TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 476 di Mercoledì 5 agosto 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI DEL VENETO COLPITE DA CALAMITÀ NATURALI L'8 LUGLIO 2015

   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata dell'8 luglio 2015, un tornado estremamente violento si è abbattuto sulla riviera del Brenta, di livello EF4 della scala Enhanced Fujita. Le sue caratteristiche, con raffiche di vento fino a 350 chilometri orari, hanno eguagliato quelle del tifone Katrina, considerato per potenza il sesto uragano atlantico mai registrato, che nel 2005 devastò la città statunitense di New Orleans;
    il tornado ha colpito duramente i centri abitati sui quali si è abbattuto, devastando gravemente i comuni di Dolo, Pianiga e Mira nella provincia di Venezia. I danni prodotti sono stati ingentissimi: in termini di vite umane con una vittima e 87 feriti; in termini economici con 500 abitazioni danneggiate e 100 edifici da abbattere perché pericolanti e non recuperabili. L'ammontare stimato dei costi è di circa 100 milioni di euro, come dichiarato dal presidente della regione Veneto Luca Zaia nel consiglio regionale del 13 luglio 2015. Anche il patrimonio storico-architettonico della riviera del Brenta ha subito ingentissimi danni, che hanno colpito soprattutto le ville venete: emblematico il caso di Villa Santorini-Toderini-Fini a Dolo, del 1665, completamente rasa al suolo dal tornado;
    nella zona colpita dalla calamità naturale si registrano circa 200 persone sfollate, inoltre molte attività economiche saranno costrette a sospendere la propria attività per un periodo medio-lungo, con un grave danno per il sistema economico dell'intera provincia di Venezia;
    i danni materiali prodotti, per caratteristiche e per conseguenze sociali ed economiche, sono molto simili a quelli di un terremoto, come, ad esempio, il sisma che nel 2012 devastò alcune province delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto;
    le istituzioni locali, ad iniziare dai sindaci dei comuni colpiti dal disastro, hanno chiesto pubblicamente di ottenere aiuti dal Governo, quali ad esempio deroghe al Patto di stabilità, al fine di poter avviare quanto prima e con successo i lavori di ricostruzione;
    purtroppo, non è la prima volta che zone del territorio italiano vengono colpite e devastate da violenti fenomeni atmosferici che provocano vittime e danni alle infrastrutture. Nei casi più gravi la dichiarazione dello stato di emergenza è stata accompagnata dal varo di provvedimenti speciali volti a sospendere pro tempore gli adempimenti tributari per le persone fisiche e giuridiche residenti nelle zone colpite dagli eventi meteorologici eccezionali. Si tratta di condizioni di estrema gravità che purtroppo ricorrono anche nel caso oggetto della presente mozione,

impegna il Governo:

   ad adottare, per quanto di competenza, ogni iniziativa utile a sostegno dei comuni della riviera del Brenta colpiti dal tornado dell'8 luglio 2015, anche attraverso interventi normativi ad hoc, come già fatto in precedenza con il cosiddetto «decreto Emilia» (decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 2014, n. 93), con particolare riferimento a misure che dispongano la sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari, che determinino criteri generali idonei ad assicurare, a fini di equità, la parità di trattamento dei soggetti danneggiati, che prevedano la sospensione dei mutui sugli edifici distrutti o inagibili, oltre all'aumento della ripartizione degli stanziamenti nazionali destinati al fondo per la ricostruzione e la previsione di procedure semplificate per la presentazione delle domande di rimborso;
   ad assumere iniziative per provvedere allo stanziamento di risorse aggiuntive specifiche per il recupero del patrimonio architettonico delle ville venete danneggiate, sia pubbliche che private, per l'importantissima valenza storica e artistica, riconosciuta a livello mondiale, della riviera del Brenta, anche attraverso la richiesta di un finanziamento ad hoc alla Banca europea per gli investimenti, finalizzato alla realizzazione di un piano per il recupero, la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale danneggiato dagli eventi richiamati in premessa, tenuto conto che Villa Foscari a Mira, di Andrea Palladio, è nell'elenco dei siti riconosciuti dall'Unesco come patrimonio dell'umanità;
   a valutare, alla luce dello stato di necessità e urgenza di cui in premessa, l'opportunità di individuare risorse aggiuntive a valere sui fondi europei residui e relativi alla dotazione finanziaria 2007-2013, o sui fondi europei del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, anche attraverso un'opportuna riprogrammazione e rimodulazione dei fondi strutturali e di investimento, in favore delle imprese danneggiate dalle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi sul territorio regionale veneto della riviera del Brenta, in conformità alle condizioni previste dalla normativa comunitaria relativamente all'utilizzo dei fondi europei.
(1-00962)
«Cozzolino, Da Villa, D'Incà, Spessotto, Benedetti, Brugnerotto, Businarolo, Fantinati, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Crippa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
(29 luglio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'8 luglio 2015, eccezionali fenomeni temporaleschi hanno colpito il territorio del Veneto ed in particolare alcuni comuni delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno, provocando gravi danni alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati e ai beni mobili;
    l'intensità delle raffiche di vento e pioggia è stata devastante e ha messo in pericolo la vita delle persone, provocando anche la morte di un uomo e circa 100 feriti e creando l'interruzione dei collegamenti viari e la compromissione delle attività civili, commerciali e agricole;
    i fenomeni temporaleschi, che hanno fatto seguito ad un lungo periodo con temperature eccezionalmente elevate e caldo torrido, ben oltre la media stagionale estiva, hanno provocato la bora sul litorale adriatico ed un tornado che per i danni provocati è stato catalogato di intensità F4, in funzione della scala Fujita avanzata (Enhanced Fujita scale);
    a valle del Boite, nell'alto bellunese, una frana in località Acquabona nel comune di Cortina d'Ampezzo ha provocato l'interruzione della viabilità sottostante sulla strada statale n. 51 di «Alemagna» che è stata a lungo bloccata in entrambe le direzioni da circa 2000 metri cubi di materiale sversato;
    nel veneziano, le violente piogge, la grandine e una tromba d'aria di notevole intensità hanno provocato lo scoperchiamento di case e capannoni, il danneggiamento di circa 500 edifici, l'isolamento di intere aree, con l'interruzione della rete stradale e ferroviaria, black-out elettrici fino all'indomani, oltre a disservizi nella fornitura del gas e dell'acqua; in particolare, lungo la riviera del Brenta, nel pomeriggio il violento tornado ha provocato ingenti danni nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira;
    tra gli edifici di maggior rilievo colpiti si segnala la devastazione di numerosissime ville venete (almeno 20), quella della famosa Villa Santorini-Toderini-Fini, nel comune di Dolo, località Cesare Musatti, letteralmente rasa al suolo e i cui danni sono stati quantificati in 6.500.000 euro, sui complessivi 9.850.000 euro riguardanti tutte le altre ville e dimore storiche venete;
    nel comune di Dolo, sono state danneggiare oltre 200 abitazioni, di cui 132 considerate inagibili (90 da abbattere parzialmente); gli sfollati sono stati circa 450; sono state coinvolte dall'evento 15 ville venete, oltre 20 attività produttive e commerciali e centinaia di vetture; è stato distrutto completamente l'arredo urbano di almeno 16 strade (patrimonio arboreo, segnaletica stradale, impianti di sollevamento delle fognature bianche, pubblica illuminazione e altro) e gli impianti sportivi comunali. Il comune ha sospeso il pagamento dei tributi locali e ha allestito presso il municipio uno sportello unico di emergenza;
    nel comune di Pianiga, si sono rilevati, ad oggi, danni al patrimonio privato e pubblico per un totale di circa 250 immobili e di centinaia di autovetture; è stato distrutto completamente l'arredo urbano di almeno 22 strade e sono state coinvolte oltre 30 attività produttive e commerciali e gli impianti sportivi comunali; il comune ha allestito due sportelli di emergenza;
    nel comune di Mira, sono stati rilevati danni su circa 75 fabbricati, dei quali 10 fabbricati risultano danneggiati irrimediabilmente; molti manufatti pertinenziali ad uso magazzino/garage risultano crollati e molte aree verdi sono state particolarmente colpite e sono necessari una serie di interventi urgenti di messa in sicurezza delle alberature e dei rami pericolanti, che hanno creato intralcio alla circolazione stradale; risulta urgente ripristinare la segnaletica stradale letteralmente sradicata e divelta; in molte zone industriali sono necessari interventi urgenti di bonifica e di smaltimento di materiali contenenti amianto; molti capannoni sono stati scoperchiati e la quantificazione dei costi risulta estremamente difficile;
    solo nel comparto agricolo, il passaggio del tornado ha determinato la distruzione delle coltivazioni erbacee in atto e la compromissione di strutture produttive quali fabbricati, serre e impianti arborei, in particolare vigneti. Numerose sono le segnalazioni per interventi estesi di bonifica dai detriti di qualsiasi genere dispersi nei terreni coltivati, che rendono e renderanno difficile le lavorazioni e lo sfruttamento degli stessi. La stima sulla base dei dati forniti porta ad una quantificazione di danno per il comparto agricolo di circa 4 milioni di euro; particolarmente grave risulta la situazione nella provincia di Venezia;
    il presidente della regione Veneto ha adottato immediatamente il decreto 9 luglio 2015, n. 106, con cui è stato dichiarato lo «stato di crisi» e ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al capo del dipartimento della Protezione civile la richiesta di dichiarazione dello «stato di emergenza» a livello nazionale;
    la prima stima dei danni è stata quantificata in circa 91,5 milioni di euro, ma la quantificazione è destinata ad aumentare, una volta concluse le verifiche di stabilità degli edifici colpiti;
    le aziende colpite da pesanti danni sono impossibilitate a riprendere la propria attività, anche in considerazione della crisi economica in atto che rende la situazione ancora più complessa di quanto già non lo fosse prima del disastro e ciò determina pesanti conseguenze all'economia locale e nel comparto occupazionale;
    nella relazione della stima dei danni, la regione Veneto chiede l'attivazione nell'immediato di alcuni provvedimenti urgenti necessari, già adottati in passato in situazioni simili di emergenza, ed in particolare: la possibilità di smaltire in forma semplificata i materiali che, per la loro natura, sono dichiarati pericolosi, tossici e nocivi, come ad esempio i cumuli di materiale inerti contaminati dall'amianto che era presente nelle strutture in eternit dei capannoni adibiti ad uso industriale;
    lo stesso dicasi per le ingenti quantità di rifiuti domestici ed industriali di qualsiasi natura derivanti dagli sgomberi e dalle numerose demolizioni di fabbricati e manufatti e della relativa difficoltà di smaltimento da parte degli enti interessati;
    la previsione di poter ristorare le spese per i numerosissimi volontari intervenuti sui luoghi del disastro direttamente a carico dello stanziamento in disponibilità del commissario straordinario che sarà verosimilmente nominato, come anche la copertura delle spese di lavoro straordinario del personale degli enti locali intervenuto per tutta la durata della fase della prima emergenza;
    inoltre, l'esigenza di attivare procedure semplificate, anche in deroga al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni e della normativa sulla segnalazione certificata di inizio attività, di cui alla legge n. 122 del 2010, per quanto attiene alle manutenzioni straordinarie e ristrutturazioni edilizie, che regolarizzino a posteriori i principali interventi ormai già iniziati e/o portati a compimento;
    la situazione rientra nell'ambito previsionale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, determinando la necessità dell'adozione di provvedimenti eccezionali e della dichiarazione dello «stato di emergenza» a livello nazionale;
    il Consiglio dei ministri, con delibera 17 luglio 2015, ha dichiarato lo stato di emergenza, «in conseguenza della tromba d'aria che il giorno 8 luglio 2015 ha colpito il territorio dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira in provincia di Venezia e di Cortina d'Ampezzo in provincia di Belluno» (Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 29 luglio 2015, n. 174); tuttavia, in tale delibera non sono ricompresi tutti i territori delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno che hanno subito danni;
    con un emendamento all'articolo 1 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, è stato inserito il comma 10-bis, volto a stabilire sostanzialmente una riduzione degli obiettivi del Patto di stabilità per gli anni 2015-2016 e 2017 in favore dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira, colpiti dalla tromba d'aria dell'8 luglio 2015, per un importo massimo complessivo di 7,5 milioni di euro, ovvero per l'importo disponibile per l'attuazione della cosiddetta «premialità» derivante dalle sanzioni applicate ai comuni che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno. Si tratta di spazi non attualmente quantificati e che, qualora risultassero insufficienti, determinerebbero una riduzione proporzionale dei già esigui margini di spesa resi disponibili per i tre comuni; pertanto, tale disposizione non riguarda tutti i comuni colpiti dalle avversità atmosferiche e non esclude dal Patto di stabilità tutte le spese destinate dalla regione e dagli enti locali al ripristino dei territori,

