TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 462 di Mercoledì 15 luglio 2015

 
.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla II Commissione (Giustizia):
S. 1685. – Senatori CRIMI ed altri: «Modifica al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in materia di soggetti sottoposti alla verifica antimafia» (approvata dalle Commissioni permanenti 1a e 2a del Senato). (2848)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN AMBITO INTERNAZIONALE IN RELAZIONE AL FENOMENO DEI MATRIMONI PRECOCI E FORZATI DI MINORI

   La Camera,
   premesso che:
    secondo le stime dell'Unicef nel mondo ci sono oltre 60 milioni di spose bambine a causa della pratica dei matrimoni di minori, precoci, forzati (child, early, forced marriage);
    l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahariana sono le regioni in cui questa pratica è più largamente diffusa dove, non casualmente in coincidenza, sono presenti altri gravi fenomeni, come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione e l'analfabetismo. Ma si registrano casi anche in Medio Oriente e Africa settentrionale, così come in Europa, compresa l'Italia, per effetto dei processi migratori, anche se il fenomeno è di difficile rilevazione, in quanto spesso queste unioni non vengono registrate;
    questi matrimoni sono quasi sempre incoraggiati e promossi dalle famiglie come rimedio alla povertà, come mezzo per «liberarsi» delle figlie, considerate un peso, perché «poco produttive», nella speranza di assicurare loro un futuro migliore, in termini sia finanziari sia sociali;
    al contrario, essi comportano una serie di conseguenze negative che segnano per sempre la vita delle spose bambine: queste ultime vengono precocemente sottratte all'ambiente della famiglia e a volte della comunità di origine, sono spesso soggette a violenze fisiche, psicologiche, economiche e sessuali, vittime di abusi e sfruttamento, impedite nelle opportunità educative (solitamente il matrimonio comporta l'abbandono scolastico) e di lavoro, vivono esperienze che comportano conseguenze pesanti sulla sfera affettiva, sociale e culturale;
    al matrimonio precoce seguono quasi sempre gravidanze altrettanto precoci, che provocano decine di migliaia morti, una quota rilevante della mortalità materna complessiva. Anche la prole da gravidanze precoci ne soffre le conseguenze: chi nasce da una madre-bambina o comunque minorenne ha un'alta probabilità di morire in età neonatale e, anche quando sopravvive, corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici;
    già nel 1994, 179 Governi rappresentati alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo avevano riconosciuto il legame diretto tra matrimoni precoci, gravidanze in età adolescenziale e alti tassi di mortalità materna e sottolineato il ruolo cruciale dell'educazione nelle azioni di prevenzione;
    nel programma di azione della stessa Conferenza i Governi firmatari si erano impegnati a proteggere e promuovere il diritto degli/delle adolescenti a ricevere un'educazione sulla salute riproduttiva e a garantire l'accesso universale a queste informazioni;
    la Convenzione sui diritti dell'infanzia riconosce espressamente i/le bambini/e (ossia persone di età tra 0 e 18 anni) come titolari di diritti e l'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) menziona il diritto di essere protette da matrimoni precoci;
    molti Paesi, compresi quelli in cui questa pratica è diffusa, hanno stabilito per legge l'età minima per il matrimonio, l'istruzione obbligatoria e i reati contro i minori, ma le norme tradizionali o di ordine religioso continuano ad avere il sopravvento sulla legislazione nazionale;
    malgrado la dichiarazione, pressoché universale, di impegno a porre fine alla pratica, si calcola che matrimoni di bambine di meno di 15 anni continueranno ad essere celebrati e che in questo decennio saranno 50 milioni le bambine che potrebbero rischiare di sposarsi prima di quell'età;
    il 22 ottobre 2014, con la risoluzione votata all'unanimità in Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, il Governo si era sostanzialmente già impegnato ad intraprendere con urgenza ogni iniziativa utile sul fenomeno dei matrimoni precoci e forzati di minori in Iraq;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima «risoluzione di sostanza» sui matrimoni di minori, precoci e forzati; questa risoluzione comprende raccomandazioni «di sostanza» sulle quali convergono gli Stati membri, con riferimento ad iniziative da intraprendere da parte delle Nazioni Unite e delle loro agenzie, di Stati membri, organizzazioni internazionali, espressioni della società civile ed altri rilevanti attori;
    il 2 luglio 2015 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato per consenso la risoluzione sui matrimoni precoci e forzati «Rafforzare gli sforzi per prevenire e eliminare i matrimoni precoci e forzati», il cui negoziato è stato co-presieduto da Italia e Sierra Leone;
    l'azione per prevenire ed eliminare i matrimoni di minori, precoci e forzati richiede altrettanto impegno di quello profuso nella campagna mondiale per l'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili. Secondo i dati delle Nazioni Unite, pubblicati in occasione della giornata internazionale «tolleranza zero per le mutilazioni genitali femminili», il numero delle ragazze vittime di questa pratica, che mette in serio pericolo la loro vita, è diminuito e l'adozione unanime da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite della risoluzione del dicembre 2012, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a intensificare gli impegni per la completa eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, ha certamente contribuito al conseguimento di questo risultato;
    la questione dei matrimoni forzati costituisce un ulteriore e non secondario aspetto dell'azione per combattere la violenza di genere e promuovere i diritti delle donne e l’empowerment femminile;
    il nostro Paese ho svolto un grande ruolo, riconosciuto a livello internazionale, nella campagna contro le mutilazioni genitali femminili, che ha fatto acquisire all'Italia un'autorevolezza internazionale tale da consentirgli di svolgerne uno altrettanto importante nella prevenzione ed eliminazione dei matrimoni di minori, precoci e forzati;
    il nostro Paese, insieme agli altri Stati del gruppo G7 riunitosi a Bruxelles il 4 e 5 giugno 2014, ha manifestato la sua determinazione per promuovere la parità di genere, porre fine a tutte le forme di discriminazione e di violenza contro donne e ragazze, porre fine ai matrimoni di minori, precoci e forzati e promuovere la piena partecipazione e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze,

impegna il Governo:

   a dare attuazione alla risoluzione «Matrimoni di minori, precoci, forzati», adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014, e alla risoluzione «Rafforzare gli sforzi per prevenire e eliminare i matrimoni precoci e forzati», adottata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 2 luglio 2015;
   a contribuire a dare impulso e a sostenere a livello globale una rinnovata campagna per prevenire ed eliminare questa pratica che viola i diritti umani delle bambine, con l'impegno e la determinazione già mostrati per la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili;
   a sostenere finanziariamente programmi e progetti di cooperazione internazionale volti alla prevenzione e all'abbandono dei matrimoni di minori, precoci e forzati.
(1-00553)
(Ulteriore nuova formulazione) «Locatelli, Zampa, Bergamini, Binetti, Galgano, Gigli, Spadoni, Nicchi, Gebhard, Giorgia Meloni, Bechis, Albanella, Amato, Carocci, Chaouki, Cimbro, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Fabbri, Fitzgerald Nissoli, Gadda, Gribaudo, Gullo, Iori, Patrizia Maestri, Malpezzi, Marzano, Mongiello, Palma, Pastorelli, Piazzoni, Piccione, Quartapelle Procopio, Rocchi, Sbrollini, Tidei, Tinagli, Venittelli, Ventricelli, Vezzali, Villecco Calipari, Carfagna, Giammanco, Scuvera, Antimo Cesaro, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco, Antezza, Labriola».
(21 luglio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    le stime dell'Unicef più recenti indicano che globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di avere compiuto 15 anni;
    il fenomeno delle «spose bambine» è direttamente proporzionale ai casi di mortalità materna e infantile, di malnutrizione e di analfabetismo;
    se è vero che questo fenomeno assume una portata strutturale insita nelle culture di riferimento di alcune aree mondiali come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahriana, è altrettanto noto come il processo di mondializzazione e gli eventi di migrazione di massa abbiano permesso il radicarsi di questi comportamenti anche nei Paesi occidentali;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare è, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa ma anche dal più lontano Medio Oriente;
    da tempo anche in Italia è emersa la problematica delle «spose bambine», un fenomeno sommerso e poco conosciuto ma diffuso nelle comunità degli extracomunitari presenti nel nostro territorio; si stima siano 2 mila ogni anno i casi accertati;
    già nella Conferenza del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo del 1994 era stato affrontato il tema delle «spose bambine» e dei connessi rischi di mortalità dovuti alle gravidanze precoci;
    la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
    il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1989 che afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione sui matrimoni di minori, precoci e forzati nella quale si declinano le raccomandazioni per adottare una strategia comune di contrasto al fenomeno da condurre con rinnovata energia come si sta facendo al fine di eliminare la barbara pratica della mutilazione genitale femminile,

impegna il Governo:

   ad adottare, anche attraverso lo strumento della normativa d'urgenza, norme atte a contrastare nel nostro Paese la diffusione del fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, prevedendo l'introduzione di una fattispecie di reato specifica e misure atte a revocare il permesso di soggiorno agli esercenti la patria potestà che siano riconosciuti colpevoli di aver costretto le proprie figlie minori a sposarsi;
   a dare attuazione alla risoluzione A/RES/69/156 per l'eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
   a sostenere in tutte le sedi internazionali campagne per prevenire e contrastare le pratiche che violano i diritti umani delle bambine con rinnovata energia anche in relazione all'aberrante fenomeno delle mutilazioni genitali.
(1-00945)
«Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Filippo Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(13 luglio 2015)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   BUSINAROLO, PESCO, SORIAL, D'INCÀ, SIBILIA, CRIPPA, CASO, BRUGNEROTTO, AGOSTINELLI, ALBERTI, BARONI, BASILIO, BATTELLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BONAFEDE, BRESCIA, BUSTO, CANCELLERI, CARIELLO, CARINELLI, CASTELLI, CECCONI, CHIMIENTI, CIPRINI, COLLETTI, COLONNESE, COMINARDI, CORDA, COZZOLINO, DA VILLA, DADONE, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DE ROSA, DEL GROSSO, DELLA VALLE, DELL'ORCO, DI BATTISTA, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, MANLIO DI STEFANO, DI VITA, DIENI, D'UVA, FANTINATI, FERRARESI, FICO, FRACCARO, FRUSONE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRANDE, GRILLO, L'ABBATE, LIUZZI, LOMBARDI, LOREFICE, LUPO, MANNINO, MANTERO, MARZANA, MICILLO, NESCI, NUTI, PARENTELA, PETRAROLI, PISANO, RIZZO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, RUOCCO, SARTI, SCAGLIUSI, SPADONI, SPESSOTTO, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, VACCA, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI, VILLAROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   sul sito de Il Fatto quotidiano si apprende che: «I carabinieri del Noe guidati dal colonnello Sergio De Caprio intercettano il colloquio con una cimice sotto il tavolo. Due le partite: la nomina a sorpresa del generale Saverio Capolupo, anziché di Adinolfi, al vertice della Guardia di finanza da parte del morituro Governo Letta. E la staffetta tra questi e Renzi, amico dei commensali. In questo contesto l'attuale numero due della Guardia di finanza dice che il figlio di Napolitano “Giulio oggi a Roma è potente, è tutto”. Poi sembra dire che il Capo dello Stato sarebbe ricattabile perché “l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e (Enrico) Letta ce l'hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”. Nardella non fa una piega, anzi»;
   sempre dallo stesso articolo si apprende che durante lo stesso pasto «Adinolfi resta sul tema: “Giulio oggi a Roma è tutto o comunque è molto. Giusto? Tutto, tutto ... e sembra che... l'ex capo della polizia ... Gianni De Gennaro e Letta ce l'hanno per le palle, pur sapendo qualche cosa di Giulio”. Nardella commenta criptico: “A quello si aggiunge, quello è il colore...”, seguono parole incomprensibili. Fortunato pensa al potere del figlio del Presidente: “Comunque lui è un uomo, c'ha studi professionali, interessi. Comunque tutti sanno che lui ha un'influenza col padre. Come è inevitabile... ha novant'anni c'ha un figlio solo”. Nardella concorda: “È fortissimo!”. Adinolfi: “Non è normale che tutti sappiano che bisogna passare da lui per arrivare” e Nardella sembra accennare a un possibile conflitto di interesse: “Consulenze, per dire consulenze dalla pubblica amministrazione”»;
   in sintesi, riportando anche quanto pubblicato su Il Fatto quotidiano domenica 12 luglio 2015, in merito anche alle intercettazioni telefoniche tra Renzi e il generale della Guardia di finanza Adinolfi, risulta che nel 2014 Matteo Renzi, ancora soltanto segretario del Partito democratico, interviene per stoppare la conferma del comandante Capolupo, su richiesta di un sottoposto del comandante, intromettendosi in una nomina di competenza del Ministro dell'economia e delle finanze e del Governo;
   sempre nello stesso articolo, il giornalista si chiede come mai lo stesso Matteo Renzi, nel 2014 «appena nominato segretario del Pd, da un lato supporta Adinolfi – nonostante sia notoriamente vicino a Gianni Letta, Adriano Galliani e Silvio Berlusconi – e dall'altro proprio a lui comunica la sua intenzione di far cadere Enrico Letta con l'aiuto di Berlusconi»;
   ed ancora chiede il giornalista: «Adinolfi, in qualità di comandante interregionale di Toscana ed Emilia-Romagna, era il vertice di un corpo che avrebbe potuto svolgere controlli e indagini sul feudo del suo rivale di allora nel Pd, Pier Luigi Bersani (lambito dalla Guardia di finanza nell'indagine sulla sua segretaria), e sul suo feudo: Firenze»;
   come riporta, altresì, il medesimo articolo di stampa: «Il Fatto ha scritto molti articoli su vicende imbarazzanti per lei, come la storia dei contributi pensionistici figurativi ottenuti dal 2004 al 2013 da provincia e comune grazie all'assunzione nella sua azienda di famiglia alla vigilia della scelta di Pds e Margherita di candidarla alla provincia. La Guardia di finanza è andata a prendere le carte su un caso simile che ha coinvolto Josefa Idem a Ravenna, in Romagna, e l'ex Ministro è stata indagata per truffa. Eventuali accertamenti della Guardia di finanza in Toscana non hanno dato alcun esito su di lei. Adinolfi non ha compiti di polizia giudiziaria ma lei ha mai parlato con lui di queste storie? E non ritiene che la sua sponsorizzazione del comandante possa appannare le certezze dei cittadini su un'azione rigorosa ed equanime delle Fiamme gialle?»;
   ed infine, sempre dall'articolo sopra citato, il giornalista pone questo quesito al Presidente del Consiglio dei ministri: «Adinolfi, secondo il Noe, avrebbe criticato le modalità di nomina del suo comandante e potrebbe avere alluso a un ricatto ai danni del Presidente Napolitano, facendo illazioni sulle ragioni della proroga di Capolupo. Non crede debba dimettersi da comandante in seconda?». Ed ancora: «Perché il segretario del Pd si fa dare dello “str...” da un generale che tuba al telefono con Gianni Letta?» –:
   se e come il Governo intenda fare chiarezza, di fronte al Parlamento e ai cittadini, in relazione a questa torbida vicenda, che fa apparire lo Stato italiano, nelle sue più alte cariche – dal Presidente della Repubblica al Presidente del Consiglio dei ministri – sotto costante ricatto da parte di figure già emerse nell'ambito di diverse indagini – da Why not alla P4 – e se e quale ruolo abbia avuto esattamente l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri e segretario del Pd in questa vicenda. (3-01612)
(14 luglio 2015)

