TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 532 di Lunedì 30 novembre 2015

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER LA CURA DEI TUMORI RARI

   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione affari sociali, dopo aver svolto dal marzo al luglio 2015 un'indagine conoscitiva sulle malattie rare – che si è conclusa il 28 luglio con l'approvazione del documento conclusivo –, nel settembre scorso ha approvato alla unanimità una risoluzione, sul presupposto del documento conclusivo approvato a luglio, in cui sono contenuti alcuni impegni al Governo che costituiscono al tempo stesso una tutela per i malati e un forte incentivo alla ricerca. Si tratta di due finalità strettamente collegate tra di loro anche in funzione della prossima creazione degli ERN (European Reference Network). Le malattie rare, identificate dall'Unione europea come settore di sanità pubblica per cui è fondamentale la collaborazione tra gli Stati membri, fin dal 1999, con l'adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1295, che adotta un programma d'azione comunitaria in tale ambito, sono state spesso oggetto di raccomandazioni comunitarie finalizzate all'adozione di programmi con obiettivi ampiamente condivisi. Il contesto in cui si collocano attualmente le malattie rare abbraccia infatti tutta l'Europa in una lunga sinergia di progetti come Europlan, Eurordis, Orphanet e dal prossimo 2016 le Reti di riferimento europee (ERN);
    come è emerso più volte durante le audizioni svolte nel corso della indagine conoscitiva, la scarsa consuetudine clinica e la scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche, che derivano dalla rarità delle malattie, compresi i tumori rari, determina spesso lunghi tempi di latenza tra l'esordio della patologia e la diagnosi, nel caso delle malattie rare o diagnosi patologiche e trattamenti non idonei (nel caso dei tumori rari 1), incidendo negativamente sulla prognosi del paziente. Ma è proprio sul piano del diritto alla salute e più specificamente del diritto alle cure, che le richieste dei pazienti si fanno sempre più incalzanti e meno disposte alla rassegnazione nei confronti di un sistema burocratico a volte lento e farraginoso. L'Italia è stata presente fin dall'inizio in tutti gli organismi che si sono occupati di ricerca scientifica nel campo delle malattie rare a vari livelli: genetico, metabolico, farmacologico e assistenziale; dalla diagnosi precoce alla organizzazione della rete e dei servizi collegati, compresa l'integrazione tra le associazioni di malati. La competenza specifica e la disponibilità alla collaborazione del nostro Paese sono state oggetto di considerazione ed apprezzamento da parte di tutti i partner europei. E lo stesso è avvenuto in relazione ai tumori rari e alla rete di strutture di supporto che in questi anni si è andata formando, sia pure su base prevalentemente volontaristica;
    uno strumento di lavoro fondamentale in questo campo è infatti rappresentato proprio dalla rete, nelle sue diverse articolazioni e con i suoi obiettivi specifici. La Rete nazionale delle malattie rare, istituita in Italia nel 2001, prevedeva già da allora il Registro nazionale malattie rare (RNMR) e regolamentava l'esenzione da una serie di costi per le patologie inserite in una determinata lista, stabilita dal decreto ministeriale n. 279 del 2001. La lista da allora non è stata più aggiornata. All'istituzione della Rete nazionale delle malattie rare hanno fatto seguito due importanti accordi Stato-regioni, rispettivamente nel 2002 e nel 2007, dopo di che si è assistito ad un deciso rallentamento delle iniziative a favore di questi malati, considerati rari. L'assistenza ai malati rari richiede una serie molto complessa e articolata di interventi, che coinvolgono l'organizzazione, la programmazione e il finanziamento dell'intero sistema sanitario nazionale. Le difficoltà che i malati rari incontrano, per vedere soddisfatti i loro bisogni di presa in carico, dipendono da una molteplicità di fattori, quali la complessità delle azioni e degli interventi richiesti dalle specifiche patologie presentate dai pazienti, la necessità di coinvolgere un numero elevato di soggetti e specializzazioni per fornire loro un servizio adeguato, la differenza qualitativa che si registra nei servizi sanitari regionali del nostro Paese, nonché elementi strutturali, alcuni dei quali potrebbero essere fin da ora oggetto di azioni positive di miglioramento;
