TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 84 di Mercoledì 25 settembre 2013

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI UTILIZZO DI ALCUNE TIPOLOGIE DI COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI NEI FORNI DEI CEMENTIFICI

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 marzo 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni»;
    di fatto, il citato decreto istituzionalizza l'incenerimento dei combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici, introducendo l'espediente della «dichiarazione di conformità» (articolo 4 del citato decreto ministeriale) che permetterebbe ai combustibili solidi secondari di «cessare di essere considerati rifiuti»;
    appena tre giorni prima della pubblicazione del decreto, l'11 febbraio 2013, la VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati aveva dato parere contrario allo «Schema di Decreto del Presidente della Repubblica concernente il Regolamento recante disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell'articolo 214, comma 11, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni»;
    il citato schema di decreto del Presidente della Repubblica prevedeva «l'utilizzo dei CSS (...) in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, negli impianti di produzione di cemento a ciclo completo» (articolo 1);
    durante il dibattito sul citato schema di decreto del Presidente della Repubblica è emerso come «lo schema di provvedimento sia stato predisposto da oltre un anno e che nessuna ragione può essere addotta per giustificare la presentazione alle Camere soltanto al momento della conclusione della legislatura» e sono state espresse forti critiche «alle politiche perseguite dal Ministero dell'Ambiente e dal Governo nel suo complesso, le quali hanno sistematicamente eluso la questione della costruzione di un moderno ed efficace sistema di controlli ambientali»;
    la VIII Commissione della Camera dei deputati, nell'esprimere il proprio parere contrario, ha ribadito la necessità di «svolgere un approfondimento con adeguate forme di consultazione», ha espresso una chiara preoccupazione per «la rilevanza delle conseguenze del provvedimento sul funzionamento del sistema dei cementifici e della tutela ambientale e della gestione dei rifiuti», ha ritenuto «indispensabile il coinvolgimento delle Regioni» e ha chiesto di rinviare «alla prossima legislatura l'adozione del provvedimento in questione»;
    lo schema di decreto era stato proposto come regolamento di delegificazione ai sensi dell'articolo 17, secondo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attività di Governo», così come previsto dall'articolo 214, comma 11, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale» e il parere negativo espresso in materia nella competente sede parlamentare avrebbe dovuto indurre il Governo a sospendere l'emanazione del citato decreto ministeriale n. 22 del 2013, atto regolamentare di rango inferiore;
    l'operato del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Clini, espressione di un Governo dimissionario, che avrebbe dovuto occuparsi unicamente di questioni ordinarie, non sembra ai firmatari del presente atto di indirizzo conforme né al chiaro indirizzo espresso nelle sedi parlamentari, né alle indicazioni espresse a livello comunitario; infatti, le sue manovre tendono esplicitamente verso la chiusura del ciclo dei rifiuti con la combustione (l'incenerimento nei cementifici) in netto contrasto con la risoluzione del Parlamento europeo P7-TA(2012)0223, adottata il 24 maggio 2012: la destinazione dei rifiuti all'incenerimento, ancorché con recupero di energia, è contraria alla citata risoluzione che, invece, propende per l'individuazione di una gerarchia dei rifiuti con l'obiettivo, entro il prossimo decennio, del definitivo abbandono delle pratiche di incenerimento di materie recuperabili;
    nella parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, relativa alla gestione dei rifiuti, l'articolo 179 stabilisce i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti in due ordini di interventi distinti, al quinto e sesto comma: «5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:
     a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
     b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
     c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
     d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
     e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.
    6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia»;
    la sopracitata gerarchia degli interventi prevede, all'esaurimento di tutte le opzioni alternative disponibili, la possibilità di contemplare i «rifiuti come fonte di energia», stabilendo, altresì, una ben definita consequenzialità delle azioni e delle misure che devono essere messe in campo dalla pubblica amministrazione; inoltre, le misure di cui al secondo comma sono specificatamente subordinate in maniera vincolante all'adozione delle prioritarie misure di cui al primo comma;
    le proposte politiche devono, quindi, essere finalizzate alla transizione dal concetto di rifiuto a quello di risorsa, che preveda una progressiva riduzione della quantità di rifiuti prodotti e una concreta azione di riutilizzo della materia attraverso trattamenti a freddo, pratica prontamente più sostenibile, economicamente vantaggiosa e orientata al bene comune di quanto sia qualunque scelta che comporti forme di incentivo alla combustione;
    nel testo del citato decreto ministeriale viene dichiarata l'intenzione di ottenere un elevato livello di protezione ambientale, mentre, al contrario, la letteratura scientifica internazionale conferma ogni giorno l'evidenza degli effetti nocivi e tossici della pratica dell'incenerimento dei rifiuti o loro derivati;
    la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare in merito all'emissione di diossine, composti organici clorurati e metalli pesanti; la produzione di diossine è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati;
    riguardo alle diossine, evidenze scientifiche dimostrano che – a differenza di quanto prospettano i sostenitori della combustione dei combustibili solidi secondari, secondo i quali le alte temperature dei cementifici diminuirebbero o addirittura eliminerebbero le emissioni di queste sostanze altamente nocive –, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850oC, durante le fasi di raffreddamento (nella parte finale del ciclo produttivo) esse si riaggregano e si riformano; inoltre, considerata la particolarità chimica delle diossine (inquinanti liposolubili, persistenti per decenni nell'ambiente e nei tessuti biologici, dove si accumulano nel tempo), l'eventuale riduzione quantitativa della concentrazione di diossine nelle emissioni dei cementifici sarebbe abbondantemente compensata dall'elevato volume emissivo tipico di questi impianti;
    è stato dimostrato che la combustione di combustibili solidi secondari nei cementifici causa un significativo incremento delle emissioni di metalli pesanti, in particolare mercurio, enormemente pericolosi per la salute umana;
    secondo i calcoli effettuati nell'ambito delle ricerche scientifiche, la combustione di una tonnellata di combustibili solidi secondari in un cementificio in sostituzione parziale di combustibili fossili causa un incremento di: 421 milligrammi nelle emissioni di mercurio, 4,1 milligrammi in quelle di piombo, 1,1 milligrammi in riferimento al cadmio; ulteriori particolari criticità dovute alla tipologia di rifiuti bruciati sono state riportate in merito alle emissioni di piombo;
    l'utilizzo dei combustibili solidi secondari in cementifici prevede l'inglobamento delle ceneri tossiche prodotte dalla combustione dei rifiuti, di solito smaltite in discariche per rifiuti speciali pericolosi, nel clinker da cemento prodotto; questo comporta rischi potenziali per la salute dei lavoratori e possibili rischi ambientali per l'eventuale rilascio nell'ambiente di sostanze tossiche; inoltre, le caratteristiche fisiche del cemento potrebbero essere alterate dalla presenza di scorie da combustione in modo tale da non renderlo universalmente utilizzabile;
    molte perplessità derivano dalle modalità con le quali il Governo ha varato la norma che consente l'utilizzo dei rifiuti come combustibili nei cementifici;
    il decreto ministeriale è stato approvato, come si è visto, dopo il parere contrario della VIII Commissione parlamentare della Camera dei deputati allo schema di decreto del Presidente della Repubblica per la disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari dell'11 gennaio 2013;
