi di legalità nel Mezzogiorno, ad assicurare servizi, mobilità, accesso al credito;
    il tema centrale dell'emergenza non è solo di tipo economico, ma anche di natura sociale e culturale: l'approccio alle politiche per il Mezzogiorno deve essere a 360 gradi; gli investimenti da redistribuire in particolare nell'area meridionale del Paese riguardano necessariamente anche il capitale sociale;
    è evidente tra l'altro come all'interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale creatosi tra nord e sud esista una questione che investe anche il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in un danno incalcolabile per il Meridione: le università meridionali, infatti, hanno perso 45.000 immatricolati negli ultimi 10 anni, mentre il Centro-Nord, dopo un'iniziale perdita, ha superato la crisi di immatricolazioni. Le università del Sud riescono a «trattenere» poco più del 60 per cento dei diplomati meridionali, nel mentre pochissimi studenti del Centro-Nord si immatricolano nelle università del Sud. Il sistema universitario del centro-nord, invece, oltre ai diplomati locali riesce ad attrarre altri 2 diplomati su 10 provenienti dal sud;
    questo fenomeno non può essere semplicisticamente motivato dall'attrazione «intellettuale» esercitata dalle grandi università o città del Nord. In realtà, un motivo rilevante – e inadeguatamente valutato – è rappresentato dalle scarse risorse del diritto allo studio e dall'iniqua distribuzione delle stesse. Di recente, su tale argomento, non sono mancati gli interventi degli studenti, dei docenti, della CRUI, degli enti del diritto allo studio. Tuttavia, la cifra messa in campo dal Governo (circa 160 milioni di euro) non è aumentata. Sulle scarsissime risorse messe in campo dalle Regioni, tra loro molto differenti, si discute poco, ma ancora meno si discute sull'iniquo meccanismo di distribuzione dei fondi statali alle regioni. Infatti la ripartizione dei fondi è paradossalmente basata sulla ricchezza delle regioni: di fatto, le regioni che riescono a dare un maggiore numero di borse di studio, perché più ricche, ottengono di più dallo Stato, mentre quelle più povere ottengono di meno. Tale distribuzione di risorse attiva un circolo vizioso per il quale sempre più risorse vanno al Nord e sempre meno al Sud;
    altro allarme che riveste il Mezzogiorno, riguarda il tema delle reti infrastrutturali dei trasporti, la cui carenza ricopre, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà, provocando notevoli disagi ai cittadini e all'intera economia del Sud;
    l'area del Mezzogiorno presenta innanzitutto bassissimi livelli di connettività ferroviaria al suo interno, in termini sia di estensione della rete, sia di velocità commerciale. La competitività del trasporto ferroviario delle merci è bassa e necessita di interventi di riequilibrio, mentre sul lato dei servizi di trasporto ferroviari passeggeri sono bassi i livelli di qualità percepita, a causa di scarsa accessibilità e carenza di servizi. Per non parlare dell'assenza di collegamenti ad alta velocità, oggetto di annunci che non hanno ancora avuto seguito;
    la rete stradale si presenta come particolarmente congestionata, anche a causa dei continui lavori mai terminati, e necessita di una riduzione dei flussi; considerando che il trasporto aereo è previsto in crescita esponenziale nei prossimi anni, occorre altresì un efficientamento della capacità aeroportuale di gestione dello spazio aereo;
    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza non solo sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini, ma anche per lo sviluppo dell'economia dell'intero paese, nonché per la forte vocazione turistica del Mezzogiorno che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    è assolutamente necessario intervenire per innalzare il livello di competitività del sistema attraverso il potenziamento delle infrastrutture e attrezzature portuali e interportuali, incluso il loro adeguamento ai migliori standard ambientali, energetici e operativi; anche in tal senso, il Governo si è mostrato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo assolutamente carente nei propri interventi: nulla è stato fatto per colmare il gap infrastrutturale del Sud attraverso investimenti specifici;
    tantomeno si investe in tema di giustizia, su cui il Sud, particolarmente colpito dai fenomeni di criminalità organizzata, soffre una carenza di organico degli uffici giudiziari che non può più essere in alcun modo sottovalutata; a titolo di esempio, basta citare la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha competenza su quattro delle cinque province della Calabria, e su sette circondari, rappresentando il terzo distretto italiano, e che registra la presenza di soli sei magistrati. Un presidio che dovrebbe vigilare su una situazione di criminalità che ha assunto rilievo nazionale per la sua pericolosità, tanto di radicamento nel territorio regionale quanto di collegamento ed estensione nell'intero territorio nazionale e transnazionale, non consente neanche la copertura minima dell'assegnazione di un magistrato per circondario;
    sul fronte ambientale, la scarsa attenzione mostrata dall'Esecutivo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo troppo concentrato a promuovere se stesso con interventi da spot elettorale che si rivelano inconsistenti ed inefficaci alla prova dei fatti, ha raggiunto l'apice con la vicenda della Terra dei Fuochi, su cui il Governo preferisce investire sullo smaltimento delle ecoballe, continuando ad ignorare il vero problema della zona, che va affrontato partendo dalla bonifica del sottosuolo, inquinato dallo sversamento di rifiuti tossici;
    anche sul fronte sanitario, il Governo continua ad affrontare le questioni con un approccio sbagliato: la ripartizione del fondo sanitario nazionale dovrebbe essere calcolata con attenzione particolare alla popolazione residente, ai tassi di mortalità della popolazione, ai bisogni sanitari ed agli indicatori epidemiologici territoriali rispetto a particolari situazioni legate ai territori; oggi tutto questo non avviene, e la quota spettante alle regioni si determina solo in base alla frequenza dei consumi sanitari per età e per sesso. Un calcolo che, come appare subito evidente, premia i territori che contano nella propria popolazione il maggior numero di anziani, e che conseguentemente penalizza le regioni meridionali;
    dato il quadro e dati alla mano, è evidente come il Mezzogiorno abbia pagato il prezzo più alto della crisi: non solo non si può permettere di perdere le risorse ad esso destinate, ma dovrebbe ricevere di più in termini di piani strategici e di interventi straordinari. Più in generale, non basta concentrare l'attenzione sui fondi strutturali. Certo, è utile individuare procedure innovative, per concentrarne in modo strategico l'utilizzo, per velocizzarne la spesa, in maniera che questi non vengano restituiti, come troppo spesso è accaduto nel corso degli anni passati. Ma i fondi strutturali dell'Unione europea sono risorse aggiuntive che non devono essere considerate risorse ordinarie, come invece per troppi anni è stato fatto nel nostro Paese;
    è evidente però come non si stia affatto andando in questa direzione. La quota degli investimenti nel bilancio dello Stato diminuisce costantemente. Aumenta soltanto la spesa corrente, nonostante la spending review, e la parte di investimenti per il Sud è ancora più bassa;
    l'Italia è praticamente spaccata in due, per gli investimenti, la crescita, il reddito pro capite, l'occupazione e il lavoro. È necessario agire concretamente con interventi immediati, implementando una serie di azioni volte a risollevare il Mezzogiorno dalla situazione drammatica in cui scivola anno dopo anno,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni opportuna iniziativa finalizzata al rilancio economico e sociale del Mezzogiorno d'Italia e, in particolare:
    a) ad adottare ogni iniziativa per una negoziazione a livello europeo volta ad applicare nel Mezzogiorno un regime di fiscalità di vantaggio, sulla scia di quanto già disposto per le Azzorre, per Madeira e per le isole Canarie, avviando nelle quattro regioni obiettivo convergenza, in particolare nelle aree in cui insistono autorità portuali, la costituzione di zone franche di fiscalità di vantaggio in cui applicare, attraverso l'utilizzo dei fondi europei, un taglio lineare di IRES e IRAP per un ciclo di programmazione, dando vita ad un processo di aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico utilizzando le deroghe vigenti nei Trattati dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, nelle «regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione»;
    b) ad attivarsi a livello europeo per negoziare la possibilità di un diverso utilizzo delle risorse assegnate per la formazione professionale, introducendo l'opportunità di finanziare direttamente voucher formativi con le imprese, volti a percorsi di apprendistato;
    c) ad assumere iniziative per compensare il ridimensionamento delle quote di cofinanziamento dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, e prevedere adeguate risorse aumentando la spesa in conto capitale ordinaria dello Stato in favore delle aree territoriali che rientrano nel «piano di convergenza», al fine di sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale dell'area, i servizi di pubblica utilità e alla persona, la messa in sicurezza dei territori;
    d) ad adottare ogni iniziativa volta a rafforzare l'attività e la capacità competitiva degli impianti produttivi che già operano nel Mezzogiorno, attraverso il potenziamento dei presidi di legalità, l'implementazione di interventi mirati a colmare il gap infrastrutturale e di servizi, nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito, sostenendo altresì politiche di decontribuzione rafforzata, in particolare per le nuove imprese che decidono di investire nella zona creando conseguentemente sviluppo e posti di lavoro;
    e) ad intervenire per riqualificare la spesa ordinaria dello Stato, inclusa quella dei grandi asset pubblici, che rappresenta quasi il 95 per cento della spesa pubblica nelle regioni del Mezzogiorno, per migliorarne qualità ed efficienza;
    f) ad adottare opportune iniziative volte a sostenere il diritto allo studio negli atenei meridionali, per evitare che il depauperamento delle università del Sud accentui ancora di più il divario nel Paese;
    g) ad assumere iniziative per prevedere il rifinanziamento delle misure contenute nel decreto legislativo n. 185 del 2000, riguardanti le attività di auto impiego ed auto imprenditorialità citate in premessa, che i dati statistici e la realtà del Paese considerano validi strumenti d'incentivazione alle imprese e allo sviluppo occupazionale, in particolare nelle aree particolarmente svantaggiate;
    h) ad avviare quanto prima un grande piano per lo sviluppo delle reti infrastrutturali del Mezzogiorno, volto ad estendere e potenziare, anche attraverso lo sviluppo della rete ad alta velocità, la rete ferroviaria meridionale, favorire l'intermodalità per le merci, efficientare le infrastrutture portuali e aeroportuali esistenti, potenziare la rete stradale, e, in particolare, ripristinare una situazione di normalità in quelle arterie stradali attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza, consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
    i) ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di razionalizzare e finalizzare in maniera corretta i fondi europei, e ad individuare, nel quadro di un ampio confronto con le regioni e le amministrazioni del Mezzogiorno, le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad assicurare il tempestivo utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, facendo ricorso, ove necessario, all'esercizio del potere sostitutivo nei confronti delle amministrazioni che si dovessero rivelare inadempienti;
    l) a prevedere in tempi rapidi iniziative volte a potenziare l'attività di coordinamento delle politiche per la coesione territoriale, superando la cronica incapacità nell'imprimere una svolta decisiva nella qualità della spesa dei fondi europei, con evidenti ripercussioni sullo sviluppo nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno;
    m) ad intervenire con misure che garantiscano la massima tutela dei livelli essenziali e di fabbisogno di assistenza in ambito sanitario, e nei servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno.
(1-01115)
«Carfagna, Prestigiacomo, Occhiuto, Russo, Catanoso, Luigi Cesaro, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Giammanco, Gullo, Nizzi, Petrenga, Rotondi, Santelli, Sarro, Elvira Savino, Sisto, Vella».
(25 gennaio 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MERITO AL CORRETTO UTILIZZO DEI DISPOSITIVI DI RILEVAZIONE AUTOMATICA DELLA VELOCITÀ E ALLA DESTINAZIONE DEI PROVENTI DERIVANTI DAL RELATIVO SISTEMA SANZIONATORIO

