TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 530 di Giovedì 26 novembre 2015

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   CARFAGNA e BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine sulla sicurezza delle donne, condotta dall'Istat tra maggio e dicembre 2014, mostra come la violenza contro le donne continui ad essere un fenomeno ampio e diffuso. Infatti il 31,5 per cento delle donne, tra i 16 ed i 70 anni, ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 20,2 per cento ha subito violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro;
   rispetto al 2006 si è altresì registrato un aumento dell'1,2 per cento rispetto agli stupri e ai tentati stupri e ciò che risulta ancora più preoccupante è il fatto che le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3 per cento per cento del 2006 al 40,2 per cento del 2014 da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8 per cento del 2006 al 34,5 per cento del 2014);
   a destare preoccupazione sono i dati che rilevano come il più delle volte le violenze si consumino all'interno dei nuclei familiari. I parenti sono gli autori di circa il 18,5 per cento delle violenze fisiche, mentre il 62, 7 per cento degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente;
   i dati sopra riportati evidenziano un quadro allarmante se considerato che il 14 agosto 2013 è stato approvato il decreto-legge n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province;
   nello specifico, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha previsto, tra un insieme organico di misure, la possibilità di ricorrere ai cosiddetti braccialetti elettronici al fine di garantire il rispetto della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare e tutelare la vittima da nuovi episodi di violenza;
   la normativa per il contrasto della violenza di genere risulta di fondamentale importanza poiché il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un dramma umano e sociale che molto spesso si consuma all'interno dei nuclei familiari;
   in sintesi, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha reso più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale e di atti persecutori (stalking) e ha inserito i reati di maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi e di stalking tra i delitti per i quali la vittima è ammessa al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito;
   tra le varie misure è stata introdotta una nuova misura cautelare (articolo 384-bis del codice di procedura penale) che consente agli ufficiali di polizia giudiziaria di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare, con divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa;
   a seguito delle modifiche intervenute nel corso dell'esame parlamentare di conversione in legge, l'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, ha previsto che la misura di allontanamento dalla casa familiare possa essere disposta dal giudice anche con le modalità previste dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, ovverosia con procedure di controllo mediante mezzi elettronici quali il braccialetto elettronico;
   tuttavia, a distanza di poco più di due anni dall'entrata in vigore del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, la disposizione sopra citata risulta ancora inattuata poiché la tecnologia adottata in Italia non prevede ancora un sistema GPS da utilizzare in maniera bilaterale per tenere monitorati il molestatore e la vittima, al contrario di quanto accade in altri Paesi europei;
   come testimoniato dall'esperienza del sistema attualmente vigente in Spagna, il ricorso ai sistemi di monitoraggio elettronico a distanza rappresenta un efficace strumento di controllo che contribuisce, da una parte, al miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli di sicurezza delle vittime che denuncino episodi di violenza e, dall'altra, alla prevenzione di gravi episodi di recidiva assicurando, così, l'efficacia delle misure di protezione già previste dall'ordinamento italiano;
   nello specifico l'articolo 64, comma 3 della legge spagnola del 2004 prevede che, nel disporre le precedenti misure di tutela, il giudice possa autorizzare l'utilizzo degli strumenti e della tecnologia adeguata per verificare nell'immediato il rispetto dell'ordinanza restrittiva;
