TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 459 di Venerdì 10 luglio 2015

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la scarsa trasparenza sui titoli derivati stipulati dal Tesoro italiano è un tema che, soprattutto nell'ultimo periodo, è stato più volte portato all'attenzione del Governo e del Ministro interrogato, al fine di ottenere risposte necessarie e soddisfacenti ad una questione così importante quale quella del debito pubblico italiano;
   i molteplici atti di sindacato ispettivo formulati nel corso del tempo, tesi ad ottenere i dati reali del fenomeno, non hanno destato alcun interesse nei riguardi dell'attuale compagine governativa e tanto più del Ministro proponente in materia; né tantomeno hanno avuto effetto le recenti richieste di accesso agli atti formulate dai parlamentari;
   paradossalmente, più si tenta di acquisire informazioni sui titoli derivati e meno ragguagli si riescono ad ottenere: all'ultima richiesta presentata dall'interpellante, nell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea svoltasi il 1o aprile 2015, in merito alla necessità di rendere pubblici in versione integrale tutti i contratti derivati in essere dallo Stato italiano, il Ministro interpellato ha fornito una risposta totalmente insoddisfacente e, trascorsi quasi due mesi dalla richiesta di accesso agli atti formulata dall'interpellante e dai parlamentari di Forza Italia-il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente della Commissione bilancio della Camera dei deputati, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora fornito alcuna risposta ufficiale;
   il Ministro interpellato, nel dibattito in Assemblea del 1o aprile 2015, si è semplicemente limitato ad affermare che «con la documentazione pubblicata sul sito Internet del Ministero, compresa la tabella che aggrega i contratti esistenti, e gli interventi della dottoressa Cannata nell'audizione presso la Commissione finanze della Camera si è fornito un quadro esaustivo del portafoglio derivati in essere». Il Ministro interpellato ha poi proseguito affermando che «il livello di dettaglio richiesto appare non accoglibile, in quanto la divulgazione di tali contratti avrebbe riflessi pregiudizievoli sulle attività in derivati, poiché determinerebbe uno svantaggio competitivo dello Stato nei riguardi delle controparti e di altri emittenti sovrani che fanno uso di questi strumenti.»;
   l'affermazione per cui le informazioni sui titoli derivati sarebbero sotto secretazione poiché comporterebbero, se conosciute, uno svantaggio competitivo per il nostro Paese, sembra essere una semplice opinione del Ministro interpellato, considerato che non vi è nessuna norma a tutela di quanto affermato e che, al contrario, si tratta di contratti che lo Stato italiano contrae con istituzioni bancarie e che, dunque, non possono creare nocumento all'interesse del Paese;
   il Ministro interrogato, nel suo intervento, ha inoltre richiamato l'intervento della dottoressa Cannata, direttore generale del debito pubblico del Ministero dell'economia e delle finanze, svoltosi nell'indagine conoscitiva in Commissione finanze della Camera dei deputati, sugli strumenti finanziari derivati, che non ha affatto contribuito a fare chiarezza sulla questione in esame poiché non sono state fornite tutte le informazioni riguardanti i contenuti dei contratti derivati dello Stato italiano ancora in essere, né tanto meno quelle relative alle controparti, agli importi e ai dati in merito ai tempi e alle clausole degli stessi;
   è stata, inoltre, predisposta un'ulteriore interpellanza urgente, con circa trenta domande su questioni puntuali in merito all'utilizzo dei titoli derivati, a cui il Viceministro Luigi Casero, chiamato a rispondere in rappresentanza del Ministro interpellato, non è stato in grado di offrire risposte precise;
   a seguito di un'analoga richiesta di accesso agli atti inviata dai deputati delle Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati del Movimento 5 Stelle, la dottoressa Cannata, con provvedimento del 25 febbraio 2015, ha negato l'accesso alla documentazione relativa ai contratti aventi ad oggetto derivati stipulati dallo Stato italiano;
   nel diniego di accesso non sono state indicate le disposizioni di legge ritenute ostative all'accesso ai documenti richiesti, ma il Ministero dell'economia e delle finanze ha semplicemente obiettato che, ai sensi del decreto legislativo n. 33 del 2013, «non appare sussistere in capo al Ministero obbligo di ostensione dei documenti richiesti», sicché il provvedimento di diniego ad avviso dell'interpellante risulta assolutamente illegittimo in quanto carente di motivazione;
