TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 216 di Martedì 22 aprile 2014

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA TUTELA DELLE VITTIME DI REATO

   La Camera,
   premesso che:
    la tutela delle vittime di reato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona e costituisce uno degli aspetti essenziali cui occorre avere riguardo, sia nell'ambito del procedimento giudiziario, sia, soprattutto, nelle fasi preliminare e successiva ad esso;
    in questo senso, la normativa internazionale riconosce la necessità di rispondere alla globalità dei bisogni della vittima, dei suoi familiari e degli eventuali testimoni del reato, e sulla base di questi presupposti intende tutelarla sia in quanto persona, attraverso l'accoglienza, la tutela, l'informazione, la protezione e la possibilità di disporre di forme di mediazione con il reo, sia in quanto soggetto processuale, mediante l'accompagnamento nel processo penale ed il risarcimento;
    con riguardo a tutti questi aspetti nel nostro Paese si verificano, purtroppo, ancora molti ritardi, malfunzionamenti e inadempienze;
    con specifico riguardo alla fase risarcitoria, ad esempio, si può rilevare che, mentre le normative internazionali e comunitarie allargano la tutela a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, quella italiana si occupa di predisporre fondi di risarcimento solo in favore di alcune categorie di vittime (essenzialmente vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, di richieste estorsive e di usura), limitando, quindi, la tutela alle mere fasi processuale e risarcitoria;
    giova ricordare, in proposito, che l'Italia risulta attualmente messa in mora a seguito del procedimento di infrazione promosso a suo carico da parte della Commissione europea (201174147) per la «cattiva applicazione» della direttiva 2004/80/CE, che stabilisce che «tutti gli Stati membri provvedano a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime», nel caso in cui il condannato non abbia i mezzi per farlo;
    la legislazione italiana sul tema, adottata, seppur con ritardo, con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, ha semplicemente esteso al soggetto «stabilmente residente in un altro Stato membro dell'Unione europea» e che risulti essere la «vittima di reato commesso nel territorio dello Stato» il riconoscimento dell'indennizzo statale già previsto in ambito nazionale per la medesima tipologia di reato, ma senza estendere tale misura ad altri reati intenzionali violenti, nonostante in Italia i reati più gravi ed efferati siano commessi da singoli ai danni delle categorie più deboli, come donne e bambini;
    a ciò si aggiunga che l'Italia non ha firmato neanche la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983 ed entrata in vigore il 1o febbraio 1998, che obbliga gli Stati contraenti a prevedere, nell'ambito delle legislazioni nazionali, un meccanismo di risarcimento per le vittime di infrazioni violente che hanno causato gravi lesioni corporali o il decesso;
    dopo decenni durante i quali l'attenzione era stata prevalentemente rivolta alla tutela dei diritti violati, negli ultimi anni si sono registrati un'attenzione ed un interesse crescente verso i bisogni delle vittime e si è giunti a stabilire come diventi essenziale per la vittima l'essere riconosciuta in condizione di difficoltà anche da parte della collettività e delle istituzioni;
    nel nostro Paese, le attività di assistenza, aiuto, ascolto e sostegno psicologico sono perlopiù affidate a strutture di volontariato e risultano frammentate sia sotto il profilo degli ambiti di intervento, sia sotto quello geografico, considerata la diseguale distribuzione sul territorio delle pur numerose strutture dedicate e che, a fronte di aree geografiche capillarmente servite, ve ne sono altre molto carenti;
    l'assenza di un coordinamento a livello regionale, o meglio ancora nazionale, costituisce un fattore che facilita tali disparità, finendo con l'enfatizzare gli svantaggi propri di alcuni contesti sociali, e, in egual misura, pesa lo scarso coordinamento tra pubblico e privato, tra terzo settore e volontariato;
    uno degli aspetti primari dell'assistenza alle vittime riguarda la questione degli operatori e della loro formazione, richiamata più volte anche dalla normativa europea e che andrebbe implementata sia sotto il profilo delle conoscenze e delle competenze, sia sotto il profilo dell'empatia che deve caratterizzare l'operatore quando ascolta le vittime;
    altro tema di primaria importanza è certamente quello costituito dal sostegno finanziario che occorre dedicare e garantire alle politiche in favore delle tutela delle vittime, ai quali occorrerebbe destinare una quota annua certa di finanziamenti per assicurare la qualità dei servizi erogati, oltre a favorire la diffusione delle attività svolte nei centri su tutto il territorio, permettendo loro di operare all'interno di una sostanziale continuità;
    ulteriori problematiche riscontrabili nell'ordinamento italiano attengono alla tutela in fase processuale, non solo sotto il profilo risarcitorio, ma anche sotto quello del pagamento delle spese processuali;
    si sono verificati, infatti, numerosi casi in cui i familiari delle vittime di reato si sono trovate a dover corrispondere allo Stato le spese giudiziali perché il condannato risultava nullatenente;
