TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 385 di Mercoledì 4 marzo 2015

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO DEL GIOCO D'AZZARDO

   La Camera,
   premesso che:
    il gioco d'azzardo patologico è stato riconosciuto ufficialmente come patologia nel 1980 dall'Associazione degli psichiatri americani ed è stato classificato nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali IV come «disturbo del controllo degli impulsi non classificati altrove», tanto che nell'edizione di maggio 2013 del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali è stato inquadrato nella categoria delle cosiddette «dipendenze comportamentali»;
    il fenomeno del gioco d'azzardo patologico riguarda le fasce della popolazione più deboli quali i disoccupati, i giovani, i pensionati e gli indigenti, come dimostrano i dati forniti dall'Eurispes;
    con la liberalizzazione del mercato portata avanti dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, non si è avuto alcun reale beneficio per le casse pubbliche: infatti, dalla documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli alla VI Commissione parlamentare (Finanze) della Camera dei deputati nel giugno del 2013, si rileva come negli ultimi anni, a fronte dell'aumento esponenziale del fatturato delle società attive nel settore, viene rilevato: la diminuzione delle entrate erariali, il mancato gettito d'iva conseguente alla diminuzione dei consumi, i costi indiretti necessari per la cura delle vittime da gioco d'azzardo patologico e non ultimi i costi sociali per il sostegno alle famiglie per lo più a carico dei comuni;
    le stime riguardanti il gioco d'azzardo in Italia indicano la sua progressiva diffusione sul territorio nazionale; per l'anno 2012, nel nostro Paese, nel business dell'azzardo sono stati spesi circa 88 miliardi di euro, oltre 6 volte rispetto ai 14 miliardi di euro spesi nel 2000, questo ne fa la terza industria nazionale con il 4 per cento del prodotto interno lordo prodotto. Tali cifre rendono l'Italia il terzo Paese al mondo per quote di denaro speso nel gioco d'azzardo e il primo nell'Unione europea;
    nel nostro Paese, sono circa un milione i giocatori patologici e altri tre milioni di persone si trovano in una situazione di rischio e necessitano cure, attività di prevenzione e sostegno sociale, da parte delle autorità locali civili e sanitarie, secondo quanto riportato dal Consiglio nazionale delle ricerche in un'analisi dei dati Opsad Italia 2010-2011;
    nonostante il notevole impatto sociale e sanitario, continuano ad essere autorizzati e pubblicizzati nuovi giochi che attentano allo stato di crisi che molte famiglie sono costrette a vivere, come da ultimo la nuova lotteria Sisal «Vinci casa», un gioco che fa leva sulle paure dei cittadini sempre più in balia della crisi economica, in un momento in cui l'emergenza abitativa ha raggiunto livelli senza precedenti in Italia;
    dal 7 febbraio 2011, è iniziata la sperimentazione dei biglietti «Gratta e Vinci» anche negli uffici postali, mediante un accordo tra Lottomatica group spa e Poste italiane, generando un problema di regolamentazione; invero, come riportato da alcune testate giornalistiche, secondo parte della giurisprudenza di diritto del lavoro, il problema è di discriminare le attività strettamente connesse al servizio universale postale rispetto a quelle di natura commerciale-finanziaria-ludica (gratta e vinci) peculiari dell'ufficio postale standard. Un servizio pubblico che incentiva una piaga sociale è intollerabile, dato che è stato provato che la riduzione dell'offerta sia l'arma più importante per combattere il gioco d'azzardo patologico;
    gli studi hanno evidenziato che tra i soggetti più a rischio ci sono gli anziani che sono anche tra i maggiori utenti degli uffici postali;
    vi sono, inoltre, sale bingo con servizio di babysitting, dove i genitori possono lasciare i figli in «parcheggio» mentre giocano, come il caso di Cesano Maderno (in provincia di Monza e della Brianza), dove i locali sono separati ma comunque in un'unica stessa struttura, e di Lovere (in provincia di Bergamo), in cui si trova un ristorante e discobar con annessa sala gioco dove famiglie, giocatori e bambini condividono gli stessi spazi;
    da un articolo apparso sul sito post.it si apprende che i giornalisti della Gazzetta dello Sport protestano per la nascita di un'agenzia di scommesse sportive addirittura interna al gruppo RCS, ipotizzando un conflitto d'interessi;
    stando a quanto riportato nel comunicato, GazzaBet sarà un'agenzia di scommesse sportive on-line interna al gruppo RCS ma gestita da un operatore esterno, così da sfruttare il marchio e il nome Gazzetta dello Sport;
    i giornalisti della Gazzetta dello Sport che contestano l'iniziativa hanno sollevato una serie di questioni «di carattere etico, giuridico e deontologico» e una – piuttosto consistente – legata a un possibile conflitto di interesse che si verrebbe a creare all'interno di RCS. Infatti tra gli azionisti del gruppo RCS ci sono anche diversi proprietari di importanti club della Serie A di calcio come l'Inter, la Juventus, la Fiorentina e il Torino; i giornalisti temono dunque che questa condizione possa compromettere l'indipendenza del giornale;
    le ricerche della Direzione nazionale antimafia segnalano cifre allarmanti anche per quanto riguarda il coinvolgimento delle mafie e il gioco illegale: infatti, secondo una ricerca, ammonterebbe a 15 miliardi di euro il fatturato, stimato, del gioco illegale nel 2012;
    un'infiltrazione, quella della mafia, confermata, oltre che dalle indagini giudiziarie e dalle notizie di cronaca, anche da studi e ricerche compiuti da associazioni e da esperti nel settore, dalle relazioni pubblicate dalle medesime forze dell'ordine, tra le quali anche la Direzione nazionale antimafia, e dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, soprattutto nei settori più redditizi del sistema, quali gli apparecchi da intrattenimento (new slot e videolottery, di cui circa 200 mila sarebbero illegali), le scommesse sportive e il gioco on-line;
    la criminalità organizzata utilizza il gioco d'azzardo attraverso diversi canali: sia come business, gestendo direttamente sale gioco, sia utilizzando gli strumenti per loro tradizionali e, dunque, costringendo gli esercenti – con la forza dell'intimidazione – a noleggiare gli apparecchi dalle ditte vicine al clan; ma la criminalità ha anche fatto ricorso, per aumentare gli introiti, alla gestione di apparecchi irregolari. Uno dei modi utilizzati per il riciclo di denaro riguarda l'utilizzo delle videolottery, macchinette che accettando banconote, anche di grosso taglio, e, rilasciando ticket, non distinguono tra vincite e denaro immesso, consentendo al giocatore di ritirare il denaro anche senza aver giocato effettivamente, ottenendo, quindi, di fatto, denaro ripulito,

impegna il Governo:

   ad assumere un'iniziativa normativa che vieti l'apertura delle sale da gioco ovvero locali commerciali con slot, vicino ai luoghi definiti sensibili, stabilendo un minimo di 500 metri di distanza, per combattere il proliferare delle slot;
   ad assumere iniziative per obbligare i gestori di sale a chiedere un documento d'identità, per impedire il gioco ai minori, oltre a garantire il libero accesso nei luoghi aperti al gioco agli psicologi delle asl;
   ad evitare autorizzazioni di nuove tipologie di gioco, come ad esempio il «Vinci Casa», che inevitabilmente provocano illusioni in coloro che non hanno un tetto o altro dove vivere e per sopravvivere;
   ad intervenire, per quanto di competenza, affinché all'interno degli uffici di Poste Italiane venga rimossa la vendita di «gratta e vinci» mediante distributori e operatori;
   ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, al fine di evitare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite tramite il gioco d'azzardo e, nella fattispecie, le videolottery;
   ad aprire un tavolo, in sede di Conferenza unificata, per valutare la possibilità di ridurre i locali del gioco d'azzardo in città, in base al numero degli abitanti;
   ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate ad impedire conflitti di interesse come quelli denunciati in premessa riguardanti l'agenzia di scommesse sportive interna al gruppo RCS, nonché ulteriori disagi economici e sociali che ne potrebbero derivare;
   ad avviare uno studio epidemiologico di concerto con l'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico, trasferito con l'approvazione della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) presso il Ministero della salute, per accertare tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dallo Stato per prevenire e curare la dipendenza da gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento ai costi sociali, economici e psicologici ad essa associati, nonché ai relativi fattori di rischio, in relazione alla salute dei giocatori e all'indebitamento delle famiglie, trasmettendo al Ministro della salute un rapporto annuale sull'attività svolta.
(1-00594)
(Nuova formulazione) «Mantero, Baroni, Grillo, Di Vita, Silvia Giordano, Cecconi, Lorefice, Dall'Osso, Liuzzi, Simone Valente, Battelli».
(18 settembre 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo ha tra le proprie prerogative quella di compiere scelte di politica economica usando ove occorra la leva fiscale. La legge di stabilità 2015 appena approvata prevede una riduzione degli introiti per i concessionari di Stato che gestiscono per conto della Repubblica italiana gli apparecchi automatici da intrattenimento, avvalendosi di una rete capillare di aziende individuate come terzi incaricati della raccolta. La scelta compiuta dal Governo è quella di attingere al settore del gioco, ed in particolare dagli apparecchi da intrattenimento, prelevando un importo pari a 500 milioni di euro, annui, in aggiunta a quelli che, ad oggi già vengono prelevati, pari a circa 4 miliardi di euro annui. Il Governo ha indicato chiaramente che la somma è dovuta da tutti i soggetti della filiera: non solo dai 13 concessionari;
    la legge di stabilità 2015, in attesa del riordino della disciplina dei giochi pubblici prevista nell'ambito della delega fiscale, disciplina (comma 644) l'attività delle agenzie di scommesse ed estende l'applicazione del piano straordinario di contrasto del gioco illegale, istituendo una apposita banca dati (comma 645). Sono aumentate le imposte sul gioco illegale (commi 646-648) e il comma 649, introdotto al Senato, prevede una riduzione pari a 500 milioni di euro dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco con newslot e videolottery, mentre il nuovo comma 650, demanda a decreti ministeriali l'adozione di misure di sostegno dell'offerta di gioco. Le maggiori entrate sono state così destinate: 387 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, al fondo per interventi strutturali di politica economica, e 150 milioni di euro al fondo per la riduzione della pressione fiscale (nuovi commi 651 e 652);
    il comma 649 della legge appare a molti degli operatori del settore in contrasto con l'articolo 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (delega fiscale) che parla di variazione di aggi e compensi in funzione di una progressività legata ai volumi di gioco, e non di generica una tantum annuale. Il comma 649 appare inoltre in contrasto con le norme europee sulla tassazione e potrebbe indurre un ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea contro l'aumento retroattivo della tassazione. La richiesta dei 500 milioni di euro fatta ai concessionari, in base al numero di apparecchi o videoterminali installati e censiti al 31 dicembre 2014, è indipendente dal fatto che gli stessi apparecchi abbiano lavorato un giorno, un mese o l'intero anno;
    la norma oltre a stabilire il principio che tutti i soggetti della filiera devono contribuire al reperimento della somma indicata, non chiarisce quanti siano e chi siano questi soggetti e se ci sono dei soggetti che siano in qualche modo esclusi. Sarebbe stato sufficiente identificarli facendo riferimento al decreto istitutivo del cosiddetto Ries, il registro dei soggetti abilitati. L'importo di 500 milioni di euro appare come una prestazione patrimoniale obbligatoria, imposta a soggetti sufficientemente identificati, non bene, ma comunque identificati, a cui però non comunica l'esatta quantificazione dovuta per legge. La nuova imposta obbliga i concessionari a versare «in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione» ulteriori 500 milioni di euro;
    la ripartizione tra i concessionari dovrebbe essere proporzionale al volume di affari e quindi agli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) gestiti nell'esercizio che si chiude con il 31 dicembre 2014. I 500 milioni di euro riguardano sia il comma 6, lettera a) (new slot o AWP), che il comma 6, lettera b (VLT). Dal comma 6, lettera a), ogni anno i concessionari percepiscono lo 0,5 per cento di ritorno come deposito cauzionale pari a circa 220 milioni di euro. (si veda il decreto direttoriale prot. n. 21213 del 12 marzo 2014 – Individuazione dei criteri e delle modalità di restituzione ai concessionari della rete telematica per la gestione degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento del deposito cauzionale versato dai medesimi per l'anno 2014);
    secondo il legislatore con la delega fiscale «degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera» non esisterà categoria di apparecchi a vincita esclusa dall'obbligo di contribuire alla nuova imposta. Il rischio è che, dal momento che una apparecchiatura AWP che rende 1000 euro al giorno viene tassata come una che ne incassa 100, i concessionari scelgano di installare gli apparecchi a più alto reddito. Ma in questo modo cresce anche il rischio di indurre in forma ancora più grave una patologia come il gioco d'azzardo patologico, perché si dismetterebbero gli apparecchi che rendono meno, ma garantiscono un intrattenimento meno pericoloso. In questo modo, come naturale conseguenza, si innalzerà il livello di malessere sociale derivante dal gioco d'azzardo patologico e la leva fiscale, che avrebbe dovuto contenere il fenomeno «negativo delle slot-machine», potrebbe ottenere un risultato contrario a ciò che ci si prefiggeva di ottenere. Alla potenziale riduzione del gettito fiscale, si sommerebbe la riduzione del numero dei soggetti che lavorano nel comparto del gioco;
    le associazioni di categoria, scrivendo al Presidente del Consiglio dei ministri, hanno espresso il loro sconcerto di fronte alla relazione della ragioneria generale dello Stato del 13 dicembre 2014 nella quale il settore del gioco veniva dipinto come una realtà alla quale «non corrisponde una vera attività lavorativa». Mentre invece si tratta di un settore che conta 4.000 aziende sul territorio nazionale, con un indotto che occupa oltre 180.000 addetti e relative famiglie e oltre 110.000 esercizi pubblici, che a loro volta coinvolgono ulteriori 390.000 persone. È evidente che la legge delega dovrà senza indugio (cioè prima che si creino paralisi e danni a privati ed erariali, di interesse pubblico quali cali di gettito o dilagare dell'illegalità) porre rimedio alle lacune della norma;
    altro aspetto problematico della legge è il trattamento riservato al mercato parallelo della distribuzione del gioco al quale è stata offerta una sanatoria a condizioni agevolate. Uno dei problemi che la normativa sul gioco d'azzardo infatti deve ancora affrontare con chiarezza è quella che riguarda i Centri di trasmissione dati, una sorta di rete parallela al sistema concessorio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato. Si tratta di un fenomeno che negli anni ha raggiunto proporzioni enormi, se si pensa che il volume delle scommesse raccolte da questi centri è dell'ordine di 2 miliardi e mezzo l'anno contro i 3,7 miliardi dei negozi regolari: astronomica appare l'evasione fiscale connessa a questo sistema parallelo;
    secondo l'amministratore delegato di Stanleybet, i Centri di trasmissione dati sono già legali, per cui non debbono aderire al condono. Secondo lui si tratta di Centri internazionali che negli ultimi anni sono stati spesso discriminati rispetto ai centri nazionali: l'adesione al condono spoglierebbe i Centri di trasmissione dati di tutti i diritti acquisiti dopo anni e anni di battaglie giudiziarie. La nuova normativa comprometterebbe la possibilità di riordinare il sistema nel 2016 e quindi non consentirebbe di adeguarlo ai principi di parità e di uguaglianza tra operatori nazionali e comunitari. Si crea anche il rischio che possano accedere al condono soggetti che gestiscono scommesse clandestine in proprio, senza nessun collegamento con un bookmaker estero. Queste persone, dal passato non sempre limpido, possono oggi pagare il condono proposto e aderire alla regolarizzazione. La legge di stabilità in definitiva è stata approvata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, solo ed esclusivamente per finalità di raccolta fiscale,

