TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 255 di Mercoledì 2 luglio 2014

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALLA TUTELA DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI CRISTIANI E ALLE MINORANZE PERSEGUITATE

   La Camera,
   premesso che:
    in molte parti del mondo professare il cristianesimo significa rischiare emarginazione, violazione dei diritti, subire violenza e rischiare la vita, anche per mano del potere politico e statuale; questa situazione non sta registrando alcun significativo miglioramento negli ultimi anni e si assiste anzi ad una recrudescenza delle persecuzioni anticristiane, in particolare nei paesi a maggioranza musulmana, senza alcuna distinzione tra un islam più o meno fondamentalista posto che non si registrano prese di posizione chiare da parte di esponenti politici o religiosi di fede islamica contro questi fenomeni;
    è notizia del mese di maggio 2014, che ha provocato numerosi appelli in tutto il mondo, la condanna all'impiccagione, dopo avere ricevuto 100 frustate, di una donna sudanese di 27 anni madre di un bambino di 20 mesi e incinta di sette mesi. La condanna a morte è per apostasia, le frustate per adulterio, essendo il matrimonio con il marito cristiano non riconosciuto dalla religione islamica. La condanna a morte sarebbe eseguita dopo la nascita del figlio;
    all'inizio di giugno 2014, alcune autorità sudanesi, di fronte alla mobilitazione internazionale, avrebbero lasciato intendere l'intenzione di liberare la giovane Meriam, ma le affermazioni sono state smentite dal Governo, posto sotto pressione da gruppi islamisti radicali; se anche sfuggisse alla condanna, sarebbe probabilmente costretta a fuggire dal Sudan per evitare le vendette degli integralisti. La sua tragedia riecheggia quella delle centinaia di giovani nigeriane rapite recentemente dai terroristi fanatici di Boko Haram, ridotte in schiavitù e forzate alla conversione;
    dal 1983 a Khartoum vige la sharia ed è un tribunale islamico che ha pronunciato la condanna a morte di Meriam; una vicenda abominevole che calpesta qualunque principio di diritto e di umanità;
    la vita della giovane donna, Meriam Yehia Ibrahim Ishag, è paradigmatica delle ipocrisie dell'islamismo sudanese: Meriam è nata da padre musulmano, che ha abbandonato la famiglia alla sua nascita. Meriam è stata educata dalla madre, etiope ortodossa, alla religione cristiana;
    per la legge islamica, il padre musulmano determina che i figli siano musulmani, indipendentemente da qualunque libertà di scelta dei figli stessi; se il padre cristiano diviene musulmano, tutti i figli automaticamente cambiano religione. Ciò non vale solo per il Sudan ma per tutto il mondo islamico, contro qualunque principio di libertà religiosa;
    una donna musulmana non ha diritto di sposare un non musulmano, ma deve scegliere sempre un marito musulmano o che deve diventare musulmano prima del matrimonio;
    come spiegato dall'islamologo Samir Khalil Samir, ciò avviene quotidianamente anche in Europa, benché sia ufficialmente taciuto: le donne straniere provenienti da Paesi musulmani che vivono in Europa costringono l'uomo che desidera sposarle a diventare musulmano. In caso contrario, non riceverebbero dalle rispettive ambasciate il nulla osta al matrimonio; ciò significa che quotidianamente viene violato in Europa il diritto alla libertà religiosa costituzionalmente tutelato da tutti gli Stati europei;
    l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'umano riconosce il diritto a cambiare religione, o a rinunciare alla religione. Per la legge islamica l'apostasia è punita con la morte; il divieto di cambiare religione è tuttora in vigore in 39 Paesi, dalla Giordania all'Egitto;
    nel 2011 Benedetto XVI aveva espressamente parlato di «cristianofobia», termine che descrive ormai un fenomeno di portata universale e che, come tale, è stato adottato dall'Onu dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007;
    secondo il rapporto 2013 sulla situazione della libertà di religione o fede nel mondo, presentato a febbraio dal gruppo di lavoro sul tema del Parlamento europeo, negli ultimi anni vi è stato un continuo aumento delle violazioni commesse sia da attori governativi che non governativi contro individui e gruppi sociali, attuati sulla base della loro appartenenza religiosa o della loro fede;
    secondo il rapporto sono 25 i Paesi di «particolare preoccupazione», 15 dei quali sono segnalati come «gravi violatori» della libertà di religione e fede (Cina, Egitto, Eritrea, India, Iran, Iraq, Corea del Nord, Libia, Mali, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia e Uzbekistan). Per i cristiani, in particolare, «la Corea del Nord rimane il Paese più difficile al mondo»: tra 50 mila e 70 mila cristiani sono detenuti in «spaventosi campi di prigionia». Anche in Eritrea, che pure riconosce cattolicesimo e ortodossia come fedi ufficiali, risultano detenuti tra i 2 mila e i 3 mila cristiani. È drammatica la situazione in Nigeria, dove tra il novembre 2011 e l'ottobre 2012 si sono avuti ben 791 dei 1.201 assassinii di cristiani registrati in tutto il mondo; in Egitto è costante il rifiuto di concedere l'autorizzazione alla costruzione di nuove chiese ai cristiani copti, mentre in Iran dal 2010 si contano ben 300 arresti tra musulmani convertitisi al cristianesimo;
    un caso estremo per le persecuzioni religiose è l'Arabia Saudita, che presenta delle pesanti discriminazioni per i cittadini o i residenti non-musulmani. Sulla scorta di queste informazioni il gruppo di lavoro ha fortemente raccomandato all'Unione europea di dare alla questione della libertà religiosa un ruolo cruciale nel stabilire rapporti e nello stringere negoziati con i Paesi terzi,

impegna il Governo:

   ad esercitare una chiara e dichiarata forma di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, dove essa risulti minacciata o compressa, per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di governo sia attraverso un tacito assenso e l'impunità degli autori di violenze, arrivando, laddove necessario, all'interruzione delle relazioni diplomatiche e commerciali;
   a stabilire come principio imprescindibile alla negoziazione e conclusione di qualsiasi accordo internazionale la garanzia della controparte che al proprio interno sia garantita la libertà di professare qualunque religione e la libertà di cambiare religione o credo;
   a farsi promotore, nelle sedi comunitarie ed internazionali, della sospensione di ogni accordo multilaterale verso i Paesi nei quali è applicata, anche parzialmente o su porzioni di territorio, la legge islamica, fino alla reale rimozione da parte di questi Paesi di ogni impedimento alla libera professione religiosa e alla cessazione di episodi di violenza contro comunità o singoli non islamici presenti sul territorio.
(1-00489)
«Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Marguerettaz».
(9 giugno 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare e rispettare;
    la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la sharia, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero;
    la Costituzione italiana, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e farne propaganda e contempla il diritto di esercitare in privato e in pubblico il culto, cioè di svolgere o prendere parte a preghiere o riti religiosi. La disciplina della libertà religiosa è collegata anche ad altri principi costituzionali: il primo comma dell'articolo 8 afferma che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
    fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Nigeria, in Egitto ed in Iraq rappresentano un'ulteriore pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;
    Giovanni Paolo II, che sarà canonizzato in questi giorni, fece lo storico tentativo di dare al dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste il compito di promuovere la pace e lo sviluppo e la stessa promozione della dignità umana attraverso la solidarietà tra i popoli. Voleva aiutare tutti i credenti, anche se diversamente credenti, a superare quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni. Purtroppo, oggi si stanno creando nuove situazioni di tensione difficili da governare e tocca alla politica occuparsene. Se è vero che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se i cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Dio sia con te» o il più comune addio: «A Dio», se cioè il concetto di pace è all'origine delle religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga;
    Benedetto XVI, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, metteva in luce che la persecuzione non viene solo dal fondamentalismo, ma anche dal laicismo delle società secolarizzate che soffoca la dimensione religiosa, eliminando un elemento importante per la vita dell'uomo e la convivenza tra i popoli: il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità;
    recentemente Papa Francesco ha più volte sottolineato – sia nella predicazione rivolta a tutti che negli incontri con i Capi di Stato, come ha fatto pochi giorni fa con Obama – il valore fondamentale della libertà religiosa. L'ha definita via indispensabile per la pace ed ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e, in particolare, proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;
    gli attentati alle chiese cristiane, che si sono intensificati negli ultimi tempi, dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria «pulizia etnica» dei cristiani dal Medio Oriente, ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;
    sono aumentati in modo significativo delle vere e proprie aggressioni nei confronti delle comunità cristiane in Africa, Medio Oriente e Asia, in particolare in Pakistan, in Indonesia e nella Repubblica popolare cinese, dove il Governo ha intensificato proprio in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica, ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica; in Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come Al-Qaeda, che nel 2013 ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2013 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani;
    in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'Onu si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;
    la laicità positiva di uno Stato si esprime anche nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero;
    un fatto recente induce a riprendere la riflessione sulla libertà di religione, sollecitando la responsabilità di tutti gli uomini nel difendere e tutelare la libertà di religione come il primo e principale dei diritti civili dell'uomo: è l'ennesima storia di cristianofobia, quella che proviene dal Pakistan. Nella città di Lahore, nella parte nordorientale del Paese, Sawan Masih, cristiano, è stato condannato a morte con l'accusa di blasfemia per aver insultato il profeta Maometto durante una discussione;
    il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo 2014. L'episodio ha scatenato l'ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l'uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell'attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione;
    il 2 aprile 2014, nella sala stampa della Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa promossa dall'associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani, è stata presentata la campagna di raccolta-firme «Salviamo Sawan Masih». Le firme saranno presentate al presidente del Pakistan per chiedergli di intervenire in difesa delle minoranze, sempre più deboli davanti all'abuso della legge. Bisogna chiedere con insistenza che venga fatta giustizia e per far vedere che la comunità internazionale non sta in silenzio mentre vengono violati i diritti dei cristiani;
    la situazione dei cristiani in Pakistan sta cambiando negli ultimi anni e c’è un'azione organizzata contro i cristiani pakistani per costringerli ad abbandonare il Paese. È in atto un vero e proprio genocidio: basta ricordare i sette cristiani morti bruciati vivi a Gojra. E la stessa legge sulla blasfemia in un prossimo futuro potrebbe anche peggiorare, dal momento che la Corte federale della sharia ha proposto di modificare la legge, eliminando la possibilità di essere condannati all'ergastolo e lasciando solo la pena di morte;
    il Governo pakistano oggi però non vuole aiutare le minoranze. Le vittime cristiane di Joseph Colony, il quartiere incendiato e distrutto, non hanno ancora ricevuto il risarcimento promesso per ricostruire le loro case, mentre gli aggressori, le 82 persone musulmane, arrestate per la demolizione del quartiere, sono state tutte liberate su cauzione, e Sawan, innocente, è stato condannato a morte. I suoi familiari si trovano in un luogo nascosto e segreto, perché rischiano la vita;
    la comunità internazionale per aiutare i cristiani del Pakistan, oltre a firmare la petizione, deve opporsi al tentativo del Pakistan di internazionalizzare la legge sulla blasfemia. Il Pakistan, in qualità di rappresentante dell'Organizzazione della conferenza islamica, che riunisce 56 Paesi islamici, ha presentato all'Onu una risoluzione contro la diffamazione della religione. Sotto l'apparenza positiva, si nasconde il desiderio di estendere in tutto il mondo la legge sulla blasfemia. L'Occidente deve opporsi a questo tentativo. Urge invece promuovere l'abrogazione della legge sulla blasfemia;
    oltre ai casi citati al momento sono due le aree geografiche ritenute ad altissimo rischio per le comunità cristiane: la piana di Ninive dove vive circa la metà dei cristiani che sono rimasti in Iraq e dove la situazione potrebbe precipitare per l'avanzata delle milizie dell'Isis (il cosiddetto Stato Islamico dell'Iraq e del Levante), appoggiate da altri gruppi, che dopo la presa di Mosul hanno bombardato la città di Karakosh; lo Stato del Borno in Nigeria, dove domenica gli estremisti di Boko Haram hanno ucciso 54 cristiani durante un attacco contro alcune chiese,

impegna il Governo:

   ad attivarsi con determinazione per la tutela della libertà religiosa, come uno dei diritti inviolabili dell'uomo, fondamento di tutte le altre libertà, denunciando ogni forma di cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati;
   a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;
   a promuovere, specie in occasione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'istituzione di una giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i tanti cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede;
   a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea e in sede di Unione per il Mediterraneo, con l'obiettivo di compiere passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;
   a promuovere in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo un'iniziativa finalizzata all'adozione di un Libro bianco sulla libertà religiosa nel mondo per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;
   a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze cristiane sono pesantemente discriminate, mantenendo gli impegni multilaterali già assunti dall'Italia, promuovendo in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo la definizione di linee guida sulla libertà religiosa alle quali condizionare le scelte di cooperazione allo sviluppo, favorendo in questo modo i Paesi che mostrano progressi nel campo della libertà religiosa e segnalando i Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;
    ad affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;
    a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e per impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi, posto che le numerose sfide, anche drammatiche, di questo 2014 vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;
    ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan o presso gli organismi internazionali al fine di richiamare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa, nella speranza che non ci si limiti solo ad una formale convergenza di interventi a tutela dei cristiani minacciati, ma che queste iniziative diventino uno strumento politico concretizzandosi in un'azione politica, concreta e coraggiosa;
    ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione (ad esempio, borse di studio per appartenenti alle minoranze religiose);
   a richiedere che nei Paesi partner una quota dei posti nel pubblico impiego sia riservata alle minoranze religiose e che venga introdotto, nei diversi livelli dell'istruzione, lo studio storico ed introduttivo delle religioni cui appartengono le minoranze religiose.
(1-00423)
(Ulteriore nuova formulazione) «Binetti, Patriarca, Fucci, Roccella, Balduzzi, Gigli, Buttiglione, Dorina Bianchi, Preziosi, Calabrò, Pagano, Sberna, Fitzgerald Nissoli, Piccione, Cicu, Causin, Minardo, Garofalo, Bernardo, Faenzi, Santerini, Gitti, Venittelli, Valentini, Milanato, Laffranco, De Mita, D'Alia, Molea, D'Agostino, Vezzali, Petrini, Schirò, Terrosi, Cera, Kyenge, Fabrizio Di Stefano, Vignali».
(3 aprile 2014)

