TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 91 di Venerdì 4 ottobre 2013

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   in attuazione del decreto legislativo n. 39 del 2010, recante la disciplina della revisione legale, sono stati emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze i seguenti regolamenti: decreto ministeriale 20 giugno 2012, n. 144, regolamento concernente le modalità di iscrizione e cancellazione dal registro dei revisori legali, in applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (Gazzetta ufficiale n. 201 del 29 agosto 2012); decreto ministeriale 20 giugno 2012, n. 145, regolamento in applicazione degli articoli 2, commi 2, 3, 4 e 7, e 7, comma 7, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati (Gazzetta ufficiale n. 201 del 29 agosto 2012); decreto ministeriale 25 giugno 2012, n. 146, regolamento riguardante il tirocinio per l'esercizio dell'attività di revisione legale, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (Gazzetta ufficiale n. 201 del 29 agosto 2012); decreto ministeriale 24 settembre 2012, istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze della commissione centrale per i revisori contabili (Gazzetta ufficiale n. 253 del 29 ottobre 2012); decreto ministeriale 24 settembre 2012, determinazione dell'entità e delle modalità di versamento del contributo annuale degli iscritti al registro dei revisori legali (Gazzetta ufficiale n. 253 del 29 ottobre 2012); decreto ministeriale 1o ottobre 2012, determinazione dell'entità e delle modalità di versamento degli oneri in misura fissa previsti dal decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, in materia di revisione legale dei conti e dei relativi regolamenti attuativi (Gazzetta ufficiale n. 251 del 26 ottobre 2012); decreto ministeriale 28 dicembre 2012, n. 261, regolamento concernente i casi e le modalità di revoca, dimissioni e risoluzione consensuale dell'incarico di revisione legale, in attuazione dell'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (Gazzetta ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2013); decreto ministeriale 8 gennaio 2013, n. 16, regolamento concernente la gestione della «sezione dei revisori inattivi», in attuazione dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (Gazzetta ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2013);
   risultano, invece, ancora da emanare i regolamenti concernenti i seguenti aspetti della disciplina: esame di idoneità professionale, ex articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010; formazione continua, ex articolo 5 del decreto legislativo n. 39 del 2010; deontologia professionale, riservatezza e segreto professionale, ex articolo 9 del decreto legislativo n. 39 del 2010; indipendenza e obiettività, ex articolo 10 del decreto legislativo n. 39 del 2010; principi di revisione, ex articolo 11 del decreto legislativo n. 39 del 2010; elaborazione dei principi, ex articolo 12 del decreto legislativo n. 39 del 2010; indipendenza, ex articolo 17 del decreto legislativo n. 39 del 2010; controllo della qualità, ex articolo 20 del decreto legislativo 39 del 2010;
   in particolare, la mancata emanazione del regolamento di attuazione dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, recante «Esame di idoneità professionale», determina, di fatto, l'impossibilità di accedere al registro dei revisori legali; infatti, al di là della salvaguardia dei diritti acquisiti alla data del 13 settembre 2012, data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 145 del 2012, che, all'articolo 17, disciplina la prima formazione del registro, fino all'emanazione del predetto regolamento non sarà più possibile accedere al registro;
   a tale proposito giova ricordare che, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto ministeriale n. 145 del 2012, «hanno diritto all'iscrizione nel registro dei revisori legali le persone fisiche e le società che, al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, sono già iscritti al registro dei revisori contabili di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, e all'albo speciale delle società di revisione di cui all'articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Sono, altresì iscritti, su richiesta: 1) coloro che, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, hanno acquisito il diritto di essere iscritti nel registro dei revisori contabili di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, a condizione che la relativa istanza sia prodotta entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento (il termine ultimo è previsto per il 12 settembre 2013); 2) coloro che, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, hanno presentato istanza di partecipazione ad una sessione d'esame non ancora conclusa per l'iscrizione al registro dei revisori contabili di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, ed hanno, alla data di presentazione dell'istanza di iscrizione al registro, superato l'esame medesimo (la norma in questo caso non sembra porre termini decadenziali)»;