   La Camera,
   premesso che:
    l'uso degli autovelox per accertare il superamento dei limiti di velocità è diventato per molti enti locali, di fatto, uno strumento sicuro per garantirsi entrate supplementari destinate agli scopi più disparati, essendo tali apparecchiature assai di frequente utilizzate in modo subdolo dai comuni, non tanto a scopo preventivo o dissuasivo, quanto al puro scopo di multare il maggior numero di automobilisti ed aumentare in questo modo le entrate derivanti dalle sanzioni in favore dei bilanci degli enti;
    i limiti di velocità su diversi tratti stradali sono spesso discutibili e altalenanti, e la collocazione degli impianti di rilevazione automatica risulta talvolta arbitraria, se non, in qualche caso, persino pericolosa, poiché induce gli automobilisti a bruschi rallentamenti della velocità;
    la Corte costituzionale (sentenza n. 113 del 2015) ha stabilito che gli strumenti tecnici di misurazione elettronica sono di dubbia funzionalità se non sono sottoposti a manutenzione e a verifiche periodiche e che «fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l'affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale»;
    a molte cattive prassi si contrappongono alcuni comportamenti di segno opposto, come quello messo in atto dal sindaco di Padova, che ha annullato decine di migliaia di sanzioni, provenienti da autovelox, ritenendo prima necessario procedere a una verifica della regolarità degli impianti;
    molti comuni, poi, per evitare il contraccolpo di impopolarità prodotto da queste condotte sulla popolazione residente, installano gli apparecchi di rilevazione automatica principalmente sui tratti delle strade statali che attraversano il loro territorio di competenza, in modo da poter colpire il maggior numero possibile di automobilisti di passaggio;
    secondo il codice della strada i comuni stessi dovrebbero inviare ogni anno una relazione telematica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'interno su quanto incassano con queste multe e destinare una quota del 50 per cento di queste entrate, provenienti da sanzioni comminate attraverso l'utilizzo degli autovelox, «alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale, nel rispetto della normativa vigente relativa al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e al patto di stabilità interno», come recita l'articolo 142 del codice della strada;
    entrambi i suddetti obblighi restano disattesi nella stragrande maggioranza dei casi e tale comportamento, come di recente ha sottolineato l'Aci, distrae una fondamentale quantità di risorse a voci come la manutenzione delle infrastrutture stradali o i controlli di sicurezza;
    attualmente non esistono sanzioni da poter applicare ai comuni che non rispettino queste previsioni normative,

impegna il Governo

a mettere fine al più presto a questo utilizzo distorto degli strumenti per la sicurezza degli automobilisti, che viene impropriamente finalizzato ad alimentare le entrate nelle casse dei comuni, e che, paradossalmente, proprio attraverso la sottrazione di somme importanti da destinare a scopi come la manutenzione stradale, lede in primo luogo la sicurezza stradale stessa dei cittadini, adottando iniziative normative per fare rispettare da parte dei comuni quanto disposto dal codice della strada sia in merito alla relazione telematica che i comuni stessi devono inviare ogni anno ai Ministeri delle infrastrutture e trasporti e dell'interno, sia in ordine all'obbligo di destinare il 50 per cento di questi proventi delle multe alla sicurezza stradale, attraverso l'introduzione di un sistema di sanzioni, efficace ed immediatamente applicabile ai comuni che non adempiano agli obblighi previsti dalle norme in vigore.
(1-01085)
«Baldelli, Garofalo, Catalano, Attaguile, Fauttilli, Rampelli, Palese, Abrignani, Biasotti, Occhiuto, Alberto Giorgetti, Polverini, Squeri, Nizzi».
(17 dicembre 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    la sicurezza stradale impone la realizzazione di un complessivo ed efficiente sistema normativo che non può limitarsi a disporre misure repressive e deterrenti, ma richiede un intervento anche di tipo formativo, stabile, organizzato, accessibile a tutti, per la creazione di una cultura della sicurezza e della prevenzione stradale e la conseguenziale riduzione della mortalità e del ferimento di persone, attraverso la migliore preparazione del conducente;
    studi, europei e comparati, in materia, indicano tra le strategie maggiormente funzionali per la garanzia di sicurezza il miglioramento dell'educazione stradale e della preparazione degli utenti della strada, contestualmente all'implementazione della qualità del sistema di rilascio delle patenti e di formazione, anche post-patente;
    occorre una normativa pertinente per ogni fattore di rischio che valorizzi l'incidenza del comportamento umano e miri all'istituzione anche di centri per la guida sicura al fine di preparare il conducente a tenere comportamenti corretti alla guida del veicolo in presenza di situazioni di rischio e di emergenza e di diffondere i principali movimenti tecnici di guida per il miglioramento della sicurezza stradale in dette condizioni;
    allo stato attuale manca in Italia una normativa sistematica che regoli i corsi di guida sicura, disciplini in modo compiuto i limiti alla guida per particolari categorie di soggetti, ritenuti a maggior rischio di pericolosità rispetto alla incidentalità, e tuteli categorie di utenti più vulnerabili, quali pedoni, ciclisti e utilizzatori delle due ruote a motore, esposti a rischi più elevati;
    ancora nella prospettiva di migliorare la sicurezza stradale e contrastare il fenomeno dell'incidentalità è anche consentito il ricorso a dispositivi automatici di controllo;
    il codice della strada – decreto legislativo n. 285 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni – dispone, invero, all'articolo 45, che per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova, tra le altre, le risultanze di apparecchiature anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, a condizione che siano debitamente omologate e le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità siano preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi;
    al riguardo, anche la circolare del 14 agosto 2009 del Ministero dell'interno dispone direttive per garantire un'azione coordinata di prevenzione e contrasto dell'eccesso di velocità sulle strade;
    da ultimo, la Corte costituzionale, con sentenza n. 113 del 2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 45, comma 6, del codice della strada, per mancata previsione per tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento dei limiti di velocità dell'obbligo di verifiche di funzionalità e di taratura;
    manutenzione e verifiche periodiche costituiscono garanzia di affidabilità dei dispositivi automatici e della fede pubblica che si ripone nella relativa attività di accertamento;
    sempre più spesso, tuttavia, la magistratura e la cronaca danno conto di usi distorti di tali dispositivi per l'assenza di manutenzione, verifiche e tarature di legge, per la stessa collocazione degli impianti di rilevazione automatica, considerata irregolare, se non addirittura pericolosa, sfornita della segnaletica prescritta, più idonea a trasformare detti apparecchi in strumenti a garanzia di entrate sicure a favore dei bilanci degli enti utilizzatori sovente da destinare a scopi diversi da quelli imposti;
    dalle recenti dichiarazioni dello stesso presidente dell'Automobile Club d'Italia, Angelo Sticchi Damiani, emerge come spesso gli autovelox e gli altri sistemi di rilevamento della velocità dei veicoli siano «non sempre posizionati per indurre al rispetto dei limiti di velocità, ma anche per fare cassa in un momento per gli enti locali certamente non facile». In particolare, lo stesso Sticchi Damiani sottolinea come i soldi per la sicurezza stradale ci siano «ma troppi Comuni destinano ad altre voci quanto previsto dalla legge a favore degli automobilisti. Per garantire l'osservanza della norma è opportuno prevedere pesanti misure sanzionatorie per le Amministrazioni inadempienti»;
    la finalità costituita dal miglioramento della sicurezza stradale deve, invece, essere l'interesse pubblico primario da perseguire, anche in considerazione della destinazione della somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie imposta a mente dell'articolo 142 del codice della strada che, il comma 12-ter, aggiunto dall'articolo 25, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120, individua nella realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché nel potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale;
    l'ammontare complessivo dei proventi e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, con la specificazione degli oneri sostenuti per ciascun intervento, devono essere oggetto di una specifica relazione che ciascun ente locale, entro il 31 maggio di ogni anno, deve trasmettere in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno. È altresì previsto che la percentuale dei proventi spettanti sia ridotta del 90 per cento annuo nei confronti dell'ente che non trasmetta detta relazione, ovvero che utilizzi i proventi in modo difforme da quanto previsto. Tali inadempienze rilevano ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale e devono essere segnalate tempestivamente al procuratore regionale della Corte dei conti;
    i suddetti obblighi restano largamente disattesi senza alcuna sanzione, omettendo ogni dovuta trasparenza ed implicando troppo spesso la distrazione delle risorse destinate alla manutenzione delle infrastrutture stradali e ai controlli di sicurezza;
    sia l'introduzione di una normativa per l'istituzione di centri per la guida sicura, sia la garanzia del regolare funzionamento delle apparecchiature e il loro corretto utilizzo con maggiore effettività delle relative sanzioni punitive in funzione della sicurezza e della manutenzione stradale si iscrivono coerentemente ed efficacemente nell'ambito della strategia europea che si è posta, in un rapporto della commissione, l'obiettivo di dimezzare entro il 2020 il numero di vittime della strada rispetto al 2010 e nel «Libro bianco dei trasporti», si propone di avvicinarsi entro il 2050 all'obiettivo «zero vittime» nel trasporto su strada, implementando la sicurezza in tutti i modi di trasporto,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa necessaria, anche di tipo normativo, volta a destinare la parte di spettanza ministeriale dei proventi delle sanzioni derivanti dall'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità per il miglioramento e l'implementazione della sicurezza stradale e della tutela di categorie di utenti più vulnerabili mediante il finanziamento anche di misure formative di prevenzione – fra cui corsi di formazione per la guida nelle scuole e corsi di guida sicura – per incentivare e sviluppare una cultura consapevole della sicurezza stradale;
   ad assumere ogni iniziativa necessaria per garantire il regolare funzionamento delle apparecchiature impiegate nell'accertamento dei limiti di velocità, attraverso verifiche e tarature di legge, e porre fine ad un uso distorto delle stesse, impedendo il loro utilizzo a meri scopi di cassa degli enti utilizzatori che distraggono le somme rivenienti dalle relative sanzioni dagli imposti scopi di manutenzione e controllo stradale, anche mediante adozione di incisivi interventi normativi per assicurare il rispetto delle prescrizioni del codice della strada in merito alla destinazione dei proventi delle sanzioni;
   ad adottare iniziative normative a garanzia del rispetto del prescritto obbligo di relazione telematica a carico degli enti utilizzatori di apparecchiature impiegate nell'accertamento dei limiti di velocità da inviare ogni anno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno, introducendo l'obbligo di pubblicazione della stessa on-line sul relativo sito istituzionale, nella sezione «Amministrazione trasparente», e un sistema di sanzioni in danno degli enti che non vi provvedano;
    ad adottare iniziative normative al fine di consentire la consultazione – sulla base di criteri temporali, territoriali, con disaggregazione a livello comunale, provinciale e regionale, e per tipologia di infrazione – dei dati relativi all'entità delle sanzioni comminate nell'anno precedente, mediante trasmissione in via telematica al Ministero dell'interno, che provveda alla successiva pubblicazione degli stessi dati in un'apposita sezione del proprio sito istituzionale in un formato di tipo aperto, secondo le indicazioni di cui alla lettera a), comma 3, dell'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.
(1-01104)
(Nuova formulazione) «De Lorenzis, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, D'Incà».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    nella circolazione stradale l'Italia ha il tasso di incidentalità e di mortalità più elevato tra i grandi Paesi europei e sopra la media comunitaria;
    nel 2014 sono stati registrati 177.031 incidenti con 251.147 feriti e ben 3381 morti, in aumento rispetto al 2013; nel 2015 si rileva un ulteriore e drammatico incremento dei sinistri e del numero dei decessi;
    l'eccesso di velocità è la seconda causa di incidente dopo la distrazione, ma è la prima causa negli incidenti più gravi; la combinazione dei due fattori, distrazione ed eccesso di velocità, è la principale causa di morte sulle strade;
    gli incidenti, i morti e i feriti, sono in aumento nelle strade urbane, dove – in particolare per la presenza di pedoni – occorre moderare la velocità e far rispettare i limiti e le altre regole previste dal codice della strada; l'indice di mortalità dei pedoni è quattro volte superiore a quello degli occupanti le autovetture e l'investimento dei pedoni è una delle principali cause di morte sulle strade, in particolare per velocità eccessiva e per l'effetto che la stessa ha sull'impatto;
    le vittime diminuiscono solo sulle autostrade grazie ai sistemi di rilevamento automatico della velocità e al conseguente maggior rispetto dei limiti previsti;
    per la riduzione degli incidenti stradali e del numero dei morti sulla strada è fondamentale un rigoroso ed efficace sistema di controllo e la repressione dei comportamenti scorretti;
    come dimostra l'esperienza del tutor in autostrada, la diffusione e costanza dei controlli esercitano al contempo una funzione di prevenzione e di vigilanza;
    per la sicurezza della circolazione, il codice della strada prescrive che l'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità sia effettuato attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità ovvero di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni;
    le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, come previsto dal regolamento di esecuzione del codice della strada;
    i sistemi di controllo automatico della velocità o di altre gravi infrazioni sono diventati, al pari di altri, strumenti irrinunciabili per determinare un generalizzato rispetto delle regole e una riduzione degli incidenti, come dimostra l'esperienza di altri grandi Paesi europei;
    l'abuso o l'uso scorretto di strumenti di controllo sistematico delle infrazioni può generare ingiustizie e indebolire l'efficacia dell'azione per cui sono utilizzati, essenzialmente il rispetto delle regole e non le entrate economiche dell'amministrazione che li impiega; pertanto è necessario contrastare gli abusi e correggere l'uso improprio di questi preziosi strumenti;
    a norma dell'articolo 142 del nuovo codice della strada, i proventi delle sanzioni per violazioni dei limiti massimi di velocità, accertate mediante sistemi di rilevamento della velocità o mediante dispositivi di controllo a distanza delle violazioni, sono attribuiti – nelle strade che non siano in concessione – in misura pari al 50 per cento ciascuno, all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento o agli enti che esercitano le relative funzioni, e all'ente da cui dipende l'organo accertatore; gli enti locali e territoriali devono utilizzare la quota dei proventi ad essi destinati nella regione nella quale sono stati effettuati gli accertamenti;
    in base al comma 12-ter del medesimo articolo 142 del codice, gli stessi enti a cui sono attribuiti i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie devono destinarli alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale impegnato in questo fondamentale compito; l'impiego di tale risorse deve tener conto dell'esigenza di contenere la spesa pubblica e di rispetto del patto di stabilità interno;
    ciascun ente locale ha, per legge, l'obbligo di trasmettere in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati, con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di tali sanzioni di propria spettanza, e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, specificando gli oneri sostenuti per ciascun intervento, la violazione dell'obbligo di trasmettere tale relazione ovvero del vincolo all'utilizzo dei proventi come previsto implica, per l'ente inadempiente, la riduzione della percentuale dei proventi assegnati in misura pari al 90 per cento per ciascun anno nel quale sia riscontrata una delle predette inadempienze; non solo: tali inadempienze rilevano ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale e devono essere segnalate tempestivamente al procuratore regionale della Corte dei conti;
    è opportuno che a tali finalità – realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture e degli impianti stradali, potenziamento dei controlli e dell'accertamento delle violazioni – siano dedicate la maggior quantità di risorse possibili, fino a raggiungere l'obiettivo – impiegando per tali finalità anche il 100 per cento dei proventi – di una concreta e strutturale riduzione dell'incidentalità ed in particolare degli indici di lesività e di mortalità, in modo da collocare l'Italia tra i Paesi europei con le strade più sicure;
    i dispositivi per il controllo elettronico della velocità e le norme che regolano l'impiego di tali strumenti creano un rapporto virtuoso tra la ragionevolezza della norma, il trasparente e costante sistema di controllo, la prontezza e la proporzionalità delle sanzioni, l'utilizzo efficace dei proventi delle medesime così da ridurre le infrazioni, i danni, il numero e l'onere delle sanzioni;
    regole scritte male o applicate in modo non corretto, controlli o sanzioni vessatori possono compromettere l'effettività e l'efficacia delle norme e del sistema, con effetti perversi, ma occorre contrastare e porre immediato rimedio a fenomeni distorsivi delle regole e del sistema dei controlli, non sgretolare l'intero sistema,

