TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 551 di Mercoledì 20 gennaio 2016
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO DELLE INFEZIONI IN AMBIENTE OSPEDALIERO E SANITARIO
La Camera,
premesso che:
le infezioni nosocomiali e la resistenza antimicrobica costituiscono due specifiche problematiche sanitarie richiamate nell'allegato 1 della decisione n. 2000/96/CE del 22 dicembre 1999 della Commissione europea relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
la resistenza antimicrobica è la capacità di un microrganismo (batterio, virus o parassita) di resistere ad uno o più antimicrobici (multiresistenza) usati in via terapeutica o profilattica;
i maggiori fattori causali di tale fenomeno sono l'abuso di antimicrobici (che finisce per esercitare una pressione ecologica sui microrganismi e contribuisce alla comparsa e alla selezione di elementi resistenti), la mutazione genetica degli stessi microrganismi, la loro diffusione/trasmissione crociata uomo-uomo, animale-animale e uomo-animale-ambiente;
nell'ambito della mortalità per malattie infettive, il fenomeno dei microrganismi multiresistenti rappresenta un rischio sanitario assai rilevante, dal momento che le terapie alternative sono limitate o addirittura inesistenti e che esso presenta un'incidenza primaria nell'ambito delle prestazioni erogate negli ospedali, in particolare nelle situazioni più critiche, ad esempio nei reparti di terapia intensiva o dove si svolge chirurgia invasiva e/o in genere nelle situazioni associate all'assistenza sanitaria (reparti di lungodegenza, ricoveri per anziani, assistenza domiciliare e altro);
oggi la mortalità per le cosiddette «infezioni ospedaliere» si aggira intorno al 25-30 per cento. L'entità di tale percentuale è talmente allarmante che l'Organizzazione mondiale della sanità ha ripetutamente dedicato negli ultimi anni documenti strategici e linee guida per quei Paesi che vogliono istituire sistemi di monitoraggio della resistenza antimicrobica e intraprendere interventi efficaci;
come per tutti i microrganismi, anche in riferimento ai «batteri antibiotico resistenti» si parla di totale o quasi totale impotenza del contrasto farmacologico alla loro proliferazione. Questi batteri producono, infatti, degli enzimi che distruggono gli antibiotici appartenenti alla classe dei «carbapenemici» (imipenem e meropenem) usati nelle infezioni più gravi. La loro proliferazione, specie in ambito nosocomiale e sanitario, permane elevata e in alcune realtà europee, come la Grecia e l'Italia, addirittura in costante aumento;
tra i batteri più insidiosi e mortali che agiscono in ambito nosocomiale, vi è la Klebsiella pneumoniae (KP), un enterobatterio della famiglia delle Enterobacteriaceae, che comunemente convive in modo opportunistico con l'organismo umano a livello di apparato intestinale;
la Klebsiella pneumoniae può scatenarsi ed avere esiti fatali nell'entrare in contatto con il fisico defedato di persone affette da malattie severe e/o provate da terapie che ne hanno compromesso il sistema immunitario;
la Klebsiella pneumoniae resistente (CRKP – carbapenem-resistent Klebsiella pneumoniae) rappresenta il paradigma della criticità del fenomeno testé descritto, anche sotto il profilo della sua crescente diffusione e difficoltà di contrasto. Da anni si registrano in tutto il mondo casi letali di Klebsiella pneumoniae e nemmeno le eccellenze ospedaliere sono risultate immuni dai contagi. I reparti più colpiti sono generalmente le rianimazioni, i centri grandi ustionati, le chirurgie ed i centri di trapianti di organi;
la prima causa scatenante per la diffusione delle infezioni da batteri Gram negativi, produttori di carbapenemasi (CPE), è costituito dal trasferimento dei pazienti tra le diverse strutture sanitarie. Numerosi studi scientifici hanno evidenziato che i fattori di rischio per le infezioni da carbapenemasi sono: la gravità delle condizioni cliniche del paziente, il trasferimento da altre strutture ospedaliere, la permanenza, per un determinato periodo di tempo, in unità di terapia intensiva, un precedente intervento chirurgico, i trapianti di midollo o organi solidi, la presenza di ferite chirurgiche, il cateterismo delle vie biliari, la ventilazione assistita;
le più recenti evidenze disponibili in letteratura suggeriscono che uno dei più sensibili segmenti di intervento per il contenimento dell'emergenza sanitaria legata alla trasmissione delle infezioni da carbapenemasi e, in particolare, da carbapenem-resistent Klebsiella pneumoniae rimane ancora un ricorso prudente di antimicrobici (vale a dire un uso limitato ai soli casi in cui è realmente necessario nel rispetto delle dosi, degli intervalli e della durata del trattamento);
il network di sorveglianza europea sul consumo degli antimicrobici (EuropeanSurveillance of antimicrobial consumption – Esac), operativo nell'ambito del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma (Ecdc), ha recentemente messo in luce proprio quest'ultimo fattore e la preoccupante esistenza di un ampio range tra i Paesi dell'Unione europea e dell'area economica europea per uso di antimicrobici. In rapporto alla popolazione, Grecia e Cipro registrano, per la cura dei pazienti ambulatoriali, un uso per abitante/anno 3 volte maggiore rispetto ai Paesi Bassi. Questa circostanza non è casuale, laddove la Grecia risulta essere il primo Paese dell'Unione europea nella graduatoria negativa della resistenza antimicrobica alla Klebsiella pneumoniae;
ai fini del controllo e del contenimento della trasmissione crociata dei microrganismi resistenti agli antimicrobici, Esac ha inoltre evidenziato l'inderogabile necessità di implementare tutte le precauzioni igieniche ed i protocolli di sicurezza in uso negli ospedali e nelle strutture sanitarie;
il 5 giugno 2012 il Ministero della salute ha presentato le «Indicazioni contenenti le misure di prevenzione e controllo delle infezioni da CPE» e, in particolare, da Klebsiella pneumoniae resistente. Da tali indicazioni è emersa la necessità di implementare le precauzioni igieniche e, in particolare, rafforzare:
a) l'utilizzo scrupoloso delle precauzioni da contatto da parte del personale sanitario, attraverso una maggiore igiene delle mani prima e dopo il contatto con il paziente colonizzato o infetto da carbapenemasi, l'uso di guanti e sovra-camicie, l'intensificazione dell'igiene ambientale;
b) l'isolamento dei pazienti colonizzati/infetti in stanza singola con bagno dedicato o loro raggruppamento in aree dedicate dell'ospedale («cohorting»);
c) l'assistenza dei pazienti colonizzati/infetti da carbapenemasi da parte di personale sanitario dedicato;
d) l'educazione/formazione del personale sanitario sulle misure di sorveglianza e controllo contro le infezioni da carbapenemasi;
il 18 novembre di ogni anno il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma organizza la «Giornata europea degli antibiotici», che si inserisce in una più ampia iniziativa europea per la prevenzione ed il controllo delle malattie infettive;
i dati più recenti diffusi dal Centro europeo di Stoccolma confermano che nell'area dell'Unione europea il numero di pazienti infetti da batteri resistenti sia in continuo aumento e che la resistenza agli antibiotici rappresenti un problema emergente di sanità pubblica. Le cifre riportate dal focus sull'Italia dovrebbero indurre le istituzioni sanitarie ad innalzare la soglia di attenzione e di sorveglianza per quanto attiene, in particolare, alla diffusione della Klebsiella pneumoniae, la cui trasmissione permane elevata ed è addirittura in aumento;
nel triennio 2010-2013, la resistenza antimicrobica della Klebsiella pneumoniae è cresciuta infatti in 5 Stati su 9 (Grecia, Italia, Repubblica ceca, Francia e Spagna). Nel nostro Paese, il trend segue un andamento assai preoccupante: 1,3 per cento nel 2009, 16 per cento nel 2010, 26,7 per cento nel 2011 e del 13 per cento nel 2013. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma riporta che l'Italia stessa si è dichiarata in una situazione di endemicità per tale resistenza antimicrobica;
il 22 gennaio 2013 il Ministro Balduzzi rispondeva ad un atto di sindacato ispettivo in relazione al caso di tre pazienti deceduti in un brevissimo arco temporale (dal 30 gennaio all'8 febbraio 2012), all'ospedale San Bassiano, a Bassano del Grappa, per un'infezione originata dal batterio Klebsiella pneumoniae e riconosceva che: «(...) le infezioni da batteri Gram negativi produttori di carbapenemasi, soprattutto delle specie Klebsiella pneumoniae e Escherichia coli, rappresentano sicuramente una problematica emergente per la sanità pubblica in particolare negli ultimi dieci anni»;
il 26 febbraio 2013 il Ministero della salute ha pubblicato la circolare n. 4968 in materia di «Sorveglianza e controllo delle infezioni da batteri produttori di carbapenemasi (CPE)», contenente le linee di indirizzo da seguire in materia di:
a) sorveglianza passiva, attraverso la rilevazione di batteriemie da ceppi di carbapenemasi;
b) sorveglianza attiva dei contatti dei pazienti infetti o colonizzati, di tutti i pazienti identificati in precedenza come infetti o colonizzati che accedono una seconda volta in ospedale, di tutti i pazienti provenienti da Paesi endemici (Grecia, Cipro, Pakistan, Colombia, India e altri), di pazienti che vengono ricoverati o trasferiti in reparti a rischio quali terapia intensiva, oncologia, ematologia, neuro-riabilitazione, unità spinale, chirurgia dei trapianti;
c) misure di controllo attraverso l'adozione di precauzioni da contatto (che ricalcano le indicazioni del Ministero della salute del 5 giugno 2012);
sono trascorsi ormai due anni dalla circolare sopra ricordata e dal tentativo delle istituzioni sanitarie italiane di instaurare un sistema di sorveglianza delle infezioni ospedaliere resistenti. Le preannunciate azioni di contrasto, avviate dal Governo, appaiono meri, seppur meritori, propositi mai divenuti concretamente operativi, a giudizio dei presentatori del presente atto di indirizzo, nelle corsie degli ospedali italiani e comunque del tutto inadeguati alla serietà della situazione in atto, soprattutto sul versante della deterrenza del consumo di antibiotici e del contenimento delle infezioni nosocomiali;
è sempre più urgente un efficace ed adeguato piano di interventi volti al controllo e al contenimento delle infezioni ospedaliere, dell'allarmante fenomeno dell'antibiotico-resistenza e dell'epidemiologia delle resistenze batteriche in relazione a tutte le infezioni da carbapenemasi e della Klebsiella pneumoniae in particolare;