    in sostanza il decreto ministeriale, pur attraverso una formulazione differente, ha lo stesso obiettivo dello schema di decreto del Presidente della Repubblica «bocciato» in Parlamento: promuovere, come afferma la stessa premessa del decreto, «la produzione e l'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) da utilizzare, a determinate condizioni, in sostituzione di combustibili convenzionali»;
    se nel primo schema di decreto si punta a convertire i cementifici in inceneritori con l'obiettivo di bruciare rifiuti per produrre energia, nel secondo decreto ministeriale del 14 febbraio 2013 si pone la questione della trasformazione di alcuni rifiuti, compresi quelli speciali, sulla base della classificazione di cui all'articolo 184 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in combustibili solidi secondari, sottraendoli pertanto alla disciplina normativa sui rifiuti;
    secondo quanto disposto dall'articolo 13, primo comma, del citato decreto ministeriale n. 22 del 2013, «l'utilizzo (...) di CSS (...) è consentito esclusivamente negli impianti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b) e c) – cementifici e centrali termoelettriche – ai fini della produzione, rispettivamente, di energia termica o di energia elettrica»; mentre al secondo comma si afferma che «l'utilizzo del CSS-Combustibile (...) è soggetto al rispetto delle pertinenti disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, applicabili al coincenerimento»; in sostanza, dalla lettura del combinato disposto dei citati atti normativi, emerge chiaramente la volontà di trasformare in modo strutturale i rifiuti prodotti in fonte energetica;
    l'orientamento assunto dall'Esecutivo contravviene, pertanto, le indicazioni date dalla direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, la quale, al punto 6 della premessa, afferma: «L'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l'uso di risorse e promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti»; la gerarchia dei rifiuti è definita dall'articolo 4: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento;
    appare, altresì, preoccupante e discutibile che un Governo dimissionario abbia affidato ad un semplice decreto ministeriale l'attribuzione ai produttori stessi di combustibili solidi secondari della possibilità di emettere la dichiarazione di conformità (allegato 4 del decreto ministeriale di cui sopra), con l'evidente esposizione al rischio dell'avvio di una procedura di infrazione comunitaria;
    forti perplessità emergono dall'ipotetica possibilità di rimettere sul mercato, anche comunitario, i «prodotti combustibili solidi secondari» senza tenere conto degli enormi costi ambientali e della probabile inefficienza, sotto il profilo energetico e ambientale, del trasporto – evidentemente su gomma – di questa fonte di energia;
    i cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti e l'utilizzo di combustibili solidi secondari come combustibile permetterebbe, di fatto, l'innalzamento – da due a nove volte – dei limiti di emissione rispetto ai valori fissati per gli inceneritori;
    considerando solo gli ossidi di azoto, per un inceneritore il limite di legge è 200 mg/Nmc, mentre per un cementificio è tra 500 e 1800 mg/Nmc; inoltre, un cementificio produce di solito almeno il triplo di anidride carbonica rispetto ad un inceneritore classico, mentre la lieve riduzione dei gas serra ottenuta dalla sostituzione parziale dei combustibili fossili con rifiuti ridurrebbe le emissioni dei cementifici in maniera scarsamente significativa, considerata l'abnorme produzione annua di anidride carbonica da parte di questi impianti che, secondo i dati del Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR) ammonta in Italia a circa 21.237.000 tonnellate l'anno; basta un piccolo aumento della capacità produttiva dei singoli impianti per recuperare abbondantemente la quantità di gas serra «risparmiata» dalla sostituzione parziale dei combustibili fossili con i rifiuti; questi ultimi, infatti, sono per gli imprenditori del cemento economicamente molto più vantaggiosi dei combustibili tradizionali e, dunque, agirebbero da concreto incentivo all'aumento della produzione;
    le emissioni di inquinanti gassosi da parte dei cementifici-inceneritori rimarrebbero molto più alte di quelle degli inceneritori; nel caso dei microinquinanti (metalli pesanti e diossine), a parità di concentrazioni nei fumi, i cementifici-inceneritori emettono volumi di fumi enormemente maggiori rispetto agli inceneritori classici; poiché la quantità assoluta di diossine e metalli pesanti è proporzionale sia alla quantità di rifiuti bruciati che al volume di fumi emessi, i cementifici-inceneritori, pur rispettando la parità di concentrazione espressa dai limiti di legge, emettono quantità assolute di microinquinanti (non biodegradabili e persistenti nell'ambiente) enormemente maggiori rispetto agli inceneritori classici; l'incenerimento di rifiuti varia, inoltre, la tipologia emissiva dei cementifici, creando in particolare criticità aggiuntive soprattutto per i metalli pesanti (principalmente piombo, arsenico e mercurio);
    del resto, da un punto di vista squisitamente comparativo, i limiti di emissione di inquinanti in atmosfera previsti per i cementifici (impianti di co-incenerimento) sono più alti rispetto a quelli previsti per i normali impianti di incenerimento; per le polveri totali il limite giornaliero dei cementifici è di 30 mg/m3 contro i 10 mg/m3 degli inceneritori, mentre per gli ossidi di azoto i limite è di 800 mg/m3 per gli impianti esistenti, di 500 mg/m3 per quelli nuovi, a fronte del limite di 200 mg/m3 degli inceneritori;
    inoltre, gli inceneritori devono rispettare per legge medie di emissioni giornaliere e semiorarie, mentre per i cementifici l'unico limite da rispettare è quello giornaliero, all'interno del quale è possibile «spalmare» la presenza di eventuali picchi emissivi;
    l'Italia ha il maggior numero di cementifici in Europa (i quali sono per una gran parte «conglobati» nel tessuto della città); inoltre, come ampiamente dimostrato, la combustione di rifiuti «per se» rappresenta un enorme disincentivo alle «buone pratiche» (riduzione, riuso, riciclo e riduzione della produzione dei rifiuti); l'Italia è, ad oggi, il terzo Paese europeo per numero di inceneritori operativi; la strategia di azione avviata dal Governo Monti raddoppierebbe, potenzialmente, il quantitativo di rifiuti avviati all'incenerimento in Italia, rendendo immediatamente disponibili all'incenerimento dei combustibili solidi secondari molti impianti su tutto il territorio nazionale, portando l'Italia al primo posto in Europa per incenerimenti di rifiuti e contravvenendo alle più recenti direttive europee, che chiedono agli Stati membri l'abbandono dell'incenerimento nel prossimo decennio,

impegna il Governo:

   ad avviare, in coerenza con le indicazioni presenti nel parere della VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati citato in premessa, i necessari approfondimenti per valutare sia le possibili conseguenze, sul piano ambientale e sanitario, della scelta di consentire ai cementifici l'incenerimento dei cosiddetti combustibili solidi secondari, sia l'opportunità di un iter procedurale fortemente semplificato nonostante l'oggettiva complessità della questione;
   a realizzare una moratoria e a sospendere, fin da ora, ogni atto che vada nella direzione di consentire la «riconversione» dei cementifici in inceneritori, onde evitare che aziende ed imprese investano in un settore che potrebbe dimostrarsi incompatibile con l'esigenza di garantire la tutela della salute e dell'ambiente;
   a promuovere studi scientifici sulle effettive emissioni di sostanze inquinanti derivanti dall'uso dei rifiuti come combustibili, che tengano conto non solo del funzionamento degli impianti a regime e in condizioni di massima sicurezza, ma dei possibili rischi derivanti da malfunzionamenti o errori in fase di gestione;
   ad adottare, sempre ed in ogni caso, il principio di precauzione, così come previsto dall'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, evitando di esporre inutilmente le popolazioni che abitano in prossimità dei cementifici ad ulteriori pericoli per la propria salute.
(1-00030)
«Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Alberti, Basilio, Nesci».