    il 25 ottobre 2012 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la precedente normativa in materia, contenuta nella decisione quadro 2001/220/GAI;
    la direttiva muove, tra le altre, dalla premessa che un reato non è solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime, che, come tali, dovrebbero essere riconosciuti e trattati in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta, e si pone come obiettivo quello di «garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali»;
    altri aspetti della direttiva attengono alla necessità di limitare il rischio della cosiddetta vittimizzazione secondaria e ripetuta, alla particolare tutela della quale sono meritevoli le vittime minori, quelle affette da disabilità, le vittime di atti di terrorismo e quelle della violenza di genere e della violenza nelle relazioni strette, nonché all'esigenza di prevedere, che tra queste, possano essere considerati anche i familiari delle vittime;
    altro aspetto al quale la direttiva dedica ben due articoli attiene alla tutela finanziaria delle vittime, disponendo in merito il «Diritto al patrocinio a spese dello Stato» e il «Diritto al rimborso delle spese»;
    sull'onda emotiva dei numerosissimi casi di femminicidio verificatisi nel nostro Paese, negli ultimi mesi il Parlamento ha profuso particolare impegno rispetto a questo tema, provvedendo, tra l'altro, alla ratifica della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul, l'11 maggio 2011, ed all'approvazione, con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante «disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», di un primo pacchetto di norme che ne recepiscono le indicazioni;
    in particolare, tuttavia, il decreto-legge n. 93 del 2013 è apparso fortemente sbilanciato sull'aspetto dell'inasprimento del sistema sanzionatorio e, pur compiendo un primo piccolo passo nel senso della tutela delle vittime attraverso la previsione di un piano nazionale antiviolenza, dedica a questo tema un'attenzione ancora insufficiente;
    numerosi provvedimenti recanti norme a protezione e sostegno delle vittime di reati giacciono in Parlamento in attesa di essere esaminati e altri, nelle precedenti legislature, non sono mai stati calendarizzati;
    la direttiva 2012/29/UE, il cui termine per il recepimento è fissato al 16 novembre 2015, è stata inserita nell'allegato B alla legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96, «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013»); il Governo, nell'adozione del decreto legislativo dovrà attenersi ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234;
    la direttiva 29/2012/UE «stabilisce norme minime. Gli Stati membri possono ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di protezione più elevato»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative di competenza per il tempestivo recepimento della direttiva europea di cui in premessa;
   a svolgere un ruolo di impulso e di coordinamento centrale delle strutture, pubbliche e private, deputate a svolgere funzioni di assistenza, sostegno e tutela delle vittime, al fine, da un lato, di potenziare e rendere più omogenea la distribuzione sul territorio delle stesse e, dall'altro, di operare nel senso della creazione di una rete tra pubblico e privato;
   a promuovere la collaborazione intersettoriale tra i diversi attori che, a vario titolo, si occupano di queste problematiche, quali le forze dell'ordine, la magistratura, i servizi sociali, le associazioni di volontariato sul territorio, gli operatori di victim support;
   con particolare riferimento alle strutture di assistenza, a promuovere iniziative volte a prevedere un ampliamento delle loro competenze, attraverso la migliore formazione degli operatori impiegati, grazie ad approfondimenti sulle materie sociologiche e psicopedagogiche, sulle scienze giuridiche, nell'ambito della criminologia e della vittimologia, nonché richiamando le funzioni ed il ruolo svolti dal servizio sociale territoriale e da quello sanitario;
   a fornire un adeguato e continuativo sostegno economico alle realtà che operano nel campo dell'assistenza e tutela delle vittime di reato;
   a prevedere adeguate forme di pubblicizzazione dei servizi offerti e delle strutture di accoglienza presenti sul territorio, nonché campagne di informazione e sensibilizzazione sul tema della violenza nelle sue diverse declinazioni;
   a elaborare modalità per la verifica e valutazione dell'impatto delle misure di assistenza e protezione delle vittime;
   con specifico riferimento alla fase processuale, ad assumere iniziative volte a prevedere una disciplina risarcitoria da parte dello Stato, laddove l'autore dei reato sia tornato a delinquere perché rilasciato dal carcere a seguito di provvedimenti di clemenza alternativi alla detenzione adottati dallo stesso e a modificare la disciplina inerente al pagamento delle spese giudiziarie, affinché esse non possano più gravare proprio sulle vittime o sulle loro famiglie;
   a valutare, in accordo con le previsioni della direttiva, laddove prevede che gli Stati possano adottare norme di protezione più elevate, di assumere iniziative per riconoscere alle vittime e alle persone danneggiate dal reato una tutela di rango costituzionale, come già richiesto da alcune proposte parlamentari;
   a sottoscrivere la citata Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, affinché nell'ordinamento italiano possano essere recepite le indicazioni ivi previste.