   è dunque evidente che è stato formulato un diniego di accesso esclusivamente su una volontà personale, e forse anche politica, considerato che non sussiste alcuna normativa che precluda l'accesso agli atti, ma, al contrario, possono soltanto rinvenirsi delle disposizioni positive che sanciscono il relativo obbligo;
   ne consegue che alla luce della normativa citata, il Ministro interpellato è obbligato a pubblicare i contratti dei derivati, nonché a renderli conoscibili a chiunque eserciti il diritto di accesso agli atti, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013;
   va inoltre rilevato che i richiedenti all'accesso agli atti sono deputati assegnati alle Commissioni parlamentari bilancio e finanze, sicché tale richiesta non deve intendersi come finalizzata ad un «controllo generalizzato dell'operato della pubblica amministrazione» e, come tale, vietato dall'articolo 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990;
   a tal proposito la giurisprudenza ha, infatti, chiarito che «l'esercizio del diritto di accesso non è consentito per finalità di mero controllo della legalità dell'azione amministrativa, ma la sua istanza dev'essere sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all'istante da uno specifico nesso» (ex multis Consiglio di Stato, sezione V, 20 gennaio 2015, n. 166); è pertanto innegabile la presenza di un tale tipo di interesse in capo ai richiedenti, deputati della Repubblica, e, quindi, la piena legittimità della richiesta –:
   in quali tempi il Ministero dell'economia e delle finanze intenda pubblicare in versione integrale tutti i contratti derivati in essere dallo Stato italiano, in attuazione del principio di total disclosure su cui deve poggiare l'attività dell'amministrazione pubblica, ai sensi del decreto legislativo n. 150 del 2009, e, conseguentemente, aggiornare le informazioni già fornite dalla dottoressa Cannata e quanto presente nei siti istituzionali, e, in ogni caso, quando intenda convalidare l'accesso alla documentazione relativa ai contratti derivati, così come da richiesta formale trasmessa dai deputati del gruppo Forza Italia-il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente il 27 marzo 2015, nel rispetto della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo.
(2-00988) «Brunetta, Occhiuto».
(3 giugno 2015)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 17 giugno 2015 sul sito della federazione del pubblico impiego www.dirpubblica.it esce un post dal titolo: «Lo strano caso di Miguel Martina», ove si legge «In data 15 giugno 2015 Dirpubblica ha depositato presso il tribunale di Civitavecchia (Roma) il ricorso per la repressione della condotta antisindacale compiuta dall'Agenzia delle dogane, ai danni del proprio dirigente sindacale Miguel Martina, attraverso tre consecutivi addebiti disciplinari per aver, questi, partecipato ad una serie di trasmissioni televisive di La Gabbia - La 7 durante le quali ha criticato l'attività dell'Agenzia delle entrate attraverso una meticolosa ricostruzione dei dati sul recupero dell'evasione fiscale;
   contestualmente, è stato diffidato il dirigente della dogana di Fiumicino (Roma 2), ove presenta servizio Miguel Martina, a desistere dall'ulteriore prosecuzione dei procedimenti disciplinari avviati in pregiudizio del predetto dirigente sindacale, avvertendolo espressamente che, nell'ipotesi in cui dovesse portare ad ulteriore compimento l'azione antisindacale già intrapresa ai danni di Dirpubblica, questa si riserva sin d'ora ad agire personalmente nei suoi confronti oltre il suo ente di appartenenza (l'Agenzia delle dogane)»;
   allegata al post, la lettera di diffida rivolta al direttore dell'ufficio delle dogane di Roma 2, il dottor Davide Miggiano, da parte dell'avvocato Carmine Medici, incaricato in tal senso da Dirpubblica, nella quale lo si invita a evitare il protrarsi di quella che viene ritenuta una condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori), essendo il dottor Martina già stato raggiunto da tre procedimenti disciplinari con medesime contestazioni, a fronte dei quali è stato opposto, sempre il 15 giugno 2015, ricorso presso la cancelleria del tribunale di Civitavecchia;