impegna il Governo:

   a promuovere l'uso di strumenti telematici di controllo delle infrazioni al codice della strada, con particolare attenzione all'accertamento delle infrazioni più pericolose e ai tratti stradali dove si registra il maggior numero di incidenti nonché a quelli che presentano rischi più elevati per utenza vulnerabile e per gli insediamenti che si affacciano sulle strade;
   nel caso di utilizzo sistematico o fisso di strumenti telematici di controllo alle infrazioni del codice della strada, a promuovere il contestuale utilizzo di adeguati sistemi di comunicazione e allerta sui pericoli presenti e sulle regole per evitarli;
   ad assumere iniziative:
    a) per effettuare un'attenta verifica sul corretto impiego dei sistemi automatici di controllo sulle strade ed, in particolare, per accertare che tali sistemi siano efficaci ai fini della prevenzione dei sinistri;
    b) per verificare che, con l'applicazione di tali dispositivi – nella proiezione quinquennale di funzionamento a regime, a parità di flussi di traffico e tempi e modi di utilizzo – il numero di sanzioni emesse progressivamente si riduca, in modo da accertare il corretto utilizzo dello strumento;
    c) per prevedere che l'impiego di strumenti telematici di controllo sulle strade sia inserito nell'ambito di piani o di azioni coordinate di intervento di cui siano misurabili gli obiettivi in termini di diminuzione delle infrazioni controllate, miglioramento delle condizioni di sicurezza e drastica riduzione degli incidenti, dei morti e dei feriti;
    d) per introdurre, in attuazione degli obblighi dettati dal codice della strada, una disciplina prescrittiva per l'impiego delle risorse derivanti dalle sanzioni per infrazioni stradali, nella realizzazione di azioni coordinate e misurabili di miglioramento della sicurezza stradale, e, in particolare, di azioni di prevenzione e di controllo;
    e) affinché le risorse destinate agli enti locali per la manutenzione, la sicurezza e i controlli sulle strade siano inquadrate nell'ambito di piani coordinati con obiettivi misurabili di sicurezza stradale;
   ad applicare le regole e le previste sanzioni nei confronti dei comuni e degli enti beneficiari dei proventi per infrazioni stradali che non rispettino l'obbligo – prescritto dal codice della strada – di destinare tali somme alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ovvero non ottemperino all'obbligo di comunicare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'entità e il corretto utilizzo di tali proventi.
(1-01105)
«Tullo, Gandolfi, Minnucci, Meta, Anzaldi, Brandolin, Bruno Bossio, Cardinale, Carloni, Castricone, Coppola, Crivellari, Culotta, Marco Di Stefano, Ferro, Pierdomenico Martino, Mauri, Mognato, Mura, Pagani».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    in questo particolare periodo di crisi economica vi è una certa tendenza, da parte della pubblica amministrazione, a praticare quella che viene definita «finanza creativa», locuzione, di recente coniazione, che sta ad indicare, un insieme di manovre finanziarie utilizzate per fare cassa rapidamente;
    sembra che lo stesso scopo, quello di fare quadrare i bilanci comunali, esangui per i tagli da parte del Governo, sia perseguito da qualche comune italiano, attraverso forme surrettizie di autofinanziamento, come con gli autovelox, tanto è vero che più volte è intervenuta la Corte di cassazione per affermare principi di civiltà giuridica ed esprimere il proprio monito riguardo una pratica non proprio ispirata a ragioni di sicurezza stradale;
    il legislatore è intervenuto, con la legge n. 120 del 2010 che ha introdotto due innovativi principi, sull'obbligatorietà degli enti locali di rendicontare i proventi di tutte le multe ed il loro impiego e sulla divisione a metà tra l'ente proprietario delle strade e l'ente locale accertatore delle sanzioni derivanti dallo eccesso di velocità (articolo 141, commi 12-bis, 12-ter, 12-quater del codice della strada);
    in tale contesto non senza rilievo appaiono le notizie, che sempre più si leggono nei media, circa l'installazione di autovelox irregolari, che hanno indotto l'autorità giudiziaria ad intervenire. Come qualche anno fa in Calabria, più particolarmente in alcuni comuni della provincia di Catanzaro, dove erano stati utilizzati degli autovelox montati in maniera tale da trarre in inganno l'automobilista, in contrasto con lo spirito della normativa in materia, diretta a prevenire incidenti più che a reprimerli;
    così ancora, navigando su internet, si scopre sempre di più di condanne, di aperture di indagini penali in relazione alla installazione nelle strade di irregolari autovelox, ivi posti non proprio per assicurare la sicurezza stradale. Come è successo in Sardegna, dove un funzionario responsabile di un comune del Medio Campidano è stato condannato dal tribunale di Cagliari per abuso di ufficio, per l'affidamento della gara di appalto ad una società privata e per falso nel sistema di contestazione delle infrazioni al codice della strada, relativamente all'installazione di un autovelox che in pochi mesi aveva fatto multare più di sedicimila automobilisti per aver superato i 50 chilometri (si veda L'Unione Sarda di mercoledì 1o aprile 2015). E come anche è successo in Emilia, dove sono indagate cinque persone tra dirigenti e funzionari della polizia municipale del comprensorio Terre d'Acqua, che opera in diversi comuni bolognesi, per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e abuso d'ufficio nell'inchiesta Fast and Furious su autovelox irregolari (si veda TgCom24 di Mediaset del 26 settembre 2014);
    il decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, ha apportato un'importante modifica all'articolo 142 del codice della strada, in materia di superamento dei limiti di velocità e rilevamento delle relative violazioni a mezzo di apparecchiature elettroniche: il comma 6-bis prevede che le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all'impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del codice della strada;
    la sentenza della Corte di cassazione sezione penale 13 marzo 2009, n. 11131, richiamando la prima circolare del Ministero dell'interno del 03 agosto 2007, successiva alla pubblicazione del decreto-legge n. 117 del 2007, che, come ricordato, aveva introdotto l'obbligo dell'apposizione del cartello di segnalazione della postazione autovelox (che deve essere ben visibile), ha stabilito, come indicato da detta circolare, che la distanza minima tra la postazione elettronica della velocità e il cartello di preavviso non debba essere inferiore a 400 metri, idonea a segnalare con adeguato anticipo la postazione di controllo in modo da garantirne l'avvistamento tempestivo e permettere così all'automobilista di conformare la propria condotta di guida alla velocità prescritta, in un tratto di strada dove debbono essere assicurate le ragioni di sicurezza poste alla base del decreto prefettizio che autorizza l'uso dell'apparecchiatura senza obbligo di contestazione;
    purtuttavia, nel successivo decreto ministeriale, che avrebbe dovuto fissare la distanza, non vi è traccia di tale precisazione, cui ha sopperito la circolare del 20 agosto 2007 del Ministero dell'interno n. 300/A/1/26352/101/3/319, confermata nella cosiddetta circolare Maroni del 14 agosto 2009, che ha suggerito di fare riferimento all'articolo 79 del regolamento di esecuzione del codice della strada ossia: 80 metri sulle strade con velocità massima di 50 chilometri orari, 150 metri su quelle extraurbane secondarie ed urbane di scorrimento per finire a 250 metri previsti per autostrade e extraurbane principali;
    la Consulta ha stabilito la parziale illegittimità dell'articolo 45, comma 6, del codice della strada, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura,