(7 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    nei mesi di gennaio e febbraio del 2013, a Camere ormai sciolte, l'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore, Corrado Clini, ha presentato al Parlamento per il parere uno schema di decreto del Presidente della Repubblica per l'utilizzo di combustibili solidi secondari, in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime di autorizzazione integrata ambientale;
    dopo un parere favorevole con condizioni, espresso molto rapidamente dalla XIII Commissione parlamentare (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato della Repubblica il 16 gennaio 2013, senza peraltro che nessun senatore fosse intervenuto in discussione, la VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati, il successivo 11 febbraio 2013, ha invece espresso parere contrario al medesimo schema di decreto del Presidente della Repubblica;
    da quel momento, di detto decreto del Presidente della Repubblica sui combustibili solidi secondari si sono perse le tracce e non è più stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
    la mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del sopradetto decreto del Presidente della Repubblica sull'utilizzo in alcune categorie di cementifici dei combustibili solidi secondari, in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, nulla toglie alla sempre dichiarata ferma volontà dell'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Clini, di aver voluto proseguire nella scorciatoia dell'incenerimento dei rifiuti nei cementifici, bruciando rifiuti solidi urbani per alimentare i forni di cottura del clinker, cioè la componente principale del cemento;
    in Gazzetta Ufficiale, sono stati quindi pubblicati due decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: il decreto 14 febbraio 2013, n. 22, (Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2013), recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari, dove vengono stabiliti – tra l'altro – i criteri da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario cessano di essere qualificate come rifiuto; il decreto 20 marzo 2013 (Gazzetta Ufficiale del 2 aprile 2013) che modifica l'allegato X della parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di utilizzo del combustibile solido secondario, che recepisce i criteri contenuti nel sopradetto decreto del 14 febbraio 2013, n. 22, che devono essere rispettati affinché determinate tipologie di combustibili solidi secondari cessino di essere qualificate come rifiuto e possono, quindi, essere riutilizzate;
    il decreto ministeriale n. 22 del 2013 stabilisce le condizioni e i requisiti in base ai quali dalle operazioni di trattamento di specifiche tipologie di rifiuti si ottiene il prodotto denominato combustibile solido secondario, nonché le relative condizioni di utilizzo a fini energetici nei cementifici soggetti ad autorizzazione integrata ambientale;
    il sopra indicato decreto n. 22 del 2013 riafferma, di fatto, la finalità dello schema di decreto del presidente della Repubblica, passato al Parlamento per il parere, di utilizzare il combustibile solido secondario come combustibile. La stessa premessa al decreto ministeriale n. 22 del 2013 sottolinea la necessità di «incoraggiare la produzione di combustibili solidi secondari (CSS) di alta qualità, aumentare la fiducia in relazione all'utilizzo di detti combustibili e fornire, con riferimento alla produzione e l'utilizzo di detti combustibili chiarezza giuridica e certezza comportamentale uniforme sull'intero territorio nazionale»;
    per i cementieri dell'Aitec (Associazione italiana tecnico economica cemento) si tratta di recupero energetico; per l'Associazione italiana medici per l'ambiente «la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare di diossine e metalli pesanti»;
    utilizzare i combustibili solidi secondari è dannoso per la salute e, soprattutto, è superato in quanto esistono moderne tecnologie e soluzioni alternative alla combustione che creano maggiori posti di lavoro e sono più sostenibili a livello economico e ambientale;
    la scelta dell'incenerimento dei rifiuti (combustibili solidi secondari) nei cementifici non è condivisibile se si considera la diversità esistente fra i limiti delle emissioni di inquinanti pericolosi per la salute previsti per i cementifici: polveri totali: mg 30/Nm3; biossido di zolfo: fino a mg 600/Nm3; ossido di azoto: mg 500/Nm3 per i nuovi impianti; mentre i limiti per gli stessi inquinanti prodotti dagli inceneritori sono: polveri totali: mg 10/Nm3; biossido di zolfo: mg 50/Nm3; ossido di azoto: mg 200/Nm3;
    i sostenitori della co-combustione di rifiuti sono soliti affermare che l'utilizzo di combustibile da rifiuti nei cementifici può consentire una riduzione dell'uso di combustibili fossili e, di conseguenza, una riduzione della produzione di anidride carbonica. Ciò che di solito viene taciuto è che un cementificio produce di solito circa il triplo di anidride carbonica rispetto ad un inceneritore. La sola cementeria Colacem di Galatina (Lecce), ad esempio, nel 2007 ha prodotto 774.000 tonnellate di anidride carbonica, circa il triplo delle emissioni di un inceneritore di grossa taglia come quello di Brescia (228.000 tonnellate di anidride carbonica nello stesso anno);
    l'utilizzo di combustibili solidi secondari per alimentare i forni di cottura dei cementifici produrrebbe, tra l'altro, gravi conseguenze in diverse aree del Paese, dove sono ubicati numerosi cementifici, in termini di inquinamento ambientale e di peggioramento degli attuali livelli di raccolta differenziata dei rifiuti;
    a ciò va aggiunta l'aggravante della mancanza, nel nostro Paese, di un serio ed efficace sistema nazionale di controlli ambientali;
    l'Italia è, peraltro, la nazione europea con più cementifici, con i suoi 58 impianti (22 per cento del totale degli impianti europei);
    dal punto di vista strettamente sanitario (escludendo dunque ogni considerazioni di tipo economico e sociale), una corretta gestione del ciclo dei rifiuti non dovrebbe assolutamente prevedere il loro incenerimento. Che si tratti di inceneritori «classici» o di cementifici, tale pratica è dannosa per l'ambiente e per gli esseri umani che lo popolano, come documentato da ormai innumerevoli testimonianze scientifiche;
    considerata l'abnorme produzione annua nazionale di anidride carbonica da parte di questi impianti, una minima riduzione è, dunque, una goccia nel mare, per giunta pagata a caro prezzo, soprattutto se si considera la sottrazione di rifiuti alla raccolta differenziata, al riciclo e al riuso (la vera valorizzazione dei rifiuti);
    peraltro, continuare a bruciare rifiuti è uno spreco di risorse e un alto costo in termini ambientali, inoltre, non si rispettano le disposizioni europee sul recupero della materia che è prioritario nella gerarchia d'intervento, continuando a ignorare anche la direttiva 96/62/CE sulle polveri sottili, finanche dopo la condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea del 19 dicembre 2012;
    si ricorda che la direttiva 2008/98/CE, con l'obiettivo di ridurre l'impatto ambientale dei rifiuti, ha imposto una particolare attenzione da parte degli Stati dell'Unione europea al rispetto del principio gerarchico (le cosiddette «quattro r») previsto dalla medesima direttiva (riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico);
    la sopradetta gerarchia dei rifiuti prevede che al primo posto, nell'ordine di priorità, vi siano la prevenzione – individuata in una serie di misure finalizzate alla riduzione della quantità di rifiuti anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita – e la preparazione per il riutilizzo, ovvero le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui i rifiuti sono preparati per essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Seguono poi il riciclaggio, il recupero e, a seguire, lo smaltimento;
    la direttiva 2008/98/CE è stata recepita nell'ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 205 del 2010, che ha conseguentemente apportato diverse modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale);
    è evidente, quindi, come l'utilizzo dei rifiuti come fonte di energia deve essere valutato come finalità residuale, mentre il ricorso all'incenerimento dei rifiuti va in tutt'altra direzione rispetto alla corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti e all'indispensabile incremento della raccolta differenziata;
    l'uso dei combustibili solidi secondari nei cementifici rischia di tradursi in un ulteriore freno all'aumento dei livelli della raccolta differenziata come richiesti dalla normativa nazionale e comunitaria, allo sviluppo della filiera industriale del riciclo e al radicamento di una cultura ambientale e di un costume civico basati sull'uso consapevole dei beni, compresi gli stessi rifiuti,

impegna il Governo:

   ad escludere definitivamente, per quanto di competenza, la prosecuzione dell’iter di approvazione del decreto del Presidente della Repubblica sulla disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari, in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime di autorizzazione integrata ambientale, già presentato per il parere presso le Commissioni parlamentari competenti dal precedente Governo;
   a valutare attentamente – nella decisione di utilizzare in alcune categorie di cementifici i combustibili solidi secondari – gli effetti di tale scelta sulla salute pubblica, anche attraverso opportuni approfondimenti degli studi ambientali ed epidemiologici relativamente all'utilizzo di combustibili solidi secondari in determinati cementifici;
   ad assumere iniziative per escludere qualunque forma di «riconversione» dei cementifici in inceneritori;
   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative per avviare adeguate forme di monitoraggio delle emissioni degli impianti di cui in premessa e gli opportuni controlli ambientali e sanitari nei territori interessati dagli impianti che utilizzano combustibili solidi secondari, anche al fine di un confronto di dati, laddove presenti, relativi alla qualità dell'aria e dell'acqua nelle aree interessate dai suddetti impianti prima dell'utilizzazione del combustibile solido secondario;
   a garantire, in raccordo con gli enti locali, adeguate e costanti modalità di informazione e pubblicità alle comunità locali, anche tramite i siti istituzionali dei comuni interessati, circa i risultati dell'attività di monitoraggio sanitario e ambientale in relazione alle emissioni conseguenti all'attività degli impianti che utilizzano combustibili solidi secondari;
   ad attuare, per quanto di competenza, opportune forme di controllo al fine di garantire che le caratteristiche del combustibile solido secondario, utilizzato dagli impianti di cui in premessa, rispondano effettivamente a quanto previsto dalla normativa vigente.
(1-00188)
(Nuova formulazione) «Zan, Zaratti, Pellegrino, Migliore, Nicchi, Piazzoni, Aiello, Di Salvo».