   GIORGIA MELONI, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Unione europea ha inviato all'Italia una diffida per l'eliminazione del divieto dell'utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano, quali formaggi, yogurt o latte alimentare;
   il divieto è attualmente previsto dalla legge 11 aprile 1974, n. 138, recante «Nuove norme concernenti il divieto di ricostituzione del latte in polvere per l'alimentazione umana», e ha permesso sin qui all'Italia di realizzare primati a livello internazionale nella produzione casearia;
   secondo quanto denunciato dalla Coldiretti, con il via libera alla polvere di latte spariranno 487 formaggi tradizionali censiti dalle regioni italiane e un eventuale accoglimento dell'indicazione proveniente dall'Unione europea avrà conseguenze drammatiche sulla qualità dei prodotti;
   il latte in polvere commercializzato in Europa proviene per la maggior parte da Francia e Germania e la notizia relativa all'imminente abolizione del divieto di utilizzarlo in Italia ha già fatto aumentare le speculazioni sull’import di latte e crema in polvere di oltre il quindici per cento rispetto al 2014;
   l'assenso dell'Italia a questa ennesima insensata imposizione proveniente dall'Unione europea determinerebbe un danno inestimabile alla produzione casearia nazionale, colpendo ancora una volta la produzione agricola e causando la perdita di migliaia di posti di lavoro –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere in merito, al fine di salvaguardare e tutelare l'eccellenza della produzione nazionale. (3-01613)
(14 luglio 2015)

   MARCOLIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'11 luglio 2015, alle 6.30 del mattino, il consolato italiano al Cairo è stato investito dagli effetti della detonazione a distanza di una bomba radiocomandata da 450 chilogrammi, nascosta all'interno di un'autovettura;
   l'ora dell'attentato lascia immaginare la volontà dei suoi autori di contenere al massimo il numero delle vittime, accrescendo tuttavia il valore di segnalazione politica dell'attacco;
   sembra scarsamente credibile la pista battuta dalle autorità egiziane, che tendono ad accreditare la possibilità di un attentato in realtà rivolto non al consolato, ma verso una personalità coinvolta nei grandi processi che stanno concludendosi con la condanna a morte di centinaia di militanti e dirigenti della Fratellanza musulmana;
   l'attentato è stato rivendicato da sedicenti adepti dello Stato islamico;
   al nostro Paese i jihadisti potrebbero rimproverare tanto l'appoggio politico garantito al regime del generale al-Sisi, quanto l'accresciuta pressione militare del nostro Paese nei confronti dell'Esecutivo libico basato a Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale;
   a fronte del grave gesto, il Ministro interrogato ha assicurato che «il nostro Paese non si lascerà intimidire» –:
   se il Governo non ritenga che alcuni aspetti specifici della sua politica estera in Medio Oriente e Nord Africa rappresentino un grave fattore di rischio terroristico specifico per l'Italia. (3-01614)
(14 luglio 2015)