impegna il Governo:

   a porre in essere iniziative volte ad assicurare che l'autorità pubblica, nell'ambito delle problematiche rappresentate in premessa, conformi la propria condotta all'esigenza di assicurare il buon andamento e l'imparzialità nell'amministrazione, principi cardine del nostro ordinamento, al fine di tutelare la sicurezza stradale;
   ad assumere iniziative per definire una distanza adeguata tra segnaletica e dispositivi di rilevazione automatica e per garantire, nell'esposizione della suddetta segnaletica, una buona visibilità, facendo sì che le autorità preposte si attengano a tali prescrizioni, al fine di evitare rallentamenti o frenate brusche ed improvvise in prossimità dell’autovelox, dunque favorendo la sicurezza stradale;
   ad assumere ogni iniziativa necessaria affinché tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura;
   ad assumere iniziative per stabilire l'obbligo di destinare i proventi derivanti dalle multe per rilevazione automatica della velocità, per il 50 per cento, alla sicurezza stradale e, per il 30 per cento, allo sviluppo della mobilità ciclabile.
(1-01106)
«Cristian Iannuzzi, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino».
(25 gennaio 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA CANDIDATURA DI ROMA CAPITALE COME SEDE DELLE OLIMPIADI 2024, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO A FORME DI CONSULTAZIONE DEI CITTADINI

   La Camera,
   premesso che:
    da almeno un quarto di secolo, le Olimpiadi o altre importanti manifestazioni sportive, come ad esempio i Mondiali di calcio, sono risultati un pessimo affare per le città e i Paesi ospitanti sul piano dei bilanci pubblici, dell'assetto urbanistico, della qualità della vita prima, durante e dopo l'evento, sia nel breve che nel medio-lungo periodo;
    secondo i dati di una ricerca di Andrew Zimbalist, pubblicata qualche mese fa da Brookings Institutions, fondazione di prima qualità scientifica, dal titolo decisamente evocativo, quasi un avvertimento in extremis per Roma 2024: «Circus Maximus. The economic gamble behind hosting the olympic game and the world cup», il rischio è che anche le Olimpiadi di Roma 2024 risultino un danno più che un beneficio per la collettività;
    i dati di evidenza empirica sono, infatti, abbondanti e univoci. In estrema sintesi, nel breve periodo avviene quanto segue: i costi iniziali stimati sono sempre, largamente, una frazione delle spese finali effettivamente sostenute dai bilanci pubblici. La tabella riportata nella ricerca di cui sopra, condotta da Andrew Zimbalist segnala che rispetto ai costi iniziali previsti i costi finali stimati sono lievitati enormemente (solo per fare un esempio, Atene, costi previsti 1,6 miliardi di dollari, costi finali 16 miliardi di dollari). Le entrate previste sono, poi, sempre largamente sovrastimate. Innanzitutto, a causa di un'irrealistica ipotesi sul moltiplicatore degli effetti delle spese sostenute e dell'associato fantasioso aumento dell'occupazione: si assume un moltiplicatore nell'intervallo tra 1,7 e 3,5, mentre ex-post i dati indicano un fattore nell'ordine di 1. Vuol dire che a fronte di 100 euro investiti o spesi per consumi finali o intermedi, il ritorno è circa 100 euro o meno, non i 170 o i 350 euro delle previsioni;
    anche l'immancabile previsione di impennata nell'afflusso di turisti è propagandistica. Si considerino per brevità soltanto le ultime 2 Olimpiadi: durante i Giochi Olimpici del 2008, a Pechino erano previsti circa 400.000 turisti, ma ne sono effettivamente giunti 235.000 con una caduta di presenze nella capitale cinese del 30 per cento rispetto all'agosto dell'anno precedente; a Londra 2012, la caduta è stata del 6,1 per cento rispetto al 2011. Le ragioni sono intuitive. Una parte dei flussi ordinari viene scoraggiata dall'affollamento previsto per il «grande evento» e dal connesso aumento dei prezzi e riduzione della qualità dei servizi;
    al risultato di breve periodo viene solitamente contrapposto un benefico «effetto legacy», ossia l'impatto di medio-lungo periodo associato alle infrastrutture realizzate: la città interessata dall'olimpiade o dai mondiali di calcio si ritrova in eredità impianti sportivi, alloggi per atleti e staff, linee di trasporto aggiuntive. Anche qui, i dati della realtà indicano esattamente il contrario: rimangono opere sportive sovradimensionate rispetto alle esigenze della città e costosissime da manutenere; strutture abitative necessitanti elevati costi di adattamento; linee di trasporto incompiute e non prioritarie. Soprattutto, a causa del deficit accumulato nella costruzione e gestione della manifestazione, il saldo di medio-lungo periodo è segnato dagli enormi debiti da pagare in termini di maggiori imposte o tagli di spese o un mix di entrambi;
    inoltre, gli effetti di medio-lungo periodo sono considerati senza contare il «costo-opportunità»: le risorse da impegnare nelle Olimpiadi o nei Mondiali di calcio quali ricadute economiche e sociali, oltre che finanziarie, potrebbero generare investimenti in infrastrutture e interventi prioritari per la città in termini di mobilità sostenibile, di attività sportive e culturali, di housing sociale, di spazi verdi, di rigenerazione delle periferie;
    di fronte ai dati di realtà, diventa evidente la ragione per la quale sempre meno città sono interessate a ospitare le Olimpiadi o i Mondiali di calcio e sempre meno formalizzano la candidatura. Per i Giochi Olimpici del 2024, sono rimaste soltanto in 4. Boston si è tirata indietro per i rischi finanziari eccessivi. Amburgo ha detto «no» dopo un referendum,

impegna il Governo:

   a predisporre, per quanto di competenza e di concerto con le autorità sportive e locali interessate, un piano economico-finanziario dettagliato e completo, che contenga, in particolare: un dettaglio dei costi stimati iniziali e di quelli finali previsti, degli effetti del moltiplicatore, dei possibili benefici sul prodotto interno lordo e dell'impatto occupazionale e, inoltre, a sottoporre, altresì, tale piano al vaglio del Parlamento;
   ad assumere iniziative affinché, tramite il commissario straordinario di Roma Capitale, sia indetto un referendum, regolato dallo statuto comunale, sullo svolgimento delle Olimpiadi del 2024 a Roma, informando adeguatamente circa la possibilità di scegliere tra l'Olimpiade per il 2024 e, a parità di risorse, impegnare analoghi sforzi pubblici su progetti alternativi legati allo sviluppo della capitale d'Italia;
   a portare avanti la proposta di candidatura ufficiale al Comitato olimpico internazionale solo dopo lo svolgimento del referendum.
(1-01090)
«Fassina, Zaratti, Zaccagnini, Scotto, Franco Bordo, Airaudo, Claudio Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro».
(11 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    dietro ogni «grande evento» c’è sempre una disputa fra favorevoli e contrari e, questo, è praticamente inevitabile; tuttavia va ricordato che i Giochi Olimpici, come è stato EXPO, sono una enorme vetrina che il Paese ospitante apre sul mondo;
    il 25 giugno 2015 l'assemblea capitolina ha approvato la mozione n. 39 con l'85 per cento dei voti dei consiglieri rappresentanti dei cittadini con la quale candida la città ad ospitare i Giochi Olimpici e Paralimpici 2024;
    la candidatura della città di Roma è stata approvata all'unanimità dal Consiglio nazionale del CONI nella seduta del 2 luglio 2015;
    la candidatura è poi stata presentata e accolta dal Comitato olimpico internazionale il 16 settembre 2015;
    Roma 2024 può ripetere il successo delle Olimpiadi del Sessanta, le prime dell'era tecnologica, le più innovative, le prime Paralimpiadi. Quei giochi hanno segnato il rilancio nel mondo dell'immagine di Roma e dell'Italia come luogo di cultura millenaria di grande Paese moderno, risorto dalle rovine della guerra. Sul piano sportivo quei giochi sono entrati nella leggenda e hanno portato all'attenzione del mondo atleti che hanno fatto la storia dello sport, come Wilma Rudolph e Cassius Clay;
    al di là degli spettatori che raggiungeranno i luoghi delle gare, ci saranno telespettatori sintonizzati sulle dirette televisive e l'evento di apertura è capace di tenere incollati sugli schermi milioni di persone non necessariamente appassionate di sport, ma curiose di conoscere il Paese ospitante;
    non è necessario ricordare quali sono i messaggi positivi che lo sport e la pratica sportiva veicolano, pur senza fare grande distinzione fra emozioni e benefici che ricadono indistintamente su ogni fascia di popolazione;
    i Giochi Olimpici sono un evento duplice perché comprendono anche l'organizzazione dei Giochi Paralimpici, che permettono ad atleti con disabilità fisiche di gareggiare nelle diverse discipline. La prima edizione riconosciuta come tale si disputò nel 1960 proprio in Italia;
    i Giochi Olimpici e Paralimpici sono un evento globale, capace di far convivere, all'insegna dei valori dello sport e del vivere civile, la quasi totalità dei Paesi del mondo, catalizzando l'attenzione in ogni angolo del pianeta e mescolando in un'enorme manifestazione «di pace» identità, religioni, usi e costumi differenti. Basti ricordare come ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra 2012 abbiano partecipato 204 delegazioni in rappresentanza dei 5 continenti;
    l'EXPO ha potuto contare sulla partecipazione di 146 Paesi mantenendo il forte spirito di condivisione;
    lo slogan di EXPO «Nutrire il pianeta, energia per la vita» ha promosso l'importanza della nutrizione e ha ribadito la necessità di un'educazione alimentare per i suoi risvolti positivi sulla salute;
    i Giochi Olimpici e Paralimpici si integrano perfettamente in questo percorso formativo. La locuzione latina mens sana in corpore sano ne è una sintesi molto efficace;
    la «buona scuola» promuove la «cultura in corpore sano», introduce l'educazione motoria a partire dalla scuola primaria e permette di valutare nei percorsi scolastici dei ragazzi delle scuole superiori, anche le attività extrascolastiche, tra le quali è annoverata la pratica sportiva;
    il CONI è uno dei partner più assidui del Governo; lo coadiuva in alcune scelte, fra le quali quella dei tutor (per l'attività motoria fin dalle scuole elementari), nell'individuazione di priorità per progetti destinati a ragazzi e che vedono coinvolte associazioni sportive di ogni disciplina, oltre che nella promozione, nel supporto e nel sostegno della pratica sportiva e della diffusione dei valori dello sport;
    l'organizzazione dei Giochi Olimpici e Paralimpici Roma 2024 potrebbe facilmente rappresentare il culmine di tutto il percorso fatto finora ed è coerente con le linee guida politiche del Governo;
    il previsto Giubileo 2025 prevede già di far convergere degli investimenti sulla capitale e richiederà finanziamenti aggiuntivi per garantire accessibilità, trasporti, salute, sicurezza e servizi;
    le strutture sulle quali convergeranno i finanziamenti, come per EXPO, potrebbero essere destinate a percorsi formativi, affidate in gestione al CONI o a società ad hoc per la pratica agonistica o riutilizzate per organizzare eventi sportivi, meeting, gare master e altro. Inoltre, l'esperienza di altre realtà, come ad esempio Londra, che dopo aver ospitato i Giochi Olimpici e Paralimpici, ha trasferito gli impianti, preventivamente costruiti come «mobili», in altre zone della nazione dove necessitavano, può rappresentare un percorso da valutare ed eventualmente seguire, al fine di migliorare l'impiantistica sportiva e non solo di diverse realtà del nostro Paese;
    come per l'EXPO ci sarà la possibilità per tantissimi giovani «volontari» italiani e stranieri di candidarsi per un lavoro e vivere il «sogno» di condividere con centinaia di campioni l'emozione di una kermesse che abbatte barriere, supera differenze, unisce a tavola, insegna a comunicare con gesti e occhi prima che con le parole;
    è legge lo jus soli sportivo che favorirà il tesseramento degli atleti stranieri minorenni regolarmente residenti nel territorio italiano con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani e resterà valido fino al completamento delle procedure per l'acquisizione della cittadinanza;
    lo jus soli fa dello sport un eccellente strumento di integrazione e questo è da considerarsi un valore perché «nello sport nessuno è straniero»;
    lo studio commissionato al gruppo coordinato dal professor Beniamino Quintieri (preside della facoltà di economia – università Tor Vergata) per stabilire qual è il valore aggiunto in termini di sostenibilità e legacy della candidatura olimpica di Roma, rileva che i Giochi garantirebbero un miliardo di euro in più di entrate in termini di benefici socioeconomici reali per la città di Roma e per l'Italia e si stima che offrirà 180 mila posti di lavoro per i giovani;
    il comitato promotore ha già annunciato che sarà una candidatura che risponderà alle richieste del Comitato olimpico internazionale che con l'Agenda 2020 vuole favorire Giochi sostenibili e costi bassi;
    i risultati di uno studio commissionato dalla regione Lombardia (Università LIUC) stimano che l'impatto economico di EXPO è stato pari a 12,5 miliardi nel 2015 (5,3 miliardi nella ricettività e ristorazione; 4,1 miliardi nel commercio, intrattenimento e tempo libero; 3,2 miliardi nei trasporti); gli effetti positivi si percepiranno anche nel 2016 anche se in misura del 35/40 per cento; la produzione aggiuntiva generata è stata dello 0,4 per cento del prodotto interno lordo nazionale e le ricadute positive si sono registrate anche nell'area di Malpensa; in termini occupazionali EXPO ha prodotto 87 mila unità di lavoro (il 30 per cento delle quali verrà conservato anche per il futuro); il settore turistico ha segnato un più 9,2 per cento a fronte del dato nazionale del 2,2 per cento;
    come per EXPO una parte dei finanziamenti potrebbero venire dagli sponsor;
    l'organizzazione dei Giochi Olimpici e Paralimpici Roma 2024 permetterebbe allo sport italiano di usufruire di fondi aggiuntivi atti a supportare iniziative, progetti e linee di intervento per lo sviluppo dell'attività sportiva di base e d’élite, garantendo così all'Italia una prospettiva di qualità dei talenti sportivi ma anche un aumento della pratica sportiva nel Paese, così come già avvenuto nei Paesi ospitanti un'edizione dei Giochi Olimpici e Paralimpici;
    gli investimenti sullo sport e la promozione dei corretti stili di vita, a partire dall'alimentazione e dalla salute, come da studi ed analisi, comportano un abbattimento sensibile della spesa sanitaria nazionale,

impegna il Governo:

   a sostenere, in tutte le sedi opportune e con ogni iniziativa necessaria, la candidatura di Roma 2024 restando coerente con le scelte fin qui fatte;
   a coinvolgere l'intero Paese nel «sogno olimpico», attraverso azioni di comunicazione che abbiano al centro lo sport, i suoi valori e la capacità dello stesso di rappresentare uno dei motori propulsori dell'orgoglio nazionale;
   a utilizzare il tempo che manca al 2024 per pianificare in collaborazione con il CONI gli interventi necessari per censire le strutture esistenti, renderle competitive e fruibili successivamente alle associazioni che operano sul territorio e alle scuole che non hanno ancora palestre adeguate e sono carenti per la sicurezza;
   ad investire su Roma 2024 per promuovere i valori positivi dello sport come ha fatto con EXPO per l'alimentazione;
   a utilizzare al meglio le opportunità dei Giochi Olimpici e Paralimpici per restituire alla città di Roma la visibilità e il prestigio che merita, in un percorso ideale che dalla storia la proietti con interventi strutturali, ambientali e tecnologici nella modernità.
(1-01100)
«Vezzali, Monchiero, Molea, Antimo Cesaro, Capua, D'Agostino, Galgano, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Pinna, Rabino, Sottanelli, Librandi, Oliaro, Vargiu».
(21 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    la candidatura olimpica di Roma, già formalizzata per l'edizione del 2024, è una grande opportunità per l'Italia intera e per la sua capitale per consolidare l'immagine e la realtà di una grande nazione che continua a proporsi con forza e autorevolezza sulla scena internazionale. Un evento che, messo in relazione con il Giubileo del 2025, potrà essere occasione per contribuire alla sintesi ideale e spirituale di un messaggio mondiale che partendo dall'Italia e si rivolga a tutte le donne e a tutti gli uomini del pianeta;
    Roma ospitò le Olimpiadi nel 1960. Nella memoria di molti italiani e di tutto il mondo sono ancora vive immagini indimenticabili: l'arrivo vittorioso e a piedi nudi di Abebe Bikila sotto l'Arco di Costantino, il volo dei colombi dalla pista al passaggio vittorioso di Livio Berruti nella finale dei 200 metri, le gare di lotta sotto la Basilica di Massenzio e degli altri atleti che accesero quel grande evento. Immagini che hanno lasciato per decenni un segno positivo di pace e di valore universale sia di Roma che delle Olimpiadi che si sono diffuse in tutto in mondo. Quella edizione olimpica è stata a lungo considerata la migliore, la più evocativa e la più in sintonia con lo spirito olimpico. La città fu al centro del mondo e le sue bellezze storiche, archeologiche e naturali, furono uno spettacolo nello spettacolo. Le sue infrastrutture moderne furono la testimonianza di una città e di una nazione in crescita e restarono patrimonio della capitale;
    anche per questo, la candidatura all'edizione 2024 può e deve puntare ad unire Roma allo spirito nazionale; una candidatura non cittadina, non solo romana ma italiana, nella quale possa riconoscersi – diversamente da altre circostanze – tutto il Paese. L'evento olimpico può essere quindi anche un'occasione per volgere ancor più in positivo e consolidare il complesso e spesso contraddittorio rapporto tra Roma e lo Stato nazionale. Tra la capitale e la coscienza nazionale;
    grazie anche alle nuove indicazioni del Comitato olimpico internazionale, infatti, la candidatura olimpica di Roma per il 2024 può e deve assumere un respiro nazionale e meno cittadino. Riportare le Olimpiadi a Roma è – oggi più che mai – portare le Olimpiadi in Italia;
    il successo dell'Expo di Milano d'altronde racconta che l'Italia, come tutte le grandi nazioni, ha bisogno di grandi momenti internazionali che propongano il Paese, le sue città, le sue bellezze e le sue eccellenze. Sempre l'Expo di Milano ha mostrato che il Paese, anche in condizioni difficili, sa reagire e dimostrare i suoi valori e le sue qualità. Le Olimpiadi di Roma, nel 2024 sarebbero, quindi, un'ulteriore occasione per modernizzare, rigenerare la Capitale e dare ulteriore impulso all'immagine dell'intera nazione in tutto il mondo;
    le Olimpiadi possono fornire l'opportunità per rafforzare la posizione della capitale come grande città mondiale della ricerca, della formazione e dell'innovazione, completando i campus universitari pubblici e realizzando infrastrutture di mobilità e una ricettività olimpica da riconvertire poi in ricettività per studenti e docenti dopo i Giochi. Gli stessi impianti sportivi e le infrastrutture indispensabili per ospitare il grande evento, diventeranno un patrimonio della città e del Paese e potranno essere parte di un grande distretto universitario internazionale;
    l'evento olimpico può risultare utile alla crescita e allo sviluppo solo se coerente con piani e programmi condivisi e contributo di opere e interventi fruibili in futuro, in tale prospettiva, appare auspicabile una programmazione degli interventi che possa rappresentare anche l'opportunità per il recupero, la valorizzazione ed il coinvolgimento delle periferie;
    l'Agenda Olimpica 2020 ha rivoluzionato i criteri di selezione della città olimpica, ponendo al centro della valutazione l'effetto catalizzatore del grande evento rispetto ai piani di sviluppo a lungo termine del Paese che sarà individuato quale sede dei Giochi nel settembre 2017;
    il documento riporta una serie di raccomandazioni finalizzate a garantire una maggior snellezza organizzativa dei Giochi Olimpici, mitigando le richieste che in passato avevano costituito fattori di difficoltà operativa e gestionale e fonte di eccessivi investimenti da parte delle città ospitanti;
    in quest'ottica, le strutture fondamentali per l'organizzazione di un'Olimpiade vanno progettate e costruite in sinergia con gli stakeholder, gettando le basi di una solida eredità della manifestazione, nonché evidenziando le potenziali ricadute occupazionali, nell'immediato e nel lungo periodo, che potranno generarsi in occasione della progettazione, della realizzazione e della gestione della manifestazione olimpica;
    le scelte strategiche che caratterizzano la candidatura di Roma, quali la costituzione di un comitato in house, la decisione di utilizzare per il 70 per cento strutture già esistenti, l'individuazione di un piano dei trasporti dei Giochi completamente incentrato su infrastrutture già pianificate, seguono fedelmente le indicazioni dell'Agenda 2020 in termini di legacy, contenimento della spesa, attenzione all'ambiente e alle esigenze della città;
    per rafforzare la credibilità della candidatura italiana, anche nei confronti dell'opinione pubblica nazionale, appare indispensabile assicurare la massima conoscenza e partecipazione relativamente ai contenuti di un rigoroso e dettagliato piano finanziario,