   il vuoto normativo creatosi per la mancata emanazione del regolamento attuativo dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010 è, ad avviso degli interpellanti, il frutto dell'errata interpretazione della disciplina dettata dal decreto legislativo n. 39 del 2010, nel quale sono incorsi il Ministero della giustizia e quello dell'economia e delle finanze; si osserva, infatti, che l'articolo 43 del citato decreto legislativo prevede, in base al combinato disposto dei commi 1 e 4, che è abrogata, ma resta in vigore fino all'emanazione dei regolamenti previsti dal predetto decreto legislativo, la previgente normativa e che, fino all'emanazione di tutti i regolamenti per revisore legale, per revisore legale si intende il soggetto iscritto nel registro dei revisori contabili ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, e per società di revisione legale la società di revisione iscritta nell'albo speciale delle società di revisione previsto dall'articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, o nel registro di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88;
   appare dunque lecito domandarsi se dall'emanazione solo di alcuni decreti attuativi possa derivare l'abrogazione di tutta la previgente normativa. Se, cioè, una disciplina parziale ed inorganica possa sostituirsi alla complessa regolamentazione in materia di revisione legale formatasi e consolidatasi in numerosi anni di produzione legislativa e applicazione pratica della stessa; appare evidente, come dimostrano i fatti, che ciò non sia possibile e che assumere, contrariamente a quanto previsto dalla legge, la sostituzione di norme che non possono essere applicate alla compiuta disciplina previgente determina (come ha determinato) un grave vuoto normativo, con incertezze e confusione in una materia tanto delicata quanto sicuramente è quella del controllo legale dei conti;
   per comprendere gli effetti dell'indirizzo interpretativo assunto dalla Ragioneria generale dello Stato, che nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze cura la materia della revisione legale, giova presentare il caso di un giovane commercialista al quale, in data 7 agosto 2013, la Consip spa comunicava il diniego all'iscrizione nel registro dei revisori legali disposto con decreto del 23 luglio 2013 dell'ispettore generale di finanza. La motivazione indicata nel decreto a supporto del diniego di iscrizione al registro è la mancanza dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 2010, che dispone che: «Possono chiedere l'iscrizione al registro le persone fisiche che: a) sono in possesso dei requisiti di onorabilità definiti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Consob; b) sono in possesso di una laurea almeno triennale, tra quelle individuate con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Consob; c) hanno svolto il tirocinio, ai sensi dell'articolo 3; d) hanno superato l'esame di idoneità professionale di cui all'articolo 4». Nelle premesse del provvedimento di diniego viene rilevato dal direttore generale di finanza sia il mancato svolgimento da parte della giovane commercialista di un esame di idoneità professionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, sia la mancata acquisizione, alla data del 13 settembre 2012, del diritto di essere iscritto nel registro ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto ministeriale n. 145 del 2012, in quanto la giovane commercialista in questione ha concluso il periodo del tirocinio triennale successivamente al 13 settembre 2012, data di entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale n. 145 del 2012. Non si comprende come si fa a sostenere che la dottoressa in questione non ha superato l'esame di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, se manca il regolamento che deve disciplinare l'esame;
   intanto, mentre la Ragioneria generale dello Stato dispone il rigetto delle domande d'iscrizione nel registro dei revisori legali per il mancato superamento dell'esame di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, esame non ancora disciplinato dal Ministero della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la Consip spa introita i versamenti, ammontanti ad euro 50, effettuati dai richiedenti l'iscrizione a titolo di copertura delle spese di segreteria, e lo Stato i circa 16 euro della marca da bollo che necessariamente deve essere apposta sulla domanda di iscrizione;
   è di tutta evidenza come il vuoto normativo determinatosi sta producendo effetti paradossali, la cui gravità evidenzia l'insensatezza di un'interpretazione, che oggi appare chiaramente priva di fondamento normativo, fortemente voluta dai Ministeri della giustizia e dell'economia e delle finanze, che in maniera, a giudizio degli interpellanti, gravemente miope hanno determinato la paralisi di un pubblico registro, al quale non è più consentito accedere, tranne per chi ne aveva già acquisito il diritto –:
   se non si ritenga opportuno rivedere senza indugio l'errata interpretazione che ha prodotto questo vuoto normativo, ripristinando l'applicazione della «vecchia» disciplina fino all'emanazione di tutti i regolamenti attuativi del decreto legislativo n. 39 del 2010, come peraltro risulta chiaramente rinvenibile nel disposto dell'articolo 43 del decreto medesimo;
   in subordine, se non si ritenga opportuno quanto meno procedere senza indugio all'adozione del regolamento attuativo dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 39 del 2010, disciplinando l'esame richiesto per l'accesso al registro e disponendo adeguate e ragionevoli equipollenze con l'esame di Stato per l'accesso alla professione di dottore commercialista e di esperto contabile, eliminando in tal modo l'incresciosa situazione generatasi, tale per cui un pubblico registro risulta oggi di fatto trasformato in quella che agli interpellanti appare una casta chiusa, a scandaloso svantaggio, una volta di più in Italia, dei giovani professionisti.