il rischio che negli ospedali italiani si possa profilare presto un’«emergenza sanitaria» è oggi molto alto e ad aggravare tale previsione è la consapevolezza che sono pochissime le sostanze attualmente in fase di ricerca e sviluppo che potrebbero avere efficacia contro il batterio-killer della Klebsiella pneumoniae e che comunque tali farmaci non potrebbero essere in commercio prima dei prossimi 5-10 anni,
impegna il Governo:
a potenziare il sistema nazionale di raccolta di informazioni omogenee sulle infezioni ospedaliere resistenti, rendendo obbligatoria la notifica dei ceppi resistenti, al fine di poter disporre di un accurato monitoraggio della loro incidenza nel nostro Paese, propedeutico all'adozione delle indispensabili misure di intervento;
a dare piena attuazione al disposto della circolare n. 4968 del 2013 del Ministero della salute, anche adeguandone il contenuto alle nuove emergenze sanitarie e istituendo il sistema di sorveglianza nazionale, obbligatorio e comprensivo per i ceppi resistenti come richiesto dal Consiglio europeo (raccomandazione del Consiglio 2002/77/CE e successive raccomandazioni);
ad assumere iniziative per prevedere un percorso guidato di coinvolgimento delle regioni che garantisca la piena attuazione delle esigenze di sorveglianza sulla resistenza antibiotica, secondo le indicazioni del Ministero della salute;
a promuovere l'attivazione dei programmi di formazione professionale specifica, in particolare rivolti agli operatori nosocomiali, che consentano di certificare il livello di qualità di tutte le specifiche procedure ospedaliere e di segnalare eventuali errori e «quasi errori» che consentano di perfezionare i percorsi di risk management;
ad adottare iniziative urgenti ed efficaci, volte ad elevare e standardizzare la qualità di tutti i protocolli di sicurezza in uso negli ospedali italiani, in linea con i dossier sanitari europei e con le linee guida internazionali dell'Organizzazione mondiale della sanità;
ad adottare iniziative efficaci che mirino alla riduzione del consumo degli antibiotici in ambito ospedaliero e comunitario, limitandone l'uso esclusivamente alle situazioni nelle quali ce ne sia reale necessità come, tra l'altro, raccomandato dal Consiglio dell'Unione europea (raccomandazione 2002/77/CE);
ad assumere iniziative per redigere, finanziare adeguatamente ed adottare, in collaborazione con gli esperti del settore, un vero «piano nazionale di prevenzione e controllo», con l'obiettivo di contrastare l'allarmante fenomeno della trasmissione di casi di infezione o colonizzazione da batteri antibiotico resistenti e, in particolare, Gram negativi, produttori di carbapenemasi in ambiente ospedaliero e sanitario;
ad implementare un sistema di sorveglianza dell'antibioticoresistenza integrato fra gli aspetti di sanità umana e sanità animale, che comprenda i dati generati nel settore veterinario (sia per gli animali da reddito, che per gli animali d'affezione), attraverso la rete degli istituti zooprofilattici, che miri all'ottenimento del consumo prudente degli antibiotici in ambito agroalimentare e veterinario.
(1-01055)
«Capua, Lenzi, Nizzi, Calabrò, Gigli, Locatelli, Sbrollini, Piazzoni, Amato, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Grassi, Mariano, Miotto, Murer, Patriarca, Piccione, Giuditta Pini, D'Agostino, Monchiero, Vargiu, Quintarelli, Matarrese, Galgano, Catania, Oliaro, Bombassei, Rabino, Palladino, Prataviera, Caon, Marcolin, Matteo Bragantini, Fitzgerald Nissoli, Longo, Palmieri, Picchi, Dorina Bianchi, Binetti».
(6 novembre 2015)
La Camera,
premesso che:
le infezioni ospedaliere costituiscono una grande sfida ai sistemi di salute pubblica, perché sono un insieme piuttosto eterogeneo di condizioni diverse sotto il profilo microbiologico, fisiologico ed epidemiologico che hanno un elevato impatto sui costi sanitari e sono indicatori della qualità del servizio offerto ai pazienti ricoverati;
si definiscono così le infezioni insorte durante il ricovero in ospedale, o dopo le dimissioni del paziente, che al momento dell'ingresso non erano manifeste clinicamente, né erano in incubazione. Sono l'effetto della progressiva introduzione di nuove tecnologie sanitarie, che se da una parte garantiscono la sopravvivenza a pazienti ad alto rischio di infezioni, dall'altra consentono l'ingresso dei microrganismi anche in sedi corporee normalmente sterili. Un altro elemento cruciale da considerare è l'emergenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, visto il largo uso di questi farmaci a scopo profilattico o terapeutico;
negli ultimi anni l'assistenza sanitaria ha subito profondi cambiamenti. Mentre prima gli ospedali erano il luogo in cui si svolgeva la maggior parte degli interventi assistenziali, a partire dagli anni ’90 sono aumentati sia i pazienti ricoverati in ospedale in gravi condizioni (quindi a elevato rischio di infezioni ospedaliere), sia i luoghi di cura extra-ospedalieri (residenze sanitarie assistite per anziani, assistenza domiciliare, assistenza ambulatoriale). Da qui la necessità di ampliare il concetto di infezioni ospedaliere a quello di infezioni correlate all'assistenza sanitaria e sociosanitaria;
le infezioni sono causate da microrganismi opportunistici presenti nell'ambiente, che solitamente non danno luogo a infezioni. Le infezioni ospedaliere possono insorgere su pazienti immunocompromessi durante il ricovero e la degenza o, in qualche caso, anche dopo la dimissione del paziente e possono avere diverso grado di gravità, fino ad essere letali. Le infezioni ospedaliere possono interessare anche gli operatori sanitari che lavorano a contatto con i pazienti, e quindi misure adeguate devono essere prese non solo per trattare le persone ricoverate, ma anche per prevenire la diffusione delle infezioni ospedaliere tra il personale che fornisce assistenza e cura;
nonostante l'elevato impatto, sia sociale che economico, dovuto alle infezioni ospedaliere, i sistemi di sorveglianza e di controllo e le azioni per ridurne gli effetti sono invece ancora piuttosto disomogenei da Paese a Paese e a livello nazionale, anche se negli ultimi anni sono stati messi a punto e implementati numerosi programmi. Gli studi effettuati indicano che è possibile prevenire il 30 per cento delle infezioni ospedaliere insorte, con conseguente abbassamento dei costi e miglioramento del servizio sanitario. Incidendo significativamente sui costi sanitari e prolungando le degenze ospedaliere dei pazienti, le infezioni ospedaliere finiscono con l'influenzare notevolmente la capacità dei presidi ospedalieri di garantire il ricovero ad altri pazienti;
oggi la situazione delle infezioni nosocomiali è davvero preoccupante in tutti gli ospedali italiani, specialmente a causa della diffusione di Klebsiella pneumoniae produttore di carbapenemasi KPC (un enzima che inattiva gran parte degli antibiotici). La Klebsiella, normalmente ospitata nell'intestino umano, colpisce per lo più i pazienti ricoverati nelle terapie intensive e esposti a ventilatori, i portatori di cateteri intravascolari o ammalati trattati a lungo con antibiotici. Le infezioni cui dà seguito sono polmoniti (di solito associate a ventilazione meccanica e tracheotomia), infezioni delle vie urinarie (da catetere) e sepsi correlate al catetere venoso centrale. Le opzioni terapeutiche sono molto limitate: tigeciclina, gentamicina, colistina e fosfomicina sono gli unici antibiotici che l'antibiogramma indica come attivi, ma alcuni di essi comportano effetti collaterali, altri sono difficili da reperire. Inoltre, poiché non possiedono una rapida e spiccata attività battericida ed hanno un profilo cinetico-dinamico modesto, vengono utilizzati in associazione e ad alto dosaggio;
per controllare e ridurre le infezioni ospedaliere, è necessario che le strutture agiscano su più fronti: l'attuazione di misure di prevenzione di controllo delle infezioni ospedaliere attraverso azioni sulle strutture ospedaliere, sui sistemi di ventilazione e sui flussi di acqua, sull'igiene del personale e dell'ambiente; l'individuazione di personale dedicato alla sorveglianza; un protocollo di sorveglianza attiva delle infezioni che si manifestano e un appropriato flusso informativo che permetta l'identificazione e la quantificazione delle infezioni stesse nei diversi presidi; la formazione del personale dedicato al trattamento dei pazienti, soprattutto nelle aree critiche di terapia intensiva e chirurgica, e di quello dedicato alla raccolta e analisi dei dati;
uno dei problemi relativi alle infezioni ospedaliere è la loro identificazione, classificazione e quantificazione. Per cercare di risolvere questo aspetto, sono state messe a punto definizioni di caso dai centri per la prevenzione e il controllo delle malattie americani, ma anche da programmi europei come Helics e Earss. Negli Stati Uniti e nel Nord Europa esiste un sistema di controllo e sorveglianza, mentre nel nostro Paese questo sistema non è ancora operativo. Gli studi italiani hanno però rilevato che le caratteristiche epidemiologiche delle infezioni ospedaliere individuate sono simili a quelle descritte dal sistema americano, il National nosocomial infections surveillance system (Nnis), che costituisce quindi un valido punto di riferimento,
impegna il Governo:
ad attivarsi affinché gli ospedali moderni e di terzo livello siano dotati di servizi di microbiologia permanente che permettano di accorciare i tempi di isolamento ed identificazione dei microrganismi e quelli dei test di suscettibilità agli antibiotici;
ad adoperarsi, attraverso la comunicazione a tutti i livelli, affinché l'appropriatezza terapeutica significhi usare gli antibiotici giusti e necessari, nelle giuste dosi e per il tempo adeguato, limitandone al massimo l'uso empirico, posto che combattere la spirale dell'empirismo (la sequenza febbre=infezione=antibiotico) è lo strumento più importante per limitare l'abuso di antibiotici e controllare l'emergenza delle resistenze batteriche;
a promuovere la creazione di staff specialistici multidisciplinari (intensivisti, ematologi, infettivologi, microbiologi, farmacologi) che mettano a punto protocolli diagnostico-terapeutici mirati ai singoli gruppi di pazienti a rischio per contenere la resistenza antimicrobica, ridurre l'utilizzo dei farmaci, ridurre gli eventi avversi legati all'uso improprio degli antimicrobici e ridurre i costi.
