TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 505 di Lunedì 19 ottobre 2015

 
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MOZIONI IN MATERIA DI AUTORIZZAZIONE ALLA COMMERCIALIZZAZIONE E ALL'UTILIZZO DEI PRODOTTI FITOSANITARI

   La Camera,
   premesso che:
    da alcuni anni la direzione generale igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione del Ministero della salute autorizza, in «situazioni di emergenza sanitaria», alcuni prodotti fitosanitari in virtù dell'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009; negli ultimi anni, il ricorso a questa procedura di autorizzazione speciale in Italia è stato esponenziale: secondo quanto indicato sul sito del Ministero della salute sono 31 le istanze di «autorizzazioni eccezionali», ma in alcuni casi si vedono reiterare, di anno in anno, le stesse richieste per gli stessi prodotti, le stesse patologie e le stesse colture; i prodotti fitosanitari autorizzati in deroga sarebbero stati 41 nell'anno 2012, 60 nell'anno 2013 e 75 nell'anno 2014;
    la maggior parte di queste sostanze attive non sono più o non sono ancora autorizzate dall'Unione europea (ad esempio, 1,3 dicloropropene; chloropicrin; pretilachlor; propanil; propargite; quinclorac; terbacil) e il meccanismo dell’«autorizzazione eccezionale» consente di non effettuare l’iter previsto dal sistema autorizzativo, che prevede, fra l'altro, la verifica dell'impatto (ambientale e sulla salute), non essendo, le richieste, corredate della documentazione necessaria a tali scopi, come previsto nelle autorizzazioni all'immissione in commercio dai prodotti;
    le autorizzazioni eccezionali sono utilizzate, in particolare, per fitosanitari che nelle schede di sicurezza indicano principi attivi con classi di rischio nocive e tossiche per l'uomo e l'ambiente, tanto è vero che la maggior parte di questi non ha superato le procedure di autorizzazione europee; tale rischio, molto spesso, è più che ridimensionato nelle etichette approvate con i decreti dirigenziali;
    l'interrogazione n. 4-04948, ancora in attesa di risposta, riporta alcuni esempi di prodotti fitosanitari autorizzati; il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, all'articolo 30, comma 1, indica che «uno Stato membro può dare un'autorizzazione provvisoria se la Commissione non è giunta a una decisione entro 30 mesi dalla accettazione dell'applicazione – l'autorizzazione provvisoria ha validità per tre anni»;
    a parere dei firmatari del presente atto d'indirizzo, i decreti non appaiono quindi conformi alla legge n. 150 del 2012; inoltre, l'articolo 30 del regolamento (CE) n. 1107/2009 è stato di fatto stravolto, visto che le autorizzazioni eccezionali si sono perpetuate ben oltre i 3 anni previsti; appare inoltre scorretto il reiterarsi annuale dell'emergenza che, diventando prassi, perde di fatto la sua caratteristica fondante, come pure rischia di diventare un abuso il ricorso, anno dopo anno, all'articolo 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009, relativo a «situazioni di emergenza fito-sanitaria»;
    con l'interrogazione n. 4-05032 sono stati interrogati, senza ancora riceverne risposta, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali in merito alle carenze riscontrate nella normativa di recepimento della direttiva n. 2009/128/CE, sia il decreto legislativo che il piano d'azione, in particolare sui troppi rinvii a decreti attuativi che tale impianto normativo prevede, sull'inconsistenza dell'impianto sanzionatorio e delle misure previste dalla lotta integrata obbligatoria, sulla mancata individuazione degli obiettivi, sulle azioni di tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile da applicare in campo agricolo;
    per alcuni decreti attuativi e per alcune misure risulta sia scaduto il termine previsto, in particolare: l'articolo 25, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2012, che prevede un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali da emanarsi entro il 12 agosto 2014, con cui determinare le tariffe ed il relativo versamento per i controlli delle attrezzature di applicazione dei prodotti fitosanitari; l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 150 del 2012, che prevede un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanarsi entro il 26 novembre 2013, per adottare specifiche disposizioni per l'individuazione dei prodotti fitosanitari destinati ad utilizzatori non professionali; il paragrafo A.3.10 del piano di azione nazionale, che preveda un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanarsi entro 6 mesi dall'approvazione del piano di azione nazionale, per la costituzione di una banca dati nazionale relativa ai controlli effettuati sulle macchine di distribuzione dei fitofarmaci ed il ruolo di Enama, organismo di supporto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012, che prevede, entro il 30 aprile 2013, la trasmissione al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali delle misure messe in atto dalle regioni e dalle province autonome, per rendere possibile l'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo n. 150 del 2012, che prevede, entro il 30 giugno 2013, la trasmissione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali alla Commissione europea di una relazione sullo stato di attuazione delle misure messe in atto dalle regioni per rendere possibile l'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012, che prevede, entro il 30 ottobre 2012, la trasmissione delle regioni al Ministero della salute ed al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dell'elenco dei soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari;
    fa seguito a questi atti e misure una serie di altre questioni che il piano di azione nazionale affida ad ulteriori decreti attuativi, da emanare entro 1 anno dall'entrata in vigore dello stesso, quindi entro il 13 febbraio 2015. Tra questi, l'emanazione delle linee guida per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile, le linee guida per la scelta delle misure da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei siti «Natura 2000» e delle aree protette, la messa a disposizione per le regioni delle informazioni più rilevanti sulla tossicità, ecotossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari dei prodotti in commercio;
    all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei prodotti fitosanitari e che le regioni assicurano l'attuazione delle misure previste dal piano, informando ogni anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero della salute sulle misure adottate. A questo proposito, la Commissione europea, nella riunione bilaterale del 24 settembre 2013, ha chiesto all'Italia la precisa definizione delle misure da applicare in campo agricolo per la tutela delle acque; all'articolo 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela di aree specifiche (parchi, giardini, campi sportivi ed aree ricreative, cortili ed aree verdi all'interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini, aree adiacenti alle strutture sanitarie, aree protette di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, altre aree designate ai fini di conservazione per la protezione degli habitat e delle specie, aree trattate di recente frequentate dai lavoratori agricoli), tenuto conto dei necessari requisiti di tutela della salute umana, dell'ambiente, della biodiversità e dei risultati dell'analisi del rischio;
    al paragrafo A5 del piano di azione nazionale, riferito agli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012, si stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il Ministero della salute, su proposta del consiglio, entro 12 mesi dall'entrata in vigore del piano, predispongano linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche;
    oltre a quanto innanzi citato, altre misure e decreti attuativi dovranno far seguito al piano di azione nazionale, per i quali tuttavia non è stato definito un termine temporale, come, ad esempio, la definizione degli indicatori, fondamentali per la verifica del raggiungimento degli obiettivi del piano di azione nazionale, la definizione di un manuale di orientamento sulle tecniche per la difesa fitosanitaria a basso impatto ambientale e strategie fitosanitarie sostenibili, o le misure per disciplinare la vendita di prodotti fitosanitari on line;
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, infine, stabilisce le sanzioni per la mancata applicazione delle prescrizioni stabilite dal decreto stesso. Tuttavia, risulta evidente che la maggior parte delle sanzioni interessa la parte della distribuzione e della formazione professionale, trascurando, ad esempio, quelle relative all'articolo 11 su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 14 sulla tutela dell'ambiente acquatico e delle acque potabili, all'articolo 15 sulla tutela delle aree specifiche, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, ma soprattutto all'articolo 19 in merito all'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria, di cui all'allegato III del decreto legislativo n. 150 del 2012, argomento principale della norma;