impegna il Governo:

   a proseguire il lavoro avviato, sostenendo attivamente il lavoro del Comitato olimpico e del Comitato promotore nelle sedi istituzionali e in ambito internazionale;
   a promuovere, in collaborazione con il Comitato olimpico e con il Comitato promotore, eventi di promozione su tutto il territorio nazionale volti a far percepire le possibili olimpiadi di Roma 2024 come una grande opportunità di crescita e sviluppo per l'intero paese e non solo per la capitale;
   ad individuare, in collaborazione con l'amministrazione comunale, le più opportune localizzazioni coerenti con le linee di sviluppo, di crescita e di riqualificazione stabilite dalla comunità cittadina e dai competenti enti locali, investendo su opere pubbliche funzionali allo svolgimento delle gare ma che dopo l'evento possano essere riconvertite diventando fruibili e funzionali allo sviluppo urbano e del movimento sportivo e avendo cura che tale patrimonio contribuisca alla crescita della pratica sportiva diffusa e popolare, oltre che quella professionistica e di più alto livello;
   ad operare per la predisposizione di un programma di opere e interventi in coerenza con gli indirizzi dell'Agenda Olimpica 2020;
   a promuovere, in preparazione dell'evento, momenti di studio e approfondimento sulla storia e sulle finalità dei Giochi Olimpici nelle scuole di tutto il territorio nazionale;
   a sottoporre, d'intesa con il comune di Roma Capitale, il programma degli interventi olimpici ad un'ampia campagna di informazione, di consultazione e di partecipazione dei cittadini dei territori interessati, per dare al programma stesso un carattere aperto e trasparente.
(1-01102)
«Morassut, Giachetti, Orfini, Melilli, Argentin, Boccadutri, Bonaccorsi, Carella, Coscia, Ferro, Pierdomenico Martino, Mazzoli, Meta, Miccoli, Minnucci, Piazzoni, Tidei, Stella Bianchi, Coccia, Brandolin».
(22 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    i Giochi olimpici costituiscono la manifestazione sportiva di maggiore rilevanza a livello internazionale; la loro importanza si fonda non soltanto sul numero di discipline e di atleti coinvolti ma anche sul forte valore simbolico di cui sono portatori, sul significato delle loro origini storiche, sulla capacità di coinvolgere soggetti, valori e interessi di natura estremamente diversa tra loro;
    la molteplicità degli interessi e dei sentimenti che chiamano in causa, rendono la loro organizzazione e il loro svolgimento un processo di natura estremamente complessa e articolata; per un Paese ospitare i Giochi olimpici significa mettere in moto un sistema e una organizzazione che coinvolge numerosi attori – politici, sociali, economici, mediatici – che dovranno agire sia a livello locale che a livello nazionale ed internazionale, e in tempi che precedono di molto il momento dell'evento;
    dopo il blocco da parte dell'allora Governo Monti della candidatura di Roma come sede per i Giochi Olimpici del 2020, motivata dall'Esecutivo con il particolare momento di crisi che confliggeva con l'impegno economico che avrebbe gravato eccessivamente sui contribuenti, il 14 dicembre 2014 Roma si è ufficialmente candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2024;
    la situazione finanziaria e il dissesto delle casse del comune di Roma hanno portato al commissariamento della città e la candidatura per il 2024 rappresenta per i cittadini una forte fonte di preoccupazione in merito alla quantificazione e all'utilizzo delle risorse che si renderà necessario investire al fine di adeguare le infrastrutture sportive e ricettive, quelle relative alla mobilità e rendere così il tessuto urbano in grado di ospitare un evento di tale portata;
    non sfugge che ospitare le Olimpiadi richiederebbe, infatti, interventi importanti sia dal punto di vista strutturale che finanziario sul territorio urbano e nazionale e che, in questo senso, appare fondamentale che i costi di realizzazione, di gestione e manutenzione delle strutture necessarie dovranno essere attentamente valutati sotto il profilo della fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria, anche per evitare l'eventuale abbandono o degrado degli stessi al termine dei Giochi Olimpici;
    non sono da sottovalutare i possibili rischi che un simile impegno potrebbe comportare in termini di sprechi di risorse economiche e di interventi errati sul territorio; in questo senso assume importanza fondamentale porre la dovuta attenzione affinché un'occasione di sviluppo non si trasformi in uno spreco di denaro pubblico e affinché non si assista alla lievitazione delle spese rispetto al budget iniziale;
    ospitare le Olimpiadi potrebbe rappresentare per Roma Capitale un'occasione importante per lo sviluppo della città, dal punto di vista del livello occupazione, dello sviluppo degli impianti sportivi ma anche per l'incremento dei flussi turistici che questo evento potrebbe richiamare;
    l'organizzazione di un evento di tale portata rappresenta una sfida e un'opportunità che non si può non cogliere e che potrà portare lustro alla città a livello internazionale;
    nel momento storico in cui ci si trova appare evidente che, oltre ai costi delle infrastrutture direttamente collegate allo svolgimento delle attività sportive e dei servizi destinati ad atleti e spettatori, un considerevole peso avranno i costi destinati agli interventi per la sicurezza,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per ampliare il progetto nel senso che sia coinvolta l'intera area della Città metropolitana di Roma e non soltanto quella di Roma Capitale;
   a predisporre un piano degli interventi necessari, e dei relativi investimenti, che consideri in via prioritaria i progetti volti al completamento delle opere incompiute e all'adattamento delle strutture preesistenti, nel quadro di una politica di sviluppo economico e di crescita culturale e in un'ottica proiettata nel medio e lungo periodo che abbia come destinatari principali i cittadini;
   a vigilare sul corretto utilizzo delle risorse, che deve ispirarsi a criteri di sostenibilità ambientale e di rispetto del territorio con attenta valutazione dei fattori di rischio idrogeologico, che tenga conto dell'impianto urbanistico sul quale si inseriscono gli interventi;
   ad avviare un tavolo di concertazione con la regione Lazio volto a rivedere la programmazione unitaria dei fondi strutturali e d'investimento europei 2014-2020, la cui dotazione ammonta ad oltre 3 miliardi di euro, per finanziare gli interventi necessari all'organizzazione dei Giochi Olimpici;
   a vigilare affinché lo svolgimento dei Giochi risulti un'occasione vantaggiosa per tutto il Paese con sostanziali e concrete ricadute sul sistema sportivo, economico e culturale italiano;
   ad adottare le indicazioni contenute nell'Agenda Olimpica 2020 – adottata dal Comitato olimpico internazionale al fine di salvaguardare l'unicità dei Giochi Olimpici e di rafforzare lo sport nella società – che invita tra l'altro a valutare l'impatto economico dell'evento nel senso di evitare l'ipertrofia delle spese cui si è assistito per l'organizzazione delle passate Olimpiadi.
(1-01103) «Polverini, Occhiuto, Palmieri».
(22 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    si ritiene non solo necessario ma fondamentale garantire un confronto partecipativo con i cittadini che hanno un ruolo fondamentale e dovrebbero poter esprimere la propria volontà prima di assumere la decisione finale relativa all'ipotesi di ospitare i XXXIII Giochi Olimpici a Roma nel 2024;
    Roma, che ha già ospitato i Giochi nel 1960, nel recente passato era stata proposta per la candidatura dei Giochi 2020, ma la proposta era ritirata in seguito alle preoccupazioni conseguenti ai costi che un evento sportivo di tale portata comportava. L'allora Presidente del Consiglio dei ministri, solo tre anni fa, così si esprimeva in ordine all'opportunità di far svolgere a Roma le olimpiadi: «Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l'Italia in quest'avventura che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti». Nonostante ciò, l'attuale Governo si è candidato a ospitare i XXXIII Giochi Olimpici del 2024;
    Roma quindi è in corsa per accogliere il grande evento sportivo per eccellenza e si trova a gareggiare con città quali Parigi e Budapest, poiché la città di Amburgo, nel mese di novembre 2015 – anch'essa inizialmente candidata – si è ritirata dalla corsa per l'assegnazione dei Giochi a seguito di un referendum cui sono stati chiamati i cittadini della città tedesca, cittadini che poi, grazie al voto referendario hanno respinto la candidatura;
    in Perù, nel 2017, il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) sceglierà la città che ospiterà i Giochi Olimpici mentre all'estero cresce scetticismo sulle concrete possibilità dell'Italia di ottenere l'assegnazione dei XXXIII Giochi Olimpici a causa dei dubbi legati alle possibili perdite economiche che le Olimpiadi causano a chi le organizza;
    il presidente del Coni Giovanni Malagò ha dichiarato che soltanto la candidatura costerà all'Italia 10 milioni di euro. Le città che negli anni passati hanno ospitato i Giochi Olimpici hanno creato perdite economiche che sono ricadute sui cittadini;
    numerose analisi mostrano però come non siano soltanto i costi dell'organizzazione vera e propria a rendere l'investimento nei Giochi Olimpici poco vantaggiosi, ma anche i costi che le città candidate devono sostenere ex ante per concorrere. Nelle olimpiadi, infatti, i costi aumentano in media del 179 per cento rispetto ai budget iniziali, mentre i costi supplementari che si riscontrano in altri progetti importanti variano dal 20 per cento al 45 per cento;
    la Grecia, ad esempio, vive l'attuale crisi economica e finanziaria anche a causa dei Giochi del 2004 che sono costati circa 8,5 miliardi di euro. A Pechino sono costati 43 miliardi e a Sochi – per le Olimpiadi invernali – sono costati circa 51 miliardi di euro. Tali costi sostenuti dalle sopra citate città sono altissimi rispetto a quanto hanno prodotto a livello di business. Londra, nel 2012, è riuscita ad andare quasi in pareggio, pur con investimenti vicini ai 12 miliardi di euro;
    indubbiamente ospitare le Olimpiadi è un sogno ricorrente di tante città, sia per il messaggio che lo sport può trasmettere, sia per il rinnovamento delle strutture e la creazione di nuovi posti di lavoro. Tutti processi positivi però valutabili e quantificabili nel medio-lungo periodo, che però spesso non giustificano sufficientemente l'investimento stanziato;
    occorre ricordare che la città di Roma recentemente è stata profondamente coinvolta nell'inchiesta «Mafia Capitale» dimostrando come la mafia si sia inserita in un gran numero di apparati romani. Da non sottovalutare poi la possibile distrazione di denaro pubblico da altri investimenti produttivi per finanziare la costruzione di complessi sportivi troppo costosi perché siano mantenuti nel tempo;
    ciò ha portato la Capitale a non essere più rappresentata da un sindaco ma da un commissario straordinario nominato dal Governo. Governo che inoltre ad oggi non ha un Ministro dello sport e nemmeno un rappresentante con delega allo sport;
    a Roma poi l'organizzazione dei grandi eventi sportivi si è sempre dimostrata un dissesto, dai Mondiali di calcio del 1990 agli ultimi Mondiali di nuoto del 2009 denominati «le piscine della vergogna» con i conseguenti costi ricaduti sulla collettività;
    in generale, è molto difficile isolare gli effetti di un singolo investimento sull'intera economia di un Paese e, a maggior ragione, questo vale per un mega investimento come quello della candidatura della realizzazione delle Olimpiadi a Roma, città che peraltro vive grossi disagi anche sotto l'aspetto della mobilità e dei trasporti pubblici con la quasi totale mancanza di accesso ai mezzi pubblici per i portatori di handicap;
    come dichiara Michiel de Nooij, dell'università di Amsterdam, infatti, nel momento in cui una città valuta l'opportunità di presentare la propria candidatura, deve includere nelle analisi costi-benefici anche i costi di preparazione e il costo di un eventuale insuccesso;
    un altro aspetto delicato da considerare è la trasparenza e la tempistica della realizzazione delle opere necessarie per i Giochi. Il modello previsionale del Governo e del Comitato Roma 2024 dà per scontato che tali opere saranno portate a termine nelle modalità e nei tempi previsti senza alcun aggravio in termini di costi rispetto a quanto già preventivato, ma la valutazione di compatibilità economica presuppone l'osservanza di condizioni di efficienza amministrativa in un clima di trasparente cooperazione istituzionale da parte di tutti i soggetti coinvolti nell'organizzazione dei Giochi;
    la candidatura di Roma dovrebbe valorizzare un importante parco di strutture già esistenti da integrare con nuovi investimenti, dunque il Governo deve assumersi l'impegno di garanzia della trasparenza e soprattutto candidarsi con l'ottica che i miglioramenti infrastrutturali agli impianti sportivi in essere e la realizzazione di nuovi devono comportare solo effetti positivi sia in fase di realizzazione sia in futuro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per redigere e rendere pubblico e accessibile un dossier con l'indicazione di un piano dei costi certi, comparati ai presunti benefici, da parte del Comitato Olimpico Roma 2024 per una valutazione attenta dei costi e dei benefici legati all'operazione nel suo complesso;
   a garantire l'assoluta trasparenza e legalità di ogni atto finalizzato alla candidatura e ad effettuare studi sulla compatibilità economica, alla luce delle scarse risorse disponibili sia nel bilancio pubblico che in quello municipale, per ottenere la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024;
   ad assumere iniziative per nominare una commissione nazionale anticorruzione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture;
   ad informare il Paese e in particolare i cittadini romani sullo stato di avanzamento degli studi di fattibilità anche mediante la pubblicazione degli stessi in un apposito sito web;
   ad assumere iniziative per istituire nel comitato organizzatore una commissione di vigilanza affinché le pari opportunità e le persone disabili vengano coinvolte in ogni processo a partire dal Comitato Olimpico Roma 2024 fino agli eventuali XXXIII Giochi Olimpici;
   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative per dare ai cittadini romani la possibilità di decidere sulla candidatura Olimpica 2024 mediante un voto referendario che consenta loro una partecipazione diretta, quindi effettiva e democratica;
   a garantire in caso di ospitalità dei Giochi – a seguito della consultazione referendaria – rispetto per le differenze di religione e per le diete secondo i dettami religiosi e etici.
(1-01107)
«Brignone, Bechis, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Artini, Baldassarre, Matarrelli, Segoni, Turco».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione economica e sociale del nostro Paese impone scelte rigorose in ordine alle priorità da riconoscere agli investimenti pubblici. Scegliere di investire nelle Olimpiadi equivale a sottrarre risorse ad altri settori vitali per la crescita del Paese. La scelta di indebitare lo Stato per i prossimi decenni per la realizzazione di un evento non può che definirsi scellerata. È doveroso, infatti, scegliere investimenti che abbiano un impatto nel lungo periodo. Risorse tanto ingenti potrebbero proficuamente sviluppare il turismo sostenibile, supportare la creazione di nuove piccole e medie imprese, sostenere gli enti locali con la certezza di un impatto sociale certamente superiore a quello atteso nel post-olimpiade;
    i dati relativi alle passate olimpiadi dimostrano quanto cospicuo sia l'impegno economico da affrontare. Sidney 2000 è costata circa 5 miliardi di dollari, Atene 2004 9 miliardi a cui deve aggiungersi 1 miliardo investito per la sicurezza, Pechino 2008 43 miliardi, Londra 2012 circa 12 miliardi, le Olimpiadi invernali di Sochi 2014 sono costate circa 51 miliardi e per Rio 2016 la stima è di circa 14 miliardi;
    gli stessi dati dimostrano, inoltre, che la valutazione preventiva dei costi si è sempre rivelata inattendibile: dal 1960 ad oggi, tutte le edizioni delle Olimpiadi estive sono incorse in uno sforamento del budget, senza eccezione alcuna, con un aumento medio del 179 per cento. Emblematico è il caso di Montreal del 1976 ove lo sforamento è stato del 796 per cento e si è terminato il pagamento dei debiti dopo 36 anni;
    deve, inoltre, considerarsi che il coinvolgimento dei capitali privati si è sensibilmente ridotto per effetto della decisione del presidente del Comitato olimpico internazionale Samaranch che, nel 1988, stabilì che i costi delle Olimpiadi venissero coperti, con garanzie, dallo Stato ospitante;
    incontrovertibile non può ritenersi neanche l'affermazione secondo la quale l'Olimpiade comporti quale immediato beneficio la crescita del turismo. Se si considerano le esperienze più recenti, infatti, i dati dimostrano il contrario: nel 2008 a Pechino si è registrato un calo di afflusso dei turisti del 30 per cento rispetto all'agosto dell'anno precedente; a Londra 2012, il decremento è stato del 6,1 per cento rispetto al 2011;
    le pregresse esperienze italiane confermano le tendenze riportate: le Olimpiadi di Torino, ad esempio, costarono circa 3,5 miliardi di euro; il Governo stanziò 1,4 miliardi di euro, comune e regione aggiunsero altri 600 milioni di euro, il resto arrivò da diritti televisivi, sponsor e marketing. Dopo i Giochi le nuove strutture vennero affidate alla «Fondazione 20 marzo 2006», ente pubblico su cui la Guardia di finanza svolse importanti indagini sulla dubbia gestione liquidatoria segnata da costi sproporzionati rispetto alla ridotta attività svolta; l'ultimo intervento legislativo in materia è stato il comma 259 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) che ha prorogato il termine ultimo per lo svolgimento delle attività del commissario liquidatore dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi Olimpici Torino 2006;
    il recente decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, ha inserito tra le finalità del cosiddetto «Fondo Sport e Periferie» le attività e gli interventi volti alla presentazione e alla promozione della candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024 (con una dotazione pari a 20 milioni di euro già per il 2015, 50 milioni di euro nel 2016 e 30 milioni di euro nel 2017);
    in un tale contesto non possono neanche tacersi i timori derivanti dall'affidamento della gestione di un simile evento ad un'amministrazione cittadina che ha perso e continua a perdere credibilità a seguito delle numerose e ormai tristemente celebri inchieste giudiziarie. A ciò si aggiunga la drammatica esperienza della gestione di altri grandi eventi: uno su tutti Expo, tramutatosi in una nuova tangentopoli tale da renderne gli strascichi giudiziari il risultato più rilevante nel lungo periodo;
    le considerazioni svolte sono, inoltre, state la base della scelta, in altri Paesi, di consultare la popolazione in merito all'opportunità di proporre la candidatura delle proprie città. Davos, Cracovia, Oslo, Monaco e Amburgo hanno rinunciato alle Olimpiadi a seguito del voto contrario ai referendum consultivi, mentre Boston non ha presentato la propria candidatura per i risultati della valutazione costi-benefici effettuata;
    risulterebbe, alla luce di quanto esposto, più opportuno utilizzare le richiamate risorse, già stanziate per la candidatura di Roma alle Olimpiadi, in investimenti infrastrutturali, partendo dalla manutenzione ordinaria degli impianti esistenti, tali da garantire impianti adeguati dedicati alla pratica sportiva;
    un sano investimento a lungo termine nel settore sportivo rappresenta un significativo valore aggiunto nonché un volano di crescita per favorire l'incremento della sostenibilità e degli impianti sportivi italiani,