    l'Italia ha coordinato due progetti europei sui tumori rari, Surveillance of rare cancers in Europe (Rarecare) e Information network on rare cancers (Rarecarenet). Il primo, attraverso un processo di consenso, ha proposto la definizione di tumori rari ed ha prodotto una lista di 198 tumori rari. Il secondo progetto ha lavorato sulla definizione di centro di expertise per i tumori rari fornendo criteri generali e specifici per alcuni gruppi di tumori. Il Ministero della salute italiano ha supportato finanziariamente due progetti sui tumori rari, RITA (Surveillance of rare cancers in Italy) e RITA2 (Rare Cancers in Italy: surveillance and evaluation of the access to diagnosis and treatment), con gli obiettivi di fornire dati epidemiologici sui tumori rari in Italia e di raccogliere informazioni sulla qualità delle cure per alcuni tumori rari in Italia. Questi progetti sono stati basati sull'ampia collaborazione tra diversi esperti: patologi, oncologi, radioterapisti, chirurghi, epidemiologici, registri tumori di popolazione e volontariato oncologico (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia - Favo);
    i tumori rari condividono con le malattie rare l'aspetto della rarità, ma sono diversi per il fatto che si qualificano come tumori e in quanto tali appartengono ad una delle patologie più frequenti in Italia. Gli stessi tumori rari sono rari, se presi singolarmente, ma non sono tali se considerati cumulativamente. Il progetto Surveillance of rare cancers in Italy (RITA) ha infatti calcolato che i 198 tumori rari corrispondono a circa il 23 per cento dei nuovi casi di tumore maligno in Italia (circa 1 tumore su 5 è un tumore raro);
    tra le principali differenze tra le malattie rare e i tumori rari se ne possono segnalare alcune per meglio comprendere la specificità dei due ambiti. I tumori rari sono tumori e quindi malattie sub-acute e vengono identificati in base all'incidenza ovvero al numero di nuovi casi/anno, mentre le malattie rare sono malattie croniche e quindi la prevalenza, che riflette il numero totale di casi in un determinato periodo nella popolazione, quantifica adeguatamente il peso che una malattia cronica ha a livello di popolazione. I tumori rari hanno una eziologia multifattoriale, mentre le malattie rare sono prevalentemente di origine genetica. I tumori rari hanno un andamento di tipo subacuto, caratterizzato da singoli eventi critici; mentre le malattie rare sono piuttosto malattie croniche, progressive e degenerative;
    nel loro insieme, i tumori rari costituiscono il 23 per cento dei nuovi casi di tumore maligno. Fanno parte dei tumori rari tutta la famiglia dei tumori pediatrici, molti della famiglia dei tumori ematologici, dieci famiglie di tumori solidi dell'adulto. In pratica, vi sono dodici famiglie di tumori rari, che sono seguite da comunità diverse di medici, pazienti, istituzioni di riferimento. Sono sarcomi; tumori rari della testa e collo; tumori del sistema nervoso centrale; mesotelioma e timoma; tumori delle vie biliari; tumori neuroendocrini; tumori delle ghiandole endocrine; tumori rari urogenitali maschili; tumori rari ginecologici; tumori degli annessi cutanei e melanoma delle mucose e dell'uvea;
    per queste famiglie, l'oncologia, in Italia ed in Europa, ha creato tipi diversi di collaborazioni, da quelle per la ricerca clinica, a quelle che producono linee guida per la pratica clinica; dalle collaborazioni su progetti ad hoc, alle reti di sorveglianza epidemiologica, per concludere con le reti di pazienti. In considerazione di queste realtà già presenti e funzionanti in buona parte dei Paesi europei, è necessario creare più Reti di riferimento europee (ERN) sui tumori rari, corrispondenti alle dodici famiglie di tumori rari che afferiscono alle relative comunità di medici, pazienti, istituzioni che se ne occupano. Il governo italiano dovrebbe sostenere con decisione a livello europeo che le Reti di riferimento europee corrispondano alle esistenti comunità di clinici, ricercatori, istituzioni, pazienti, cioè alle dodici famiglie di tumori rari e che - perché funzionino - siano definiti ed accreditati ufficialmente i centri di riferimento che le costituiscono, secondo i criteri che le diverse comunità scientifiche di riferimento avranno prodotto;