   in attuazione della disposizione sopra citata, nel 2006 è stata avviata una prima sperimentazione dei braccialetti elettronici come ulteriore supporto tecnologico al programma di prevenzione della violenza domestica, presso la comunità autonoma di Madrid. Dopo un'iniziale diffidenza dei giudici, l'utilizzo dei dispositivi è significativamente cresciuto fino a raggiungere la quota di 180 coppie monitorate nel 2009 con il 100 per cento di successo nel tutelare le vittime da nuove violenze;
   la tecnologia per il controllo elettronico a distanza adottata in Spagna assicura il monitoraggio costante e in tempo reale (24 ore su 24, sette giorni su sette) della persona sottoposta a procedimento interdittivo, permettendo alle forze di polizia di localizzarne la posizione rispetto alla vittima e a una zona di sicurezza predefinita;
   dal 2009 sono stati confermati i successi della prima sperimentazione: nessuna delle vittime sottoposta a controllo elettronico è stata nuovamente oggetto di violenza ed i contatti tra vittima e aggressore sono stati ridotti notevolmente. Più dell'80 per cento degli aggressori/denunciati sono stati sottoposti al controllo elettronico a distanza come misura cautelare e più del 50 per cento degli aggressori sottoposti al programma hanno l'obbligo di stare a più di 2 chilometri dalla vittima. Il dato più importante mostra che dal 1o ottobre 2015 risultano attive ben 756 coppie di dispositivi tra vittima e aggressore e più di 500 aggressori, sottoposti al controllo elettronico, sono stati arrestati per non aver rispettato il divieto di avvicinamento e gli obblighi posti dai giudici –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di incentivare l'utilizzo di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (cosiddetti braccialetti elettronici) per prevenire e contrastare i fenomeni di atti persecutori e di violenza nei confronti delle donne, come dimostrano i dati riportati in premessa, che confermano come il ricorso ai sistemi di monitoraggio elettronico a distanza rappresentino anche un efficace strumento di controllo volto al miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli di sicurezza delle vittime.
(3-01868)
(25 novembre 2015)

   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in piazza Indipendenza a Roma l'ex palazzo della Federconsorzi, realizzato negli anni Cinquanta, grande oltre trentamila metri quadri e affittato dalla società SEA, da due anni è occupato da un gruppo di quattrocento immigrati di origine africana, principalmente provenienti dall'Eritrea e dall'Etiopia;
   l'edificio è sito in una zona assolutamente centrale della città, accanto al Consiglio superiore della magistratura e vicino alla stazione Termini, ad ambasciate e ministeri;
   le segnalazioni effettuate sinora dalla società locataria non hanno avuto seguito, mentre la società proprietaria si trova addirittura costretta ogni bimestre a pagare decine di migliaia di euro per la fornitura di energia elettrica ed acqua agli occupanti abusivi, perché altrimenti «si determinerebbe un problema di sicurezza»;
   l'edificio avrebbe dovuto essere oggetto di una riqualificazione interna al fine di ospitare centri direzionali di aziende italiane ed estere, ma il piano è fermo perché gli occupanti impediscono l'accesso all'edificio;
   solo nella capitale decine di altri immobili si trovano nella medesima situazione, soprattutto nei quartieri periferici;
   mancano meno di due settimane all'apertura del Giubileo straordinario della misericordia e l'allerta terrorismo è massima –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere in riferimento alla grave problematica degli immobili occupati abusivamente e al fine di garantire la sicurezza in città in vista dello svolgimento delle celebrazioni del Giubileo. (3-01869)
(25 novembre 2015)

   GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 22 maggio 1978, n. 194, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza (IVG)», riconosce all'articolo 1 il valore sociale della maternità ed afferma la tutela della vita umana dal suo inizio, oltre a stabilire che l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite;
   la stessa legge, all'articolo 2, per evitare il ricorso all'aborto, prevede, oltre ad idonei strumenti d'informazione, anche l'attuazione diretta da parte dei consultori familiari di speciali interventi quando la gravidanza o la maternità creino problemi per i risolvere i quali non basti l'informazione sui diritti e sui servizi offerti dalle strutture operanti nel territorio;