impegna il Governo:

   a considerare come la leva fiscale, prevista dalla legge recante la delega fiscale e dalla stessa legge di stabilità 2015 recentemente approvata, non esaurisce la gravità dei problemi sollevati dalla dipendenza grave dal gioco d'azzardo che rende oggettivamente difficile la vita delle persone che ne sono affette e delle loro famiglie;
   a valutare come meglio integrare le norme legate al gioco d'azzardo in una visione d'insieme che tenga conto di tutte le modalità in cui si sviluppa il gioco, che crea dipendenza, non solo quindi VLT e new slot, ma anche i nuovi giochi che proliferano quotidianamente secondo le modalità del gratta e vinci, i giochi on-line e quelli che sfruttano i canali dei Centri di trasmissione dati;
   a non ridurre le problematiche legate al gioco d'azzardo alla sola dimensione economico-fiscale e a promuovere misure di ordine preventivo e terapeutico-riabilitativo più efficaci ed incisive, così come proposte da iniziative all'esame dei competenti organi parlamentari;
   ad attivare il nuovo osservatorio che dovrebbe svolgere funzioni di controllo sui modelli di gioco che continuamente sorgono e sostituiscono i precedenti, quando questi sembrano aver esaurito la loro funzione di stimolo sui giocatori, posto che il fenomeno delle dipendenze dal gioco è in crescita costante;
   ad assumere iniziative per rivedere in modo concreto le dinamiche pubblicitarie legate alla promozione dei nuovi giochi, prestando attenzione anche alla pubblicità che appare nei luoghi di prossimità alle sale da gioco o a quella diretta che si fa nei locali tipo bar, tabaccherie e altro, in cui spesso la capacità di attrazione è molto spiccata;
   a valutare la possibilità di assumere ogni iniziativa di competenza per rendere più omogenee le norme relative a distanze ed orari, a numero di apparecchi da gioco e altro, superando l'attuale difformità che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare eccessiva.
(1-00702)
«Binetti, Buttiglione, D'Alia, Piccone, Tancredi, Garofalo, Saltamartini, Causin, Cera, Calabrò, Roccella, Alli, Pagano, Scopelliti, Sammarco».
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    secondo il Ministero della salute per ludopatia (o gioco d'azzardo patologico) si intende l'incapacità di resistere all'impulso di giocare d'azzardo o fare scommesse, nonostante l'individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Per continuare a dedicarsi al gioco d'azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un'entità a sé;
    il gioco d'azzardo patologico è una delle prime forme di «dipendenza senza droga» studiate che ha ben presto attratto l'interesse della psicologia e della psichiatria, ma anche dei mezzi di comunicazione di massa, degli scrittori e dei registi, al punto che si continua spesso a riparlarne in relazione alle sue conseguenze piuttosto serie sulla salute ed in particolare sull'equilibrio mentale che questo tipo di problema è in grado di produrre;
    per cominciare ad individuare gli indicatori della patologia da gioco, è estremamente importante chiarire innanzitutto la necessità di operare una distinzione tra giocatori d'azzardo e giocatori patologici. Per molte persone, infatti, numerosi giochi d'azzardo tra quelli elencati sono piacevoli passatempi, in taluni casi occasionali e in altri abituali, ma anche in quest'ultimo caso non significa che il gioco sia necessariamente patologico, dal momento che non è la quantità il fattore discriminante del problema. Il giocatore compulsivo, infatti, si pone lungo un continuum che conta diverse tappe dai confini spesso sfumati che vanno dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il gioco d'azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita;
    i testi scientifici dicono come un giocatore veramente dipendente sia una persona in cui l'impulso per il gioco diviene un bisogno irrefrenabile e incontrollabile, al quale si accompagna una forte tensione emotiva ed una incapacità, parziale o totale, di ricorrere ad un pensiero riflessivo e logico;
    si può parlare di una vera e propria «dipendenza dal gioco d'azzardo» se sono presenti sintomi di tolleranza, come il bisogno di aumentare la quantità di gioco, sintomi di astinenza, come malessere legato ad ansietà e irritabilità associati a problemi vegetativi o a comportamenti criminali impulsivi e sintomi di perdita di controllo manifestati attraverso incapacità di smettere di giocare. Se prevalgono altri sintomi maggiormente legati al deficit nel controllo degli impulsi, il comportamento di gioco patologico impulsivo va ricondotto soprattutto ad un problema in quest'area, senza che si possa necessariamente parlare di dipendenza;
    gli operatori del settore lanciano un ulteriore allarme su quello che diventerà una ulteriore emergenza: il disagio psicologico che investe i familiari delle persone affette da ludopatia. Dagli studi tra i più colpiti risultano essere i minori che vengono travolti da una situazione che non riescono a gestire e che provoca ansie, problemi scolastici ed altre patologie;
    di recente, l'articolo 5 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia;
    lo Stato prevede di incassare dal settore giochi circa 35,7 miliardi di euro nel triennio 2015-2017. È quanto chiariscono le tabelle del «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017», approvato contestualmente alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Secondo le tabelle di previsione, nel 2015 dai giochi dovrebbero arrivare oltre 11,85 miliardi: 6,6 miliardi dai proventi del lotto, oltre 4,7 miliardi dai «proventi dei giochi» e 480 milioni dalle lotterie. La cifra è destinata a salire nel 2016, fino a raggiungere quota 11,88 miliardi (sempre 6,6 miliardi dal lotto, con l'aggiunta dei 484 milioni dalle lotterie e degli oltre 4,81 miliardi di proventi giochi). La cifra è ulteriormente in rialzo fino agli 11,95 miliardi nel 2017, grazie al contributo dei 6,6 miliardi del lotto, dei 4,86 miliardi di proventi dei giochi, dei 489 milioni provenienti invece dalle lotterie;
    secondo i dati della guardia di finanza è di 23 miliardi di euro il valore del giro d'affari del gioco illegale in Italia nel 2013. Di questi 23 miliardi, ben 1,5 provengono direttamente dal gioco online. Il settore del gioco costituisce poco più del 13 per cento del giro d'affari complessivo dell'economia illegale, valutato a circa 175 miliardi di euro per l'anno appena concluso;
    nel 2013 la Guardia di finanza ha effettuato complessivamente 9.471 interventi, nel settore del monopolio del gioco e delle scommesse: di questi, 3.425 sono stati scoperti irregolari. 3.545 sono le violazioni riscontrate, 10.171 i soggetti verbalizzati. Sono stati sottoposti a controllo 2.035 punti di raccolta scommesse clandestini, collegati a bookmaker privi di concessione in Italia (in crescita del 30 per cento rispetto al 2012); sono stati rilevati 6,6 milioni di imposta unica inevasa e sono state sequestrate somme per un totale di 860 mila euro. Risultano essere 1.918 gli apparecchi di gioco non conformi sequestrati – il 25 per cento in meno rispetto all'anno precedente. La crescita più significativa si osserva però nel sequestro di locali per la raccolta di scommesse senza la concessione ministeriale: sono 557 i punti sequestrati, con un aumento del 240 per cento rispetto all'anno precedente;
    un problema di fondo continua ad essere eluso. Non si tratta di decidere se sia giusto o meno, ad esempio, stanziare 50 milioni di euro per la lotta alla ludopatia, ossia alla mania del gioco d'azzardo. Bisogna al contrario capire se le strutture pubbliche che ci sono sono davvero capaci di fare qualcosa per combattere questo brutto vizio, oppure no. Solo così si può evitare di sprecare denaro;
    tra le misure inserite nella legge di stabilità 2015 in materia di gioco, si prevedono anche misure di contrasto alla ludopatia e, in dettaglio che, «nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, quello relativo all'attuazione del Patto per la salute 2014-2016, a decorrere dal 2015 una quota pari a 50 milioni di euro è annualmente destinata alla cura delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo». Alla ripartizione dell'importo si provvede annualmente all'atto di assegnazione delle risorse spettanti alle regioni e province autonome a titolo di finanziamento del fabbisogno sanitario standard regionale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per sancire il divieto della pubblicità del gioco d'azzardo che rappresenterebbe un reale contrasto alla ludopatia, destinando i fondi che lo Stato ora chiede ai concessionari del settore alla pubblicità, alla cura e alla prevenzione delle patologie derivati dal gioco;
   ad assumere iniziative per modificare la legislazione vigente in modo che venga dato ai sindaci e alle giunte comunali un reale potere di controllo sulla diffusione e sull'utilizzo degli strumenti di gioco sul proprio territorio;
   ad intensificare i controlli contro il gioco clandestino, al fine di contrastare l'attività della criminalità che si è inserita nel settore, recuperando parte delle risorse che sfuggono all'erario e a destinare le medesime alla lotta alle ludopatie, restituendo la quota di 50 milioni di euro al finanziamento del Servizio sanitario nazionale;
   a promuovere protocolli precisi e stringenti che disciplinino le procedure di intervento per chi si occuperà del sostegno e del recupero sia dei soggetti affetti da ludopatie sia dei loro familiari al fine di evitare abusi e illeciti.
(1-00703)
(Nuova formulazione) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Cristian Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Simonetti».
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    il purtroppo costante aumento in questi ultimi anni delle offerte di gioco pubblico, sempre nuove e invasive, con il conseguente forte aumento della domanda indotta, è stato favorito anche da una situazione sociale, quale quella di una crisi economica in atto, che spinge sempre più persone a cercare nella fortuna la possibile uscita dalle difficoltà economiche;
    soprattutto in questi ultimi anni lo Stato ha incentivato l'offerta di nuovi giochi, che gli hanno garantito un evidente, e molto «facile» ritorno in termini di consistenti entrate tributarie, senza però tenere in debito conto le ricadute sociali ed economiche fortemente negative connesse a questa decisione. Il gioco d'azzardo compulsivo è una forma morbosa che si sta sempre più trasformando in un'autentica malattia sociale;
    la scelta di incrementare il settore del «gioco pubblico» nel nostro Paese, se ha avuto alcuni aspetti positivi legati a una riduzione delle offerte di gioco illegali, oltre all'aumento conseguente delle entrate erariali, sta mostrando però forti e sempre più preoccupanti ricadute negative in termini di «spesa sociale». Il dilagare dei giochi e l'influenza che essi esercitano soprattutto sui soggetti psicologicamente più fragili, stanno infatti determinando e determineranno sempre di più, conseguenze pesanti a livello sociale e sulla vita di molte persone e famiglie. A questo va aggiunta l'attrattiva che questo settore esercita per le organizzazioni malavitose che hanno capitali da riciclare;
    la ricerca pubblicata nel 2009 dall'Eurispes, ha evidenziato come il fatturato dell'industria del gioco, la pone come il terzo settore del Paese;
    il 2 agosto 2012, la Commissione affari sociali della Camera, ha approvato il Documento conclusivo relativo all'indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo;
    quanto emerso dalla suddetta indagine conoscitiva, gli italiani spendono 1200 euro pro-capite all'anno per i giochi e l'universo dei giocatori è di 30 milioni di persone, delle quali, come riferito in primo luogo dall'associazione Libera, ma ribadito anche da altri soggetti auditi, sono a rischio di dipendenza circa 2 milioni mentre sono 800 mila i giocatori patologici;
    se in Italia si stimano in 393 mila i tossicodipendenti, i giocatori patologici sono il doppio;
    giocano le persone che anche in passato cercavano di risolvere i problemi economici con il gioco, ma ora la platea si è enormemente allargata e questo ha determinato l'ampliamento della fascia della dipendenza. Sono interessati con una certa prevalenza i ceti meno abbienti e le persone più povere da un punto di vista relazionale che cercano, attraverso il gioco, di coltivare un sogno che talvolta però si traduce in un incubo. Il fenomeno è legato alla scarsa diffusione della cultura scientifica ed alla larga tendenza a convincersi di poter acquistare un sogno;
    a giocare di più sono gli uomini, con bassa scolarizzazione e tra questi prevalgono coloro hanno una situazione lavorativa precaria;
    secondo l'ANCI, che riferisce ricerche condotte sulla materia, il 10 per cento gioca ad almeno 6 o più giochi, il 10 per cento gioca più di tre volte alla settimana. Il 4,2 per cento spende parecchie centinaia di euro al mese. Il 7,2 per cento è rappresentato da giocatori a rischio e di questi il 2,1 per cento ha le caratteristiche del giocatore patologico;
    quando l'impulso a giocare si fa persistente, e diventa difficile porvi dei limiti, il gioco d'azzardo si definisce patologico, ossia diventa una vera e propria malattia. Il giocatore patologico è colui che gioca più denaro di altri, più a lungo e più spesso di quanto lui stesso ha previsto e soprattutto più di quanto si può permettere. E ciò accade perché ha perso la libertà di astenersi;
    sono migliaia i giocatori patologici in terapia nei SERD (servizio per le dipendenze), ossia i centri per le dipendenze delle nostre Asl, che ora si occupano – con zero risorse in più – oltre che di alcolisti, tossicodipendenti e altro, anche dei malati da gioco. Altri malati si appoggiano invece ad associazioni di volontariato e centri di ascolto. Tra queste persone in cura nei SERD, circa il 40 per cento sono precari, disoccupati, pensionati, casalinghe, fasce deboli della popolazione;
    molto spesso poi, il gioco d'azzardo patologico (g.a.p.) è accompagnato da altre dipendenze, quali alcool, sostanze stupefacenti, e pertanto si rende necessario instaurare percorsi di cura integrati fra SERD e i centri per la salute mentale;
    una più recente indagine sul gioco d'azzardo nei minori, condotta da Datanalysis e promossa da SIMPe e l'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss) e presentata all'International Pediatric Congress on Environment, Nutrition and Skin Diseases, organizzato a Marrakech dal 24 al 26 aprile 2014, ha evidenziato come sono circa 800mila gli adolescenti italiani fra i 10 e i 17 anni che giocano d'azzardo e 400mila i bimbi fra i 7 e i 9 anni che si sono già avvicinati al mondo di lotterie, scommesse sportive, bingo e altro. Inoltre in più della metà delle famiglie, i computer di casa non hanno filtri per impedire di accedere ai siti per il gioco on-line vietati ai minori. Si tratta di uno studio che tratteggia scenari preoccupanti, per questo parte dai pediatri dalla SIMPe, la società italiana medici pediatri, una campagna di sensibilizzazione «Ragazzi in gioco» rivolta ai professionisti e agli studenti delle scuole;
    la medesima indagine, ha segnalato come il 35 per cento degli adulti conosce ragazzini che frequentano sale giochi e in un caso su tre vi ha incontrato minori, dai quali peraltro ha ricevuto la richiesta di giocare al loro posto per eludere i divieti che impediscono alcune tipologie di scommesse a chi non è maggiorenne;
    come ricordato dalla campagna di sensibilizzazione di «Mettiamoci in gioco» contro i rischi del gioco d'azzardo, presentata il 14 novembre 2014, e promossa da Acli, Ada, Adusbef, Anci, Anteas, Arci, Associazione Orthos, Auser, Aupi, Avviso Pubblico, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Ctg, Federazione Scs-Cnos/Salesiani per il sociale, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fp Cgil, Gruppo Abele, InterCear, Ital Uil, Lega Consumatori, Libera, Scuola delle Buone Pratiche/Legautonomie-Terre di mezzo, Shaker-pensieri senza dimora, Uil, Uil Pensionati, Uisp, il gioco d'azzardo ha conosciuto una fortissima crescita nel nostro Paese, che rimane tra i primi al mondo per consumo di giochi. Si è passati da un fatturato di 24,8 miliardi di euro nel 2004 agli 88,5 miliardi di euro del 2012. Solo nel 2013 vi è stato un leggero calo del fatturato (84,7 miliardi di euro);
    come sottolineato dal comunicato della suddetta campagna, il 56,3 per cento del fatturato viene dagli «apparecchi» (slot machine e VLT), ma è in significativa ascesa il gioco on-line;
    al crescere del fatturato non sono però seguiti maggiori introiti per le casse dello Stato. Come ricorda il comunicato della campagna «Mettiamoci in gioco», nel 2004, l'erario ha incassato dal gioco azzardo 7,3 miliardi di euro (il 29,4 per cento del fatturato complessivo), mentre nel 2013 ha registrato un'entrata di 8,1 miliardi (pari al 9,5 per cento del fatturato, nel 2013 era stato addirittura il 9 per cento). Dunque, una cifra non indifferente per le finanze pubbliche, ma molto più bassa del giro d'affari attivato dal settore, con le sue pesanti ricadute sociali e sanitarie che comportano un notevole dispendio di risorse economiche per farvi fronte;
    va ricordato che il 29 gennaio 2014, è stata depositata alla Camera una proposta di legge d'iniziativa popolare recante «Disposizioni per il divieto del gioco d'azzardo», che propone una soluzione radicale del problema, ossia il divieto assoluto e totale dei giochi con puntata di denaro, da considerare giochi d'azzardo (uniche eccezioni: il lotto, escluso il lotto istantaneo, le lotterie nelle loro varie forme e le scommesse sugli eventi sportivi);
    il CNR stima in 17 milioni (42 per cento delle persone residenti in Italia tra i 15 e i 64 anni) il numero di coloro che hanno giocato almeno una volta in un anno, in 2 milioni gli italiani a rischio minimo e in circa un milione i giocatori ad alto rischio (600-700mila) o già patologici (250-300mila);
    le patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo ancora oggi non sono state inserite all'interno dei livelli essenziali di assistenza (Lea), nonostante che già l'allora decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi) avesse previsto che l'aggiornamento dei Lea, comprensivo di dette patologie, avrebbe dovuto essere aggiornato entro dicembre 2012;
    la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) ha disposto uno stanziamento a partire dal 2015, nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, di una quota pari a 50 milioni di euro da destinare alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo;
    inoltre, in attesa del riordino della disciplina in materia di giochi pubblici che discenderà dai decreti attuativi di cui all'articolo 14 della legge n. 23 del 2014, (cosiddetta delega fiscale) volti, tra l'altro, ad affrontare la spinosa questione della rimodulazione degli aggi e dei compensi ai concessionari dei giochi, la suddetta legge di stabilità 2015 interviene prevedendo, a fini condonistici, una maggiore imposizione fiscale per quegli operatori del settore presenti nel nostro Paese senza una regolare licenza;
    dette disposizioni, che vorrebbero operare nel solco di assicurare una maggiore tutela delle fasce sociali più deboli ed esposte, e dei minori d'età, nonché una maggiore prevenzione e contrasto alla «ludopatia», sono però affiancate, con una sorta di vera e propria schizofrenia normativa, da norme che testimoniano l'inconfessato obiettivo del Governo di proseguire con politiche espansive dell'azzardo;
    lo Stato conta infatti di incassare nel triennio 2015-2017, grazie a giochi, lotto e lotterie, circa 35,7 miliardi di euro così ripartiti: oltre 11,85 miliardi nel 2015; 11,88 miliardi nel 2016; 11,95 miliardi nel 2017, con un aumento dell'entrate tributarie pari a +2,5 per cento;
    va inoltre segnalato come il Governo, interrogato lo scorso 21 ottobre 2014 presso la Commissione finanze con l'atto di sindacato ispettivo n. 5/03835 con il quale veniva sollevata la questione della mancata pianificazione nazionale di cui all'articolo 7, comma 10 del decreto legge n.158 del 2012, (cosiddetto decreto Balduzzi) da parte all'Amministrazione autonoma dei monopoli, alla quale lo stesso decreto attribuisce competenza decisoria esclusiva in tema di distribuzione delle sale giochi sul territorio, ed il mancato coinvolgimento fino ad oggi degli enti locali al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, come del resto previsto dalla stessa legge di delega fiscale, ha dato una risposta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, elusiva che non solleva quei comuni che nel frattempo hanno, invece, stabilito con proprio regolamento per ragioni di ordine pubblico distanze minime dai luoghi sensibili dal soccombere ai ricorsi presentati nei loro confronti,