(1-01092)
«Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(15 gennaio 2016)
La Camera,
premesso che:
le infezioni ospedaliere e la resistenza antimicrobica continuano a rappresentare la più frequente complicanza ospedaliera e il loro trend sembra essere in continuo aumento;
in media, il 5 per cento dei pazienti contrae un'infezione durante il periodo di soggiorno in corsia e la maggior parte delle persone infette nei giorni di ricovero viene colpita da polmonite;
le infezioni nosocomiali e la resistenza antimicrobica rappresentano due particolari questioni sanitarie richiamate anche nell'allegato 1 della decisione n. 2000/96/CE del 22 dicembre 1999 della Commissione europea relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria, giusto la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
è sempre crescente la resistenza antimicrobica e le capacità di batteri, virus e parassiti di resistere ad uno o più antimicrobici usati in via terapeutica o profilattica;
tra le maggiori cause di tale evenienza sono l'abuso di antimicrobici, le mutazioni degli stessi microrganismi e la loro facile diffusione;
il fenomeno di microrganismi multiresistenti rappresenta un rischio sanitario tra i più elevati ed incide in modo significativo nell'ambito della mortalità per malattie infettive, atteso che le terapie alternative sono quasi inesistenti;
il rischio sanitario da microrganismi multiresistenti ha un'incidenza primaria nell'ambito delle prestazioni erogate negli ospedali soprattutto nei reparti di rianimazione, terapia intensiva, chirurgia invasiva e nei reparti di assistenza sanitaria associata (lungodegenza);
risulta allarmante, attualmente, la mortalità per «infezioni ospedaliere» monitorata intorno al 25-30 per cento e tra i batteri più pericolosi che agiscono in ambito nasocomiale vi è la Klebsiella pneumoniale e una serie di altri microrganismi Gram negativi che provocano la morte di persone con fisico defedato, affette da malattie severe, immunodepresse;
tra le cause scatenanti per la diffusione delle infezioni da batteri Gram negativi sono da annoverare: il trasferimento dei pazienti tra le diverse strutture sanitarie; la gravità delle condizioni cliniche del paziente; la permanenza per un determinato periodo di tempo in rianimazione e/o terapia intensiva; un precedente intervento chirurgico; i trapianti di midollo o di organi; la presenza di ferite chirurgiche; il cataterismo delle vie biliari e la ventilazione assistita;
le ricerche ed i risultati più recenti pubblicati dal Centro europeo di Stoccolma confermano che, in Europa, il numero dei pazienti infetti da batteri resistenti sono in continuo aumento e che la resistenza agli antibiotici rappresenta una grave emergenza di sanità pubblica;
nel nostro Paese si registra un trend di vistoso aumento delle infezioni ospedaliere, con oltre 50.000 persone all'anno che vengono colpite da infezioni ospedaliere;
il Ministero della salute ha pubblicato la circolare n. 4968, il 26 febbraio 2013, riguardante la «Sorveglianza e controllo delle infezioni da batteri produttivi di carbapenemasi (cpe)» e sono ormai trascorsi quasi tre anni dal tentativo di instaurare un sistema di sorveglianza delle infezioni ospedaliere resistenti e quanto messo in campo finora non è stato sufficiente ad ottenere risultati significativi; pertanto, si rende necessario ed urgente un più adeguato intervento per il controllo ed il contenimento delle infezioni ospedaliere e del sempre crescente fenomeno dell'antibiotico-resistenza, con conseguente serio rischio che negli ospedali italiani si possa profilare presto uno stato di emergenza sanitaria,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità dell'adozione di ulteriori iniziative volte ad elevare la qualità dei protocolli di sicurezza in uso negli ospedali italiani seguendo le linee guida internazionali dell'Organizzazione mondiale della sanità;
ad assumere iniziative attraverso campagne istituzionali di informazione e di educazione sanitaria per la riduzione del consumo degli antibiotici in ambito ospedaliero, utilizzandoli solo nelle situazioni in cui ci sia reale necessità;
a valutare l'opportunità di predisporre un nuovo piano nazionale di prevenzione e controllo, con l'obiettivo di contrastare le infezioni ospedaliere ed il fenomeno dell'antibiotico-resistenza;
a coinvolgere le regioni attraverso la sottoscrizione di accordi che garantiscano l'attuazione dei protocolli di sorveglianza sulla resistenza antibiotica, secondo le indicazioni del Ministero della salute.
(1-01094)
«Palese, Fucci, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Latronico, Marti».
(18 gennaio 2016)
La Camera,
premesso che:
tra i diversi rischi associati all'assistenza sanitaria e socio-sanitaria, quello infettivo, ossia la possibilità per pazienti e operatori di contrarre un'infezione nel corso di un episodio assistenziale o in ambito lavorativo, occupa un posto particolare in ragione delle dimensioni del rischio, della complessità dei determinanti e del trend epidemiologico in aumento;
le infezioni nosocomiali rappresentano, infatti, un importante problema di salute pubblica, oltre ad essere indicatori della qualità del servizio sanitario offerto ai pazienti ricoverati in strutture nosocomiali e ad avere un consistente, e spesso sottovalutato, impatto sui costi sanitari;
dette infezioni sono un insieme piuttosto eterogeneo di condizioni diverse sotto il profilo microbiologico, fisiologico ed epidemiologico, spesso causate da microrganismi presenti nell'ambiente, microrganismi che di solito non danno luogo a infezioni, ma possono provocarle in pazienti con deficit del sistema immunitario durante il ricovero e la degenza o, in qualche caso anche dopo la dimissione, e possono avere diverso grado di gravità, fino ad essere letali. Seppur in numero minore, dette infezioni possono interessare anche gli operatori sanitari che lavorano a contatto con i pazienti e forniscono loro assistenza e cura;
buona parte delle infezioni correlate all'assistenza è prevenibile. Tra queste rientrano le pratiche sanitarie ed assistenziali in caso: di non rispetto degli standard di precauzione riguardo l'igiene, la pulizia e disinfezione dell'ambiente, la sterilizzazione delle attrezzature e dei presidi; di utilizzo non appropriato degli antibiotici; di inadeguatezza della struttura ospedaliera e carenze impiantistiche, come nel caso di infezioni trasmesse attraverso l'acqua o l'aria, quali, ad esempio, le infezioni da legionella;
la suddetta malattia del legionario, più comunemente definita legionellosi, è un'infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila;
nel 1983, con decreto ministeriale (decreto ministeriale 7 febbraio 1983) il Ministero della sanità ha incluso la legionellosi tra le malattie infettive e diffusive soggette ad obbligo di denuncia. Data la necessità di promuovere la raccolta di informazioni più accurate, l'Istituto superiore di sanità ha avviato un programma nazionale di sorveglianza e l'istituzione del registro nazionale della legionellosi;
l'infezione da legionella viene trasmessa da flussi di aerosol e di acqua contaminata, come nel caso di ambienti condizionati o con l'uso di umidificatori. Il batterio, infatti, si riproduce soprattutto in ambienti umidi e tiepidi o riscaldati, come i sistemi di tubature, i condensatori, le colonne di raffreddamento dell'acqua, sui quali forma un film batterico. Sedimenti organici, ruggini, depositi di materiali sulle superfici dei sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque ne facilitano l'insediamento;
come sottolineato dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, la legionellosi pone un serio problema di salute pubblica, perché costituisce un elemento di rischio in tutte le situazioni in cui le persone sono riunite in uno stesso ambiente, come avviene in ospedali, case di cura, residenze per anziani e altri luoghi pubblici nei quali è in funzione un sistema di condizionamento, di umidificazione o di trattamento dell'aria o di ricircolarizzazione delle acque;
in quest'ultimo anno si sono verificati diversi casi di legionellosi. Per citarne solo alcuni: sei casi nel comune di Bresso (Milano), tre casi nel quartiere Niguarda di Milano, due ricoveri all'ospedale Mandic di Merate in provincia di Lecco;
la normativa italiana è sostanzialmente costituita dalle «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi», approvate dalla Conferenza Stato-regioni, e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 5 maggio 2000;
questo strumento legislativo ha disciplinato la bonifica delle reti idriche contaminate dal batterio, ma con sistemi ormai datati come lo shock termico e l'iperclorazione. Non sono stati, inoltre, recepiti i risultati di alcune sperimentazioni condotte negli scorsi anni dall'Istituto superiore di sanità in alcuni ospedali pubblici, come a Trento;
i metodi individuati a suo tempo dal Ministero presentano diversi limiti e inoltre è totalmente assente la prevenzione nei mezzi di trasporto;
esistono attualmente nuovi metodi di bonifica e profilassi che utilizzano il biossido di cloro, il perossido di idrogeno e argento ed altro, che non sono contemplati nelle linee guida del 2000;
più in generale, si evidenzia come riguardo alle infezioni in ambiente ospedaliero e sanitario, decisivo è il ruolo fondamentale che devono avere l'attivazione di strumenti e politiche preventive. La prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza deve essere, quindi, posto come obiettivo non solo da chi ha responsabilità di gestione dell'azienda, ma anche da parte di ciascun operatore;
nonostante l'elevato impatto, sia sociale e sanitario che economico, dovuto alle infezioni nosocomiali, i sistemi di sorveglianza e di controllo e le azioni per ridurne gli effetti sono, invece, ancora insufficienti e fortemente disomogenei da struttura a struttura e a livello nazionale;
in Italia, ogni anno, circa il 6 per cento dei pazienti ricoverati contrae nelle strutture sanitarie un'infezione. Circa 450-600 mila infezioni (soprattutto delle vie urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi), che nell'1 per cento dei casi si stima siano la causa diretta del decesso del paziente;
il 30 per cento delle infezioni ospedaliere sono prevedibili e gestibili. Ciò comporta che, attraverso l'attuazione dei più aggiornati protocolli di prevenzione, mirati investimenti, un controllo e una corretta gestione delle infezioni ospedaliere, ogni anno si potrebbero evitare tra le 130.000 e le 200.000 infezioni con il relativo 1 per cento di decessi;