   AMENDOLA, CARROZZA, CASSANO, CENSORE, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA, MANCIULLI, MONACO, NICOLETTI, PORTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, RIGONI, ANDREA ROMANO, SERENI, SPERANZA, TACCONI, ZAMPA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'11 luglio 2015 un'autobomba è esplosa davanti al consolato italiano nel centro storico del Cairo, causando la morte di un uomo e una decina di feriti, tra cui tre bambini;
   la polizia egiziana ha effettuato tre arresti per l'attentato, spiegando che sarebbero stati identificati i tre presunti autori: Hassan Samir, Hussein Barakat e Takek Abd El Sattar, tre elementi del gruppo Ansar beit el maqdes, attivo nel Sinai e legato ai movimenti radicali islamici, mentre si sta accertando il loro effettivo collegamento con l'Isis ovvero con la Fratellanza musulmana;
   il Ministro interrogato è volato al Cairo lunedì 13 luglio 2015 per portare un messaggio di vicinanza del Governo e dell'Italia all'ambasciatore Maurizio Massari e al personale e alle forze della sede diplomatica e ha affermato che «non dobbiamo interpretare questo attentato come qualcosa di diretto particolarmente nei confronti degli italiani, ma certamente verso la presenza dei Paesi che condividono con l'Egitto un comune impegno contro il terrorismo»;
   inoltre, ha incontrato il Ministro degli esteri egiziano, Sameh Soukri, ribadendo il sostegno di Roma al Presidente Abdel Fattah al Sisi e il comune obiettivo di «lavorare insieme per asciugare l'acqua in cui nuotano i terroristi»;
   in Egitto il clima sta tornando pesante a causa della crescente insicurezza: recentemente era stato assassinato il procuratore generale Hisham Barakat, responsabile di molte condanne a morte di Fratelli musulmani, mentre nel Sinai gruppi di jihadisti avevano massacrato oltre cento persone, e dunque mantenere la sicurezza diventa la sfida più grande per Al-Sisi;
   in particolare, il ruolo del Governo egiziano è fondamentale anche nella soluzione della vicenda libica che vede sviluppi interessanti in questi giorni, dal momento che proprio il 12 luglio 2015 si sarebbe raggiunto a Skhirat, in Marocco, una nuova versione di accordo di pace, con la mediazione dell'inviato dell'Onu Bernardino Leon, su cui già concorda il Governo di Tobruk e su quale si sta cercando il consenso delle autorità di Tripoli, per formare un Governo ad interim di unità nazionale basato su un accordo di divisione dei poteri;
   in una situazione così delicata e visto il ruolo di mediatore de facto del nostro Paese, alcuni analisti hanno ipotizzato che una o più milizie libiche abbiano realizzato l'attentato al consolato italiano per ottenere un più basso profilo del Governo nei negoziati in Libia e, più in generale, nel teatro magrebino –:
   quali azioni intenda porre in essere il Governo per contribuire a un'effettiva stabilizzazione interna dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo che sostenga con la massima determinazione il contrasto ai movimenti radicali di matrice islamista e riesca a promuovere, nel contempo, l'affermazione progressiva dello Stato di diritto e del processo di modernizzazione cui aspirano quei popoli. (3-01615)
(14 luglio 2015)

   LATRONICO, PALESE e OCCHIUTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 12 giugno 2015 è stato emanato il decreto ministeriale n. 122 sulla procedura di valutazione d'impatto ambientale per la fase di indagini sismiche 3D del permesso di ricerca di idrocarburi denominato «d 79 F.R.-EN» localizzato nel Golfo di Taranto richiesto dalla società Enel Longanesi;
   il progetto prevede l'operazione di acquisizione sismica a mare attraverso strumentazione idonea all'individuazione di accumuli di idrocarburi gassosi nel sottosuolo marino, nell'area ubicata nel Golfo di Taranto ad una distanza minima dalla costa pari a 35 chilometri. I comuni interessati in Basilicata sono Nova Siri, Policoro, Rotondella, Scanzano, Pisticci, Bernalda;
   il progetto di ricerca di idrocarburi potrebbe provocare indubbi effetti negativi su tutti i comuni ubicati lungo la costa e sul comparto turistico, interessando la parte costiera con alterazione delle correnti e dell'equilibrio ecologico del mare, in un'area dove sono presenti diverse attività e produzioni agroalimentari di pregio;
   il sito individuato ha un alto valore naturalistico, essendo presenti habitat marini naturali ed anche specie da proteggere (ad esempio, la tartaruga caretta, in via di estinzione dalle coste italiane);
   nell'area interessata è presente anche la riserva naturale regionale Bosco Pantano di Policoro, istituita con legge regionale 8 settembre 1999, n. 28, oasi Wwf dal 1995. La riserva interessa un'area di 550 ettari a bosco relitto di latifoglie decidue, nei comuni di Policoro e Rotondella;
   esiste un'ampia letteratura scientifica prodotta a livello mondiale da prestigiosi istituti di ricerca che hanno analizzato gli effetti che potrebbero avere sui cetacei le attività di ricerca di idrocarburi in mare e le eventuali successive fasi di trivellazione con tecnologie (air gun) basate sull'emissione di onde acustiche ad elevata energia, in grado di creare danni irreversibili agli apparati uditivi dei cetacei presenti nel Mar Jonio;
   alla concessione di tale permesso, si oppongono, con numerose e fondate argomentazioni, enti pubblici, cittadini e associazioni –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare la realizzazione di progetti di trivellazione nel Mar Ionio, in quanto incompatibili con la vocazione economica, agricola e turistica dei territori interessati. (3-01616)
(14 luglio 2015)