impegna il Governo:

   a provvedere in tempi rapidi all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), e all'inserimento all'interno dei medesimi, delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo;
   ad attivarsi fin da subito, con proprie iniziative normative, affinché la propaganda pubblicitaria del gioco d'azzardo, in tutte le sue forme, venga vietata nel territorio nazionale;
   ad assumere iniziative per stanziare ulteriori indispensabili risorse a integrazione di quelle, peraltro insufficienti, già previste dalla legge n. 190 del 2014, per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo, con particolare riferimento al rafforzamento dei SERD (servizi per le dipendenze) per la presa in carico dei giocatori patologici;
   a prevedere, laddove necessario, opportune forme di sostegno finanziario anche diretto, nei confronti dei soggetti coinvolti e dei loro nuclei familiari;
   a individuare, quale ulteriore fonte di finanziamento della cura e riabilitazione per le suddette patologie, una quota delle entrate derivanti dal gioco lecito – a carico quindi sia dello Stato che dei concessionari e gestori – nonché una quota delle sanzioni comminate a concessionarie o gestori degli apparecchi da gioco;
   a individuare forme e modalità premiali e un pubblico riconoscimento agli esercizi commerciali che si impegnano, per un determinato numero di anni, a rimuovere o a non installare apparecchiature per giochi con vincita in denaro;
   a introdurre idonei sistemi automatici per impedire l'accesso alle slot e ai giochi on-line, da parte dei minori;
   ad assumere iniziative per vietare l'esercizio di nuove sale da gioco e di nuovi punti vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse a una distanza inferiore a 500 metri da scuole di ogni ordine e grado, strutture sanitarie, luoghi di culto, centri di aggregazione e altri luoghi sensibili, prevedendo nelle more dell'applicazione della suddetta distanza minima nonché dell'emanazione dei decreti attuativi di cui al citato articolo 14 della legge n. 23 del 2014, che l'Amministrazione autonoma dei monopoli si uniformi, con proprie direttive, a quanto ad oggi già disposto dai singoli comuni in tema di regolamentazione di distanze dai luoghi sensibili, al fine di dare tempestiva regolamentazione ad un settore particolarmente delicato;
   ad assumere comunque, per quanto di competenza, iniziative normative che attribuiscano ai sindaci competenze in materia di apertura, ubicazione e orari delle sale da gioco;
   a introdurre un criterio per regolare e limitare le nuove autorizzazioni e sospendere la proliferazione dei giochi d'azzardo, individuando opportuni parametri a cui agganciarsi, quali, per esempio il tasso di crescita del Paese, o un determinato rapporto tra le autorizzazioni per nuove sale giochi e i cittadini residenti;
   ad agevolare, per quanto di propria competenza, l’iter delle proposte di legge in materia, già all'esame della Commissione affari sociali della Camera dal settembre 2013.
(1-00706)
«Nicchi, Matarrelli, Paglia, Ricciatti, Ferrara, Franco Bordo, Scotto».
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    come noto, per ludopatia (o gioco d'azzardo patologico) si intende l'incapacità di resistere all'impulso di giocare d'azzardo o fare scommesse, nonostante l'individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Per continuare a dedicarsi al gioco d'azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi;
    questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un'entità a sé. È stata individuata come evidenza scientifica già dal 1980 da parte dell'Associazione degli psichiatri americani, ed il gioco d'azzardo patologico è presente già dal 1994 nel «Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali» classificato come «disturbo del controllo degli impulsi».;
    recentemente, poi, l'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il gioco d'azzardo patologico tra i disturbi delle abitudini e degli impulsi in forte comorbilità con altri quadri patologici quali depressione, ipomania, disturbo bipolare, impulsività, abuso di sostanze (alcol, tabacco, sostanze psicoattive illegali), disturbi di personalità (antisociale, narcisistico, borderline), deficit dell'attenzione con iperattività, disturbi da attacchi di panico con o senza agorafobia, disturbi fisici associati allo stress (ulcera peptica, ipertensione arteriosa);
     il tema del gioco d'azzardo patologico è ormai assurto all'attenzione delle aule parlamentari, dove con chiarezza sono emersi i contorni preoccupanti del problema e si è iniziato a lavorare per la realizzazione di iniziative finalizzate alla prevenzione e alla cura di questa dipendenza;
    nella scorsa legislatura, nel corso dell'audizione svolta presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati nel contesto dell'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo, è stato evidenziato come la dipendenza da gioco d'azzardo presenti «quadri clinici, che hanno in comune con la dipendenza da sostanze (alcol e stupefacenti) il comportamento compulsivo che produce effetti seriamente invalidanti»;
    nell'ambito della stessa indagine conoscitiva, è inoltre emerso che particolare attenzione deve essere riservata al problema dell'accesso al gioco d'azzardo da parte dei minori. In Italia, infatti, il fenomeno interessa circa 450.000 studentesse e 720.000 studenti, ovvero il 47,1 per cento dei giovani che frequentano le scuole secondarie di secondo grado. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni dell'adolescenza, mentre nelle donne inizia all'età di 20-40 anni;
    inoltre, da quanto emerge dagli ultimi dati dello studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, nei 3 anni dal 2008 al 2011, la percentuale di persone tra i 15 e i 64 anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi presenti sul mercato (Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci, scommesse sportive, poker on line) è passata dal 42 al 47 per cento. Si tratta di circa 19 milioni di scommettitori, di cui ben 3 milioni a rischio ludopatia, soprattutto uomini, disoccupati e persone con un basso livello di istruzione;
    dai dati registrati, emerge la crescita, anche tra gli adolescenti, della «febbre del gioco»: ammonta a più di un milione il numero di studenti che hanno riferito, nel 2012, di aver puntato denaro sui giochi e, nonostante una chiara legislazione restrittiva per i minori, risulta che ben 630.000 under 18 hanno speso almeno 1 euro giocando d'azzardo;
    secondo l'indagine condotta sempre dall'Ipsad, che ha coinvolto 45.000 studenti delle scuole superiori e 516 istituti scolastici di tutta la nazione, nell'ultimo anno il 45,3 per cento degli studenti ha puntato somme di denaro. Ad essere maggiormente coinvolti nel gioco risultano essere i ragazzi (55,1 per cento contro il 35,8 per cento delle ragazze) e si stima che siano 100.000 gli studenti che già presentano un profilo di rischio moderato e 70.000 quelli con una modalità di gioco problematica;
    dai recenti dati elaborati dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, emerge per il comparto giochi una raccolta di 62 miliardi e 355 milioni di euro nel periodo gennaio-ottobre 2012, l'esistenza di 400.000 apparecchi da intrattenimento e 6.181 locali o agenzie autorizzati, frequentati da 15 milioni di giocatori abituali;
    l'articolo pubblicato su Avvenire il 13 giugno 2013 riporta i dati preoccupanti elaborati dalla Consulta Nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura, in base ai quali la dedizione ossessiva a slot machine, videopoker e gratta e vinci sottrae ogni anno 70 milioni di ore lavorative e dirotta almeno 20 miliardi di euro dall'economia reale, cancellando così 115.000 posti di lavoro;
    lo stesso articolo pubblica i dati emersi dallo studio del sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta, che quantifica l'emorragia economica provocata dall'azzardo e il tempo usato dai giocatori per le diverse tipologie di azzardo; si legge nell'articolo «le nuove slot machine hanno totalizzato 28 miliardi di giocate, pari a oltre 46 milioni di ore passate a schiacciare tasti; 5 miliardi le giocate alle videolottery (8,3 milioni di ore); 2,2 miliardi per le “grattate” sui Gratta e vinci (quasi 37 milioni di ore); 15 miliardi le giocate on line (circa 167 milioni di ore); 35 miliardi le giocate a lotto, superenalotto e altri giochi tradizionali (230 milioni di ore). Totale: 49 miliardi di operazioni di gioco, pari a 69 milioni 760.000 ore perse inseguendo un miraggio»;
    secondo il sociologo, inoltre, l'azzardo «drena risorse ai consumi, già in forte contrazione»: se nel 2012 sono stati giocati 90 miliardi, tenendo conto del pay out, cioè le vincite, sono almeno 20 i miliardi di euro sottratti al commercio e ai servizi destinati alla vendita. Lo studio ha anche calcolato il «potenziale di occupazione dissipato dalla spesa per giochi, valutabile in circa 90.000 addetti nel commercio e servizi e circa 25.000 addetti nell'industria»;
    l'articolo 5 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute» ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia;
    tuttavia, se da un verso è indispensabile prevedere forme di riabilitazione per tale patologia, è ancora più importante attenzionare il fenomeno sul versante della prevenzione, poiché nulla è stato fatto fino ad ora su questo aspetto;
    l'articolo 7 del decreto citato, infatti, si limita a raccomandare ai «gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi» di «esporre, all'ingresso e all'interno dei locali, il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento sociale delle persone con patologie correlate alla g.a.p. (gioco d'azzardo patologico)». Viene inoltre raccomandato di «inserire formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro (...) schedine, tagliandi di gioco (...) su apposite targhe esposte nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali (dedicati a gioco d'azzardo) e al momento dell'accesso dei siti Internet». Misure che comunque si sono rilevate assolutamente insufficienti per prevenire il fenomeno;
    è ormai innegabile che stiamo di fronte ad una «nuova malattia sociale» che, sovente, genera fenomeni di disgregazione familiare e di impoverimento totale, oltre ad un aumento esponenziale del rischio di cadere nel gravissimo fenomeno dell'usura ed in patologiche dipendenze. È per questo che occorre un'azione forte e decisa perché nel più breve tempo possibile possano essere poste in essere tutte le disposizioni volte ad arginare e a prevenire il fenomeno della ludopatia,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di regolamentare l'apertura delle sale da gioco ovvero dei locali commerciali con slot, ad una distanza di sicurezza pari almeno a 500 metri rispetto a luoghi sensibili, quali scuole, ospedali, farmacie e altro e comunque proporzionando il numero dei locali adibiti al gioco al numero degli abitanti residenti;
   a prevedere adeguati meccanismi di controllo al fine di non permettere la partecipazione a slot o comunque l'ingresso in sale da gioco ai minori d'età, se del caso prevedendo anche sanzioni amministrative pecuniarie per i gestori delle sale o per i somministratori dei giochi;
   ad assumere ogni iniziativa utile al fine di evitare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite legate al gioco d'azzardo.
(1-00707) «Palese».
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    in Italia il fenomeno del gioco d'azzardo è in continua crescita e in questi anni sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti, come si può rilevare dall'andamento delle statistiche dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato relative alla quantità di denaro giocato. In parallelo si stanno anche rafforzando le evidenze scientifiche che dimostrano come la pratica del gioco d'azzardo possa dar luogo a forme di vera e propria dipendenza (gioco d'azzardo patologico) o a comportamenti a rischio (gioco d'azzardo problematico);
    i dati aggiornati ad ottobre 2012 confermano la grande espansione del gioco d'azzardo in tutta Italia, con il primato per il fatturato della Lombardia (1.284 milioni di euro), seguita nell'ordine dal Lazio (797), dalla Campania (688), dell'Emilia-Romagna (573), del Veneto (503), del Piemonte (484), della Sicilia (468), della Puglia (438), della Toscana (433), dell'Abruzzo (203). Per quanto riguarda la spesa pro capite al primo posto si colloca l'Abruzzo con 155,28 euro a testa, seguito da Lazio (144,83), Lombardia (132,31), Emilia-Romagna (131,96), Molise (127,52), Liguria (122,23), Marche (121,97), Campania (119,30), Umbria (118,74), Valle D'Aosta (118,29), Toscana (117,91);
    il gioco d'azzardo è la terza industria italiana, con il 3 per cento del prodotto interno lordo nazionale, 5.000 aziende, 120.000 addetti, 400.000 slot machine, 6.181 punti gioco autorizzati, oltre il 15 per cento del mercato europeo e oltre il 4,4 per cento del mercato mondiale, il 23 per cento del mercato mondiale del gioco on-line. Nel 2011 sono stati giocati 79.814 miliardi di euro, 70.262 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2012, il 12 per cento della spesa delle famiglie italiane. Sono 15 milioni i giocatori abituali, 2 milioni quelli a rischio patologico, circa 800.000 i giocatori già malati. Sono necessari 5-6 miliardi di euro l'anno per curare i dipendenti dal gioco, mentre le tasse incassate dallo Stato sono 8 miliardi di euro;
    le persone più interessate al gioco sono le fasce più deboli e fragili della società: giocano il 47 per cento degli indigenti, il 56 per cento delle persone appartenenti al ceto medio-basso; il 70,8 per cento di chi ha un lavoro a tempo indeterminato, l'80,2 per cento dei lavoratori saltuari, l'86,7 per cento dei cassintegrati. Giocano di più e con più soldi i ragazzi delle scuole professionali, e giocano il 61 per cento dei laureati, il 70,4 per cento di chi ha il diploma superiore, l'80,3 per cento di chi ha la licenza media. Giocano anche gli adolescenti: si stima che giochi il 47,1 per cento degli studenti tra i 15 e i 19 anni: il 58,1 per cento dei ragazzi e il 36,8 per cento delle ragazze. Gli adolescenti sono più a rischio dipendenza: circa il 4-8 per cento ha un problema di gioco e il 10-14 per cento è a rischio di diventare giocatore patologico. Giocano pure i bambini: l'8 per cento dei bambini tra i sette e gli undici anni gioca con denaro on-line;
    la dipendenza dal gioco è una vera e propria malattia che compromette lo stato di salute fisica e psichica del giocatore, il quale non riesce a uscirne da solo. Il malato di gioco (gioco d'azzardo patologico) è cronicamente e progressivamente incapace di resistere all'impulso di giocare e spesso si trova nella condizione di dover chiedere prestiti a usurai o a fonti illegali; a volte giunge alla perdita del lavoro per assenteismo. Tutto questo produce sofferenza e difficoltà di relazione anche all'interno della famiglia;
    le sale giochi proliferano sempre di più in tutti i centri urbani e, tuttavia, le amministrazioni locali non riescono ad intervenire efficacemente per fermare il dilagante fenomeno, anche per la mancanza di poteri effettivi da parte delle autorità comunali di imporre norme restrittive in grado di impedire almeno la vicinanza delle sale giochi con i luoghi cosiddetti «sensibili» o per far rispettare una distanza congrua fra una sala e l'altra;
    il gioco d'azzardo on-line, conosciuto anche da molti come gambling on-line, sta diventando sempre più pericoloso, proprio perché, a differenza di quello terrestre, abbatte tutte le inibizioni;
    sul portale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sezione gioco è possibile avere un'ampia informazione su tutti i giochi presenti suddivisi per: gioco del lotto; giochi numerici a totalizzatore; giochi a base sportiva; giochi a base ippica; apparecchi da intrattenimento; giochi di abilità, carte, sorte a quota fissa; lotterie; bingo; gioco a distanza; mentre non vi sono dati circa il fenomeno del gioco in Italia, né dati aggiornati sono presenti sul sito del Ministero della salute o sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento antidroga;
    diversamente dal modello legislativo e giurisprudenziale europeo, che è influenzato da principi di libera concorrenza, a livello nazionale si ritiene invece che il gioco d'azzardo debba essere sottoposto a concessione, distinguendolo dalle altre attività di gioco. Il tutto allo scopo di evitare e prevenire possibili infiltrazioni del crimine organizzato e/o fenomeni di illegalità e di garantire che si tratti di un'attività regolamentata e trasparente;
    nel corso della passata legislatura la Commissione parlamentare affari sociali ha promosso un'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo dalla quale è emerso nel testo conclusivo l'esigenza di disporre di una conoscenza dei dati epidemiologici tecnicamente e scientificamente validati, la necessità di nuove regole per limitare l'offerta dei giochi, tutelare i minori, liberare l'industria del gioco dagli inquinamenti della malavita ed affrontare il tema della presa in carico dei giocatori patologici;
    in questi ultimi anni più volte il Parlamento e il Governo sono intervenuti a normare questa materia, basta ricordare:
     a) il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che all'articolo 5, comma 2, ha riconosciuto la ludopatia come una patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità, prevedendo anche l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia; all'articolo 7, comma 4, dispone dal 1o gennaio 2013, al fine di contenere la diffusione delle dipendenze dalla pratica di gioco con vincite in denaro, il divieto di messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive, radiofoniche e nelle rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte prevalentemente ai giovani; su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché via internet, che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, ovvero che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco; al comma 4-bis dispone che la pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato; infine il comma 5-bis prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca segnali agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell'ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all'abuso o all'errata percezione del medesimo;
     b) la legge 11 marzo 2014, n. 23 (cosiddetta delega fiscale), all'articolo 14, ove si prevede che il Governo è delegato ad attuare il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, indicando, tra i principi e criteri direttivi cui deve uniformarsi, l'introduzione e la garanzia di ”applicazione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito;
     c) la legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge di stabilità 2015) all'articolo 1, comma 133, dove si prevede che nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale a decorrere dall'anno 2015 una quota pari a 50 milioni di euro è annualmente destinata alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità. Una quota delle risorse, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata alla sperimentazione di modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l'adozione di software che consentano al giocatore di monitorare il proprio comportamento generando conseguentemente appositi messaggi di allerta, nonché lo spostamento sotto il Ministero della salute dell'Osservatorio nazionale istituito ai sensi dell'articolo 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189,