(2-00222) «Zanetti, Dellai».
(24 settembre 2013)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in data 25 settembre 2013, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo riceveva una missiva dal sindaco del comune di Saluggia, signor Firmino Barberis, che rendeva note diverse preoccupazioni relative al sito Eurex di Saluggia, più volte oggetto di sindacato ispettivo sia in questa che nelle precedenti legislature, anche con il supporto della capogruppo di minoranza, signora Paola Olivero;
   nello specifico, il signor Barberis faceva presente che, nonostante il parere negativo del comune di Saluggia, dopo due conferenze di servizi, il Ministro interpellato emanava, in data 30 luglio 2013, un decreto, ai sensi dell'articolo 24, quarto comma, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012, per autorizzare la Sogin a costruire a Saluggia un impianto denominato Waste Management Facility (WMF) «destinato a condizionare e trattare i rifiuti solidi radioattivi dell'impianto Eurex»;
   il luogo dove dovrebbe sorgere l'impianto WMF non gode dei criteri di edificabilità; occorre, quindi, che il comune deliberi sulla modifica del piano regolatore;
   secondo il sindaco, «il parere negativo è stato dato con lo scopo di sollecitare il Ministero e gli enti preposti a fare azioni concrete per individuare il sito unico nazionale dove portare i rifiuti radioattivi di Saluggia e degli altri otto comuni italiani sede di impianti e centrali nucleari, tre dei quali sono in Piemonte»;
   sul territorio del comune di Saluggia sono giacenti oltre i 2/3 delle scorie radioattive presenti in Italia, sotto forma di rifiuti sia liquidi che solidi;
   in data 19 settembre 2013, l'Ispra rendeva noto che «sulla base della vigilanza svolta in data 28 agosto 2013 da questo Istituto, alla presenza di funzionari dell'ARPA Piemonte, il bacino WP719 risulta essere completamente drenato e privo di sedimenti e le operazioni di bonifica sono da ritenersi completate (...). Si informa, infine, che questo Istituto ha richiesto alla SOGIN un programma in merito alle successive modalità di gestione in sicurezza della WP719, che preveda la dismissione della stessa ai fini della raccolta degli effluenti liquidi e la predisposizione di un sistema alternativo» –:
   come mai non sia stato ancora individuato il sito unico di stoccaggio nazionale, anche alla luce delle diverse posizioni assunte dai comuni coinvolti e, in particolare, da quello di Saluggia;
   quando si preveda l'individuazione dello stesso sito e quale sia la tempistica di realizzazione;
   come mai si continuino a costruire, come nel caso del comune di Saluggia, depositi temporanei, investendo ingenti risorse che, invece, dovrebbero essere destinate alla realizzazione del sito unico nazionale;
   come mai il Governo non abbia sollecitato l'Ispra nell'elaborare i criteri di idoneità tecnica per la localizzazione del sito di stoccaggio di scorie, visto che gli stessi dovevano essere individuati entro dicembre del 2012, come da dichiarazione del Viceministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, Michel Martone, nel rispondere all'interpellanza urgente n. 2-01655, resoconto stenografico dell'Assemblea della seduta n. 689 del 20 settembre 2012;
   quali siano il reale valore e il peso che il Governo intende attribuire alla pronuncia che il consiglio comunale sarà tenuto ad adottare relativamente al decreto di cui in premessa;
   come mai nel citato decreto non si faccia riferimento alla necessità della valutazione di impatto ambientale.