numerose sono le fonti di microrganismi che possono dare luogo alle infezioni ospedaliere: le strutture stesse, i sistemi di ventilazione e aerazione, i flussi di acqua, l'igiene del personale e dell'ambiente, le pratiche chirurgiche e gli ausili invasivi (ad esempio, cateteri e valvole), l'uso non sempre corretto di antibiotici che possono comportare resistenze;
sotto quest'ultimo aspetto si segnala l'aumento, non solo nel nostro Paese ma in tutta l'area dell'Unione europea, del fenomeno dell'antibiotico-resistenza. Crescono, infatti, i pazienti infetti da batteri resistenti e questo aumento delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici è anche conseguente alla pressione antibiotica a cui le persone sono sottoposte;
a contribuire alle infezioni contratte in ambito nosocomiale, vi è senza dubbio: 1) la crescente carenza di risorse finanziarie da investire in prevenzione e nel controllo efficace delle infezioni; 2) una perdurante politica di tagli al personale e di blocco del turn over, che ha inciso profondamente e negativamente sulle risorse umane, in particolare sulle figure professionali, adeguatamente formate, addette al controllo e che non sono disponibili in tutti gli ospedali del nostro Paese; 3) una bassa integrazione tra i programmi di gestione del rischio infettivo e quelli più generali di gestione del rischio clinico. Nei presidi di aziende sanitarie nelle quali esistono gruppi o progetti per la gestione del rischio clinico, meno del 50 per cento dei casi detti gruppi o progetti operano in maniera integrata con i programmi di controllo delle infezioni ospedaliere, o infezioni correlate all'assistenza;
aspetto centrale nel contrasto alle infezioni correlate all'assistenza è quello della sorveglianza. E questo si ottiene anche attraverso la possibilità di poter disporre di un sistema di segnalazione veloce di eventi che richiedono interventi tempestivi, e quindi attraverso la costruzione di sistemi informativi innovativi, come avvenuto in alcune regioni, che rappresentino la base di dati empirici per poter indirizzare gli interventi;
sotto questo aspetto si ricorda che in Europa numerose Paesi hanno attivato sistemi di sorveglianza continuativi nei reparti più a rischio, quali i reparti chirurgici e le unità di terapia intensiva;
la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) ha previsto che le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie debbano attivare una funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) per la messa in sicurezza dei percorsi sanitari, l'individuazione/soluzione delle criticità più frequenti e la prevenzione del rischio sanitario. Uno strumento sicuramente importante, ma che ha inevitabilmente bisogno di risorse finanziarie adeguate per poter essere reso davvero efficace e operativo in tutte le suddette strutture sanitarie, a cominciare dalla stessa formazione degli operatori sanitari sulle tematiche relative alle misure di prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero e alla loro sorveglianza attiva,
impegna il Governo:
ad avviare le opportune iniziative volte a prevedere, tra i criteri per l'autorizzazione e l'accreditamento delle strutture sanitarie, l'inclusione di requisiti specifici relativi al controllo delle infezioni correlate all'assistenza;
in relazione alle misure sul rischio clinico introdotte nella legge di stabilità per il 2016, ad assumere iniziative per prevedere, di concerto con le regioni:
a) che le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie complesse debbano periodicamente presentare alla regione una relazione consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, con particolare riferimento alle infezioni in ambito ospedaliero, e sulle conseguenti iniziative messe in atto dalla struttura;
b) che tutte le suddette strutture sanitarie, nell'ambito del previsto servizio di monitoraggio, prevenzione, gestione del rischio sanitario (risk management), siano tenute a istituire proprie «unità di gestione del rischio clinico»;
a prevedere che i programmi di controllo delle infezioni ospedaliere debbano essere sempre integrati e far parte delle più ampie attività di gestione del rischio sanitario;
a implementare i sistemi di sorveglianza attivi e continuativi delle infezioni nosocomiali, anche attraverso un appropriato flusso informativo che permetta l'identificazione e la quantificazione delle infezioni stesse nei diversi presidi, soprattutto nei reparti e settori più a rischio delle strutture sanitarie, quali i reparti chirurgici e le unità di terapia intensiva, prevedendo che i rispettivi report siano pubblicati e resi disponibili anche sui siti web delle medesime strutture;
ad assumere iniziative per attivare programmi di formazione degli operatori sanitari sulle tematiche relative alle misure di prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero e alla loro sorveglianza attiva;
ad assumere iniziative per garantire maggiori risorse e il superamento del blocco sostanziale delle assunzioni, al fine di consentire un investimento finanziario e in risorse umane per una reale ed efficace attività in prevenzione e di controllo delle infezioni in ambito ospedaliero;
a prevedere adeguate iniziative volte a sensibilizzare e formare sia il personale medico sull'utilizzo e sulla somministrazione degli antibiotici e sui rischi legati a un loro uso eccessivo, sia i cittadini sulle controindicazioni collegate ad un utilizzo eccessivo e «fai da te» dei medesimi medicinali;
a provvedere quanto prima, con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità, alla revisione ed aggiornamento delle linee guida nazionali approvate nel 2000 sulla legionellosi, anche alla luce dei nuovi metodi di bonifica e profilassi, al fine di consentire una più efficace attività di prevenzione, prevedendo anche le condizioni dettagliate di impiego dei nuovi metodi di sanificazione.
(1-01096)
«Gregori, Nicchi, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaccagnini, Zaratti».
(19 gennaio 2016)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
SCOTTO, FERRARA, FRANCO BORDO, FASSINA, AIRAUDO, FAVA, PLACIDO, GREGORI, RICCIATTI, D'ATTORRE, MARCON, CARLO GALLI, DURANTI, PIRAS, FOLINO, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, ZACCAGNINI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
sul sito del Ministero dell'interno è stato pubblicato un link ove si legge che nel corso di una giornata di studio organizzata presso la sede romana del Cnr, che ha visto la partecipazione della Polizia di Stato, sono stati affrontati i temi del controllo delle reti di comunicazione a fini della sicurezza senza violare la privacy, la natura libera del web, il legame fra antispionaggio industriale e strategie antiterrorismo e, infine l'impatto su cloud e big data. La cybersecurity, infatti, sta assumendo sempre maggiore rilievo e anche dagli interventi degli esperti che hanno preso parte alla giornata sarebbe emersa l'importanza di rafforzare il rapporto tra l'industria, le istituzioni ed il mondo della ricerca;
per Cristiano Radaelli – presidente dell'associazione confindustriale del settore ict ed elettronica di consumo – le informazioni, assieme al capitale umano, sono il patrimonio principale di imprese ed organizzazioni. Per questo la loro gestione e la loro sicurezza rappresentano una priorità che, nell'era dell’internet of everything, si traduce nell'esigenza di valorizzare sempre più figure professionali come data scientist, chief technology officer, sviluppatori mobili, big data architect. A livello europeo, le professioni ict sono date in crescita del 27 per cento. Il mercato della sicurezza informatica, in particolare, è fiorente ed è destinato a crescere da 75 miliardi di dollari di valore generato nel 2015 a 170 nel 2020. Più di 209.000 posti di lavoro nel campo della sicurezza informatica negli Stati Uniti sono attualmente vacanti e si prevede che la domanda mondiale sarà di 6 milioni entro il 2019, con un deficit previsto di 1,5 milioni. Per questo, l'emergere dirompente del tema della cybersecurity rende ancora più evidente questo scenario;
il capo della Polizia di Stato, Alessandro Pansa, intervenuto all'evento, ha evidenziato come la complessità della tematica della cybersecurity impone oggi un inevitabile sforzo sinergico per soddisfare la quotidiana esigenza di sicurezza informatica. Per questo motivo la Polizia di Stato ha avviato una serie di collaborazioni per creare una rete di partnership, mettendo a disposizione la propria competenza esclusiva del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (C.n.a.i.p.c.), quale organo di eccellenza per la fornitura dei servizi di sicurezza per le infrastrutture critiche;
in questi ultimi giorni è poi apparsa sulla stampa nazionale la notizia dell'intenzione da parte del Governo di affidare di fatto ad aziende private settori delicatissimi per la sicurezza del Paese, come quello della lotta contro gli hacker e il phishing, avviando un preoccupante processo di privatizzazione degli apparati di sicurezza, che culminerebbe addirittura con l'istituzione di una vera e propria agenzia per la sicurezza informatica creata ad hoc, con a capo uno degli esponenti di spicco del panorama imprenditoriale italiano, amico del Presidente del Consiglio dei ministri e finanziatore del Partito democratico, Marco Carrai;
Marco Carrai è anche fondatore della Cys4, un'azienda che si occupa proprio di sicurezza informatica e, in particolare, come riportato nello statuto della stessa azienda, di «prestazione in Italia e all'estero di servizi di progettazione, assistenza, consulenza, nonché della vendita di prodotti inerenti agli ambiti della sicurezza fisica e della sicurezza logistica», oltre alla «consulenza di information technology». Questa circostanza, a parere degli interroganti, farebbe emergere un chiaro conflitto di interessi tra la figura di Carrai imprenditore nel mondo della sicurezza cibernetica e quella di responsabile della sicurezza informatica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