(1-00248)
«Cirielli, Giorgia Meloni, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».
(15 novembre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la promozione e la tutela dei diritti delle vittime da reato dovrebbe costituire oggi un obiettivo prioritario dell'azione politica di tutte le moderne democrazie, andandosi ad inserire nel quadro della tutela dei soggetti più deboli e vulnerabili della società;
    tra le direttive europee più recenti in materia – volte ad assicurare che le vittime di reati, particolarmente se violenti, ricevano adeguato riconoscimento sociale, sostegno e protezione giuridica – vanno certamente ricordate la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata il 25 ottobre 2012, che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e la direttiva 2011/99/UE che ha introdotto l'ordine di protezione europeo;
    l'Italia negli ultimi mesi ha compiuto significativi passi in avanti: da un lato, attraverso l'inserimento nella legge di delegazione europea 2013 della delega al Governo per il recepimento delle direttive sopracitate; dall'altro, muovendosi nella direzione di una più compiuta tutela della vittima nell'ambito della giustizia penale, in particolare con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, che ha rafforzato gli obblighi di comunicazione e informazione alla vittima e ampliato le sue facoltà di partecipazione al procedimento, dando così una nuova concretezza alla posizione della vittima nel reato nel quadro delle norme in materia di sicurezza e contrasto della violenza di genere;
    tuttavia, se analizzato nel complesso, il quadro normativo nazionale di tutela della vittima appare ancora frammentario e suscettibile di miglioramento rispetto agli standard fissati in sede europea, soprattutto sotto il profilo di una compiuta tutela del soggetto vulnerabile prima, durante e dopo il processo penale;
    sotto il profilo della tutela nel processo, occorre innanzitutto rivedere le prerogative processuali della vittima nell'ottica di configurarla quale vera e propria parte processuale, consapevole, informata, conscia dei propri diritti ed in grado di gestirli ed esercitarli, senza necessariamente costringerla a costituirsi parte civile al solo scopo di avere una voce nel processo e fornendole adeguata consulenza legale, anche prima che il procedimento penale sia formalmente iniziato;
    il decreto-legge n. 93 del 2013 ha, infatti, meritoriamente introdotto nuovi obblighi di informazione della vittima, ma con effetti limitati solo ad alcune tipologie di vittime di reato; appare pertanto necessario estendere tali obblighi di informazione in modo generalizzato;
    le condizioni e le modalità di ammissione al gratuito patrocinio, poi, costituiscono una premessa importante della partecipazione delle vittime indigenti o vulnerabili, così come essenziale risulta la fornitura degli indispensabili servizi di interpretazione e traduzione necessari a consentire una partecipazione effettiva anche alla vittima alloglotta;
    altri aspetti significativi, sui quali occorre giungere a forme più avanzate di tutela e protezione delle vittime del reato, riguardano la loro partecipazione al procedimento cautelare e la possibilità di sviluppare meccanismi alternativi alla punizione irrogata nel processo penale, come, ad esempio, la mediazione;
    un punto molto sensibile e delicato, poi, è quello di un'adeguata formazione psicologica e giuridica del personale di polizia a cui è demandato il primo contatto con la vittima, al fine di fornirle un supporto efficace;
    occorre, tuttavia, tener presente che la tutela delle vittime del reato deve trovare riconoscimento e sostegno anche a prescindere dall'azione repressiva dell'apparato giudiziario, ossia fuori da una dinamica esclusivamente processuale, attraverso la necessaria predisposizione e copertura economica di quei servizi di sostegno materiale e psicologico alla vittima, in un quadro articolato di prevenzione, protezione ed assistenza delle vittime dei reati;
    il riconoscimento della sofferenza della vittima richiede, infine, allo Stato di predisporre anche meccanismi di risarcimento, specie in tutti quei casi in cui le vittime non ricevano ristoro dal colpevole del reato, perché, ad esempio, il responsabile è indigente o non è stato individuato;
    l'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004, obbliga gli Stati membri a dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime;
    tuttavia tale articolo non ha trovato attuazione nel decreto legislativo n. 204 del 2007, che ha recepito la direttiva e che si è limitato esclusivamente a prevedere la predisposizione di meccanismi di cooperazione transfrontaliera per assicurare che il risarcimento possa essere richiesto anche da persone residenti all'estero, ma non ha introdotto un generale obbligo di risarcimento per le vittime di reati intenzionali violenti;