    i dati epidemiologici relativi all'Italia sono stati raccolti nell'ambito del progetto RITA2 e si basano sui registri tumori di popolazione italiani dell'AIRTUM (htpp://www.registri-tumori.it/cms/it). Attualmente infatti non esiste un registro nazionale dedicato i tumori rari, diversamente da quanto avviene per le malattie rare per le quali il decreto n. 279 del 2001 ha istituito un registro nazionale presso l'Istituto superiore di sanità. Quindi per i dati epidemiologici sui tumori rari ci si avvale dei registri tumori, fonte affidabile grazie all'esperienza ultradecennale nel fornire correntemente i dati epidemiologici su tutti i tumori. Resta comunque il problema che sebbene l'AIRTUM sia impegnata nella produzione di una monografia dedicata ai tumori rari, tuttora questi tumori non appaiono ancora nelle statistiche correnti né in Italia né in altri Paesi europei. Appare quindi importante garantire un costante aggiornamento dei dati epidemiologici volto anche ad aumentare le informazioni di base raccolte sui tumori rari in modo da poterle utilizzare, ai fini sia di una adeguata programmazione dei servizi sanitari che per la valutazione del loro impatto;
    in Italia, le reti dell'Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (AIEOP) e del Gruppo italiano delle malattie ematologiche dell'adulto (GIMEMA) sostengono da anni la ricerca clinica, rispettivamente, nei tumori pediatrici e nei tumori ematologici, e contribuiscono a mantenere una buona qualità di cura tra centri di riferimento. Per quanto riguarda i tumori rari solidi dell'adulto (che corrispondono al 15 per cento di tutti i tumori rari e che sono molto meno presidiati da centri di riferimento specifici), dal 1997 la Rete tumori rari opera per migliorare la qualità di cura e diminuire la migrazione sanitaria attraverso la condivisione a distanza di singoli casi clinici;
    nel 2012 e nel 2013, gli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale del servizio sanitario nazionale ne hanno incorporato il progetto, con lo scopo di far divenire la Rete tumori rari una «risorsa permanente del sistema sanitario nazionale», interfacciata con le reti oncologiche regionali, attraverso una governance ed un finanziamento centrali, in collaborazione con le regioni. Questa rete ha costituito un punto di riferimento importante per una migliore assistenza ai malati di tumori rari ma, contrariamente a quanto stabilito negli obiettivi di carattere prioritario per il 2012 e 2013, la Rete tumori rari non è stata confermata negli ultimi obiettivi di carattere prioritario, rendendo privo di un progetto formale l'unico punto di riferimento in rete per i pazienti italiani con tumori rari solidi dell'adulto;
    al contrario, la relazione finale del gruppo di lavoro sulla Rete tumori rari del Ministero della salute, istituito con decreto ministeriale 14 febbraio 2013, ha proposto una serie di azioni, condivise dal Ministro, tra cui la formalizzazione a livello Stato-regioni della predetta Rete;
    il decreto ministeriale 14 febbraio 2013 aveva istituito un gruppo tecnico di lavoro sui tumori rari, che ha consegnato al Ministero della salute le sue conclusioni nel maggio 2015. Il gruppo di lavoro ha lavorato con il mandato di fornire elementi di analisi, identificare criticità e definire proposte in merito a quattro obiettivi:
     a) fornire indirizzi per la progettazione e valutazione dei progetti regionali attuativi, nell'ottica di promuovere la collaborazione permanente tra i centri oncologici distribuiti su tutto il territorio nazionale;
     b) formulare proposte per il pieno raggiungimento degli scopi della rete (RTR), che attualmente ha carattere prevalentemente tecnico-professionale, frutto di un processo di aggregazione spontanea che non va disperso, ma va potenziato e reso fruibile da tutti coloro che ne abbiano bisogno;
     c) elaborare proposte per aumentare l'accesso ai farmaci nel trattamento dei tumori rari, rivedendo i requisiti normativi delle evidenze scientifiche necessarie per accedere all'uso compassionevole dei farmaci (decreto ministeriale 8 maggio 2003), e indispensabili per circoscrivere gli usi off-label nei tumori rari a centri clinici di documentata esperienza in tal senso;
     d) stabilire criteri e metodi per la classificazione nosologica dei tumori rari, facendo riferimento allo studio «Surveillance of rare cancers in Italy»: la definizione di tumore raro va basata sulla incidenza, che è il miglior indicatore di frequenza e i tumori vanno distinti in base a caratteristiche anatomo-patologiche (OMS);
    le criticità maggiori emerse nell'ambito della cura e del trattamento dei tumori rari solidi dell'adulto riguardano quattro aspetti concreti:
     a) la necessità di poter accedere in tempi ragionevoli ad una seconda diagnosi, perché la prima nel 40 per cento dei casi si rivela inidonea;
     b) la necessità di accedere obbligatoriamente ad un centro di riferimento per il trattamento chirurgico, che rappresenta il cardine della cura e che – se condotto senza esperienza specifica – compromette seriamente le probabilità di guarire del singolo paziente;