infine, non si comprende se il futuro ruolo di responsabile della cybersicurezza sia un incarico tecnico o politico, se la nuova struttura sarà incardinata all'interno del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, se sarà alle dipendenze del Sottosegretario con delega alla sicurezza nazionale o se dipenderà direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri. Non è chiaro se sarà una struttura autonoma che dovrà coordinare e controllare il lavoro delle pubbliche amministrazioni e quello dei gestori delle reti telematiche e se vi è il rischio che tale struttura si sovrapponga o raddoppi le competenze dei servizi di sicurezza;
quanto precede appare di eccezionale gravità se si considera che tutte le attività connesse ai sistemi di informazione per la sicurezza sono sottoposte da sempre a una serie di verifiche da parte di organismi di controllo di natura pubblica per garantire che tutto avvenga nel rispetto della Costituzione e delle leggi, nell'esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni –:
se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e quali elementi di chiarificazione intenda fornire al Parlamento, per quanto di competenza, in merito al possibile affidamento dei sistemi informativi di sicurezza in capo ad aziende private e la nomina di Marco Carrai a capo di un'agenzia per la cybersecurity, nonostante i profili di palese conflitti di interesse che potrebbero caratterizzare nel caso l'esercizio di tale attività. (3-01935)
(19 gennaio 2016)
CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nella legge 13 luglio 2015, n. 107, è stabilito che coloro che risultano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e nelle graduatorie di merito, di cui al comma 96 sono «assunti a tempo indeterminato, nel limite dei posti di cui al comma 95: a) i soggetti iscritti a pieno titolo, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado; b) i soggetti iscritti a pieno titolo, alla data di entrata in vigore della presente legge, nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, esclusivamente con il punteggio e con i titoli di preferenza e precedenza posseduti alla data dell'ultimo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, avvenuto per il triennio 2014-2017», risultando destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui al comma 95;
nel corso dell'esame del provvedimento in prima lettura alla Camera dei deputati il testo del Governo è stato modificato, prevedendo che fossero oggetto di contratto di assunzione a tempo indeterminato non solo vincitori del concorso, bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012, ma anche tutti gli idonei, ossia coloro che risultavano inseriti nelle graduatorie di merito del sopraddetto concorso in base al testo unico. Non esistevano «vincitori», per il testo unico, ma una graduatoria di merito di durata almeno triennale dalla quale attingere la metà dei posti autorizzati per le assunzioni. Pertanto, gli idonei delle graduatorie di merito del concorso 2012 di tutti gli altri gradi ed ordini di scuola sono, invece, stati inseriti nel piano straordinario di assunzioni, come previsto dalla lettera a) del comma 96 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015;
la legge n. 107 del 2015 non prevede per i docenti della scuola dell'infanzia il potenziamento dell'organico, in grado di assorbire i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e i soggetti inseriti nelle graduatorie di merito del concorso, bandito con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a serie speciale, n. 75 del 25 settembre 2012. I docenti di scuola dell'infanzia dopo essere rientrati, sulla carta, nel piano straordinario di assunzioni, sono di fatto stati esclusi da esso;
il Governo, nell'imminente concorso a cattedra, che doveva essere bandito entro il 1o dicembre 2015, ritiene che il fabbisogno dell'organico della scuola dell'infanzia nei prossimi tre anni sarà composto da 6.800 docenti. Ad oggi, è emerso che i circa 15.000 docenti di scuola dell'infanzia che hanno prodotto domanda di partecipazione al piano straordinario di assunzioni sono stati letteralmente posti in stand-by in attesa della delega che servirà a riformare il segmento scolastico da 0 a sei anni;
le graduatorie di merito per il 2012 per la scuola dell'infanzia sono ancora vigenti soltanto in Sicilia, Campania, Lazio, Calabria e Puglia; inoltre, va sottolineato che in Sicilia e in Lazio dette graduatorie sono state pubblicate nel 2014 e nel complesso sono presenti soltanto 2.129 candidati. In base al testo unico le graduatorie di merito hanno decorrenza triennale e, alle immissioni 2016/2017, tali graduatorie di merito entreranno nel terzo anno di validità;
i docenti hanno superato un concorso ritenuto tra i più difficili, sottoponendosi ad una prova preselettiva, una prova scritta e, infine, una prova orale resa pubblica appena 24 ore prima di sostenerla. Infatti, su 321.000 candidati soltanto il 7 per cento ha superato tutte e tre le prove, dimostrando competenze linguistiche, informatiche, pedagogiche, didattiche;
ci si trova di fronte ad una disparità di trattamento che potrebbe dar vita ad un contenzioso per l'amministrazione;
il bando del concorso scuola 2016 avrebbe dovuto essere emanato entro il 1o dicembre 2015, secondo quanto stabilito dalla legge n. 107 del 2015. A tutt'oggi tale bando non è ancora stato emanato ed il ritardo del bando potrebbe determinare uno slittamento dello svolgimento del concorso e dunque delle relative nelle assunzioni che sono previste per l'anno scolastico 2016/2017 e potrebbero effettuate solo nel successivo anno scolastico 2017/2018, il che comporterebbe un eventuale risparmio di spesa –:
quali iniziative intenda mettere in atto in Ministro interrogato per i soggetti idonei, iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per la scuola dell'infanzia, ai fini dell'esaurimento delle graduatorie concorsuali e dell'assunzione a tempo indeterminato, in considerazione anche del fatto che il probabile slittamento di un anno delle assunzioni per il concorso 2016 determinerà risparmi di spesa, derivanti dalla parziale attuazione del piano assunzionale di cui al comma 201 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, risparmi che potrebbero essere utilizzati per l'immissione in ruolo, a decorrere dall'anno scolastico 2016-2017, anche dei soggetti iscritti nelle graduatorie di merito del concorso 2012 per l'infanzia.
(3-01936)
(19 gennaio 2016)
GALGANO e MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la talassemia è una malattia mortale del sangue di natura genetica: nel mondo sono 500 mila i malati, 100 mila i nuovi nati all'anno e 50 mila i morti. L'1,5 per cento della popolazione mondiale (100 milioni di persone) è portatore sano. Con l'aumento della popolazione, la talassemia nei prossimi decenni è considerata dall'Organizzazione mondiale della sanità una bomba a orologeria;
la malattia consiste nella mancanza di emoglobina nel sangue, che serve per portare l'ossigeno nel corpo. Si diagnostica nel primo anno di vita e l'unico modo di rimanere vivi sono trasfusioni di sangue ogni mese (dopo qualche anno spesso si passa a 2 volte al mese); purtroppo, ogni trasfusione rimette a posto l'emoglobina, ma fornisce il ferro di cui il corpo ha bisogno per un anno, quindi vanno poi presi ogni giorno dei farmaci che rimuovono il ferro in eccesso (iron chelation therapy), ma non tutto il ferro in eccesso si riesce a rimuovere;
l'unica cura definitiva che esiste è il trapianto di midollo osseo (che con varianti al protocollo si usa anche per altre 50 malattie, fra cui, fra le più conosciute, la leucemia), che in inglese si chiama bone marrow tramplantation (bmt);
l'Istituto mediterraneo di ematologia (Ime) fu istituito nel 2003 su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero dell'economia e delle finanze e della regione Lazio. La sua mission, come si legge sul sito web della fondazione, è quella di «realizzare una rete sanitaria internazionale a favore di Paesi dove le malattie ematologiche rappresentano un diffuso problema sanitario e sociale, portando avanti un progetto internazionale di cura, formazione, ricerca e trasferimento di know-how nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia in particolare». L'area di intervento primaria dell'Istituto mediterraneo di ematologia è sempre stato il bacino del Mediterraneo verso il quale si è posto come un centro di eccellenza e di alta specializzazione;
l'Istituto mediterraneo di ematologia è stato già sotto il mirino della spending review nel 2012, quando rischiò di essere soppresso perché classificato tra gli enti inutili, anche in considerazione dei rilevanti costi di governance non coerenti con le dimensioni dell'istituzione;
a partire dal 2004 l'Istituto mediterraneo di ematologia svolge la sua attività terapeutica presso il Policlinico di Tor Vergata, ma in locali ottenuti in affitto, la cui conduzione verrà a cessare il 31 dicembre 2015, a seguito dello sfratto disposto dal locatore a causa della morosità dell'ente che si è concretizzata in un debito di 6 milioni di euro;
le difficoltà economiche rischiano di travolgere un'istituzione che, dal punto di vista medico-professionale, ha ottenuto risultati straordinari. Alla guida dell'Istituto mediterraneo di ematologia ci sono il professor Guido Lucarelli e Pietro Sodani. Il primo è considerato il più grande esperto al mondo di trapianto di midollo osseo per la talassemia: ha pubblicato oltre 300 articoli scientifici su questo tema e ha fatto (con il suo staff) oltre 1.500 trapianti (circa la metà del totale eseguito a livello mondiale per la talassemia). Pietro Sodani ha messo a punto le modifiche al protocollo di trapianto inventato da Lucarelli per usare la madre come donatore non compatibile. Protocollo che, se venisse ulteriormente migliorato, potrebbe salvare ancora più vite a moltissimi bambini nel mondo. In 15 anni Sodani ha fatto oltre 400 trapianti (fra donatore compatibile e non compatibile) e ha pubblicato oltre 40 articoli scientifici sulle più prestigiose riviste scientifiche del mondo;
tutto ciò a dimostrazione del fatto che ci sono professionalità importanti che operano all'interno dell'istituto che vanno tutelate indipendentemente dal destino dell'ente e della fondazione, preservando l'attività clinica e di ricerca dei medici e dei loro collaboratori, dal momento che danno lustro e prestigio all'Italia;