impegna il Governo:

   ad attivarsi nelle sedi opportune, anche attraverso il commissario straordinario per la provvisoria gestione di Roma Capitale, al fine di proporre il ritiro della candidatura di Roma Capitale per le Olimpiadi del 2024;
   allo scopo di favorire la diffusione e la promozione dell'attività sportiva di base, a sviluppare programmi pluriennali di investimento per la manutenzione e per la costruzione, laddove insufficiente, dell'impiantistica sportiva italiana;
   ad adottare un piano pluriennale per lo sviluppo del turismo sostenibile teso a incentivare e valorizzare la mobilità dolce, a valorizzare il patrimonio storico, artistico e culturale e le aree naturali protette nazionali, quali poli di eccellenza sul territorio e moltiplicatori di sviluppo locale nonché a sostenere ed incentivare i sistemi di gestione ambientale e gli strumenti di certificazione ambientale nel settore della ricettività turistica.
(1-01108)
«Simone Valente, Lombardi, Vacca, Di Battista, Baroni, Daga, Vignaroli, Marzana, Brescia, Di Benedetti, D'Uva, Luigi Gallo».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    sono ancora vive nel ricordo di molti italiani le immagini delle Olimpiadi di Roma del 1960, che contribuirono, per il loro fascino e per le modalità innovative con cui furono organizzate, al rilancio definitivo dell'immagine dell'Italia nel mondo, dopo funesti eventi del secondo conflitto mondiale. Quell'evento, per l'accurata organizzazione, la copertura mediatica e la bellezza delle immagini, ha costituito l'archetipo delle Olimpiadi moderne;
    l'assemblea capitolina il 25 giugno 2015 ha approvato a larghissima maggioranza la mozione n. 39, con la quale si è candidata la città ad ospitare i Giochi Olimpici e Paraolimpici del 2024. La candidatura della città di Roma è stata approvata all'unanimità dal Consiglio nazionale del Coni nella seduta del 2 luglio 2015 e accolta dal Comitato olimpico internazionale il 16 settembre 2015. Nel mese di novembre 2015 è stato costituito il Comitato Roma 2024;
    il Governo, in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, ha appoggiato con vigore, impegno ed adeguate risorse finanziarie l'ipotesi di candidatura della città di Roma per le Olimpiadi del 2024, con la piena collaborazione del Coni. Il 21 gennaio 2016, presso la sede del Comitato olimpico internazionale a Losanna, il progetto di massima già presentato dal Comitato Roma 2024 ha ottenuto unanimi apprezzamenti «per l'ottimo equilibrio tra tradizione, storia e innovazione»; il progetto definitivo dovrà essere presentato entro il 17 febbraio 2016 e la scelta del Comitato olimpico internazionale è prevista per il 13 settembre 2016;
    un'indagine Ipsos, finalizzata a rivelare il gradimento della popolazione in merito alla possibilità di ospitare nel Paese eventi di portata internazionale, con un focus specifico relativo alla candidatura della Capitale, ha evidenziato come i tre quarti degli italiani sono favorevoli a ospitare grandi eventi, mentre il 77 per cento (il 66 per cento romani e il 76 per cento dei residenti della provincia) ha espresso analogo, favorevole apprezzamento per la candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2024;
    diversi studi hanno evidenziato gli effetti positivi dello svolgimento in Italia delle Olimpiadi 2024;
    secondo un recente studio della facoltà di economia dell'università Tor Vergata, i Giochi garantirebbero un miliardo di euro in più di entrate, nei soli giorni dell'evento, in termini di benefici socioeconomici reali per la città di Roma e per l'Italia, con un incremento occupazionale di 180 mila unità;
    l'analisi dell'impatto di un evento di portata similare, l'Expo 2015, effettuato dal Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo (LIUC), evidenzia che l'impatto economico di Expo è stato pari a 12,5 miliardi di euro nel 2015 (5,3 miliardi nella ricettività e ristorazione; 4,1 miliardi nel commercio, intrattenimento e tempo libero; 3,2 miliardi nei trasporti). Il prodotto interno lordo nazionale è cresciuto dello 0,4 per cento. Sono stati creati 87.000 posti di lavoro, il 30 per cento dei quali verrà conservato anche per il futuro; il settore turistico ha segnato un più 9,2 per cento a fronte del dato nazionale del 2,2 per cento. I giochi di Londra del 2014 peraltro hanno registrato 2 milioni di soggiorni e un flusso economico, per il solo turismo, di 1,5 miliardi di euro;
    i Giochi sono l'occasione di una rigenerazione urbana e di rilancio della città di Roma: secondo il Comitato Roma 2024, il 70 per cento degli impianti è già presente e va solo riammodernato; l'evento consentirà di procedere ad un ripensamento dell'intera viabilità romana, tra il centro e Tor Vergata, prevista sede del villaggio olimpico, che in futuro sarà utilizzato come campus universitario. Sarà possibile riqualificare le periferie, ammodernare i centri sportivi e ricollocare le scuole;
    occorre sottolineare che, tra gli elementi innovativi della bozza di progetto per l'evento del 2024, deve considerarsi l'ampio decentramento delle manifestazioni olimpiche che si terranno in 20 diverse città italiane;
    peraltro, sono stati evidenziati rischi che le Olimpiadi di Roma 2024 risultino un danno più che un beneficio per la collettività: secondo taluni studi, i costi iniziali sarebbero in genere sottostimati e costituiscono una frazione delle spese finali effettivamente sostenute dai bilanci pubblici. Gli effetti sull'occupazione, sul prodotto interno lordo della nazione ospitante e sul turismo sarebbero invece sovrastimati. Infine, le opere sportive e le infrastrutture di trasporto nella gran parte degli eventi esaminati risulterebbero sovradimensionate rispetto alle esigenze delle città e costose da manutenere. Si osserva a tal proposito che, facendo tesoro delle esperienze negative in questo senso, il comitato promotore ha già annunciato che la candidatura risponderà alle richieste del Comitato olimpico internazionale contenute nell'Agenda 2020 di favorire «Giochi sostenibili e a costi bassi»;
    ulteriori perplessità sono state sollevate in relazione alle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri preparatori dell'evento olimpico; si osserva a tal proposito che, nel dicembre 2015, è stato costituito un comitato di garanti, composto da autorevoli esponenti del mondo giuridico, per definire la strategia di sviluppo della candidatura olimpica e per attivare procedure e proposte normative che garantiscano trasparenza e legalità nella preparazione dell'evento,