impegna il Governo:

   a dare rapida attuazione a quanto disposto dall'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, con l'emanazione dei previsti decreti sul riordino della normativa in materia di giochi pubblici e del regime autorizzativo all'esercizio dell'offerta di gioco;
   a predisporre canali ufficiali di informazione nonché una divulgazione periodica con cadenza annuale dei dati statistici relativi al gioco d'azzardo, con particolare attenzione ai dati relativi ai giocatori, alle somme giocate e ai territori più coinvolti;
   ad assumere iniziative per attribuire ai comuni le opportune competenze in materia di pianificazione dell'ubicazione di sale gioco e punti di vendita in cui si esercita l'offerta di scommesse, nonché in materia di installazione di apparecchi idonei per il gioco lecito, anche al fine di garantire il rispetto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale;
   ad assumere iniziative per adottare le necessarie disposizioni tese ad impedire l'accesso dei minori ai locali adibiti al gioco d'azzardo e agli apparecchi di gioco, nonché a tutelare i soggetti maggiormente vulnerabili e a rischio di gioco d'azzardo patologico;
   ad assumere iniziative per l'introduzione di nuove disposizioni vincolanti in materia di pubblicità del gioco d'azzardo, con particolare attenzione alla tutela dei minori e dei soggetti vulnerabili, nonché all'esigenza di vietare messaggi pervasivi oppure ingannevoli o illusori circa le probabilità di vincita;
   a valutare possibili iniziative utili a prevenire l'eventualità che gli apparecchi per il gioco d'azzardo divengano strumenti di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite;
   a garantire attraverso il Ministero della salute adeguate risorse destinate alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo;
   a predisporre, anche attraverso l'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico, campagne di informazione e sensibilizzazione sui rischi connessi al gioco d'azzardo patologico.
(1-00710)
«Garavini, Miotto, Beni, Lenzi, Causi, Ginato, Gelli, Murer, Carnevali, Sbrollini, D'Incecco, Sgambato, Fabbri».
(15 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    il settore del gioco d'azzardo legale, composto da circa 5000 aziende che danno lavoro a 120 mila persone, è pari al 4 per cento del prodotto interno lordo, con un giro d'affari registrato, nel 2012, di circa 90 miliardi di euro ed entrate erariali attestate su oltre 8 miliardi di euro, e di circa 85 miliardi di euro nel 2013 (-4,34 per cento sul 2012), con un gettito erariale comunque superiore dell'1,64 per cento rispetto a quello di due anni fa;
    i dati dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli permettono di inquadrare il fenomeno del gioco d'azzardo e rilevare la preponderanza delle slot machine (56,7 per cento), seguite dalle lotterie (12,7 per cento) e dal lotto (8,5 per cento). Ci sono poi i giochi on-line (1,3 per cento) e i giochi di abilità a distanza con vincite in denaro, chiamati attualmente skill game (7,7 per cento);
    come dimostrato da diversi studi dell'Istituto Bruno Leoni, la più recente legislazione italiana ha consentito di ottenere un abbattimento della quota del gioco illegale, passata in pochi anni dal 57 per cento del mercato nel 2003 all'8 per cento del 2013. Tale significativo risultato consente di comprimere tutte le attività dell'intero mondo del malaffare che gravita intorno al gioco illegale, destinato invece a subire il rischio di una nuova espansione qualora si cedesse alla tentazione di eccessivi inasprimenti della normativa fiscale in materia, come da più parti spesso grossolanamente invocato. Va inoltre considerato come, negli ultimi anni, la somma vinta dai giocatori (payout) è cresciuta molto più rapidamente del giro d'affari complessivo del settore e, dunque, la differenza tra giocate e vincite (ricavo effettivo del settore) è cresciuta a percentuali più ridotte rispetto sia al payout che al giro d'affari;
    secondo le cifre della Guardia di finanza diffuse da Il Sole 24 Ore, ben 23 miliardi dei 175 miliardi di euro messi in moto dall'economia illegale sono riferiti al giro d'affari dei giochi illegali e dei 5 miliardi di euro del giro d'affari on-line circa 1,5 miliardi di euro sono la quota parte dei giochi gestiti illegalmente. Altre stime diffuse dall'associazione Libera indicano in 10-15 miliardi di euro il fatturato del mercato illegale dei giochi, un mercato in cui operano 41 clan. Nel 2013 inoltre la Guardia di finanza ha effettuato oltre 9 mila interventi, scoprendo violazioni in 3.500 casi a carico di 10 mila responsabili e 1.934 punti di scommessa clandestini, sequestrando 2.035 congegni e apparecchi di divertimento e rilevando scommesse non assoggettate ad imposta per 123 milioni di euro, mentre nello stesso anno l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha inibito 418 siti irregolari pari a 1 milione e mezzo di tentativi di accesso. Non è da sottovalutare infine che l'ammontare del mancato introito fiscale annuo dal gioco illegale viene stimato in 1 miliardo e 600 milioni di euro;
    l'attività del gioco d'azzardo, legale ed illegale, può purtroppo innescare nei giocatori abituali meccanismi psicologici di tipo ossessivo-compulsivo che inducono in veri e propri stati di dipendenza patologica, devastanti per lo stato di salute dei soggetti colpiti e spesso altrettanto rovinosi per gli equilibri economici delle famiglie;
    tale dipendenza da gioco d'azzardo patologico configura una vera e propria patologia, riconosciuta nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza grazie al «decreto Balduzzi» del 13 settembre 2012 e per questo merita pertanto adeguate risorse economiche dedicate alle attività di prevenzione, di diagnosi e di cura;
    da quanto emerge dall'ultimo studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, nei tre anni dal 2008 al 2011, la percentuale di persone tra i quindici e i sessantaquattro anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi presenti sul mercato è passata dal 42 al 47 per cento; si tratta di circa 20 milioni di scommettitori, di cui ben oltre due milioni a rischio ludopatia (soprattutto uomini, disoccupati e persone con un basso livello di istruzione), senza contare che circa 800.000 già sono dipendenti dal gioco d'azzardo patologico;
    l'analisi svolta dalla Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura ha messo in evidenza che la dedizione ossessiva a slot machine, videopoker e gratta e vinci sottrae ogni anno più di 70 milioni di ore lavorative e dirotta almeno 20 miliardi di euro dall'economia reale, cancellando così 115.000 posti di lavoro;
    una categoria particolarmente a rischio è rappresentata dai giovani. Le dinamiche del gioco d'azzardo mal si accompagnano a uno sviluppo armonico del rapporto tra libertà e responsabilità, anche per l'oggettiva difficoltà di rendersi conto in tempi brevi delle conseguenze delle loro decisioni. È soprattutto nel loro interesse e in quello delle loro famiglie che vanno individuati limiti legali adeguati, specialmente sul fronte del gioco d'azzardo on-line;
    nel corso della XVI legislatura, presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, si è svolta e conclusa un'indagine conoscitiva relativa agli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d'azzardo;
    il 26 giugno 2014 la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati ha concluso l'esame del disegno di legge riguardante le disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico ed è in attesa dei pareri di competenza delle Commissioni parlamentari I, II, V, VI e della Commissione per le questioni regionali, mentre nella seduta della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) del 15 ottobre 2014, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Baretta ha evidenziato la mancata trasmissione da parte del Ministro della salute degli elementi istruttori più volte sollecitati;
    il 14 luglio 2014 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sui servizi di gioco d'azzardo on-line che incoraggia gli Stati membri a realizzare un livello elevato di protezione per i consumatori, gli utenti e i minori grazie all'adozione di principi relativi ai servizi di gioco d'azzardo on-line e alla pubblicità e alla sponsorizzazione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, anche di natura normativa, per combattere il gioco illegale ed evitare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite tramite il gioco d'azzardo;
   a vietare l'introduzione di nuovi apparecchi e piattaforme on-line per il gioco d'azzardo a valere sulle concessioni già in essere e di nuove tipologie di giochi d'azzardo per un periodo di almeno cinque anni;
   a promuovere a livello europeo un'armonizzata regolamentazione del gioco d'azzardo on-line;
   ad attivare entro tre mesi presso il Ministero della salute l'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico, Osservatorio che: effettua il monitoraggio della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento ai costi sociali, economici e psicologici ad essa associati, nonché ai relativi fattori di rischio, in relazione alla salute dei giocatori e all'indebitamento delle famiglie; redige e trasmette al Ministro della salute un rapporto annuale sull'attività svolta, rapporto che può contenere anche proposte volte a migliorare il sistema degli interventi socio-sanitari e socio-assistenziali in favore dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico; entro sei mesi dalla sua istituzione, definisce le linee guida per la promozione e la realizzazione di campagne informative, volte a prevenire comportamenti patologici e forme di assuefazione connessi al gioco d'azzardo; definisce linee guida per lo svolgimento di corsi di formazione sui rischi collegati al gioco d'azzardo, rivolti ai soggetti privati che esercitano attività commerciali relative ai giochi d'azzardo e tenuti da soggetti dotati di comprovata competenza ed esperienza nella materia, individuati prioritariamente tra gli operatori dei servizi per le tossicodipendenze; propone al Ministero della salute le caratteristiche del logo identificativo no slot, nonché le modalità per il rilascio in uso e per la revoca; raccoglie le osservazioni dei cittadini o di associazioni in merito al rispetto del divieto di propaganda pubblicitaria dei giochi con vincite in denaro provvedendo alla comunicazione alle autorità competenti;
   a reperire idonee risorse aggiuntive rispetto agli stanziamenti del Fondo sanitario nazionale, ed esterne allo stesso, per la garanzia del rispetto dei livelli essenziali di assistenza per la cura dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico;
   ad adottare un piano nazionale per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da gioco d'azzardo patologico e ad assumere iniziative per istituire, nello stato di previsione del Ministero della salute, il fondo per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del gioco d'azzardo patologico, al fine di finanziare gli interventi di prevenzione, di informazione, di formazione e di cura in favore delle persone affette da patologia da gioco d'azzardo patologico, nell'ambito del piano obiettivo previsto dal Ministero della salute;
   a predisporre, su iniziativa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero della salute, campagne di informazione e a promuovere progetti di educazione sui fattori di rischio connessi al gioco d'azzardo nelle scuole di ogni ordine e grado;
   ad assumere iniziative per rendere obbligatoria l'introduzione di meccanismi idonei a bloccare in modo automatico l'accesso dei minori ai giochi, mediante l'inserimento, nei software degli apparecchi da intrattenimento, dei videogiochi e dei giochi on-line, di appositi sistemi di controllo dell'accesso, per consentire l'accesso agli apparecchi da intrattenimento e ai videogiochi esclusivamente mediante strumenti di controllo dell'accesso e per far sì che ciascun apparecchio e videoterminale di gioco o tagliando delle lotterie istantanee rechi avvertenze generali e supplementari sui rischi derivanti dal gioco d'azzardo patologico e concernenti i disturbi riconducibili a tale patologia.
(1-00715)
«Vargiu, Capua, Catania, Antimo Cesaro, Cimmino, Dambruoso, Falcone, Monchiero, Molea, Quintarelli, Rabino, Vecchio, Vezzali, Vitelli, D'Agostino, Matarrese».
(19 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    la ludopatia è la patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità;
    la ludopatia si configura come una dipendenza senza sostanza e, per questo motivo, il ludopate non può fare a meno del gioco poiché quest'ultimo è l'elemento che gli procura sollievo momentaneo dagli stati emotivi angosciosi o depressivi;