(23 settembre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di gennaio 2013 è stato presentato alle commissioni parlamentari competenti lo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante «disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale», atto del Governo n. 529, con termine per la trasmissione del parere il 13 febbraio 2013;
    la 13o Commissione del Senato della Repubblica, in data 16 gennaio 2013, ha espresso parere favorevole all'atto del Governo, mentre l'VIII Commissione della Camera dei deputati, in data 11 febbraio 2013, dopo ampia discussione, «ritenuto assolutamente necessario svolgere un approfondimento con appropriate forme di consultazione; valutata la rilevanza delle conseguenze del provvedimento sul funzionamento del sistema dei cementifici e della tutela ambientale e della gestione dei rifiuti; ritenuto indispensabile il coinvolgimento delle regioni e ritenuto quindi necessario rinviare alla prossima legislatura l'adozione del provvedimento in questione», ha espresso parere contrario;
    a seguito di tale posizione del Parlamento, il Governo non ha, quindi, proceduto, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, all'approvazione definitiva del decreto del Presidente della Repubblica;
    tuttavia, in data 14 febbraio 2013, il Governo Monti ha emanato il «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», di cui al decreto ministeriale n. 22 del 2013, che, dettando la disciplina per trasformare i rifiuti urbani e speciali in combustibili solidi secondari, CSS-combustibile, riclassificando questi ultimi da rifiuti a sottoprodotti, consente in realtà a grandi impianti di cementifici e centrali termoelettriche, sotto determinate condizioni, di utilizzare il CSS-combustibile per la produzione di energia termica o elettrica, escludendo dalla disciplina dei rifiuti tali combustibili;
    tale comportamento del Governo Monti si presenta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, come un atto di forza inopportuno e da stigmatizzare, poiché ha scavalcato le indicazioni e le direttive del Parlamento e, in realtà, ha conseguito la sostituzione di un atto «bocciato» dall'VIII Commissione della Camera dei deputati con un altro che, nel concreto, produce analoghi effetti;
    l'atto del Governo n. 529 aveva lo scopo di disciplinare e agevolare l'utilizzo dei combustibili solidi secondari (CSS) da parte dei cementifici, dettando, all'articolo 3, le condizioni affinché modifiche impiantistiche o edilizie realizzate all'interno del perimetro dei cementifici siano considerate modifiche non sostanziali ai fini dell'esclusione dagli obblighi e dai procedimenti disciplinati dalla parte II decreto legislativo n. 152 del 2006, concernenti la valutazione di impatto ambientale e l'autorizzazione integrata ambientale;
    tale atto del Governo n. 529, fatte salve le disposizioni dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 sulla cessazione della qualifica di rifiuto, manteneva comunque la classificazione del combustibile solido secondario (CSS) come rifiuto speciale, sottoponendolo alle condizioni di esercizio previste per il coincenerimento, di cui al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
    lo scopo del decreto ministeriale n. 22 del 2013 è, soprattutto, quello di facilitare e promuovere l'utilizzo da parte dei grandi impianti di cementifici e centrali di una determinata tipologia di combustibile solido secondario, il CSS-combustibile, che, ai sensi dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, cessa di essere rifiuto e diventa un sottoprodotto, svincolandosi dalle limitazioni poste dalla normativa sui rifiuti, in virtù delle caratteristiche di qualità ambientale e dei controlli cui viene sottoposto l'intero ciclo di produzione di tale materiale e le caratteristiche di qualità degli impianti, ferme restando le condizioni di esercizio identiche a quelle previste per il coincenerimento di rifiuti, di cui al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133;
    senz'altro, occorrono azioni concrete e mirate alla conservazione delle risorse terrestri e alla riduzione dei rifiuti da conferire in discarica, all'incentivazione dell'utilizzo delle fonti rinnovabili e delle biomasse, alla semplificazione e facilitazione dei processi autorizzativi per la produzione di energia da tali fonti (che rendono realizzabile un reale incremento di produzione), alla riduzione della dipendenza del Paese dalle materie fossili e, quindi, dall'estero, ma anche all'incentivazione dell'utilizzo di migliori tecnologie per la diminuzione delle emissioni inquinanti in aria, acqua, suolo, senza tuttavia penalizzare lo sviluppo economico e i diritti alla tranquillità dei cittadini, sia per un sufficiente approvvigionamento energetico del Paese, sia per la tutela della propria salute;
    in materia di rifiuti, le amministrazioni locali e le regioni del Nord hanno responsabilmente attuato forme di gestione del ciclo dei rifiuti che hanno raggiunto un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale;
    la filiera della gestione dei rifiuti al Nord rispetta la differenziazione e la gerarchia stabilita dalle direttive comunitarie, che prevedono una sequenza di priorità, come prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia, e, infine, lo smaltimento;
    tale gerarchia deve essere rigorosamente seguita anche nella catena della produzione del combustibile solido secondario, allo scopo di evitare la disincentivazione della differenziazione e delle filiere di recupero delle materie riutilizzabili nei cicli di produzione;
    le regioni e gli enti locali del Nord hanno raggiunto un'autosufficienza nella gestione differenziata dei propri rifiuti, privilegiando il criterio della prossimità ai fini del recupero e dello smaltimento, che permette alle amministrazioni di ridurre i costi aggiuntivi di trasporto ed evita ai cittadini di prestare il proprio territorio per smaltire i rifiuti di altri territori;
    l'eccellenza raggiunta dai comuni del Nord nella gestione dei rifiuti, anche grazie a campagne di informazione e iniziative di coinvolgimento dei cittadini, rende ancora più evidenti le criticità riscontrate in altre aree del Paese, in particolare del Centro-Sud, che spesso hanno danneggiato non solo l'immagine ma anche l'economia dell'intero Paese, sia attraverso le procedure di infrazione e le multe che è costretta a pagare l'Italia alla Commissione europea, sia attraverso le ripercussioni al comparto turistico;
    chiaramente, dopo la riduzione, la selezione e il recupero di materia da rifiuto e l'utilizzo dell'umido per la produzione di biomassa e di compost, essendo impossibile recuperare il cento per cento di tutti i rifiuti, resta sempre una minima parte che è impossibile recuperare e, pertanto, occorre considerare anche la possibilità di produrre energia attraverso il trattamento dei rifiuti per poter evitare di riempire il territorio di discariche; questo deve avvenire in modo tale da fornire un'ulteriore opportunità a tutta la comunità, attraverso i termovalorizzatori, il teleriscaldamento, la produzione di energia termica o elettrica;
    la produzione di combustibili solidi secondari, combustibile solido secondario o CSS-combustibili, che, grazie a particolari tecnologie innovative ambientalmente sostenibili, diventano rifiuti speciali da urbani o addirittura cessano di essere rifiuti e diventano sottoprodotti e comunque possono essere utilizzati in sostituzione di combustibili convenzionali per finalità ambientali ed economiche, deve comunque rispettare il criterio di prossimità e non deve diventare la scusa per poter esportare fuori territorio i rifiuti solidi urbani; pertanto, gli impianti di trasformazione dei rifiuti urbani in combustibile solido secondario devono comunque restare all'interno di ciascuna regione dove vengono prodotti i rifiuti urbani;
    l'incenerimento del combustibile solido secondario per la produzione di energia termica comporta senz'altro una riduzione degli oneri ambientali ed economici legati allo smaltimento di rifiuti in discarica, un risparmio di risorse naturali e una riduzione della dipendenza del Paese da combustibili convenzionali ai fini dell'approvvigionamento energetico;
    chiaramente nel caso di incenerimento del combustibile solido secondario ai fini della produzione del clinker nei cementifici, ossia in impianti che non sono dedicati al solo incenerimento di rifiuti, esiste comunque una variazione della tipologia emissiva dell'impianto che occorre valutare nell'ambito dell'autorizzazione integrata ambientale da parte dell'autorità competente e stabilire le condizioni per poter attuare tale incenerimento senza provocare danni per l'ambiente e per la salute dei cittadini, tenendo conto che sta avvenendo una trasformazione dell'impianto originario che deve tenere conto anche delle condizioni al contorno e del fatto che spesso tali impianti sono situati in aree urbanizzate;
    fermo restando il fatto che già oggi i cementifici bruciano combustibile solido secondario e rifiuti, come farine animali o pneumatici fuori uso, la convenienza ambientale di trasformare i rifiuti in CSS-combustibile è quella della qualità; il CSS-combustibile rappresenta un sottoprodotto, conveniente anche commercialmente in quanto svincolato dalla disciplina dei rifiuti, di cui viene tracciato il percorso di produzione e sono noti la propria tipologia e il potere calorifico; l'utilizzo di CSS-combustibile garantisce, dunque, una maggiore tutela per l'ambiente e per un controllo superiore sulla tipologia dei materiali contenuti;
    in ogni caso, per ciascun impianto destinato a bruciare anche combustibile solido secondario o CSS-combustibile proveniente da rifiuti urbani o speciali, i limiti imposti dall'autorizzazione integrata ambientale per le emissioni devono tenere conto di tale possibilità e devono essere analoghi a quelli previsti per gli impianti dedicati, termovalorizzatori o inceneritori, indicando valori limite per le sostanze inquinanti che tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente, anche con riguardo al traffico indotto relativo al trasporto del combustibile solido secondario e alla possibilità del trasporto su rotaia dei materiali, per garantire i cittadini circa la sostenibilità ambientale di ciascun impianto;