    la mancata attuazione dell'articolo 12 della direttiva europea è stata, peraltro, contestata dalla stessa Commissione europea, la quale ha avviato la procedura d'infrazione 2011/4147 ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, lamentando l'assenza di previsione di meccanismi generali di risarcimento per tutte le vittime di reati intenzionalmente violenti;
    tale punto, pertanto, appare certamente uno di quelli maggiormente critici e sul quale occorre intervenire con urgenza, essendo le forme di risarcimento attualmente previste solo di carattere settoriale e riferite a limitate categorie di reati violenti,

impegna il Governo:

   in attuazione di quanto previsto dall'articolo 12, comma 2, della direttiva 2004/80/CE, a predisporre iniziative normative volte ad assicurare un adeguato indennizzo alle vittime di reati intenzionalmente violenti, in particolare per tutti i casi in cui la vittima non possa ottenere il risarcimento dal soggetto colpevole del reato, contestualmente assumendo iniziative per il coordinamento e la semplificazione delle norme settoriali oggi vigenti;
   ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, volta a garantire una partecipazione effettiva, consapevole ed informata della vittima del reato in tutte le fasi del procedimento e del processo, anche prevedendo la possibilità per la vittima di partecipare adeguatamente alla fase processuale nei casi in cui non si sia costituita come parte civile, valutando la possibilità di ampliare le ipotesi di assunzione anticipata della sua testimonianza in sede di incidente probatorio e prevedendo la mediazione quale facoltà, e non obbligo, per la vittima;
   a provvedere al reperimento delle risorse sufficienti ad assicurare la possibilità di accesso al patrocinio a spese dello Stato e alla riduzione degli oneri delle spese processuali a carico delle vittime;
   anche in vista dell'adozione del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/29/UE, ad assicurare la formazione del personale giudiziario e di polizia che entri in contatto con le vittime dei reati, al fine di garantire che i diritti stabiliti dagli articoli 3, 4 e 5 della citata direttiva siano garantiti sia al momento del primo contatto con «un'autorità competente», sia, successivamente, al momento della denuncia;
   a predisporre quanto prima un piano globale di interventi integrati a favore della vittima, al fine di offrire adeguato supporto materiale e psicologico, nonché consulenza legale alle persone vittime di reato – ed in particolare a quelle fra loro vittime di reati violenti – costituendo un «rete nazionale di sostegno alle vittime» che sia presente in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale.
(1-00432)
«Verini, Leone, Dambruoso, D'Alia, Pisicchio, Ferranti, Amoddio, Bazoli, Biffoni, Campana, Ermini, Giuliani, Greco, Leva, Magorno, Marroni, Marzano, Mattiello, Morani, Moretti, Giuditta Pini, Rossomando, Rostan, Tartaglione, Vazio, Fabbri».
(14 aprile 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    gli episodi di violenza che quotidianamente si verificano su tutto il territorio nazionale richiedono una tutela, preventiva e successiva, cui lo Stato, talora, non è in grado di rispondere;
    uno Stato civile dovrebbe essere in grado, se non di garantire la sicurezza e, dunque, la tutela preventiva al cittadino, quanto meno di fornire un aiuto, economico e morale, dopo che il reato è avvenuto e, dunque, di fornire almeno una tutela successiva;
    allo stato esistono diversi fondi di garanzia, di solidarietà o di tutela, tanto di rilievo nazionale quanto di rilievo locale;
    detti istituti di sostegno e di aiuto, senza alcun dubbio utilissimi, essendo nati in momenti diversi e non essendo conseguentemente raccordati gli uni con gli altri, creano sovrapposizione di competenze, lungaggini nell'elargizione dei contributi economici e, soprattutto, inutile dispendio di energie da parte dei soggetti interessati;
    talora accade addirittura che spesso gli istituti di sostegno non servano allo scopo per cui sono stati previsti e creati e detta frammentarietà della risposta istituzionale alle istanze di giustizia avanzate dalle vittime di vari reati, direttamente collegata alla scarsità di fondi, provoca la conseguente insufficienza dei fondi stessi rispetto alle richieste;
    in definitiva, il risultato ultimo della moltiplicazione di tali fondi rischia di essere il non raggiungimento dell'obiettivo di aiutare, anche economicamente, le vittime di reati;
    sarebbe opportuno riunire tutte le provvidenze economiche attualmente in essere, ponendole sotto un'unica voce attraverso la creazione di un fondo di garanzia per le vittime della violenza;
    dovrebbe, inoltre, essere specificato meglio il concetto di «violenza» comprendendovi qualsiasi comportamento, doloso o colposo, fuori dai casi di provocazione o comunque di volontaria causazione, volto a limitare, ridurre o, comunque, comprimere, impedire o escludere la libertà altrui e a ledere o, comunque, danneggiare la persona;