   La Camera,
   premesso che:
   la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare, oltre che riconoscere;
    la Costituzione, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa quale diritto di ogni individuo di professare liberamente la propria fede e farne propaganda, nonché di esercitare in privato e in pubblico il culto e, all'articolo 8, riconosce che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
    nella Dichiarazione Onu del 1948 tutti gli Stati che ne fanno parte si impegnano a garantire non tanto e non solo una mera tolleranza religiosa verso le minoranze, bensì una piena libertà religiosa per tutte e per tutti;
    dati recenti testimoniano che il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi caratterizzati da restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata;
    in Europa, e non solo, oltre alla cristianofobia, sono crescenti i fenomeni di antisemitismo e islamofobia, che vanno assolutamente contrastati con politiche di inclusione sociale;
    le persecuzioni sono raramente coperte dall'attenzione dei media, che in ogni caso si concentrano sulle situazioni più note all'opinione pubblica, come quelle caratterizzanti la Cina, il Sudan e l'Afghanistan;
    dal punto di vista geografico, la situazione più grave si registra nel Medio Oriente, nell'Africa settentrionale e nell'Asia meridionale, dove persecuzioni religiose violente sono in atto in tutti i Paesi e, di fatto, sono divenute la norma. In particolare, tutti Paesi dell'Asia meridionale (Afghanistan, Bangladesh, Nepal, Pakistan, India e Sri Lanka) hanno registrato elevati livelli di persecuzione. La situazione è, invece, migliore nell'Africa subsahariana, nell'Europa e nell'emisfero occidentale, dove la libertà religiosa appare meglio tutelata;
    il Parlamento italiano è impegnato a porre ogni attenzione affinché i propri atti siano esplicitamente orientati al massimo rispetto di tutte le fedi e di tutte le opinioni, oltre che a contrastare ogni forma di violenza;
    al fine di scongiurare la prospettiva di uno scontro tra le civiltà e tra le identità culturali e religiose, quale possibile e drammatico esito delle crisi culturali e spirituali del nostro tempo, il Parlamento è prioritariamente impegnato a contrastare attivamente ogni forma di intolleranza e fanatismo,

impegna il Governo:

   ad attivarsi, tramite i canali diplomatici, nei confronti dei Governi che impediscono la libertà religiosa, affinché si adoperino per far cessare le persecuzioni religiose;
   a rendersi promotore, nell'ambito dell'Unione europea e presso gli organismi internazionali cui l'Italia partecipa, di iniziative volte a riaffermare i principi di libertà religiosa e di rispetto dei diritti civili e a favorire il dialogo tra i popoli e il dialogo interreligioso;
   ad adoperarsi presso gli Stati europei, e nell'ambito dell'Unione europea, al fine di ampliare il fronte di solidarietà contro le esortazioni alla violenza di esponenti del radicalismo di qualsiasi natura;
   a dare continuità e a rafforzare la politica estera italiana, con particolare riferimento alla cooperazione, per l'affermazione del diritto alla libertà religiosa e di parola, contro ogni persecuzione, in un'ottica di reciprocità, intendendosi quale libertà religiosa la libertà di praticare la propria fede, di cambiarla o di non averne alcuna.
(1-00518)
«Fratoianni, Scotto, Kronbichler, Duranti».
(1o luglio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 64 per cento dell'umanità vive in Paesi che limitano fortemente o addirittura impediscono la libertà religiosa e di coscienza;
    il fenomeno della «cristianofobia» – secondo la definizione di Papa Benedetto XVI – sta assumendo dimensioni devastanti, nel quasi totale silenzio della comunità internazionale;
    i cristiani, infatti, subiscono persecuzioni nel maggior numero di Paesi del mondo e contano il più alto numero di vittime dell'intolleranza religiosa rispetto a qualunque altra confessione;
    le uccisioni perpetrate ai danni dei cristiani a causa di fanatismo e intolleranza religiosa si accompagnano alla sistematica distruzione dei loro luoghi di culto, alla compressione dei loro diritti civili, alle incarcerazioni, a fenomeni di violenza di ogni genere, nonché al rapimento dei loro leader;
    nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2012 i cristiani sono stati perseguitati in ben 151 Paesi, che equivalgono ai quattro quinti del mondo;
    la drammaticità della situazione è testimoniata anche dal fatto che migliaia di cristiani sono in fuga dalle loro terre d'origine e, mentre alcuni per sfuggire alla morte sono costretti a convertirsi, altri rimangono subendo maltrattamenti di ogni genere, torture e morte;
    in base ai dati contenuti nella World Watch List 2014, pubblicata nel mese di gennaio 2014 dall'associazione «Open Doors International», attiva da oltre 55 anni nel campo del sostegno ai cristiani perseguitati, i dieci luoghi più pericolosi del mondo per chi crede in Cristo sono la Corea del Nord, dove il regime impone con la forza l'ateismo di Stato, la Somalia, la Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, l'Arabia Saudita, le Maldive, il Pakistan, l'Iran e lo Yemen, nove dei quali sono a maggioranza islamica;
    nella Corea del Nord coloro che vengono trovati in possesso di una Bibbia affrontano lunghe detenzioni o addirittura la morte, e si stima che il numero dei cristiani trattenuti nei campi di prigionia sia compreso tra cinquantamila e settantamila persone;
    i Paesi con il più elevato numero di violenze contro i cristiani (assassini, rapimenti e stupri, distruzioni di chiese) sono la Repubblica Centrafricana, nella quale orribili violenze sono state dirette contro i cristiani da parte dei ribelli Seleka, la Siria, il Pakistan, l'Egitto, l'Iraq, il Myanmar, la Nigeria, la Colombia, l'Eritrea e il Sudan;
    la Siria, che accoglieva i cristiani profughi dall'Iraq ed era considerato un rifugio sicuro, da quando è scoppiata la guerra civile, a causa della proliferazione dei gruppi radicali islamici, è diventata una trappola mortale e lo stesso discorso vale per l'Iraq, in seguito alla caduta di Saddam Hussein;
    anche il Pakistan per i cristiani diventa sempre più un posto dove è difficile vivere, a causa dell'incapacità del Governo di garantire la sicurezza della minoranza cristiana, incapacità che permette un ampio margine di manovra e d'impunità per gli islamici radicali che discriminano e commettono veri e propri crimini a danno dei cristiani;
    la Somalia, dove vari clan integralisti islamici si contendono il potere, è un luogo invivibile per chiunque non sia musulmano, a maggior ragione per la minoranza cristiana, e anche in Afghanistan la persecuzione è continuata nonostante la caduta del regime talebano, mentre Arabia Saudita, Maldive, Pakistan, Iran e Yemen sono tutti regimi islamici ostili ad ogni minoranza che professi una religione diversa;
    addirittura in Egitto, in cui i cristiani costituiscono il dieci per cento della popolazione e che una volta era un modello di pacifica convivenza interreligiosa, dopo la rivoluzione del 2011 la situazione per la minoranza cristiana è drammaticamente peggiorata, con il susseguirsi di attacchi a persone e luoghi di culto;
    in Pakistan un cittadino britannico è stato condannato a morte per un'accusa non dimostrabile di blasfemia e molti cristiani sono in carcere per lo stesso motivo, mentre in Sudan è recentissimo il caso della giovane condannata a morte perché sposata con un cristiano;
    in alcuni casi, come l'ultimo citato, la mobilitazione della comunità internazionale permette di evitare il peggio ma è infinitamente superiore il numero dei crimini che si compie senza che se ne abbia notizia;
    secondo i dati contenuti nella World Watch List, in ben trentaquattro nazioni la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all'anno precedente, mentre solo in cinque è diminuita;
    dal rapporto emerge, inoltre, chiaramente che l'estremismo è il motore della persecuzione in trentasei dei cinquanta Stati della lista, confermando un'intensificazione del trend che, negli ultimi quindici anni, ha reso l'estremismo islamico la fonte principale dei fenomeni di cristianofobia;
    l'aumento costante dell'intolleranza religiosa è confermato anche dal rapporto sui conflitti interreligiosi pubblicato dall'americano Pew Research Center;
    il fatto che la lista comprenda anche Stati come le Maldive, popolare meta turistica dell'Occidente cristiano, o come la Cina e l'India, che costituiscono punti di riferimento economici mondiali, impone alcune severe riflessioni in tema di rapporti tra Paesi e di condizioni di reciprocità nei temi afferenti le libertà individuali e, in particolare, di quella religiosa, riconoscendo a ciascun individuo il diritto alla propria integrità intellettuale e morale;
    Papa Francesco ha recentemente dichiarato: «Per trovare i martiri non è necessario andare alle catacombe o al Colosseo: i martiri sono vivi adesso, in tanti Paesi. I cristiani sono perseguitati per la fede. In alcuni Paesi non possono portare la croce: sono puniti se lo fanno. Oggi, nel secolo XXI, la nostra Chiesa è una Chiesa dei martiri»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative in sede internazionale affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni ai danni dei cristiani, esercitando, al contempo, forme di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, arrivando, laddove necessario, all'interruzione delle relazioni diplomatiche e commerciali;
   a stabilire come principio imprescindibile alla negoziazione e conclusione di qualsiasi accordo internazionale la garanzia della controparte che, al proprio interno, sia garantita la libertà di professare qualunque religione;
   ad adottare ogni iniziativa utile a garantire la tutela delle minoranze cristiane nel mondo, sia attraverso la stipula di accordi bilaterali sia attraverso azioni dirette, da realizzare in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche italiane e consolari in loco.
(1-00519)
«Rampelli, Corsaro, Maietta, Nastri, Totaro, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Taglialatela».
(1o luglio 2014)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   NICCHI, FRATOIANNI, PALAZZOTTO, COSTANTINO, DURANTI, PANNARALE, PELLEGRINO e RICCIATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale, con sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 40 del 2004 in materia di «procreazione medicalmente assistita», relativamente alla parte della medesima legge nella quale si vieta di ricorrere alla donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per concepire un figlio;
   con detta sentenza, della legge n. 40 del 2004 rimane sempre meno, dal momento che i progressivi interventi hanno in parte smontato l'impianto della legge e dichiarato illegittimi i punti più «ideologici»;
   a seguito della sentenza, sia i centri pubblici che quelli privati possono eseguire tecniche di fecondazione con donazione di ovociti e spermatozoi esterni alla coppia. Diventa, quindi, lecita sia l'ovodonazione che la donazione di seme;
   attualmente si stimano in 9 mila le coppie infertili disponibili ad avere un figlio con la fecondazione eterologa;
   la legislazione italiana dà, quindi, una possibilità per tutte quelle coppie che ora non saranno più discriminate e potranno ricevere tutte le cure e l'assistenza, senza doversi affidare, come spesso è avvenuto finora, a costosi «viaggi della speranza» all'estero;
   subito dopo la sentenza della Corte costituzionale, il Ministro interrogato dichiarava: «L'introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti». E ancora: «Ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come, ad esempio, l'anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima (fratelli e sorelle) da parte dei nati con queste procedure. Sono questioni che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare»;
   è, quindi, indispensabile che il Governo si attivi per l'aggiornamento delle linee guida e per l'immediata operatività della sentenza, così da consentire alle tante coppie in attesa di poter realizzare un legittimo diritto;
   la Corte costituzionale ha ribadito più volte, nella suddetta sentenza n. 162 del 2014, l'assenza di un vuoto normativo determinato dalla cancellazione del divieto di fecondazione eterologa e che le norme per regolamentare la donazione dei gameti sussistono sia nella legge n. 40 del 2004 che nella disciplina su tessuti e cellule già in vigore;
   il nostro Paese è, quindi, ora nella condizione di poter rendere pienamente operativa anche questa pratica medica e i centri potranno, di fatto, predisporre tutte le iniziative necessarie per applicare le tecniche eterologhe con donatore esterno in attesa del recepimento dell'allegato III della direttiva n. 17 del 2006 riguardante la donazione di cellule riproduttive da soggetto diverso dal partner;
   molte regioni comunque, in attesa delle decisioni del Ministero della salute, si stanno attivando per capire come regolare la materia e dare disposizioni ai centri pubblici –:
   se non ritenga urgente provvedere, anche in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale 9 aprile 2014, n. 162, all'aggiornamento delle linee guida di cui al decreto del Ministero della salute dell'11 aprile 2008 secondo le indicazioni della medesima sentenza n. 162 del 2014. (3-00911)
(1o luglio 2014)