   DI LELLO. — Al Ministro dello Sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Hp enterprise services Italia è una multinazionale che opera nel comparto informatico, sia nel settore software che in quello hardware, ed è presente in Italia con varie sedi sul territorio nazionale, una di queste quella di Pozzuoli;
   lo stabilimento di Pozzuoli nasce nel 1990 a Caserta, ha visto il massimo livello occupazionale nell'anno 2000 con circa 450 professionisti nello sviluppo software e successivamente, con il trasferimento a Pozzuoli e l'acquisizione da parte di Hp, il numero di occupati si è assestato intorno alle 300 unità, andando sempre più a decrescere, per i continui piani di esodo che Hp ha bandito negli ultimi anni, portando il numero attuale di addetti a quasi 200;
   la sede di Pozzuoli si caratterizza per elevate competenze maturate in circa 25 anni da professionisti in massima parte laureati, che hanno segnato tante storie di successo nel panorama dell’ict (information and communication technology) nazionale;
   basti pensare che oggi, nell'unità produttiva di Pozzuoli, si gestiscono da più di 8 anni le applicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, così come è in prima linea per i progetti del Ministero della giustizia, dell'Inail, di banche, di assicurazioni, di Enel, dell'Inps, di Eni e di altri, ed ha operato ed opera anche in molti ambiti internazionali;
   Hp Pozzuoli è una risorsa incredibile di competenze tecniche e funzionali, che ha portato tante persone di quest'azienda a governare (come consulenti) i processi di trasformazione di tantissimi clienti nei più svariati settori industriali e della pubblica amministrazione;
   la sede di Pozzuoli è ora agli onori della cronaca per l'ennesima vertenza sindacale, che si profila alquanto complicata, in un territorio già devastato dalla disoccupazione. Lo stabilimento, infatti, è ad un passo dalla chiusura, stando a quanto comunicato dalla direzione aziendale nel corso dell'incontro del 7 luglio 2015 con le rappresentanze dei circa 160 dipendenti. Secondo quanto riferito dal sindacato e da diverse fonti giornalistiche, nonché ribadito, da ultimo, con la lettera aperta di venerdì 10 luglio 2015 indirizzata dalla direzione aziendale ai dipendenti, 30 di essi saranno trasferiti in altre sedi del gruppo, probabilmente Roma, mentre gli altri 130 saranno acquisiti dalla Matic mind;
   una cessione questa che sta creando molta apprensione tra i lavoratori del sito di Pozzuoli: la Matic mind è, infatti, un'azienda con soli 180 dipendenti in tutta Italia, appena 11 a Napoli nella sede al Centro direzionale;
   ulteriore preoccupazione deriva dalle contrattazioni singole coi dipendenti: la Matic mind non intende effettuare negoziazioni collettive con gli oltre 100 dipendenti che acquisirà dalla multinazionale americana. Inoltre sembra, sempre secondo quanto riportato sui quotidiani, che la stessa Matic mind abbia attivato una procedura di contratti di solidarietà con il conseguente ulteriore dubbio di non possedere quei requisiti di continuità lavorativa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se e quali iniziative urgenti abbia intenzione di assumere al fine di scongiurare l'ennesima chiusura di uno stabilimento produttivo in un territorio che, per molti motivi, ha sofferto e continua a soffrire una forte crisi occupazionale, rassicurando gli oltre 100 dipendenti della Hp in merito al loro futuro lavorativo. (3-01617)
(14 luglio 2015)

   CAPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei casi di morosità, o presunta tale, la compagnia elettrica fornitrice dei servizi può sospendere la fornitura dell'energia dopo aver inviato una raccomandata che specifica un termine ultimo, pari a 15 o 20 giorni, trascorso il quale la fornitura viene interrotta se il pagamento non viene eseguito;
   la raccomandata deve indicare le modalità con cui il cliente deve comunicare l'avvenuto pagamento, il termine oltre il quale il cliente, qualora insista a non pagare, si vedrà sospesa la fornitura;
   è prevista, inoltre, l'eventualità che, se le condizioni tecniche del contatore lo consentano, prima della sospensione della fornitura la potenza erogata possa venir ridotta di un livello pari al 15 per cento della potenza disponibile;
   si tratta di procedure assolutamente condivisibili che stabiliscono un iter che tutela l'utente, rendendolo informato della situazione di morosità che potrebbe portare alla sospensione del servizio;
   sono state stabilite una serie di sanzioni per le compagnie fornitrici qualora non rispettino le formalità sopra ricordate;
   la tenuità delle sanzioni previste, però, non appare congrua ad evitare eventuali forzature da parte delle suddette compagnie nei confronti dell'utente, data l'evidente sproporzione nei rapporti di forza tra società fornitrici e utente finale;
   più in generale, appare chiaro che il sistema concepito oltre 20 anni fa per la fornitura di servizi quali elettricità o gas presenta molte falle e di fatto non regge più, soprattutto per quel che riguarda la tutela del consumatore finale –:
   se e in che modo il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza e ove ne sussistano i presupposti, per tutelare in maniera più efficace il consumatore finale, tenuto conto degli interessi in campo. (3-01618)
(14 luglio 2015)

   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, ZACCAGNINI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   pochi mesi fa Ikea, azienda multinazionale attiva nel settore low cost, ha annunciato il taglio dei contratti integrativi dei lavoratori, che dovrebbero diventare operativi dal 1o settembre 2015 (Corriere del Mezzogiorno, 29 maggio 2015; la Repubblica, 30 maggio 2015), i quali prevedono maggiorazioni salariali per i lavoratori legate ai turni domenicali e ai giorni festivi, nonché i premi di produzione. Tali integrazioni costituiscono una parte determinante degli stipendi, che si aggira attorno al 18-20 per cento;
   dopo la disdetta unilaterale di tutta la contrattazione integrativa vi era stata un'immediata e ferma reazione di sindacati e lavoratori, sfociata nelle prime 8 ore di sciopero territoriale effettuate all'unisono in diverse sedi del gruppo, sciopero deliberato in data 29 maggio 2015 dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, al termine del coordinamento unitario tenutosi a Firenze;
   nonostante ciò, i sindacati hanno più volte ribadito la volontà di proseguire la trattativa, considerato anche il precedente di anni di relazioni industriali «costruttive»;
   dopo la prima mobilitazione si sono svolti diversi incontri tra sindacati e azienda al fine di approfondire le reciproche posizioni; tuttavia, dopo aver constatato il permanere di posizioni distanti, in data 3 luglio 2015 le organizzazioni sindacali hanno proclamato, durante un incontro tenutosi a Bologna, una giornata di sciopero nazionale per l'11 luglio 2015;
   si tratta del primo caso di sciopero nazionale da quando il gruppo ha aperto i suoi punti vendita in Italia –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di agevolare una soluzione della vertenza che non pare nemmeno giustificata dalla situazione economica del gruppo, che vanta utili significativi – per l'anno fiscale 2013-2014, ad esempio, Ikea ha registrato un utile netto globale di 3,3 miliardi di euro, con un aumento di fatturato del 2,8 per cento – garantiti anche dal peculiare assetto societario che comprende holding, franchising e varie fondazioni, e in quale modo intenda stimolare il ciclo produttivo dell'intero comparto per dissuadere l'attore economico principale, anche convocando un tavolo con le parti interessate, dallo smantellare un tessuto produttivo ormai radicato sul territorio italiano. (3-01619)
(14 luglio 2015)