   tra le informazioni fornite ai telespettatori dal dottor Martina in qualità di dirigente sindacale, risultano esserci i dati relativi alle commissioni tributarie provinciali del 2013 e del 2014 (fonte lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze: http://www.mef.gov.it/documenti/indexNewsDf.html), da dove risultava e risulta tuttora che nel 2013 solo il 38,89 per cento delle sentenze presso le commissioni tributarie provinciali su accertamenti contestati risultava favorevole all'Agenzia delle entrate, il 9,75 per cento parzialmente favorevole (sui quali il cittadino ha dimostrato che solo parte delle contestazioni erano fondate), vedendosi avversi i rimanenti; nel 2014 la percentuale delle sentenze favorevoli all'Agenzia delle entrate presso le commissioni tributarie provinciali si attestavano al 42,46 per cento, mentre i giudizi intermedi all'11,28 per cento; nelle commissioni tributarie regionali le percentuali di sentenze favorevoli sono del 42,57 per cento e quelle intermedie del 9,74 per cento: su circa 250.000 ricorrenti, più della metà hanno dovuto affrontare costi e burocrazia per vedersi riconoscere il diritto a un corretto accertamento fiscale;
   tra gli altri dati forniti sull'Agenzia delle entrate, senza alcun commento da parte del dirigente sindacale della federazione Dirpubblica, vi sono:
    a) la percentuale di controlli espletati nei confronti della popolazione in relazione alla capacità contributiva e al reddito dichiarato, dimostrando come nei confronti delle fasce deboli vi sia una percentuale di controlli e di prelievo superiore alle fasce più ricche, dove la percentuale di accertamenti svolti nei confronti delle categorie più deboli sono di oltre il 90 per cento del totale, mentre per i contribuenti che abbiano dichiarato un volume di affari di oltre 100 milioni di euro (banche, trust, holding internazionali) i controlli si riduco a poco più dell'1 per cento;
    b) la convenzione tra il Ministro dell'economia e delle finanze e Agenzia delle entrate da cui ne consegue che i controlli siano di natura quantitativa, danneggiando di fatto le fasce più deboli verso le quali è più semplice attivare gli accertamenti e contestare addebiti connaturati alla scarsa capacità di opposizione di questi ultimi;
    c) il sistema di incentivi per i dirigenti dell'Agenzia delle entrate che li incoraggia a realizzare obiettivi soprattutto quantitativi e non qualitativi ed il presunto mancato raggiungimento dell'unico obiettivo che valuta la qualità del lavoro svolto, ossia quello relativo al contenzioso che, sia per il 2013 che per il 2014, prevede che la percentuale di vittorie unita alla percentuale di giudizi intermedi debba essere almeno pari al 59 per cento, mentre per il 2013 si attesta al 48,64 per cento presso le commissioni tributarie provinciali e al 47,14 per cento alle commissioni tributarie regionali; nel 2014, dai dati ufficiali forniti dal Ministro dell'economia e delle finanze (appendici statistiche trimestrali) tali percentuali si attestano al 53,74 per cento per le commissioni tributarie provinciali e del 52,31 per cento per le commissioni tributarie regionali, ben lontani, quindi, dal 59 per cento richiesto: dati, poi, pressoché confermati anche dalla «Relazione sul monitoraggio dello Stato del contenzioso tributario e sull'attività delle commissioni tributarie», pubblicata dal Ministero dell'economia e delle finanze (http://www.finanze.it/export/download/contenzioso2015/relazione monitoraggio contenzioso 2014.pdf), che attesta la percentuale finale, tra commissioni tributarie provinciali e commissioni tributarie regionali, favorevole all'ufficio e giudizi intermedi, al 54,41 per cento. Agli obiettivi, come da convenzione, viene assegnato un punteggio, sulla cui base vengono determinati i cospicui premi incentivanti dovuti per il risultato ottenuto;
   dalla citata «Relazione sul monitoraggio dello Stato del contenzioso tributario e sull'attività delle commissioni tributarie» pubblicata dal Ministero dell'economia e delle finanze si evincono una serie di dati interessanti;
   rispetto al 31 dicembre 2013, al 31 dicembre 2014 i giudici attivi nelle relative commissioni tributarie risultavano essere 3.293, ovvero 270 unità in meno rispetta al 2013 (-7,58 per cento) contro le previsioni del decreto ministeriale dell'11 aprile 2008 (4.668 unità previste); ciò nonostante, la diminuzione dei contenziosi tributari «definiti» (conclusi) è calata solo del 1,57 per cento, lasciando comunque ancora 573.522 contenziosi aperti, con una vita media pari a 836 giorni;
   il valore medio dei ricorsi definiti nel 2014 tra commissioni tributarie provinciali e commissioni tributarie regionali, sulla base del valore della controversia, risulta essere, per lo scaglione da 0 a 20.000 euro pari a euro 3.716,04 (su 213.847 casi), per lo scaglione da 20.000 a 1 milione di euro pari a euro 119.985,21 (su 72.957 casi) e per lo scaglione oltre il milione di euro pari a 6.622.109,25 euro (su 4.737 casi);