    per ludopatia, o, come definito dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, per gioco d'azzardo patologico, si intende l'incapacità di resistere all'impulso di giocare d'azzardo o fare scommesse, nonostante tale comportamento determini gravi conseguenze lesive della stabilità economica, lavorativa, affettiva e relazionale;
    per continuare a dedicarsi al gioco d'azzardo e alle scommesse, infatti, la persona con problemi di ludopatia trascura le attività principali della vita, quali lo studio o il lavoro, e può arrivare a commettere furti o frodi al fine di reperire del denaro;
    la ludopatia, mediante l'instabilità emotiva e comportamentale, che sono al contempo causa e concausa della patologia, può determinare rovinose crisi economiche, fino a creare veri e propri tracolli finanziari, congiuntamente al deterioramento graduale dei rapporti umani più in generale, ed in particolare dei rapporti familiari e di coppia;
    come diretta conseguenza di una situazione esasperata, inoltre, la ludopatia si manifesta mediante l'inattendibilità ed il disinvestimento verso i doveri, fino a condurre la persona alla perdita del lavoro, oppure a determinare l'avvio dell'utilizzo di sostanze stupefacenti o una vera e propria cronicizzazione della dipendenza da alcol e/o droghe, fino a condurre, in casi estremi, al suicidio;
    l'aspetto ludico, caratteristico del gioco, diventa secondario rispetto al bisogno di rischiare, di riprovare, di continuare a tentare la fortuna anche a fronte di perdite clamorose o devastanti. Questo atteggiamento si configura come gambling, un comportamento compulsivo, la cui dinamica può essere assimilabile, pur in assenza di uso di sostanze, ad altre forme di dipendenza patologica quali la tossicodipendenza e l'alcolismo;
    il gioco d'azzardo patologico rappresenta un importante problema di salute pubblica: la dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile in quanto, ad oggi, non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno;
    la popolazione italiana totale è stimata in circa sessanta milioni di persone, il 54 per cento delle quali, secondo i dati del Ministero della salute relativi all'anno 2012, sarebbero giocatori d'azzardo, mentre la stima dei giocatori d'azzardo problematici varia dall'1,3 per cento al 3,8 per cento della popolazione generale, mentre la stima dei giocatori d'azzardo patologici varia dallo 0,5 per cento al 2,2 per cento;
    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità oltre 1,3 milioni di italiani sono a rischio ludopatia, anche in considerazione del fatto che il gioco d'azzardo nel nostro Paese è la patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti;
    il panorama dei giochi, in Italia, ha subito profonde modificazioni nel corso degli ultimi anni: la nascita di giochi dal grande appeal per il pubblico, soprattutto più giovane, contribuisce all'innalzamento del rischio di patologie connesse al gioco;
    l'industria del gioco ha conquistato l'ottanta per cento della popolazione adulta italiana e il trenta/trentacinque per cento pratica il gioco con regolarità;
    il settore dei giochi in otto anni ha registrato un incremento del giro d'affari del 500 per cento, passando da 22 miliardi di euro nel 2004 a circa 95 miliardi di euro nel 2012, ovvero circa il 5 per cento del prodotto interno lordo nazionale e, nonostante la crisi, il gioco legale nel 2013 ha fruttato 84,7 miliardi di euro;
    il mercato dei giochi pubblici vede come motore trainante le slot machine, grazie alle quali si realizzano il 55,6 per cento del totale degli incassi;
    al 31 dicembre 2014 risultano autorizzate 379.000 new slot e sessantamila VLT, un particolare tipo di slot machine che, a differenza delle new slot che accettano monete da un euro, si attivano anche con banconote di grosso taglio, così da consentire puntate elevate, un tempo riservate ai soli casinò;
    nel 2011 le VLT raccoglievano il 28 per cento del fatturato totale delle slot, mentre nel 2012 la loro quota ha superato il quaranta per cento del totale; si trovano in sale dedicate, con vetri rigorosamente oscurati, e richiedono una specifica autorizzazione della polizia;
    altresì in progressivo aumento è il fenomeno dei giochi on-line: scommesse sportive, ippiche, poker e gratta e vinci hanno fatto registrare una crescita esponenziale, pari al 16,3 per cento;
    dal 18 luglio 2011, infatti, è possibile giocare a poker dal computer di casa, un affare da 1,5 miliardi di euro al mese, con modalità tali da non assicurare un controllo rigoroso sulla vera età dei giocatori ed è talvolta causa della migrazione di parecchi denari italiani verso altri Paesi, senza che questi possano essere intercettati dalle casse erariali;
    le altre tipologie di gioco si suddividono in lotterie (11,4 per cento), lotto (7,2 per cento); scommesse sportive (4,2 per cento), giochi numerici (2,2 per cento), bingo (2 per cento), tris (1,2 per cento);
    tale mercato, nel suo complesso, vale circa 95 miliardi di euro e nel solo 2012 è cresciuto tra il 13 per cento ed il 14 per cento rispetto al 2011;
    l'azienda del gioco, anche grazie alla costante e sfaccettata pubblicità che giunge a qualunque fascia sociale ed età anagrafica della popolazione, in Italia è ai primi posti per volume d'affari;
    l'offerta del gioco si è notevolmente diversificata negli ultimi otto anni a causa del fatto che si è reso possibile giocare pressoché in ogni dove, dal supermercato al web, coinvolgendo una platea sempre più vasta anche di soggetti deboli, ed è riuscita ad estendersi nell'arco dell'intera giornata;
    nel novembre 2013 il gruppo parlamentare Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale ha depositato una proposta di legge recante «Norme per la prevenzione e il contrasto del gioco d'azzardo patologico, nonché in materia di pubblicità del gioco d'azzardo, di tutela dei minori e di disciplina dell'apertura di sale da gioco», esaminata congiuntamente ad altre proposte con il medesimo oggetto già a partire dal successivo mese di dicembre;
    l'esame di tali proposte di legge, tuttavia, si è arenato già nel mese di ottobre 2014 a causa di alcune problematiche connesse ai profili di rilievo finanziario delle stesse;
    durante l'esame in sede consultiva presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati del provvedimento, in data 18 settembre 2014, il rappresentante del Governo ha evidenziato che dalla nota della Ragioneria generale dello Stato risultava la richiesta di ulteriori approfondimenti istruttori ai dicasteri competenti, con particolare riguardo al Ministero della salute, ai fini della predisposizione della relazione tecnica;
    tali approfondimenti non sono ad oggi ancora pervenuti,

impegna il Governo:

   ad intervenire con iniziative idonee a contrastare il diffondersi della patologia di cui in premessa mediante azioni coordinate sul territorio nazionale di prevenzione, cura e reinserimento sociale delle persone con ludopatia;
   a porre in essere campagne informative ed educative sul gioco d'azzardo patologico, attraverso la creazione di un portale su Internet, con particolare riguardo alla prevenzione e all'educazione dei giovani, affinché possa essere adeguatamente ridotto il rischio di gap mediante interventi finalizzati all'acquisizione di consapevolezza in tutta la popolazione;
   a fissare le linee guida per lo sviluppo degli interventi di prevenzione, cura e reinserimento delle persone affette da ludopatia;
   a fissare le linee guida per lo sviluppo di sistemi di rilevamento e monitoraggio del fenomeno sul territorio nazionale;
   a promuovere e sviluppare interventi di prevenzione mirata nelle scuole primarie e secondarie, a valenza educativa, inerenti i rischi e le forme del gioco d'azzardo patologico;
   ad assumere iniziative per istituire un sistema individuale, come la «tessera del giocatore», al cui rilascio sarà subordinato l'accesso alle sale da gioco fisiche o virtuali e che servirà a monitorare i comportamenti di gioco nel pieno rispetto della privacy;
   ad assumere iniziative per porre un limite all'apertura di nuove sale da gioco di almeno seicento metri rispetto alle aree ritenute sensibili come scuole, ospedali, luoghi di culto o di aggregazione giovanile;
   ad assumere iniziative per prevedere, per gli esercizi pubblici che mettono a disposizione della loro utenza dei computer con accesso ad Internet, l'obbligo di dotarsi di appositi filtri in grado di bloccare l'accesso ai siti che offrono servizi di giochi d'azzardo e scommesse on-line;
   ad assumere iniziative dirette ad istituire un marchio nazionale destinato a caratterizzare gli esercizi pubblici privi di slot machine e video lotterie, con la possibilità, per i comuni, di procedere con sgravi fiscali per gli esercizi commerciali che decidano di rimuovere le stesse;
   ad adottare le opportune iniziative regolamentari o normative atte ad impedire che nei contratti stipulati tra società concessionaria del gioco ed i singoli esercenti siano previste clausole che in alcun modo limitino il loro diritto di recesso;
   ad assumere iniziative dirette ad introdurre limitazioni sui messaggi pubblicitari concernenti il gioco d'azzardo che tengano conto delle esigenze di tutela dei minori e di rendere noti in maniera comprensibile ed esaustiva sia i pericoli della ludopatia sia le probabilità di vincita nello specifico gioco;
   a porre l'obbligo, in capo ai gestori di sale da gioco, di esporre pubblicamente materiale informativo sui rischi del gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento all'accesso ai percorsi di cura e riabilitazione;
   ad assumere le necessarie iniziative per la creazione di un fondo, finanziato attraverso una percentuale sui proventi derivanti dalla tassazione sul gioco e dalle eventuali sanzioni elevate nei confronti di concessionari e gestori, attraverso il quale verranno finanziati gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione specificatamente destinati alle persone affette da gioco d'azzardo patologico;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di agevolare un rapido iter delle proposte di legge di cui in premessa.
(1-00736)
«Rampelli, Taglialatela, Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».
(17 febbraio 2015)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   RABINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il volontario in ferma prefissata di 1 anno, istituito dalla legge 23 agosto 2004, n. 226 («legge Martino»), è un militare delle Forze armate italiane, che presta servizio nel periodo di 1 anno, nell'Esercito, nella Marina militare o nell'Aeronautica militare e costituisce il primo livello di accesso alle Forze armate italiane in modo volontario. L'ammissione alla ferma avviene tramite concorso pubblico per titoli e previo giudizio di idoneità psicofisica al servizio militare incondizionato, entro il compimento del 25o anno di età;
   la ferma dei volontari in ferma prefissata di 1 anno è annuale, rinnovabile per due successive rafferme e il compimento di un anno effettivo di servizio consente di partecipare ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di 4 anni nelle altre Forze armate italiane, entro il compimento del 30o anno di età;
   al termine della ferma quadriennale, i volontari potranno inoltrare domanda utile a concorrere per i concorsi riservati per la nomina a volontario in servizio permanente ed il transito nella categoria dei graduati, divenendo, quindi, militare professionista a tutti gli effetti e fruendo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato;
   il passaggio in servizio permanente avviene attraverso un concorso a numero chiuso, per titoli maturati negli anni e per immissione. Nel caso di non transito, il militare in ferma prefissata di 4 anni avrà diritto ad una rafferma di due anni, durante la quale potrà nuovamente accedere al concorso per volontario in servizio permanente e, nel caso in cui, nemmeno in questi due anni riuscisse a transitare, usufruirebbe di un'ulteriore ed ultima rafferma di due anni;
   il problema reale va rintracciato nei numeri, in quanto i posti disponibili per divenire volontari in servizio permanente risultano nettamente inferiori al numero degli arruolati (intorno ad un quinto) e, sostanzialmente, moltissimi militari in ferma prefissata potrebbero, dopo un lungo periodo di servizio allo Stato italiano, ritrovarsi a 38 anni nella condizione di disoccupati, con grosse difficoltà a ricollocarsi, sia per ragioni di età che di specificità della loro esperienza lavorativa –:
   quali urgenti iniziative intenda attuare al fine di ridimensionare il precariato militare e se non ritenga opportuno rimodulare i concorsi di accesso al servizio permanente per i volontari in ferma prefissata, adattando la disponibilità degli accessi al numero degli arruolati proporzionalmente alle esigenze del Ministero della difesa. (3-01326)
(3 marzo 2015)