    in alcune regioni d'Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia) i prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro vengono autorizzati ininterrottamente dal 2008 anno dopo anno per l'irrorazione aerea, nonostante l'articolo 9 della direttiva 2009/128/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, lo vieti e limiti la deroga solo in condizioni estremamente circoscritte e controllate, per esempio nel caso in cui non ci fossero alternative praticabili rispetto all'uso degli elicotteri oppure in caso di evidenti vantaggi per la salute umana e l'ambiente rispetto all'applicazione dei fitosanitari da terra;
    le autorizzazioni speciali annuali fanno riferimento al regolamento (CE) n. 1107/2009, che all'articolo 53, «situazioni di emergenza fitosanitaria», recita: «In deroga all'articolo 28, in circostanze particolari uno Stato membro può autorizzare, per non oltre centoventi giorni, l'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari per un uso limitato e controllato, ove tale provvedimento appaia necessario a causa di un pericolo che non può essere contenuto in alcun altro modo ragionevole»; a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo le deroghe si ispirano impropriamente a tale regolamento, in quanto non sussisterebbero né tale emergenza fitosanitaria, né la necessità, dimostrata, del provvedimento di autorizzazione «a causa di un pericolo che non può essere contenuto in alcun altro modo ragionevole»;
    la normativa vigente, tra cui il piano d'azione nazionale, indica una serie di misure di gestione dei rischi che i soggetti autorizzati e le autorità competenti devono attuare a tutela dell'ambiente e della popolazione, come, per esempio, l'obbligo di avviso preventivo dei residenti e le prescrizioni per la riduzione dell'effetto deriva; il piano d'azione nazionale esclude l'utilizzo di prodotti fitosanitari classificati tossici e molto tossici che riportano in etichetta determinate frasi di rischio, presenti anche nei prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro; inoltre non si ravviserebbero gli estremi di pericolo non contenibile in altri modi ragionevoli, così come indicati nella norma in parola;
    con l'interrogazione n. 4-04886, ancora in attesa di risposta, si portava a conoscenza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro della salute e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la situazione della provincia di Treviso, dimostrando l'assenza delle condizioni che giustificherebbero la deroga, in quanto vi sarebbero alternative praticabili, rispetto all'uso degli elicotteri, e inoltre l'irrorazione aerea non comporterebbe alcun vantaggio per la salute umana e l'ambiente, rispetto all'applicazione dei fitosanitari da terra;
    l'utilizzo del mezzo aereo sarebbe giustificato dal fatto che la pendenza delle colline non consentirebbe i trattamenti da terra; ciononostante avvengono regolarmente (in stagione) tutti i trattamenti da terra raccomandati con cadenza quindicinale, come, per esempio, gli interventi antiperonosporici o acaricidi e la raccolta; l'irrorazione aerea sarebbe quindi l'alternativa praticabile, facendo quindi decadere la condizione che giustifica la deroga; a dimostrazione che le alternative sono possibili, 9 dei 15 comuni del consorzio docg Prosecco hanno vietato i trattamenti aerei sull'intera area comunale;
    nella provincia di Treviso, in alcuni comuni del consorzio docg Prosecco, zona nella quale avvengono spesso le irrorazioni aeree in deroga, le case, le scuole, gli orti privati, le strade sono confinanti con i vigneti e pare che siano molte le segnalazioni di residenti e turisti che lamentano di essere stati «irrorati» insieme ai vigneti, di non essere stati avvisati preventivamente e di non essere mai stati informati del tempo di carenza di 48 ore, prima di poter accedere alla zona irrorata dall'elicottero; inoltre, nelle aree trattate non è mai stata posta adeguata e visibile segnalazione, così come previsto dal punto A.5.6 del piano d'azione nazionale;
    considerando che la deriva della nuvola irrorata dai trattamenti a terra non è controllabile, a maggior ragione la deriva risulta ancor più incontrollabile, quando l'irrorazione avviene a 40 e più metri da terra e con correnti d'aria non misurabili; l'irrorazione aerea amplifica i rischi per la salute umana e per l'ambiente, in quanto le irrorazioni dall'elicottero ovviamente sono molto più invasive; la deriva dell'elicottero si estende oltre i limiti del vigneto trattato; grazie all'azione del vento le gocce più piccole vengono trasportate molto più lontano; quindi, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'irrorazione aerea non può rappresentare alcun vantaggio per la salute umana e per l'ambiente rispetto all'applicazione di pesticidi a terra, facendo decadere la condizione che giustifica la deroga;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo appare estremamente difficoltoso il rispetto delle prescrizioni specifiche di cui all'articolo A.4.5 del piano d'azione nazionale, soprattutto per quanto riguarda il controllo del diametro medio delle gocce delle miscele irrorate e l'applicazione della scala di Beaufort, essendo prevista per misurazioni in pianura e non per le misurazioni in collina;
    i due prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro hanno una composizione che è nota solo in parte: 1'85 per cento dell’Aviozolfo e il 20 per cento dell’Aviocaffaro; le percentuali sconosciute sono coformulanti, che la dottoressa Maristella Rubbiani dell'Istituto superiore di sanità definisce come «spesso più pericolosi dei principi attivi»; entrambe i prodotti hanno frasi di rischio vietate dal piano d'azione nazionale;
    con l'interrogazione n. 4-05099, in attesa di risposta, si portava a conoscenza del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Ministro della salute e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un'iniziativa dell'associazione Wwf AltaMarca, che ha proposto ai cittadini dei comuni dell'area docg Prosecco Conegliano Valdobbiadene di chiedere ai propri sindaci i dati relativi agli erbicidi utilizzati nelle aree urbane; dalle risposte ottenute dalle amministrazioni risulta che, come documentato nell'interrogazione citata, alcuni comuni abbiano utilizzato prodotti che il piano d'azione nazionale vieta all'articolo A.5.6.1; lo stesso articolo prevede, inoltre, nelle zone frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, il divieto dei trattamenti diserbanti, da sostituire con metodi alternativi;
    inoltre, al punto A.5.6 vengono indicate le misure obbligatorie per i trattamenti eseguiti in aree agricole in prossimità di aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili; in particolare, si indica la distanza minima da tali aree, 30 metri, e le caratteristiche dei prodotti che possono essere utilizzati;
    in alcuni comuni dell'area docg Prosecco Conegliano Valdobbiadene, come, per esempio, il comune di Farra di Soligo, le abitazioni sono confinanti con i vigneti irrorati con erbicidi e fungicidi vietati dal piano d'azione nazionale; anche il traffico pedonale e automobilistico è a diretto contatto con i vigneti irrorati; trattasi, quindi, di zone costantemente frequentate dalla popolazione e gruppi vulnerabili, come citati nel piano d'azione nazionale all'articolo A.5.6; allo stesso articolo vengono indicate le suddette misure per la riduzione dei rischi derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari nelle aree frequentate dalla popolazione o gruppi vulnerabili, conferendo alle autorità locali competenti il potere di determinare misure più restrittive;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo è evidente la mancanza di un controllo e di relative sanzioni efficaci sulle aree nelle quali il mezzo chimico può essere usato, che garantisca il rispetto della normativa vigente a tutela della salute dei cittadini e del loro ambiente; peraltro, l'estrema vicinanza uomo-vigneti, di fatto, annulla la distinzione tra ambiente urbano e ambiente agricolo, che il piano d'azione nazionale distingue; trattasi, infatti, di un unico ambiente nel quale le due entità coesistono, richiedendo, per questo, attenzioni particolari che, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, si traducono nell'utilizzo di mezzi non chimici e controllo biologico; anche a livello terminologico manca un'adeguata definizione degli ambienti in cui è assente il confine agricolo/urbano; per esempio, non è chiaro se i casi di vigneti a ridosso delle abitazioni siano da considerarsi ambiente urbano o agricolo; è altresì necessario definire in modo univoco chi siano concretamente le autorità locali competenti dovranno disporre del personale e dei mezzi di controllo del territorio; il cittadino infatti ha necessità di rivolgersi ad un'unica autorità ben definita, per sollecitare controlli puntuali ed eventualmente per segnalare infrazioni alla normativa vigente, con la certezza di avere risposte certe ed adeguate;