    in particolare, in pareggio del potere calorifico del carbone occorre 1,8 chilogrammi di combustibile solido secondario per ciascun chilogrammo di carbone; pertanto, c’è senz'altro un incremento del traffico indotto dal trasporto dei materiali che bisogna considerare nell'ambito delle autorizzazioni degli impianti da parte delle regioni;
    inoltre, l'esercizio dei controlli, affidato giustamente alle amministrazioni locali competenti, spesso, specialmente in alcune realtà territoriali del Paese, è piuttosto carente, permettendo l'inserimento della criminalità organizzata nel ciclo della gestione dei rifiuti;
    la possibilità di bruciare il combustibile solido secondario o CSS-combustibile nei cementifici si presenta, pertanto, come una situazione complessa che richiede un approfondito esame da parte del Governo e del Parlamento, che deve coinvolgere anche il mondo economico e gli enti territoriali interessati;
    per poter procedere alla produzione di combustibili solidi secondari di alta qualità, occorre acquisire la fiducia della popolazione in relazione all'utilizzo di detti combustibili e fornire, con riferimento alla produzione e all'utilizzo di detti combustibili, chiarezza giuridica e certezza comportamentale da parte degli operatori, a garanzia dei cittadini circa le buone pratiche utilizzate e la tutela della propria salute,

impegna il Governo:

   a promuovere un approfondito dibattito sulla materia fornendo alle commissioni parlamentari competenti un quadro aggiornato sull'attuale utilizzo del combustibile solido secondario e del CSS-combustibile nei cementifici, sia in Italia, disaggregato per regioni, sia all'estero, anche sulla base di approfonditi studi scientifici specifici, con particolare riferimento:
    a) alle emissioni di sostanze inquinanti e alle possibili conseguenze sul piano ambientale, sanitario e sociale, anche a seguito di eventuali malfunzionamenti o errori di gestione;
    b) alle conseguenze sul piano organizzativo del trasporto dei materiali e alle ripercussioni del traffico indotto sulle realtà territoriali locali;
    c) alle restrizioni che occorre individuare circa la circolazione in altre regioni del combustibile solido secondario proveniente da rifiuti urbani, garantendo, comunque, il criterio di prossimità e che gli impianti di trasformazione dei rifiuti urbani in combustibile solido secondario siano comunque situati all'interno di ciascuna regione dove vengono prodotti i rifiuti;
    d) al rispetto rigoroso della gerarchia di gestione dei rifiuti prevista dalle direttive comunitarie nella catena della produzione sia del CSS-combustibile, sia del combustibile solido secondario, allo scopo di evitare la disincentivazione della differenziazione e delle filiere di recupero delle materie riutilizzabili nei cicli di produzione;
    e) agli strumenti di informazione e consultazione in relazione ai progetti in essere per l'utilizzo di combustibili alternativi da parte dei cementifici;
    f) al rafforzamento, con ogni strumento a disposizione e su tutto il territorio nazionale, del sistema dei controlli, sia sulle emissioni inquinanti dei cementifici mediante una rete di monitoraggio ambientale, sia sul processo di gestione dei combustibili solidi secondari utilizzati in tali impianti, sia sul rispetto della gerarchia nella gestione dei rifiuti ai fini della produzione del combustibile solido secondario.
(1-00189)
«Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».
(23 settembre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 183, comma 1, lettera cc), del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, reca la definizione di combustibile solido secondario: «il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale»;
    nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2013, n. 62, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», che prima dell'emanazione è stato preventivamente notificato alla Commissione europea ed è stato approvato decorso il termine di «stand still»;
    come indicato nel titolo, il regolamento attua, dunque, l'articolo 184-ter (rubricato «Cessazione dalla qualifica di rifiuto») del codice dell'ambiente, stabilendo, nel rispetto degli standard di tutela ambientale e della salute, le condizioni alle quali alcune tipologie di combustibile solido secondario cessano di essere rifiuti e sono da considerare, a tutti gli effetti, un prodotto (la cosiddetta end of waste ai sensi della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti);
    nel regolamento sono, dunque, definite le condizioni e i requisiti in base ai quali, dalle operazioni di trattamento di specifiche tipologie di rifiuti, si ottiene il prodotto denominato combustibile solido secondario, nonché le relative condizioni di utilizzo in alcune specifiche tipologie di impianti industriali (cementifici e centrali termoelettriche) ritenute idonei, al fine di rispettare gli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana;
    in particolare, sotto il profilo della tutela dell'ambiente e della salute, il decreto n. 22 del 2013 stabilisce che il combustibile solido secondario può essere utilizzato solo in impianti che rispettano le condizioni di esercizio stabilite nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, in materia di co-incenerimento di rifiuti, che ha recepito nell'ordinamento nazionale la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti;
    pertanto, l'utilizzo del combustibile solido secondario deve, comunque, rispettare i valori limite di emissioni in atmosfera indicati o calcolati secondo quanto descritto nell'allegato 2 del citato decreto legislativo n. 133 del 2005;
    per poter procedere all'utilizzo del combustibile solido secondario, inoltre, gli impianti devono rispettare anche le prescrizioni, più restrittive, contenute nella rispettiva autorizzazione integrata ambientale: ai sensi dell'articolo 13 del decreto n. 22 del 2013, infatti, possono utilizzare combustibile solido secondario solo gli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, obbligati, come tali, al rispetto delle migliori tecnologie disponibili (best available techniques, bat);
    in materia di emissioni dei cementifici e di eventuali variazioni della loro tipologia, numerosi sono gli studi che analizzano gli effetti dell'utilizzo di combustibili alternativi nei cementifici; da ultimo, nel 2011, uno studio condotto dal «Network for business sustainability» (Canada) in collaborazione con il Politecnico di Bari (facoltà di ingegneria meccanica) ha raffrontato le pubblicazioni internazionali in materia. Sono stati giudicati rilevanti ai fini dello studio più di 110 articoli tecnici, rapporti di associazioni internazionali di ricerca e organizzazioni governative, pubblicazioni di ricercatori universitari, life cycle analysis, la maggior parte dei quali conclude che le emissioni dai camini di anidride carbonica, ossido di azoto, diossido di zolfo, metalli, diossine e furani sono generalmente inferiori rispetto a quelle generate con l'utilizzo di combustibili fossili;
    sulla questione, in particolare delle diossine generate nel processo di combustione, i processi di combustione che avvengono a temperature molto elevate, quali quelli dei cementifici, e l'utilizzo del combustibile solido secondario con dosaggi e proporzioni prestabilite e controllate non favoriscono la formazione di diossine, quanto, invece, la distruzione e la completa ossidazione delle molecole inquinanti di natura organica eventualmente presenti; con riferimento agli ossidi di azoto, l'istruttoria del decreto ministeriale si è basata su esperienze tecniche condotte in Italia e in tutta Europa che evidenziano una diminuzione dei livelli emissivi in caso di utilizzo di combustibile solido secondario, come rilevato anche dal Politecnico di Torino (Genon, Brizio, 2008) e dalla provincia di Cuneo (settore tutela ambiente, atti Forum PA 2009);
    il bilancio emissivo e ambientale preso a riferimento per la stesura del decreto ministeriale n. 22 del 2013 è risultato, complessivamente, a favore dell'impiego del combustibile solido secondario nei cementifici, sia sotto l'aspetto del miglioramento dell'impatto emissivo degli stessi rispetto alla normale conduzione con combustibili fossili, sia sotto l'aspetto dell'eliminazione delle emissioni del processo di incenerimento, sia, in particolare, per quanto riguarda gli impatti della messa in discarica dei rifiuti altrimenti non impiegati nella filiera di produzione ed utilizzo del combustibile solido secondario;
    inoltre, è necessario ricordare che la produzione e l'utilizzo del combustibile solido secondario sono soggetti non solo a tutte le attività di controllo previste dall'ordinamento, ma anche a una serie di ulteriori e specifici controlli previsti nello stesso decreto ministeriale n. 22 del 2013;
    la produzione dei rifiuti ha mostrato, negli ultimi decenni, una crescita vertiginosa: dalla metà degli anni ’90 ad oggi, quella italiana è quasi raddoppiata, con conseguenze naturalmente molto gravi dal punto di vista ambientale e della salute, in particolare perché la maggior parte dei rifiuti prodotti è sottoposta a smaltimento in discarica; nel 2010, in base ai dati Ispra, oltre 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono stati smaltiti in discarica; nel 2009, sono stati prodotti 128,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali totali e la quota di rifiuti speciali destinata al recupero di energia rappresenta solo l'1,5 per cento, mentre il 9,6 per cento è la quota di rifiuti speciali destinata allo smaltimento in discarica;