impegna il Governo:

   a dichiarare lo «stato di emergenza» a livello nazionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, per tutti i territori delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno colpiti dalle avversità atmosferiche del giorno 8 luglio 2015, come richiamati nella richiesta di dichiarazione dello «stato di emergenza» inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri e al capo dipartimento della Protezione civile da parte della regione Veneto;
   ad adottare immediatamente, con apposita ordinanza, i provvedimenti urgenti riportati in premessa per lo smaltimento dei rifiuti, il ristoro delle spese dei volontari e del lavoro straordinario e l'attivazione delle procedure semplificate per le manutenzioni straordinarie e le ristrutturazioni;
   a prevedere, nell'immediato, un adeguato sostegno finanziario per assicurare le necessarie operazioni di soccorso ai territori e alle popolazioni colpite, l'attuazione degli interventi indifferibili e urgenti necessari a garantire la pubblica incolumità e il ripristino dei danni subiti dal patrimonio pubblico e privato e per il ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione;
   ad assumere iniziative per prevedere che, per gli edifici dichiarati inagibili a causa degli eccezionali eventi meteorologici, a decorrere dal mese di luglio 2015 e fino all'attestazione di agibilità dei medesimi immobili, l'ammontare complessivo dell'imposta municipale propria sia interamente detraibile dall'imposta sui redditi delle persone fisiche e delle imprese;
   ad assumere iniziative per istituire, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e di concerto con le principali associazioni di categoria dell'area, oltre che con gli istituti di credito del territorio, un fondo per le imprese colpite dagli eventi citati in premessa finalizzato al sostentamento e al supporto di liquidità per le aziende colpite dalle avversità atmosferiche;
   ad assumere iniziative per sospendere l'invio delle cartelle esattoriali e gli oneri fiscali e contributivi, fino al ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione, e al contempo prevedere sgravi fiscali per le famiglie e le imprese delle aree colpite, sovvenzionando in questo modo la ricostruzione degli edifici e la ripresa di tutti i comparti economici;
   ad assumere iniziative per non considerare tra le spese finali di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevanti ai fini del patto di stabilità interno le somme destinate dalla regione e dagli enti locali al ripristino dei territori delle province di Venezia, Padova, Vicenza e Belluno, colpiti dalle avversità atmosferiche dell'8 luglio 2015;
   ad assumere iniziative per provvedere allo stanziamento immediato di 100 milioni di euro per la copertura delle spese della ricostruzione e per il risarcimento dei danni, come attualmente stimati, ferme restando le ulteriori necessità a seguito dalla quantificazione definitiva dei danni subiti dai privati e dalle imprese.
(1-00957)
(Nuova formulazione) «Busin, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
(23 luglio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    in data 8 luglio 2015 un evento atmosferico di drammatica entità ha colpito la riviera del Brenta, in provincia di Venezia, provocando una vittima e circa 90 feriti;
    sulla zona si è abbattuto infatti nel tardo pomeriggio un violento tornado, classificato dall'Arpa Veneto come di livello F4, il più alto nella scala di rilevazione, con raffiche di vento intorno ai 300 chilometri orari;
    il sistema di allerta meteo non paventava eventi di tale livello, segnalando invece esclusivamente grandine e precipitazioni abbondanti;
    non è la prima volta che il Veneto viene sconvolto da drammatici eventi atmosferici: si ricordano, in tal senso, la tromba d'aria del 6 giugno 2009 a Valle di Riese Pio X, l'alluvione dell'autunno 2010 e, più di recente, la bomba d'acqua che ha colpito il comune di Refrontolo nella notte del 2 agosto 2014, causando la morte di quattro persone e numerosi feriti;
    oltre alle perdite in termini di vite umane, il tornado dell'8 luglio 2015 ha provocato ingenti danni ad abitazioni ed imprese nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira: circa 500 abitazioni sono state danneggiate ed oltre 100 edifici necessitano di essere abbattuti a causa dei danni strutturali subiti; moltissimi sono, dunque, i cittadini che hanno perso la propria abitazione o la propria attività;
    il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, in un documento inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha stimato in 100 milioni di euro le risorse necessarie all'uscita dall'emergenza e al ripristino della situazione ex ante: una cifra molto elevata se si pensa a quanto sino ad ora trasferito alla regione, quantificabile in soli 2 milioni di euro, come riporta l'articolo del quotidiano Il Gazzettino del 19 luglio 2015 («Zaia: Renzi metta sul piatto tutti i 100 milioni di danni»);
    sono dunque molto più serie di quanto stimato dal Governo le conseguenze finanziarie sui bilanci di molti enti locali, che dovranno affrontare ingenti spese non programmate per garantire il ritorno alla normalità;
    moltissimi danni concernono, inoltre, ville di straordinario valore storico-achitettonico e bellezza, quasi unicamente di proprietà privata, con oneri di assicurazione, ripristino e manutenzioni a totale carico dei proprietari;
    in particolare, Villa Santorino-Toderini-Fini, a Dolo, è stata totalmente rasa al suolo; un capolavoro del Settecento, come sottolineato da Alberto Passi, presidente dell'Associazione Ville Venete;
    in merito, Giuliana Fontanella, presidente dell'Istituto regionale Ville Venete, ha quantificato i danni in 3 milioni euro per la sola, sopracitata Villa Santorino-Toderini-Fini, alla quale si aggiungono Villa Ducale, Villa Caggiano, Villa Grimani Migliorini, Villa Tron Mioni;
    è evidente, dunque, come la gravità dei danni riportati sia altamente significativa, paragonabile a quella conseguente gli eventi sismici quali quelli che nel 2013 hanno colpito l'Emilia Romagna, la Lombardia e lo stesso Veneto;
    il Consiglio dei ministri, il 17 luglio 2015, ha deliberato lo stato di emergenza «per fare fronte ai danni causati dalla tromba d'aria»;
    come disposto dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, all'articolo 5, comma 5-ter, «in relazione ad una dichiarazione dello stato di emergenza, i soggetti interessati da eventi eccezionali e imprevedibili che subiscono danni riconducibili all'evento, compresi quelli relativi alle abitazioni e agli immobili sedi di attività produttive, possono fruire della sospensione o del differimento, per un periodo fino a sei mesi, dei termini per gli adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali», procedure che però, ai sensi del medesimo comma, devono essere disposte con legge;
    in casi di particolare rilevanza (tra cui, si ricorda il caso in cui è stato emanato il decreto-legge n. 74 del 2014, cosiddetto «decreto Emilia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 93 del 2014, o il caso dell'alluvione in Sardegna del 2013 in cui è stato emanato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 30 novembre 2013, o ancora gli eventi meteorologici in Veneto e Toscana dell'ottobre 2014, in occasione dei quali è stato emanato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 ottobre 2014), tali disposizioni sono state prontamente attivate;
    dopo circa un mese dall'evento, moltissime imprese hanno ancora la propria attività ferma e necessitano, dunque, di interventi immediati come agevolazioni, contributi e sgravi fiscali;
    si sottolinea, inoltre, come tali drammatici effetti prodotti da eventi naturali sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
    con l'inserimento del comma 10-bis all'articolo 1 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, in materia di enti territoriali, il cui disegno di legge di conversione è attualmente in discussione alla Camera dei deputati, i comuni di Dolo, Pianiga e Mira, interessati dalla tromba d'aria, hanno visto ridurre l'obiettivo del Patto di stabilità interno di un importo sino a, rispettivamente, 5.2, 1.1 e 1.2 milioni di euro; si tratta di una previsione indubbiamente positiva ma che non può sostituire il necessario sostegno diretto da parte del Governo alle popolazioni in difficoltà;
    gli eventi climatici estremi sono divenuti, negli ultimi anni, ricorrenti in molti territori del nostro Paese, richiedendo, dunque, stanziamenti ed erogazioni immediati delle risorse necessarie alla messa in sicurezza del territorio nazionale, con priorità per le regioni e le zone colpite,

impegna il Governo:

   a disporre in tempi rapidi, mediante le amministrazioni territoriali competenti e d'intesa con le associazioni imprenditoriali, la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo, in relazione al danno effettivamente subito, anche in misura sufficiente a coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili danneggiati, sia abitativi sia destinati ad uso agricolo e produttivo, nonché degli impianti, fino alla misura massima del 100 per cento del costo ammesso e riconosciuto, in particolare quando i danni subiti siano stati di entità tale da condizionare la piena e immediata ripresa dell'attività;
   a garantire le risorse aggiuntive necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali, con riguardo alle aziende e alle attività produttive interessate dall'evento in premessa;
   ad assumere le necessarie iniziative normative per escludere automaticamente dal Patto di stabilità interno, le spese sostenute dai comuni a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali è stato deliberato lo stato di emergenza;
   ad adottare iniziative normative che autorizzino, in deroga a quanto disposto dall'articolo 5, comma 5-ter, della legge n. 225 del 1992, il Ministero dell'economia e delle finanze a provvedere automaticamente, con proprio decreto, per disporre la sospensione dei termini per l'adempimento di tutti gli obblighi tributari e contributivi per i dodici mesi successivi al verificarsi dell'evento calamitoso;
   a promuovere la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da effettuare dopo l'eventuale sospensione dei termini;
   a valutare la possibilità di negoziare con l'Unione europea la sospensione del Patto di stabilità per le opere di ricostruzione ed un significativo allentamento per le opere di prevenzione;
   a prevedere le necessarie misure di snellimento delle procedure burocratiche per le opere di ricostruzione;
   a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento ad hoc per istituire un fondo compartecipato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali, per far fronte alle somme urgenze, con indennizzi immediati per i danni emergenti;
   a provvedere, attraverso specifiche misure, allo stanziamento delle risorse necessarie al recupero delle ville di valore storico-architettonico danneggiate, anche attraverso piani di investimento che vedano il contributo delle istituzioni europee e internazionali;
   a rafforzare i meccanismi di allerta meteo, in modo da assicurare la necessaria prevenzione alle popolazioni colpite da estremi eventi meteorologici e calamitosi.
(1-00969)
«Marcon, Pellegrino, Paglia, Zaratti, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Melilla, Nicchi, Pannarale, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Palazzotto, Zaccagnini».
(3 agosto 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    il Veneto ancora una volta, l'8 luglio 2015, è stato duramente colpito da un eccezionale evento meteorologico;
    il violento tornado, catalogato di intensità F4, ha investito in particolare la provincia di Venezia, lungo la riviera del Brenta, provocando ingenti danni nei comuni di Dolo, Pianiga e Mira;
    contestualmente una cella temporalesca di significativa rilevanza e violenza ha gravemente interessato anche i comuni dell'alto bellunese, Cortina d'Ampezzo in particolare;
    la portata distruttiva dell'evento atmosferico si è manifestata con ingentissimi danni alle infrastrutture, al patrimonio pubblico nonché a quello privato;
    il tornado ha fatto crollare e scoperchiato case, raso al suolo strutture di grande valore storico e culturale, come Villa Santorino-Toderini-Fini, danneggiato numerose altre ville venete nonché il patrimonio di molte attività economiche industriali ed anche agricole, distruggendo capannoni e mezzi, abbattendo alberi e piantagioni;
    il bilancio di questa calamità atmosferica ha fatto, purtroppo, registrare anche un morto, circa 200 persone ferite ed oltre quattrocento di sfollati;
    nei comuni di questo comprensorio si sono verificati prolungati black-out elettrici, disservizi nella fornitura del gas, dell'acqua, delle linee telefoniche, fisse e mobili, il blocco della circolazione ferroviaria e numerosi sono stati gli incidenti stradali sulla viabilità urbana e autostradale;
    da subito si è attivato il sistema regionale di protezione civile, con il lavoro dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, dei volontari e di tantissimi cittadini a cui va rivolto un grandissimo ringraziamento, che hanno consentito di affrontare questa eccezionale emergenza;
    le forze dell'ordine, in collaborazione con le polizie municipali, continuano a svolgere in questi territorio servizi «anti sciacallaggio»;
    i sindaci e le istituzioni locali sono stati tra i protagonisti assoluti di questa straordinaria azione di aiuto e solidarietà;
    la regione Veneto ha prontamente dichiarato lo «stato di crisi» con una prima stima di danni quantificata in 91.454.059,55 euro;
    il Governo centrale ha immediatamente approvato la dichiarazione di «stato di emergenza» come primo e importante passo per dare concreta risposta nei confronti dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira in provincia di Venezia e di Cortina D'Ampezzo, in quella di Belluno, stanziando per l'attuazione dei primi interventi 2.000.000,00 di euro;
    il Senato della Repubblica ha altresì approvato, nella seduta del 28 luglio 2015, su proposta del Governo, un emendamento al decreto-legge n.78, in materia di enti locali, finalizzato a consentire ai comuni della riviera del Brenta un allentamento del patto di stabilità 2015 per un importo complessivo di 7,5 milioni di euro, percorso che si è concluso con l'approvazione definitiva da parte della Camera dei deputati: è in corso di pubblicazione l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, acquisita l'intesa con la regione Veneto per la nomina del commissario, i primi atti per gli interventi, i contributi e la ricognizione dei fabbisogni per il patrimonio pubblico e privato, nonché per le attività economiche e produttive e la sospensione dei mutui per i proprietari di edifici distrutti o inagibili;
    numerosissime sono state le azioni concrete di solidarietà che si avute nei giorni successivi all'evento calamitoso, attraverso raccolte di fondi promosse da diverse istituzioni locali, associazioni sociali, economiche, culturali e singoli cittadini;
    è necessario proseguire sulla strada di questa proficua collaborazione istituzionale e che la regione Veneto valuti l'opportunità di utilizzo del residuo del patto di stabilità verticale,

impegna il Governo:

   ad utilizzare parte del residuo rimasto del Fondo per le emergenze nazionali del 2015 ed eventualmente prevedere anche impegni del Fondo per il 2016 a favore dei beni pubblici e privati, di quelli delle attività economiche e produttive danneggiati o distrutti;
   a verificare d'intesa con i sindaci dei comuni interessati forme particolari di sospensione e/o esenzione dei tributi;
   ad assumere iniziative per prevedere, anche per il 2016, l'allentamento del Patto di stabilità per i comuni di Dolo, Mira e Pianiga nella legge di stabilità 2016;
   a valutare l'opportunità di allentare il Patto di stabilità anche per i comuni della provincia di Venezia e del Veneto che hanno dichiarato la loro disponibilità a impegnare risorse economiche a favore della ricostruzione, anche in riferimento agli spazi del Patto di stabilità del 2014 e dei comuni veneti non ancora utilizzati;
   ad adottare provvedimenti che consentano, con modalità già attuate in favore delle popolazioni dell'Emilia Romagna, colpite prima dal terremoto e dai successivi eventi alluvionali del 2014, il sostegno dei beni privati nonché delle attività economiche e produttive;
   a considerare l'adozione di provvedimenti volti a stabilire criteri di automaticità nella distribuzione delle risorse da destinare ai comuni in caso degli ormai sempre più frequenti eventi calamitosi, al fine di accelerare i tempi per le ricostruzioni stabilendo così un rapporto efficace di semplificazione burocratica tra amministrazioni;
   ad assumere celeri iniziative specifiche per il recupero del patrimonio architettonico e culturale costituito dalle ville venete, sia attraverso risorse economiche sia semplificando le procedure burocratiche;
   a rafforzare le misure «anti sciacallaggio», prevedendo anche l'impiego di unità dell'Esercito;
   a promuovere e sostenere, anche in occasione della prossima Conferenza di Parigi delle nazioni che hanno aderito alla convenzione sul clima, tutte quelle azioni volte a ridurre l'emissione di gas serra che aumentano la temperatura media globale e producono cambiamenti climatici all'origine di eventi meteorologici estremi.
(1-00970)
«Martella, Mognato, Moretto, Murer, Zoggia, Camani, Casellato, Crimì, Crivellari, Dal Moro, D'Arienzo, De Menech, Ginato, Miotto, Naccarato, Narduolo, Pastorelli, Rostellato, Rotta, Rubinato, Sbrollini, Zan, Zardini».
(4 agosto 2015)

   La Camera
   premesso che:
    mercoledì 8 luglio 2015 una violentissima tromba d'aria si è abbattuta, verso le 17,30, su Dolo, Pianiga e Mira, in provincia di Venezia e su Cortina d'Ampezzo in provincia di Belluno, causando una vittima, 72 feriti ed ingenti danni alle abitazioni ed alle aziende del territorio. La tromba d'aria di elevata intensità, accompagnata da violente precipitazioni piovose e grandinate, ha provocato lo scoperchiamento di tetti di numerosi edifici, divelto piloni della luce e tralicci dell'alta tensione, causando ingenti danni alle abitazioni private e pubbliche, alla rete dei servizi essenziali, al patrimonio artistico e culturale, alle infrastrutture viarie ed alle attività agricole e produttive;
    l'evento calamitoso ha inoltre provocato l'abbattimento di alberi, danni ai beni mobili e la dispersione di ingenti quantitativi di detriti di varia natura, causando forti disagi alla popolazione interessata;
    la perturbazione ha interessato altresì buona parte del territorio regionale e nel pomeriggio dell'8 luglio 2015 ha proseguito con temporali di forte intensità in alcuni territori comunali delle province di Verona, Vicenza, dell'alta padovana, del bellunese e, soprattutto, del veneziano con violente e pericolose grandinate. Inoltre, una cella temporalesca particolarmente intensa ha interessato la valle del Boite nell'alto bellunese innescando una vasta calata detritica in località Acquabona, frazione di Cortina d'Ampezzo, sulla strada statale n. 51 di «Alemagna» che è rimasta a lungo bloccata in entrambe le direzioni;
    le ville colpite sono 20, tutte nel comune di Dolo. Tra queste Villa Santorini-Toderini-Fini che è andata praticamente distrutta, Villa Bembo, Villa Gasparini, Villa Migliorini, Villa Badoere Fattoretto, Villa Titi e Villa Velluti;
    a Cazzago ci sono almeno 225 edifici da sistemare, 132 a Dolo, 75 a Mira;
    nella relazione tecnica disposta dalla regione Veneto si è rilevato che il tornado dell'8 luglio 2015 è da considerarsi come uno dei più intensi mai verificatosi nel territorio regionale;
    anche le attività agricole hanno registrato gravi conseguenze. I dati confermano che nel solo territorio veneziano i danni alle coltivazioni, alle attività ed alle loro strutture superano i 4 milioni di euro. Il comparto avrà sicuramente bisogno di interventi al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la redditività delle imprese agricole colpite dalle avversità atmosferiche perché possano riprendere la loro attività produttiva;
    la prima stima dei danni e degli interventi da effettuare per le opere di ricostruzione ammonta a quasi 100 milioni di euro;
    è opportuno, pertanto, dare attuazione ad interventi urgenti e necessari al fine di ripristinare i danni subiti dal patrimonio pubblico e privato e per il ritorno alle normali condizioni di vita delle popolazioni;
    è necessario, altresì, un allentamento del Patto di stabilità interno per aiutare i comuni a gestire l'emergenza, assicurando la sospensione degli adempimenti fiscali a carico di famiglie ed imprese coinvolte,

impegna il Governo:

   a dichiarare lo «stato di emergenza» a livello nazionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni;
   ad assumere iniziative dirette per attivare il ripristino dei danni subiti dal patrimonio pubblico e privato;
   a valutare la possibilità di stanziare adeguati fondi in favore delle imprese danneggiate dall'evento calamitoso che ha colpito in modo così grave la regione Veneto;
   ad intraprendere iniziative dirette a sospendere l'invio delle cartelle esattoriali e gli oneri fiscali e contributivi ai soggetti interessati;
   ad assumere iniziative dirette ad allentare il vincolo del Patto di stabilità interno per i comuni coinvolti nell'alluvione dell'8 luglio 2015.
(1-00971) «Causin, Dorina Bianchi».
(4 agosto 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    a distanza di qualche anno dalla «Grande alluvione» e a neanche un mese dall'ultima, il Veneto non è pronto all'eventualità di altre inondazioni e mancano diverse opere dal momento che mancano i fondi;
    secondo l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure, su Genova sono caduti in 28 ore oltre 230 millimetri di pioggia, mentre sul Veneto, tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010, l'Arpav misurò il «diffuso superamento dei 300 millimetri con punte massime locali anche superiori ai 500»; nella giornata dell'8 luglio 2015, un tornado estremamente violento si è abbattuto sulla riviera del Brenta, di livello EF4 della scala Enhanced Fujita;
    il tornado ha colpito duramente i centri abitati sui quali si è abbattuto distruggendo i comuni di Dolo, Pianiga e Mira nella provincia di Venezia, provocando danni ingenti sia in termini di vittime che in termini economici con 500 abitazioni danneggiate e 100 edifici da abbattere perché pericolanti e non recuperabili;
    i danni materiali prodotti, per caratteristiche e per conseguenze sociali ed economiche, sono molto simili a quelle di un terremoto, come, ad esempio, il sisma che nel 2012 devastò alcune province delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto;
    il massimo esperto del settore, il professor Luigi D'Alpaos, reputa necessario disporre di almeno 10 milioni di metri cubi di invaso e non dei 3-3,5 milioni e mezzo di euro preventivati che purtroppo necessitano di più tempo: resti romani permettendo, il bacino di laminazione di Caldogno potrà essere rimesso in sesto nel 2016, e per lo meno nel 2017 quello di viale Diaz a Vicenza;
    nel centro del capoluogo berico sono stati rinforzati gli argini del Bacchiglione, ma i quartieri periferici sono a rischio di allagamento e il bacino per alleggerire l'alveo del Retrone sulla roggia Dioma, fra Vicenza e Monteviale, non ha un euro di finanziamento, per non parlare del bacino del Trissino per il quale è in corso un'inchiesta della magistratura per concussione e turbativa d'asta;
    nel padovano la prima necessità è, o meglio dovrebbe essere, completare l'idrovia, che riprenderebbe le acque convogliate nel Brenta dopo essere state prese attraverso il San Gregorio e il Piovego, e le porterebbe verso la laguna di Venezia, alleggerendo la valle del Brenta e mettendo in sicurezza la zona industriale di Padova;
    gli ambientalisti hanno fatto presente che molte di queste opere si tradurrebbero in un'ulteriore devastazione di un territorio già eroso da decenni di cementificazione e dalla scarsa conoscenza delle leggi idrauliche (anche in agricoltura), considerando anche che i proprietari dei terreni agricoli che lottano per ottenere un equo prezzo di compravendita anziché indennizzi;
    nessuno, però, dubita della necessità di creare sfoghi in un Veneto saturo di aree urbanizzate anche se un recente studio inglese, venuto alla luce dopo le terrificanti esondazioni avvenute nel Regno Unito, ha dimostrato come la soluzione ideale sarebbe quella di rimboschire: nel suolo sotto agli alberi l'acqua penetra in profondità a una velocità 67 volte maggiore rispetto a quella nel suolo sotto l'erba e defluisce lungo i canali creati dalle radici degli alberi; in questo caso il terreno si comporta da spugna, da serbatoio che assorbe l'acqua per poi rilasciarla lentamente. Un fiume può trasportare solo una minima parte dell'acqua che cade nel suo bacino: il grosso deve finire nelle piane alluvionali ed essere assorbito dal suolo. Costruendo invece argini più alti, riducendo la lunghezza dei fiumi attraverso l'eliminazione delle anse e rimuovendo gli alberi morti e ogni altro ostacolo, gli ingegneri involontariamente aumentano la velocità di deflusso, cosicché l'acqua si riversa nei fiumi e nelle città molto più in fretta;
    la regione ha investito 150 milioni di euro per le opere a progetto, e ne dovranno arrivare altri 200 milioni di euro per i bacini rimanenti, ma per l'intera manutenzione dei fiumi e il bacino scolante su Venezia servono in tutto 1 miliardo e 700 milioni;
    il decreto-legge sugli enti territoriali prevede agevolazioni tributarie temporanee previste per la zona franca dei territori dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma consistenti nella parziale esenzione dalle imposte sui redditi e dall'Irap, alle condizioni di legge, nonché dall'esenzione degli immobili produttivi dalle imposte municipali. Si prevede inoltre la proroga al 31 dicembre 2016 del termine di scadenza dello stato di emergenza fissato dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 74 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 2014, n. 93, conseguente agli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 verificatisi nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, e sono disposte misure per la città di Venezia attraverso una modifica all'articolo 4, primo comma, della legge 29 novembre 1984, n. 798, che integra la composizione del comitato, a cui è demandato, ai sensi del terzo comma della medesima disposizione oggetto della novella, l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo per l'attuazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia;
    per quanto riguarda i territori devastati dall'alluvione in Veneto, non sono state ad oggi disposte misure realmente soddisfacenti e la comunità scientifica italiana ed internazionale ha da tempo messo in stretta correlazione i cambiamenti climatici ad un aumento della frequenza ed intensità di eventi estremi di origine meteorologica o idrologica: ciò viene chiaramente stigmatizzato anche nella Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    è fondamentale anche un accenno all'alluvione verificatasi a Firenze sabato 1o agosto 2015: i firmatari del presente atto di indirizzo si chiedono se il comune sapeva che, nel tardo pomeriggio del 1o agosto, si sarebbe scatenato l'inferno nella zona di Firenze sud (Gignoro, Rovezzano, zona dell'Anconella, Girone) e che l'Italia dei treni si sarebbe spezzata in due per il guasto alla linea elettrica capace di bloccare gli Eurostar. La valutazione dei danni a ventiquattro ore dal nubifragio è stata sconfortante visti i collegamenti da ripristinare e le case da risistemare, e ci si rende conto per l'ennesima volta della fragilità di Firenze nel periodo dei cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

   ad adottare, anche attraverso ulteriori interventi normativi e opportuni stanziamenti, ogni iniziativa utile a sostegno dei comuni della riviera del Brenta colpiti dal tornado dell'8 luglio 2015, per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita, della funzionalità dei servizi essenziali, per la riduzione del rischio residuo, per la ricostruzione e per il risarcimento dei danni, stabilendo delle misure che garantiscano parità di trattamento per tutti i comuni facenti parte delle zone colpite da fenomeni naturali che hanno provocato ingenti danni ambientali;
   ad assumere in particolare efficaci iniziative affinché:
    a) le spese sostenute dalle regioni e dagli enti locali per il ripristino dai danni subiti non siano conteggiate ai fini del patto di stabilità interno;
    b) vengano sospesi l'invio delle cartelle esattoriali e gli oneri fiscali e contributivi, fino al ritorno alle normali condizioni di vita della popolazione, predisponendo un piano di rateizzazione per il rientro della propria posizione debitoria nei confronti del fisco;
    c) siano previsti sgravi fiscali per la ricostruzione ed il restauro degli edifici colpiti e dei beni artistico-architettonici;
    d) per gli edifici dichiarati inagibili, per tutto il periodo di inagibilità, sia sospeso il pagamento dei mutui, dei finanziamenti e dei tributi locali, utilizzando a compensazione verso i creditori un fondo di solidarietà appositamente istituito anche con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti;
   a procedere con urgenza alla definizione di criteri oggettivi che, in caso di future calamità naturali sul territorio italiano, garantiscano ai territori colpiti parità di trattamento in proporzione all'entità dei danni subiti;
   a convertire la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, redatta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in un piano vero e proprio, anche con il supporto dell'unità di missione «Italia sicura», individuando una scala di priorità tra gli interventi ivi contenuti, un cronoprogramma di attuazione ed un piano di finanziamenti certi, prevedendo lo stanziamento dei primi fondi già a partire dalla prossima legge di stabilità.
(1-00972)
«Segoni, Turco, Prodani, Rizzetto, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Matarrelli, Mucci».
(4 agosto 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio di mercoledì 8 luglio 2015, il Veneto è stato colpito da forti fenomeni temporaleschi che hanno provocato molteplici danni in diverse zone della regione;
    l'epicentro della calamità si è manifestato nei comuni di Dolo, Cazzago, Pianiga e Mira in provincia di Venezia, dove si è abbattuta una tromba d'aria che ha divelto tetti di abitazioni e fabbriche, sradicato alberi e sollevato autovetture con persone a bordo, provocando la morte di una persona e centinaia di feriti; molte autovetture sono finite all'interno dei canali e talune dimore storiche hanno subito ingenti danni;
    la tromba d'aria ha infatti devastato anche alcune fra le più delle ville storiche del Veneto: Villa Santoridi-Toderini-Fini, a Dolo, capolavoro del Settecento, è l'emblema del disastro: pochi minuti hanno letteralmente cancellato quattro secoli di storia, abbattuti dalla violenza del vento e dagli alberi che, sradicati dalle raffiche di vento, le sono crollati addosso. I danni sono ingenti e, in alcuni casi, irrecuperabili, sia ai complessi monumentali, sia ai parchi e alla loro vegetazione storica;
    il tragico bilancio reca la devastazione di molte realtà imprenditoriali ed artigiane, con effetti pesantissimi in termini di danni materiali ed economici che, in alcuni casi, hanno portato al blocco dell'attività produttiva. A ciò si sommano danni «collaterali», che stanno creando situazioni di vera emergenza verso le famiglie e le persone colpite dall'evento;
    le sole aziende agricole dei comuni di Dolo, Mira e Pianiga, contano danni per 2,5 milioni di euro: il calcolo riguarda in particolare le strutture agricole (serre, capannoni, rimesse) e la bonifica dei suoli dai detriti (che si preannuncia molto costosa). Sono invece escluse dal conto le colture e le abitazioni private degli agricoltori;
    la regione Veneto ha immediatamente dichiarato lo stato di crisi, valutando nel complesso danni per circa 100 milioni di euro; il Governo ha invece approvato la dichiarazione dello stato di emergenza, stanziando per i primi interventi 2 milioni di euro;
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015, all'articolo 1, comma 10-bis, ha già stabilito una riduzione degli obiettivi del Patto di stabilità per l'anno 2015 in favore dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira. In particolare, la norma dispone una riduzione dell'obiettivo del patto per un importo massimo complessivo di 7,5 milioni di euro, da ripartirsi tra ciascuno dei predetti comuni nei seguenti importi massimi: 5,2 milioni di euro per il comune di Dolo; 1,1 milioni di euro per il comune di Pianiga; 1,2 milioni di euro per il comune di Mira;
    il sopraddetto intervento non è comunque sufficiente: sono necessarie disposizioni più incisive volte innanzitutto a sospendere i termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore di cittadini ed imprese colpiti e fortemente danneggiati dagli eventi atmosferici;
    purtroppo, anche recentemente, diverse zone del territorio italiano sono state colpite e devastate da simili, violenti fenomeni atmosferici; in molti casi, il Governo, assieme alla dichiarazione dello stato di emergenza, ha disposto provvedimenti speciali volti a tutelare i residenti nelle zone colpite;
    in particolare, la regione Veneto da troppo tempo si trova isolata ad affrontare situazioni di tale portata. È pertanto opportuno un intervento normativo volto a stabilire criteri di automaticità nella distribuzione delle risorse da destinare ai comuni in caso di eventi calamitosi,

impegna il Governo:

   ad intraprendere, anche sentita la regione Veneto, ogni iniziativa utile a sostegno dei comuni della riviera del Brenta colpiti dalla tromba d'aria dell'8 luglio 2015, e, in particolare:
    a) ad assumere iniziative per disporre, per un adeguato periodo di tempo, la sospensione dei termini dei versamenti, degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nei confronti delle persone fisiche nonché dei soggetti che svolgono attività d'impresa artigianale e commerciale, che hanno subito danni alle abitazioni private, agli studi professionali e alle strutture aziendali;
    b) a promuovere ogni iniziativa di sostegno dei beni privati, nonché delle attività economiche, anche alla luce di quanto già disposto in precedenza per altri territori colpiti da calamità naturali;
    c) ad attivarsi al fine di escludere dal computo del Patto di stabilità interno per i comuni della provincia di Venezia e del Veneto gli interventi urgenti e necessari alla ricostruzione;
    d) ad utilizzare le risorse del residuo rimasto del Fondo per le emergenze nazionali del 2015 ed eventualmente prevedere anche impegni del Fondo per il 2016 a favore dei beni pubblici e privati, e delle attività economiche danneggiate, per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo;
    e) ad assumere specifiche iniziative volte al recupero del patrimonio architettonico e culturale gravemente danneggiato dagli eventi atmosferici, attraverso lo stanziamento di risorse e semplificando le procedure burocratiche;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative volte ad un intervento organico di misure in grado di accelerare i tempi per le ricostruzioni, semplificare le procedure burocratiche e stabilire criteri di automaticità nella distribuzione delle risorse da destinare ai comuni in caso di eventi calamitosi.
(1-00973)
«Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Longo, Palese, Occhiuto».
(4 agosto 2015)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   RUSSO, PALESE e OCCHIUTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   comuni, province e città metropolitane sono oggi impegnati nella complessa attuazione della riforma degli enti locali varata con legge n. 56 del 2014 (cosiddetta riforma Delrio), che ha trasformato le province in enti di secondo grado, attribuendo loro funzioni fondamentali ben determinate ed imponendo l'avvio di un imponente processo di riordino da parte dello Stato e delle regioni delle restanti funzioni;
   tale processo di riordino è sostanzialmente fermo e richiederà tempi diversi da quelli immaginati dal Governo, mentre la legge di stabilità 2015 ha già imposto a province e città metropolitane un prelievo di un miliardo di euro per il 2015, 2 miliardi di euro per il 2016 e 3 miliardi di euro per il 2017, mettendo a serio rischio il mantenimento dell'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini e la stessa tenuta sociale dei territori;
   sono quindi messi a rischio servizi per i cittadini come la manutenzione degli oltre 100 mila chilometri di strade di competenza provinciale ovvero la manutenzione e la gestione di migliaia di plessi scolastici;
   la stessa legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha imposto alle città metropolitane una riduzione della spesa per il personale del 30 per cento e alle province addirittura del 50 per cento, con evidente grave preoccupazione per la sorte di circa 20.000 dipendenti pubblici vincitori di concorso, per i quali, a causa dei ritardi dell'emanazione dei provvedimenti attuativi da parte dello stesso Governo, il processo di mobilità ancora, di fatto, non è nemmeno iniziato;
   le proposte avanzate dal Governo per la mobilità del personale provinciale in sovrannumero non hanno in alcun modo dato l'impressione di risolvere il caos determinato dalla cosiddetta riforma Delrio e dalla legge n. 190 del 2014 e, anzi, lo hanno accentuato ulteriormente. La sensazione è quella di un sistema di ricollocazione per molti versi lasciato al caso e alla buona volontà degli enti che intendano davvero darvi corso;
   il problema principale, che rimane irrisolto, è l'assenza dell'elemento fondamentale della riforma: il riordino delle funzioni. Sono pochissime le regioni che hanno legiferato per riordinare le funzioni provinciali non fondamentali, stabilendo quali prendere direttamente per sé e quali assegnare ai comuni;
   in assenza del riordino, la ricollocazione dei dipendenti provinciali in sovrannumero non può che essere legata al caso: i dipendenti provinciali invece di essere ricollocati in relazione ad un coerente sistema di ridistribuzione delle funzioni, andranno in mobilità nel primo ente che si mostrerà disponibile ad accoglierli. Con il rischio che, nelle regioni prive di leggi sul riordino, le funzioni provinciali non fondamentali, a partire da turismo, formazione, servizi sociali, restino non presidiate;
   oltre agli evidenti disservizi nell'immediato, la sostanziale conferma del taglio alle province contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2015 porterà un numero significativo di enti verso il default già nel 2015, e la totalità di essi tra il 2016 e il 2017, con il conseguente rischio di mancato pagamento degli stipendi dei dipendenti e delle imprese fornitrici di beni e servizi;
   la realistica possibilità di default delle province, in concomitanza con il blocco del processo di mobilità del personale, al di là di ogni rassicurazione, mette seriamente a rischio i livelli salariali e professionali dei lavoratori;
   inoltre, le proposte del Governo avanzate sino ad ora postulano la perdita secca di voci rilevanti del salario accessorio dei dipendenti delle province in sovrannumero –:
   quali siano le iniziative volte a tutelare i diritti dei dipendenti delle province coinvolti nel forzoso processo di mobilità, che dovranno essere adeguatamente ricollocati nella pubblica amministrazione senza mettere a rischio i livelli salariali e professionali, e come intenda intervenire per garantire il pagamento degli stipendi dei dipendenti e delle imprese fornitrici di beni e servizi, gravemente compromesso dalla realistica possibilità di default degli enti martoriati dai tagli. (3-01657)
(4 agosto 2015)

   FAUTTILLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per effetto dell'inesatta applicazione della «direttiva rifiuti» in Campania, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha comminato una multa forfettaria di 20 milioni di euro, più una penalità di 120 mila euro per ciascun giorno di ritardo;
   si tratta di inadempienze del nostro Governo che risalgono al 2006 rispetto alle quali è difficile immaginare una soluzione a breve con conseguente susseguirsi delle multe su base giornaliera;
   l'Italia non avrebbe predisposto, come doveva, una rete adeguata d'impianti, come del resto già confermato da una sentenza del 2010 della Corte di giustizia dell'Unione europea cui, pertanto, fa riferimento l'ultima decisione, senza contare che i 20 milioni di euro avrebbero dovuto essere molti di più se si fosse applicato un calcolo molto fiscale sulla base dei 120 mila euro giornalieri;
   secondo i calcoli degli esperti della Commissione europea ci vorranno circa 15 anni per smaltire tutte le cosiddette «ecoballe» stoccate e non smaltite adeguatamente;
   nel mese di gennaio 2015 è stata introdotta una norma in base alla quale «le sanzioni che riguardano le regioni saranno pagate dalle regioni stesse»;
   nel caso in specie sarebbe la regione Campania a dover pagare il conto;
   in una dichiarazione di qualche tempo fa, il Ministro interrogato affermava che «andremo in Europa con la forza delle cose fatte per chiudere i conti con la vecchia e pericolosa gestione. La sentenza della Corte di Giustizia europea che obbliga l'Italia a pagare una pesante multa per la gestione delle discariche sanziona una situazione che risale a sette anni fa. In questo tempo l'Italia si è sostanzialmente messa in regola» e che «siamo passati da 4866 discariche abusive contestate a 218 nell'aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche. Con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso gli accordi di programma sottoscritti in questi giorni con le regioni Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia. Le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro» –:
   a che punto sia la bonifica delle discariche ancora rimaste e a quanto ammonti fino ad oggi il totale delle multe pagate per inosservanza della citata «direttiva rifiuti». (3-01658)
(4 agosto 2015)

   PRINA, SENALDI, MALPEZZI, BERLINGHIERI, DONATI, GALPERTI, COVA, PAOLO ROSSI, ROMANINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, GASPARINI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   già nell'estate 2012 l'ecosistema fluviale del fiume Ticino ha rischiato di essere fortemente compromesso da una siccità causata dalla scarsità di piogge dei mesi precedenti. Le criticità rientrarono grazie alla proficua collaborazione tra il Parco Lombardo della Valle del Ticino e il Consorzio del Ticino (l'ente che gestisce il deflusso dell'acqua nel Lago Maggiore); quest'ultimo, infatti, grazie ad un accumulo preventivo d'acqua garantito dal fatto che era stato assunto come livello di riferimento 1,50 metri sullo zero idrometrico a Sesto Calende, liberò nel fiume la quantità d'acqua in eccesso che era conservata nel Lago Maggiore, permettendo al Ticino di sopperire al grave momento, contribuendo, inoltre, ad apportare benefici al fiume Po in cui confluisce il fiume Ticino e garantendo anche la quantità d'acqua necessaria all'attività agricola e alla produzione energetica. Anche le istituzioni preposte hanno segnalato negli ultimi giorni lo «stato comatoso» del fiume Po; infatti, questo sta vivendo una fase di siccità preoccupante per l'agricoltura e per gli operatori turistici costretti a tenere le imbarcazioni attraccate;
   con lettera datata 7 marzo 2014, il direttore dell'ufficio federale dell'ambiente Ufam della Confederazione svizzera ha chiesto chiarimenti al direttore generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in merito alle anomalie riscontrare sulla regolazione del Lago Maggiore e di adoperarsi affinché le istituzioni preposte rispettassero il disciplinare di regolazione (disciplinare in vigore ma risalente al gennaio 1940). Si tratta di una sollecitudine nata dal timore della Confederazione Svizzera di possibili inondazioni derivanti dai forti cumuli sia di neve che di acqua nei bacini di monte nella regione subalpina;
   tale lettera ha creato i presupposti della decisione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, con una nota inviata nel giugno 2014, invitava il Consorzio del Ticino ad adoperare la regolazione dei livelli del lago secondo quanto stabilito dalla vigente regolamentazione, mantenendo la regolazione estiva entro il limite +1,0 metro rispetto allo zero idrometrico di Sesto Calende;
   con nota congiunta, inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i presidenti del Parco Lombardo della Valle del Ticino e del Parco Ticino Piemonte e Lago Maggiore hanno esposto la contrarietà degli enti ad interrompere il programma di sperimentazione del deflusso minimo vitale (dmv) del fiume Ticino/gestione dei livelli del Lago Maggiore. Questi hanno fatto notare come la sperimentazione, avviata cinque anni prima, ha permesso di garantire la quantità d'acqua necessaria agli agricoltori e alle industrie sempre nel rispetto dell'ambiente fluviale. Dalla relazione tecnica del Parco Lombardo della Valle del Ticino in merito al sopracitato programma di sperimentazione, si evince come al 31 maggio 2014 la situazione di accumulo nevoso e dei bacini di monte fosse molto inferiore rispetto agli anni 2012 e 2013, periodo in cui la sperimentazione a quota +1,50 metri era in piena applicazione; ciò non comportò alcun problema idrico né a valle né a monte. La relazione, inoltre, fa osservare come il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia dato seguito ad una richiesta della Confederazione Svizzera senza acquisire alcuna informazione dai soggetti territoriali interessati, considerando che le modalità di regolazione dei flussi del lago siano di competenza solo italiana, con il solo obbligo di comunicazione agli svizzeri;
   il Parco del Ticino nella relazione presentata alla conferenza di servizi del 29 aprile 2015 evidenziava come per l'anno 2015 fosse reale il pericolo della siccità estiva in quanto i grafici di afflusso idrico erano simili a quelli dei precedenti anni che poi si erano dimostrati particolarmente critici (2003, 2006 e 2012) e che nonostante ciò non si è ritenuto necessario riportare il livello a 1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende in modo di avere più risorsa idrica a disposizione;
   con deliberazione n. 1 del 12 maggio 2015 l'Autorità di bacino del fiume Po, in risposta alle istanze del Consorzio Ticino che chiedeva di portare la quota di regolazione estiva del Lago Maggiore a +1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende, ha approvato l'avvio della sperimentazione della regolazione estiva dei livelli del Lago Maggiore imponendo però la quota di livello massimo a +1,25 metri e modalità di svaso preventivo più rigide rispetto a quelle vigenti fino a quel momento. Questa decisione ha portato il Parco Lombardo della Valle del Ticino ad inviare, il 14 luglio 2015, una diffida all'Autorità di bacino del fiume Po, sollecitando l'incremento del livello massimo di regolazione del Lago Maggiore nel periodo estivo a +1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende;
   fino al 31 ottobre 2015, a Milano, si terrà Expo 2015; all'interno dell'Esposizione universale sono presenti laghetti, canali e impianti che vengono alimentati con acqua del fiume Ticino portata attraverso il canale Villoresi; ciò comporta necessariamente un conseguente aumento del fabbisogno di afflusso d'acqua –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato attivarsi presso gli enti preposti, per garantire al fiume Ticino il flusso d'acqua necessario, sostenendo la sperimentazione del deflusso minimo vitale (dmv) del fiume Ticino/gestione dei livelli del lago Maggiore che eleva da +1,00 a +1,50 metri anche per gli anni a venire la regolazione estiva del Lago Maggiore e chiarire la posizione della Confederazione Svizzera su tale questione.
(3-01659)
(4 agosto 2015)