(2-00235)
«Bobba, Lavagno, Anzaldi, Bargero, Mariastella Bianchi, Biondelli, Boccuzzi, Bonifazi, Bonomo, Borghi, Paola Bragantini, Bratti, Casellato, Cenni, D'Ottavio, Damiano, Fiorio, Fregolent, Gelli, Grassi, Gribaudo, Gozi, Lacquaniti, Magorno, Mariani, Mattiello, Nardella, Patriarca, Pellegrino, Portas, Realacci, Rocchi, Rossomando, Taricco, Zan, Zaratti, Pastorelli».
(1o ottobre 2013)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere – premesso che:
   con l'approvazione della legge n. 85 del 2009, l'Italia ha aderito al Trattato di Prüm, firmato da Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005. Tale trattato è volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e all'immigrazione clandestina. La citata legge istituisce la banca dati del dna presso il Ministero dell'interno e il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del dna presso il Ministero della giustizia. Vengono, in particolare, tenuti distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del dna (banca dati nazionale del dna) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (laboratorio centrale presso l'amministrazione penitenziaria), nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle forze di polizia o altrimenti specializzati, come il reparto investigazioni scientifiche di Parma);
   l'articolo 19 della suddetta legge pone, inoltre, a carico del Governo l'obbligo di inviare periodicamente al Parlamento una relazione sull'attività della banca dati nazionale del dna e del laboratorio centrale per la medesima banca dati. Fino al 2011, a tale obbligo ha adempiuto il Ministro della giustizia; nel 2012 ha, invece, provveduto il Ministro dell'interno;
   l'articolo 16 della legge demanda ad un regolamento di delegificazione, ancora non emanato, la disciplina attuativa della legge. Attraverso tale atto – che doveva essere emanato entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge – dovevano essere regolamentati: il funzionamento e l'organizzazione della banca dati e del laboratorio centrale; le modalità di trattamento, di accesso e di comunicazione dei dati; le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici; i tempi di conservazione dei profili del dna e dei campioni biologici; le attribuzioni dei responsabili della banca dati e del laboratorio centrale; le competenze tecnico-professionali del personale addetto alla banca dati e al laboratorio centrale; le modalità ed i termini di esercizio dei poteri conferiti al comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie; le modalità di cancellazione dei profili del DNA e di distruzione dei relativi campioni biologici;
   in data 20 settembre 2012, il Sottosegretario alla giustizia, Antonino Gullo, a seguito di un'interrogazione a risposta immediata in Commissione giustizia della Camera dei deputati affermava che «è stata, infatti, predisposta la bozza di regolamento attuativo di cui all'articolo 16 della legge n. 85 del 2009, che è stata condivisa da tutte le Autorità partecipanti, eccezione fatta dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali. Peraltro, il Ministero della Giustizia, sin dal 3 febbraio 2011, ha formalmente provveduto a trasmettere il parere favorevole sul testo approntato e, più di recente nel maggio 2012, ha confermato la propria immediata disponibilità a porre in essere tutte le attività necessarie per l'approvazione definitiva dello schema di regolamento da sottoporre al Consiglio dei Ministri. A sua volta, il Ministero dell'Interno, con nota del 27 luglio 2012, si è riservato di convocare tra le Amministrazioni interessate una nuova riunione, allo stato non indetta»;