    in Italia, tra l'altro, alla questione della produzione e dello smaltimento dei rifiuti si lega un problema molto grave, quello dello smaltimento illegale di rifiuti industriali, che rappresenta un pericoloso campo d'attività delle ecomafie e uno tra i business illegali più redditizi; naturalmente, ciò ha gravi ripercussioni nel campo della sicurezza ambientale e sanitaria, dal momento che i rifiuti, anziché essere trattati e gestiti secondo le norme di legge, finiscono per essere fonte di inquinamento dell'aria, di contaminazione delle acque sotterranee, di inquinamento dei fiumi e delle coltivazioni agricole, rischiando di contaminare con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene anche i prodotti alimentari;
    il problema dello smaltimento dei rifiuti in Italia e le emergenze che in molti casi vi sono connesse richiedono la predisposizione di una politica complessiva in materia, con le soluzioni integrate che tengano in debita considerazione gli obiettivi fissati anche a livello europeo e la «gerarchia» indicata nella normativa in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti, in particolare, la direttiva 2008/98/CE: dalla prevenzione, alla preparazione per il riutilizzo, al riciclaggio, al recupero (tra cui, appunto, il recupero di energia) e, infine, come soluzione ultima, lo smaltimento;
    è compito di ciascuno Stato membro adottare quelle misure che favoriscano il miglior risultato ambientale complessivo e, a tale fine, ai sensi dell'articolo 4, secondo comma, della stessa direttiva, può essere necessario che flussi di rifiuti specifici «si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall'impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti»;
    l'enorme produzione di rifiuti, in particolare nella situazione italiana, richiede dunque la gestione di un regime transitorio che permetta lo sviluppo compiuto delle politiche e delle azioni necessarie a garantire la soluzione di lungo termine al problema, attraverso la riduzione della produzione di rifiuti, il riuso, l'aumento della raccolta differenziata e del riciclo, consentendo di risparmiare materie prime e ridurre l'uso delle discariche – e, quindi, anche lo sfruttamento e l'inquinamento del suolo – ed effettivamente costruire un ciclo dei rifiuti integrato, virtuoso e sostenibile;
    pur essendo prioritario massimizzare il riciclo e le politiche di prevenzione nella produzione, è altresì importante iniziare ad utilizzare il combustibile solido secondario in parziale co-combustione negli impianti industriali esistenti, proprio al fine di sostituire una parte dei combustibili fossili e inquinanti utilizzati fino ad oggi, tra i quali petroleum coke, polverino di carbone ed altri;
    tale scelta permette, tra l'altro, di limitare il ricorso alle discariche e agli inceneritori, evitando di inchiodare il ciclo dei rifiuti all'opzione meno preferibile (smaltimento) con il rischio di bloccare le possibilità di sviluppo del riciclaggio o delle politiche di prevenzione;
    in concreto, l'effetto dell'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non ha tali effetti negativi sullo sviluppo della raccolta differenziata: da un lato, la disciplina europea e quella nazionale impongono comunque obiettivi minimi di raccolta differenziata che devono essere rispettati; dall'altro, la raccolta differenziata della frazione umida potrebbe, al contrario, essere incentivata. In tal senso, l'articolo 6, secondo comma, del decreto ministeriale n. 22 del 2013 richiama espressamente l'articolo 179 del codice dell'ambiente, proprio al fine di evitare che la produzione del combustibile solido secondario avvenga nel mancato rispetto della gerarchia indicata a livello europeo nella gestione dei rifiuti;
    il ciclo integrato dei rifiuti prevede che il recupero energetico si effettui a valle del processo di corretta raccolta e riciclo dei rifiuti, ovvero sulla percentuale del 25-30 per cento restante;
    tale percentuale va poi trattata: il combustibile solido secondario è, infatti, un tipo di combustibile prodotto dai rifiuti non pericolosi e ottenuto attraverso un complesso e controllato processo di produzione. Per essere classificato come combustibile solido secondario, il combustibile da rifiuti deve possedere determinate caratteristiche e parametri qualitativi, che sono prescritti nelle norme tecniche europee che regolamentano il suo processo produttivo;
    l'utilizzo di rifiuti nei cementifici è una pratica largamente diffusa ed è riconosciuta a livello europeo come best available technique, favorendo la riduzione delle emissioni di gas serra nonché di anidride carbonica prodotte dalle discariche; nei Paesi europei più avanzati, il tasso di sostituzione termica dei combustibili fossili con i combustibili solidi secondari nelle cementerie ha raggiunto nel 2011: l'83 per cento in Olanda, il 62 per cento in Germania, il 63 per cento in Austria, il 40 per cento in Polonia, il 30 per cento in Francia, il 22 per cento in Spagna (dati aggiornati al 2011 in base alle fonti ufficiali Aitec). Nel 2012, solo il 10 per cento dell'energia termica necessaria per la produzione del cemento in Italia proviene da fonti energetiche alternative, il restante 90 per cento circa è ottenuto con l'utilizzo di combustibili fossili non rinnovabili;
    la gestione dell'utilizzo del combustibile solido secondario ha alimentato, insieme ad un ampio dibattito, alcune preoccupazioni riguardo all'impatto delle emissioni sui livelli di tutela dell'ambiente e della salute, in particolare nelle comunità locali più prossime agli impianti,

impegna il Governo:

   ad effettuare un'approfondita comparazione in merito alle condizioni tecnologiche ed operative che disciplinano l'impiego del combustibile solido secondario in altri Paesi europei;
   ad avviare approfondimenti tecnici multidisciplinari per verificare se e a quali condizioni l'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non determina rischi per la salute e per l'ambiente, con particolare riferimento alle effettive emissioni di sostanze inquinanti derivanti dall'uso dei rifiuti come combustibili, che tengano conto non solo del funzionamento degli impianti a regime e in condizioni di massima sicurezza, ma anche dei possibili rischi derivanti da malfunzionamenti, fuori servizio e gestione dei transitori;
   a fornire, a seguito di tali accertamenti preliminari, un quadro aggiornato sull'attuazione, da parte dei settori industriali coinvolti, del potenziale costituito dal combustibile solido secondario, fornendo anche informazioni circa i processi autorizzativi avviati a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 22 del 2013, nonché a rendere alle competenti Commissioni parlamentari ogni necessario elemento informativo relativo alle verifiche tecniche attuate e al vaglio dei risultati di tali verifiche, nonché ai dati di utilizzo del combustibile solido secondario, anche sulla base delle comunicazioni annuali previste dall'articolo 14 del decreto ministeriale n. 22 del 2013 a carico dei produttori e degli utilizzatori di combustibile solido secondario;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie a tutela della salute e dell'ambiente, anche integrative, o, se necessario, di modifica del decreto ministeriale n. 22 del 2013;
   a prevedere adeguati strumenti di informazione e consultazione in relazione ai progetti di utilizzo, nell'ambito dei singoli cementifici, dei combustibili alternativi, tra cui i combustibili solidi secondari, in luogo dei combustibili tradizionali (carbone, petroleum coke ed altri), in particolare prevedendo forme di coinvolgimento delle regioni interessate a tali processi;
   a garantire la completa e verificata applicazione della normativa ambientale relativa all'esercizio degli impianti di produzione di cemento a ciclo completo, nonché ad assumere iniziative normative ad hoc per garantire, altresì, la completa trasparenza e aderenza alle severe norme comunitarie in materia di emissioni, nei processi di autorizzazione, che, nel caso di istanza da parte del gestore dell'impianto di utilizzo, dovranno essere considerati dall'autorità competente uno ad uno;
   a procedere rapidamente alla costituzione del comitato di vigilanza e controllo previsto all'articolo 15 del decreto ministeriale n. 22 del 2013, avente il compito di garantire il monitoraggio della produzione e dell'utilizzo del combustibile solido secondario ai fini di una maggiore tutela ambientale – nonché la verifica dell'applicazione di criteri di efficienza, efficacia ed economicità, di intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza del pubblico informazioni utili o opportune in relazione alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario, anche sulla base dei dati trasmessi dai produttori e dagli utilizzatori di cui all'articolo 14 del medesimo decreto, nonché di assicurare il monitoraggio sull'attuazione della disciplina dettata dal decreto, garantire l'esame e la valutazione delle problematiche collegate, favorire l'adozione di iniziative finalizzate all'applicazione uniforme e coordinata del regolamento e sottoporre eventuali proposte integrative o correttive della normativa;
   a rafforzare con ogni strumento a disposizione, in particolare in materia di emissioni inquinanti, il processo di costruzione di un moderno ed efficace sistema di controlli ambientali in tempo reale, al fine di garantire ai cittadini effettive ed efficaci forme di tutela della salute e assieme dell'ambiente, anche attraverso iniziative dirette a perseguire precise procedure tecniche che impongano agli operatori l'obbligo di rendere disponibili on line i dati raccolti;
   a definire linee guida atte a verificare che gli impianti utilizzatori del combustibile solido secondario posseggano tecnologie di processo e di trattamento degli effluenti gassosi, liquidi e solidi, tali da garantire la qualità e la quantità delle emissioni nel rispetto delle normative di settore;
   nel rispetto del decreto ministeriale n. 22 del 2013, a mettere in atto misure che evitino che gli standard di qualità ambientali definiti dalle vigenti normative siano raggiunti attraverso meri effetti di diluizione del combustibile solido secondario con i tradizionali combustibili.