   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Almaviva Italian innovation company è un gruppo italiano che riunisce nove aziende, dislocate in Italia, Tunisia, Brasile e Cina, e opera nel segmento information&communication technology;
   nel 2010 il gruppo ha dichiarato un fatturato di 1.033 milioni di euro e 22.000 impiegati;
   tra le aziende del gruppo figura Almaviva contact, specialista nella fornitura di servizi per le più importanti aziende che lavorano nei settori dell'industria, della finanza e della comunicazione, con sedi a Palermo, Catania e Milano, e che occupa attualmente circa 2.700 lavoratori, la gran parte dei quali è assunta a tempo indeterminato;
   il sito di Palermo annovera tra i suoi committenti le società Wind, Sky, Enel, Palermo calcio e altre, ma di fatto la maggior parte dei lavoratori è impegnata sulle commesse di Wind e Sky, soggette a rinnovi contrattuali a scadenza biennale e della cui prosecuzione non vi è, quindi, certezza;
   nonostante il fatto che Almaviva contact operi già dal 2012 in regime di contratto di solidarietà su scala nazionale, l'azienda nel mese di dicembre 2014 ha convocato le organizzazioni sindacali proponendo una riduzione degli stipendi di circa il 10 per cento, asseritamente al fine di permettere alla stessa azienda di recuperare competitività sul mercato e potersi aggiudicare il rinnovo delle commesse in scadenza di Wind, Tim, Sky ed altre;
   il 19 febbraio 2015 l'azienda ha nuovamente convocato le organizzazioni sindacali informandole del rischio che non sia rinnovata la commessa di Wind a causa della concorrenza di altro committente, che avrebbe presentato, per quanto consta all'interrogante, un'offerta inferiore di circa il 30 per cento rispetto a quella formulata da Almaviva contact;
   il basso costo di tale offerta a parere dell'interrogante fa nascere il sospetto che il concorrente possa essere nelle condizioni quantomeno di eludere parte degli oneri derivanti dai contratti di lavoro del personale impiegato, di fatto delocalizzando o non rispettando le prescrizioni del contratto collettivo nazionale del settore delle telecomunicazioni;
   in base alle previsioni dell'azienda il mancato rinnovo della commessa di Wind determinerà il collocamento in mobilità di circa 1.700 lavoratori, attualmente impiegati nella stragrande maggioranza nella sede palermitana ma anche nelle sedi di Milano e Catania, quindi perlopiù in zone già caratterizzate da elevati livelli di disoccupazione, con gravi ricadute sociali;
   il settore dei call center evidenzia una richiesta in aumento, ma al suo interno è, purtroppo, diffuso il ricorso ad espedienti per aggirare le normative nazionali, al fine di consentire alle aziende di presentare offerte al massimo ribasso, penalizzando i lavoratori;
   Almaviva contact è solo l'ultima azienda di call center in ordine di tempo i cui lavoratori rischiano di essere travolti da un mercato sregolato, come già è accaduto alla società Infocontact, attualmente in amministrazione straordinaria, ai cui lavoratori si sta proponendo una riassunzione a orario lavorativo e conseguenti livelli salariali ulteriormente ridotti –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al riguardo, anche con riferimento ad una più attenta attività di monitoraggio sulle società che offrono servizi di call center in ambito nazionale. (3-01327)
(3 marzo 2015)

   GIAMMANCO e PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla necessità di una maggiore efficienza nei servizi, in vista di una possibile diminuzione dei loro costi e come leva per maggiori investimenti, si colloca l'avvio, sin dalla XV legislatura, di un programma straordinario di analisi, valutazione e contenimento della spesa dello Stato, comunemente denominato, sulla base di analoghe esperienze internazionali spending review. Nello specifico, a fronte delle difficoltà riscontrate nel perseguire una riduzione delle dinamiche della spesa pubblica, è emersa la necessità di potenziare il monitoraggio dei flussi della finanza pubblica e di elaborare nuovi strumenti, di carattere più strutturale e selettivo, finalizzati a consentire un più penetrante controllo;
   tra gli obiettivi sottesi a tale meccanismo vi è quello di superare la logica dei tagli lineari alle dotazioni di bilancio e il criterio della spesa storica. Nel corso della XVI legislatura, il processo di analisi e revisione della spesa è stato dapprima incorporato e reso permanente nel sistema delle decisioni di bilancio ad opera della nuova legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), a cui poi si sono poi affiancati, a partire dall'estate del 2011, specifici interventi legislativi. Questi ultimi, oltre ad ampliarne l'ambito di operatività, hanno definito modalità applicative di carattere speciale rispetto alla disciplina generale, facendo, in particolare, leva sulla diffusione del metodo dei fabbisogni e dei costi standard utilizzato e sancito sul piano normativo, con riferimento agli enti territoriali dalla legge delega n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale;
   un ulteriore filone di interventi in materia di spending review si è registrato nell'ultimo anno della XVI legislatura, anche a seguito della presentazione, in data 30 aprile 2012, del rapporto che ha inteso affrontare il problema della spesa pubblica dal punto di vista delle singole attività, funzioni o organizzazioni nelle quali l'offerta di beni e servizi al cittadino si organizza. Pressoché contestualmente alla presentazione del rapporto, il 3 maggio 2012 è stata adottata una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha disciplinato l'attività di revisione della spesa delle amministrazioni centrali da realizzare nell'arco del periodo 1o giugno-31 dicembre 2012, al fine di conseguire un obiettivo di riduzione della spesa indicato in un importo pari a 4,2 miliardi di euro per l'anno 2012;
   con due appositi provvedimenti d'urgenza si è, dunque, provveduto ad avviare il nuovo ciclo di spending review. In particolare, in una prima fase, con il decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2012, recante «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica», è stato istituito un comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica e, in un secondo momento, con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», si è proceduto all'adozione di una serie di misure di contenimento e riorganizzazione della spesa pubblica volte a realizzare, per quanto concerne il comparto delle amministrazioni centrali, gli obiettivi indicati nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 maggio 2012, nonché, per ciò che attiene al generale settore della pubblica amministrazione, ad operare una rimozione della spesa per beni e servizi, anche sulla base delle risultanze dell'analisi svolta del commissario straordinario per la spending review;
   il Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2013 ha poi nominato Carlo Cottarelli, già responsabile del dipartimento finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, nuovo commissario straordinario per la spending review. L'attività del commissario straordinario ha riguardato le spese delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici, nonché delle società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche che non emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentari;
   nelle prime settimane del Governo Renzi, il commissario Cottarelli ha preparato un piano di tagli per 34 miliardi in tre anni. Nello specifico il piano prevedeva l'adozione di misure di razionalizzazione e revisione della spesa tali da determinare una riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche non inferiore a 600 milioni di euro nel 2015 e 1.310 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Inoltre, si prevedevano variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni fiscali tali da conseguire maggiori entrate pari a 3.000 milioni di euro per il 2015, 7.000 milioni per il 2016 e 10.000 milioni a decorrere dal 2017;
   un piano ben strutturato le cui previsioni avrebbero dovuto essere contenute nel decreto «sblocca Italia», che poi sono state rimandate alla legge di stabilità, nella quale sono state inserite solo alcune indicazioni fornite dal commissario della spending review e nello specifico sul «disboscamento» della giungla delle partecipate. A seguito delle dimissioni del commissario Cottarelli non si è più avuta alcuna notizia in merito allo studio condotto dal suo team che, invece, è tornato alla ribalta proprio in questi giorni;
   infatti, in un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 22 gennaio 2015 si evidenzia come i 25 documenti finali della spending review si siano praticamente «volatilizzati», in quanto non si trovano né presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, né presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Nel mese di dicembre 2014 il Comitato per il Foia (Freedom of information act) ha inviato formali richieste alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze per rendere pubbliche le relazioni finali sulla revisione della spesa: il dipartimento per la programmazione e il coordinamento delle politiche economiche della Presidenza del Consiglio dei ministri ha, però, risposto che «non possiede gli atti richiesti non avendo peraltro competenza in materia e visto che il commissario straordinario si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero dell'Economia». In un successivo momento, il Comitato si è quindi rivolto al Ministero dell'economia e delle finanze e la risposta ricevuta dalla portavoce del Ministro interrogato è stata ancora più surreale, visto che ha spiegato che lo studio di Cottarelli non è presente nella documentazione del Ministero dell'economia e delle finanze, dato che il commissario non ha mai fatto parte del Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se il Governo intenda rendere pubblici i documenti vagliati dal commissario Cottarelli, come l'Esecutivo abbia fino ad ora utilizzato i dati forniti dall'analisi svolta del commissario straordinario per la spending review, quali siano stati i tagli di spesa effettivamente conseguiti sulla base delle analisi svolte dal commissario straordinario e quali si intendano effettuare in futuro. (3-01328)
(3 marzo 2015)

   ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 dicembre 2014 il Comando generale della Guardia di finanza, come ogni anno, ha pubblicato un concorso interno, per titoli, per l'ammissione di 420 allievi vicebrigadieri al 19o corso presso la Scuola allievi ispettori e sovrintendenti riservato agli appuntati scelti del Corpo;
   i vincitori del concorso frequentano poi un corso di formazione giuridico-professionale di durata non inferiore ai tre mesi presso la Scuola ispettori e sovrintendenti dell'Aquila, al termine del quale gli allievi dichiarati idonei conseguono la nomina a vicebrigadiere;
   l'articolo 2, comma 2, del bando, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego», riserva 11 posti per i candidati in possesso dell'attestato di bilinguismo, così genericamente espresso da sottintendere che l'attestato di bilinguismo possa essere di qualsiasi livello da «A» a «D»;
   è utile ricordare che nella provincia autonoma di Bolzano, ai sensi dell'articolo 99 dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni, la lingua tedesca è parificata a quella italiana e i cittadini di lingua tedesca, ai sensi del successivo articolo 100 dello statuto, possono utilizzare la loro lingua nei rapporti con gli uffici pubblici e nei processi;
   l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 752 del 1976, e successive modificazioni, prevede quattro tipi di attestato di bilinguismo riferiti al titolo di studio prescritto per l'accesso alle varie qualifiche funzionali: (A) diploma di laurea; B) diploma di istruzione secondaria di secondo grado (maturità); C) diploma di istituto di istruzione secondaria di primo grado (terza media); D) licenza di scuola elementare), nonché attribuisce al commissario del Governo la facoltà di stabilire, con propri provvedimenti, il passaggio a qualifiche superiori qualora il candidato sia in possesso di un attestato di livello corrispondente o superiore al titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno alla qualifica o profilo professionale cui si aspira;
   per l'accesso dall'esterno al Corpo della Guardia di finanza, tutti i bandi di concorso prevedono una riserva di posti, commisurata al livello di istruzione richiesto per rivestire tale funzione: per il concorso di arruolamento per finanzieri, livello più basso, viene richiesto il diploma di istruzione di primo grado (terza media) ed il livello «C» di bilinguismo, per l'accesso al ruolo di ispettori ed ufficiali viene richiesto il diploma di scuola superiore ed il livello «B» di bilinguismo;
   per il concorso interno per il passaggio al ruolo sovrintendenti, invece, questa formula non viene rispettata e si procede indicando genericamente un attestato di bilinguismo, che può essere da «A» a «D», non collegando così l'avanzamento di carriera, che generalmente prevede un aumento di mansioni e responsabilità, al possesso di un maggior grado di conoscenza e padronanza della lingua tedesca proprio in funzione del maggiore grado ricoperto –:
   se il Ministro ritenga di intervenire affinché, anche nel bando per gli avanzamenti di carriera al ruolo di sovraintendenti della Guardia di finanza attraverso il concorso interno, sia garantito un maggiore e più adeguato livello di conoscenza della lingua tedesca per l'assegnazione dei posti nella provincia autonoma di Bolzano, al pari di quanto avviene per l'accesso dall'esterno, in modo da rispettare il dettato statutario in materia di uso della lingua tedesca in provincia di Bolzano, che viene invece sistematicamente disatteso con riguardo all'impiego delle forze dell'ordine in Alto Adige. (3-01329)
(3 marzo 2015)