inoltre, per motivi burocratici, ad oggi l'Istituto mediterraneo di ematologia non può sottoporre a trapianto i bambini italiani e ogni mese ci sono genitori che si rivolgono alla struttura e che devono sentirsi dire che i loro figli non possono essere ammessi al protocollo che, ad oggi, rappresenta la sola cura esistente al mondo;
a parere degli interroganti sarebbe auspicabile la soppressione dell'ente e l'assegnazione delle attività, con il conseguente trasferimento del personale ad esse dedicato, ad una azienda ospedaliera o ad un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico operanti nell'ambito del servizio sanitario nazionale che abbia caratteristiche organizzative e know-how scientifico adeguati e coerenti –:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere per risolvere in via definitiva le problematiche gestionali dell'Istituto mediterraneo di ematologia e garantire, nel contempo, il proseguimento delle attività diagnostico-terapeutiche a favore dell'utenza italiana e straniera e la valorizzazione del rilevante know-how scientifico ad essa collegato. (3-01937)
(19 gennaio 2016)
PLANGGER, ALFREIDER, GEBHARD, SCHULLIAN, OTTOBRE e MARGUERETTAZ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le farmacie rurali e nelle isole minori, che oggi sono oltre 6.000, oggi sono a rischio di sopravvivenza a fronte della crisi e di una normativa relativa ai fatturati non aggiornata all'andamento della vita secondo gli indici Istat;
queste farmacie, per la loro ubicazione in piccoli agglomerati, hanno un'importante funzione sociale, in quanto rappresentano spesso l'unico presidio sanitario esistente sul territorio, dove solitamente opera un professionista laureato, a disposizione degli utenti 24 ore al giorno per 365 giorni l'anno;
la farmacia rurale, infatti, è presente anche nelle zone prive di molti servizi pubblici, quali l'ufficio postale, le scuole, una caserma dei carabinieri, ed è proprio in queste realtà che il cittadino trova nel farmacista il sanitario in grado di assicurargli senza ritardo non solo tutti i medicinali di cui ha necessità, ma anche gli eventuali interventi di primo soccorso;
il farmacista rurale, per di più, vive una situazione imprenditoriale caratterizzata da un forte impegno sotto il profilo finanziario, in quanto le difficoltà di rifornimento impongono la necessità di dotare la farmacia di ingenti scorte di medicinali per far fronte, immediatamente, alle richieste dei malati;
nella provincia autonoma di Bolzano, l'azienda sanitaria qualche mese fa ha individuato, con un decreto (decreto del direttore ospedali di ripartizione n. 6964 del 27 maggio 2015), le farmacie con diritto allo sconto previsto dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, e della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
l'azienda sanitaria, così facendo, ha cambiato i parametri di riferimento e messo in difficoltà, in particolare, le piccole farmacie rurali che sono di massima utilità proprio nelle zone disagiate, lontane dai centri urbani e delle strutture sanitarie pubbliche;
il nuovo calcolo del fatturato, in base ai nuovi parametri, ha avuto come risultato che circa 10 farmacie rurali, di cui 4 con presidi farmaceutici, devono ora applicare sconti all'azienda sanitaria dal 6 per cento al 21,25 per cento, anziché dell'1,5 per cento, con una differenza annuale di fatturato per farmacia di circa – 20.000 euro;
tale ribasso, insieme al mancato aggiornamento degli importi relativi al fatturato sulla base degli indici Istat dal 1996 ad oggi, com’è immaginabile, non è indifferente per le ditte coinvolte e, proprio nel caso dei presidi farmaceutici, potrebbe comportare la loro chiusura –:
se ritenga possibile aggiornare gli importi relativi al fatturato delle farmacie rurali sulla base dell'adeguamento degli indici Istat dal 1996 ad oggi e, contestualmente, introdurre un criterio in base al quale non si faccia concorrere il fatturato del dispensario con il fatturato della farmacia principale ad esso connessa con riferimento agli sconti da applicare, al fine di salvaguardare la sopravvivenza delle farmacie rurali stesse. (3-01938)
(19 gennaio 2016)
TAGLIALATELA e RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in questo periodo negli ospedali napoletani si registrano forti criticità legate al picco di persone che hanno contratto forme influenzali, che interessano un numero elevato di bambini;
l'ospedale pediatrico Santobono di Napoli è interessato da un notevole incremento di richieste di intervento per assistenza sanitaria e ogni giorno vi sono centinaia di persone che si rivolgono al pronto soccorso della predetta struttura;
proprio in ragione della grande richiesta l'ospedale Santobono non riesce a garantire un'assistenza adeguata e puntuale;
nel corso degli anni è stato attuato un continuo depotenziamento dell'assistenza pediatrica nella città di Napoli, prima con la chiusura del padiglione di pediatria all'ospedale Cardarelli e, successivamente, con la chiusura del servizio di accettazione H24 dell'ospedale pediatrico Annunziata, quest'ultimo facente parte della medesima azienda sanitaria dell'ospedale Santobono;
in particolare, l'ospedale Annunziata era stato accorpato all'azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon per costituire il polo pediatrico della città di Napoli e, invece, proprio a seguito di questo accorpamento e per decisione dell'attuale direttore generale, si è visto sottrarre una serie di servizi e professionalità trasferite al nosocomio Santobono;
il precedente commissario per la sanità della regione Campania, con proprio decreto, aveva disposto il trasferimento dell'ospedale Annunziata all'azienda sanitaria locale Napoli 1 con l'intento di rafforzare l'assistenza sanitaria pediatrica nel centro storico di Napoli attraverso l'incremento dei servizi territoriali di base;
a tutt'oggi il predetto decreto non ha trovato attuazione, mentre continua il depotenziamento dell'ospedale Annunziata a favore della struttura ospedaliera del Santobono;
per effetto delle criticità emerse durante il decennio 2000-2010, per la gestione della sanità in Campania è stato disposto un regime commissariale ancora in essere, anche per quanto attiene al piano ospedaliero;
ogni decisione circa la riduzione dell'offerta di assistenza pediatrica in Campania deve essere valutata anche dall'attuale commissario;
sarebbe opportuno ampliare l'offerta di assistenza pediatrica in Campania, restituendo all'ospedale Annunziata lo storico ruolo di presidio ed istituendo, data la sua particolare posizione all'interno della città di Napoli, presso di esso un punto di pronto soccorso –:
se il Governo, tramite il commissario recentemente nominato, abbia autorizzato tali interventi, che, con la riduzione dell'assistenza pediatrica ospedaliera, mettono a rischio la salute dei bambini campani. (3-01939)
(19 gennaio 2016)
BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il carcinoma ovarico platino-resistente è una condizione patologica a prognosi infausta che in Italia interessa ogni anno circa 500 donne;
tutti i trattamenti valutati fino ad oggi hanno mostrato scarsissima efficacia nei confronti di questa patologia, per la quale non ci sono standard of care di documentata oggettività. La sopravvivenza per le donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente è attualmente di circa 12 mesi e le terapie disponibili sono riconducibili alla classe delle terapie palliative, anche perché si limitano al controllo dei sintomi e al miglioramento della qualità di vita;
per il trattamento del carcinoma ovarico platino-resistente la Commissione europea ha approvato il 31 luglio 2014, circa un anno fa, il bevacizumab, conosciuto con il nome di Avastin, e già rimborsato per il trattamento di altre forme di tumore;
la Commissione europea ha basato le sue decisioni sui risultati dello studio di fase III Aurelia, in cui l'associazione di carcinoma ovarico platino-resistente alla chemioterapia ha dimostrato tre effetti di rilevante interesse: il raddoppio dell'età di sopravvivenza, lo «stop» alla progressione della malattia e un deciso miglioramento dei tassi di risposta rispetto alla sola somministrazione del chemioterapico;
a questi tre effetti va aggiunto anche un deciso miglioramento della qualità di vita delle pazienti per un'effettiva e documentata riduzione della sintomatologia gastro-intestinale, che rappresenta una problematica estremamente invalidante per le donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente;
le principali linee guida internazionali in Europa e negli Usa, considerati gli effetti positivi del bevacizumab, ne raccomandano l'uso, dopo una procedura di valutazione accelerata dell'Fda (priority review);
in Italia, dopo un anno dall'approvazione della Commissione europea non è ancora stata approvata la rimborsabilità del bevacizumab nel carcinoma ovarico platino-resistente, pur trattandosi di un farmaco che il servizio sanitario nazionale rimborsa in altre patologie specifiche; ovviamente a questo punto il costo del farmaco ricade direttamente sulle donne affette da carcinoma ovarico platino-resistente, con un effetto discriminante tra chi può permettersi di acquistarlo e chi no, tra le italiane e le altre donne europee;
essendo stato l’Avastin, nome commerciale del bevacizumab, al centro di polemiche che nulla hanno a che vedere con il carcinoma ovarico platino-resistente, sarebbe davvero drammatico se l'onda lunga di quella questione ritardasse o impedisse ad almeno 500 donne ogni anno di potersi curare, migliorando in modo significativo la durata e la qualità della loro vita –:
alla luce di quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non intenda garantire l'accesso al farmaco anche in Italia, accelerando le procedure di rimborsabilità presso l'Agenzia italiana del farmaco, in modo da renderlo disponibile nel più breve tempo possibile a persone la cui aspettativa di vita è strettamente legata all'assunzione del farmaco. (3-01940)
(19 gennaio 2016)
MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
i giornali di giovedì 3 dicembre 2015 hanno riportato una notizia allarmante su un caso che mette in crisi l'industria del legno e dei mobili della provincia di Como, tradizionalmente all'avanguardia in questo settore;
alle imprese che hanno conferito i propri rifiuti nella discarica di Cantù, gestita da Econord, sono state applicate dal Corpo forestale dello Stato multe pesantissime per errori formali nei documenti e nei formulari di accompagnamento degli scarti di lavorazione;