    la legislazione del nostro Paese, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta, registra numerosi interventi legislativi contenenti misure e forme di assistenza, sostegno e informazione a favore di alcune vittime di specifici illeciti;
    un esempio di intervento in tal senso è rappresentato dalla legge 3 agosto 2004, n. 206, che ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiuti sul territorio nazionale o all'estero, e dei loro familiari superstiti e ha introdotto una serie di benefici ad esclusivo vantaggio delle vittime del terrorismo ma non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata;
    un ulteriore intervento di tutela delle vittime di reato è stato delineato nell'ambito della prevenzione e della repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime di reato, in data 4 marzo 2014, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro della salute, mediante un decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio;
    quest'ultimo provvedimento è intervenuto in attuazione della delega conferita al Governo dall'articolo 5 della legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96) e, in materia di tutela delle vittime di reato, ha recepito in modo non del tutto adeguato ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo alcune disposizioni previste nella direttiva citata, poiché non ha apportato né una tutela generale per le vittime di violenza né una tutela sufficientemente adeguata. Non è, infatti, previsto un sistema efficace di risarcimento delle vittime di reato dal momento che si stabilisce, a titolo di risarcimento, la somma forfetaria di 1.500 euro (piuttosto esigua, avuto riguardo a quanto subito dalle persone vittime di tratta di esseri umani) per ogni vittima;
    il complesso di tali interventi dell'Esecutivo è stato determinato dal preciso intento dello Stato di offrire un segnale di sostegno, in termini morali ed economici, a fronte di quei delitti diretti contro la sua stessa ragione di essere, ma, pur considerando favorevolmente tutti gli interventi predisposti in materia, si ravvisano ancora profili di criticità in merito alla piena applicazione e al riconoscimento di tali diritti alle vittime di reato ed è necessario evidenziare che nell'ordinamento italiano ancora non esiste una normativa generale sostanziale a tutela queste ultime;
    in linea di principio, il risarcimento del danno dovrebbe essere attuato a cura dell'autore del reato, tuttavia oggi, sul piano generale, il quadro complessivo dei risarcimenti risulta tutt'altro che rassicurante, ove si pensi alle numerose ipotesi di autori di reato rimasti ignoti o comunque insolvibili;
    l'esigenza di una piena tutela delle vittime del reato è fortemente avvertita ai vari livelli e alle diverse istanze della società italiana, anche perché la parte danneggiata, la parte offesa dal reato, ovvero la parte civile costituita nel processo ricoprono un ruolo e rappresentano un interesse che potrebbe essere definito di natura pubblica o collettiva;
    il trattamento adeguato delle vittime corrisponde a una serie di diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) e l'effettivo riconoscimento, nonché il rispetto dei diritti delle vittime, in particolare della loro dignità umana, della loro vita privata e familiare e della loro proprietà, devono essere salvaguardati garantendo nel contempo i diritti fondamentali altrui, quali quelli dell'accusato;
    è necessario soddisfare le esigenze delle vittime prima, durante e dopo i procedimenti penali per ridurre significativamente il costo globale della criminalità che comprende tanto i costi materiali connessi ai settori dell'economia e della sanità e al sistema della giustizia penale, quanto i costi immateriali, quali il dolore, la sofferenza e la riduzione della qualità della vita della vittima,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per risarcire le vittime di reato, prevedendo la possibilità di una commisurazione diversa dell'indennizzo, che non deve essere determinato in maniera fissa ma proporzionale al pregiudizio subito;
   a promuovere interventi finalizzati a superare ritardi e vuoti normativi fortemente pregiudizievoli per il soggetto più debole e meno garantito del processo, al fine di garantire il pieno riconoscimento della cittadinanza processuale a tutte le vittime di reato;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo di garanzia per le vittime di reato che sia un istituto pubblico o, comunque, con partecipazione pubblica, finanziato anche attraverso la cessione, da parte dello Stato, dei crediti vantati nei confronti di coloro che sono stati condannati in via definitiva a pene pecuniarie, facendo sì che in detto fondo confluisca una quota parte dei beni, mobili e immobili, che sono oggetto di confisca;
   ad assumere iniziative per risarcire congruamente le vittime di reato allo scopo di riconoscere e rispettare i diritti delle stesse, in particolare la loro dignità umana e la loro vita privata e familiare.