(1-00191)
«Borghi, Matarrese, Carrescia, Arlotti, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Cominelli, Dallai, Decaro, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Realacci, Giovanna Sanna, Zardini, D'Agostino».
(24 settembre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il 14 marzo 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni»;
    per combustibile solido secondario si intende «il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale» (articolo 183, primo comma, lettera cc), del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
    il citato regolamento, in applicazione dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, stabilisce:
     a) i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario cessino di essere qualificate come rifiuto;
     b) le procedure e le modalità affinché le fasi di produzione e utilizzo del combustibile solido secondario, ivi comprese le fasi propedeutiche alle stesse, avvengano senza pericolo per la salute dell'uomo e senza pregiudizio per l'ambiente e, in particolare, senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora; causare inconvenienti da rumori e odori; danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente;
     c) le condizioni di utilizzo del combustibile solido secondario in alcune specifiche tipologie di impianti industriali (in primis cementifici e centrali termoelettriche), al fine di rispettare gli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana (in particolare, quelle stabilite dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, in materia di co-incenerimento di rifiuti);
    l'articolo 13 del decreto n. 22 del 2013 stabilisce, inoltre, che possono utilizzare combustibile solido secondario solo gli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, obbligati, come tali, al rispetto delle migliori tecnologie disponibili (best available techniques, bat);
    la questione dei combustibili solidi secondari non può prescindere dalle problematiche inerenti alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti nel nostro Paese che ha mostrato, negli ultimi decenni, una crescita vertiginosa, con gravi conseguenze dal punto di vista ambientale e della salute, in particolare perché la maggior parte dei rifiuti prodotti è tuttora smaltita in discarica;
    la quantità di rifiuti costituisce un problema ambientale e territoriale comune a tutti i Paesi industrializzati, ma con connotati più gravi per l'Italia e, in particolare, per alcune aree del nostro Paese che fanno ancora ampio ricorso allo smaltimento in discariche, di cui molte, fra l'altro, in via di esaurimento;
    la prassi dello smaltimento in discarica rappresenta – come ricordato dal Sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare Cirillo, in occasione dell'omologo dibattito già svoltosi al Senato della repubblica sui combustibili solidi secondari il 12 settembre 2013 – non soltanto un potenziale rischio ambientale, ma anche un enorme spreco di risorse materiali ed energetiche quali sono i materiali che possono essere ottenuti, previa effettuazioni di recupero, dai rifiuti;
    una seria politica complessiva in materia deve tener conto degli obiettivi fissati anche a livello europeo e della «gerarchia» del trattamento dei rifiuti indicata nella direttiva 2008/98/CE, al fine di favorire il miglior risultato ambientale complessivo, anche discostandosi, ove necessario, dalla citata gerarchia «laddove ciò sia giustificato dall'impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti»;
    l'obiettivo di garantire una soluzione al problema dei rifiuti, costruendo un ciclo dei rifiuti integrato, virtuoso e sostenibile – attraverso la riduzione della produzione degli stessi, il loro riuso, l'aumento della raccolta differenziata e del riciclo che consenta il risparmio di materie prime e la riduzione dell'uso delle discariche – non è in contrasto con l'utilizzo di combustibile solido secondario in parziale co-combustione negli impianti industriali esistenti che soddisfino stringenti requisiti tecnici, con lo scopo, da un lato, di sostituire una parte dei combustibili fossili e inquinanti utilizzati fino ad oggi e, dall'altro, di limitare il ricorso alle discariche e agli inceneritori, senza incidere negativamente per questo sullo sviluppo della raccolta differenziata (per la quale la disciplina nazionale e comunitaria impongono obiettivi minimi di raccolta);
    da un corretto processo di raccolta e riciclo dei rifiuti non pericolosi è possibile un forte recupero energetico dalla percentuale restante (25-30 per cento), purché opportunamente trattata attraverso un complesso e controllato processo di produzione, che consenta di ottenere un combustibile con determinate caratteristiche e parametri qualitativi rigidamente prescritti nelle norme tecniche europee;
    l'utilizzo di rifiuti nei cementifici è una pratica largamente diffusa ed è riconosciuta a livello europeo. Nel 2011 nei Paesi europei più avanzati, il tasso di sostituzione termica dei combustibili fossili con i combustibili solidi secondari nelle cementerie ha raggiunto l'83 per cento in Olanda, il 62 per cento in Germania, il 63 per cento in Austria, il 40 per cento in Polonia, il 30 per cento in Francia, il 22 per cento in Spagna (dati aggiornati al 2011 in base alle fonti ufficiali Aitec);
    in Italia esiste un mercato per la produzione e l'utilizzo di determinate tipologie di combustibili solidi secondari, ma ad oggi solo il 10 per cento dell'energia termica necessaria per la produzione del cemento in Italia proviene da fonti energetiche alternative, il restante 90 per cento circa è ottenuto con l'utilizzo di combustibili fossili non rinnovabili;
    è necessario promuovere la produzione e l'utilizzo di combustibili solidi secondari di alta qualità da utilizzare, a determinate condizioni, in sostituzione di combustibili convenzionali per finalità sia ambientali che economiche, con l'obiettivo di contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti, all'incremento dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili mediante l'utilizzo sostenibile a scopi energetici della biomassa contenuta nei rifiuti, ad un più elevato livello di recupero dei rifiuti, nel rispetto della «gerarchia di trattamento» come disciplinato dalla normativa comunitaria;
    il dibattito sulla produzione e l'utilizzo del combustibile solido secondario ha destato, in particolare nelle comunità locali più prossime agli impianti, forti preoccupazioni riguardo all'impatto delle emissioni sui livelli di tutela dell'ambiente e della salute. Risulta, pertanto, necessario adottare tutte le iniziative volte ad aumentare la fiducia in relazione all'utilizzo di detti combustibili e fornire, con riferimento alla produzione e all'utilizzo di combustibile solido secondario, chiarezza giuridica e certezze scientifiche, in particolare riguardo alle emissioni dei cementifici e alle eventuali variazioni della loro tipologia,

impegna il Governo:

   ad avviare approfondimenti tecnico-scientifici multidisciplinari volti a verificare se e a quali condizioni l'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non determini rischi per la salute e per l'ambiente in tutte le fasi d'esercizio degli impianti, tenendo conto anche delle esperienze degli altri Paesi europei;
   a valutare, anche sulla scorta degli approfondimenti sopra richiamati, se continuino a sussistere le condizioni per mantenere un iter procedurale semplificato nonostante l'oggettiva complessità della questione;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie a tutela della salute e dell'ambiente, anche integrative, o, se necessario, di modifica del decreto ministeriale n. 22 del 2013;
   a fornire alle competenti Commissioni parlamentari ogni necessario elemento informativo relativo alle verifiche tecniche attuate e al vaglio dei risultati di tali verifiche, nonché ai dati di utilizzo del combustibile solido secondario, anche sulla base delle comunicazioni annuali previste dall'articolo 14 del decreto ministeriale n. 22 del 2013, a carico dei produttori e degli utilizzatori di combustibile solido secondario, nonché un quadro aggiornato sui processi autorizzativi avviati a seguito dell'entrata in vigore del citato decreto n. 22 del 2013;