   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Acciai speciali Terni spa, nota anche come Ast, è una società italiana operante nel settore della metallurgia, siderurgia e informatica, fondata il 10 marzo 1884 con il nome di Società degli alti forni, fonderie e acciaierie di Terni;
   l'azienda, attraverso società controllate e partecipate in Italia e all'estero, è specializzata nella lavorazione e distribuzione di acciai (inox, basso legati e al carbonio, fucinati e titanio) destinati principalmente ai settori alimentari, edili, casalinghi, elettrodomestici, energetici e alle industrie di base, siderurgiche e meccaniche;
   ad oggi, Acciai speciali Terni spa si qualifica come gruppo industriale leader per l'impiantistica moderna e sofisticata, per le innovazioni tecnologiche e produttive e per la qualità dei propri processi e prodotti, classificandosi come uno dei maggiori poli siderurgici mondiali;
   si sono create ulteriori prospettive di mercato per Acciai speciali Terni spa grazie all'imposizione di dazi all'importazione di acciaio dalla Cina (che, però, attualmente è temporanea) e alla chiusura da parte di Outokumpu dello stabilimento europeo concorrente sito a Bokum;
   pertanto, Acciai speciali Terni spa ricopre un ruolo strategico nel panorama non solo nazionale, ma anche europeo e mondiale nella produzione di acciai speciali, essendo tra i primi produttori mondiali di laminati piani inossidabili e costituendo un imprescindibile pilastro economico per l'intera regione umbra e per il Centro Italia;
   il polo siderurgico di Terni rappresenta il più grande sito industriale dell'Italia centrale e produce il 15 per cento del prodotto interno lordo umbro, occupando fra manodopera e indotto circa 5.000 lavoratori; a fine 2014, infatti, il totale degli addetti era di circa 2.750 unità: di questi 2.230 erano impiegati in Acciai speciali Terni spa, di cui circa 1.690 operai, 530 impiegati e 26 dirigenti, e circa 520 nelle società controllate;
   dal 2014 Acciai speciali Terni spa è controllata nuovamente dalla ThyssenKrupp, che nel novembre 2013 ha riacquisito, tra le altre, le attività di parte di Inoxum, di Acciai speciali Terni spa e delle sue società controllate (Sdf, Tubificio e Aspasiel). Il passaggio è avvenuto dopo un periodo di due anni per effetto della cessione della proprietà da parte della multinazionale finlandese Outokumpu, che ebbe ad acquistare la proprietà del polo dalla stessa ThyssenKrupp il 7 novembre 2012; l'operazione, che si è resa necessaria a seguito della richiesta della Commissione europea per evitare la costituzione di imprese aventi posizioni dominanti sul mercato europeo, si è perfezionata con l'approvazione dell'Unione europea in data 13 gennaio 2014;
   in ragione di tale perfezionamento, ThyssenKrupp ha fornito alla Commissione europea un piano di attività sugli investimenti in Acciai speciali Terni spa e sugli interventi per migliorarne la redditività, sulla base del quale la Commissione europea ha ritenuto che l'acquisizione avrebbe preservato una concorrenza effettiva, mantenendo una quarta forza competitiva nel mercato dello spazio economico europeo dell'inox;
   successivamente ThyssenKrupp ha annunciato lo sviluppo e la presentazione entro il mese di luglio 2014 di un nuovo piano industriale, al fine di rendere profittevole il sito di Terni, risanando i conti degli ultimi esercizi;
   nel luglio 2014 Thyssenkrupp-Acciai speciali Terni spa ha presentato un piano di rilancio che, al fine di rendere profittevole il sito di Terni, ne prevedeva un drastico ridimensionamento. Secondo le previsioni del management tedesco (nella persona dell'amministratore delegato Lucia Morselli e di Joachim Limberg in qualità di amministratore delegato dell'area materials services di ThyssenKrupp), il piano ipotizzava, entro l'anno fiscale 2015-2016, lo spegnimento di uno dei forni elettrici dello stabilimento e la riduzione dei livelli occupazionali di circa 550 unità, prevedendo altresì interventi sui costi in tutte le aree, per un risparmio stimato di 100 milioni di euro in 5 anni (39 milioni di euro nei primi due anni, più altri 61 da spalmare nel quinquennio);
   i licenziamenti previsti dal primo piano Thyssenkrupp-Acciai speciali Terni spa erano così distribuiti: 220 nei primi due anni e 330 alla fine dei due anni; a questi si sarebbero aggiunti poi altri 400 dipendenti delle ditte esterne e dell'indotto. L'azienda ThyssenKrupp aveva, infatti, proposto anche un taglio del 20 per cento dei contratti stipulati con le ditte esterne, dalla manutenzione ai trasporti, passando per la vigilanza, la pulizia e l'edilizia industriale, per arrivare ad un licenziamento complessivo di circa 900-950 dipendenti dell'intero sito ternano, con prevedibili effetti sull'intero tessuto economico e sociale del ternano, che verrebbe sottoposto ad un forte depauperamento di risorse produttive ed occupazionali;
   i sindacati locali e nazionali hanno ritenuto «inaccettabile» il piano Thyssenkrupp-Acciai speciali Terni spa e all'incontro del 25 luglio 2014 presso la camera del lavoro di Terni gli stessi hanno definito il piano industriale dell'azienda come un piano finanziario che puntava al ridimensionamento e che sanciva la deindustrializzazione di Terni e dell'Umbria intera;
   il piano di licenziamenti presentato da ThyssenKrupp per Acciai speciali Terni spa avrebbe implicato costi sociali ed industriali elevatissimi, in termini di impatto sia sull'occupazione diretta delle imprese del gruppo sia sulla riduzione dei volumi di produzione, sulle attività e sulle imprese dell'indotto;
   nel corso della successiva trattativa sindacale è intervenuta da ultima la proposta dell'amministratore delegato Morselli, la quale proponeva una mobilità agevolata per circa 300 addetti con un incentivo economico di circa 80.000 euro, ma i sindacati locali ritennero inaccettabile questa condizione rigettando l'ipotesi di accordo sulla mobilità agevolata;
   in data 5 settembre 2014, dopo un confronto durato oltre quattordici ore, presso il Ministero dello sviluppo economico, la proprietà delle Acciai speciali Terni spa ha sottoscritto un'intesa con le organizzazioni sindacali in base alla quale la ThyssenKrupp ha ritirato la procedura di mobilità per circa 550 lavoratori dipendenti, nonché la disdetta del contratto collettivo integrativo sociale ed ha stabilito il termine del 5 ottobre 2014 entro il quale trovare una soluzione condivisa in merito al piano di ristrutturazione proposto dall'azienda a tutela dei livelli occupazionali e della capacità produttiva del sito umbro;
   purtroppo, il 9 ottobre 2014 il «fitto calendario di incontri» deciso al tavolo del Ministero per discutere il piano industriale di ThyssenKrupp, nella speranza di trovare una composizione tra gli interessi di efficientamento dell'azienda e la richiesta di tutele dei lavoratori e dei livelli occupazionali, è sfociato in un nulla di fatto e il 10 ottobre 2014 l'azienda ha riattivato la procedura di mobilità per 537 lavoratori dipendenti (fra operai, quadri e impiegati: 473 per la sola Acciai speciali Terni spa, i restanti distribuiti nelle società controllate);