   l'articolo 18 della legge delegava il Governo ad emanare, entro un anno, uno o più decreti legislativi per provvedere all'integrazione dell'ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria mediante l'istituzione di ruoli tecnici nei quali inquadrare il personale da impiegare nelle attività del laboratorio centrale. Il Governo ha esercitato la delega con il decreto legislativo n. 162 del 2010. Le procedure concorsuali per l'assunzione dei ruoli tecnici della polizia penitenziaria non potranno, però, essere avviate prima della definizione dei regolamenti attuativi da parte dei rispettivi ministeri;
   il Sottosegretario alla giustizia, Antonino Gullo, nella risposta all'interrogazione sopra citata, a proposito dell'articolo 18 della legge, affermava che «per quanto concerne le attività di stretta competenza del Ministero della Giustizia, si è già provveduto – a norma dell'articolo 18 della legge citata – a predisporre il decreto attuativo per l'istituzione dei ruoli tecnici in cui verrà inquadrato il personale di Polizia penitenziaria, impiegato nel laboratorio centrale della Banca dati del DNA. Il provvedimento è già entrato in vigore nel settembre 2010 (decreto legislativo 9 settembre 2010, n. 162) e sono stati predisposti anche i tre regolamenti attuativi previsti per la determinazione dei profili professionali dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria, per le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria e, infine, per la disciplina delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione relativi alle suddette qualifiche. Per il primo regolamento si è in attesa, soltanto, del concerto del Ministero dell'Economia, per il secondo del parere delle associazioni sindacali, mentre per il terzo devono essere acquisiti i concerti prescritti per legge. Sottolineo, peraltro, che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, per la parte di competenza, ha anche posto in essere numerosissime iniziative. Tra le altre, segnalo che sul capitolo 1752 del bilancio della Giustizia sono state finanziate risorse pari a euro 18.074.462,00, per la realizzazione del laboratorio centrale del DNA. È stato stipulato il contratto per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile destinato a sede del laboratorio centrale, che sarà pronto a breve. È stata, inoltre, indetta una gara pubblica in ambito comunitario per l'approvvigionamento di “strumenti elettronici ed arredi tecnici da utilizzare presso il laboratorio centrale del DNA”. La fornitura è stata aggiudicata per un importo pari a euro 4.198.000,00 ed è stata consegnata a dicembre 2011»;
   in data 7 dicembre 2012, in merito all'attuazione della legge, la Commissione europea, con la presentazione della relazione sull'attuazione della decisione 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera («decisione di Prüm») (COM(2012)732), ha lamentato il ritardo di alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, nella realizzazione degli adeguamenti tecnici necessari allo scambio automatizzato di dati relativi al dna e alle impronte digitali;
   in data 31 gennaio 2013, il giornale Il Fatto quotidiano riportava che sono stati spesi sedici milioni di euro per la realizzazione del laboratorio centrale del dna e che «il 2 ottobre 2010, viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che prevede l'istituzione dei “ruoli tecnici del personale del Corpo di polizia penitenziaria”: operatori, revisori, periti e direttori. Il numero delle persone necessarie a mandare avanti il Laboratorio è 37. Non centinaia, appena 37. Eppure il Dap non riesce a bandire i concorsi, che devono essere aperti all'esterno»;
   in risposta al sopracitato articolo, il vice capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottore Luigi Pagano, comunicava al quotidiano che: «al momento dell'attribuzione dell'incarico conferito dalla legge n. 85 del 2009 l'Amministrazione Penitenziaria ha iniziato tempestivamente il complesso iter che doveva portare alla creazione del Laboratorio centrale d'analisi del Dna e all'indizione dei concorsi riguardante i ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria delegata a condurre il laboratorio;