(1-00433) «Mottola, Palese».
(14 aprile 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    già nel 1970 il Consiglio d'Europa collocava il tema del risarcimento delle vittime dei reati violenti nel suo programma di lavoro, finché, dopo un lungo itinerario, nel 1983 adottò apposita convenzione, che veniva aperta alla firma degli Stati membri il 24 novembre dello stesso anno;
    tale convenzione voleva costituire lo strumento giuridico primario volto ad introdurre e a sviluppare, mediante disposizioni di minima e regimi di risarcimento da parte dello Stato, precipue disposizioni al fine di assicurare alle vittime idonea assistenza e tutela;
    la ratifica a livello europeo della convenzione di cui sopra è stata fatta dalla maggior parte degli Stati membri dell'Unione Europea, da Paesi come la Francia, la Svizzera, la Germania, la Danimarca, il Lussemburgo e il Belgio, mentre l'Italia non ha ancora provveduto a ratificarla né a firmarla;
    la convenzione europea, peraltro ancora aperta alla firma degli Stati, obbliga le parti a prevedere nelle loro legislazioni o pratiche amministrative un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente e dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte e, oltre ad individuare le previsioni minime che devono essere contenute in tale sistema, indica i danni che devono necessariamente essere risarciti, quali il mancato guadagno subito da una persona immobilizzata in seguito alla lesione, le spese mediche, le spese di ospedalizzazione, le spese funebri e, in caso di persone a carico, la perdita di alimenti;
    un ulteriore stimolo al riconoscimento della posizione della vittima come soggetto debole meritevole di una particolare tutela giuridica, sia nel sistema di diritto sostanziale che in quello di diritto processuale, è venuto successivamente da una serie di interventi normativi a livello europeo, come la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, adottata dal Consiglio dell'Unione europea, poi sostituita dalla direttiva 2012/29/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012;
    con riguardo alla legislazione nazionale italiana, pur avendo dimostrato nel corso di questi ultimi decenni di non essere insensibile alla tematica del risarcimento del danno da reato, tanto che è venuto sempre più intensificando un sistema di misure e forme di assistenza, sostegno e informazione a favore di alcune vittime di specifici illeciti, in particolare del terrorismo e della criminalità organizzata, è però venuta sempre più maturando anche l'esigenza di farsi carico dell'assistenza alle vittime dei reati intenzionali violenti diversi da quelli specifici già regolamentati dallo Stato;
    oggi, sul piano generale, il quadro complessivo dei risarcimenti, del pagamento delle spese processuali e delle tutele a favore delle vittime dei reati risulta tutt'altro che rassicurante, a causa delle sempre più numerose ipotesi di autori di reato rimasti ignoti o comunque insolvibili, della progressiva riduzione dell'accesso alla giustizia prodotta dalla recente riforma della geografia giudiziaria e, da ultimo, delle decurtazioni dei compensi dei legali operanti in regime di gratuito patrocinio (del 50 per cento in materia penale e del 33 per cento per tutte le materie) operate dall'attuale Governo;
    la tutela delle vittime di reato deve essere garantita sia nell'ambito del procedimento giudiziario sia al di fuori dell'ambito processuale, in particolare mediante opportune e qualificate forme di supporto psicologico e idonee attività di assistenza, assicurando adeguata formazione agli operatori;
    di fronte alle carenze dell'attuale sistema, per quanto riguarda il supporto e l'assistenza sia psicologica che economica a favore delle vittime, la sensazione di abbandono avvertita da chi ha subito un reato viene acuita dalla progressiva concentrazione di attenzione verso la personalità e gli interessi dell'autore del reato e dal talora mortificante raffronto, specie per le vittime traumatizzate in massimo grado, con il dispendio di risorse e di energie provocato dalle varie forme di protezione previste a favore di coloro che collaborano con la giustizia, dopo averla offesa;
    l'attenzione giuridica e mediatica che si riserva all'autore del reato rende la vittima di nuovo violata, fino ad arrivare al paradosso di assistere all'arricchimento del reo grazie al racconto romanzato, attraverso trasposizioni letterarie o cinematografiche, delle gesta del criminale che ha causato loro tanto dolore, e alla sua repentina liberazione perché chi ha commesso il reato non sconterà alcuna pena carceraria o al massimo, e nella migliore delle ipotesi, tornerà a breve libero grazie a qualche provvedimento che ne disporrà la detenzione domiciliare o qualche sconto di pena;