   l'annosa vicenda dell'azienda di Terni, prima in mani finlandesi che l'avrebbero voluta come centro produttivo dell'area mediterranea e poi, a causa di un abuso di posizione dominante nella produzione dell'acciaio inossidabile riconosciuto dall'autorità europea antitrust, nuovamente in mani tedesche, che hanno ribaltato il piano espansivo dei finlandesi, rafforzando gli stabilimenti in Germania a scapito di quelli italiani, ha provocato lunghi scioperi da parte dei lavoratori, nonché scontri di piazza fra le forze dell'ordine e i manifestanti a partire dal mese di agosto 2014;
   in data 3 dicembre 2014, dopo quattro mesi di una delle vertenze più dure degli ultimi trent'anni, è stato siglato il nuovo accordo per l’Acciai speciali Terni spa e le controllate Aspasiel, Sdf e Tubificio;
   tale accordo modifica profondamente il piano industriale di ridimensionamento del 17 luglio 2014, prevedendo un piano di ristrutturazione, rilancio e sviluppo su quattro anni che si pone l'obiettivo di garantire almeno un milione di tonnellate di fuso, il mantenimento dei 2 forni, un significativo piano di investimenti, una politica commerciale adeguata, la gestione delle eccedenze attraverso la fuoriuscita esclusivamente volontaria e incentivata, evitando di fatto licenziamenti coatti, la tutela dei contratti a tempo determinato e degli apprendisti e il nuovo contratto integrativo, che prevede: il mantenimento delle maggiorazioni notturne e dell'indennità domenicale, un premio per tutti di 723 euro detassati e decontribuiti che non è stato ancora erogato, un percorso che garantisce la tutela anche ai lavoratori delle ditte terze. Nel corso dell'ultima fase della trattativa è stato respinto il tentativo dell'azienda di introdurre la cassa integrazione guadagni straordinaria per 400 lavoratori per 24 mesi;
   a seguito del recente annuncio della vendita della controllata Vdm (società specializzata nel business delle leghe speciali) da parte della Thyssenkrupp, nei giorni scorsi i sindacati nazionali e locali, preoccupati per le possibili pericolose ripercussioni su Acciai speciali Terni spa, hanno chiesto al Ministro dello sviluppo economico un urgente incontro in sede governativa per la verifica dell'accordo del 3 dicembre 2014. Nella nota congiunta firmata da Fiom, Fim, Uilm, FismiceUgl si legge: «Tale richiesta, già inoltrata, ha assunto un carattere di urgenza a fronte di quanto determinatosi negli ultimi giorni che dal nostro punto di vista non è in linea con quanto concordato nell'accordo del 3 dicembre 2014. La suddetta richiesta è ancor più necessaria in considerazione del fatto della ferma volontà, da parte del management di Acciai speciali Terni spa, di non voler ripristinare le corrette relazioni sindacali. Ciò è dimostrabile dall'improvviso sottrarsi, in sede locale, al confronto sulle tematiche dell'accordo stesso»;
   sono quindi, due i motivi alla base della richiesta: l'improvvisa vendita da parte della multinazionale della controllata Vdm e la riorganizzazione aziendale che sarebbe stata decisa dal management al di fuori della contrattazione sindacale, mettendo a repentaglio sia la sicurezza, sia gli obiettivi di produzione aziendali sottoscritti nell'accordo;
   nel comunicato della ThyssenKrupp che ha annunciato la vendita di Vdm, riacquistata a fine 2013 dai tedeschi da Outokumpu, la multinazionale è tornata a dire di aver sempre sottolineato di non aver intenzione di mantenere le due società (Vdm e Acciai speciali Terni spa) «nel medio-lungo termine»; tuttavia, la cessione della società specializzata nel business delle leghe speciali potrebbe avere ripercussioni sul brevissimo termine;
   ThyssenKrupp ha annunciato la vendita di Vdm group a Lindsay Goldberg, un fondo americano con sede in Europa a Düsseldorf. Il valore dell'operazione non è stato divulgato, ma il colosso industriale tedesco ha sottolineato che influirà positivamente sulla sua situazione finanziaria. La vendita consentirà, inoltre, al colosso tedesco dell'acciaio di ridurre «l'esposizione al settore volatile dei materiali supportando l'obiettivo strategico di rendere ThyssenKrupp un gruppo industriale diversificato e portando a una correzione del book value di circa 100 milioni di euro»;
   i sindacati hanno sottolineato: «Oltre alla necessità di mantenere in equilibrio le produzioni tra area a caldo e area a freddo, abbiamo sempre chiesto al management aziendale quale futuro potesse avere il titanio. Negli ultimi anni Acciai speciali Terni spa ha eseguito la produzione in conto lavorazione per Vdm fino allo scorso autunno. Come sindacato denunciammo che il mercato che aveva in passato Titania, per le scelte poco lungimiranti effettuate in Germania anni orsono, in poco tempo fosse andato distrutto, con i clienti che si sono dispersi». «Dall'accordo del Ministero dello sviluppo economico, Acciai speciali Terni spa ha affermato in più di una circostanza la volontà di rimanere nel mercato del titanio. Come sindacato abbiamo chiesto al management aziendale cosa abbia messo in campo per valorizzarne la strategia commerciale, quali azioni siano state elaborate per creare gli stock strategici, senza ottenere risposte esaustive e di prospettiva. Ora il tempo sta scadendo. Il sito di Terni deve attrezzarsi il più velocemente possibile per non perdere questo business sicuramente di nicchia ma dall'elevato valore aggiunto, che per anni è rimasto strategico nelle logiche aziendali»;
   nell'accordo firmato il 3 dicembre 2014 le parti si erano impegnate a rilanciare la produzione del titanio, che ora è a rischio smantellamento, nonostante si sia acquisita una nuova commessa, ed è una delle produzioni di Acciai speciali Terni spa che hanno fatto la forza del sito siderurgico di Terni;
   in una fase come questa, poi, sarebbe necessario rafforzare le opportunità formative per i soggetti più deboli, anche fortificando la cultura dell'apprendimento nel luogo di lavoro;
   ad oggi non esiste un piano di investimenti nel settore della formazione e della ricerca e sviluppo, anzi si stanno perdendo risorse interne ed esterne, come il centro sviluppo materiale;
   il prossimo semestre diventa determinante per Acciai speciali Terni spa perché è assolutamente necessario recuperare i volumi, facendo attenzione sempre alla qualità;
   relativamente all'imposizione di dazi, la misura è provvisoria, mentre la decisione definitiva sarà presa alla fine dell'inchiesta che era stata aperta a giugno 2015 dalla Commissione europea su richiesta di alcune aziende europee rappresentate da Eurofer; i vantaggi che potrebbero derivarne per Terni e il sistema Italia sarebbero notevoli;
   un segnale importante potrebbe arrivare anche dall'investimento sulla linea 6, che garantirebbe performance migliori, consentendo un'ottimale gestione delle linee a freddo, dando slancio all'area a caldo –:
   quali urgenti iniziative intenda il Governo assumere per assicurare il rispetto dell'accordo del 3 dicembre 2014, supportare il rilancio della realtà produttiva ed occupazionale di Acciai speciali Terni spa e tutelare il patrimonio di competenze produttive acquisite negli anni, salvaguardando il valore strategico che Acciai speciali Terni spa ricopre per l'economia umbra e italiana, scoraggiando fenomeni di smantellamento e delocalizzazione industriale che provocano il depauperamento delle risorse dell'intero settore dell'acciaio, la cui perdita rappresenterebbe un duro colpo per la politica industriale italiana. (3-01620)
(14 luglio 2015)