   TAGLIALATELA e RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il commissario di Governo, incaricato ex ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 febbraio 2010, n. 3849, del completamento delle opere di bonifica dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati e di tutela delle acque superficiali della regione Campania, in esito a tale attività doveva trasferire alle amministrazioni ed enti ordinariamente competenti la documentazione e le residue risorse finanziarie e di personale;
   con propria ordinanza del 30 gennaio 2010, n. 017, il commissario ha disposto il trasferimento al comune di Napoli delle opere, interventi e procedimenti concernenti le attività di bonifica nel sito di interesse nazionale di «Napoli Orientale» e di «Bagnoli-Coroglio», subordinando l'operatività del medesimo trasferimento al nulla osta da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, già richiesto con precedente nota;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunicato il proprio assenso alla conclusione della procedura di subentro con nota del 7 ottobre 2011;
   al fine di rendere pienamente operativo il subentro del comune di Napoli, con ordinanza 11 novembre 2011, n. 070, il commissario di Governo ha disposto il materiale trasferimento al comune di Napoli delle attività di bonifica nei citati siti di interesse nazionale, unitamente al trasferimento delle relative risorse finanziarie;
   in forza di tale provvedimento sono, quindi, state trasferite al comune di Napoli risorse pari a 48,8 milioni di euro destinati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in favore della bonifica nei siti di «Napoli Orientale» e di «Bagnoli-Coroglio», la quasi totalità dei quali destinati specificamente al completamento degli interventi per Bagnoli –:
   se e in che modo questi fondi siano stati utilizzati e, laddove questo non fosse ancora accaduto, quali urgenti iniziative si intendano assumere per il loro immediato impiego nell'azione di bonifica del sito di Bagnoli. (3-01660)
(4 agosto 2015)

   DI LELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha pubblicato nel corso del 2007 dieci bandi, mettendo a concorso 920 posti totali per differenti profili di funzionario (ex qualifica funzionale C1, oggi III area prima fascia);
   questi concorsi erano rivolti a riqualificare esclusivamente il personale interno. Fra questi, quello bandito con decreto del 24 luglio 2007 e pubblicato con la circolare n. 183 del 2007, avente ad oggetto «Passaggi tra le aree ex articolo 15 CCNL 1998/2001 – Bando Informatico». Con decreto direttoriale firmato in data 20 dicembre 2012 dal direttore generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sono state approvate le graduatorie regionali di merito e la nomina dei candidati risultati vincitori;
   delle 920 unità previste, ad oggi, ne sono state assunte solo 460 creando, in tal modo, una notevole disparità di trattamento fra vincitori assunti subito e quelli fino ancora in attesa;
   la materia è stata oggetto di un ordine del giorno, n. 9/2426-A/13, accolto dal Governo, in sede di conversione del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83. Con riferimento al presente atto parlamentare ed in esecuzione dello stesso, il 24 ottobre 2014 il direttore generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con nota protocollo n. 38124 si rivolgeva al gabinetto del Ministro interrogato con una proposta normativa per l'assunzione del predetto personale in deroga all'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni;
   nella relazione illustrativa, lo stesso, direttore generale osserva che: «L'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha introdotto nuove regole in materia di progressioni di carriera, prevedendo che le amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1o gennaio 2010, coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni»;
   al momento dell'entrata in vigore della citata disposizione era in corso il procedimento selettivo in oggetto. Il direttore generale continua sottolineando che: «Nel 2012, il Ministero per i beni e le attività culturali, pur in presenza di una specifica autorizzazione ad assumere, prevista da una normativa speciale, ha potuto attingere, ai fini della copertura dei posti vacanti in organico, solo alle graduatorie dei concorsi esterni in corso di validità. Non è stato possibile, invece, assumere gli idonei presenti nelle graduatorie delle procedure selettive interne, in quanto la disposizione di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e successive modificazioni non consente la possibilità di ricorrere allo scorrimento di graduatorie relative ad idonei delle progressioni verticali, già a decorrere dal 1o gennaio 2010»;
   per esigenze specifiche delle amministrazioni il Governo si è, anche di recente, adoperato per attivare le necessarie procedure per lo scorrimento di graduatorie interne. Così, con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», all'articolo 1, comma 269, ha previsto che: «L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in via straordinaria, per l'anno 2015, ai fini della copertura dei posti vacanti, è autorizzata allo scorrimento delle graduatorie relative alle procedure concorsuali interne già bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente» –:
   quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di prevedere lo scorrimento delle graduatorie dei vincitori dei concorsi interni, citati in premessa, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dando così attuazione alle disposizioni inerenti alla mobilità del personale della pubblica amministrazione secondo i principi di efficienza, razionalità ed economicità della pubblica amministrazione. (3-01661)
(4 agosto 2015)

   PIZZOLANTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il settore dei beni culturali rappresenta un indiscusso volano dell'economia nazionale, sia in termini di attrazione turistica che in termini di vera e propria «industria» della valorizzazione economica del territorio;
   una componente non secondaria del processo di creazione di valore è certamente rappresentato dagli interventi di ripristino, restauro e recupero dei beni di interesse storico, artistico e culturale che sono nella disponibilità di soggetti privati e che costituiscono parte integrante di quel paesaggio urbano la cui integrità ed armonia sostanzia l'offerta territoriale;
   lo Stato, considerando la composizione dell'offerta e intendendo ancor più promuovere gli investimenti per la tutela e la conservazione dei beni culturali diffusi ha previsto, con gli articoli 31, 35, 36 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, la possibilità di concedere contributi in conto capitale e conto interessi per le spese sostenute da proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni culturali per la realizzazione degli interventi conservativi autorizzati;
   a far data dalla promulgazione del sopracitato decreto, sono state iscritte al conto competenza del relativi capitoli di bilancio le somme ritenute necessarie al pagamento dei contributi per le spese concernenti gli interventi ammessi a finanziamento, previa istruttoria delle competenti soprintendenze e direzioni regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   l'articolo 1, comma 26-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, e successivamente nuovamente modificato dall'articolo 1, comma 77, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, prevede che: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al pagamento dei contributi già concessi alla medesima data e non ancora erogati ai beneficiari, è sospesa la concessione dei contributi di cui agli articoli 35 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni»;
   pertanto, a partire dal 15 agosto 2012, non è più possibile rilasciare le «dichiarazioni di ammissibilità» ai contributi di cui ai citati articoli 35 e 37, da parte degli uffici competenti, neanche in relazione ad istanze pervenute al protocollo dei suddetti uffici in data antecedente al 15 agosto 2012;
   l'effetto di tale disposizione, però, ha comportato un duplice effetto:
    a) da un lato, si è potuto constatare come la somma degli accantonamenti di bilancio non fosse sufficiente a coprire i costi già accertati e autorizzati;
    b) dall'altro, si è determinato, a distanza di pochi anni dalla promulgazione del provvedimento, un blocco nella progettazione e nella predisposizione di nuovi ed importanti opere di restauro e ripristino funzionale, promosse da una pluralità di soggetti, ivi compresi gli enti ecclesiastici;
   da informazioni che gli interroganti ritengono attendibili (ottenute presso le direzioni regionali dei beni culturali e paesaggistici, ora segretariati regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo), si può indicare in una cifra che si aggira sui 150 milioni di euro l'ammontare dei contributi da erogare a favore dei proprietari, possessori o detentori di beni culturali;
   alla suddetta somma andranno – tuttavia – aggiunti gli importi relativi ad interventi collaudati dopo il 2012, tenuto conto anche del fatto che le dichiarazioni di ammissibilità a contributo sono state rilasciate dagli uffici competenti fino al 14 agosto 2013;
   pertanto il debito complessivo dell'amministrazione è certamente di gran lunga superiore rispetto alla somma precedentemente riportata, anche se ad oggi non quantificabile con esattezza;
   risulta agli interroganti che le misure appositamente destinate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sono state costantemente ridotte a decorrere dal 2008, passando da 23.663.485,00 euro a 15.047.923,00, euro per poi crescere nel 2014 a 17.830.222,00 euro e precipitare, per il 2015, ad appena 130.000 euro (centotrentamila); tutto ciò a fronte di un arretrato di impegni che dovrebbe ammontare, per effetto di quanto in precedenza argomentato, a circa 200 milioni di euro;
   allo stesso modo, per quanto riguarda i contributi in conto interessi di cui all'articolo 37 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni, le somme stanziate sul relativo capitolo di bilancio (n. 4650) risultano comunque insufficienti e incapienti rispetto al cospicuo volume di istanze dichiarate ammissibili ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successivamente ammesse a finanziamento;
   dal momento che non è più possibile accogliere nuove richieste di contributo (a far data dal 15 agosto 2012), come detto sopra (in virtù della legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 77), le scarse somme disponibili sarebbero quindi destinate al soddisfacimento di tutte le pratiche di contributo in itinere, in rapporto alle quali i soggetti privati hanno già sostenuto i relativi costi ed oneri finanziari o comunque assunto impegni verso i terzi fornitori;
   in tale contesto una vasta platea di investitori privati che, avendo maturato il diritto ai contributi in conto capitale e conto interessi (non già in fase di predisposizione del progetto, ma solo all'esito del completamento dei lavori e del conseguente collaudo effettuato dai competenti uffici delle soprintendenze già da molti anni) si trovano oggi a dover affrontare in molti casi una grave situazione debitoria nei confronti di fornitori e terzi esecutori, e ad interrompere progetti di valorizzazione economica a forte ricaduta occupazionale;
   risulta indubbiamente necessario modificare i contenuti del Programma operativo nazionale «Cultura e Sviluppo», 2014-2020, la cui gestione è interamente affidata al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per introdurre, quantomeno nelle regioni in ritardo di sviluppo, una misura che operi in analogia a quelle definite negli articoli 35 e 37 del decreto legislativo n. 42 del 2004, promuovendo, per la materia, un efficace coordinamento con le amministrazioni regionali titolari di programmi cofinanziati dai fondi strutturali e comprensive di interventi per la tutela dei beni culturali e ambientali;
   altrettanto necessario appare predisporre un quadro definitivo degli impegni finanziari derivanti dalle dichiarazioni di ammissibilità al contributo per tutte le istanze perfezionate, ai sensi della citata normativa, alla data del 15 agosto 2012;
   la base programmatica dell'attuale Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si fonda sulla valorizzazione virtuosa e «valorosa» della combinazione tra pubblico e privato;
   sulla base di tale considerazione è auspicabile l'incremento dei relativi capitoli di bilancio, contribuendo al superamento di una situazione di impasse e moltiplicando l'impatto della spesa pubblica produttiva, tanto più indispensabile in quanto collegata ad un ciclo economico virtuoso, perché legato alla rifunzionalizzazione e alla fruibilità di beni culturali di pregio;
   nel frattempo, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha predisposto il Programma operativo nazionale «Cultura e Sviluppo» per il periodo 2014-2020, che applica l'Accordo di partenariato stipulato tra Italia e Commissione Europea concernente l'impiego dei fondi strutturali per la promozione della crescita nelle aree in ritardo di sviluppo;
   nello schema di programma non sembra peraltro sia stata prevista una misura volta al finanziamento di operazioni di sostegno agli investimenti di soggetti privati proprietari, detentori o possessori di beni culturali, pur ammessa dalla vigente normativa comunitaria in materia di agevolazioni;
   quali iniziative intenda intraprendere per potenziare la dotazione dei capitoli di bilancio a copertura degli interventi (già) previsti ai sensi degli articoli 35 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ed incrementare il capitolo 7434 PG2 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (per lo meno riportandolo a quanto previsto nel 2014), contemporaneamente proponendo l'abrogazione dell'articolo l'articolo 1, comma 26-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, per l'accelerazione delle procedure di materiale erogazione delle somme spettanti ai soggetti ammessi ai benefici contributivi sopraddetti, prevenendo possibili azioni in danno dell'amministrazione, che risulterebbero particolarmente onerose per il bilancio dello Stato. (3-01662)
(4 agosto 2015)

