TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 171 di Martedì 11 febbraio 2014

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER ARMONIZZARE IL SISTEMA EUROPEO DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO ALLA LUCE DEL LIBRO VERDE SUL FUTURO DELL'IVA ADOTTATO DALLA COMMISSIONE EUROPEA

   La Camera,
   premesso che:
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), in cui invitava imprese, accademici, cittadini e autorità fiscali dell'Unione europea ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, allo scopo di rafforzare la coerenza del tributo con il mercato unico, incrementarne le entrate, ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    a seguito dell'ampio processo di consultazione con le parti interessate, la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    nel sopra citato documento la Commissione europea è pervenuta alla conclusione generale che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare pienamente dei vantaggi di un mercato unico autentico. La mancanza di armonizzazione genera, infatti, complessità, incertezza giuridica e costi di conformità alle norme che dissuadono le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, dall'intraprendere il commercio transfrontaliero, con la conseguenza di rendere più facile e redditizio concludere affari con partner di Paesi terzi, piuttosto che con imprese dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea la valutazione economica dei costi di conformità subiti dalle imprese impegnate nelle operazioni transfrontaliere è stimabile in una percentuale compresa tra il 2 per cento e l'8 per cento dell'importo dell'IVA riscossa. Essa ha stabilito che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri potrebbe tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    nel Libro verde sul futuro dell'IVA, la Commissione europea riconosce la necessità di una forte armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, non solo per i privati, ma anche per le imprese, innescando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea favoriscono l'insorgere di fenomeni fraudolenti, come le cosiddette «frodi carosello», che sfruttano le debolezze insite nel complesso meccanismo amministrativo di neutralizzazione dell'imposta sul valore aggiunto su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri. Tali frodi sono all'origine di enormi perdite di gettito che colpiscono con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte, poiché in essi risulta più redditizio effettuare le operazioni di vendita sotto costo di beni di largo consumo che sono alla base di questi espedienti criminali. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simile pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea;
    secondo la Commissione europea (MEMO/13/800 del 19 settembre 2013): «Prendendo in considerazione le varie componenti del divario IVA, ci sono diversi fattori che possono spiegarne l'incremento in tempi di crisi. Da un lato, un forte aumento delle aliquote per risanare i conti pubblici, soprattutto se coniugato con una scarsa ottemperanza alle norme, potrebbe, in larga misura, stimolarne l'inadempimento. Dall'altro, hanno contribuito a tale divario anche l'aumento delle insolvenze e dei fallimenti e un calo nelle importazioni (che spesso rappresentano i sistemi più facili per provvedere alla raccolta del tributo)», posizione condivisa, altresì, dal Commissario alla fiscalità della Commissione europea Algirdas Semeta. Il citato documento quantifica in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011 nel nostro Paese, che detiene tale triste primato tra i 26 Paesi dell'Unione europea;
    l'innalzamento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, attualmente al di sopra della media comunitaria, e il crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla generalità delle imprese nazionali e comunitarie per fronteggiare il divario IVA non costituiscono una strategia idonea al risanamento delle finanze pubbliche italiane. L'inasprimento della pressione fiscale e la complessità delle norme di conformità aumentano, infatti, la convenienza marginale a frodare il tributo, scoraggiando, al contempo, l'intraprendenza degli operatori corretti,

impegna il Governo:

   a garantire che le priorità strategiche indicate nel documento di cui in premessa si traducano in azioni concrete, al fine di:
    a) adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'Unione europea affinché si proceda ad un'opera di armonizzazione del sistema delle aliquote, che deve essere reso più coerente ed equo, convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando le differenziazioni nazionali;
    b) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
    c) favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio dei dichiarativi fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti nella comunicazione delle informazioni all'amministrazione finanziaria in un'ottica di normalizzazione, riduzione dei costi della compliance e di progressiva sostituzione delle attuali, obsolete modalità cartacee di tenuta di queste operazioni;
    d) istituire, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella comunicazione sul futuro dell'IVA, un regime speciale a favore delle piccole imprese, finalizzato principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia il beneficio dell'esenzione dal tributo;
    f) collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
    g) proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito;
    l) proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
    m) destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00288)
«Ruocco, Cancelleri, Alberti, Villarosa, Pesco, Barbanti, Pisano, Chimienti, Di Battista, Frusone».
(19 dicembre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
    l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
    la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
    il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
    a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
    l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
    l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
    con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
    con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,

impegna il Governo:

   ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
    a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
    b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
    c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
    d) estendere il regime di vantaggio stabilito dalla decisione 2013/678/Ue per l'esenzione dall'IVA per i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui anche alle imposte dirette e all'IRAP, attraverso la previsione di un'aliquota di vantaggio;
    e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
    f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329)
«Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(3 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
    le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
    secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
    secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
    mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
    ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
     a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
     b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
     c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
    il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
     a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
     b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
     c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
     d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
    il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
     a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
     b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
     c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
    dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
    il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
    da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
    alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
    per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
    per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
    la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
    le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
    queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
    le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 – Atto Senato n. 1058);
    il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
    a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
    b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
    c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
    d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
    e) disporre che una parte delle maggiori entrate degli Stati membri, conseguente alla diminuzione delle possibilità di frode, sia assegnata al bilancio dell'Unione europea;
   a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
    a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
    b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
    c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
    d) ottenere un'armonizzazione del regime IVA dei prodotti culturali, applicando l'aliquota ridotta anche ai prodotti musicali e agli audiovisivi, nonché ai prodotti dell'editoria elettronica on-line e agli audiolibri, che sono attualmente soggetti ad un trattamento fiscale penalizzante rispetto al cartaceo;
    e) predisporre misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330)
(Nuova formulazione) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».
(3 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    alla fine del 2010 la Commissione europea ha diramato un Libro verde sul futuro dell'IVA che, dopo un periodo finalizzato a favorire la presentazione di osservazioni, spunti e contributi da parte di imprese, professionisti, esperti e autorità fiscali, si è tradotto, a fine 2011, in una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), nell'ambito della quale sono tratteggiate le principali linee di intervento su cui appare prioritario agire al fine di evolvere la disciplina verso un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più refrattario ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    per un sistema IVA più semplice, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'istituzione di uno sportello unico, quale strumento essenziale per facilitare, soprattutto per le piccole e medie imprese, l'accesso al mercato unico; b) sulla creazione di un portale web che fornisca informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, fatturazione e dichiarazione dell'imposta; c) sull'aumento del livello di integrazione europeo del processo di elaborazione e interpretazione della normativa in materia di IVA, attraverso l'istituzione di un Forum europeo che metta a confronto autorità fiscali nazionali, Commissione europea e rappresentanti delle imprese; d) sull'opportunità di standardizzare a livello europeo gli adempimenti connessi alla gestione dell'IVA;
    per un sistema IVA più efficace, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea pone in particolare l'accento: a) sull'opportunità di un ampliamento della base imponibile, al fine di ridurre gli effetti distorsivi alla concorrenza e al mercato che possono discendere da talune previsioni di esclusione o di esenzione dal tributo, nonché al fine di consentire una riduzione dell'aliquota ordinaria applicata nei diversi Paesi membri e le differenze tra le aliquote ordinarie medesime; b) sull'opportunità di una revisione e riduzione dell'ambito di applicazione delle aliquote previste dai singoli Paesi membri in misura ridotta rispetto alle aliquote ordinarie;
    per un sistema IVA più refrattario a fenomeni di frode, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone in particolare l'accento: a) sulla possibilità di concedere una maggiore flessibilità normativa a livello di legislazione nazionale dei singoli Paesi membri, al fine di consentire l'adozione di risposte immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente; b) sull'intensificazione delle misure finalizzate a combattere le frodi, quali la creazione di Eurofisc e gli scambi di informazioni rafforzati; c) sulle ipotesi di riesame delle modalità di riscossione dell'imposta, con particolare riguardo al modello della rivalsa con, però, scissione dei pagamenti (tale per cui l'IVA addebitata in fattura dal cedente/prestatore viene direttamente pagata dal cessionario/committente su un conto corrente bancario vincolato dalle autorità fiscali) e alla generalizzazione del modello del reverse charge (tale per cui il cedente/prestatore non addebita l'imposta in fattura e quest'ultima è direttamente applicata dal cessionario/committente);
    per un sistema IVA più adatto al mercato unico, la comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione pone, in particolare, l'accento sulla necessità di approfondire ulteriormente le soluzioni per evitare che il mantenimento del principio tuttora provvisorio della tassazione nel Paese di destinazione (in luogo di quello «definitivo» dell'origine) continui a determinare un diverso trattamento nelle modalità di applicazione del tributo tra le operazioni interne e quelle transfrontaliere;
    seppur affrontato soltanto in modo marginale dalla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione, pare, altresì, evidente che, nell'ottica di un'evoluzione normativa che consenta di avere un sistema IVA al passo con il progresso tecnologico, siano quanto prima necessari a livello europeo appropriati interventi normativi volti a risolvere le oggettive iniquità di localizzazione della tassazione concernente le attività di vendita per il tramite di siti internet, cui si è recentemente cercato in Italia di dare un'inappropriata soluzione con un intervento normativo a livello nazionale (cosiddetta web tax),

impegna il Governo:

   a dare il proprio fattivo contributo in sede europea, affinché le priorità strategiche di cui alla comunicazione (COM (2011) 851) della Commissione europea, come riepilogate in premessa, trovino celere sviluppo e concreta traduzione in procedure, norme e regolamenti, sottolineando in particolare l'opportunità di un adeguato approfondimento dei positivi effetti che potrebbero determinare:
    a) l'introduzione del modello di riscossione del tributo attraverso il metodo della rivalsa con scissione del pagamento, soprattutto nei casi in cui il debitore dell'imposta è un ente pubblico;
    b) la generalizzazione del metodo del reverse charge a tutte le transazioni «business to business» (b2b);
    c) la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione;
    d) il coinvolgimento nell'apposito Forum comunitario di discussione, oltre che delle rappresentanze delle imprese, anche di quelle dei professionisti;
   a procedere quanto prima, mediante l'istituzione di un tavolo che coinvolga anche le parti sociali e le rappresentanze di imprese e professionisti, a una ricognizione dei casi di esenzione ed esclusione che, già sulla base dell'attuale normativa comunitaria, potrebbero essere rimessi in discussione ai fini dell'allargamento della base imponibile, così come delle fattispecie relativamente alle quali risulta attualmente prevista l'applicazione delle aliquote ridotte del 4 per cento e del 10 per cento, ai fini di una valutazione di una possibile prima azione su base nazionale nella direzione di un sistema IVA più efficace, coerentemente alle prospettazioni sul punto della comunicazione della Commissione europea;
   a sensibilizzare la Commissione europea e le altre istituzioni europee ai fini di un rapido adeguamento della disciplina concernente la territorialità IVA delle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate per il tramite di siti internet, così da risolvere le oggettive iniquità che, in modo giuridicamente inappropriato, ma socialmente corretto, il legislatore italiano ha recentemente cercato di risolvere con l'introduzione della cosiddetta web tax, di cui va quanto prima disposta l'abrogazione e non soltanto la mera proroga dell'entrata in vigore, come prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151.
(1-00331)
«Zanetti, Sottanelli, Andrea Romano».
(4 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione europea ha adottato, il 6 dicembre 2011, una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono essere alla base del nuovo regime e le azioni prioritarie da adottare per i prossimi anni;
    secondo la Commissione europea, la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali ostacola gli scambi interni e genera complessità e incertezza giuridica che penalizzano soprattutto le piccole e medie imprese, tanto che una riduzione del 50 per cento delle differenze esistenti tra le strutture delle aliquote IVA degli Stati membri è stimata tradursi in un incremento del 9,8 per cento degli scambi intraunionali e in un aumento dell'1,1 per cento del prodotto interno lordo reale;
    l'armonizzazione delle aliquote IVA impedirebbe fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno, nonché alterazioni della concorrenza;
    numerosi studi attestano che le divergenze tra le aliquote IVA negli Stati membri dell'Unione europea possono incidere sull'insorgere di fenomeni fraudolenti che sfruttano, tra l'altro, le debolezze insite nel sistema IVA di tassazione nel Paese di destinazione su cui si basa il vigente sistema degli scambi transfrontalieri tra imprese. Tali fenomeni sono all'origine di enormi perdite di gettito e colpirebbero con maggiore frequenza ed intensità i Paesi in cui vigono le aliquote al consumo mediamente più alte poiché in essi, a parità di altre condizioni, risulta più redditizio porre in essere fenomeni di «frodi carosello», di sottofatturazione all'importazione o di vendita sotto costo di beni di largo consumo. Al danno erariale si deve aggiungere il nocumento che simili pratiche recano al sistema della libera e leale concorrenza tra gli operatori economici, che è fondamento dell'Unione europea, e agli operatori coinvolti inconsapevolmente in catene di transazioni della specie;
    lo studio predisposto per la Commissione europea «Study to quantify and analyse the VAT Gap in the EU-27 Member States – Final Report» quantifica per l'Italia in 36 miliardi di euro il divario tra l'IVA teorica e quella riscossa nel 2011, parte del quale è riconducibile ai fenomeni di frode organizzata dell'IVA nell'ambito degli scambi internazionali di beni e servizi;
    gli aumenti avvenuti negli ultimi anni dell'aliquota IVA ordinaria, ora lievemente superiore alla media comunitaria, e gli adempimenti amministrativi rischiano di disincentivare l'adempimento del tributo, alimentando fenomeni di concorrenza sleale,

impegna il Governo:

   a promuovere in sede europea un'armonizzazione del sistema delle aliquote al fine di renderlo più coerente ed equo, eventualmente convergendo verso un'unica aliquota ordinaria ed eliminando o riducendo le differenziazioni nazionali in materia di aliquote ridotte;
   ad adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea in data 23 ottobre 2013, che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA, indipendentemente dallo Stato membro in cui vengono effettuate, posto che la dichiarazione IVA standard – che sostituirà le dichiarazioni IVA nazionali – introdurrà procedure semplificate più facili da rispettare e da applicare, determinando una riduzione dei costi di conformità stimata in 15 miliardi di euro in ambito comunitario, contribuendo a migliorare il rispetto della normativa IVA e ad aumentare le entrate pubbliche;
   a favorire il processo di automazione e telematizzazione di tutte le operazioni contabili in materia di determinazione dell'imposta del valore aggiunto: emissione, ricezione e registrazione delle fatture, liquidazione e versamento del tributo, redazione ed invio delle comunicazioni di dati e dichiarazioni fiscali, attraverso la predisposizione di software gratuiti che agevolino i contribuenti nell'esecuzione dei menzionati adempimenti, in un'ottica di potenziamento delle banche dati informatiche, aggiornate in tempo reale a disposizione dell'amministrazione finanziaria per il contrasto all'evasione e alle frodi e, per quanto riguarda il contribuente, di normalizzazione, riduzione dei costi di compliance e progressivo superamento delle attuali e obsolete modalità cartacee di tenuta della documentazione e di tutti gli adempimenti non più necessari;
   ad adottare iniziative per rivedere, coerentemente con le indicazioni fornite dalla Commissione europea nel Libro verde sull'IVA e nella successiva comunicazione sul futuro dell'IVA, i regimi speciali a favore delle piccole imprese, finalizzati principalmente a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA, prevedendo per i soggetti aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia un regime semplificato che stabilisca l'esenzione dall'IVA e dalla maggior parte degli adempimenti di carattere documentale e informativo;
   a collaborare alla realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a proseguire nella partecipazione al forum tripartito (Commissione, Stati membri e parti interessate) dell'Unione europea sull'IVA, al fine di individuare le migliori pratiche per semplificare il sistema dell'IVA transfrontaliera, ridurne i costi di conformità e garantirne il gettito, anche prendendo parte al progetto pilota per l'attività cross-border delle piccole imprese, avviato dal forum sull'IVA e attualmente in corso;
   a proseguire attivamente nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni in materia di evasione fiscale e frode fiscale;
   a destinare il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote Iva.
(1-00332)
«Causi, Bargero, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga».
(7 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    la diversa legislazione nazionale in tema di IVA rappresenta un ostacolo importante alla completa realizzazione del mercato unico europeo;
    in particolare, da un punto di vista macroeconomico, privilegiare l'imposizione sugli scambi, rispetto a quella che grava direttamente sui fattori della produzione, rappresenta, di fatto, una «svalutazione fiscale», i cui effetti sono paragonabili a quelli della svalutazione monetaria: dal momento che l'imposta si paga sui prodotti importati, mentre è restituita all'esportazione;
    alcuni Paesi, come la Germania, hanno utilizzato questo strumento per rilanciare ulteriormente le esportazioni, com’è dimostrato dal forte attivo della loro bilancia commerciale, con la conseguenza di determinare asimmetrie che si riflettono negativamente sulla stessa efficacia della politica monetaria;
    il Consiglio e la Commissione europea si sono posti da tempo – Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007 – il tema di una possibile armonizzazione tra i diversi regimi nazionali, al fine di regolare meglio gli scambi intracomunitari, specie nelle zone frontaliere, e ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese a causa dell'eccesso di regolazione fiscale;
    successivamente – il 1o dicembre 2010 – la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) in cui si indicano le linee guide che dovrebbero essere seguite dagli Stati membri per dare a quell'imposta un'impronta effettivamente comunitaria;
    ancora più recentemente – (COM (2011) 851) – la Commissione europea ha fatto proprie le indicazioni contenute nel precedente Libro verde, al fine di ridurre il peso della frammentazione nazionale, rendere più uniformi le aliquote che gravano sui singoli beni, diminuire gli oneri amministrativi e gestionali che gravano sul contribuente, specie se si tratta di piccole e medie imprese, ridurre, infine, l'area dell'evasione fiscale, molto estesa in alcuni Paesi, ma in parte riconducibile alla farraginosità delle regole che sovraintendono la relativa regolamentazione;
    il Consiglio europeo con la raccomandazione del 29 maggio 2003 «sul programma nazionale di riforma 2013» inerente al «programma di stabilità dell'Italia 2012-2017», che ha posto fine alla procedura d'infrazione, ha invitato, tra l'altro, l'Italia a «trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, assicurando la neutralità di bilancio»: proposizione che non sembra tener conto della specificità del caso italiano e della vasta platea degli «incapienti» che sosterrebbe il peso di un eventuale aumento dell'IVA – specie per i generi di prima necessità – senza alcuna contropartita in termini di riduzione del carico fiscale personale;
    lo stesso Consiglio europeo, tuttavia, in precedenza (2013/678/UE) aveva autorizzato l'Italia, in palese contraddizione con quanto richiamato in precedenza, a praticare un regime semplificato di imposizione – fino a determinare l'esenzione al di sotto di una determinata soglia (fatturato compreso tra 65 e 100 mila euro) – per le piccole imprese, anche alla luce del successivo Small business act for Europe (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008),

impegna il Governo:

   a partecipare, in sede europea, con grande attenzione agli sviluppi che seguiranno i lavori in tema di armonizzazione del regime IVA, al fine di evitare l'insorgere di ulteriori disposizioni tra loro contraddittorie per quanto riguarda la complessiva situazione italiana e le relative politiche di bilancio, che non possono prescindere dalle nuove regole che l'Europa intende darsi nei vari capitoli della politica fiscale;
   a realizzare un sistema fiscale complessivo – e non limitato solo all'IVA – che tenda a convergere verso standard uniformi, limitando la concorrenza fiscale che determina distorsioni nell'allocazione delle risorse e fenomeni di localizzazione aziendale – l'ultimo caso è quello di Fiat Chrysler automobiles – in contrasto con le regole che dovrebbero presiedere alla realizzazione di «un'area monetaria ottimale» che rappresenta il presupposto stesso dell'esistenza dell'euro;
   a far valere le specificità del sistema produttivo italiano, caratterizzato – a differenza di altri sistemi economici – dalla prevalenza di piccole e medie imprese, rispetto alle quali è necessario introdurre sistemi semplificati di contabilizzazione e riscossione, con un taglio netto degli oneri burocratici che sono a supporto di questa attività;
   ad assumere iniziative per prevedere la possibilità di una maggiore responsabilizzazione delle professioni, quale elemento di certificazione della corretta applicazione della normativa, anche al fine di ridurre l'area d'evasione fiscale, semplificando i relativi adempimenti ed accentuando, semmai, i controlli ex post, coinvolgendo in essi gli stessi professionisti;
   ad assumere iniziative per rendere compensabili debiti e crediti d'imposta, quale elemento di semplificazione amministrativa, prevedendo, altresì, di estendere le possibilità della cosiddetta «IVA per cassa»;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel rispetto dei vincoli di bilancio allentati dagli esiti della spending review, che resta la via maestra per una riduzione del carico fiscale complessivo, maggiori aree di esenzione a favore della piccola e media impresa, con effetti immediatamente positivi sulla crescita del prodotto interno lordo e conseguenti benefici per la stessa finanza pubblica;
   a adottare modelli standard per la dichiarazione IVA, come proposto dalla stessa Commissione europea, e meccanismi automatici di pagamento concordati preventivamente con l'Agenzia delle entrate, sulla base di una previsione triennale, con eventuale conguaglio a fine anno.
(1-00333) «Dorina Bianchi, Bernardo».
(7 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    sin dal novembre 2006, la Commissione europea ha proposto di varare un ambizioso programma d'azione per ridurre gli oneri amministrativi imputabili alla legislazione dell'Unione europea in vigore, individuando tra i settori prioritari quello riguardante la legislazione fiscale, in particolare quello relativo all'IVA;
    nella comunicazione «Legiferare con intelligenza nell'Unione europea – Rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese» dell'ottobre 2010 è stato evidenziato, grazie a un'indagine on line presso le piccole e medie imprese, il carattere particolarmente oneroso della direttiva IVA nell'ambito della normativa unionale. La dichiarazione IVA, in particolare, è indicata come il settore in cui le divergenze costituiscono un ostacolo al commercio nell'Unione europea. La gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per tredici settori prioritari e questa situazione diminuisce l'interesse degli investitori per l'Unione europea;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA, in cui invitava tutte le parti interessate ad esaminare in modo critico gli aspetti del sistema europeo dell'IVA, in vigore ormai da oltre 40 anni;
    al termine della consultazione pubblica le parti interessate ritennero che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea nei ventisette sistemi nazionali dell'IVA rappresentasse l'ostacolo principale a scambi intraunionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha inviato al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851), in cui sono delineate le principali linee di intervento su cui agire, al fine di realizzare un sistema dell'IVA più semplice, più efficace, più resistente ai fenomeni di frode e più adatto al mercato unico europeo;
    secondo quanto riportato nella «Valutazione retrospettiva degli elementi del sistema dell'IVA», una riduzione del 10 per cento nella diversità delle procedure amministrative generali dell'IVA tra i Paesi potrebbe tradursi in un incremento del 3,7 per cento degli scambi all'interno dell'Unione europea, con un aumento del prodotto interno lordo reale e dei consumi rispettivamente dello 0,4 per cento e dello 0,3 per cento;
    sarebbero circa 29,8 milioni le imprese che compilano dichiarazioni IVA nell'Unione europea. Di queste, circa 3,8 milioni presentano dichiarazioni in più di uno Stato membro, con un costo circa 2-3 volte superiore a quello delle dichiarazioni IVA sul mercato interno, che è equivalente a 4 miliardi di euro;
    uno studio della Commissione europea ha quantificato la differenza tra le entrate IVA effettivamente riscosse e quelle che gli Stati membri dovrebbero in teoria percepire sulla base delle rispettive economie. Per l'Italia tale divario ammonta a 36 miliardi di euro, più di Francia (32), Germania (26,9) e Regno Unito (19), una differenza che è riconducibile a fenomeni di evasione e frode fiscale realizzate negli scambi commerciali intraunione;
    il 23 ottobre 2013 la Commissione europea ha depositato la proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi sollecitamente presso le istituzioni comunitarie affinché:
    a) si esaminino in tempi rapidi la proposta di direttiva COM (2013) 721, riguardante il nuovo modello di dichiarazione IVA standard, al fine di favorire la definizione dello strumento legislativo;
    b) si proceda ad un'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che il divario delle aliquote, oltre a determinare maggiori oneri per le imprese e diminuire l'interesse degli investitori per l'Unione europea, possa favorire fenomeni di evasione e frode;
   a procedere con maggiore impulso nell'attività di cooperazione al network Eurofisc per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali e doganali per contrastare efficacemente le frodi fiscali in materia di IVA;
   a favorire la realizzazione del portale web dell'Unione europea sull'IVA, impegnandosi, altresì, a fornire le informazioni necessarie e ad aggiornarle tempestivamente;
   a partecipare attivamente al forum tripartito (Commissione europea, Stati membri, parti interessate), fortemente voluto ed istituito per scambiare opinioni su questioni pratiche legate all'applicazione dell'IVA e per individuare le migliori pratiche atte a semplificarne il sistema;
   a procedere ad un riesame complessivo della struttura delle aliquote IVA, anche alla luce degli aumenti che si sono recentemente registrati, secondo i principi guida contenuti nel Libro verde e nella comunicazione COM (2011) 851.
(1-00336)
«Buttiglione, Fauttilli, Schirò, De Mita, Rossi, Caruso, Sberna, Gigli, Marazziti, Fitzgerald Nissoli, Binetti».
(7 febbraio 2014)