   nello stesso articolo 2 si prevede anche che possa essere attivata, sulla base di regolamenti o convenzioni apposite, la collaborazione con idonee formazioni sociali di base e associazioni del volontariato per aiutare la maternità difficile anche dopo la nascita;
   la sopracitata legge n. 194 del 1978 prevedeva di aumentare il fondo per il funzionamento dei consultori familiari, previsto dall'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405, attraverso l'assegnazione di 50 miliardi di lire annue, da ripartirsi tra le regioni per l'adempimento degli ulteriori compiti assegnati dalla legge stessa ai consultori familiari;
   il Ministro interrogato è tenuto a presentare annualmente al Parlamento una dettagliata relazione sull'attuazione della legge stessa, secondo quanto previsto all'articolo 16, «anche in riferimento al problema della prevenzione» –:
   per quanto di sua competenza, quale sia stata l'effettiva utilizzazione del fondo previsto di 50 miliardi di lire annue, ai fini della prevenzione dell'aborto per cause socio-economiche. (3-01870)
(25 novembre 2015)

  MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 della legge n. 161 del 30 ottobre 2014, pubblicata il 10 novembre in Gazzetta Ufficiale («Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis»), abroga con effetto dal 25 novembre 2015 il comma 13 dell'articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, («Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria») che recita: «Al personale delle aree dirigenziali degli Enti e delle Aziende del Servizio sanitario nazionale, in ragione della qualifica posseduta e delle necessità di conformare l'impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità propria dell'incarico dirigenziale affidato, non si applicano le disposizioni di cui agli artt. 4 e 7 del decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003» (durata massima dell'orario di lavoro e riposo giornaliero);
   le disposizioni che da oggi entrano in vigore sono due: la durata media dell'orario di lavoro non potrà in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario; inoltre, è previsto il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore;
   secondo unanime previsione di sindacati, direzioni aziendali ed esperti del settore, l'applicazione delle nuove norme potrebbe condurre alla paralisi ampi settori di asl ed ospedali, specie per quanto attiene i servizi di emergenza;
   da notizie di stampa emerge che il Governo sarebbe intenzionato a presentare un'iniziativa normativa finalizzata all'assunzione di 3-4 mila medici, la metà dei quali attraverso nuove assunzioni, il resto attraverso la stabilizzazione dei precari;
   la stabilizzazione dei precari è un provvedimento pienamente condivisibile sotto il profilo dell'equità, ma non aggiunge risorse umane a quelle attualmente disponibili;
   la misura appare, quindi, quantitativamente inadeguata alle necessità (le organizzazioni sindacali stimano un numero ben più elevato) e non tiene conto delle carenze di personale infermieristico;
   sempre in base a notizie di stampa l'intervento non sarebbe attualmente sostenuto da specifica copertura finanziaria, ma si limiterebbe a derogare dalla attuale disciplina vincolistica in tema di personale del Servizio sanitario, lasciando a regioni ed aziende sanitarie il compito di reperire le risorse necessarie all'interno dei trasferimenti loro assegnati;
   l'espletamento delle relative procedure richiederà, comunque, un periodo temporale non breve, durante il quale le direzioni aziendali, i capi dipartimento e i direttori di struttura complessa saranno esposti al rischio (ma sarebbe meglio dire, secondo l'interrogante, «certezza») di pesanti sanzioni amministrative, sempre che la magistratura non ritenga che il mancato rispetto delle norme in materia di orario di lavoro configuri, invece, illecito penale –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere uno specifico finanziamento delle nuove assunzioni e un meccanismo di deroghe, parziali e temporanee, alla normativa comunitaria che consenta alle aziende sanitarie di non essere costrette ad interrompere o limitari i servizi nei settori segnati da carenze di organico. (3-01871)
(25 novembre 2015)

   MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalla nomina del dottore Mauro Moretti ad amministratore delegato di Finmeccanica nell'aprile 2014, e dalla sua prima audizione al Senato della repubblica nell'ottobre successivo – occasione in cui egli stesso definiva la governance di Finmeccanica «antiquata» – sembra ormai in dirittura di arrivo una sorta di rivoluzione societaria con la nascita della nuova one company che suddividerà l'azienda in settori e divisioni, con l'eventuale assunzione di una nuova denominazione societaria, finalizzata alla penetrazione di nuovi mercati perché scevra dalla fama degli scandali internazionali degli anni passati;
   in questa sede non si intende entrare nel merito dell'organizzazione societaria, prerogativa spettante a chi se ne è vista affidare la responsabilità, tuttavia non sono chiare quali prospettive avrà la nuova azienda a partire dal primo gennaio 2016, considerato che molti stabilimenti hanno ordini in scadenza e i lavoratori ancora oggi sono all'oscuro del loro futuro lavorativo né sono evidenti quali siano i nuovi programmi ed i nuovi contratti già stipulati o in via di formulazione da parte dell'amministratore delegato;
   il futuro di questa azienda non può essere concentrato soltanto nel settore militare al Nord, ma dovrebbe essere orientato a investire anche al Sud nel settore civile, se la continuità e lo sviluppo degli insediamenti industriali nel Mezzogiorno rappresentano ancora per la «nuova Finmeccanica» una priorità;
   si devono tener presenti gli stabilimenti all'avanguardia nel settore civile, come quelli pugliesi di Brindisi e Grottaglie che garantiscono occupazione a migliaia di lavoratori, comprese le centinaia di aziende subfornitrici e dell'intero indotto che insistono nel settore aeronautico –:
   quali siano le prospettive del settore aeronautico civile, industria strategica per il Paese e che annovera nel Mezzogiorno poli industriali di primaria importanza, oggetto – fino alla scorsa decade – di cospicui investimenti. (3-01872)
(25 novembre 2015)

   CERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Sangalli opera nel settore del vetro attraverso quattro stabilimenti produttivi: Sangalli Vetro Manfredonia, Sangalli Vetro Porto Nogaro, Sangalli Vetro Satinato, Sangalli Vetro Magnetronico;
   tale importante impresa è insediata da più di dieci anni nel territorio pugliese grazie allo strumento del contratto d'area dando lavoro mediamente a 200 lavoratori, oltre all'indotto (circa 200 operai). La Sangalli è arrivata a produrre in Puglia circa 600 tonnellate al giorno di vetro, fino alla conquista del 35 per cento del mercato italiano del settore;
   le società del gruppo, in particolare la Sangalli Vetro Manfredonia, già Manfredonia Vetro, hanno ricevuto contributi pubblici sulla base di tre protocolli al contratto d'area di Manfredonia. Ulteriori risorse economiche sono state stanziate dalla regione Puglia;
   la Sangalli Vetro Manfredonia spa ha annunciato la progressiva fermata degli impianti di produzione di vetro float dello stabilimento di Macchia nel comune di Monte Sant'Angelo nel novembre 2014. In quell'occasione l'azienda ha diffuso un comunicato che recitava: «Viste le difficili condizioni in cui versa il mercato del vetro piano in Italia, il Gruppo Sangalli si sta adoperando per ridurre la propria capacità produttiva mantenendo un livello di produzione in linea con le esigenze dei nostri clienti»;
   numerosi sono stati gli incontri presso il Ministero dello sviluppo economico circa la situazione di crisi aziendale del gruppo. Da sottolineare come in data 7 gennaio 2015 si è tenuto, presso il Ministero, un incontro tecnico nazionale riguardante le problematiche di tutti gli stabilimenti in Italia del gruppo Sangalli. In tale riunione l'azienda ha illustrato un piano concordatario (che risultava non ancora presentato all'autorità giudiziaria) che disponeva la liquidazione della Sangalli Vetro Manfredonia, mantenendo in vita la Sangalli Vetro Magnetronico, la Sangalli Vetro Satinato a Monte Sant'Angelo e la Sangalli Vetro Porto Nogaro a San Giorgio di Nogaro;
   in data 1o aprile 2015 si è svolto a Roma, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un incontro per l'esame della richiesta di cassa integrazione per i lavoratori della Sangalli Vetro Manfredonia. In quella sede veniva dichiarata l'impossibilità di concedere il sussidio economico ai lavoratori a causa della mancata presentazione di ammissione al concordato preventivo da parte della società. I responsabili dell'azienda venivano, pertanto, invitati a procedere alla presentazione di tale atto al tribunale di Treviso insieme alla documentazione necessaria per un piano di ripresa delle attività produttive;