     c) la possibilità di accedere con la formula «per uso compassionevole» a farmaci che abbiano mostrato risultati di attività ed efficacia anche qualora non siano disponibili studi formali di fase seconda, o non vi sia un'iniziativa di registrazione in corso da parte dell'azienda farmaceutica produttrice, o non vi siano sperimentazioni in corso, e altro (in molto Paesi ciò è già possibile);
     d) l'urgenza di disporre di una rete nazionale per i tumori rari, articolata secondo parametri condivisi, in cui sia possibile per i centri oncologici privi di un expertise iper-specialistico su un determinato tumore raro accedere a tele-consultazioni e condivisioni cliniche prolungate con centri di eccellenza;
    la Rete tumori rari, esattamente per la rarità delle patologie di cui si occupa, deve configurarsi come rete di respiro nazionale con caratteristiche e necessità specifiche. In particolare deve prevedere il coinvolgimento di tutte le regioni, in sede di accordo Stato-regioni e pubbliche amministrazioni; le caratteristiche vanno adeguatamente e strutturalmente specificate (criteri di identificazione dei nodi della rete) dalle regioni in modo tale che la Rete tumori rari possa essere facilmente riconoscibile; occorre implementare le funzioni di carattere nazionale, mediante la valorizzazione del sistema informativo/informatico e in coerenza con la normativa regionale delle «prestazioni per la rete»,

impegna il Governo:

   al fine di evitare l'interruzione dell'operatività della attuale Rete nazionale delle malattie rare, conseguente alla decisione della Conferenza Stato-regioni, a promuovere rapidamente iniziative in grado di assicurarne la continuità così da «traghettare», come già previsto, l'inserimento della Rete tumori rari nel Servizio sanitario nazionale;
   a formalizzare una lista di tumori rari, sulla base di quella proposta dal gruppo di lavoro sulla Rete tumori rari, seguendo le conclusioni del progetto Rarecare;
   ad avviare un percorso che conduca alla definizione di criteri per l'accreditamento di centri di riferimento per i tumori rari, con l'obiettivo di centralizzarne il trattamento locale e raccordandone l'azione all'interno delle reti collaborative, così da massimizzarne l'efficacia;
   a costituire un gruppo di lavoro per l'avanzamento del progetto della Rete tumori rari, coinvolgendo i registri tumori di popolazione e le associazioni di volontariato oncologico;
   ad assicurare un più agevole accesso per i malati di tumore raro all'uso compassionevole dei farmaci attraverso l'aggiornamento del decreto ministeriale 8 maggio 2003 («Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica»);
   ad investire sulla ricerca clinica e di sanità pubblica per i tumori rari, innanzitutto prevedendo una regolare sorveglianza epidemiologica dei tumori rari, a partire dal lavoro svolto nell'ambito di Rarecare e Rarecarenet dalla struttura di epidemiologia dell'Istituto nazionale tumori di Milano, in collaborazione con l'Associazione italiana registri tumori (AIRTUM);
   a valorizzare le eccellenze presenti nei centri di riferimento italiani, per realizzare un monitoraggio efficace degli standard di eccellenza, a livello scientifico, clinico-assistenziale ed organizzativo;
   a supportare la Commissione europea nella procedura di valutazione e selezione dei centri di riferimento italiani che entreranno a far parte delle European Reference Network su base rigorosamente meritocratica, con indicatori precisi e condivisi;
   a diffondere le informazioni relative alle European Reference Network, agli standard necessari per entrare a farne parte e alle opportunità che potrebbero scaturire fin da subito per la ricerca a vario livello, stimolando processi di autovalutazione della qualità del lavoro nel proprio centro;
   a proporre modelli di integrazione e di collaborazione tra i nodi di eccellenza delle reti e i diversi operatori del servizio sanitario nazionale, in modo da favorire la conoscenza reciproca e lo scambio di competenze necessarie per garantire un'attività scientifica e assistenziale sempre più efficace sull'intero territorio nazionale;
   a potenziare la capacità di ricerca e di formazione dei centri, attraverso la partecipazione a progetti di ricerca scientifica dedicati ai tumori rari sia sotto il profilo diagnostico-assistenziale che sotto quello della organizzazione dei servizi e dei modelli di presa in carico dei pazienti a livello individuale e familiare;
   a verificare che in tutti i tavoli di lavoro in cui si trattano i tumori rari siano presenti i rappresentanti delle associazioni di malati che hanno raggiunto livelli di esperienza e di competenza di riconosciuto valore;