   TANCREDI, MINARDO e VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il ritardo nella realizzazione di una rete digitale a banda larga ultraveloce ovvero, più in generale, di nuova generazione, rappresenta uno dei maggiori fattori frenanti di una concreta prospettiva di crescita economica del Paese in un contesto di competizione globale;
   il Governo ha dato un segnale molto chiaro e apprezzabile con il varo, a marzo 2015, di un documento strategico denominato «Strategia italiana per la banda ultralarga»;
   in questo documento risulta particolarmente condivisibile l'impostazione che capovolge un pensiero che è stato a lungo dominante: quello secondo cui l'offerta infrastrutturale deve seguire gli andamenti della domanda. Il documento si apre, invece, richiamando uno scenario che non è una suggestione futuribile come il nome («Internet delle cose») lascerebbe intendere, ma è – al contrario – una realtà già concreta per le parti più avanzate e ricche del pianeta e presto lo diventerà – ce lo si deve augurare – anche per il nostro Paese;
   quindi, l'offerta di reti di nuova generazione deve diventare un «obiettivo Paese». Forse uno dei più importanti e strategici;
   ma nel documento non sono contenute (e non potrebbe essere altrimenti) tutte le scelte necessarie ad articolare un concreto ed efficace intervento pubblico sul settore;
   altri atti, dotati di forza di legge (o per lo meno di atto amministrativo), devono articolare gli indirizzi contenuti nel documento strategico che ha il limitato (ma fondamentale) compito di delineare una volontà politica e una prospettiva di governo;
   esistono almeno tre versanti da considerare;
   il primo è un versante finanziario: quante risorse pubbliche si riesce a mettere in campo e quali sono gli effetti che si attendono in termini di investimenti privati. Su questo si apprende qualcosa dalla stampa (da ultimo un'intervista su Il Sole 24 ore di martedì 14 luglio 2015 del vice segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri), ma ancora non emergono le cifre di una strategia chiara, soprattutto in termini di investimenti privati e di analisi convincenti costi-benefici;
   il secondo è un versante normativo, che ha richiesto (e richiederà ancora) la modifica di una legislazione ancora non idonea a rendere raggiungibili gli obiettivi del piano;
   il terzo è un versante strategico e riguarda il ruolo delle imprese private nella realizzazione della strategia. Non solo del principale operatore nel settore delle telecomunicazioni – che ancora oggi vede i propri bilanci gravati dagli effetti a lungo termine di una delle privatizzazioni peggio gestite dal Governo italiano (ci si riferisce, evidentemente, alle note vicende del 1997). Ma anche degli altri operatori del settore, dell’Enel, degli altri gestori delle principali utilities;
   questi versanti dovranno progressivamente chiarirsi attraverso una serie coerente, ma anche serrata, di atti;
   si è parlato per mesi di un decreto in via di elaborazione. Ma poi tale decreto è andato, evidentemente, incontro a difficoltà nella fase della definizione dei dettagli;
   adesso, senza che il decreto sia stato emanato, si torna a parlare del solo aspetto finanziario. E quindi dell'assegnazione di risorse derivanti dal fondo sviluppo e coesione;
   ma si tratta di vicende che si seguono sulla stampa. Mentre appare importante che l'intera vicenda divenga oggetto di un completo e approfondito dibattito parlamentare, data la rilevanza strategico di questo tema e il peso di interessi di parte che deve essere, invece, bilanciato dall'interesse generale, la cui sede di formazione è – e non può che essere – il Parlamento;
   infatti, dal momento che la rete fissa a banda ultralarga in fibra ottica costituisce un'infrastruttura strategica, non meno rilevante, per le ricadute positive che può comportare sul piano della crescita complessiva dell'economia di un Paese che voglia mantenersi competitivo, delle altre infrastrutture fisse, a partire da quelle di trasporto ed energetiche, è decisivo che il Governo sia dotato di una strategia molto chiara, ma soprattutto che il Parlamento dia il proprio contributo alla definizione di tale strategia –:
   quale sia la tempistica con cui il Governo intende procedere su ciascuno dei tre versanti indicati in premessa, con particolare riferimento ai passaggi successivi, in modo da conoscere se intenda o meno assecondare e seguire la domanda dei singoli utenti. (3-01621)
(14 luglio 2015)