   secondo notizie di stampa il 24 luglio 2015 il tribunale di Treviso avrebbe ammesso la Sangalli Vetro Manfredonia spa alla procedura di concordato preventivo liquidatorio. Il piano concordatario prevederebbe di coprire gli oltre 90 milioni di euro di debito attraverso la cessione di beni mobili e immobili della società. L'adunanza dei creditori è stata fissata per il 4 novembre 2015 presso la sezione fallimentare del tribunale di Treviso. Con la presentazione definitiva del piano concordatario i possibili investitori potranno conoscere i dati ufficiali del passivo delle società (che per Manfredonia ammonterebbe, sempre secondo notizie riportate dalla stampa, a circa 50 milioni di euro);
   in un tavolo tecnico al Ministero dello sviluppo economico, il commissario giudiziario avrebbe riferito che non è era stato possibile trovare soluzioni che contemplassero la cessione aggregata dei beni societari nella loro interezza e senza parcellizzazioni, come invece auspicato al fine di mantenere la continuità delle attività e dell'occupazione degli impianti della Sangalli Vetro Manfredonia spa, della Sangalli Vetro Magnetronico srl e della Sangalli Vetro Satinato srl. Le uniche richieste presentate all’ ufficio commissariale riguarderebbero l'interesse verso l'acquisizione disgiunta dei beni Sangalli;
   l'avvocato che rappresentava la proprietà Sangalli avrebbe confermato che la proprietà aveva ricevuto dagli imprenditori unicamente offerte che riguardavano la cessione atomistica dei beni. In sede del citato tavolo tecnico il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico avrebbe ricordato che lo stesso Ministero aveva avviato da mesi, attraverso alcuni advisor, un lavoro di ricerca di soluzioni imprenditoriali per la cessione degli stabilimenti di Manfredonia nella loro interezza, al fine di rilanciare la produttività garantendo la tutela dell'occupazione. Il rappresentante del Ministero avrebbe, inoltre, ribadito che il Governo chiederà ai due advisor incaricati della ricerca di soluzioni imprenditoriali di proseguire la propria attività fino alla fine del 2015 per la ricerca di soluzioni imprenditoriali per il recupero dell'azienda di Manfredonia;
   il 4 agosto 2015 è stato firmato l'accordo per la concessione della cassa integrazione guadagni ai dipendenti della Sangalli Vetro Manfredonia;
   appare necessario pertanto un intervento a tutti i livelli istituzionali per consentire, in considerazione anche dei contributi ottenuti in passato dalla Sangalli Vetro, di rilanciare i comparti produttivi della stessa azienda che costituisce un elemento di sviluppo fondamentale per la zona di Manfredonia già colpita da una grave crisi economica. Infatti, la situazione socioeconomica del territorio pugliese desta profonda preoccupazione a causa della crisi produttiva che provoca continue drammatiche chiusure di aziende. Il conseguente perdurante aumento della disoccupazione, soprattutto quella giovanile, costringe, infatti, una parte della popolazione di questo territorio a vivere in condizioni di disagio e di sofferenza, ogni giorno sempre più insostenibili;
   è necessario, pertanto, offrire delle alternative concrete per dare un futuro alle famiglie di circa 400 operai dello stabilimento di Manfredonia e dell'indotto, che subiscono la crisi di un'azienda che ha già goduto di contributi da parte dello Stato e che risulta strategica per l'intero territorio della Capitanata e del centro-sud del nostro Paese –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, fornendo anche informazioni circa la situazione attuale della Sangalli Vetro di Manfredonia e le possibili prospettive che la riguardano, per garantire la ripresa dell'attività della Sangalli Vetro Manfredonia, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali. (3-01873)
(25 novembre 2015)

   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, DEL GROSSO e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dal 26 marzo 2015 il regno dell'Arabia Saudita, coadiuvato da altri otto Paesi arabi (Egitto, Marocco, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrain) con armi fornite dall'Occidente, sta conducendo massicci, incessanti bombardamenti e attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili, in particolare le strutture sanitarie e le scuole, di città e villaggi yemeniti, azione militare avviata senza autorizzazione da parte dell'Onu; si tratta di crimini di guerra come evidenziato anche da un rapporto di Amnesty International datato 7 ottobre 2015; anche il Consiglio europeo si è dichiarato estremamente preoccupato per l'impatto devastante delle ostilità in corso in Yemen;