   a investire sulla sicurezza dei pazienti affetti da tumori rari attraverso: elevata e comprovata competenza dei professionisti, riconosciuta qualità scientifica, capacità di giungere a diagnosi precoci in modo corretto, elevata esperienza specifica sul trattamento locale, inserimento dei pazienti in progetti di sperimentazione farmacologica ad elevata probabilità di successo, presenza di un monitoraggio costante e continuo delle procedure;
   a investire sull'aggiornamento dei pediatri di base e dei medici di medicina generale perché collaborino con i centri di riferimento nel riconoscimento di «sintomi sentinella», nella prevenzione primaria e secondaria, e attraverso un'opportuna diffusione dei fattori di protezione e dei fattori di rischio;
   a facilitare il riferimento dei pazienti ai centri della rete nelle fasi iniziali della cura, attraverso un capillare sistema informativo con il coinvolgimento del volontariato oncologico;
   ad assumere iniziative per facilitare la ricerca sul piano farmacologico attraverso misure di defiscalizzazione attrattive per gli investitori, soprattutto quando si tratta di «farmaci orfani» che potrebbero fungere da salvavita;
   a facilitare l'accesso dei pazienti ai farmaci off-label, utilizzando il cosiddetto fondo Aifa per la ricerca, anche attraverso un opportuno coinvolgimento dei medici curanti, in modo da garantire ai malati un costante ed efficace interessamento nei loro confronti, pur in assenza, per il momento, di soluzioni certe e definitive.
(1-01063)
«Binetti, Bosco, Pagano, Calabrò, Sammarco, Minardo, Garofalo, Vella, Tancredi, Scopelliti, Pizzolante, Cera».
(12 novembre 2015)

MOZIONI CONCERNENTI L'ANNUNCIATO PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE DI FERROVIE DELLO STATO ITALIANE S.p.a.

   La Camera,
   premesso che:
    Ferrovie dello Stato italiane S.p.a. è la più importante società operante nel trasporto ferroviario italiano, con un fatturato di 8,4 miliardi di euro, 70.000 dipendenti e un totale di 16.700 chilometri di rete Ferroviaria;
    Ferrovie dello Stato italiane spa ha chiuso i primi sei mesi del 2015 con un fatturato di oltre 2 punti percentuali rispetto all'anno 2014, anno in cui ha segnato un Ebitda di 2,1 miliardi di euro, per un totale di 4,3 miliardi di euro di investimenti (in crescita fino a 6,5 miliardi di euro nel 2016);
    il Gruppo conta circa 70.000 dipendenti, di cui circa 5.000 in Germania (Netinera). La linea ferroviaria e lunga 16.726 chilometri, di cui circa 1.000 ad alta velocità. Il sistema alta velocità-alta capacità parte da Torino e arriva fino a Salerno (Torino-Milano-Bologna-Roma-Napoli-Salerno). Ulteriori tratti sono tra Milano e Treviglio e tra Padova e Mestre. Attualmente, si sta completando il tratto Milano-Verona-Venezia per disegnare la cosiddetta «T». La frequenza è di 8.000 treni al giorno di cui circa 7.000 regionali e 1.000 tra alta velocità, media e lunga percorrenza e treni merci;
    le Ferrovie dello Stato nacquero nel 1905 dopo la statalizzazione di numerose ferrovie italiane. Già dal 1945 azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, sotto il controllo del Ministero dei trasporti, nel 1986 si trasforma in ente pubblico economico. Nel 1992 l'ente fu trasformato in società per azioni con partecipazione statale totale attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze. Nel 1999 ha inizio la divisionalizzazione della società con la nascita di Trenitalia nel 2000 e di Rfi nel 2001. Il 24 maggio del 2011 le Ferrovie dello Stato divengono Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a., in breve FS Italiane;
    Trenitalia è l'impresa di trasporto passeggeri e merci mentre Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) è la società che si occupa della gestione dell'infrastruttura: entrambe sono partecipate al 100 per cento di Ferrovie dello Stato italiane;
    secondo i dati Mediobanca del 2015 il Gruppo Ferrovie dello Stato italiane è la seconda azienda italiana per investimenti, quinta per dipendenti, decima per redditività e tredicesima per fatturato. Infine, Ferrovie dello Stato italiane quest'anno ha conquistato il primo posto nella classifica delle aziende dove i giovani neolaureati desiderano lavorare ed è risultata prima nel ranking «Best Employer of Choice 2015»;