   La Camera,
   premesso che:
    nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea (CEE) convennero nell'adottare un sistema comune dell'IVA, che rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali. Una parte dell'IVA percepita contribuisce, inoltre, ad alimentare il bilancio dell'Unione europea. La legislazione che regolamenta tale imposta è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. Il regime attualmente in vigore è tutt'altro che soddisfacente ed è oggetto di numerose critiche da parte degli Stati membri e delle altre parti interessate, tra le quali figurano in particolare le imprese e i consumatori;
    per questo la Commissione europea, nel dicembre 2010, ha pubblicato il Libro verde sul futuro dell'IVA contenente 33 quesiti, su cui è stata avviata una consultazione pubblica destinata a singoli contribuenti, imprese, amministrazioni pubbliche e altri organismi per ottenere la loro opinione in merito a una rivisitazione complessiva del sistema IVA europeo, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze collegate alla costruzione del mercato unico. In particolare, la Commissione europea intende conseguire il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico; l'incremento del gettito dell'imposta attraverso una più efficace lotta contro i fenomeni fraudolenti; la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per imprese e contribuenti; l'adeguamento della disciplina dell'IVA ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
    dopo un'ampia consultazione pubblica che ha visto più circa 1700 contributi pervenire ai tecnici comunitari, e che affrontavano le molteplici questioni aperte, il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM (2011) 851) sul futuro dell'IVA, nell'ambito della quale vengono delineati gli interventi da porre in essere per modificare la disciplina dell'IVA verso un sistema più semplice ed efficace, evidenziando come le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo troppo oneroso per la complessità dei diversi sistemi vigenti e per l'incertezza giuridica che caratterizza il tema. Le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano pertanto ad intraprendere attività transfrontaliere. La disciplina IVA vigente a livello europeo, infatti, risulta in contrasto con il principio di proporzionalità, si caratterizza per un'eccessiva complessità degli oneri amministrativi per i soggetti passivi e non tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci;
    la crisi economica degli ultimi anni ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche, soprattutto in termini di orientamento verso la fiscalità indiretta rispetto a quella diretta: l'incidenza dell'IVA sul totale delle entrate segna una tendenza all'aumento in tutti i Paesi dell'Unione europea, legata a politiche generalmente orientate verso il rafforzamento della competitività attraverso la riduzione dell'imposizione sul reddito da lavoro e delle imprese. Tuttavia, l'aumento delle aliquote IVA, non sempre accompagnato da analoga riduzione delle imposte dirette, ha costituito un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori;
    in Italia, in particolare, la normativa sulle aliquote IVA è stata oggetto negli ultimi due anni di ripetuti interventi legislativi, volti a incrementare il gettito di tale imposta per fare fronte alle impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica nella fase più acuta della crisi che ha investito il mercato dei titoli di Stato italiani;
    in particolare, l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha determinato l'innalzamento al 21 per cento dell'aliquota IVA cosiddetta «ordinaria», precedentemente fissata al 20 per cento, a decorrere dal 17 settembre 2011; inoltre, l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, aveva previsto un ulteriore aumento, entro il 31 dicembre 2012, di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, che sarebbero state nuovamente incrementate dello 0,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2014;
    successivamente, l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, modificando ulteriormente il medesimo articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, ha prorogato al 1o luglio 2013 l'incremento di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, stabilendo inoltre che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le predette aliquote fossero fissate, rispettivamente, all'11 ed al 22 per cento;
    l'articolo 1, comma 480, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), sostitutivo del citato articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, sia pure ridimensionando le prospettive di crescita del prelievo previste dalle norme appena ricordate, ha comunque stabilito un'ulteriore innalzamento della predetta aliquota al 22 per cento dal 1o luglio 2013, aumento prorogato a decorrere dal 1o ottobre 2013 con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
    tali interventi normativi, pure comprensibili in un contesto di emergenza della finanza pubblica ed alla luce degli stringenti vincoli imposti dal rispetto del Patto di stabilità europeo, hanno determinato effetti recessivi ampiamente riconosciuti sulla dinamica del prodotto interno lordo nazionale, soprattutto per il diretto impatto negativo che l'incremento del carico fiscale ha comportato sulle vendite di beni e le prestazioni di servizi, ma anche per l'effetto disincentivante sulle attività economiche che tali continui aggiustamenti del regime IVA hanno avuto, soprattutto in un contesto economico recessivo caratterizzato da un bassissimo tasso di fiducia dei consumatori e delle imprese;
    i recenti aumenti, che hanno ulteriormente accresciuto il differenziale rispetto all'aliquota media europea, hanno contribuito in misura significativa ad un clima di sfiducia e di mancata ripresa dei consumi e della domanda interna e, più in generale, hanno inciso negativamente sulle già debolissime prospettive di crescita dell'economia nazionale, dando purtroppo ai consumatori ed agli operatori economici interni ed internazionali un segnale negativo circa la reale intenzione del Governo di avviare un percorso di concreta riduzione della pressione tributaria,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima ogni iniziativa necessaria a:
    a) porre rimedio all'incremento al 22 per cento dell'aliquota IVA, evitando di reperire le risorse finanziarie necessarie alla copertura di tale misura attraverso manovre dal lato delle entrate;
    b) assicurare stabilità di lungo periodo alla disciplina delle aliquote IVA, escludendo il ripetersi di continui interventi legislativi in materia, che hanno già determinato nelle famiglie e nelle imprese una condizione di incertezza particolarmente nociva per le prospettive di ripresa dell'economia nazionale;
   ad operare, dando il proprio fattivo contributo, affinché, nel dar seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa:
    a) siano tenute nel debito conto le esigenze delle piccole imprese, allo scopo di ridurre i costi operativi a loro carico e gli oneri amministrativi per le amministrazioni;
    b) sia evitata qualsiasi ipotesi di aumento delle aliquote IVA nella direttiva quadro, poiché questo implicherebbe, tra l'altro, un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori, a maggior ragione a fronte di timidi segnali di ripresa economica;
    c) siano approfondite le potenzialità di strumenti quali la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione o del metodo del reverse charge nelle transazioni «business to business» (b2b);
    d) si prosegua con maggiore incisività nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituisce un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta.
(1-00338)
«Capezzone, Sandra Savino, Garnero Santanchè, Laffranco, Palese, Galati, Latronico, Milanato, Prestigiacomo».
(10 febbraio 2014)