inoltre, da quanto riportato dai giornali, il gestore della discarica sembra che non abbia segnalato errori;
da quanto si apprende dalle aziende multate e dalle categorie del settore, per aver messo una crocetta fuori posto e per aver indicato l'orario di partenza sbagliati sul modulo è stata comminata una multa di 6.400 euro, ossia di 3.200 euro per ciascun errore formale;
gli artigiani riferiscono che le sanzioni arrivano anche a 12 mila euro per errori formali nella compilazione dei formulari di conferimento in discarica degli scarti della lavorazione del legno; si tratta di sanzioni superiori a quanto previsto per l'abbandono di rifiuti;
infatti, proprio per l'abbandono di rifiuti o per l'immissione di rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee, l'articolo 255 del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro e, se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, il raddoppio della sanzione;
i cittadini e le imprese sanzionate sono indignati dal comportamento degli agenti del Corpo forestale dello Stato che scoraggia implicitamente i cittadini dall'applicazione della legge; infatti, secondo gli interroganti si è verificata una situazione in cui le imprese oneste, che pagano per conferire i propri scarti di legno nelle discariche, vengono multate con cifre inique per sbagli formali compilando i formulari, mentre quelle disoneste che buttano i rifiuti per strada o nei boschi, commettendo gravi illeciti ambientali, non vengono nemmeno ricercate;
secondo gli interroganti, un simile comportamento da parte delle autorità di controllo danneggia l'ambiente invece che tutelarlo;
in questo caso, inoltre, ad essere colpito è un settore artigianale importantissimo per l'economia del Paese, essendo il distretto del mobile della Brianza un'eccellenza in specializzazione e produzione di qualità, con un alto potenziale creativo del sistema produttivo e indiscusse competenze tecniche e professionali;
nella seduta n. 542 dell'Assemblea della Camera dei deputati, martedì 22 dicembre 2015, il Governo, rappresentato dal Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Silvia Velo, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2093-B/35 sul medesimo argomento, che impegna il Governo «a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche avviando un'apposita indagine per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa, adottando azioni precise per esonerare le imprese malcapitate da inique sanzioni, e, nel caso, correggere le norme che per inesattezze formali mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica» –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda avviare un'apposita indagine ministeriale per accertare i motivi di quanto esposto nella premessa e per accertare la regolarità dei procedimenti amministrativi eseguiti dal Corpo forestale dello Stato, anche allo scopo di evitare che in futuro si verifichino casi come quello descritto in premessa in cui, per un'errata compilazione dei formulari, siano applicate inique sanzioni che mettono in crisi le imprese oneste che conferiscono i propri rifiuti di lavorazione in discarica, verificando, inoltre, la possibilità di prevedere una moratoria sulle sanzioni comminate fino al chiarimento del caso e/o alla modifica delle norme. (3-01941)
(19 gennaio 2016)
NUTI e GRILLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
gli organi elettivi e di governo del comune di Catania sono al centro delle cronache locali e nazionali per alcune vicende che hanno interessato la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nonché la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana;
risulterebbe, dalla stampa, che «Cosa nostra» sarebbe riuscita ad infiltrarsi nell'appalto per la realizzazione del piano urbanistico attuativo a Playa, zona meridionale di Catania, per un investimento totale di circa 300 milioni di euro;
la società che dovrebbe realizzare questo progetto, Stella polare s.r.l., sarebbe collegata alla criminalità organizzata, tramite i tre soci fondatori, l'imprenditore veronese Renzo Bissoli e i catanesi Salvatore Modica e Francesco Strano: l'imprenditore Bissoli, già condannato in primo grado a sette anni per bancarotta fraudolenta, vanta frequentazioni con Mariano Incarbone, imprenditore autonomista condannato in appello a cinque anni per associazione mafiosa, così come ricostruito nella sentenza che ha portato alla condanna in primo grado per concorso esterno alla mafia dell'ex presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo, accusato di essere stato il referente politico di una serie di appalti di interesse della criminalità organizzata, tra cui appunto il piano urbanistico attuativo; il catanese Modica è cognato di Giovanni Parisi, considerato un esponente del clan mafioso dei Laudani, che in passato avrebbe favorito la latitanza di Francesco Pistone, pregiudicato affiliato allo stesso clan; il catanese Strano avrebbe ricoperto ruoli all'interno della società Futuria costruzioni s.r.l., costituita dalla moglie di Francesco Guardo e madre di Michele Guardo, entrambi affiliati a Cosa nostra catanese e arrestati nel 2014 nel blitz antimafia «Caronte»;
infine, ancora non si sa tramite quali fondi la società Stella polare s.r.l. finanzierà il progetto, in quanto le risorse sono generalmente indicate come «fondi esteri», senza specificazione alcuna;
nel dicembre 2014 il consiglio comunale di Catania ha approvato con una forte maggioranza, nonostante i fatti di cui sopra, il piano urbanistico attuativo di Playa, disattendendo, tra l'altro, il parere fornito dal consiglio regionale dell'urbanistica della Regione siciliana, il quale chiedeva, tra l'altro, un alleggerimento della cementificazione all'interno del progetto;
nell'aprile del 2013, il sindaco di Catania Bianco veniva intercettato telefonicamente in conversazione con l'imprenditore-editore Ciancio, il quale esprimeva la propria soddisfazione per una prima approvazione del piano urbanistico attuativo nell'aprile del 2013 da parte del consiglio comunale di Catania: all'epoca, Ciancio era sottoposto ad intercettazioni e vanta tutt'oggi forti interessi sulle aree investite dal piano urbanistico attuativo di Playa;
a seguito di segnalazioni, la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana aveva avviato un'indagine al fine di verificare eventuali infiltrazioni mafiose all'interno del consiglio comunale di Catania: le risultanze, secondo quanto emerge anche da fonti di stampa, descrivono legami, verificati o supposti, tra alcuni consiglieri e la criminalità organizzata, in particolare:
a) il consigliere Riccardo Pellegrino (Popolo della libertà – opposizione) è fratello di Gaetano Pellegrino, arrestato ed indagato per indagato per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, uomo di fiducia di Nuccio Mazzei, capo dei Carcagnusi e figlio del boss Santo Mazzei; la Commissione d'inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia presso l'Assemblea regionale siciliana paventa il rischio di scambio elettorale politico-mafioso, visto il gran numero di voti ottenuti da Riccardo Pellegrino nel quartiere di San Cristoforo, noto per l'altissima densità criminale;
b) Lorenzo Leone (Articolo 4 – maggioranza), presidente della sesta municipalità, è fratello di Gaetano Leone, coinvolto nell'operazione antimafia «Arcipelago» del 2001, con numerosissimi precedenti penali, tra cui anche estorsione e associazione criminale mafiosa, condannato in quanto esattore del pizzo del clan Santapaola proprio nel quartiere di Librino, all'interno della VI circoscrizione;
c) Erika Marco (Il Megafono – maggioranza) è legata a Rosario Pantellario, fratello di Giovanni Pantellaro, condannato per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale ed oggi collaboratore di giustizia; inoltre, il padre, Fabio Marco, è stato imputato nel processo per le tangenti e le infiltrazioni mafiose nell'appalto per l'ospedale Garibaldi e poi prescritto e sarebbe stato indicato da pentiti e accusa come uomo-cerniera tra mafia e burocrati, mentre lo zio della consigliera, Francesco Marco, è a capo della società Icomit srl, di cui è socia Anna Gulisano, moglie di Saro Pantellaro, dipendente Multiservizi e fratello di Giovanni Pantellaro, pentito del clan Cappello detto «Giocattolo»;
d) Salvatore Giuffrida (Tutti per Catania – opposizione), consigliere più votato, sarebbe stato vicino ad ambienti appartenenti alla criminalità del quartiere di Monte Po, ove il consigliere ha raccolto circa mille preferenze;
e) Salvatore Spataro (Primavera per Catania – maggioranza) ha raccolto il maggior numero di preferenze nel quartiere di Librino, dove ha ottenuto la maggior parte dei voti;
f) Alessandro Porto (Patto per Catania – maggioranza), al momento della candidatura, risultava indagato per l'accusa di voto di scambio nelle elezioni nazionali del 2006, dovuta alle dichiarazioni del pentito ed ex reggente del clan Cappello Gaetano D'Aquino, secondo il quale il consigliere si sarebbe mosso per l'elezione al Senato della Repubblica di Giovanni Pistorio (Mpa); tuttavia, le dichiarazioni di D'Aquino sono state comunque ritenute inattendibili e la posizione di Porto archiviata;
g) Maurizio Mirenda (Grande Catania – opposizione), a maggio del 2013, qualche settimana prima delle elezioni comunali, viene monitorato dalla polizia etnea durante un incontro a casa di Nino Balsamo, allora agli arresti domiciliari e già sorvegliato speciale con precedenti per riciclaggio, furto aggravato e associazione a delinquere, nonché cognato di Orazio Privitera, boss del clan Cappello-Bonaccorsi;
h) Francesco Petrina (Primavera per Catania – maggioranza), titolare dell’Etnabar, è stato indicato dall'ex governatore siciliano Raffaele Lombardo come il «Retina, Etnabar» a cui faceva riferimento il collaboratore di giustizia Vincenzo Pettinati, il quale, a questo proposito, parlava di metodi di scambio denaro-voti legati alle elezioni del 2008 –:
se non ritenga che i fatti esposti in premessa, nel loro complesso, siano tali da gettare ombre pesanti sulla legalità e sulla trasparenza nell'amministrazione del comune di Catania, nonché sufficienti per avviare le procedure di insediamento di una commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143 testo unico degli enti locali, affinché possa esserne verificata ed accertata l'estraneità rispetto a condizionamenti da parte della criminalità organizzata.