   ad aggravare tale già disastrosa situazione si apprende che il Governo italiano avalla, di fatto, il conflitto nello Yemen: infatti, nella mattinata del 19 novembre 2015, risulta essere atterrato in Arabia Saudita un cargo carico di bombe MK-80 fabbricate in Sardegna, partite nei giorni scorsi dall'aeroporto di Cagliari Elmas, con il rischio concreto di trasformare l'isola in un bersaglio terroristico; si tratterebbe della seconda spedizione nel giro di tre settimane, in palese violazione della legge n. 185 del 1990 sull’export di armi;
   tutto ciò conferma ampiamente che il nostro Paese, in maniera sempre più discutibile e sempre meno trasparente, continua a difendere e coprire il traffico di armi verso il Nord Africa e il vicino e Medio Oriente, destinatari del 28 per cento delle armi italiane nel 2014, in concomitanza con l'acuirsi dei conflitti in Siria o Iraq;
   l'Italia, dunque, continua a vendere armi e sistemi di arma italiani (bombe, caccia, missili) al regno dell'Arabia Saudita, a oggi il primo acquirente con quasi 300 milioni di euro di esportazioni autorizzate nel 2013, nonostante le ripetute e palesi violazioni dei diritti umani in questo Paese; tra i Paesi dell'Unione europea, è di gran lunga il primo fornitore di sistemi militari dello Stato israeliano, con un volume di vendite che è oltre il doppio di quello totalizzato da Parigi o Berlino; secondo i documenti ufficiali dell'Unione europea e i dati resi disponibili dal Campaign Against Arms Trade (CAAT), l'Italia è il primo partner europeo per le spese militari del regime di Bashar al Assad. Dal 2001 la Siria ha acquistato in licenza armi nel vecchio continente per 27 milioni e 700 mila euro e, di questi, quasi 17 milioni di euro arrivano dal nostro Paese; dal 2005 al 2012 l'Italia, battuta nell'Unione europea solo dalla Francia, ha autorizzato 375,5 milioni di euro di esportazioni belliche in Libia, 177,5 milioni di euro le consegne effettive;
   si legge in un documento congiunto di Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International e Osservatorio permanente sulle armi (Opal) di Brescia che «ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall'Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il Ministero interrogato non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia in questo conflitto»;
   sulla questione sono stati depositati anche dal gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle diversi atti di sindacato ispettivo e di indirizzo cui non è giunta ancora risposta né calendarizzazione –:
   se non ritenga improcrastinabile assumere iniziative finalizzate a interrompere immediatamente la vendita di armi all'Arabia Saudita e a tutti gli altri Paesi che violano i principi della legge n. 185 del 1990 che vieta di esportare armamenti verso regimi che non rispettano i diritti umani e a farsi promotore, in sede europea, di ogni iniziativa utile a bloccare l’export di armi verso la monarchia saudita. (3-01874)
(25 novembre 2015)

   AMENDOLA, QUARTAPELLE PROCOPIO, CARROZZA, CASSANO, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PORTA, RACITI, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   gli attacchi di Parigi di venerdì 13 novembre 2015 dimostrano come l'Europa intera sia sotto attacco di un gruppo terroristico che propugna il radicalismo islamico e intende mettere in discussione il nostro stile di vita e i nostri valori. Purtroppo in questo contesto nessun Paese può considerarsi completamente al sicuro dal rischio di un attacco terroristico;
   in virtù di tutto ciò, della gravità della minaccia alla sicurezza dei nostri cittadini, appare indispensabile che la comunità internazionale unisca gli sforzi, i mezzi e coordini le azioni militari e diplomatiche per contrastare in modo efficace il terrorismo e sconfigga il sedicente Stato islamico, che rivendica la paternità delle azioni terroristiche, nei territori in cui si è insediato;