    nel Documento di economia e finanza (DEF) 2014, approvato in via definitiva dalle Camere il 17 aprile 2014, il Governo aveva già manifestato l'intenzione di attuare un piano di privatizzazioni mediante la dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato e l'attivazione di strumenti per consentire le dismissioni anche da parte degli enti territoriali; come riportato nel programma nazionale di riforma contenuto nello stesso documento, le società coinvolte nell'operazione includono società a partecipazione diretta quali ENI, STMicroelectronics, ENAV, nonché società in cui lo Stato detiene partecipazioni indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti, quali SACE, FINCANTIERI, CDP Reti, TAG (Trans Austria Gastleitung Gmbh) e, tramite Ferrovie dello Stato, in Grandi Stazioni – Cento Stazioni;
    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, ha annunciato recentissimamente che sarà avviata la procedura di privatizzazione di Ferrovie dello Stato, specificando che, comunque, non potrà andare oltre il 40 per cento. In particolare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio ha dichiarato che si tratta di un percorso che tiene presenti alcune questioni per cui l'infrastruttura ferroviaria dovrà rimanere pubblica e dovrà essere garantito l'accesso a tutti in maniera uguale. Il 40 per cento potenzialmente alienabile andrà a un azionariato diffuso e investitori istituzionali;
    considerato che le privatizzazioni in Italia sono state sempre caratterizzate da un percorso particolarmente complesso, pieno di fallimenti e di incognite in cui spesso si sono intrecciate operazioni finanziarie poco trasparenti, per cui lo Stato quasi mai ne ha tratto vantaggio né dal punto di vista economico, né tanto meno sotto il profilo della competitività;
    con riferimento alla privatizzazione di Ferrovie dello Stato italiane, si è sempre parlato in questi mesi della possibile attuazione di due strategie. La prima, battezzata del «carciofo da sfogliare», è caratterizzata da una vendita di pezzi del Gruppo ferrovie dello Stato italiane, in prospettiva lasciando in mano pubblica solo la rete ferroviaria – d'importanza strategica per il Paese e bisognosa di forti investimenti – per collocare subito sul mercato alta velocità e trasporto merci, servizi già redditizi o potenzialmente tali. La seconda consiste nella la vendita secca di una quota di minoranza della holding che controlla il Gruppo, riportando direttamente allo Stato la rete ferroviaria o comunque regolandone la gestione da parte di Rete ferroviaria italiana in modo da garantire l'accesso paritario agli operatori;
    sotto tale profilo si evidenzia che qualunque strategia avesse voluto intraprendere il Governo, il Parlamento, innanzitutto, avrebbe dovuto esercitare una, funzione di controllo e indirizzo politico importante al riguardo in quanto Ferrovie dello Stato italiane non è solo società controllata dallo Stato, ma una grande impresa partecipata pubblica la cui privatizzazione potrebbe determinare l'indebolimento di rilevanti potenzialità industriali nazionali in termini di riconversione ecologica, civile e tecnologica del sistema economico italiano, senza peraltro un sostanziale effetto di diminuzione del debito pubblico, ma con una riduzione delle entrate fornite al bilancio dello Stato dai dividendi della stessa società;
    qualsiasi disegno di privatizzazione che coinvolga il gruppo Ferrovie dello Stato italiane appare infatti delicato e destinato a suscitare preoccupazioni, oltre che interessi, anche e soprattutto per il valore patrimoniale dei ricchi asset di cui dispone che per la redditività economica della gestione industriale. Si tratta, infatti, di una società dal voluminoso valore patrimoniale che viene da una storia ultra secolare e resta fondamentale per la mobilità integrata del sistema Paese;
    le ferrovie rappresentano un bene strategico per il Paese ed una risorsa per tutti gli italiani, ma l'attuale Governo, nel farsi promotore e forte sostenitore della privatizzazione delle Ferrovie dello Stato italiane, sembra dimenticare i temi ancora caldi da sciogliere a partire dal rapporto con Rete ferroviaria italiana (la controllata che gestisce la rete) e Trenitalia con i vari contratti (dalla lunga percorrenza sino a tutta la partita del trasporto locale). Soprattutto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il timore è che il Gruppo Ferrovie dello Stato verrebbe, in sostanza, svuotata di valore e di contenuti e il tutto per raccogliere pochi miliardi di euro (tra i 5 e i 10 miliardi a quanto risulta) che non sono assolutamente nulla rispetto ai 2000 miliardi di debito pubblico accumulati dal nostro Paese;
    in buona sostanza, appare inspiegabile il motivo per cui si intenda in controtendenza a quanto accade in altri Paesi europei come la Francia e la Germania, privatizzare una società solida e in crescita come Ferrovie dello Stato, capace di operare sul mercato italiano e di aprirsi ad una competitività nel trasporto ferroviario e alla logistica anche a livello continentale per garantirsi nell'immediato quella che sembrerebbe una modesta entrata economica, mettendo a repentaglio profitti, livelli occupazionali e qualità professionali;