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, si è introdotta una revisione delle modalità di determinazione e dei campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee) secondo criteri che permettano di prevedere, nel calcolo dell'indicatore, una più ampia classificazione dei redditi familiari (come i redditi tassati con regimi sostitutivi e redditi non tassati), di migliorare la capacità selettiva dell'indicatore mediante una maggiore valorizzazione della componente patrimoniale, di focalizzare l'attenzione su tipologie familiari con carichi particolarmente gravosi (in merito al numero di figli o alla presenza dei figli disabili), di differenziare l'indicatore in riferimento al tipo di prestazione richiesta, di ridefinire i benefici da attribuire sulla base delle condizioni economiche, di rideterminare le soglie delle prestazioni e di rafforzare il sistema dei controlli attraverso la riduzione al minimo delle autocertificazioni. Una delle principali novità della riforma prevede, infatti, che alcune informazioni importanti relative al reddito, che prima erano auto-dichiarate, non debbano essere più inserite nel modello dal contribuente, perché l'Inps richiede le informazioni direttamente all'Agenzia delle entrate;
   prima con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2014, poi la circolare dell'Inps n. 171 del 2014, si è provveduto, quindi, all'introduzione, a partire dal 1o gennaio 2015, del nuovo modello dell'indicatore della situazione economica equivalente, con lo scopo, almeno nelle intenzioni del Governo, di migliorare l'equità sociale a favore delle famiglie più numerose e disagiate. Al fine di implementare la semplificazione e la sburocratizzazione, con lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si è stabilito che l'Inps rendesse disponibile on line il nuovo servizio dedicato all'indicatore attraverso una piattaforma telematica da cui scaricare il nuovo modello e procedere all'acquisizione, alla gestione e alla consultazione della dichiarazione sostitutiva unica (dsu) da inviare per ottenere l'indicatore 2015;
   con la riforma aumentano considerevolmente i nuovi modelli di dichiarazione sostitutiva unica che lievitano, oggi, ad otto: due modelli base, la cosiddetta dsu-mini, che tutti i sono tenuti a compilare e che serve per la maggior parte delle prestazioni poiché si riferiscono al nucleo familiare, alla casa di abitazione, alle informazioni su reddito, patrimonio mobiliare e immobiliare; una serie di altri modelli, i restanti sei, che invece vanno compilati esclusivamente per alcune tipologie di prestazioni, i cosiddetti indicatore della situazione economica equivalente università, indicatore della situazione economica equivalente sociosanitario, indicatore della situazione economica equivalente minorenni ed altri;
   il contribuente deve, quindi, compilare i moduli di dichiarazione sostitutiva unica, consegnarli direttamente all'ente che eroga la prestazione, oppure al comune, o al centro di assistenza fiscale, o all'Inps, ed è proprio l'istituto previdenziale che alla fine calcola l'indicatore della situazione economica equivalente;
   in realtà, però, si apprende, da numerosi organi di stampa e dalle dichiarazioni dei dirigenti dei sindacati dei centri di assistenza fiscale che, con la riforma, al posto della semplificazione e della sburocratizzazione fiscale, si siano moltiplicati disagi;
   si impiega, infatti, oggi molto più tempo per concludere una pratica, che deve inoltre essere perfezionata in più riprese, poiché, oltre alle complicazioni dovute alla compresenza di diversi moduli (quindi a fronte dei 20 minuti prima necessari oggi ne occorrono fino al doppio), la nuova procedura richiesta vede un'attesa di almeno 10 giorni, che può allungarsi fino ai 20. Dopo la compilazione del modello, infatti, questo va spedito all'Inps che in 10 giorni deve controllarlo e poi rispedirlo ai centri di assistenza fiscale, che devono farlo firmare all'utente e riconsegnarlo. Nel caso però in cui ci sia qualche incongruenza dovuta alle autocertificazioni, l'Inps lo rinvia al centro di assistenza fiscale, che a sua volta deve richiamare l'utente per sistemare l'errore, poi rispedire il modello ed attendere nuovamente 10 giorni;
   al contribuente è richiesta, in luogo dell'autocertificazione, un'importante mole di documenti che non soltanto li costringe a recarsi più volte negli uffici per chiedere maggiori chiarificazioni a riguardo, ma ad ulteriori carichi fiscali, poiché sembra che alcune banche richiedano addirittura un compenso per il rilascio di documenti che invece dovrebbero essere gratuiti proprio in quanto necessari alla compilazione dell'indicatore della situazione economica equivalente;
   in questo modo si arreca un grave pregiudizio al contribuente, che sarà costretto a recarsi almeno due o tre volte presso i centri di assistenza fiscale per avere il documento, sostenere anche spese aggiuntive prima non previste ed attendere anche fino a 20 giorni, esponendolo, inoltre, al rischio di perdere qualche agevolazione a causa delle lungaggini richieste per la procedura;
   anche molti sindaci di diversi comuni hanno lanciato l'allarme poiché con le nuove procedure si allungheranno anche i tempi per la definizione delle soglie per l'accesso ai servizi essenziali forniti dalle pubbliche amministrazioni, ossia dei tempi per conoscere le somme da versare o i bonus di cui godere per servizi fondamentali, quali asili nido, servizi sanitari, servizi ad anziani e disabili;
   la semplificazione, quindi, non sembra essere arrivata, anzi le nuove regole sembrano colpire le fasce più deboli che richiedono questo indicatore, portando qualche contribuente a scoraggiarsi a tal punto tanto da rinunciarci. Recenti stime prevedono, infatti, che con la nuova riforma dell'indicatore della situazione economica equivalente si assisterà ad un calo del 20 per cento del numero di contribuenti che accederanno alle agevolazioni sociali, a causa del minore spazio lasciato all'autocertificazione e all'aumento dei controlli;
   allarmante, infine, è la denuncia di Confedilizia che ha rilevato come il nuovo indicatore rappresenti, di fatto, una nuova tassa sulla casa a danno soprattutto dei piccoli proprietari: questo include nel calcolo il valore degli immobili così come definito ai fini imu. Di conseguenza, molti proprietari di immobili che con le vecchie regole sull'indicatore della situazione economica equivalente, basate sull'indicatore che prendeva in considerazione l'imponibile ici, avevano diritto alle prestazioni sociali agevolate, con il nuovo indicatore della situazione economica equivalente, che tiene conto dell'imponibile imu, verranno oggi automaticamente esclusi dalle agevolazioni;
   il nuovo indicatore della situazione economica equivalente, dunque, la cui ratio si fonda sul principio di welfare secondo cui i cittadini economicamente più svantaggiati devono avere diritto a prestazioni agevolate per i servizi pubblici essenziali, a parere degli interroganti sembra essere paradossalmente diventato uno strumento per fare nuovamente cassa sui cittadini e disperdere in maniera irrazionale le risorse statali: da un lato, la celata tassa patrimoniale sulla super-tassata proprietà – a scapito ovviamente dei piccoli proprietari possidenti della sola prima casa – e la percentuale stimata di contribuenti che rinunceranno al calcolo dell'indicatore con grave pregiudizio in termini di godimento dei servizi di cui questi non usufruiranno più. Dall'altro, la nuova richiesta dei centri di assistenza fiscale che, come già detto, a fronte di un maggior carico di lavoro, richiedono una rimodulazione di segno positivo per i compensi ricevuti dall'Inps, il cui costo, ancora una volta, sarà sempre sostenuto dai contribuenti;
   da ultimo, ma non meno importante, è quella che appare agli interroganti la speculazione che gli istituti di credito stanno operando a spese di ignari cittadini che sono costretti a richiedere alle banche la nuova mole di documenti necessari per la compilazione dei moduli. Il Governo, in questo senso, non sta prendendo le misure adeguate e sembra, ancora una volta, prendere invece le parti e fare il gioco dei potentati del Paese, lasciando indietro le classi più deboli meritevoli di maggior tutela;
   è chiaro secondo gli interroganti come il Governo abbia commesso degli errori macroscopici in questo senso; sarebbe, quindi, necessario rimodulare quantomeno il meccanismo di calcolo del valore della proprietà immobiliare, così come evitare che i contribuenti si carichino in qualsiasi modo di spese aggiuntive prima non previste ed evitare che questi rinuncino al calcolo dell'indicatore in oggetto perché ciò equivarrebbe a metterli in condizione di dover rinunciare al godimento di servizio essenziali che uno Stato di diritto sociale, quale il nostro si qualifica costituzionalmente, deve invece garantire, rimuovendo efficacemente ogni ostacolo di ordine economico e sociale suscettibile di alterare l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di rivedere le attuali norme procedurali di compilazione e rilascio dell'indicatore della situazione economica equivalente in modo da attuare effettivamente, e al più presto, una sostanziale sburocratizzazione e semplificazione a favore del contribuente, che, attualmente, è costretto ad adempimenti maggiori rispetto al precedente sistema, in quanto non soltanto è costretto ad una più lunga attesa, ma anche ad obbligazioni di certificazione e soprattutto a nuovi oneri fiscali, tra cui il calcolo del valore della proprietà immobiliare e il pagamento della documentazione bancaria, che colpiscono i contribuenti appartenenti alle fasce più disagiate, così come specificato in premessa.
(3-01330)
(3 marzo 2015)

   TABACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sono stati appena stampati i due corposi volumi contenenti gli atti dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa e amministrativa svolta dalla Commissione parlamentare per la semplificazione conclusa con l'approvazione all'unanimità del documento conclusivo;
   nel corso dell'indagine il tema della semplificazione si è spesso necessariamente intrecciato con quello delle liberalizzazioni, risultando evidente che una vasta e puntuale opera di liberalizzazione può rappresentare la chiave indispensabile per attuare la semplificazione legislativa e amministrativa invocata con urgenza da parte di cittadini ed imprese;
   nel documento conclusivo, la Commissione parlamentare per la semplificazione ha assunto l'impegno ad una costante azione di indirizzo nei confronti del Governo, finalizzata, tra gli altri obiettivi, «a varare un programma di liberalizzazioni che proceda con un cronoprogramma stringente, per aree di regolazione, nei settori più rilevanti per le attività di impresa», precisando che «su questa base potrebbero essere individuati in modo tassativo i casi nei quali sono necessari ancora regole e controlli e quelli in cui vanno eliminati»;
   negli ultimi tempi sono state assunte meritorie iniziative, che vanno nella direzione indicata, fino all'approvazione, da ultimo, del primo disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza;
   sembra, però, tuttora mancare l'approccio organico ed il cronoprogramma cui si fa riferimento nel documento conclusivo dell'indagine;
   le critiche a cui sono stati sottoposti i recenti provvedimenti di liberalizzazione da parte delle categorie interessate non devono indurre ad abbassare ulteriormente l'asticella, quanto piuttosto ad alzarla intervenendo in ogni ambito per evitare poco comprensibili disparità di trattamento –:
   se il Ministro interrogato abbia valutato l'impatto e le ricadute derivanti dai provvedimenti di liberalizzazione previsti dal Governo in termini di miglioramento dei conti pubblici. (3-01331)
(3 marzo 2015)

   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo una stima dell'ex commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, le società partecipate dagli enti locali in Italia risultano essere in numero superiore alle 10.000 unità;
   la stessa stima calcola una somma superiore ai 26 miliardi di euro di spesa annua tra trasferimenti statali e locali;
   secondo i dati raccolti da Cerved, 2.671 società partecipate risultano disporre di un numero maggiore di amministratori rispetto a quello dei dipendenti;
   i dati di cui sopra, inoltre, rilevano come in 1.896 aziende pubbliche non risulti impiegato alcun dipendente. Oltre la metà di esse, peraltro, risultano in perdita;
   la legge di stabilità per il 2015 impone alle regioni ed agli enti locali di presentare entro il 31 marzo 2015 un piano di razionalizzazione –:
   se non ritenga opportuno valutare con attenzione le ricadute economiche negative che potrebbero derivare al nostro Paese, illustrando quali provvedimenti intende adottare in merito al fenomeno descritto. (3-01332)
(3 marzo 2015)

   MARCHI, CAUSI, GUERRA, MISIANI, BOCCADUTRI, BONAVITACOLA, PAOLA BRAGANTINI, CAPODICASA, CENSORE, FANUCCI, FASSINA, GIAMPAOLO GALLI, GINATO, GIULIETTI, LAFORGIA, LOSACCO, MARCHETTI, MELILLI, PARRINI, PILOZZI, PREZIOSI, RUBINATO, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARBONE, CARELLA, COLANINNO, DE MARIA, MARCO DI MAIO, MARCO DI STEFANO, FRAGOMELI, FREGOLENT, GITTI, GUTGELD, LODOLINI, MORETTO, PASTORINO, PELILLO, PETRINI, RIBAUDO, GIOVANNI SANGA, ZOGGIA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della complessiva azione riformatrice del Governo, l'assetto istituzionale e finanziario degli enti territoriali riveste un ruolo strategico, come testimoniato dal complesso e ampio intervento legislativo realizzato principalmente attraverso la legge n. 56 del 2014, che ha previsto l'istituzione delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province, l'armonizzazione dei sistemi contabili e l'introduzione del pareggio di bilancio per le regioni;
   riforme di questa portata richiedono una stabilità di fondo della finanza locale per evitare che situazioni di incertezza e criticità ne condizionino la delicatissima fase di avvio;
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015), e il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, recante proroga di termini, hanno previsto numerose misure in materia di finanza locale;
   in particolare, per i comuni è stata stabilita una riduzione della dotazione del fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 e un contestuale allentamento del patto di stabilità interno, mentre per le regioni è stata dettata la disciplina del periodo transitorio per l'anno 2015 alla luce dell'introduzione del principio del pareggio di bilancio;
   restano, tuttavia, ancora indeterminati alcuni aspetti essenziali per il funzionamento del sistema finanziario degli enti territoriali, specie per quanto riguarda l'assetto tributario e, in particolare, la fiscalità immobiliare;
   la delicatezza e l'importanza del comparto territoriale richiedono interventi organici e di ampio respiro da attuare necessariamente all'interno di un percorso condiviso a tutti i livelli istituzionali;
   in questo senso vanno nella giusta direzione le recenti intese raggiunte in seno alle conferenze, ma tale esempio di leale collaborazione tra amministrazioni va finalizzato al raggiungimento di un assetto stabile della finanza locale che garantisca una corretta programmazione finanziaria e l'approvazione dei bilanci in un quadro di certezza rispetto alle risorse a disposizione –:
   quali siano i principali contenuti del confronto in atto con gli enti territoriali in merito all'assetto della finanza locale, anche con riferimento alla possibile ridefinizione e semplificazione della fiscalità immobiliare comunale. (3-01333)
(3 marzo 2015)