    il piano d'azione nazionale, nell'indicare i divieti o le prescrizioni, fa più volte riferimento alle frasi di rischio indicate in etichetta, per esempio agli articoli A.5.6, A.5.6.1 e A.5.6.2; anche le autorizzazioni in deroga dei prodotti fitosanitari, disposte dall'articolo 53 del regolamento (CE) 1107/2009, fanno riferimento alle etichette dei prodotti, che si trovano nel database dei prodotti fitosanitari del Ministero della salute e vengono allegate ai decreti dirigenziali;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo il riferimento alle etichette è pericoloso e fuorviante per l'utilizzatore e per il cittadino che volesse informarsi correttamente, in quanto le informazioni appaiono incomplete e quindi scorrette. Per esempio, riportano una parziale composizione dei prodotti (tralasciando spesso proprio i principi attivi maggiormente presenti nel preparato e i coformulanti) e solo alcune frasi di rischio, tralasciando inoltre le frasi R;
    con l'interrogazione n. 4-05077, ancora in attesa di risposta, si riportavano alcuni esempi di dati riportati nelle etichette di alcuni prodotti, confrontati con i dati delle corrispettive schede di sicurezza del medesimo prodotto; dall'osservazione di numerose etichette messe a confronto con le schede di sicurezza si nota che le etichette indicano normalmente un solo componente della miscela e non sempre il più rappresentativo della tossicità o quello presente in maggior percentuale; inoltre, le frasi di rischio sono riferite al componente dichiarato, mentre quelle relative ai componenti non citati (spesso i più pericolosi e/o maggiormente presenti nella miscela) sono tralasciate; in alcuni casi viene riportata una sola frase di rischio nonostante il prodotto ne abbia più di una; questo fatto appare più evidente in alcune etichette autorizzate in deroga con decreto dirigenziale, spesso le frasi di rischio mancanti in etichetta rientrano tra quelle vietate dal piano d'azione nazionale; di fatto queste etichette ridimensionano la classe di rischio ben evidenziata, invece, nelle schede di sicurezza che riportano anche istruzioni dettagliate; informazioni che ogni utilizzatore deve assolutamente conoscere;
    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo è di fondamentale importanza che, a tutela della salute pubblica e dell'ambiente, i riferimenti informativi a disposizione degli utilizzatori dei prodotti e dei cittadini, cui fa riferimento il Ministero e il piano d'azione nazionale, siano affidabili e contengano tutte le informazioni complete e corrette sui prodotti fitosanitari;
    lo studio della dottoressa Maristella Rubbiani, primo ricercatore dell'Istituto superiore di sanità, dal titolo «La problematica relativa alla presenza di coformulanti pericolosi nei preparati antiparassitari di uso agricolo o domestico», spiega come questi coformulanti, spesso più pericolosi della sostanza attiva autorizzata, vengano utilizzati come solventi, adesivanti, bagnanti, tensioattivi ed altro, nei preparati antiparassitari di uso agricolo, domestico o civile;
    la normativa vigente non prevede, per alcuni di questi agenti, l'obbligatorietà della dichiarazione in etichetta relativamente all'identità ed alla concentrazione della sostanza utilizzata come coformulante all'interno del preparato; infatti, mentre per legge solo l'ingrediente attivo deve essere specificato in etichetta con nome e percentuale in peso presente nel prodotto finito, per i coformulanti è sufficiente il nome collettivo («coformulanti e solventi») e la percentuale cumulativa presente nel prodotto, senza l'identificazione specifica di ogni sostanza; alcune sostanze possono essere utilizzate come ingredienti attivi in certi prodotti specifici, ma fungere da solventi, ed essere quindi considerati coformulanti, in altri preparati;
    talvolta, in caso di intossicazione, risulta estremamente difficoltoso risalire alla vera causa del danno tossicologico non potendo sapere cosa fa più male, se il principio attivo studiato o il coformulante di cui non si conosce la natura ed il pericolo;
    secondo un recente studio i principali pesticidi sono più tossici per le cellule umane rispetto ai corrispondenti principi attivi dichiarati. Essi contengono adiuvanti, la cui composizione spesso viene mantenuta confidenziale. Tali sostanze sono considerati inerti da parte delle aziende produttrici e in genere solo il principio attivo dichiarato viene testato. Gli scienziati hanno testato la tossicità di nove pesticidi, confrontando gli effetti dei principi attivi con quelli dell'intera formulazione (principio attivi + audiuvanti), su tre linee cellulari umane. In otto casi su nove la formulazione (il prodotto finale) è risultata fino a mille volte più tossica del suo principio attivo. Gli esperti concludono che i risultati mettono in discussione la rilevanza della dose giornaliera accettabile per i pesticidi, perché questa viene calcolata sulla tossicità del solo principio attivo e non considera l'intera formulazione;
    il rapporto nazionale pesticidi dell'Ispra-edizione 2014 rileva nelle acque la presenza di 175 sostanze, definendolo un cocktail i cui effetti non sono ancora ben conosciuti. Nei campioni sono stati rilevati spesso miscele di sostanze diverse, fino 36 contemporaneamente. Come segnalato fino 36 dai comitati scientifici della Commissione europea, il rischio derivante dall'esposizione a miscele di sostanze è sottostimato dalle metodologie utilizzate in fase di autorizzazione, che valutano le singole sostanze e non tengono conto degli effetti cumulativi;
    il 22 dicembre 2009 il Consiglio «ambiente» dell'Unione europea adottò le conclusioni sugli effetti combinati delle sostanze chimiche, esortando la Commissione europea e gli Stati membri ad intensificare le attività di ricerca nel settore, anche rivedendo la base dati di ricerca esistente. Esistono lacune conoscitive riguardo agli effetti di miscele chimiche e, conseguentemente, risulta difficile realizzare una corretta valutazione tossicologica in caso di esposizione contemporanea a diverse sostanze (Backhaus, 2010). Gli studi dimostrano che la tossicità di una miscela è sempre più alta di quella del componente più tossico presente (Kortenkamp ed altri, 2009); nel 2012 sono state pubblicate le conclusioni sulla tossicità delle miscele di tre comitati scientifici della Commissione europea. In particolare, nel documento si afferma che esiste un'evidenza scientifica per cui l'esposizione contemporanea a diverse sostanze chimiche può, in determinate condizioni, dare luogo ad effetti congiunti che possono essere di tipo additivo, ma anche di tipo sinergico, con una tossicità complessiva più elevata di quella delle singole sostanze. Nel documento, inoltre, si evidenzia come principale lacuna la limitata conoscenza riguardo alle modalità con cui le sostanze esplicano i loro effetti tossici sugli organismi;
    il rapporto Ispra segnala, inoltre, una disomogeneità fra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud, dove il monitoraggio è generalmente meno rappresentativo dello stato di qualità delle acque e la necessità, quindi, di un aggiornamento complessivo dei programmi di monitoraggio, per tenere conto delle nuove sostanze. Sarebbero circa 200, infatti, le sostanze immesse sul mercato in anni recenti e non incluse nei programmi di monitoraggio, 44 di queste sono classificate pericolose, in particolare 38 sono pericolose per l'uomo o per l'ambiente; si palesa, quindi, la necessità di inserire nei protocolli regionali alcune sostanze che, ove ricercate, sono responsabili del maggior numero di casi di non conformità, quali il Glifosate e l’Ampa. Ci sarebbe, quindi, uno sfasamento tra lo sforzo di ricerca, che si concentra soprattutto su alcuni erbicidi e sui loro principali metaboliti, e le sostanze più frequenti nelle acque, gran parte delle quali non figurano tra le più cercate. Le regioni cercano in media 55 sostanze nelle acque superficiali e 68 in quelle sotterranee, meno che nel 2010;
    le sostanze che determinano il maggior numero di casi di superamento dei limiti sono Glifosate e il metabolita Ampa, che sono cercati esclusivamente nella regione Lombardia; essendo l'erbicida largamente impiegato, è probabile che il suo inserimento nei programmi di monitoraggio possa determinare un sensibile aumento dei casi di non conformità nelle regioni dove ora non viene cercato;
    il rapporto 2014 evidenzia che non c’è ancora un quadro nazionale completo della presenza di residui di pesticidi nelle acque per una serie di cause: copertura incompleta del territorio, disomogeneità del monitoraggio, assenza dai protocolli regionali delle sostanze immesse sul mercato negli anni più recenti, affermando che si è ancora in una fase transitoria in cui l'entità e la diffusione dell'inquinamento non sono sufficientemente noti, tenendo conto, ovviamente, che il fenomeno è sempre in evoluzione per l'immissione sul mercato di nuove sostanze;
    il rapporto 2014 segnala, inoltre, che il calo delle vendite di prodotti fitosanitari registrato nel periodo 2001-2012 non si riflette ancora nei risultati del monitoraggio, che continua a segnalare una presenza diffusa dei pesticidi nelle acque, con un aumento delle sostanze rinvenute. Fra le molte ragioni elencate, la causa più preoccupante e segnalata è la persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende i fenomeni di contaminazione ambientale difficilmente reversibili,