   secondo, la gestione dei fondi accreditati all'Amministrazione è stata estremamente oculata; sono stati realizzati, in tutti i 207 istituti della nazione, i gabinetti per il prelievo dei reperti biologici sia dei detenuti già presenti che degli ingressi futuri, formato il personale, creato, presso la C.R. di Rebibbia, il laboratorio centrale completandolo di attrezzature tecnologicamente all'avanguardia; terzo, il laboratorio allo stato non è fermo, bensì sono in corso le procedure per l'accreditamento dello stesso che saranno avviate dai biologi della Università di Tor Vergata; quarto, le procedure concorsuali per l'assunzione dei ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria, infine, avranno inizio non appena saranno varati, dai competenti organi, i regolamenti attuativi; quinto, non mi sembra di vedere nelle altre forze di Polizia un desiderio di accaparramento del Laboratorio né, invero, il Dap sarebbe disponibile a “passare la mano”»;
   da quanto è dato sapere, ad oggi circa cinquanta nazioni nel mondo si sono dotate di una banca dati nazionale del dna. Il Regno Unito ha avviato la banca dati nazionale del dna nel 1995. Ad oggi, il loro database include più di 5 milioni di profili. La Francia, invece, ha avviato la banca dati nazionale del dna nel 1999. Ad oggi, il loro database include 1.5 milioni di profili. Il tasso di crescita dell'adozione di un programma nazionale per la realizzazione di una banca dati del dna aumenta esponenzialmente: si stima che nel 2015 il 60 per cento della popolazione mondiale vivrà in nazioni dotate di database di dna;
   i benefici derivanti dalla messa in funzione della banca dati nazionale del dna aumenteranno all'aumentare dei profili genetici memorizzati nella stessa. Uno dei benefici più evidenti derivanti dall'adozione della banca dati nazionale del dna è l'aumento fino al 60 per cento della probabilità di identificazione del colpevole a partire dal campione di dna raccolto sulla scena del crimine;
   la ratifica del trattato di Istanbul impegna il nostro Paese ad intensificare tutti gli sforzi per prevenire la violenza sulle donne e, in particolare, il femminicidio. L'utilizzo della banca dati nazionale del dna ha dimostrato, nei Paesi in cui è stata attivata, di poter contribuire alla riduzione delle violenze sessuali grazie alla rapida identificazione del colpevole, con conseguente effetto psicologico positivo in termini di propensione alla denuncia dei crimini di tipo sessuale da parte delle vittime. Per quanto riguarda le violenze sessuali, infatti, l'uso dell'analisi del dna combinato con l'adozione di una banca dati nazionale del dna aumenta enormemente la probabilità di identificare il colpevole. Non è raro, infatti, che chi si macchia di tale tipo di violenza sia recidivo, per cui l'uso della banca dati del dna rende le indagini decisamente più efficaci. Nel Regno Unito, ad esempio, nel biennio 2006-2007, oltre un terzo dei crimini di violenza sessuale sono stati risolti grazie al ricorso alla banda dati nazionale del dna –:
   quale sia lo stato dell’iter relativo ai regolamenti attuativi previsti per le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria e per la disciplina delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione relativi alle suddette qualifiche;
   se il Governo sia intenzionato, e in quali tempi e modi, a dare piena attuazione alla legge n. 85 del 2009 e rendere, così, immediatamente operativa la banca dati nazionale del dna.
(2-00233)
«Tartaglione, Giuliani, Simoni, Taranto, Morani, Roberta Agostini, Venittelli, Bruno, Manfredi, Pisicchio, Valeria Valente, Moretti, Verini, Manzi, Rostan, Marzano, Scalfarotto, Bossa, Tidei, Salvatore Piccolo, Bonavitacola, Valiante, Mattiello, Preziosi, Famiglietti, Scanu, Paolucci, Pastorino, Coccia, Miccoli, Gullo, Gadda, Albanella, Mongiello, Iacono, D'Incecco, Amoddio, Amendola, Gozi, Capone, De Menech, Fontanelli».