    è notorio che la vittima di un crimine violento subisce, oltre all'intuibile e meglio quantificabile danno fisico o materiale prodotto dal reato (cosiddetto danno primario), anche un danno cosiddetto secondario, se percepisce un atteggiamento negativo o indifferente da parte delle istituzioni o della società;
    pertanto, è altresì notorio che la tutela delle vittime di reato è strettamente connessa al principio della certezza della pena, soprattutto per quanto riguarda i reati violenti;
    l'adeguato risarcimento del danno o le forme di supporto devono necessariamente accompagnarsi alla certezza per la vittima che il responsabile del reato sconterà interamente ed effettivamente la pena prevista dall'ordinamento, poiché in difetto verrà ulteriormente aggravato il cosiddetto danno secondario, determinando un clima di diffidenza e di distacco nei confronti delle istituzioni, percepite come lontane e indifferenti, e la cui manifestazione più evidente è la sfiducia nei confronti dello Stato che finisce per rendere più vulnerabili le vittime stesse;
    pertanto, qualunque provvedimento che preveda benefici o sconti di pena a favore di chi ha commesso un crimine contrasta con il principio della certezza della pena, nonché con ogni intendimento dichiarato di voler tutelare le vittime dei reati;
    i provvedimenti adottati dall'attuale maggioranza in tema di giustizia e sicurezza vanno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nella direzione diametralmente opposta, non tenendo in alcuna considerazione la vittima del reato, dispongono una serie di misure e benefici a solo vantaggio del reo;
    tali provvedimenti veicolano un messaggio, oltre che in completo contrasto con i dichiarati intendimenti di tutela delle vittime dei reati, altresì estremamente pericoloso, tale per cui si induce alla convinzione generalizzata che commettere reati, ed in particolare reati di grave allarme sociale, oltre a reati particolarmente gravi, non comporterà, nei fatti, l'applicazione di una sanzione penale ed il reato, anzi, potrà essere estinto, per cui colui che si dovrebbe tutelare, cioè la vittima, non potrà nemmeno chiedere giustizia né alcun risarcimento del danno subito;
    la proposta di legge A.C. 331-927-B (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili) approvata definitivamente pochi giorni fa dalla stessa Camera, eccetto che dal gruppo Lega Nord Autonomie, attraverso i due istituti della detenzione non carceraria (o meglio della pena della reclusione e arresto unicamente domiciliare) per reati fino a 5 anni di reclusione – per cui la pena detentiva del carcere non verrà applicata – e della sospensione del procedimento con la messa alla prova (per reati fino a 4 anni di reclusione oltre a reati di grave allarme sociale come il furto aggravato), garantisce al reo l'impunità per legge, dimenticandosi totalmente della vittima;
    tale provvedimento è l'ultimo di una lunga serie di disposizioni normative che negli ultimi due anni sono state approvate da questo stesso Parlamento, ad eccezione del gruppo Lega Nord Autonomie che è stata l'unica forza politica a votare contro, che hanno disposto benefici a favore solo degli autori dei reati: dal decreto-legge «Severino» 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, recante «Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri», al decreto-legge «Cancellieri», 1o luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, recante «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena», alla legge 21 febbraio 2014 n. 10, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante «Misure urgenti in tema dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria»;
    tra le misure adottate a favore di chi delinque occorre, in particolare, ricordare l'innalzamento dello «sconto» per la liberazione anticipata, previsto dalla legge n. 10 del 2014, che ha portato gli attuali 45 giorni a 75 giorni «scontati» a semestre, il quale, anche per l'effetto retroattivo dal 1o gennaio 2010 ha comportato uno sconto di pena di ben 280 giorni a chi era già stato condannato e, per il fatto di essere applicabile a tutti i detenuti costituisce ad avviso dei firmatari del presente atto un vero e proprio indulto mascherato permanente;
    nel corso del dibattito parlamentare, nemmeno nelle relazioni di maggioranza, una sola parola è stata spesa per le vittime dei reati da parte delle forze politiche di maggioranza, le quali hanno appoggiato e sostenuto questi provvedimenti;