MOZIONI CONCERNENTI L'INDICAZIONE DELL'AFFILIAZIONE DEI PARTITI POLITICI NAZIONALI A QUELLI EUROPEI, IN VISTA DELLE ELEZIONI EUROPEE DEL 2014

   La Camera,
   premesso che:
    l'attuazione dei Trattati costitutivi dell'Unione europea e l'applicazione delle norme comunitarie e delle decisioni politiche e tecniche conseguenti non può che avvenire attraverso un'ampia partecipazione democratica, che renda l'Europa un progetto condiviso dai popoli e da ciascun cittadino e cittadina;
    le prossime elezioni europee del 2014 saranno in questo senso un appuntamento di particolare importanza, anche perché il presidente della Commissione europea verrà per la prima volta eletto dal Parlamento europeo, tenendo conto del risultato delle elezioni;
    nel corso degli anni si è rafforzato il ruolo dei partiti politici europei, a cui i partiti politici nazionali, anche italiani, sono affiliati o con i quali hanno comunque rapporti assai stretti, non solo ai fini della costituzione di gruppi omogenei nel Parlamento europeo, ma anche per iniziative e campagne transnazionali;
    la Commissione europea, in data 12 marzo 2013, con propria raccomandazione sul rafforzare l'efficienza e la democrazia nello svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo, ha indicato che, prima e durante le elezioni, i partiti politici nazionali dovrebbero indicare chiaramente a quale partito politico europeo sono affiliati «anche permettendo e incoraggiando l'indicazione di tali collegamenti sulle schede elettorali»; i partiti politici dovrebbero rendere noto quale candidato sostengono alla presidenza della Commissione europea; i partiti nazionali dovrebbero informare gli elettori durante la campagna in merito al loro candidato alla presidenza della Commissione europea;
    anche in sede di Parlamento europeo, la Commissione del Parlamento europeo, Affari costituzionali, si è espressa in maniera simile, in data 28 maggio 2013, in particolare esortando gli Stati membri a prevedere sulla scheda elettorale i nomi e, quando appropriato, i simboli dei partiti politici europei, in attesa che su questo si esprimesse anche il Parlamento europeo in seduta plenaria, che effettivamente si è pronunciato con una risoluzione approvata il 4 luglio 2013;
    sarebbe atto di particolare valore ideale e di rilievo istituzionale se l'Italia fosse il primo Stato membro ad accogliere tali raccomandazioni, secondo la tradizione europeista che, nel tempo, ha contraddistinto in maniera particolare l'impegno italiano in sede europea;
    l'esplicita indicazione sulla scheda elettorale e durante la campagna elettorale dell'appartenenza ai partiti europei dei partiti nazionali impegnati sarebbe un'opportuna informazione agli elettori, utile per scelte consapevoli e informate;
    i firmatari del presente atto di indirizzo, che aderiscono formalmente e/o idealmente al partito del socialismo europeo, esprimono la ferma convinzione che l'impegno proposto sia di eguale utilità e opportunità per ogni forza politica italiana a qualsiasi partito europeo essa aderisca,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie e urgenti iniziative dirette a recepire la raccomandazione della Commissione europea relativamente all'indicazione dell'affiliazione europea dei partiti concorrenti alle elezioni europee 2014 nelle schede elettorali.
(1-00157)
«Di Lello, Garavini, Scotto, Locatelli, Mogherini, Ragosta, Migliore, Del Basso De Caro, Di Gioia, Pastorelli, Boccadutri, Franco Bordo, Lavagno, Melilla, Nicchi, Paglia, Piazzoni, Quaranta, Ricciatti, Pilozzi, Giancarlo Giordano, Di Salvo, Kronbichler, Manciulli, Amendola, Paolucci, Quartapelle Procopio».
(30 luglio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi finanziaria e del debito sovrano che ha colpito il continente europeo negli ultimi anni ha fatto emergere prepotentemente l'esigenza di rafforzare il processo di integrazione europea, con particolare riferimento alla governance economica e al perseguimento degli obiettivi di crescita, occupazione, coesione sociale e sostenibilità sottesi alla «Strategia Europa 2020»;