   PAGLIA, MELILLA, MARCON e SCOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la recente decisione del tribunale di Trani di rinviare a giudizio le agenzie di rating Standard & Poor's e Fitch, accusate di aver divulgato «intenzionalmente» ai mercati finanziari – tra il mese di maggio 2011 ed il mese di gennaio 2012 – quattro report contenenti informazioni tendenziose e distorte sull'affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e di rilancio economico adottate dal Governo italiano, al fine di disincentivare l'acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne il valore, ha riportato alla ribalta delle cronache italiane la vicenda che portò il 16 marzo 2012 il Governo italiano a regolare con la banca d'affari newyorkese Morgan Stanley posizioni pregresse su derivati negoziati in mercati non regolamentati intorno alla metà degli anni ’90 e che comportarono perdite nell'ordine di 3 miliardi di dollari, circa 2,5 miliardi di euro;
   secondo l'impianto accusatorio della procura di Trani l'operazione di declassamento da parte Standard & Poor's, a sua volta controllata da McGraw Hill, colosso finanziario che annovera tra i suoi azionisti la banca Morgan Stanley, avrebbe indotto i vertici del colosso del credito americano a chiedere al Governo italiano il recupero della somma, ricorrendo all’additional termination event, ovvero la clausola che riconosce il diritto di risoluzione anticipata dei contratti derivati in essere al verificarsi del superamento di un limite prestabilito di esposizione della controparte nei confronti del nostro Paese;
   i suddetti contratti, sottoscritti dal Governo italiano a partire dal 1990 e che derivano il valore da altre attività finanziarie o reali, avrebbero dovuto tutelare il debito italiano dalle oscillazioni dei tassi di interesse, ma nella realtà si sono rivelati inutili, dannosi e controproducenti, avendo generato al dicembre 2014, secondo quanto riportato da una stima emersa nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui «derivati» avviata dalla Commissione finanze della Camera dei deputati, un valore di mercato negativo per 42,65 miliardi di euro, dei quali circa 2,6 miliardi di euro potrebbero essere sborsati entro il 2018, riguardando contratti con clausole di estinzione anticipata come quella esercitata dalla Morgan Stanley, anche per effetto della disposizione introdotta dal comma 387 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015, che prevede, per la gestione delle operazioni in strumenti derivati sottoscritte dal Ministero dell'economia e delle finanze, doppi margini di garanzia collaterale;
   con riferimento alla suddetta adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, come introdotto dalla legge di stabilità per il 2015, secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, incaricato, tra l'altro, di valutare la sostenibilità e gli effetti sui conti pubblici nel lungo periodo di tali tipi di strumenti finanziari, la finalità potrebbe essere quella «di collocare con più facilità e a prezzi più bassi titoli del debito pubblico italiano presso investitori esteri, oggi meno propensi ad acquistarli poiché la loro convenienza economica è annullata dai costi di copertura del rischio di cambio. (...) Sarebbe però utile acquisire informazioni sulla possibilità che il Dipartimento del tesoro eviti l'introduzione di clausole di questo tipo negli eventuali contratti di garanzia stipulati per il futuro. L'ipotesi ventilata dalla relazione al disegno di legge di stabilità 2015 che l'operazione possa invece dare luogo a depositi da parte delle banche presso la tesoreria dello Stato, assicurando disponibilità liquide aggiuntive, appare tutta da verificare alla luce della condizione che le garanzie siano conferite a terze parti». Inoltre, «nel caso di applicazione della norma ai contratti derivati in essere, dato il loro attuale valore di mercato, si potrebbe avere un deposito di garanzia a carico dello Stato italiano per importi significativi, con un effetto negativo sul fabbisogno e sul debito. (...) Non va inoltre trascurato l'aumento del rischio di instabilità finanziaria connesso con la crescita della quota di debito denominata in valuta e collocata presso gli investitori non residenti, vista la maggiore volatilità del mercato estero, suscettibile di riflettersi negativamente anche sul mercato nazionale» (si confronti focus dell'Ufficio parlamentare di bilancio n. 3 del 9 febbraio 2015);
   un altro effetto non trascurabile della suddetta norma è che di fatto le investment bank, come appunto Morgan Stanley, ma anche Jp Morgan, Deutsche Bank e le altre con le quali sono a tutt'oggi in essere contratti derivati, diventerebbero di fatto dei creditori privilegiati della Repubblica italiana e, in caso di default, si potrebbero rivalere sui depositi di garanzia. La stessa norma autorizza la costituzione di un privilegio che avvantaggia le banche d'affari rispetto ai semplici possessori di buoni del tesoro poliennali, gran parte dei quali sono detenuti da persone fisiche e istituzioni italiane. Da tempo, del resto, le investment bank premevano per ottenere l'inserimento della clausola double way Csa, che è piuttosto tipica nei contratti fra privati ma è insolita quando di mezzo c’è uno Stato sovrano;
   la piena valutazione dei rischi sui conti pubblici e sulla loro sostenibilità nel medio e lungo termine richiederebbero, da parte del Ministro interrogato, meno ritrosia nel fornire una dettagliata e trasparente informazione sulle operazioni già stipulate e ancora in essere relativamente al valore nozionale del contratto, all'ammontare complessivo delle risorse coinvolte, alla durata, alle controparti, al loro merito di credito e, soprattutto, al valore di mercato, e per gli strumenti di nuova stipula dovrebbero essere fornite, con maggiore sistematicità, informazioni relative al modello di pricing utilizzato dal Dipartimento del tesoro; in particolare, se lo stesso ricorra ad un unico modello o più modelli e se si avvale di personale specializzato o si appoggia a terzi;
   nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui derivati promossa presso la Commissione finanze della Camera dei deputati anche dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, la dottoressa Cannata, responsabile della gestione del debito pubblico, a fronte di un'esposizione in derivati della sola amministrazione centrale stimata in 163 miliardi euro ed un controvalore negativo di mercato pari ad oltre 42 miliardi di euro per clausole di estinzione anticipata, alla richiesta di maggiori informazioni da parte del Parlamento sui contratti derivati in essere ha fornito, adducendo vincoli di riservatezza al fine di evitare effetti speculativi di mercato, risposte che potrebbero restituire l'immagine di una gestione del debito pubblico tutt'altro che indirizzata alla prudenza data l'assenza di trasparenza;
   nella relazione depositata presso la stessa Commissione finanze dalla dottoressa Cannata si specifica che attualmente solo in 13 contratti sono presenti clausole di risoluzione anticipata a valore di mercato, ma non viene rivelato quanti e quali degli stessi contratti offrano questa opzione in caso di abbassamento del rating dell'Italia, analogamente a quanto avvenuto con la banca d'affari Morgan Stanley –:
   se risulti per quali motivi il Governo pro tempore, fortemente danneggiato dal declassamento divulgato arbitrariamente dall'agenzia di rating Standard & Poor's, non ritenne necessario acquisire un parere giuridico e verificare la legittimità e la trasparenza di quel declassamento al fine di sottrarsi alla clausola risolutiva del contratto sottoscritto con la banca d'affari Morgan Stanley e se non ritenga, pertanto, necessario promuovere la costituzione di parte civile nel processo che si svolgerà innanzi al tribunale di Trani nei confronti della stessa agenzia di rating. (3-01334)
(3 marzo 2015)

   GALLINELLA, CIPRINI, COZZOLINO, TONINELLI, CECCONI, DADONE, DIENI, D'AMBROSIO e NUTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   l'Assemblea legislativa dell'Umbria, che a seguito dell'approvazione della legge statutaria umbra n. 25 del 27 settembre 2013 è andata a sostituire il Consiglio regionale dell'Umbria, in vista delle prossime e imminenti elezioni per l'elezione dell'Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale fissate per il mese di maggio 2015, ha approvato, con la deliberazione n. 399 del 17 febbraio 2015, numerose rilevanti modifiche alla legge regionale umbra n. 2 del 4 gennaio 2010, che per l'appunto disciplina l'elezione dell'Assemblea legislativa e del Presidente della Giunta regionale;
   va sottolineata l'inopportunità di cambiare i meccanismi elettorali di un organo, peraltro ad opera dei suoi stessi componenti, alla vigilia del suo rinnovo, secondo quanto stabilito anche dal codice di buona condotta in materia elettorale adottato dalla Commissione di Venezia nel corso della 52o sessione il 18 e 19 ottobre 2002;
   a parere degli interroganti il testo approvato presenta, oltre a diversi errori tecnici, numerosi profili di incostituzionalità, che, di fatto, minano alla base il pluralismo politico, muovendosi peraltro nella direzione opposta rispetto alle istanze di maggiore rappresentanza più volte avanzate dai cittadini;
   in particolare, il testo, pubblicato nel bollettino ufficiale regionale del 25 febbraio 2015 presenta alcuni aspetti che contrastano palesemente con diversi principi costituzionali e con quanto rimarcato nella sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014 relativa all'incostituzionalità del sistema elettorale nazionale e nell'ordinanza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia n. 2261 del 2013 in riferimento all'illegittimità della legge elettorale lombarda;
   pur essendo diverso il contesto nel quale le sentenze citate intervengono, molti sono gli aspetti che possono essere accomunati e che permettono, dopo un'attenta analisi, di ritenere la nuova legge elettorale umbra in evidente contrasto con gli articoli 3, 48 e 121 della Costituzione, come peraltro sottolineato anche dall'istruttoria tecnico-amministrativa dell'ufficio legislativo della regione Umbria del 19 novembre 2014, relativa appunto alla bozza della nuova legge elettorale regionale;
   gli aspetti dei nuovi meccanismi elettorali che presentano le più evidenti criticità riguardano: l'assegnazione del premio di maggioranza (60 per cento dei seggi regionali) attribuito sempre e comunque e per di più senza la necessità del raggiungimento neppure di una soglia minima di voti alla lista o coalizione che abbia ottenuto la maggioranza relativa nella tornata elettorale; il «premio di minoranza» (pari a un seggio, 5 per cento dei seggi totali) riservato al candidato alla Presidenza della Giunta regionale «miglior perdente»; l'ingiustificata disparità di trattamento tra le liste che compongono la coalizione eventualmente vincente rispetto a tutte le altre; l'attribuzione dei seggi dell'Assemblea legislativa regionale alle liste e alle coalizioni di liste, soprattutto in base ai voti ottenuti dai candidati alla Presidenza della Giunta regionale piuttosto che da quelli ottenuti dalle liste e dalle coalizioni di liste che concorrono per la composizione dell'Assemblea legislativa stessa;
   per quanto concerne l'assegnazione del premio di maggioranza – che nel caso specifico dell'Umbria consiste nell'attribuzione di 12 seggi su 20, a cui si aggiunge quello spettante al Presidente della Giunta, pari al 62 per cento dei seggi totali (21) – appare essenziale sciogliere il nodo del rapporto tra l'esigenza di avere un'assemblea legislativa realmente rappresentativa e di dare governabilità al sistema. A tal proposito è fondamentale rimarcare che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 4 della legge n. 165 del 2004, che fissa i principi fondamentali in materia di legislazione elettorale regionale, prescrive al legislatore regionale di individuare un «sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale» e non che garantisca sempre e comunque l'emersione di tali maggioranze a dispetto del principio di rappresentanza;
   in nome della governabilità non si possono sacrificare altri obiettivi considerati primari e indefettibili: la selezione degli eletti da parte dei cittadini, la possibilità per gli elettori di condizionare gli eletti durante il mandato, nonché di indirizzare le scelte politiche fondamentali attraverso l'assemblea rappresentativa. La governabilità non è del resto inconciliabile con tali obiettivi, ma è anzi dimostrato che, se realizzati, essi producono normalmente un effetto di stabilizzazione degli organi di governo e di consolidamento delle decisioni politiche assunte. Infatti, costruire un'assemblea legislativa rappresentativa e responsabile nei confronti degli elettori è il presupposto essenziale non solo della democrazia, ma anche della governabilità: non si può governare una regione senza che vi sia un'assemblea realmente rappresentativa della popolazione; solo un'assemblea realmente rappresentativa e in contatto con i cittadini può assumere decisioni condivise e sorrette dal consenso della maggioranza della comunità regionale, oltre che dalla maggioranza nell'organo rappresentativo. Un'assemblea legislativa democratica suscita dibattito dentro la società, la quale partecipa attivamente all'adozione delle leggi, con tutte le sue articolazioni sociali, economiche e culturali. Il coinvolgimento collettivo nella fase dell'assunzione delle leggi fa sì che, quando queste siano approvate, siano anche destinate a durare nel tempo. La buona governabilità, per conciliarsi con la democrazia, deve dunque procedere dal basso, attraverso un processo di progressiva aggregazione delle idee che si trasforma nella decisione finale della legge. In questo senso, esistono diversi sistemi elettorali in grado di accogliere legittimamente questo obiettivo. Quando si persegue solo la governabilità sacrificando gli elettori – ed è questa la governabilità che si ottiene con il meccanismo del premio di maggioranza, al quale le forze politiche tradizionali non vogliono rinunciare perché, si dice, l'elezione deve stabilire chi ha vinto e chi ha perso, chi vince governa per cinque anni, chi perde sta all'opposizione e si prepara a sfidare l'avversario per le successive elezioni – la governabilità è imposta dall'alto ed è dunque, innanzitutto, antidemocratica. Infatti, attraverso il premio, le elezioni sono completamente sradicate dal loro rapporto con gli elettori e le comunità territoriali. Le elezioni si trasformano, invece, in un grande plebiscito mediatico. È infatti il premio di maggioranza che determina l'esito reale delle elezioni, perché chi vince il premio prende la maggioranza. In questo modo l'elezione instaura un rapporto esclusivamente fra un capo ed il popolo, mentre i membri dell'assemblea legislativa e le forze politiche ne restano largamente esclusi. Il meccanismo del premio produce un risultato antidemocratico e autoritario. Per questo la governabilità ottenuta col premio è un imbroglio per gli elettori. Allo stesso tempo, è una governabilità totalmente artificiale e quindi, paradossalmente, «instabile» e precaria. Essa si fonda sull'illusione che investendo del potere un solo schieramento tutti i problemi saranno già risolti. Tuttavia, mentre la governabilità costruita dal basso produce decisioni stabili, la governabilità imposta dall'alto produce decisioni immediate ma precarie. Il premio è anche un meccanismo deresponsabilizzante per l'elettore, che non può instaurare alcun rapporto reale con i rappresentanti regionali. Il sistema del premio spinge, inoltre, le forze politiche a disgregarsi anziché a restare coese, anche quando facciano parte della stessa coalizione. Infatti, in questo sistema quello che conta è la vittoria del premio, anche a costo di mettere insieme le forze politiche più variegate e senza un reale progetto comune. Anzi conviene inventarne sempre di nuove per aumentare l'offerta politica di ciascuna coalizione e prendere quel voto in più che consenta di «vincere»;
   la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 ribadisce a questo proposito che «Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza (...) è pertanto tale da determinare un'alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (articolo 48, secondo comma, della Costituzione)», a maggior ragione ove questo non sia «combinato con l'assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all'assegnazione del premio». Il parallelismo tra le norme per l'elezione della Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica censurate dalla Corte costituzionale con quelle dei meccanismi elettorali della regione Umbria appena approvati è inequivocabile, poiché anche in tale sistema i voti della lista o coalizione di maggioranza relativa hanno un peso e un valore maggiori rispetto a quelli di tutte le altre liste e coalizioni e per di più anche in questo caso non è richiesto il raggiungimento di alcuna soglia per accedere all'attribuzione del premio di maggioranza;
   tra i principi fondamentali che la legislazione regionale deve osservare c’è, come detto, quello dell'individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze, ma è evidente che trasformando una maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una maggioranza assoluta di seggi si stabilisce, in violazione dell'articolo 3 della Costituzione, un meccanismo di attribuzione del premio manifestamente irragionevole, tale da determinare un'oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, lesiva della stessa eguaglianza del voto (articolo 48, secondo comma, della Costituzione);
   in riferimento al fatto che l'assegnazione dei seggi, secondo la nuova legge regionale umbra, viene effettuata in base ai voti del candidato presidente e non della lista ad esso collegata, è possibile effettuare un parallelismo anche tra la legge elettorale umbra e l'ordinanza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia n. 2261 del 2013, che rileva l'incompatibilità con i principi costituzionali e, in particolare, con l'articolo 121 della Costituzione della legge elettorale lombarda, stabilendo che un sistema elettorale in cui la formazione dell'organo assembleare, massima espressione democratica regionale, sia determinata dai risultati elettorali riguardanti un organo diverso, nel caso specifico il presidente, sia una distorsione eccessiva ed illegittima del principio democratico;
   relativamente al «premio di minoranza», è evidente che di fatto le forze politiche collegate al candidato Presidente della Giunta che ha conseguito il numero di voti immediatamente inferiore a quelli del candidato alla presidenza eletto saranno avvantaggiate rispetto alle altre perdenti, ledendosi così, oltre che anche in questo caso i principi di uguaglianza del voto e di rappresentanza, anche l'altro principio sancito dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 legato all’«individuazione di un sistema elettorale che (...) assicuri la rappresentanza delle minoranze», in quanto questa disposizione crea disparità tra le minoranze favorendone una a danno delle altre, che così verrebbero ulteriormente penalizzate rischiando di non conseguire alcun seggio anche in presenza di significative espressioni di voto;
   ugualmente irragionevole e lesivo dei principi costituzionali risulta essere quanto sancito dalla nuova legge elettorale umbra in riferimento alla circostanza in base alla quale si prevede che fino a due liste collegate alla coalizione eventualmente «vincitrice» possano vedersi comunque attribuire seggi – anche se a queste non spetterebbero secondo il normale sistema di ripartizione dei seggi previsto per le altre liste – al solo raggiungimento della modesta soglia del 2,5 per cento dei voti su base regionale, mentre un tale vantaggio non è previsto in favore delle altre liste che, pur raggiungendo il 2,5 per cento dei voti regionali, non fanno parte della coalizione di maggioranza relativa –:
   se il Governo, in base a quanto esposto in premessa, con particolare attenzione agli evidenti e gravi profili di incostituzionalità segnalati, intenda procedere all'impugnazione della legge elettorale regionale dell'Umbria entro il termine previsto di 60 giorni dalla data di pubblicazione nel bollettino ufficiale regionale dell'Umbria. (3-01335)
(3 marzo 2015)