    con tali provvedimenti si è data attenzione unicamente ed esclusivamente a coloro che commettono i reati e si è lasciata senza tutela la persona offesa del reato, mentre invece l'attenzione deve essere indirizzata solo ed unicamente verso chi subisce ed è vittima di un reato;
    alla luce dell'aumento esponenziale della microcriminalità registrata negli ultimi anni ed a scopo preventivo, ossia per evitare che vi siano sempre più future vittime di reati, occorre procedere a maggiori investimenti a favore del comparto sicurezza e delle forze dell'ordine e non invece disporre la soppressione di ben 267 presidi di polizia sul territorio, come recentemente annunciato da esponenti dell'attuale Governo;
    sono stati presentati in Parlamento e sono ancora in attesa di essere esaminati provvedimenti recanti norme a protezione e sostegno delle vittime di reati,

impegna il Governo:

   a sottoscrivere la Convenzione europea relativa al risarcimento delle vittime di reati violenti, del Consiglio d'Europa del 24 novembre 1983, e ad assumere le iniziative di competenza per la ratifica nel più breve tempo possibile, al fine di risponde all'esigenza di fornire adeguato supporto e idonea assistenza alle vittime dei reati;
   ad assicurare la piena centralità processuale della vittima mediante le iniziative legislative, regolamentari e amministrative necessarie, nonché a garantire l'aumento delle risorse destinate al gratuito patrocinio a favore delle vittime dei reati e adeguati investimenti per l'assistenza legale, la formazione professionale delle forze dell'ordine e il potenziamento del sistema di supporto psicologico alle vittime;
   a prevedere, anche con iniziative normative d'urgenza, l'inapplicabilità del rito cosiddetto abbreviato per tutti quei reati per i quali l'ordinamento prevede la pena dell'ergastolo e/o per tutti quei reati di competenza della corte di assise;
   a garantire il pieno rispetto del principio della certezza della pena e, in particolare, a non adottare alcuna iniziativa che disponga sconti di pena o benefici a favore di chi è stato condannato per reati di grave allarme sociale;
   a garantire la piena operatività dei presidi di polizia attualmente operanti sul territorio nazionale, rinunciando a qualsiasi piano di soppressione che ridurrebbe sensibilmente le capacità delle forze dell'ordine nel campo della prevenzione e del contrasto alla criminalità e, altresì, a potenziare il comparto sicurezza in termini di nuove risorse sia strumentali che di personale.
(1-00434)
«Molteni, Attaguile, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Cristian Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(16 aprile 2014)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER LA SOSPENSIONE DEL CONIO DELLE MONETE DA 1 E 2 CENTESIMI

   La Camera,
   premesso che:
    la quantità di monete che ciascuno Stato può coniare è approvata dalla Banca centrale europea;
    spetta poi a ciascuno Stato provvedere al conio delle stesse;
    gli organi di stampa hanno di recente riportato notizie circa il costo del conio degli euro per l'Italia. In particolare, parrebbe che i costi di fabbricazione di ciascuna moneta da un centesimo ammonterebbero a 4,5 centesimi; quelli di ciascuna moneta da due centesimi a 5,2 cent; quelli di ciascuna moneta da 5 centesimi a 5,7;
    dall'introduzione dell'euro la Zecca avrebbe fuso oltre 2,8 miliardi di monete da un centesimo, 2,3 miliardi di monete da 2 cent e circa 2 miliardi di monete da 5 cent, per un costo complessivo di 362 milioni di euro, a fronte di un valore reale di 174 milioni;
    per tali ragioni alcuni Paesi europei, tra cui la Finlandia e l'Olanda, hanno bloccato il conio delle suddette monete;
    negli ultimi anni, il Governo e il Parlamento hanno tentato di limitare lo spreco di risorse pubbliche, tagliando, attraverso la cosiddetta spending review, quei costi cui nel complesso è possibile rinunciare;
    l'utilità delle monete da 1, 2 e 5 centesimi è molto limitata e assolutamente rinunciabile, se paragonata ai risparmi che ne deriverebbe allo Stato,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, a livello nazionale ed europeo, perché vengano attuate delle politiche di contenimento della spesa, sospendendo il conio delle monete da 1 e 2 centesimi e valutando l'impatto sull'inflazione dell'eventuale sospensione del conio di quelle da 5 centesimi.
(1-00216)
«Boccadutri, Rosato, Currò, Balduzzi, Di Lello, Causi, Coppola, Coscia, D'Attorre, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Fiano, Fratoianni, Giorgis, Grande, Marcon, Melilla, Migliore, Misiani, Paglia, Pannarale, Piras, Francesco Sanna, Sannicandro, Scotto, Scuvera, Stumpo, Pinna, Catalano, Rizzetto, Prodani».
(24 ottobre 2013)