(3-01942)
(19 gennaio 2016)
FIANO, FRANCESCO SANNA, FABBRI, PICCIONE, MARCO DI MAIO, GASPARINI, MIGLIORE, NACCARATO, TARTAGLIONE, MANFREDI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dai principali organi di informazione nazionali e locali, l'inchiesta condotta dalla procura di Napoli, avviata a seguito di un'autonoma indagine della locale direzione distrettuale antimafia, avrebbe fatto emergere preoccupanti evidenze del tentativo di condizionamento del voto nel corso delle elezioni del maggio 2015 per il rinnovo dell'amministrazione comunale del comune di Quarto (Napoli) da parte di ambienti e imprese legate alla camorra;
il comune di Quarto è, ormai da settimane, al centro delle polemiche per l'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli, che vede indagato l'ex consigliere del MoVimento 5 Stelle Giovanni De Robbio per tentata estorsione ai danni del sindaco e voto di scambio;
in particolare, infatti, come emerso da intercettazioni telefoniche, tale azione di condizionamento del voto sarebbe intervenuta con più intensità in occasione del turno di ballottaggio che portò alla vittoria della candidata del MoVimento 5 Stelle, Rosa Capuozzo;
l'imprenditore del settore delle pompe funebri Alfonso Cesarano, sospettato di essere legato al clan camorristico dei Polverino e recentemente citato dalle cronache quale organizzatore, nell'estate 2015, dei funerali di Vittorio Casamonica a Roma, nel corso delle citate intercettazioni telefoniche avrebbe dichiarato: «Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant'anni. Si devono portare la sopra, e devono mettere la X sul MoVimento 5 Stelle», e ancora: «L'assessore glielo diamo noi praticamente. E lui ci deve dare quello che noi abbiamo detto che ci deve dare. Ha preso accordi con noi. Dopo, così come lo abbiamo fatto salire, così lo facciamo cadere»;
terminale degli interessi camorristici nel comune di Quarto sarebbe stato, dunque, Giovanni De Robbio, eletto consigliere nelle liste del MoVimento 5 Stelle, risultando il consigliere più votato, ed espulso dal Movimento il 14 dicembre 2015;
il De Robbio, in più occasioni, avrebbe fatto pressione sul sindaco Rosa Capuozzo, facendo riferimento a fotografie aeree che evidenziavano un abuso edilizio nell'abitazione di proprietà del sindaco, senza che, stando alle cronache giornalistiche, quest'ultima ritenesse necessario denunciare l'accaduto alla magistratura;
come si evince dall'indagine della procura di Napoli, uno dei settori di interesse degli ambienti camorristici di Quarto riguardava la gestione degli impianti sportivi della città: a tal fine rileva ricordare come la medesima procura avesse sequestrato la società sportiva di Castrese Parigliola, attualmente detenuto in «regime di 41-bis», affidando la squadra di calcio alla Sos Impresa; tuttavia, successivamente, il sindaco Capuozzo avrebbe deciso di affidare la gestione dell'impianto sportivo ad un'associazione locale, la Quartograd;
da fonti giornalistiche si apprende che si è ufficialmente aperta l'indagine sugli abusi edilizi realizzati nella casa in cui il sindaco di Quarto, Rosa Capuozzo, vive con il marito;
la procura ipotizza i reati di falso e abuso edilizio ed è proprio facendo leva sull'abuso edilizio che il consigliere comunale ex MoVimento 5 Stelle Giovanni De Robbio avrebbe tentato di ricattare la Capuozzo, mostrandole in tre circostanze la foto dell'area in cui si trova l'abitazione e una relazione tecnica risalente al settembre 2015;
nell'indagine che vede De Robbio indagato per tentata estorsione aggravata, la sindaca Capuozzo è stata sentita nuovamente come teste;
da quanto pubblicato da Il Corriere della Sera si apprende, inoltre, che nei verbali depositati dai pubblici ministeri titolari dell'inchiesta, il procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Napoli Giuseppe Borrelli e il sostituto Henry John Woodcock, Capuozzo, il sindaco, avrebbe affermato, in riferimento alle dinamiche politiche procurate dalla suddetta vicenda all'interno del proprio movimento di appartenenza, che «a Fico ho sempre detto che ritenevo il De Robbio operasse contro gli ideali del MoVimento 5 Stelle e ostacolasse la mia linea di non nominare in nessun ambito persone legate al territorio»; aggiungendo, inoltre, di avergli anche chiesto ripetutamente l'espulsione del consigliere (dimessosi successivamente, dopo aver saputo di essere sotto inchiesta) perché riteneva che De Robbio avesse «preso una posizione sicuramente contraria a quelle che erano le linee del movimento»: tale richiesta fu ribadita in un incontro tra Capuozzo e Fico avvenuto il 30 novembre 2014 e, dice il sindaco ai pubblici ministeri, «l'espulsione fu decretata il 14 o il 15 dicembre»; «Appena si concluse l'interrogatorio del 24 novembre informai l'onorevole Fico»;
il primo cittadino avrebbe, sempre secondo quanto riportato dalla stampa, anche riferito che, quando De Robbio la avvicinó per la terza volta, spaventata, si rivolse a un tenente dei carabinieri chiedendogli se potesse essere utile registrare i colloqui con l'allora consigliere comunale, ricevendo una risposta affermativa, chiedendo ad un parente di regalarle una penna in grado di registrare;
pur nel pieno rispetto del lavoro della magistratura e degli sviluppi che ne emergeranno, i suddetti fatti evidenziano un quadro preoccupante e gettano un'ombra molto pesante sui profili di legalità e trasparenza, nonché sulla serenità nell'esercizio della funzione amministrativa nell'ambito del comune di Quarto, attività che sembra essere pesantemente condizionata dalla presenza attiva e invasiva della criminalità organizzata –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, nel pieno rispetto del ruolo e del lavoro degli organi inquirenti, al fine di monitorare la gestione dell'amministrazione del comune di Quarto, nonché il relativo contesto socio-economico, eventualmente verificando se non sussistano le condizioni per attivare la procedura di cui all'articolo 143 del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di procedere, ove ne ricorrano i presupposti, al suo commissariamento. (3-01943)
(19 gennaio 2016)
SBERNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nel tempo in cui si vive, le persone viaggiano di più e spesso si trasferiscono a vivere in altri Paesi per lavoro o per altre esigenze; tra esse si annoverano coloro che, laici o religiosi, vanno in missione all'estero dedicando tutta la vita a beneficio di chi ha più bisogno di aiuto;
in un mondo ormai quasi senza confini, il rischio che la morte sopravvenga in un Paese straniero è maggiore e le probabilità che questo accada aumentano laddove si vive come volontari e missionari nei cosiddetti Paesi a rischio. In questi casi la famiglia o la comunità religiosa si trovano ad affrontare una pesante situazione, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche dal punto di vista economico e burocratico a causa delle complesse procedure da seguire per riportare il proprio caro defunto a casa;
il trasporto transfrontaliero delle salme è regolato attualmente da due strumenti di diritto internazionale, l'accordo di Berlino del 10 febbraio 1937 e l'accordo di Strasburgo, concluso il 26 ottobre 1973 sotto gli auspici del Consiglio d'Europa, a cui solo una parte degli Stati membri ha aderito (l'Italia non è fra questi), che rivestono un carattere obsoleto sotto molteplici aspetti;
per quanto riguarda la disciplina nazionale in materia essa è rintracciabile nel testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nel decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, recante approvazione del regolamento di polizia mortuaria, ma solo per quanto riguarda gli aspetti igienico-sanitari ed amministrativi, nonché nelle relative circolari interpretative del Ministero della sanità, la n. 24 del 24 giugno 1993 e la n. 10 del 31 luglio 1998;
la quasi totalità degli scali aeroportuali italiani disciplina attraverso i singoli regolamenti di scalo unicamente l'imbarco e lo sbarco delle salme, ma non l'accoglienza delle stesse;
la morte di un congiunto in un Paese lontano sottopone, dunque, i parenti a dolore aggiuntivo: accade, infatti, che, quando non si tratta di persone alle quali lo Stato offre una decorosa accoglienza, i congiunti sono sottoposti allo strazio di ritirare il feretro contenente le spoglie del proprio caro alla stregua di un pacco qualsiasi, con le relative operazioni di stivaggio, di carico e scarico su di un carrello e collocamento delle bare nei locali di smistamento delle merci. Solo nel caso di sbarco di salme maleodoranti o che presentano perdite di liquidi organici è prevista giustamente la collocazione in locali idonei per attuare gli eventuali interventi della cosiddetta sanità aerea. In tutti gli altri casi non sono previsti locali adeguati;
il recupero della salma, simbolica ricongiunzione con il caro estinto, dovrebbe avvenire in un ambiente protetto, nel quale dovrebbe essere tutelata e rispettata la dignità di tutti. La vita di un uomo e la tutela della dignità anche nella morte, nonché il rispetto verso i congiunti, non possono e non devono essere riconosciute solo in casi particolari;
la situazione sopra descritta ha assunto anche una rilevanza mediatica in seguito ad un articolo pubblicato il 17 marzo 2012 sulle pagine del Corriere.it, versione on line de Il Corriere della Sera, che denunciava nello scalo di Fiumicino la gestione delle salme poco rispettosa sia di chi è morto sia di chi attende il rientro delle salme;
nell'articolo citato si denunciava, altresì, come quanto succedeva a Fiumicino riguardo all'accoglienza delle salme fosse una pratica comune in tutti gli scali aeroportuali italiani, ad eccezione di quelli di Venezia, Treviso e Trieste, che già all'epoca avevano a disposizione zone riservate per questo delicato compito;
in un successivo articolo del 26 novembre 2012, il Corriere.it annunciava l'intervento dell'Enac (Ente nazionale aviazione civile) che in una circolare «invitava le direzioni aeroportuali ad organizzare zone riservate esclusivamente alle bare all'interno degli aeroporti»;
a distanza di tre anni non risulta all'interrogante, che di recente ha potuto accertare di persona quanto avviene negli scali aeroportuali relativamente all'accoglienza delle salme, che sia stato dato seguito a quanto disposto dalla circolare dell'Enac sopra citata, della quale per la verità non è risultato possibile all'interrogante nemmeno rinvenire il testo –:
quali tempestive iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, affinché le famiglie possano avere a disposizioni aree riservate negli aeroporti per l'accoglienza dei propri congiunti deceduti all'estero. (3-01944)
(19 gennaio 2016)