   va specificato, inoltre, che:
    a) il dirigente sindacale, dottor Miguel Martina, non è dipendente dell'Agenzia delle entrate. Davide Miggiano, direttore dell'Agenzia delle dogane presso cui lavora Martina, ha quindi attivato un procedimento disciplinare per fatti riferiti ad altra amministrazione pubblica, di carattere surrogatorio, non contemplato da alcuna normativa vigente, non avendo egli mai fatto alcun riferimento alla propria amministrazione o al proprio rapporto di servizio;
    b) la federazione sindacale Dirpubblica, da sempre impegnata sul fronte della legalità, è quella che ha presentato ricorso sui concorsi poi dichiarati illegittimi sia presso l'Agenzia delle entrate sia presso l'Agenzia delle dogane, che poi ha determinato la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2014, che dichiara illegittima ed incostituzionale la pratica utilizzata presso le agenzie fiscali di conferire incarichi dirigenziali discrezionali senza alcun concorso;
    c) il dirigente sindacale di Dirpubblica Miguel Martina ha richiesto le tutele previste dall'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 per chi abbia denunciato fatti di concussione o corruzione interna, in quanto sempre lui è stato estensore di denuncia presso gli organi competenti per fatti di presunta concussione interna in capo a un soggetto citato dalle cronache come attiguo indirettamente agli indagati di Roma «mafia capitale»;
   l'attuale ordinamento giuridico presenta diverse lacune in tema di protezione dei diritti e di tutela del cosiddetto whistleblower, ossia di quel cittadino che all'interno delle amministrazioni pubbliche e private, grazie ad un alto senso civico e sociale, ha il coraggio e il merito, in presenza di situazioni di reato, di porre in essere denunce, rischiando ripercussioni lavorative;
   nello specifico l'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che: «L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere», ignorando che i «provvedimenti di competenza» sono quelli per i quali lo stesso dipartimento può solo segnalare la questione nella sua relazione annuale al Parlamento e chiedere che la stessa amministrazione, di cui il dipendente lamenti una discriminazione, disponga gli accertamenti e riferisca se essa stessa abbia adottato provvedimenti discriminatori in danno del denunciante: ciò comporta che il dipartimento della funzione pubblica, oltre a non aver alcun potere diretto sull'amministrazione autrice della discriminazione, lascia lo stesso lavoratore in balia della stessa amministrazione da esso denunciata –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto esposto e se non intenda immediatamente agire presso gli uffici competenti al fine di:
    a) verificare se la condotta del direttore dell'ufficio delle dogane di Roma 2, dottor Davide Miggiano, nei confronti del dirigente sindacale di Dirpubblica Miguel Martina risulti consona a norme di legge;
    b) migliorare la qualità degli accertamenti emessi dall'Agenzia dell'entrate al fine di evitare l'onere della prova a una così vasta platea di cittadini ingiustamente vessati al fisco;
    c) verificare se i dirigenti dell'Agenzia delle entrate abbiano percepito il premio previsto per l'obiettivo prefissato al 59 per cento tra vittorie e giudizi intermedi nelle commissioni tributarie, ancorché sembri, dai dati ufficiali forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, che non abbiano raggiunto neanche lontanamente tali obiettivi;
    d) attivare un reale controllo sui dati forniti dall'Agenzia delle entrate sugli obbiettivi raggiunti dai propri dirigenti, visto che lo stesso Governo ha stigmatizzato le cifre fornite per fini di marketing da parte dell'Agenzia delle entrate siano quantomeno discutibili ed in netta contraddizione con i dati ufficiali forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze;
    e) procedere, nel caso venisse riconosciuta la palese incongruenza dei dati forniti dall'Agenzia delle entrate rispetto a quelli pubblicati dal Ministero dell'economia e delle finanze e il legame di tali dati alla determinazione dei premi di produttività, alle opportune segnalazioni ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilità e in merito all'eventuale danno erariale, qualora si trattasse di premi distribuiti senza l'avvenuto raggiungimento degli obbiettivi previsti;
   a quanto ammonti il controvalore complessivo delle controversie pendenti al 31 dicembre 2014;