   ALLASIA, SIMONETTI, FEDRIGA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
    il 15 ottobre 2013 l'amministrazione comunale di Torino ha decretato la chiusura del complesso delle gallerie del museo civico intitolato a Pietro Micca;
   la scelta di disporre la chiusura delle gallerie sembrerebbe dipenda dalle infiltrazioni di acqua che negli anni le avrebbero rese pericolanti;
   secondo quanto si apprende dalla stampa in realtà sembrerebbe che tale scelta sia riconducibile al danneggiamento di importanti reperti verificatosi durante l'apertura del cantiere per la realizzazione del parcheggio di corso Galileo Ferraris, dove sembrerebbe siano stati abbattuti importanti resti della Cittadella sotterranea;
   nel 2008 la soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte evidenziava che i lavori connessi alla realizzazione del parcheggio interrato avrebbero comportato la perdita di strutture residue della Cittadella, corrispondenti alle cortine murarie della «Mezzaluna degli invalidi»;
   la stessa sosteneva che la perdita di importanti testimonianze dell'identità storica torinese avrebbe avuto un impatto emotivo molto forte sulla cittadinanza;
   il comune di Torino sembra sia intenzionato a voler procedere nella realizzazione del parcheggio nell'area archeologica dedicata a Pietro Micca, senza prendere in considerazione le proposte della cittadinanza per la conservazione dei reperti all'interno di un parco archeologico appositamente costruito. I lavori attualmente sono fermi, facendo presupporre che ci possano essere gli estremi per la valutazione di una diversa progettazione a tutela delle parti riemerse;
   durante gli scavi, iniziati nel novembre 2014, sono emersi resti delle fortificazioni esterne alla Cittadella, in particolare la muratura di contenimento del «Rivellino degli invalidi» ed una galleria di contromina del sistema difensivo della Cittadella;
   alla data dell'11 giugno 2015 risultavano ancora presenti resti di murature di contenimento del «Rivellino degli invalidi», dell'imbocco di una galleria e di un pozzo di aerazione della galleria stessa;
   il polo museale della città di Torino è un'attrattiva turistica riconosciuta in tutto il mondo; è necessario pertanto che siano adottate immediate iniziative di tutela e conservazione dei reperti storici rinvenuti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare per fare in modo che i cittadini possano fruire del patrimonio di gallerie e di murature del passato che sono la testimonianza nel mondo dell'identità storica della città di Torino. (3-01663)
(4 agosto 2015)

   PLACIDO. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 luglio 2015 venivano rese anticipazioni circa il rapporto che la Svimez pubblica annualmente nel mese di ottobre;
   dalle medesime anticipazioni emergono dati che erano già ampiamente noti e che confermano quanto l'Italia abbia problemi di crescita strutturali molto forti rispetto al resto dell'Europa;
   secondo alcuni economisti meridionalisti le analisi sul Mezzogiorno, ad opera della Svimez, non evidenziano in maniera corretta la complessità delle problematiche che il sud del Paese ha, ossia il gap infrastrutturale e i tassi di povertà che aumentano in maniera esponenziale sono diversi sia sul piano economico che su quello sociale all'interno delle stesse regioni meridionali. È riduttivo affermare che il sud d'Italia sia uguale all'interno delle singole regioni che lo compongono: la Calabria rappresenta una realtà socioeconomica fortemente compromessa sia dal punto di vista della programmazione del territorio e sia per quanto riguarda le politiche da porre in essere al fine di sfruttare al meglio le risorse economiche dei fondi strutturali europei. La Campania presenta differenti criticità che potrebbero essere invertite in positivo se accompagnate da una capacità di programmazione e di spesa dei fondi comunitari; diversamente altre regioni come la Puglia rappresentano livelli di certificazione della spesa comunitaria decisamente superiori alla media meridionale che, negli ultimi anni, hanno garantito un miglioramento dell'utilizzo dei fondi strutturali all'interno di politiche di coesione e sviluppo ed hanno consentito la realizzazione di infrastrutture strategiche per il bacino del Mediterraneo;
   i dati della Svimez indicano che la ricchezza pro capite del Trentino, regione più ricca, è di 37.665 euro, mentre in Calabria, regione più povera, soltanto di 15.807 euro;
   il Mezzogiorno registra un forte calo dei consumi interni (dall'inizio della crisi il 13,2 per cento in meno) e degli investimenti (-4 per cento nel solo 2014), oltre al calo, ulteriore, degli occupati che nel 2014 sono stati 5,8 milioni: questo stato delle cose riporta indietro di 21 anni;
   secondo la Svimez, il Sud sarà interessato nei prossimi anni da una crisi demografica che porterà al calo delle nascite di oltre 4 milioni di persone: una vera e propria «desertificazione demografica» che renderà le regioni del Sud, in particolar modo la Calabria, territorio di anziani e pensionati;
   destano preoccupazione i dati sull'occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media italiana del 34 per cento (in cui il Centro-Nord arriva al 42,3 per cento) e di una media europea (a 28 Stati) del 51 per cento, il Sud si ferma al 20,8 per cento. Tra i 15 e i 34 anni sono quindi occupate al Sud solo una donna su 5;
   l'Italia è un Paese sempre più diviso e diseguale, con un Sud che ha pagato nel corso degli anni della crisi il prezzo più alto delle politiche adottate dei tagli lineari della spesa pubblica. Gli ingenti tagli – sanità, scuola e su tutti l'università – hanno lacerato la trama sociale ed economica del Meridione d'Italia a vantaggio di altre macro aree del Paese che da tempo beneficiano di investimenti infrastrutturali di ben altra portata. Il Sud vede aumentare la pressione fiscale al livello locale grazie al meccanismo perverso dei tagli lineari;
   al 31 maggio del 2015 l'Italia ha speso il 73,6 per cento dei fondi strutturali della programmazione 2007-2013, ossia 3 punti in meno rispetto all'obbiettivo che il Governo Renzi si era dato, anche se grazie ad un allentamento delle regole europee le spese potranno essere certificate entro la primavera del 2017;
   i due precedenti governi, Monti e Letta, avevano strutturato la squadra di Governo affidando a due Ministri, Fabrizio Barca prima e Carlo Trigilia poi, la programmazione e la gestione dei fondi comunitari con la creazione di cabine di regia che hanno consentito di migliorare le performance e la certificazione di spesa dei fondi comunitari;
   dal mese di aprile 2015 il nostro Paese è privo di un Ministro o Sottosegretario di Stato che abbia le piene deleghe delle politiche di coesione territoriale con cui, al di là di quello che appare agli interroganti uno schema «parolaio» della politica del fare dell'attuale Esecutivo, avviare all'interno degli organismi competenti un lavoro di razionalizzazione della capacità di spesa certificata dei fondi strutturali. È evidente che la tanto declamata cabina di «regia politica» sui fondi comunitari del Governo Renzi si è ridotta ad un mero esercizio lessicale e potrebbe essere anche peggio nel caso in cui vi fosse l'intenzione di disimpegnare la quota di cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari, al fine di finanziare la riduzione delle tasse utilizzando le risorse non impegnate. Si verrebbe così a creare una paradossale inversione di senso nell'utilizzo di fondi europei in funzione pro ciclica invece che anticiclica: è interessante osservare come la Polonia abbia certificato il 97,5 per cento della spesa comunitaria creando 300 mila posti di lavoro e 1661 chilometri di ferrovia –:
   per quali ragioni il Governo non abbia, a tutt'oggi, assegnato le deleghe per le politiche di coesione al nuovo Sottosegretario di Stato, Claudio De Vincenti, con cui avviare la tanto annunciata «regia politica» sui fondi comunitari, i quali, se ben programmati e conseguentemente certificati per spesa, potrebbero ridurre in maniera importante il gap socioeconomico e infrastrutturale esistente all'interno del «sistema Paese». (3-01664)
(4 agosto 2015)