impegna il Governo:

   a ripensare l’iter di autorizzazione dei prodotti, in relazione sia ai criteri in base ai quali vengono emanate tali autorizzazioni e quindi alla relativa situazione di emergenza sanitaria, sia all'assunzione delle eventuali responsabilità, valutando di prediligere, in ogni caso, soluzioni alternative a quella dell'autorizzazione eccezionale che dovrebbe essere considerata l'ultima possibilità;
   ad interrompere le autorizzazioni eccezionali perpetuate ben oltre i 3 anni previsti dall'articolo 30 del regolamento (CE) n. 1107/2009;
   a valutare la possibilità di rendere maggiormente stringente il ricorso a tali deroghe, così da non alterare il vero significato di emergenza sanitaria che, a causa del continuo ricorso allo strumento della deroga, rischia di perdere completamente il suo significato e il suo scopo;
   ad adottare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale non emanati, per i quali risultino già scaduti i termini, nonché ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché le regioni e le province autonome che non abbiano ancora provveduto trasmettano le informazioni di cui agli articoli 19, comma 6, e 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012, per le quali i termini risultano già trascorsi; a rendere noti ai competenti organi parlamentari lo stato dei lavori sulla predisposizione degli atti, delle misure e delle linee guida previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale, per i quali è prevista scadenza entro il 13 febbraio 2015 o per i quali non è stato individuato alcun termine temporale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per implementare l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012 con un apparato sanzionatorio più esaustivo che racchiuda anche misure sanzionatorie per la mancata osservanza di quanto prescritto dagli articoli 11, 14, 15, 17 e 19 e relativi approfondimenti contenuti nel piano di azione nazionale;
   ad interrompere le autorizzazioni dei prodotti Aviozolfo e Aviocaffaro per l'irrorazione aerea, nonché a verificare la reale sussistenza delle condizioni che, ad oggi, hanno consentito le deroghe per tali autorizzazioni;
   a riconsiderare le prescrizioni specifiche di cui all'articolo A.4.5 del piano d'azione nazionale, soprattutto per quanto riguarda il controllo del diametro medio delle gocce delle miscele irrorate e l'applicazione della scala di Beaufort, essendo prevista per misurazioni in pianura e non per le misurazioni in collina;
   ad integrare il piano di azione nazionale nelle parti in cui si fa riferimento alle frasi di rischio riportate in etichetta, aggiungendo il riferimento alle schede di sicurezza;
   ad allegare ai decreti dirigenziali, che autorizzano in deroga i prodotti fitosanitari, anche le schede di sicurezza, inserendole inoltre nel database ministeriale dei prodotti fitosanitari;
   a promuovere la revisione delle etichette dei prodotti fitosanitari, completando le parti relative alla composizione e alle frasi di rischio;
   ad attuare le misure di tutela a salvaguardia dell'uomo e del suo ambiente, nei territori in cui ambiente agricolo e urbano non abbiano confini definiti ma siano integrati, dando nuova definizione a questi ambienti;
   a promuovere ed attuare, per quanto di competenza, tutte le misure affinché nei territori avvengano tutti i controlli necessari a garanzia del rispetto della normativa vigente e dell'attivazione di tutte le misure previste per la gestione dei rischi, a salvaguardia della salute umana e dell'ambiente;
   ad attuare tutte le azioni affinché le norme, attualmente in vigore in materia di prodotti fitosanitari, siano rispettate in tutte le loro parti e siano indicate con maggior chiarezza le autorità preposte al controllo sulle sostanze utilizzate ai fini del rispetto della normativa vigente, nonché i relativi ruoli e responsabilità;
   ad assumere iniziative anche normative dirette a definire un'unica autorità che sia di riferimento per i cittadini, con funzione di coordinamento di tutte le autorità di controllo previste, nonché a prevedere un'implementazione del sistema di verifica sull'effettiva attività svolta dalle autorità locali competenti;
   ad assumere iniziative normative per rendere obbligatoria l'indicazione della dichiarazione in etichetta relativamente all'identità ed alla concentrazione della sostanza utilizzata come coformulante all'interno del preparato;
   ad adoperarsi affinché la tossicità dei prodotti fitosanitari sia calcolata non solo analizzando il principio attivo ma l'effettiva formulazione del prodotto, andando quindi a considerare l'aumentata tossicità dovuta agli effetti sinergici;
   ad intensificare e sostenere le attività di ricerca nel settore e, in particolare, sugli effetti cumulativi dei pesticidi, aggiornando contestualmente le metodologie di autorizzazione e i programmi di monitoraggio;
   ad attivarsi affinché tutte le sostanze immesse sul mercato siano gradualmente incluse nei programmi di monitoraggio, a partire dal Glifosate e il metabolita Ampa.
(1-00720)
«Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Rostellato, Busto, Basilio, Businarolo, Ciprini, Daga, Da Villa, Terzoni, Ferraresi, Fraccaro».
(22 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    con la comunicazione (COM (2006) 372) del 12 luglio 2006 veniva definita la «Strategia tematica per l'uso sostenibile dei pesticidi»; nell'introduzione, «Descrizione del problema ambientale», si afferma che: «(...) costituiti principalmente da prodotti fitosanitari e da biocidi, i pesticidi sono destinati a influenzare i processi di base degli organismi viventi e possono pertanto uccidere o controllare gli organismi nocivi come i parassiti. Allo stesso tempo possono provocare effetti negativi indesiderati su organismi non bersaglio, sulla salute umana e sull'ambiente. I possibili rischi associati al loro utilizzo sono accettati in certa misura a fronte dei benefici economici che ne derivano, se si pensa che i prodotti fitosanitari, ad esempio, contribuiscono a garantire un'offerta affidabile di prodotti agricoli di elevata qualità, salutari e a prezzi accessibili. Da tempo questi prodotti sono regolamentati nella maggior parte degli Stati membri e nella Comunità. Negli anni è stato istituito un sistema altamente specializzato per valutare i rischi per la salute umana e per l'ambiente connessi all'impiego dei pesticidi. Nonostante tutti i tentativi fatti per circoscrivere i rischi legati all'impiego dei pesticidi e per evitare effetti indesiderati, è ancora possibile ritrovare quantitativi indesiderati di alcuni pesticidi nelle varie matrici ambientali (e soprattutto nel suolo e nelle acque) e nei prodotti agricoli sono ancora presenti residui superiori ai limiti stabiliti per legge. È pertanto necessario ridurre per quanto possibile i rischi prodotti dai pesticidi alle persone e all'ambiente, riducendo al minimo o, se possibile, eliminando l'esposizione e incentivando attività di ricerca e sviluppo su alternative, anche non chimiche, meno dannose (...)»;
    la direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita con il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, ha istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari;
    in applicazione dell'articolo 6 del predetto decreto legislativo è stato predisposto il piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il piano è stato adottato in data 22 gennaio 2014 a seguito dell'emanazione del decreto interministeriale;
    il piano di azione nazionale si propone di ridurre i rischi associati all'uso dei prodotti fitosanitari, promuovendo un processo di cambiamento delle tecniche di utilizzo dei prodotti verso forme più compatibili e sostenibili in termini ambientali e sanitari;
    sebbene con l'adozione del piano di azione nazionale vi sia una rinnovata attenzione sull'utilizzo e sui controlli dei prodotti fitosanitari, l'Istituto superiore per la ricerca e la protezione dell'ambiente, Ispra, lancia l'allarme con il «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque. Dati 2011-2012 – edizione 2014», nel quale si rileva che, nonostante la vendita di pesticidi sia diminuita, nelle acque sono state registrate 175 diverse sostanze e in alcune rilevazioni fino a 36 sostanze contemporaneamente: un miscuglio chimico di cui, ad oggi, ancora non si conoscono precisamente gli effetti. In merito alla non adeguata conoscenza degli effetti, che un miscuglio di numerose sostanze può avere sugli ecosistemi, si legge dal dossier dell'Ispra che: «(...) nei campioni sono spesso presenti miscele di sostanze diverse: ne sono state trovate fino a 36 contemporaneamente. L'uomo, gli altri organismi e l'ambiente sono, pertanto, esposti a un cocktail di sostanze chimiche di cui non si conoscono adeguatamente gli effetti, per l'assenza di dati sperimentali (...)»;