   LENZI, POLLASTRINI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIFFONI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARZANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute.— Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale chiarisce, nella sentenza n. 162 depositata martedì 10 giugno 2014, le ragioni che l'hanno portata nel mese di aprile 2014 a dichiarare incostituzionale il divieto italiano di avere figli effettuando la fecondazione utilizzando ovuli o spermatozoi di una persona esterna alla coppia;
   il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge n. 40 del 2004 è discriminante e illegittimo e il potere della Corte costituzionale «di dichiarare l'illegittimità costituzionale delle leggi non può trovare ostacolo nella carenza legislativa che, in ordine a dati rapporti, possa derivarne». Del resto, «nella specie sono identificabili più norme che già disciplinano molti dei profili di più pregnante rilievo, anche perché il legislatore, avendo consapevolezza della legittimità della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in molti Paesi d'Europa, li ha opportunamente regolamentati, dato che i cittadini italiani potevano (e possono) recarsi in questi ultimi per fare ad essa ricorso, come in effetti è accaduto in un non irrilevante numero di casi»;
   le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a schierarsi dalla parte dell'eterologa risiedono nel fatto che la formazione di una famiglia, che include la scelta di avere figli, costituisce un diritto fondamentale della coppia, rispondente ad un interesse pubblico riconosciuto e tutelato dalla Costituzione. Del resto, si ricorda nella sentenza, obiettivo della legge n. 40 del 2004 è favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità della coppia e, quindi, il divieto stabilito dall'articolo 4, comma 3, della legge sarebbe discriminatorio ed irragionevole, in quanto tratterebbe in modo opposto coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l'uno o l'altro dei componenti della coppia;
   sarebbe, inoltre, violato l'articolo 32 della Costituzione perché il divieto in esame lederebbe l'integrità «psichica e fisica» delle coppie con più gravi problemi di sterilità o infertilità e, ricorda la Corte costituzionale, il benessere psichico, al pari di quello fisico, rientra nella nozione di «salute» sancita dall'Organizzazione mondiale della sanità;
   tuttavia, precisa la Corte costituzionale, «l'accoglimento delle questioni, in coerenza con il petitum formulato dai rimettenti, comporta l'illegittimità del divieto in esame, esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l'esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute»;
   in relazione al numero delle donazioni, poi, la Corte costituzionale sollecita «un aggiornamento delle linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito), ma tenendo conto dell'esigenza di consentirle entro un limite ragionevolmente ridotto» –:
   alla luce delle motivazioni sopra esposte, quali misure urgenti il Ministro interrogato intenda assumere affinché il diritto alla fecondazione di tipo eterologo, riconosciuto legittimo dalla Corte costituzionale, possa essere concretamente esercitato dalle coppie che ne facciano richiesta. (3-00912)
(1o luglio 2014)