   quando pensino di ottemperare alle disposizioni del decreto ministeriale dell'11 aprile 2008 in tema di giudici tributari, in modo da rispettare l'organico previsto e accelerare il recupero delle entrate fiscali dovute per controversie pendenti arretrate;
   quale sia il controvalore totale effettivamente sentenziato a favore della pubblica amministrazione, tra ricorsi favorevoli, giudizi intermedi, conciliazioni e condoni, definito dai 308.019 ricorsi del 2014, utilizzando gli scaglioni presenti nel documento citato del Ministero dell'economia e delle finanze (da 0 a 20 mila euro, da 20 mila euro a 1 milione, oltre 1 milione di euro e valore indeterminabile), a fronte dei 40.917.357.825 euro di valore della controversia indicati, tra le commissioni tributarie provinciali e le commissioni tributarie regionali;
   quali siano i costi diretti e indiretti complessivi imputabili alla giustizia tributaria per l'anno 2014;
   quale sia l'ammontare delle spese di giudizio per l'anno 2014 attribuite a carico della pubblica amministrazione e in compensazione, ripartite per i citati scaglioni basati sul valore della controversia;
   se non intendano favorire un rapido iter di ogni iniziativa normativa volta a tutelare in modo reale la figura del cosiddetto whistleblower (ovvero colui che, lavorando all'interno di un'organizzazione, di un'azienda pubblica o privata si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale, potenzialmente dannoso per la collettività, decide di segnalarlo all'interno dell'azienda stessa o all'autorità giudiziaria o all'attenzione dei media, per porre fine a quel comportamento), come, ad esempio, la proposta di legge n. 1751 presentata il 30 ottobre 2013 alla Camera dei deputati, andando a colpire eventuali comportamenti intimidatori da parte del datore di lavoro o di altre figure apicali a volte tesi solo a intimidire i lavoratori per evitare ulteriori fughe di notizie su mala gestio o altro.
(2-01026)
«Pesco, Ruocco, Alberti, Fico, Pisano, Villarosa, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Brescia, Brugnerotto, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa».
(7 luglio 2015)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'editoria italiana perde copie e pubblicità, ha bilanci in rosso e dà lavoro a un numero sempre minore di persone;
   secondo i dati del rapporto di Mediobanca le perdite, in cinque anni, hanno raggiunto la cifra di 1,8 miliardi di euro;
   per un calo del 24,8 per cento della diffusione (da 2,8 a 2,1 milioni di copie vendute ogni giorno) si registra un calo del 27,7 per cento dei ricavi delle vendite, nonostante il prezzo di copertine sia aumentato di 30-50 centesimi in media;
   il valore in Borsa si è dimezzato, il capitale netto delle aziende editoriali è crollato del 40 per cento;
   a questi dati negativi gli editori hanno reagito tagliando il 22 per cento della forza lavoro, con 4.200 dipendenti messi alla porta tra licenziamenti e prepensionamenti;
   negli ultimi due anni hanno chiuso 32 testate giornalistiche nazionali e locali con tremila posti di lavoro che sono svaniti nel nulla. A farne le spese l'editoria cooperativa, locale e del non-profit. Ma anche radio e tv locali, dove ormai purtroppo non si contano licenziamenti, contratti di solidarietà e cassa integrazione;
   i contributi pubblici all'editoria sono scesi da 506 milioni di euro del 2007 ai 55 milioni di euro nel 2015 e saranno ulteriormente ridotti a 40 milioni;
   in questo quadro molto preoccupante, si inserisce la difficile situazione del mondo dell'editoria in Umbria, con i casi eclatanti del Il Giornale dell'Umbria e dell’Ansa, che rischiano di chiudere e vi è grande incertezza anche per altre presenze editoriali sia della carta stampata, che dell'emittenza locale radiotelevisiva;
   ciò determina un quadro di grande preoccupazione, non solo per l'irrinunciabile ruolo dell'informazione quale presidio di pluralismo e democrazia, ma anche per i livelli occupazionali messi a rischio, soprattutto per i giovani che vi lavorano, in molti casi già in condizioni di precarietà;
   secondo gli ultimi dati i giornalisti umbri iscritti all'Istituto di previdenza giornalisti italiani sono 1249, di cui 455 dipendenti, 661 freelance, 72 pensionati e 61 disoccupati –:
   quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare un patrimonio, quello editoriale umbro, che fa parte della cultura non solo della regione ma anche del Paese e con esso salvaguardare i livelli occupazionali dell'intero comparto.
(2-01024) «Galgano, Mazziotti Di Celso».
(7 luglio 2015)