    le modalità operative previste nel piano di azione nazionale per perseguire l'ottenimento degli obiettivi dati dall'Unione europea in tema di corretto utilizzo dei prodotti fitosanitari, sono: a) la formazione obbligatoria dei venditori, dei consulenti e degli operatori; b) l'informazione e la sensibilizzazione per la popolazione; c) i controlli funzionali sulle macchine per la distribuzione; d) l'adozione di misure specifiche per la tutela delle acque; e) misure specifiche per la riduzione dell'uso dei fitofarmaci; f) buone pratiche di manipolazione ed uso dei fitofarmaci durante tutto il loro «ciclo di vita»;
    nonostante le linee guida contenute nel piano di azione nazionale e la normativa sui prodotti fitosanitari siano molto stringenti riguardo alla loro immissione in commercio, alle modalità di vendita e di stoccaggio dei prodotti, ai residui negli alimenti, al divieto di trattamenti durante la fioritura per non causare danni alle api, si dice poco o niente sull'esecuzione dei trattamenti. Sono esplicitamente vietati solo i trattamenti in prossimità dei pozzi, mentre per i trattamenti in prossimità di abitazioni e giardini esistono alcuni regolamenti comunali e delibere che valgono naturalmente solo sul territorio del comune che li ha emanati, nonché le disposizioni del codice civile e del codice di procedura penale, in riferimento a danni a persone o cose determinati da modalità operative sconsiderate o comunque da negligenza nell'uso. Esistono, poi, le disposizioni sulla sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 e al decreto legislativo n. 106 del 2009, che prevedono anche di evitare danni a persone terze, ad esempio vietando l'ingresso nell'area di un cantiere o, come nel caso in esame, evitando di disperdere nell'ambiente sostanze potenzialmente tossiche. Queste procedure possono variare da azienda ad azienda e possono essere sottoposte a verifica da parte degli uffici competenti delle aziende sanitari locali;
    visto il vuoto normativo, si è cercato anche nel piano di azione nazionale di risolvere il problema in via «amicale» con l'agricoltore, chiedendogli di adottare alcune attenzioni: evitare i trattamenti quando c’è vento; controllare che la nuvola dei trattamenti non raggiunga le zone abitate; avvisare prima dei trattamenti in modo che i residenti possano chiudere porte e finestre; raccogliere i panni stesi, coprire l'orto con teli e non sostare nelle vicinanze dell'appezzamento da trattare. Tuttavia, non vi è esplicito divieto o una normativa nazionale uguale per tutti i comuni, né una reale campagna di sensibilizzazione, informazione e formazione dell'agricoltore per espletare, idoneamente, i trattamenti e non recare danno alla popolazione immediatamente prossima ai terreni agricoli. La problematica si acuisce quando alcuni comuni sono soliti autorizzare trattamenti e irrorazioni con diserbanti nei parchi cittadini e nelle vicinanze di molte abitazioni;
    quando si esegue un trattamento fitosanitario, soltanto una parte esigua della miscela contenente la sostanza attiva raggiunge il bersaglio, mentre il resto viene disperso nell'ambiente;
    nel merito della domanda relativa alle distanze di sicurezza per il rischio di contaminazione, va precisato che qualcosa in merito lo si ritrova solo nel regolamento (CE) n. 889/2008 inerente alla produzione biologica, che, fra l'altro, non indica una distanza specifica di sicurezza;
    l'articolo 63, «Regime di controllo e impegno dell'operatore», del titolo IV («Controlli») del capo I («Requisiti minimi di controllo») fa, infatti, riferimento alle misure precauzionali da prendere per ridurre il rischio di contaminazione da parte di prodotti o sostanze non autorizzati e misure di pulizia da prendere nei luoghi di magazzinaggio e lungo tutta la filiera di produzione dell'operatore;
    in concreto, nel caso in cui gli appezzamenti coltivati secondo il metodo biologico siano contigui a coltivazioni convenzionali (possibili fonti di inquinamento per fenomeni di deriva) spetta all'agricoltore che produce in biologico adottare misure precauzionali (quali la predisposizione di barriere sui confini a rischio e/o fasce di rispetto) per ridurre il rischio di contaminazione da parte di prodotti o sostanze non autorizzate dai disciplinari tecnici. Dunque, in una normativa che si presenta alquanto debole per quel che concerne il biologico, sul fronte dell'utilizzo dei prodotti fitosanitari, è del tutto assente la previsione di una distanza di sicurezza ben definita;
    sulla rivista The lancet oncology, l'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato tre pesticidi nella categoria 2A, cioè «probabilmente cancerogeni», l'ultimo livello prima di «sicuramente cancerogeni». La International agency for research on cancer ha preso in considerazione due insetticidi: il Diazinon e il Malathion, ma a suscitare scalpore è stato il parere espresso dall'agenzia sul Glisofato;
    il Glisofato è stato sintetizzato dalla Monsanto negli anni ’70 ed è il principio attivo del diserbante Roundup, il quale rappresenta l'erbicida più usato al mondo, oltre ad essere quello che si ritrova più spesso nell'ambiente; è presente in più di 750 prodotti destinati all'agricoltura, silvicoltura, usi urbani e domestici;
    alcuni esperimenti sugli animali hanno dimostrato che il diserbante provoca danni cromosomici, un maggiore rischio di tumore alla pelle, al tubolo renale e agli adenomi delle cellule pancreatiche. Tuttavia, la International agency for research on cancer ritiene che l'insieme della letteratura scientifica esaminata non permetterebbe di concludere con assoluta certezza che il Glisofato sia cancerogeno;
    il decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, all'articolo 5, prevede l'istituzione del consiglio tecnico-scientifico sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, istituito con il decreto interministeriale del 22 luglio 2013;
    il decreto interministeriale del 15 luglio 2015, in attuazione dell'articolo 22 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, stabilisce le «modalità di raccolta ed elaborazione dei dati per l'applicazione degli indicatori previsti dal piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari»;
    l'allegato al decreto interministeriale del 15 luglio 2015, al primo e al secondo capoverso, recita che: «l'articolo 22 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, prevede l'adozione di indicatori utili alla valutazione dei progressi realizzati attraverso l'attuazione del piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e specifica che tali indicatori, oltre a permettere “una valutazione dei progressi realizzati nella riduzione dei rischi e degli impatti derivanti dall'utilizzo di prodotti fitosanitari”, dovranno anche permettere di »rilevare le tendenze nell'uso di talune sostanze attive con particolare riferimento alle colture, alle aree trattate e alle pratiche fitosanitarie adottate. Il decreto legislativo precisa che gli indicatori stabiliti saranno utilizzati, tra l'altro, i dati rilevati ai sensi del regolamento (CE) n. 1185/2009, sulle statistiche relative ai prodotti fitosanitari (...)»;
    il 14 dicembre 2009 è entrato in vigore il regolamento n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE (sul divieto di immissione nel mercato e di impiego di prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive) e 91/414/CEE (relativa all'autorizzazione e all'immissione sul commercio dei prodotti fitosanitari). L'applicazione del regolamento è avvenuta il 14 giugno 2011. Tra le innovazioni contenute nel nuovo regolamento europeo c’è l'introduzione dei criteri di cut-off che escludono a priori le sostanze attive identificate pericolose per la salute dell'uomo, degli organismi animali o dell'ambiente;
    le sostanze attive che possiedono caratteristiche intrinseche di pericolosità tali da destare preoccupazione verranno, invece, identificate come sostanze «candidate alla sostituzione». I prodotti fitosanitari contenenti tali sostanze attive dovranno essere sottoposti ad una procedura di «valutazione comparativa» che dovrà verificare la disponibilità, in commercio, di prodotti analoghi, o di metodi non chimici alternativi, con profilo tossicologico ed eco-tossicologico più favorevole;
    tale nuovo quadro normativo si inserisce in una situazione legislativa che ha visto, nel marzo 2009, la conclusione del programma europeo di revisione di tutte le sostanze attive fitosanitarie presenti sul mercato nel 1993 ai sensi della direttiva 91/414/CEE. La revisione ha interessato circa 1.000 sostanze e al termine circa 750 sono state escluse dal commercio in Europa;
    in Italia si stima che circa 200 sostanze attive fitosanitarie siano state revocate. Tra queste un numero rilevante ha riguardato sostanze impiegate diffusamente (ad esempio, i fosforganici), la cui sostituzione ha creato qualche problema richiedendo una ridefinizione delle strategie di difesa delle colture;
    in questo scenario si inseriscono, quindi, le importanti disposizioni previste dal nuovo regolamento n. 1107/2009 sull'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari che potrebbero portare, nei prossimi anni, all'esclusione dal commercio di altre sostanze attive, attualmente autorizzate (incluse nell'allegato I);