    i progressi che sono stati recentemente compiuti sul piano del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, del potenziamento degli strumenti finanziari e dell'operatività della Banca centrale europea e, da ultimo, sul versante dell'unione bancaria, devono poter essere inquadrati in un disegno più ampio di riforma dell'Unione europea, per la realizzazione del quale è indispensabile accrescere la legittimità democratica dei suoi processi decisionali, anche attraverso il rafforzamento del ruolo chiave dei partiti politici europei nella formazione di una coscienza politica europea e nella rappresentanza della volontà politica dei cittadini dell'Unione europea;
    in questo quadro, le elezioni europee che si terranno nel mese di maggio 2014 rivestono una rilevanza fondamentale ai fini del rafforzamento del processo di integrazione su basi democratiche, poiché esse saranno le prime dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, che accresce notevolmente i poteri del Parlamento europeo, il quale per la prima volta eleggerà il Presidente della Commissione europea, su proposta del Consiglio europeo, il quale dovrà tenere conto dell'esito delle elezioni e aver consultato il nuovo Parlamento prima di procedere alla nomina;
    per rendere effettiva la legittimazione democratica del processo decisionale dell'Unione europea è essenziale che i cittadini chiamati a rinnovare il prossimo Parlamento europeo siano messi in grado di valutare compiutamente i programmi dei diversi partiti politici collocandoli entro la dimensione politica europea, evitando, pertanto, che le campagne elettorali continuino ad essere focalizzate prevalentemente su tematiche nazionali, relegando in secondo piano il dibattito sulle questioni specificamente europee e incidendo in tal modo negativamente anche sul tasso di partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo;
    al fine di favorire la partecipazione e l'espressione di un voto consapevole dei cittadini dell'Unione europea, che tenga conto anche delle affinità identitarie, dei raccordi e delle affiliazioni intercorrenti tra i partiti politici nazionali e le grandi formazioni politiche europee, sia la Commissione europea, con raccomandazione del 12 marzo 2013, sia lo stesso Parlamento europeo, con risoluzione approvata nella seduta plenaria del 4 luglio 2013, hanno esortato gli Stati membri a promuovere e semplificare l'informazione degli elettori circa i collegamenti tra partiti nazionali e partiti politici europei;
    in particolare, la Commissione europea ha raccomandato agli Stati membri la diffusione all'elettorato delle informazioni sui collegamenti tra partiti nazionali e partiti politici europei, prima e durante le elezioni del Parlamento europeo, anche permettendo e incoraggiando l'indicazione di tali collegamenti sulle schede elettorali e auspicando, altresì, che i partiti politici europei e nazionali rendano «noti, prima delle elezioni del Parlamento europeo, i rispettivi candidati alla carica di presidente della Commissione europea e i relativi programmi»;
    analogamente, il Parlamento europeo si è espresso, tra l'altro, nel senso di esortare «gli Stati membri e i partiti politici a provvedere a che i nomi e, se del caso, i simboli dei partiti politici europei appaiano sulla scheda elettorale»; ha, inoltre, chiesto ai partiti politici europei di nominare i rispettivi candidati alla presidenza della Commissione europea con sufficiente anticipo rispetto alle elezioni, in modo da consentire ai medesimi di organizzare una campagna significativa su scala europea che si concentri su questioni europee basate sul programma del partito e su quello del candidato alla presidenza della Commissione europea proposto dal partito; ha, infine, ribadito l'invito ai «partiti politici nazionali a informare i cittadini, prima e durante la campagna elettorale, in merito alla loro affiliazione a un partito politico europeo e al loro sostegno al candidato di quest'ultimo alla presidenza della Commissione e al programma politico di tale candidato»,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente ogni iniziativa utile affinché, in coerenza con le raccomandazioni europee illustrate in premessa, nelle schede elettorali per le prossime elezioni europee siano indicati i nomi e, se del caso, anche i simboli dei partiti politici europei affiliati a ciascun partito nazionale che si presenti alle elezioni, nonché a promuovere campagne informative circa la rilevanza delle elezioni europee volte a incentivare la partecipazione dei cittadini al voto.
(1-00337) «Dorina Bianchi».
(7 febbraio 2014)