   si tratta della stessa richiesta avanzata dal Presidente francese Hollande, nel corso di un importante discorso davanti al Parlamento francese riunito in via straordinaria subito dopo i gravissimi fatti di Parigi, con la quale si sottolineava la necessità di coinvolgere nell'azione di contrasto prioritaria al Daesh tutti gli attori, dalla Russia all'Iran, accomunati dal medesimo obiettivo di contrasto del terrorismo, anche superando distinzioni e distinguo in altri campi o altri quadranti geografici;
   in questo senso, occorre sottolineare come l'atteggiamento dell'Italia nei confronti della crisi siriana, ispirato alla prudenza e capace da subito di individuare con realismo l'ordine di priorità delle questioni, attribuendo a tutti gli attori regionali, a partire da Iran e Russia, il ruolo che è indispensabile riconoscergli, si è rivelato corretto così come corretta è stata l'impostazione politica sulla transizione in Siria e il superamento di condizionalità e pregiudiziali che hanno allontanato l'avvio di una soluzione politica alla guerra civile in quel Paese;
   se si era giunti alla conclusione di lavorare per unire gli sforzi di tutti gli attori regionali contro la minaccia dell'Isis e per la formazione di una coalizione in questo senso, se gli incontri di vertice del nostro stesso Primo ministro in sede G20 suggerivano la necessità di un ampliamento del novero dei partner per garantire la soluzione del conflitto siriano e la sconfitta di Daesh, in gravissimo ed evidente contrasto con tale strategia della comunità internazionale si pone l'abbattimento dell'aereo militare russo da parte dell'aviazione della Turchia vicino alla frontiera siriana, avvenuto martedì 24 novembre 2015per una presunta violazione dello spazio aereo;
   tanto più grave è tale incidente perché attribuibile a uno Stato membro della Nato e in una fase nella quale l'offensiva contro importanti città occupate dalle milizie terroriste stava portando i suoi frutti –:
   quale sia il ruolo che l'Italia sta svolgendo, o intende svolgere, a livello sia europeo che internazionale nel contribuire alla costruzione della coalizione contro il terrorismo o comunque al coordinamento degli sforzi di contrasto contro il sedicente stato islamico. (3-01875)
(25 novembre 2015)

   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riportato dalla stampa internazionale – ed in particolare dall'agenzia Reuters il 22 novembre 2015 – al margine del vertice del G20 svoltosi recentemente ad Antalya, in Turchia, nel corso di una riunione ristretta ad un limitato numero di leader occidentali, sarebbe stata concordata la proroga fino al mese di luglio 2015 delle sanzioni in vigore contro la Federazione Russa;
   alla riunione ristretta avrebbero partecipato, tra gli altri, il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama; la Cancelliera della Repubblica Federale di Germania, Angela Merkel; il Premier britannico, David Cameron; il Ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, in rappresentanza del Presidente François Hollande, trattenuto in patria dalla grave situazione creata dai recenti attentati dell'Isis, e il Presidente del Consiglio dei ministri del nostro Paese, Matteo Renzi;
   in altre parole, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano parrebbe aver accettato la proroga del regime sanzionatorio anti-russo, malgrado gli atti di indirizzo approvati dalle Camere che hanno impegnato il Governo del nostro Paese a battersi in tutte le sedi competenti per ottenerne la cancellazione o rimodulazione;
   non è in effetti chiaro cosa il Presidente del Consiglio dei ministri italiano abbia fatto, se cioè abbia accettato, condividendoli, o piuttosto subito passivamente gli orientamenti altrui emersi nel corso della riunione ristretta sopramenzionata;
   nel frattempo, l'aeronautica militare russa è stata vittima di quella che appare agli interroganti un'imboscata tesa alla frontiera turco-siriana dall'aviazione di Ankara, che avrebbe reagito ad uno sconfinamento brevissimo in modo incompatibile con le regole d'ingaggio previste per queste circostanze nell'ambito dell'Alleanza Atlantica, stando almeno a quanto ha rilevato l'ex Capo di Stato maggiore delle forze aeree del nostro Paese, Leonardo Tricarico;
   alla luce di quanto precede, non pare né opportuno né desiderabile punire ulteriormente la Federazione Russa, anche in ragione del contributo che sta dando alla soluzione del conflitto civile siriano –:
   quali ragioni hanno convinto il Governo a condividere l'impegno a rinnovare le sanzioni alla Russia emerso nel corso della riunione ristretta svoltasi al margine del G20, generalizzata in premessa.