    infatti, il processo prevede che le sostanze attualmente autorizzate siano rivalutate, alla luce dei nuovi criteri di cut- off e di selezione delle sostanze candidate alla sostituzione, soltanto al momento della scadenza della loro autorizzazione al commercio. Quindi, solo fra diversi anni si potrà conoscere l'effettiva disponibilità delle sostanze attive;
    tale situazione di incertezza determina rilevanti criticità anche in sede di predisposizione ed aggiornamento dei disciplinari di produzione integrata a livello regionale. Nei disciplinari di produzione integrata sono, infatti, riportate le strategie di difesa integrata a cui devono attenersi le aziende agricole che aderiscono alle organizzazioni dei produttori e che rappresentano, quindi, le metodologie produttive che sono alla base delle attività di promozione e valorizzazione della qualità della maggior parte delle produzioni ortofrutticole regionali;
    l'articolo 30, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, indica che: ”(...) in deroga all'articolo 29, paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri possono autorizzare, per un periodo provvisorio non superiore a tre anni, l'immissione sul mercato di prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva non ancora approvata, a condizione che:
     a) la decisione di approvazione non abbia potuto essere presa entro un termine di trenta mesi dalla data di ammissibilità della domanda, prorogato degli eventuali termini aggiuntivi fissati in conformità dell'articolo 9, paragrafo 2, dell'articolo 11, paragrafo 3, o dell'articolo 12, paragrafo 2 o 3;
     b) a norma dell'articolo 9 il fascicolo sulla sostanza attiva sia ammissibile in relazione agli usi proposti;
     c) lo Stato membro concluda che la sostanza attiva può soddisfare i requisiti di cui all'articolo 4, paragrafi 2 e 3, e che il prodotto fitosanitario può prevedibilmente soddisfare i requisiti di cui all'articolo 29, paragrafo 1, lettere da b) a h);
     d) siano stati stabiliti livelli massimi di residuo conformemente al regolamento (CE) n. 396/2005;
    il paragrafo 3 dell'articolo 30 del regolamento stabilisce che: «(...) le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 si applicano fino al 14 giugno 2016 (...)»;
    in verità questo articolo così come l'articolo 53 (che prevede autorizzazioni in deroga per ragioni di emergenza fitoiatrica, la cui validità è di centoventi giorni) del medesimo regolamento stanno trovando una forte applicazione in contrasto con i caratteri di eccezionalità e in deroga alla norma comunitaria nella parte in cui trova difficile applicazione quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 396/2005 sui livelli massimi di residui. Molte autorizzazioni concesse in riferimento all'articolo 30 del citato regolamento, di fatto, si sono anche spinte oltre i tre anni previsti, producendo delle vere e proprie distorsioni del sistema autorizzatorio, anche perché è difficile constatare l'interruzione, dopo i termini di scadenza, delle sostanze autorizzate e che cosa si intende per emergenza fitoiatrica;
    a tal riguardo, dal sito del Ministero della salute, dove tra l'altro vi è una lunga lista di sostanze autorizzate in base all'articolo 53, si legge che: «(...) la Commissione europea sta predisponendo una nuova linea guida ad uso degli Sati membri al fine di chiarire in quali circostanze una situazione può essere definita di emergenza fitoiatrica ed allo scopo di uniformare le procedure di rilascio di dette autorizzazioni da parte degli Stati stessi; saranno, inoltre, fornite indicazioni procedurali su come effettuare la richiesta di autorizzazioni eccezionali (...)»;
    alla luce di quanto poc'anzi descritto, appare evidente che l'impianto autorizzatorio in deroga (articoli 30 e 53 del regolamento n. 1107/2009) è carente delle definizioni guida che chiariscano che cosa si intende e quando si verifica un'emergenza fitoiatrica, come appare anche che le disposizioni del piano di azione nazionale, così come i suoi decreti attuativi sulla costituzione del consiglio tecnico-scientifico sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, e le modalità di raccolta ed elaborazione dei dati per l'applicazione degli indicatori previsti dal piano d'azione nazionale e il «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque. Dati 2011-2012-edizione 2014» dell'Ispra evidenziano una vera e propria aporia finalistica del complesso normativo, tenendo conto anche del regolamento (CE) n. 396/2005 sui livelli massimi di residui;
    a precisa domanda posta dai firmatari del presente atto di indirizzo al Ministero della salute sull'esistenza di dati statistici delle autorizzazioni di cui all'articolo 30 del regolamento, la risposta è stata che il Ministero non possiede dati che consentano di capire quante e quali sono state le autorizzazioni rilasciate in merito al citato articolo,

impegna il Governo:

   ad assumere un'iniziativa normativa sull'utilizzo dei prodotti fitosanitari più stringente, rispetto a quella oggi in vigore, che introduca a livello nazionale divieti ed eventuali sanzioni, superando la logica delle raccomandazioni e sancendo distanze certe e determinate tra i luoghi oggetto di irrorazione con fitofarmaci e i centri abitati e le coltivazioni biologiche e biodinamiche, al fine di garantire il diritto alla salute;
   ad assumere iniziative normative per introdurre il divieto esplicito di utilizzo dei prodotti fitosanitari nei parchi pubblici, come già avviene in altri Paesi dell'Unione europea;
   ad adottare una campagna informativa più efficace, attraverso una cartellonistica chiara e leggibile, in grado di avvertire la popolazione circa il luogo in cui è stato fatto uso di pesticidi, indicando, tra l'altro, le eventuali malattie che essi comportano e il «periodo di carenza» al fine di evitare di cagionare danni alla salute umana, con il partenariato del Ministero della salute, sulla base di altre campagne messe già in atto come quella contro il fumo, avvalendosi anche del servizio pubblico radiotelevisivo e delle maggiori testate giornalistiche nazionali;
   ad assumere iniziative normative per introdurre specifiche distanze di sicurezza fra i campi coltivati dove sono utilizzati i prodotti fitosanitari e i campi dove non se ne fa utilizzo, che al momento non sono disciplinate a livello nazionale;
   ad effettuare, avvalendosi di enti pubblici e della collaborazione dei centri di ricerca e studi indipendenti, un monitoraggio sugli effetti a lungo termine di determinati prodotti impiegati, con particolare riguardo al «cocktail di fitosanitari», così come descritto nel dossier dell'Ispra;
   ad assumere un'apposita iniziativa normativa al fine di obbligare gli agricoltori che praticano l'agricoltura convenzionale, e quindi che utilizzano i fitofarmaci, al rispetto delle distanze di sicurezza fra le colture, al fine di evitare che le produzioni biologiche e biodinamiche vengano contaminate;
   a valutare la messa al bando del Glifosato dal territorio nazionale, al fine di applicare il «principio di precauzione» per salvaguardare le condizioni di vita e di lavoro degli operatori del settore, oltre alla salute pubblica e dell'ambiente, avendo quale punto di valutazione scientifica il parere dell’International agency for research on cancer e i numerosi studi di cancerogenicità fin ora esperiti, valutando, inoltre, anche l'esclusione delle sostanze di sintesi classificate come «probabilmente cancerogene»;
   a porre in essere iniziative concrete che limitino fortemente l'utilizzo delle deroghe sul territorio italiano e a dar seguito a quanto previsto dal piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, dalla «Strategia tematica per l'uso sostenibile dei pesticidi» e dalle norme di recepimento e attuative del complesso normativo;
   ad assumere iniziative affinché le attuali disposizioni degli articoli 30 e 53 del regolamento n. 1107/2009 vengano riviste in maniera più restrittiva e nel reale rispetto ed applicazione di fatto di quanto previsto dall'intero corpo normativo sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, garantendo che i livelli massimi di residui vengano rispettati;
   ad attivarsi in sede comunitaria affinché vengano emanate le mancanti linee guida che chiariscano che cosa si intende e in quali circostanze si verifica una emergenza fitoiatrica;
   ad avviare, per il tramite del competente Ministero, un'indagine con cui acquisire i dati statistici sulle autorizzazioni rilasciate di cui all'articolo 30 del regolamento n. 1107/2009;
   a realizzare una vera strategia nazionale con cui invertire le attuali politiche sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, che di fatto appartengono più a degli enunciati di buoni propositi che non alla realtà fattuale, creando un cluster agronomico-ambientale dove ricercare e sperimentare prodotti fitosanitari a base di sostanze naturali, al fine di diminuire, per poi eliminare dal territorio italiano, i prodotti fitosanitari di sintesi alla luce anche delle scelte, sempre maggiori, di conversione aziendale dall'agricoltura convenzionale a quella biologica.
(1-01019)
«Zaccagnini, Scotto, Pellegrino, Zaratti, Nicchi, Fratoianni, Franco Bordo».