    l'imminente alienazione di quote di Ferrovie dello Stato italiane non sembra, infatti, considerare i rischi derivanti da una affrettata privatizzazione soprattutto sotto il profilo della salvaguardia del mantenimento dei diritti e delle tutele per le lavoratrici ed i lavoratori operanti nel comparto ferroviario che rappresenta il prerequisito per la sicurezza e il buon funzionamento del sistema ferroviario e per servizi di alta qualità nei confronti delle persone. Senza contare che, con l'estensione della concorrenza nel trasporto ferroviario di passeggeri nazionale, il processo di privatizzazione e la possibile pressione finalizzata al taglio dei costi, l'attuale situazione di crisi economica in cui versa il Paese potrebbe ulteriormente aggravarsi con inevitabili conseguenze sul piano della riduzione del numero dei dipendenti, il maggior ricorso all’outsourcing e al subappalto dei servizi, l'aumento dei contratti atipici, l'incremento dell'utilizzo dei lavoratori in somministrazione, l'intensificazione dei carichi e della pressione sul lavoro, l'aumento degli orari di lavoro flessibili, del frazionamento dei turni di lavoro e del ricorso al lavoro straordinario;
    le recenti affermazioni del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio, infine, appaiono ai firmatari del presente atto d'indirizzo non tenere minimamente conto dei rischi da un'ulteriore e affrettata liberalizzazione e frammentazione del servizio ferroviario italiano, soprattutto rispetto alla necessità di garantire ai milioni di utenti attraverso prezzi sostenibili e la certezza di non vedersi tagliare o ridurre ulteriormente le corse su linee che potrebbero venire considerate non redditizie, ma fondamentali per garantire un trasporto pubblico che, come tale, deve garantire i collegamenti con tutte le aree del Paese, includendo anche le cosiddette zone periferiche,

impegna il Governo:

   ad astenersi nell'immediato dal procedere alla messa sul mercato di quote pubbliche afferenti al gruppo Ferrovie dello Stato italiane S.p.a., quantomeno fino a quando il Governo non avrà illustrato alle Camere in modo puntuale tutti gli aspetti e i risvolti economici, industriali, occupazionali e sociali conseguenti all'annunciato piano di privatizzazione del gruppo;
   a presentare al Parlamento, prima di procedere a qualsiasi iniziativa di alienazione di quote di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato, una relazione contenente i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione sul bilancio dello Stato e i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell'alienazione.
(1-01068)
«Franco Bordo, Scotto, Fassina, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti».
(24 novembre 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. è la più importante società operante nel trasporto ferroviario italiano, con un fatturato di 8,4 miliardi di euro, 70 mila dipendenti che gestiscono 8 mila treni al giorno, 600 milioni di passeggeri e 50 milioni di tonnellate-merci all'anno ed un totale di 16.700 chilometri di rete ferroviaria;
    Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. ha chiuso i primi sei mesi del 2015 con un fatturato in crescita di oltre 2 punti percentuali rispetto all'anno 2014. Grande rilievo ha assunto il nuovo sistema «alta velocità», di alto valore strategico, che ha costituito una vera rivoluzione nelle abitudini di vita e di lavoro degli italiani accorciando le distanze e dando un forte impulso alla crescita ed allo sviluppo del Paese. Negli ultimi anni, tra l'altro, Ferrovie dello Stato Italiane spa ha esteso la sua presenza, con acquisizioni e partnership ad altri grandi mercati come Germania, Francia, Olanda e Nord-Est Europa;
    il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario ha comportato una complessa ridefinizione giuridica ed organizzativa dell'assetto dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, resasi necessaria anche a seguito della crisi maturata nel corso degli anni ’60 e'70 dovuta principalmente alla inefficienza organizzativa e produttiva dell'azienda. L'azienda è stata trasformata con legge n.  210 del 1985 in Ente Ferrovie dello Stato ed ha successivamente acquisito l'identità di ente pubblico economico. Successivamente, alla luce dell'evoluzione della disciplina comunitaria, è stata trasformata con delibera Cipe, in società per azioni «Ferrovie dello Stato – Società di trasporti e servizi per azioni» cui sono state demandate le funzioni relative ai servizi di trasporto ferroviario sulla rete nazionale; al Ministro dell'economia e delle finanze è stata attribuita la titolarità delle azioni; al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata assegnata la competenza a definire le modalità ed i contenuti delle concessioni intestate alla società;