   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, MANNINO, TERZONI, VIGNAROLI, BATTELLI, SIMONE VALENTE e MANTERO. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   la Tirreno Power è uno dei principali produttori di energia elettrica in Italia; è presente con 20 centrali di cui 3 termoelettriche (tra le quali Vado Ligure) e 17 centrali elettriche;
   tra il 2000 e il 2007, secondo la procura della Repubblica di Savona, circa quattrocento persone residenti nell’«area di ricaduta» della centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure e Quiliano sarebbero decedute per gli effetti delle emissioni in atmosfera dei gruppi a carbone che alimentano la centrale stessa;
   secondo il procuratore ci sarebbero stati anche «tra i 1.700 e i 2.000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini sarebbero ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d'asma tra il 2005 e il 2012»;
   sull'attività di Tirreno Power sono aperti da tempo due filoni d'inchiesta da parte della procura, uno per disastro ambientale e l'altro per omicidio colposo. Per il primo filone sono arrivate anche le dimissioni dell'ex direttore generale della centrale di Vado Ligure, chiamato a rispondere sulle emissioni degli impianti e indagato per disastro ambientale;
   l'11 marzo 2014 il giudice per le indagini preliminari di Savona ha disposto il sequestro di due gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure, per il superamento alcuni limiti di emissioni imposti dall'autorizzazione integrata ambientale;
   da quanto riportato su un articolo di Ferruccio Sansa del il Fatto Quotidiano, del 15 luglio 2015, le registrazioni degli investigatori «dimostrano come la pubblica amministrazione con particolare riferimento all'allora Viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, si adoperi per suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare la prescrizione che impone la copertura del carbone. De Vincenti secondo gli investigatori avrebbe ipotizzato di chiedere al Csm un'azione disciplinare contro il pm Francantonio Granero.». Inoltre, «le frasi dei dirigenti dei ministeri sono rivelatrici: Se si volesse fare una cosa pulita, questa pulita non potrà mai essere meno sporca (...)» e ancora: «Abbiamo una porcata da fare in trenta minuti, scritta da loro, dallo sviluppo economico (...). Mi sputerei in faccia da solo». Fino ad un riferimento forse all'Ilva: «stiamo scrivendo un'altra norma porcata (...) c'ho un conato»;
   sul quotidiano La Stampa, del 15 luglio 2015, a firma di Marco Grasso e Marco Menduni, così viene riportata la vicenda: «La macchinazione per costruire una norma ad hoc che contenga un'interpretazione di più favorevole a Tirreno Power, coinvolge i più alti livelli e nell'inchiesta dei carabinieri del Nucleo Operativo ecologico di Genova si citano spesso (anche se non appaiono mai direttamente) due membri del governo. Il primo è Claudio De Vincenti (PD), ex viceministro dello sviluppo economico, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio, che secondo i militari si adopera per suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare le prescrizioni ambientali, e vorrebbe un'ispezione del Csm per bloccare il titolare delle indagini, il procuratore di Savona Francantonio Granero. Il secondo è il suo ex superiore, Federica Guidi, nel cui ufficio riceverebbe l'ex Guardasigilli Paola Severino, avvocato difensore della Tirreno Power». Tema del summit, per gli inquirenti, sarebbe proprio il piccolo «Porcellum»;
   dalle intercettazioni ambientali di due alti funzionari del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Giuseppe Lo Presti, dipendente della divisione per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e Antonio Milillo emerge il dissenso e il disgusto per la predisposizione di una norma volta a «stressare il sistema»;
   continuando, dall'intercettazione risulta che «l'avvocato Paola Severino abbia a questo proposito un incontro con il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi»;
   da quanto appreso dal quotidiano la Repubblica, del 15 luglio 2015, si evince che l'ex presidente della regione Liguria, Claudio Burlando, abbia operato per «delegittimare la consulenza tecnica epidemiologica ambientale». Precisamente «il 18 giugno del 2014 Minervini», allora assessore all'ambiente regionale nella giunta Burlando, «chiama Franco Merlo, biologo dell'istituto nazionali tumori di Genova. Merlo: ... Ti manderemo qualcosa ..., ma poi insomma ti organizzi ... la metti insieme in un documento unico o ciascuno? Minervini: Si e la firmo io in un verbale ... che noi abbiamo fatto una cosa che era ... diciamo così, che seguiva gli schemi scientifici» –:
   se il Governo, in virtù di quanto esposto in premessa, specie in relazione agli ultimi gravi avvenimenti che hanno interessato le figure del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, e del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, considerato che le intercettazioni confermano secondo gli interroganti il tentativo di «aggirare le prescrizioni ambientali» a vantaggio della Tirreno Power, non ritenga opportuno avviare una valutazione in merito all'effettive responsabilità dei membri del Governo coinvolti nelle vicende riportate a mezzo stampa. (3-01665)
(4 agosto 2015)

   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come denunciato dalle associazioni dei consumatori e dimostrato dalle innumerevoli testimonianze degli utenti, da settimane i disagi e i disservizi sui treni sono ormai all'ordine del giorno, resi ancora più gravi dalle altissime temperature che si sono registrate ultimamente;
   quotidianamente arrivano notizie sulle proteste da parte di pendolari e turisti per viaggi in treno che diventano vere e proprie odissee, soprattutto perché in questi giorni molte carrozze infuocate a causa delle temperature estive da record sono prive di aria condizionata e, per di più, con i finestrini bloccati;
   nelle ultime settimane da Nord a Sud sono innumerevoli le segnalazioni sui pesanti ritardi dei treni, sull'allungamento dei tempi di percorrenza, sulle carrozze obsolete e sporche, sui guasti ai convogli, sul malfunzionamento dei sistemi elettrici e di climatizzazione, sul sovraffollamento di passeggeri costretti a viaggiare in piedi per tutto il tragitto, sulle pessime condizioni di viaggio, sui controllori fantasma, sulla carente informazione ai viaggiatori;
   questi disagi e disservizi, oltre a creare un danno enorme per l'immagine dell'Italia, non rappresentano la strategia ideale per incoraggiare i cittadini a lasciare l'auto a casa, in un Paese in cui si vuol favorire l'utilizzo dei mezzi pubblici;
   anche sulla «linea direttissima» Roma-Firenze si sono registrati nell'intero mese di luglio 2015 pesanti e continui disservizi: numerosi ritardi e aumenti dei tempi di percorrenza, convogli surriscaldati a causa delle alte temperature, costanti guasti ai condizionatori, pessime condizioni di viaggio a bordo di tutti i treni della linea, bagni guasti e maleodoranti, viaggiatori pigiati, carente e tardiva comunicazione ai passeggeri;
   i comitati Assoutenti e i comitati dei pendolari della linea in alcune note indirizzate a Trenitalia, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e agli assessori regionali, hanno segnalato i pesanti disservizi di cui sono oggetto nelle ultime settimane i collegamenti regionali, interregionali e gli intercity sulla tratta Roma-Firenze;
   in particolare, i comitati lamentano il fatto che numerosi treni regionali e intercity hanno condizionatori vetusti e malfunzionanti che arrecano gravi disagi a migliaia di pendolari e turisti che ogni giorno utilizzano treni con temperature in carrozza anche superiore ai 45 gradi;
   per questi motivi hanno inviato a Trenitalia e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alcune proposte e richieste di intervento per fronteggiare lo stato di emergenza e rendere il viaggio più umano e confortevole;
   nel dettaglio, le misure messe in campo dai comitati negli ultimi giorni concernono una raccolta di firme per chiedere innanzitutto il rimborso del biglietto a tutti i viaggiatori di carrozze non condizionate su treni intercity o regionali o interregionali;
   inoltre, i comitati chiedono a Trenitalia l'attivazione di presidi di manutenzione dei sistemi di climatizzazione e di pronto intervento nelle stazioni, con tecnici abilitati a riparazioni veloci di impianti di condizionamento fuori uso o pronta sostituzione delle carrozze senza aria condizionata, l'attivazione di presidi sanitari nelle grandi stazioni per fronteggiare l'emergenza sanitaria dei viaggiatori che accusano malori in treno. Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i comitati chiedono invece tempi certi per il contratto di servizio universale e al più presto il ritiro di carrozze e locomotori guasti e vetusti e la loro sostituzione, attraverso l'acquisto di elettrotreni;
   l'ufficio stampa di Trenitalia ha spiegato che sta affrontando l'emergenza in tutta Italia mediante un potenziamento ed un rafforzamento dei presidi di personale all'interno delle carrozze ed è in contatto con le ditte esterne che si occupano di manutenzione dei condizionatori affinché, nel caso di guasti o malfunzionamento degli impianti, intervengano tempestivamente per risolvere il problema;
   in una nota Rete Ferroviaria Italiana e Trenitalia riconoscono le difficoltà delle ultime settimane dovute all'eccezionale e prolungata ondata di caldo torrido che si sta ripercuotendo anche sulla qualità del viaggio in treno e si impegnano con tutto il loro personale tecnico e dirigenziale a garantire la massima sicurezza della circolazione ferroviaria e, durante il viaggio, i migliori standard di comfort possibili,
   Trenitalia, dopo le sollecitazioni degli utenti e delle associazione dei consumatori, apre agli indennizzi ai viaggiatori per i disagi arrecati: «Se gli standard di comfort risultano in alcuni circostanze insufficienti non è, in nessun caso, per negligenza o scarso impegno. Pronto, in tale eventualità, l'intervento del personale di assistenza di Trenitalia, volto a mitigare, per quanto possibile, i disagi. Ai clienti coinvolti vanno comunque le doverose e sincere scuse dell'azienda e, laddove sussistano le condizioni, gli indennizzi previsti.» Insomma, chi si è trovano in condizione di reale disagio potrà chiedere i danni;
   Trenitalia spiega che, nelle ore più calde degli ultimi giorni, in alcune zone la temperatura sui binari ha raggiunto i 60 gradi centigradi e, in ogni caso, i protocolli adottati da Rete Ferroviaria Italiana stanno consentendo di garantire sempre la sicurezza del servizio ferroviario, anche in queste condizioni estreme;
   sempre secondo quanto riferito dall'ufficio stampa di Trenitalia, da luglio sono state distribuite oltre trentamila bottiglie d'acqua e 11.300 kit per colazione, pranzo e cena, nonché sono stati garantiti, ai viaggiatori che non hanno potuto ultimare il viaggio in treno, 260 pernottamenti in hotel e 145 trasferimenti in taxi. Nelle ultime settimane sul fronte «emergenza caldo» sono stati impegnati migliaia di ferrovieri, 300 tecnici soltanto per la manutenzione dei climatizzatori dei treni regionali e oltre 700 impegnati full time per assistere ed informare i clienti di Frecce, intercity e treni regionali;
   tuttavia, queste misure che Trenitalia avrebbe messo in atto negli ultimi giorni sono ancora inefficaci e insufficienti;
   a testimoniare il malcontento dei viaggiatori è arrivato il rapporto annuale dell'Autorità di regolazione dei trasporti sulla qualità del trasporto locale e delle ferrovie, presentato al Parlamento il 15 luglio 2015 dal presidente Andrea Camanzi;
   oltre alle percentuali che mettono in evidenza il grado di soddisfazione dei passeggeri italiani (il 32 per cento si dichiara abbastanza o decisamente insoddisfatto, il 44 per cento boccia totalmente il servizio, mentre il 38 per cento reputa il servizio soddisfacente), ad emergere è il numero di reclami ricevuti dall'Autorità di regolazione dei trasporti, che da qualche mese si occupa anche dei diritti degli utenti;
   tra le oltre 300 lamentele, le più frequenti fanno riferimento «a soppressione dei servizi, carenze delle informazioni cause di mancate coincidenze, inadeguatezza di stazioni e convogli alle esigenze di persone con disabilità, difficoltà ad ottenere rimborsi» –:
   se, al fine di evitare che il viaggio in treno si trasformi per molti pendolari e turisti in un vero calvario, non ritenga urgente intervenire presso Trenitalia perché adotti al più presto efficaci interventi per ovviare all’«emergenza caldo» ed ai continui disservizi, per offrire condizioni di viaggio più confortevoli e dignitose e un servizio più puntuale di informazione e assistenza ai passeggeri, nonché se non ritenga opportuno che si lavori su investimenti di medio e lungo periodo per migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi del trasporto ferroviario. (3-01666)
(4 agosto 2015)