impegna il Governo:

   a sostenere, in tutte le sedi opportune e con ogni iniziativa necessaria, la candidatura di Roma per le Olimpiadi dell'anno 2024;
   a predisporre e a sottoporre al vaglio del Parlamento, anche mediante periodiche comunicazioni di aggiornamento, un piano economico-finanziario dettagliato e completo, redatto con il concorso delle autorità sportive e locali interessate, tenendo conto della richiesta del Comitato olimpico internazionale (Agenda 2020) di favorire Giochi sostenibili, con costi bassi e infrastrutture riutilizzabili, tale piano dovrà contenere in particolare: il dettaglio dei costi stimati, gli impatti sui diversi comparti economici, la valutazione puntuale dei benefici in termini di prodotto interno lordo, di occupazione, di turismo e di infrastrutturazione permanente;
   a prevedere apposite campagne informative nazionali ed internazionali, volte a diffondere lo «spirito olimpico» nella popolazione e ad a sostenere, a livello internazionale, la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024, utilizzando tale opportunità per restituire alla città di Roma la visibilità e il prestigio che merita;
   a prevedere, nel caso in cui la candidatura di Roma sia accolta, che gli interventi infrastrutturali, ambientali e tecnologici siano orientati verso il riutilizzo e l'ammodernamento delle strutture già esistenti e, con riferimento alle nuove opere, verso progetti che consentano l'efficiente riutilizzo successivo da parte delle collettività coinvolte;
   ad assicurare l'assoluta trasparenza e correttezza e legalità nella preparazione dell'evento, prevedendo l'adeguato coinvolgimento dei componenti del comitato di garanti e tenendo in opportuno conto le proposte da questo avanzate.
(1-01109)
«Buttiglione, Dorina Bianchi, Binetti, Sammarco».
(25 gennaio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    il 16 settembre 2015 è stata ufficializzata da parte del Comitato olimpico internazionale l'accettazione della candidatura della città di Roma ad ospitare le Olimpiadi che si svolgeranno nel 2024;
    oltre a Roma, sono ora ufficialmente candidate anche le città di Budapest, Los Angeles e Parigi, dopo che Amburgo, nel mese di novembre 2015, si è ritirata, in attesa che, nel settembre 2017, sarà effettuata l'assegnazione definitiva dei Giochi;
    Roma ha ospitato i Giochi olimpici nel 1960 e, da allora, ha presentato la propria candidatura sia per la competizione del 2004, in cui si è classificata seconda, sia nella selezione per i Giochi del 2020, candidatura successivamente ritirata dal Governo Monti;
    i Giochi Olimpici rappresentano il più importante momento di agonismo sportivo a livello mondiale, comprendono decine di discipline, coinvolgono centinaia di atleti e costituiscono un momento di grande lustro e visibilità per la nazione che li ospita;
    non si tratta, infatti, solo di un grande evento sportivo, ma anche di un'occasione unica per proporre al mondo le ricchezze artistiche e culturali del Paese, nonché un momento in grado di rilanciare a livello globale l'immagine dell'Italia;
    lo sport è uno strumento di inclusione e crescita sociale, incarna alcuni dei valori fondamentali della convivenza civile e una sana competizione sportiva educa all'impegno, alla determinazione e al confronto leale tra avversari;
    laddove l'Italia dovesse risultare vincitrice della competizione sulla sede dei Giochi del 2024 le gare si svolgerebbero in diverse sedi del territorio nazionale ma con un'importante prevalenza nei siti della capitale;
    appare a tal fine indispensabile la riqualificazione dell'intero patrimonio impiantistico sportivo di Roma, che comprende, tra gli altri, lo Stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, lo stadio delle Aquile e l'area dell'Acqua Acetosa, il Complesso del Foro Italico, con annessa l'area monumentale e i mosaici;
    nell'ambito di un simile piano di recupero e valorizzazione dovrebbe, inoltre, essere trattata la spinosa vicenda dell'area di Tor Vergata, vicenda che non può essere separata dalla discussione in merito all'ubicazione di grandi complessi sportivi che sta alimentando il dibattito in questi anni, compresa quella riguardante l'ipotesi della realizzazione di uno o più stadi di calcio da parte di società private che impone una riflessione sui destini dello stadio Olimpico;
    all'atto della formalizzazione delle candidature il presidente del Comitato olimpico internazionale ha espresso la volontà che «le città candidate mostrino come i Giochi si possano adattare alle loro strategie a lungo termine»;
    gli interventi realizzati a qualunque titolo per ospitare gli allenamenti degli atleti e le relative gare nell'ambito dei Giochi Olimpici dovranno in ogni caso privilegiare un'ottica di manutenzione della città e di miglioramento degli impianti sportivi esistenti, al fine di limitare al massimo l'impatto economico e ambientale dei Giochi e garantirne l'utilizzabilità sportiva una volta finiti gli stessi, anche per sostenere l'attività di base e gli impianti in periferia;
    la progettazione e la realizzazione degli interventi dovranno essere oggetto di approfondite verifiche dell'impatto ambientale, anche al fine di una riduzione degli sprechi e dell'inquinamento;
    l'aggiudicazione delle Olimpiadi 2024 costituisce una sfida strategica, capace di garantire un'importante opportunità di rilancio per la capitale, macchiata negli ultimi mesi da scandali e inefficienze;
    il presidente del Comitato olimpico internazionale ha dichiarato che il Comitato olimpico internazionale darà «un contributo di 1,7 miliardi di dollari in cash e servizi per il successo di questi Giochi»;
    in base alle regole dettate dal Comitato olimpico internazionale per le candidature, le città che si presentano dovranno «dimostrare di rispettare i principi della Carta Olimpica e quelli riportati nel contratto siglato, che impegna le concorrenti a battersi contro la discriminazione sessuale e per favorire il rispetto della libertà dei media e del diritto del lavoro in termini di salute, sicurezza, protezione dell'ambiente e ad adottare leggi contro la corruzione»,

impegna il Governo:

   a sostenere e a promuovere in ogni sede e con il massimo impegno la candidatura di Roma ai XXXIII Giochi Olimpici e ai XVII Giochi Paralimpici del 2024, nell'ambito di una politica di sviluppo economico e crescita anche culturale dell'Italia;
   a non disattendere il risultato di un'eventuale consultazione dei cittadini, sotto forma di referendum, indetta dall'amministrazione capitolina;
   ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché all'amministrazione capitolina sia garantita l'autonomia necessaria a operare secondo criteri di sostenibilità economico-finanziaria, ambientale, di riqualificazione urbana e recupero dell'esistente, di accessibilità dei luoghi e delle strutture a tutti i cittadini, normodotati e diversamente abili, di trasparenza e rigore amministrativo;
   in questo ambito, ad assumere iniziative volte ad assicurare l'abbattimento delle barriere architettoniche ancora presenti nelle strutture sportive e nelle altre strutture pubbliche destinate ad accogliere lo svolgimento di attività motoria;
   ad assumere iniziative per favorire la collaborazione di tutti gli enti coinvolti dalla realizzazione dei Giochi con l'Autorità nazionale anticorruzione, affinché possano essere espletati, con la massima efficienza, i controlli necessari su tutte le procedure di gara;
   a vigilare sul corretto utilizzo delle risorse finanziarie e affinché la candidatura stessa, e la successiva fase organizzativa, siano condotte nel pieno rispetto delle normative vigenti e delle procedure ordinarie;
   a garantire che la presenza delle Olimpiadi e, quindi, di una competizione sportiva tra i più grandi atleti del mondo, corrisponda a un beneficio per tutti i cittadini italiani coinvolti nei territori ospitanti gli eventi con un programma di manutenzione o realizzazione di palestre scolastiche a norma per tutti gli edifici scolastici pubblici, anche attraverso forme di sussidiarietà volte a intercettare capitali privati;
   in questo quadro, ad assumere iniziative per provvedere alla prevista introduzione obbligatoria dell'educazione motoria nella scuola primaria e per favorire in ogni modo – anche in collaborazione con le federazioni e gli enti di promozione sportiva – la diffusione della pratica sportiva, anche nella terza età, promuovendo principi di vita sani tali da migliorare la qualità e le aspettative di vita per ogni persona.
(1-01110)
«Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».
(25 gennaio 2016)