(3-01876)
(25 novembre 2015)

   PALAZZOTTO, SCOTTO, DURANTI, PIRAS, FAVA e ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 24 novembre 2015 un aereo militare russo è stato abbattuto al confine turco-siriano da caccia F-16 del Governo di Ankara;
   l'ordine di abbattere il caccia russo pare sia arrivato direttamente dal Primo ministro della Repubblica turca, Ahmet Davutoglu, informato della presunta violazione dello spazio aereo dal Capo di Stato maggiore, Hulusi Akar;
   secondo il Governo di Ankara il caccia russo avrebbe sconfinato nello spazio aereo turco e si è cercato un contatto per dieci volte prima dell'abbattimento. Fonti del Pentagono hanno fatto sapere che, secondo i dati in loro possesso, lo sconfinamento sia durato probabilmente non più che una «manciata di secondi», prima che la Turchia abbattesse il velivolo;
   senza entrare sulla dinamica dell'incidente – e quindi se l'aereo stesse sorvolando la Siria o la Turchia – permane la non secondaria circostanza che non si abbatte un jet militare di un Paese amico se non, a giudizio degli interroganti, per creare un caso internazionale;
   l'abbattimento del jet russo secondo gli interroganti è solo l'ultimo degli atti irresponsabili di un Governo, quello turco, che ha dimostrato non poche ambiguità rispetto al contrasto al terrorismo;
   atti di questo tipo rischiano di far saltare il processo di pace e favorire ancora una volta il terrorismo, strategia a cui il Governo turco sembra sempre più interessato evidentemente;
   in questi mesi è stata da più parti documentata la responsabilità del Governo turco e delle forze di intelligence turche nell'aver permesso che membri di Daesh e altri gruppi jihadisti entrassero in Turchia e potessero muoversi liberamente nel Paese, così come sono note le responsabilità della Turchia nell'aver aperto i valichi di frontiera ai terroristi; nell'aver permesso il rifornimento di armi, munizioni e supporto logistico; nell'aver permesso che membri di Daesh fossero portati in Turchia per essere curati;
   la Turchia quindi, nostro alleato e membro della Nato, ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighters europei in funzione anti Assad ed ha un ruolo strategico nel contrabbando che genera notevoli introiti a Daesh con la vendita del petrolio a basso costo;
   allo stesso tempo conduce una guerra contro le organizzazioni Curde in Siria e in Iraq che sono tra le poche forze che hanno causato una serie di sconfitte a Daesh e che hanno dato vita ad una esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
   pubblicamente il Governo turco ha dichiarato guerra a Daesh ed è un alleato della coalizione internazionale, in realtà continua a supportarlo e invece di combattere ha iniziato una guerra contro le opposizioni democratiche e le minoranze presenti nel Paese, imponendo il coprifuoco in numerose città e colpendo i suoi stessi civili; la Turchia sta conducendo attacchi aerei anche in altri Stati, come in Siria e Iraq, al fine di combattere il PKK e le forze di autodifesa Unità di protezione del popolo (YPG) e Unità di difesa delle donne (YPJ), producendo centinaia di vittime tra la popolazione di civile e mettendo a rischio ulteriormente l'intero Medio Oriente;
   desta, infine, molta preoccupazione il silenzio dei Governi degli Stati europei sull'accaduto ed in particolare la recentissima deliberazione della Commissione europea che ha deliberato lo stanziamento di 3 miliardi di euro per la gestione dei campi profughi in territorio turco –:
   se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza per richiamare con forza il Governo turco alle sue responsabilità e in particolare quali iniziative intenda adottare in sede europea e in sede Nato nei confronti della Turchia.
(3-01877)
(25 novembre 2015)