(16 ottobre 2015)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER RAFFORZARE LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO A FAVORE DEI PAESI AFRICANI, ANCHE NELLA PROSPETTIVA DELLA RIDUZIONE DEI FLUSSI MIGRATORI

   La Camera,
   premesso che:
    i fenomeni migratori che, attraverso il Mare Mediterraneo, interessano l'intera Europa hanno origine soprattutto nell'Africa sub-sahariana e trovano sbocco oggi nella Libia, a causa del vuoto di potere che caratterizza il Paese;
    i migranti sbarcati sul territorio italiano nel corso del 2015 (secondo dati aggiornati a metà luglio 2015) provengono da: Eritrea (20.392); Nigeria (9.619); Somalia (6.966); Sudan (4.668); Gambia (4.206); Senegal (3.245); Mali (3.112); Costa d'Avorio (1.854); Siria (4.953); Bangladesh (2.697); altre provenienze (21.220);
    l'immigrazione dall'Africa non può essere comunque considerata come un fenomeno transitorio, ma, al contrario, costituisce un fatto strutturale, destinato con ogni probabilità ad aggravarsi nei prossimi anni a causa dell'aumento della pressione demografica e del probabile permanere di condizioni di conflitto locali e regionali che si sommano a storiche e irrisolte situazioni di povertà;
    oltre agli interventi volti alla limitazione dei flussi migratori illegali dall'Africa all'Europa e alla distribuzione dei migranti aventi status di rifugiati tra i diversi Paesi dell'Unione europea, interventi già posti in essere dalla stessa Unione europea grazie alle pressioni del Governo italiano, occorre cominciare a lavorare in modo organico ad una politica finalizzata al miglioramento strutturale delle condizioni di vita nei Paesi dai quali hanno origine i flussi stessi;
    l'Italia ha recentemente approvato una importante riforma del sistema della cooperazione allo sviluppo, che la mette in linea con i migliori standard europei ed internazionali e che ne allarga lo spettro di azione anche grazie al contributo di soggetti privati;
    l'Unione europea rappresenta, nel suo complesso, il principale donatore mondiale nel campo della cooperazione allo sviluppo, con oltre 50 miliardi di euro all'anno di fondi dedicati;
    questi fondi vengono in larga misura destinati ad altri soggetti, quali la Banca mondiale o altri fondi internazionali; l'Unione europea non riesce spesso a controllare le strategie o ad intervenire sulle stesse indicando le proprie priorità programmatiche;
    gli aiuti tradizionali ai Paesi in via di sviluppo, e in particolare ai Paesi africani, sono spesso inefficaci a causa di una logica ormai superata di distribuzione a pioggia su molteplici piccoli progetti non inseriti in un quadro strategico complessivo;
    i fenomeni di corruzione nei Paesi destinatari degli aiuti, uniti alla carenza di effettivi controlli sul reale utilizzo dei finanziamenti internazionali, ne riducono di gran lunga l'efficacia;
    le grandi istituzioni internazionali, come l'Onu e le sue articolazioni (Fao, Unicef e altre) e la stessa Banca mondiale, appaiono ancora spesso prigioniere di logiche superate, non sempre improntate alla reale misurazione dei risultati e talora carenti di una visione strategica complessiva;
    l'Africa possiede enormi risorse naturali ed umane, che ne fanno il bacino di sviluppo potenzialmente più grande dell'intero pianeta;
    molti Paesi africani sono ormai consapevoli della necessità di progredire nella direzione di reali e radicali riforme strutturali sul piano politico-istituzionale, ammodernando al tempo stesso i propri sistemi educativi e produttivi, onde porre fine a storici processi di sfruttamento delle risorse da parte di realtà straniere ed evitare forme di neocolonialismo economico, ma necessitano, per realizzare questi scopi, di una forte interlocuzione e di un reale sostegno da parte dell'Europa e di tutti i Paesi occidentali;
    altri Paesi, che non hanno ancora raggiunto questa consapevolezza, vanno comunque aiutati ad uscire dalle proprie situazioni di arretratezza culturale, sociale, economica e istituzionale attraverso interventi non più improntati esclusivamente ad azioni caritatevoli, ma sempre più orientati al capacity building;
    il controllo geopolitico dell'Africa, senza un'efficace azione europea, rischia di dare luogo a fenomeni di neocolonialismo che si realizza attraverso le leve economico-finanziarie, da parte di altre potenze emergenti, in particolare la Cina, attraverso l'investimento di ingenti capitali;
    l'incremento delle relazioni istituzionali e commerciali tra l'Italia e i Paesi africani può costituire un elemento determinante nella promozione della crescita e dello sviluppo dei Paesi stessi;
    l'Unione africana costituisce un interlocutore fondamentale per la realizzazione di vere sinergie istituzionali finalizzate alla crescita del continente africano,

impegna il Governo:

   a ripensare complessivamente il tema dell'aiuto allo sviluppo dei Paesi africani, a partire da quelli dai quali provengono i principali flussi migratori verso l'Italia, attraverso l'elaborazione di una strategia dedicata, auspicabilmente nella forma di un libro bianco, che consideri in modo integrato gli aspetti relativi allo sviluppo economico, alle relazioni commerciali, alla finanza, alle riforme istituzionali, ai conflitti, alle migrazioni, all'impiego dei fondi per la cooperazione, alla rete di relazioni internazionali, alle condizioni geopolitiche regionali;
   a condividere in sede di Unione europea tale strategia, chiedendo che l'intera Unione metta in atto una politica di medio-lungo periodo volta anche e prioritariamente a ridurre l'impatto strutturale dei fenomeni migratori dal continente africano verso l'Europa;
   ad assumere iniziative affinché le grandi organizzazioni internazionali, a partire da Onu e Banca mondiale, rafforzino l'efficacia dei propri interventi, sia individuando priorità e sinergie che si adeguino rapidamente ai mutevoli scenari economici e geopolitici, sia implementando ulteriormente i sistemi di controllo sul reale utilizzo dei fondi, sia attuando una serie misure di contrasto alla corruzione, tutto ciò avendo come primo obiettivo la riduzione drastica dei fenomeni di emigrazione dal continente africano;
   a rafforzare i partenariati istituzionali e commerciali con i Paesi individuati come prioritari;
   ad assumere iniziative per incrementare i fondi per la cooperazione internazionale allo sviluppo, destinandoli soprattutto a progetti strategici mirati al sostegno dei Paesi più critici per l'Italia sotto il profilo delle migrazioni e della sicurezza internazionale;
   a dedicare particolare attenzione e a dare rilievo prioritario ai progetti di capacity building;
   ad attivare i più efficaci controlli sulla reale destinazione ed utilizzo dei propri fondi, con particolare riguardo alla lotta ai fenomeni corruttivi nei Paesi destinatari degli aiuti;
   a stimolare gli investimenti privati nei Paesi individuati come prioritari, lavorando al tempo stesso per favorire le condizioni di stabilità politico-istituzionale indispensabili per garantire le necessarie condizioni di sicurezza per gli investitori;
   a sollecitare le aziende italiane operanti nei Paesi africani, e quelle che in futuro vi opereranno, a realizzare una presenza che sappia coniugare la logica di mercato con la capacità di contribuire in modo reale allo sviluppo locale, in un'ottica di responsabilità sociale d'impresa;
   a rafforzare l'interlocuzione con l'Unione africana, al fine di condividere con essa priorità strategiche e modalità di rapporto istituzionale che supportino una reale crescita del continente africano;
   ad informare compiutamente il Parlamento entro 6 mesi circa l'evoluzione delle strategie richiamate nella presente mozione.
(1-00956) «Alli, Lupi, Cicchitto, Pagano».