    per quanto riguarda l'assetto societario, con il contratto di programma 1994-2000 e con le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 gennaio 1997 e del 18 marzo 1999 si è scelto di procedere alla separazione delle attività di gestione dell'infrastruttura da quelle di gestione dei servizi di trasporto. Il processo di separazione societaria è stato completato dopo la realizzazione del processo di «divisionalizzazione» con la costituzione, il 1o giugno 2000, di una società che svolge l'attività di trasporto (Trenitalia S.p.a.) cui ha fatto seguito il 1o luglio 2001, la costituzione di un'ulteriore società per la gestione dell'infrastruttura (RFI-Rete ferroviaria italiana S.p.a.) entrambe interamente possedute da Ferrovie dello Stato S.p.a;
    lo schema organizzativo delle Ferrovie dello Stato è quindi quello di una holding, FSI S.p.a., cui fanno capo sia la società di gestione delle infrastrutture, RFI S.p.A., che l'impresa di trasporto, Trenitalia S.p.a., la cui separazione legale, amministrativa, contabile e gestionale è garantita e vigilata dallo Stato;
    alla società Ferrovie dello Stato italiane S.p.a., (in base alla concessione di cui al decreto ministeriale 26 novembre 1993, n. 225) era stato attribuito l'esercizio del servizio ferroviario di trasporto pubblico per la durata di settanta anni. Successivamente il decreto ministeriale 31 ottobre 2002, n. 138 ha abrogato il precedente decreto, attribuendo la concessione a RFI ai soli fini della gestione dell'infrastruttura ferroviaria nazionale, per un periodo di sessanta anni;
    gli strumenti che regolano i rapporti tra Ferrovie dello Stato italiane S.p.a e lo Stato sono:
     a) il contratto di programma ed il contratto di servizio con il gestore dell'infrastruttura che individuano, da un lato gli investimenti necessari allo sviluppo e al mantenimento in efficienza dell'infrastruttura ferroviaria e gli oneri di gestione della medesima posti a carico dello Stato, dall'altro, la manutenzione ordinaria della rete ferroviaria;
     b) il contratto di servizio con l'impresa di trasporto, che individua gli obblighi di servizio pubblico posti a carico di quest'ultima con riferimento al servizio universale;
    Ferrovie dello Stato italiane ha svolto negli ultimi anni un grande lavoro di razionalizzazione e di risanamento. Ha portato avanti un piano di ristrutturazione, ma anche operazioni di investimento e di sviluppo. La dirigenza di Ferrovie dello Stato italiane ha inoltre operato per rendere più efficiente e più produttiva l'azienda con risultati positivi. Oggi, infatti, il gruppo rappresenta una realtà di sicuro affidamento;
    il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, relativo alla cessione di non oltre il 40 per cento di quote della società Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. ai sensi della normativa sulle privatizzazioni;
    con tale schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri viene regolamentata l'alienazione di una quota della partecipazione nella società non superiore al 40 per cento disponendo che tale cessione potrà essere effettuata anche in più fasi. Il 40 per cento alienabile andrà ad un azionariato diffuso ed a investitori istituzionali;
    lo schema di decreto, inoltre, prevede che al fine di favorire la partecipazione all'offerta, possono essere previste per i dipendenti del gruppo ferroviario forme di incentivazione;
    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha chiarito che questa operazione dovrà tenere presenti alcune questioni fondamentali: la proprietà dell'infrastruttura ferroviaria, che dovrà rimanere pubblica, la garanzia di accesso a tutti in maniera uguale, l'indipendenza completa del gestore della rete, la garanzia degli obblighi del servizio pubblico e la piena maggioranza dell'azionariato dello Stato,

impegna il Governo:

   a proseguire la procedura di privatizzazione già avviata, garantendo che la proprietà della rete resti pubblica e, al contempo, assicurando gli obblighi del servizio pubblico e la maggioranza piena dell'azionariato dello Stato;
   ad informare compiutamente il Parlamento sui dati finanziari ed industriali degli effetti della privatizzazione.
(1-01070) «Dorina Bianchi, Garofalo».
(27 novembre 2015)