   RONDINI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende come dieci poliziotti siano risultati positivi alla tubercolosi, di cui uno ha contratto l'infezione;
   le cronache riportano che gli stessi erano equipaggiati con mascherine senza filtri di carbonio, inadatte a proteggere l'operatore se ci si trova davanti ad un immigrato con la tubercolosi tra i 60 mila, il numero di quelli salvati dai barconi della speranza, nei primi 6 mesi dell'anno, 10 volte di più rispetto allo stesso periodo nel 2013;
   inoltre, da settimane con l'accrescere degli arrivi di immigrati nei centri di accoglienza del Paese si susseguono gli allarmi sanitari in seguito alla scoperte di ulteriori diverse patologie infettive cui sono portatori;
   gli allarmi più pressanti riguardano casi di scabbia;
   inoltre, come noto, nelle zone di provenienza dei nuovi immigrati vi è una presenza elevata dei ceppi del bacillo della tubercolosi multiresistente alla terapia antibiotica, oltre che di casi di infezione di hiv e di altre temibili malattie infettive;
   lo stesso sindaco di Roma Marino ha scritto al Ministro Angelino Alfano e al Ministro interrogato, esprimendo la sua preoccupazione per le condizioni «igienico-sanitarie» e per la mancanza di controlli e assistenza agli immigrati che stanno giungendo in Italia e nella capitale;
   secondo quanto riferito dal Ministro dell'interno e dal Ministro interrogato, buona parte degli immigrati sbarcati sono sottoposti a visite e cure sanitarie –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei costi sostenuti per le visite e la cura degli immigrati entrati nel nostro Paese dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum, riferendo se negli stessi capitoli di spesa siano previsti tutti gli strumenti idonei per la tutela sanitaria degli agenti che devono fronteggiare l'emergenza al fine di evitare che si ripetano altri casi di contagio. (3-00913)
(1o luglio 2014)

   CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che, a seguito di programmati confronti, sia di natura tecnica che politica, tra il Ministero della salute e le regioni, è stato messo a punto il nuovo patto per la salute per il triennio 2014-2016;
   nella giornata di giovedì scorso 26 giugno 2014 il nuovo patto per la salute 2014-2016 è stato presentato agli assessori alla sanità di tutte le regioni, presso il Ministero della salute;
   dagli articoli di stampa, riferiti anche ad anticipazioni che il Ministro interrogato ha reso presso le competenti commissioni parlamentari nel corso di specifiche audizioni, è emerso che gli obiettivi fondamentali perseguiti dal nuovo patto per la salute sono la certezza dei budget delle regioni e l'individuazione di misure di spending review, che consentono l'individuazione di risparmi certi da reinvestire all'interno del servizio sanitario nazionale;
   si apprende che nell'ambito del nuovo patto per la salute, dopo un lungo e imbarazzante intervallo di tempo a scapito degli assistiti, saranno finalmente aggiornati i livelli essenziali di assistenza, nonché il nomenclatore tariffario per le protesi e gli ausili, fermo dal 1999;
   si apprende, inoltre, che sempre nell'ambito del nuovo patto per la salute, sarebbe stato trovato l'accordo per il provvedimento che razionalizza i posti letto ospedalieri, già previsto dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge n. 95 del 2012, cosiddetto spending review, e non ancora emanato –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare l'attendibilità delle anticipazioni emerse dagli articoli di stampa, sopra sintetizzate, con particolare riferimento alla certezza delle risorse finanziarie, nell'arco del triennio considerato, da destinare all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario per le protesi e gli ausili, nonché fornire notizie sullo stato di avanzamento del provvedimento che riorganizza gli standard per l'assistenza ospedaliera e territoriale e, da ultimo, se intenda dare assicurazioni circa i tempi dell'adozione e dell'attuazione del nuovo patto per la salute valido per l'arco temporale 2014-2016. (3-00914)
(1o luglio 2014)

   PIAZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.— Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 102 del 2013 è stato introdotto nella legislazione italiana il concetto di morosità incolpevole con riferimento agli affittuari di immobili che non riescono a pagare il canone di locazione a causa di intervenute difficoltà economiche e familiari. L'articolo 6, comma 5, del decreto citato ha, infatti, istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
   il successivo decreto-legge n. 47 del 2014 ha stabilizzato la dotazione del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli per gli anni a seguire fino al 2020, incrementando, inoltre, le risorse e prevedendo, nello specifico, per il 2014, 15,73 milioni di euro aggiuntivi;
   questi stanziamenti, necessari a dare una prima risposta alla perdurante situazione di emergenza abitativa che opprime il Paese – di cui un aspetto centrale è rappresentato dalle difficoltà delle famiglie nel pagamento dei canoni di locazione – rischiano di non trovare applicazione immediata a causa della mancata emanazione del decreto interministeriale di riparto. All'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 stabilisce, infatti, che le risorse citate in premessa sarebbero state ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e successivamente trasferite ai comuni, a seguito dell'emanazione di apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
   come denunciato dalle organizzazioni sindacali degli inquilini, il ritardo nella predisposizione del decreto di cui sopra potrebbe portare al mancato utilizzo delle risorse stanziate per l'anno 2014 pari a circa 35,73 milioni di euro;
   considerando come i dati recenti sugli sfratti in Italia segnalino un numero di circa 70 mila sentenze per l'anno 2013 – di cui ben il 90 per cento dovute alla morosità – e che se il trend di questi ultimi anni non fosse bruscamente invertito si potrebbe giungere nel 2015 alla probabile cifra di 200 mila sentenze di sfratto per morosità, appare assolutamente necessario dare immediata attuazione a provvedimenti già approvati dal Parlamento, che a causa di tempi burocratici inspiegabilmente lunghi rischiano di perdere efficacia –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di adottare il regolamento interministeriale citato in premessa, così che possano essere impegnate al più presto le risorse, stanziate per l'anno 2014, del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli. (3-00915)
(1o luglio 2014)

   MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la regione Puglia ha impegnato 15 milioni di euro per l'allargamento della strada statale 172 in Puglia, nella provincia di Brindisi, nel tratto tra Fasano e Laureto per la progettazione ed i lavori di allargamento e messa in sicurezza di un tratto di strada di 6 chilometri;
   sono a rischio circa 100 milioni di euro di finanziamento, che rientrano nel programma operativo nazionale reti e mobilità 2007-2013 dell'Anas coperti da finanziamenti comunitari, per il raddoppio della strada statale 96 in Puglia, nella provincia di Bari, opera per la quale sono stati già ultimati da un anno gli iter di gara e sono state effettuate le consegne dei lavori alle imprese aggiudicatarie. In dettaglio sono bloccate le opere relative all'ammodernamento di due tratti della strada statale 96 tra Bari ed Altamura: il tronco Gravina-Bari, compresa la variante di Palo del Colle, ed il tratto tra la fine della variante di Altamura e l'inizio della variante di Toritto (2o stralcio);
   la strada statale 172 dei Trulli è interessata da un rilevante traffico viario perché collega nel suo tracciato importanti città della provincia di Bari, di particolare interesse storico, turistico e produttivo, quali Casamassima, Turi, Putignano, Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, ed arriva fino a Taranto attraversando la Valle d'Itria;
   ancora oggi la strada statale 172 dei Trulli ha dei tratti che costituiscono un rischio per l'incolumità degli automobilisti, come riprovato dal susseguirsi di incidenti stradali anche verificatisi di recente, che hanno spesso registrato vittime, come successo alcuni anni fa nel tratto sopra indicato tra Fasano e Laureto;
   tale circostanza ha motivato lo stanziamento dei fondi e la programmazione della progettazione dei lavori di messa in sicurezza della strada che continuano a non avere inizio a causa del ripetuto rinvio della propedeutica conferenza di servizi;
   da quanto si evince dagli articoli di stampa ed in ultimo dall'articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno del 27 giugno 2014, sembrerebbe che la strada statale 172 sia in più punti in stato di degrado e, quindi, in condizioni di maggiore pericolosità, in quanto, ormai, non viene interessata da interventi di manutenzione periodica probabilmente a causa dei lavori programmati e non ancora iniziati;
   secondo quanto denunciato dagli organi di stampa, sembrerebbe che il 17 giugno 2014 sia stata rinviata, ancora una volta, la conferenza di servizi specificatamente convocata per la strada statale 172, che ha registrato la sola presenza dei rappresentanti di Anas e Snam e l'assenza di tutti i rappresentanti degli enti convocati, quali la regione Puglia con i sette uffici preposti (pianificazione paesaggistica, urbanistica, lavori pubblici, ecologia, foreste ed agricoltura), la provincia di Brindisi, il comune di Fasano, la soprintendenza di Brindisi, Lecce e Taranto, l'autorità di bacino, l’Enel, la Telecom. Quanto sopra si evincerebbe dal verbale di conferenza di servizi sottoscritto dal provveditorato generale delle opere pubbliche;
   il raddoppio della strada statale 96 sembrerebbe, in base a quanto riportato dagli organi di stampa, ancora non avere inizio, nonostante i lavori siano stati già appaltati, a causa della non avvenuta emissione dei pareri da parte dell'Arpa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (sui nidi dei chiricotteri) e della soprintendenza in merito allo spostamento del tracciato in corrispondenza del Casino Nitti e la Torre di San Vincenzo, oggetto di vincoli e di richieste di documentazione integrativa già consegnata da tempo dall'Anas alla stessa soprintendenza;
   sono molti gli articoli di stampa che raccolgono le proteste legittime dei cittadini dei comuni interessati dalle viabilità in questione, che pare abbiano denunciato più volte agli organi competenti, senza avere alcun significativo riscontro, le problematiche correlate sia allo stato di dissesto delle strade e alle situazioni di pericolo derivanti, che alla necessità di dare inizio con urgenza ai lavori programmati per il miglioramento della funzionalità e sicurezza dei collegamenti stradali in questione;
   lo stato attuale dei tratti della strada statale 96 e della strada statale 172, interessati dai lavori e dai finanziamenti programmati cui si è fatto innanzi riferimento, continua a determinare una situazione di rischio e, quindi, di possibilità di incidenti e vittime;
   in un momento di crisi quale l'attuale non è consentito di porre a grave rischio di revoca sia decine di milioni di finanziamenti comunitari che rilevanti investimenti statali per opere infrastrutturali che creano lavoro e occupazione e mettono in sicurezza la viabilità nell'interesse dei cittadini;
   non è accettabile che il grave danno cui viene assoggettata la collettività dallo stato di fatto innanzi rappresentato sia determinato dall'inadempimento e dall'operato, senza alcun rispetto dei tempi, da parte delle pubbliche amministrazioni interessate, alle quali si chiede, soprattutto in tema di investimenti pubblici, solerzia nell'azione, efficacia ed efficienza –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare affinché siano eliminati tutti gli impedimenti procedurali e burocratici all'utilizzo delle risorse stanziate per la strada statale 96 nei tratti innanzi indicati e per la strada statale 172 nel tratto Fasano-Laureto, per dare quindi effettivo inizio, in tempi brevi, ai lavori già appaltati ed alle attività allo scopo necessarie e affinché siano garantite le condizioni di funzionalità e di sicurezza dei suddetti tratti stradali, tramite il ripristino della manutenzione ordinaria programmata. (3-00916)
(1o luglio 2014)