(23 luglio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    ormai da mesi l'Italia sta fronteggiando una situazione drammatica: sulle coste italiane continuano ad arrivare barconi pieni di migranti provenienti dall'Africa e dal Medio Oriente, che fuggono da scenari di guerra o di rivolte popolari e soprattutto da reiterata violazione dei diritti umani, fame e povertà, fenomeno che non può più essere considerato come transitorio o eccezionale e che non riguarda soltanto le iniziative umanitarie e il controllo delle frontiere, ma passa anche attraverso la cooperazione economica con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo;
    d'altronde l'immigrazione non può essere arrestata, perché è parte della storia dell'umanità, ma va gestita nell'interesse dei Paesi di origine e di quelli di destinazione dei flussi migratori, anche e soprattutto per impedire il rischio di una deriva razzista;
    gli sbarchi quotidiani di migranti stanno determinando una vera e propria emergenza umanitaria che non può e non deve essere una questione solo italiana, ma europea, delle istituzioni dell'Unione europea e di tutti gli Stati membri in una visione solidaristica e di condivisione delle responsabilità;
    per controllare i flussi migratori che dalle aree di crisi si riversano sull'Europa «non si può solo alzare un muro, né bastano solo le azioni di cooperazione: serve una strategia di lungo termine» che mescoli la cooperazione con i Paesi in difficoltà alla ricostruzione di Paesi «vicini al collasso totale», parole pronunciate dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione, Paolo Gentiloni, al termine della conferenza interministeriale sul nesso tra cooperazione economica e controllo dei flussi immigratori che si è tenuta a Roma nel 2014, il cosiddetto Processo di Khartoum sull'immigrazione dall'Africa orientale (EU-Horn of Africa migration route initiative), in attuazione del precedente Processo di Rabat, ovvero il foro di dialogo regionale tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa occidentale, centrale e mediterranea, nato nel 2006 su impulso di Spagna, Francia e Marocco al fine di affrontare le sfide poste dalle migrazioni lungo la rotta migratoria Africa sub-sahariana-Unione europea, secondo un approccio di responsabilità condivisa tra Paesi d'origine, transito e destinazione dei flussi migratori;
    il Processo di Khartoum è un accordo firmato il 28 novembre 2014 a Roma tra i Paesi dell'Unione europea e i Paesi di origine e di passaggio dei migranti che, dal Corno d'Africa e dall'Africa dell'Est si riversano sulle coste della Libia per raggiungere l'Europa, approdando nel nostro Paese, scappando da Somalia, Eritrea, Darfur/Sudan, Etiopia e dunque da situazioni di conflitto decennali, da violazioni di diritti umani documentati in innumerevoli rapporti di organizzazioni della società civile; nel corso della citata conferenza è stata sancita la volontà tra i Paesi partecipanti di collaborare per combattere il traffico di esseri umani, intervenire sui fattori scatenanti dell'emigrazione, cercare di garantire dei percorsi più strutturati per chi emigra, tutelando le fasce più vulnerabili e i richiedenti asilo e, per arrivare a questi obiettivi, occorrono accordi che portino a scambi d'informazioni, a sviluppo di capacity building, assistenza tecnica e buone pratiche per sostenere lo sviluppo sostenibile nei Paesi d'origine e di transito, creare strategie comuni di lotta alle reti criminali che gestiscono il traffico di migranti, regolare i flussi migratori e, là dov’è possibile, prevenirli;
    occorre, dunque, innanzitutto favorire un processo di revisione e miglioramento della qualità e efficacia degli interventi volti allo sviluppo (sostenibile) da parte delle grandi organizzazioni internazionali, a partire da Onu e Banca mondiale, con particolare riferimento a quei Paesi ove ha origine il flusso migratorio;
    è evidente che la stabilizzazione delle aree di conflitto, da cui ha origine la forte pressione migratoria, non può prescindere da strategie di cooperazione finalizzate alla riduzione della povertà e al conseguimento della sicurezza alimentare, attraverso lo sviluppo agricolo locale da sostenere mediante investimenti in infrastrutture e innovazione volti a generare, nel rispetto dell'uso sostenibile delle risorse naturali, un livello di modernizzazione in grado di contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico e a superare l'agricoltura di sussistenza con la diffusione di pratiche agricole capaci di assorbire forza lavoro qualificata e di creare filiere produttivo-commerciali;
    secondo la Banca mondiale, tra i Paesi emergenti, si è in presenza di una riduzione significativa di quelli molto poveri (scesi da oltre 60 a 34), tuttavia aumentano però quelli considerati «fragili» (36 secondo l'Ocse), ovvero condizionati e messi in difficoltà sul versante dello sviluppo economico a causa di conflitti (dovuti soprattutto a insipienza e irresponsabilità internazionali), debolezze istituzionali, inadeguatezza delle reti sociali e imprenditoriali;
    infine, il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, a margine del suo intervento alla sessione dell'Onu tenutasi a settembre 2015, ha assicurato che l'Italia metterà a disposizione più risorse per i programmi a sostegno della lotta alla fame, alla povertà, alle malattie e al sottosviluppo: «Da qui al 2017 saremo al quarto posto nel G7 per gli investimenti nella cooperazione internazionale»;
    il nostro Paese si è impegnato, in maniera attiva nel corso del lungo iter diplomatico che ha portato all'adozione del Trattato internazionale sul commercio delle armi, affinché esso fosse in linea con quanto da sempre sostenuto nell'ambito della tutela, rispetto e promozione dei diritti umani, del disarmo, della cooperazione allo sviluppo e nel rispetto delle norme di diritto internazionale umanitario e con il richiamo all'obbligo di risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici;
    la legge n. 185 del 1990 rappresenta una delle più avanzate normative sul controllo dei materiali di armamento e, con il recepimento anche di successive direttive sul controllo dei trasferimenti dei materiali di armamento, il sistema normativo italiano è risultato pienamente in grado di poter attuare il citato Trattato; peraltro, in questa legge, con la lettera d) del comma 6 dell'articolo 1, viene vietata l'esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'Unione europea o del Consiglio d'Europa,

impegna il Governo:

   a predisporre una seria strategia di politica estera dell'Unione europea più flessibile e adeguata nel rispondere alle minacce e alle sfide emergenti in settori quali la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici, l'accesso all'acqua o il processo di desertificazione, fattori che spingono le popolazioni africane coinvolte verso altri Paesi e che si legano inevitabilmente all'aumento dei flussi migratori, attraverso l'adozione di misure e proposte per la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo delle risorse, per una cooperazione allo sviluppo che non sia sinonimo di sostentamento, per la risoluzione di conflitti non basata sul solito interventismo militare;
   a potenziare le strutture consolari di assistenza sociale nei Paesi africani, in modo che esse possano farsi carico di un primo orientamento in loco dei nuovi migranti con la costituzione di appositi sportelli all'interno degli uffici consolari;
   a far sì che l'approccio al dramma dei profughi e dei flussi migratori dall'Africa sia affrontato dall'Unione europea nel solco dei processi di Rabat e di Khartoum, ovvero con una nuova politica dell'Unione europea nei confronti del continente africano in grado di affrontare le cause remote (povertà, crisi e conflitti), anche tramite il miglioramento delle situazioni della sicurezza, umanitarie e dei diritti umani e delle condizioni socio-economiche nei Paesi di origine, e di rafforzare la cooperazione con i Paesi di transito per il controllo dei flussi, per un contrasto efficace dei trafficanti e per rafforzarne le capacità in modo da consentire alle autorità locali di affrontare la questione in maniera più proficua;
   ad assumere iniziative per implementare con fatti concreti il cosiddetto Processo di Khartoum, adoperandosi affinché l'intera Unione europea non si caratterizzi esclusivamente con missioni militari come Eunavfor Med, Frontex o Active Endeavour, ma si decida a intervenire sui problemi strutturali dell'immigrazione dall'Africa attraverso un consistente piano di cooperazione allo sviluppo che rafforzi le economie locali;
   a rendere effettivi gli impegni assunti, nel quadro dei citati processi, attraverso un approccio di maggiore generosità in termini di stanziamenti nella cooperazione allo sviluppo con questi Paesi, implementando contestualmente più serrati controlli sulla destinazione di tali fondi e sui fenomeni di corruzione inevitabilmente correlati;
   ad assumere iniziative per continuare a rafforzare la partnership tra Unione europea e l'Unione africana e con le organizzazioni regionali africane, con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite;
   a intraprendere, anche in collaborazione con i Governi dei Paesi riceventi, ogni utile iniziativa volta a incrementare i fondi per la cooperazione pubblica allo sviluppo nel settore agricolo locale, al fine di sostenere investimenti volti alla diffusione di modelli di produzione in grado di generare occupazione, di consentire agli operatori di accedere a mercati più ampi di quelli strettamente locali, di attivare meccanismi che permettano loro di recuperare la maggior parte possibile del valore di ciò che producono e di capitalizzare le risorse naturali, specie nelle aree a forte rischio ecologico, dove i servizi agricoli, come l'irrigazione, sono insoddisfacenti e il cambiamento climatico influisce in maniera significativa sulla disponibilità di cibo e sulla stabilità della sua offerta, il suo accesso e il suo utilizzo, alimentando, di fatto, espulsioni e progetti migratori;
   considerata l'evidente correlazione tra conflitti, traffico d'armi e flussi migratori, in specie provenienti dall'Africa, ad adottare ogni utile iniziativa affinché sia interrotta immediatamente l'esportazione di armi a tutti i Paesi che non rispettano i fondamentali diritti umani nel rispetto della legge n. 185 del 1990 e, parallelamente, a farsi promotore, nelle sedi bilaterali e in quelle multilaterali, di tutte le iniziative diplomatiche necessarie a limitare comunque il commercio con tutti questi Paesi.
(1-01018)
«Spadoni, Grande, Manlio Di Stefano, Sibilia, Di Battista, Scagliusi, Del Grosso».
(16 ottobre 2015)