(1o ottobre 2013)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della salute e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il concetto di inquinamento irreversibile è previsto nella direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 che, per l'emissione deliberata nell'ambiente degli organismi geneticamente modificati, al quarto punto dei considerando, riporta quanto segue: «gli organismi viventi immessi nell'ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o come prodotti commerciali possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni possono essere irreversibili»;
   in materia di organismi geneticamente modificati, l'obbligo comunitario, in virtù dei trattati di Roma, prevale sul limite costituzionale interno solo quando non tocca principi e diritti fondamentali previsti dalla Costituzione, come il diritto all'integrità dell'ambiente previsto all'articolo 9;
   sin dal mese di aprile 2013, il Ministro della salute pro tempore a richiesto alla Commissione europea di effettuare una nuova valutazione del Mon810 ed ha definito adeguate le misure di gestione che avrebbero dovuto essere obbligatorie per tutti gli utilizzatori degli organismi geneticamente modificati;
   è noto che nel giugno 2013, in provincia di Pordenone, è stata avviata la prima semina di mais geneticamente modificato; si è a conoscenza anche della presenza di altri campi seminati con mais geneticamente modificato, senza tuttavia averne un quadro completo. I campi sono arrivati a fioritura e taluni anche a trebbiatura senza che alcuna azione preventiva o riparativa da parte delle autorità competenti sia stata effettuata;
   la mozione n. 1-00015, votata dalla Camera dei deputati nel mese di luglio 2013, impegna il Governo ad assumere iniziative urgenti in relazione all'avvenuta semina di mais geneticamente modificato, su tutto il territorio italiano, al fine di evitare ogni forma di possibile contaminazione ambientale e delle produzioni agricole locali;
   in seguito i Ministeri competenti annunciavano l'emanazione di un decreto interministeriale, sempre in forza dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1829/2003 per vietare la coltivazione del Mon810 sul territorio nazionale, adducendo come motivazione anche un recentissimo approfondimento tecnico scientifico dell'Ispra che evidenzia l'impatto negativo degli organismi transgenici sulla biodiversità, non escludendo rischi su organismi acquatici (già evidenziati da un parere dell'Efsa del dicembre 2011); tale divieto è così in vigore fino all'adozione delle misure previste dal regolamento (CE) n. 178/2002 e, comunque, per un periodo di massimo diciotto mesi;
   il decreto interministeriale, in vigore dal 12 agosto 2013, stabilisce che: «La coltivazione di varietà di mais MON810, provenienti da sementi geneticamente modificate è vietata nel territorio nazionale, fino all'adozione di misure comunitarie di cui all'articolo 54, comma 3 del regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002» senza fornire alcuna linea di azione a riguardo dei campi ove la semina è già avvenuta e ove fioritura e trebbiatura sono tuttora in corso;
   sempre i Ministeri competenti hanno sottolineato che le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, cui l'Italia si conforma, ribadiscono la legittimità di misure di coesistenza che salvaguardino le colture tradizionali e biologiche e che dovrebbero essere adottate dalle regioni conformemente alla sentenza n. 116 del 2006 della Corte costituzionale;
   nel rispondere ad una consultazione pubblica lanciata dal Commissario europeo all'agricoltura, Dacian Ciolos, che ha riunito 45 mila risposte di cittadini (il 96 per cento) e di addetti ai lavori in Europa, i partecipanti hanno confermato la loro «fiducia» nel biologico: lo acquistano più di otto consumatori su dieci in quanto i prodotti biologici sono privi di organismi geneticamente modificati e di residui di pesticidi. Nell'ottica della tutela ambientale i consumatori europei sono anche disposti a pagare un prezzo più elevato per portarli in tavola –:
   se per le coltivazioni di mais Mon810 ancora in essere sia in corso una qualche misura di controllo ai fini della tutela della biodiversità, prevedendo eventuali verifiche di contaminazione delle coltivazioni di mais circostanti;
   se non si ritenga urgente assumere iniziative per chiarire la normativa attinente agli organismi geneticamente modificati e renderla finalmente univoca, senza lacune o contraddizioni, con quanto disposto dalla normativa comunitaria;
   se il Governo intenda adoperarsi per l'adozione delle misure di coesistenza su tutto il territorio nazionale.
(2-00223)
«Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Nuti».
(24 settembre 2013)