   DELL'ORCO, DI BATTISTA, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, SPESSOTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dalle recenti inchieste della procura di Venezia sui fenomeni corruttivi legati agli appalti per la realizzazione della costruzione del Mose sono emersi come coinvolti alcuni funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   tra costoro vi è l'ingegner Ercole Incalza, il quale, seppur non indagato, sembra essersi attivato tra il 2011 ed il 2013 per ottenere la nomina di Paolo Emilio Signorini alla guida del magistrato delle acque (istituto periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolge un ruolo rilevante sia di controllo e vigilanza sulla realizzazione delle opere, nonché di rilascio di tutta una serie di autorizzazioni);
   da alcune intercettazioni riportate dagli organi di stampa, emerge che il 24 maggio 2013 l'ingegner Incalza avrebbe contattato il presidente del Consorzio Venezia Nuova, dottor Mazzacurati, per discutere della nomina del magistrato alle acque e proporre la candidatura a presidente di Signorini;
   sempre dagli organi di stampa si apprende che il 12 giugno 2014 la segretaria dell'ingegner Incalza, Ornella Malusa, avrebbe contattato Mazzacurati per avvisarlo del tentativo dell'ingegner Incalza di mettersi in contatto con lui ed informarlo che, nonostante Incalza fosse sempre con il Ministro, la proposta di nomina di Signorini sembrava essere decaduta e che al suo posto sarebbe stato nominato Fabio Riva, il quale, sempre da intercettazioni riportate, sembrerebbe persona non gradita da Mazzacurati;
   l'ingegner Ercole Incalza lavora da oltre 30 anni in veste di consulente presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e anche presso altri Ministeri e dal 2008 riveste il ruolo di capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la struttura tecnica di missione – istituita ai sensi dell'articolo 163 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – operando alle dirette dipendenze del Ministro, rappresenta uno degli organismi chiave all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e si articola in tre servizi, ovvero nel settore tecnico, nel settore giuridico e nel servizio per l'alta sorveglianza delle grandi opere;
   tale struttura si occupa dell'istruttoria e della funzione di supporto alle attività del Cipe, Comitato interministeriale per la programmazione economica, le cui delibere danno il via all'erogazione dei finanziamenti delle grandi opere;
   di recente il conferimento dell'incarico all'ingegner Incalza alla guida della struttura tecnica, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, è stato riconfermato dal Ministro interrogato fino al 31 dicembre 2014, con un compenso annuo pari ad euro 136.000;
   in particolare, l'avviso pubblico di selezione del 28 ottobre 2013, recante la firma di Paolo Emilio Signorini, capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale, richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni simili, delle quali solo il candidato, nonché già capo del dipartimento, ingegner Incalza risultava essere in possesso;
   l'ammissibilità delle domande e la valutazione dei curricula è stata effettuata da una commissione nominata sempre dal dottor Paolo Emilio Signorini, che, seppur non indagato, risulta aver avuto relazioni con gli indagati e, in particolare, con Mazzacurati;
   dall'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza, emerge che «la persona di cui il Mazzacurati aveva caldeggiato la nomina (Signorini) aveva ricevuto in precedenza dei benefit (Mazzacurati, attraverso il Consorzio Venezia Nuova, ha offerto al Signorini un “presente” costituito dal pagamento integrale di una vacanza del Signorini e del suo intero gruppo familiare in Toscana) dal Consorzio Venezia Nuova mentre l'altra persona (Riva) era considerata ostile»;
   l'ingegner Incalza, seppur mai condannato, risulta essere stato indagato in ben 14 procedimenti penali, per alcuni dei quali la sentenza di assoluzione è stata determinata dal decorso del termine di prescrizione;
   l'ingegner Incalza risulta essere stato anche rinviato a giudizio con l'accusa di corruzione in atti giudiziari per aver corrotto il sostituto procuratore di Roma, Giorgio Castellucci, responsabile dell'iscrizione al registro degli indagati dell'ingegner Incalza per abuso d'ufficio, nel tentativo di ottenere l'archiviazione;
   i magistrati del tribunale di Perugia, il 7 febbraio 1998, hanno autorizzato l'arresto, da un lato, del pubblico ministero Castellucci, accusandolo di essersi fatto corrompere insieme all'altro magistrato romano Renato Squillante, e, dall'altro lato, dei presunti corruttori, ovvero dell'ingegner Incalza, del presidente di Enichem, poi di Enimont e amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato fino al 1996, dottor Lorenzo Necci, e del dottor Chicchi Pacini Battaglia, faccendiere già condannato a sei anni di reclusione per appropriazione indebita nell'inchiesta sui fondi neri dell’Eni. Secondo le accuse, questi ultimi avrebbero conferito degli incarichi di consulenza a tre avvocati vicini ai due magistrati romani (Astolfo Di Amato, Fiorenzo Grollino e Marcello Petrelli, anche loro arrestati);
   in merito a questo procedimento Incalza ha ottenuto una sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione nel gennaio 2007;
   l'attuale capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha subito un procedimento penale per truffa aggravata sull'alta velocità, che tra gli imputati annoverava anche l’ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, gli imprenditori Marcellino Gavio e Bruno Binasco (già protagonista di Mani pulite - condannato insieme a Primo Greganti per finanziamento illecito ai partiti - e poi lo sarà anche nel caso Penati): l'inchiesta della magistratura aveva ad oggetto le procedure con le quali per quattro anni e mezzo sono stati erogati finanziamenti pubblici (per un ammontare di circa cento miliardi di lire), destinati al completamento dell’iter progettuale della linea ferroviaria ad alta velocità Tortona/Novi Ligure-Genova, conosciuta anche come Terzo valico dei Giovi, o più semplicemente come Terzo valico;
   il 6 febbraio 2006 il giudice per l'udienza preliminare genovese Roberto Fucigna ha definito il giudizio con un provvedimento di «non luogo a procedere per intervenuta prescrizione» (solo due mesi dopo l'entrata in vigore della «ex Cirielli» che è intervenuta abbassando i termini prescrizionali);
   l'ingegner Incalza, come riportato da organi di stampa, risulta indagato per «associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e abuso di ufficio» in merito agli appalti per la costruzione del Tav di Firenze;
   in particolare, secondo la procura di Firenze, «Mele (Giuseppe, funzionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e Incalza (Ercole) quali associati che portavano un rilevante contributo agli obiettivi della associazione, in quanto dirigenti dell'unità di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a cui faceva riferimento l'appalto Tav di Firenze, si attivavano per attestare falsamente che l'autorizzazione paesaggistica non era scaduta e che i lavori erano iniziati entro i cinque anni e che successivamente attestavano che le varianti al progetto non erano essenziali anche con riferimento al monumento storico della Fortezza da Basso»;
   nella stessa inchiesta, tra le altre cose, si sta cercando di fare chiarezza non solo sui materiali utilizzati per la costruzione della galleria – in quanto i magistrati ritengono che siano stati usati materiali scadenti ed addirittura prodotti pericolosi e non conformi alle specifiche contrattuali – ma anche sulla ditta responsabile per lo smaltimento dei fanghi e dei rifiuti, che sembrerebbe soggetta a infiltrazioni mafiose poiché incredibilmente legata al clan dei Casalesi;
   nell'indagine condotta dai magistrati fiorentini risultano essere coinvolte anche le cosiddette cooperative rosse, oltre che Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria (Partito democratico) e presidente dell’Italferr (società di progettazione del gruppo Ferrovie dello Stato), alla quale vengono contestati l'abuso di ufficio, l'associazione a delinquere e la corruzione, poiché avrebbe svolto la sua attività «nell'interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette (soggetti appaltanti) mettendo a disposizione dell'associazione le proprie conoscenze personali i propri contatti politici e una vasta rete di contatti, grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati, e conseguendo, altresì, incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del coniuge»;
   nonostante siano pubblici gli atti della magistratura che testimoniano un coinvolgimento dell'ingegner Incalza nelle vicende giudiziarie relative alla Tav di Firenze, in data 10 giugno 2014 il Ministro interrogato, in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, ha messo in dubbio il coinvolgimento dell'ingegner Incalza di cui in parola, ritenendo necessario fare ulteriori verifiche;
   l'ingegner Incalza risulterebbe, inoltre, coinvolto, anche se non direttamente, in un affare immobiliare che ricorda molto quello della casa dell'ex Ministro Scajola;
   come riportato da organi di stampa, l'architetto Zampolini, lo stesso che portò 80 assegni per acquistare la casa dell'ex Ministro Scajola nel 2004, avrebbe corrisposto 820 mila euro, di cui 520 mila euro in assegni circolari e 300 mila euro in assegni bancari, per pagare una casa vicino a Piazza del Popolo a Roma, intestata al genero dell'ingegner Incalza e per la quale quest'ultimo avrebbe corrisposto solo 390 mila euro –:
   se il Ministro interrogato, stante quanto in premessa, consideri opportuna la permanenza dell'ingegner Ercole Incalza a capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e se non ritenga, dunque, appropriato procedere alla revoca dell'incarico conferito all'ingegner Incalza e, vista l'importanza della carica, al conferimento dello stesso ad un soggetto non coinvolto in procedimenti giudiziari per reati contro la pubblica amministrazione e che non sia mai stato assolto per intervenuta prescrizione. (3-00917)
(1o luglio 2014)

   LAFFRANCO e PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella saga interminabile della trattativa e degli annunci di accordi tra Alitalia e Etihad, le due compagnie hanno dichiarato di aver trovato un accordo per l'ingresso degli arabi con il 49 per cento dell’Alitalia;
   mancano, tuttavia, ancora due pilastri fondamentali: l'intesa tra Alitalia e sindacati sugli esuberi (sono 2.251 quelli richiesti da Alitalia e Etihad) e il consenso delle banche a cancellare 560 milioni di euro di debiti finanziari di Alitalia;
   queste due condizioni sono state poste da tempo proprio dalla compagnia degli Emirati Arabi Uniti come premessa indispensabile al suo ingresso con il 49 per cento nell’Alitalia, conducendo all'inevitabile domanda su quale sia il significato dell'annuncio congiunto delle due compagnie, se cioè si tratti di un passaggio legale, una sorta di scambio di lettere per dire che vengono accettate le condizioni della trattativa, ma che il contratto finale è tutto ancora da scrivere;
   l'impressione, quindi, è che nella sostanza questo annuncio sia un'offensiva mediatica per rassicurare le parti, compresi i passeggeri che comprano biglietti di una compagnia, Alitalia, che tra pochi mesi potrebbe fallire se non riceverà una nuova iniezione di capitali;
   in questa partita finora c’è stata sempre poca trasparenza e la compagnia araba guidata da James Hogan non ha quasi mai fatto dichiarazioni, salvo lasciar trapelare una sorta di insofferenza per l'attesa di decisioni che dovevano (e devono ancora) essere prese nello schieramento italiano;
   gli accordi imminenti tra i due vettori (fin da quando diceva «entro il mese di marzo»), che svariate volte il Ministro interrogato ha annunciato aver portato ad un punto di condivisione, dando seguito ad un (leggero) aumento dei voli intercontinentali di Alitalia da Fiumicino e da Malpensa, tuttavia non hanno ancora dato vita ad un piano industriale pubblico, neppure nel confronto con i sindacati sui tagli del personale;
   è tuttavia trapelato, senza smentite, che nell'immediato l'intesa con Etihad prevede, oltre al taglio dei posti di lavoro, anche quello dei voli e della flotta, con la messa a terra di 11 aerei di Alitalia a medio raggio della famiglia Airbus 320;
   l'ipotizzato incremento dei voli intercontinentali avverrà con gradualità a partire dal nuovo collegamento intercontinentale da Malpensa a Shanghai durante l'Expo 2015;
   il Ministro interrogato ha perfino sostenuto che Etihad si impegnerà con 1,25 miliardi di euro, cioè 560 milioni per entrare nel capitale di Alitalia più altri 692 milioni per investimenti nella flotta nel 2014-2018, mentre in realtà Etihad impegnerà soltanto 560 milioni, perché il resto dei soldi, come hanno riferito i sindacati dopo i chiarimenti ottenuti dall'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, sono gli investimenti previsti da Alitalia (di cui Etihad diverrebbe socio al 49 per cento); pertanto, è sbagliato sommare le due voci perché sarebbe come contare due volte gli stessi soldi;
   il Governo, che punta a chiudere la partita con i sindacati prima del 15 luglio 2014 per quanto riguarda gli esuberi, deve tuttavia sciogliere un nodo con le banche finanziatrici che potrebbe richiedere settimane;
   Alitalia e Etihad affermano che «procederanno già dai prossimi giorni alla finalizzazione della documentazione contrattuale, che includerà le condizioni concordate», ma che, prima di concludere l'accordo definitivo, bisognerà definire l'intesa sugli esuberi;
   l'ultimo incontro con i sindacati è stato un muro contro muro in cui la Filt-Cgil ha dichiarato che «sono inaccettabili 2.251 licenziamenti», mentre Etihad vorrebbe che gli esuberi lasciassero definitivamente la compagnia, non accettando i contratti di solidarietà o la cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione, ammortizzatori che al termine del periodo di crisi prevedono il riassorbimento dei lavoratori nell'azienda;
   il Ministro interrogato ha incontrato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, riferendo la conferma da parte di Alitalia dell'esistenza di 2.251 esuberi e affermando che per questi il Governo sta valutando «l'esternalizzazione» di alcuni servizi e la «ricollocazione» di parte del personale nel territorio;
   il Ministro interrogato aveva preannunciato un nuovo incontro con i sindacati che dovrebbe svolgersi oggi per fare il punto sulla vertenza Alitalia, aggiungendo che la deadline è il 15 luglio 2014, ma che si augura di raggiungere un accordo sugli esuberi di Alitalia prima di quella data, allo scopo di individuare le modalità con cui gestire i lavoratori licenziati –:
   come il Governo intenda attivarsi per portare a conclusione la trattativa con la compagnia araba, garantendo la ricollocazione degli esuberi della compagnia di bandiera italiana sul territorio. (3-00918)
(1o luglio 2014)

   D'ALIA e SCHIRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la continuità territoriale tra Sicilia e Calabria è garantita dal servizio diretto di collegamento svolto dal consorzio Metromare dello Stretto, costituito nel 2008 da Rete ferroviaria italiana spa del gruppo Ferrovie dello Stato e Ustica lines spa e risultato vincitore della gara pubblica indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   come previsto dal bando di gara, che ha regolato il servizio con una durata triennale a fine giugno 2014 è scaduto sia il contratto che garantiva il collegamento attraverso il vettore controllato da Ferrovie dello Stato, sia quello diretto fra Messina e Reggio Calabria del quale si occupava la Ustica lines spa;
   risulterebbe che una gara indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per assegnare il servizio di collegamento sia andata deserta per la mancata partecipazione di Ustica lines spa e di qualunque altro operatore, oltre che per errori nella presentazione dei documenti da parte di Blueferries;
   conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe avviato una proroga del servizio agli attuali gestori, che, però, alle condizioni economiche imposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non garantirebbero il collegamento fra i due capoluoghi dello Stretto con le medesime corse, cancellando, di fatto, le sei doppie corse, quattro di mattina e due di pomeriggio, che finora venivano effettuate di sabato e domenica;
   pur tamponando un'emergenza, questo accordo non garantisce la continuità territoriale nel week end come negli altri giorni della settimana, producendo un danno economico nel periodo di alta stagione turistica;
   è necessario procedere in tempi brevi allo stanziamento di risorse adeguate e all'emissione del bando di gara per dare continuità a questo servizio oggi svolto da Metromare dello Stretto;
   non risultano di pubblico dominio, inoltre, gli importi attualmente impiegati a sostegno della mobilità sullo Stretto di Messina, relativamente a merci, passeggeri e trasporto ferroviario, al fine di valutare la possibilità di una loro più efficiente gestione derivante da una virtuosa messa a sistema di tali risorse –:
   se tali notizie corrispondano al vero e se non ritenga di affrontare in maniera strutturale e definitiva – con iniziative anche di tipo normativo, favorendo una più ampia partecipazione di operatori del settore e definendo anche condizioni tecniche che non riducano di fatto la platea dei vettori potenzialmente interessati – la problematica della continuità territoriale sullo Stretto che non può essere risolta con soluzioni temporanee e risorse inadeguate, atteso che è necessario garantire il diritto alla libera circolazione e mobilità delle migliaia di pendolari che quotidianamente, per motivi di studio o di lavoro, sono costretti a utilizzare il collegamento tra le due sponde senza dimenticare gli ingenti flussi stagionali legati al turismo dell'area. (3-00919)
(1o luglio 2014)

   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e trasporti.— Per sapere – premesso che:
   il settore delle grandi opere continua a tornare alle luci della ribalta per fenomeni di corruzione e spreco di denaro pubblico, come dimostrato da ultimo dalle inchieste legate alla realizzazione del sistema Mose a Venezia o alle irregolarità nella gestione degli appalti per l'Expo 2015;
   in Italia, al contrario di quel che avviene negli organismi internazionali o in altri Paesi, non è richiesta alcuna valutazione terza delle analisi economiche e finanziarie effettuate sulle opere messe in preventivo al fine di determinarne la fattibilità;
   secondo la Corte dei conti le grandi opere sono caratterizzate da straordinari livelli di penetrazione della malavita organizzata e da scarsa innovazione tecnologica, elementi ai quali va aggiunto il fatto che il settore ha ricadute occupazionali scarse in proporzione al denaro pubblico speso;
   tutti questi fattori, uniti anche ai bassi livelli di utilizzazione di molte delle opere realizzate, hanno fatto sì che il settore dell'adeguamento infrastrutturale imperniato sulle grandi opere – che dovrebbe ridare slancio alla competitività tecnologica ed industriale del nostro Paese – si risolve, di fatto, in un notevole contributo alla crisi del bilancio pubblico italiano;
   il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione durante la sua recente audizione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici alla Camera dei deputati, parlando del rischio malaffare negli appalti delle grandi opere, ha stigmatizzato il sistema di aggiudicazione dei lavori secondo il metodo del massimo ribasso, dichiarando che se anche esso «appare il criterio più oggettivo», attraverso di esso e il meccanismo della concessione delle successive varianti d'opera con perizie specifiche, si fa salire il conto e si facilita il malaffare, consentendo «alle aziende che vincono di chiedere di più e fare lievitare i costi dell'opera, anche oltre il valore della base d'asta iniziale»;
   altro grande problema nella realizzazione delle grandi opere è costituito dalle deroghe alle normative che regolano la concessione degli appalti, che, seppur concesse a fini di speditezza nella realtà, hanno meccanismi farraginosi e diminuiscono la trasparenza, aumentando i rischi di irregolarità –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di evitare lo spreco di denaro pubblico nel settore delle grandi opere, se del caso introducendo un meccanismo di valutazioni terze sulla fattibilità dell'opera e la sostenibilità dei costi, nonché implementando le procedure, semplificando le norme e aumentando i controlli e la trasparenza. (3-00920)
(1o luglio 2014)