   a definire linee guida che specifichino le tecnologie di processo e di trattamento degli effluenti gassosi, liquidi e solidi degli impianti che utilizzano combustibile solido secondario, volte a garantire la qualità e la quantità delle emissioni nel rispetto delle normative di settore;
   a intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza delle popolazioni interessate tutte le informazioni relative alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario;
   a prevedere adeguati strumenti di informazione e consultazione in relazione ai progetti di utilizzo, nell'ambito dei singoli cementifici, dei combustibili alternativi, tra cui i combustibili solidi secondari, in luogo dei combustibili tradizionali (carbone, petroleum coke ed altro), in particolare prevedendo forme di coinvolgimento delle regioni interessate a tali processi;
   a garantire la completa e verificata applicazione della normativa ambientale relativa all'esercizio degli impianti di produzione di cemento a ciclo completo, nonché ad assumere iniziative normative ad hoc per garantire, altresì, la completa trasparenza e aderenza alle severe norme comunitarie in materia di emissioni, nei processi di autorizzazione, che, nel caso di istanza da parte del gestore dell'impianto di utilizzo, dovranno essere considerati dall'autorità competente uno ad uno;
   a procedere alla costituzione del comitato di vigilanza previsto dall'articolo 15 del decreto ministeriale n. 22 del 2013 con il compito di:
    a) garantire il monitoraggio della produzione e dell'utilizzo del combustibile solido secondario ai fini di una maggiore tutela ambientale;
    b) garantire la verifica dell'applicazione di criteri di efficienza, efficacia ed economicità;
    c) promuovere la cooperazione ed il coordinamento tra tutti i soggetti interessati alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario;
    d) esaminare il livello qualitativo e quantitativo della produzione e dell'utilizzo del combustibile solido secondario;
    e) intraprendere idonee iniziative di informazione in relazione alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario;
    f) assicurare il monitoraggio sull'attuazione della disciplina vigente;
    g) garantire l'esame e la valutazione delle problematiche collegate;
    h) favorire l'adozione di iniziative finalizzate a garantire applicazione uniforme e coordinata del regolamento e sottoporre eventuali proposte integrative o correttive della normativa;
   a rafforzare con ogni strumento a disposizione, in particolare in materia di emissioni inquinanti, il processo di costruzione di un moderno ed efficace sistema di controlli ambientali in tempo reale, al fine di garantire ai cittadini effettive ed efficaci forme di tutela della salute e assieme dell'ambiente, anche con la prescrizione di precise procedure tecniche che impongano agli operatori l'obbligo di rendere disponibili on line i dati raccolti;
   nel rispetto del decreto ministeriale n. 22 del 2013, a mettere in atto misure che evitino che gli standard di qualità ambientali definiti dalle vigenti normative siano raggiunti attraverso meri effetti di diluizione del combustibile solido secondario con i tradizionali combustibili;
   a valutare l'opportunità, in coerenza con quanto affermato dal rappresentante del Governo in occasione dell'omologo dibattito sulle mozioni relative all'utilizzo dei combustibili solidi secondari, svoltosi al Senato della Repubblica il 12 settembre 2013, di procedere alla riduzione dell'utilizzo delle discariche, con particolare riferimento al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti in condizioni emergenziali.
(1-00192)
«Alli, Vella, Latronico, Distaso, Castiello, Baldelli, Dorina Bianchi».
(24 settembre 2013)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   ROSSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nell'ambito delle iniziative volte a favorire la dismissione degli immobili militari non più utili ai fini istituzionali, prevede la cessione alle amministrazioni locali, a titolo non oneroso, dei citati immobili che per tipologia o collocazione geografica non risultino «valorizzabili» ovvero utili per il soddisfacimento di altre amministrazioni dello Stato;
   il comune di Sesto Fiorentino avrebbe più volte manifestato interesse all'area della ex caserma Donati, che risulta da tempo destinata alla costruzione di alloggi a riscatto in cooperativa, ai sensi della legge n. 244 del 2007;
   risulta, altresì, che vi sia del personale militare già costituitosi in cooperativa e che con nota del 3 agosto 2011, protocollo n. 2/29424/10-3-9-2/2011, il gabinetto del Ministro della difesa aveva individuato nella cooperativa Delfino il soggetto attuatore;
   con la medesima nota il gabinetto del Ministro della difesa comunicava alla cooperativa Delfino di aver dato mandato a Geniodife di implementare la procedura attuativa per la definizione del progetto presentato;
   con nota del 04 luglio 2012, protocollo 0045439, il Segretario generale della difesa comunicava alla cooperativa Delfino che entro il 31 dicembre 2012 si sarebbe perfezionato l'atto di concessione in diritto di superficie alla cooperativa Delfino sulla ex caserma Donati;
   con nota del 15 ottobre 2012 la cooperativa Delfino comunicava al Segretario generale della difesa la prossima scadenza del finanziamento, già concesso dalla banca Cariparma e, quindi, la stessa cooperativa disponeva tutti gli atti di prenotazione alloggi ai soci facente parte del sodalizio;
   con questa operazione, definita giustamente dal Ministero della difesa «pilota», l'Amministrazione potrà recuperare 60 alloggi circa ed ottenere in permuta a titolo definitivo altri 24 alloggi da destinare al personale in servizio –:
   se il Ministri interrogato non ritenga necessario confermare la destinazione della caserma Donati per la costruzione di alloggi militari, definendo con urgenza la questione relativa all'assegnazione della caserma alla cooperativa Delfino anche per dare risposta a 120 famiglie di militari e forze di polizia in servizio o in pensione, residenti a Sesto Fiorentino che aspettano da anni l'unica opportunità offerta per costruirsi una casa nella sede definitiva di servizio. (3-00334)
(24 settembre 2013)

   TAGLIALATELA. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 6 settembre 2013 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale 24 giugno 2013, n. 103, che interviene a parziale modifica del «Regolamento recante la disciplina del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali», di cui, originariamente, al decreto ministeriale 17 dicembre 2010, n. 256;
   le modifiche introdotte riguardano, in particolare, l'abolizione del tasso agevolato che le banche era previsto concedessero ai richiedenti – e che è stato semplicemente sostituito con la generica previsione che il tasso non dovrà essere «superiore al tasso effettivo globale medio sui mutui» –, l'aumento sia del reddito minimo percepito dai richiedenti, sia della metratura massima dell'immobile da acquistare, l'abrogazione della norma che recava il divieto di cartolarizzazione dei mutui garantiti dal fondo e altro;
   la modifica più eclatante, tuttavia, attiene al criterio che era stato individuato, alla stesura del primo regolamento, per far sì che il fondo andasse effettivamente a beneficio dei giovani precari, sostanziato nell'indicazione, tra i requisiti per avanzare la richiesta di mutuo a valere sul fondo, che «non più del 50 per cento del reddito complessivo imponibile ai fini irpef deve derivare da contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato»;
   con il nuovo decreto ministeriale tale criterio non costituisce più un requisito essenziale, ma solo un criterio preferenziale «in presenza di domande pervenute nella stessa giornata e di contestuale parziale indisponibilità delle dotazioni del Fondo»;
   appare evidente, quindi, come il fondo e il suo utilizzo siano stati distratti dalla loro originaria finalità, stravolgendone, secondo l'interrogante, l'impianto, a danno di quei soggetti che, proprio perché impiegati a tempo determinato, hanno difficoltà ad ottenere dei mutui –:
   quali siano i criteri che hanno ispirato la revisione della disciplina di cui in premessa e quali provvedimenti il Governo intenda porre in essere per continuare a garantire ai giovani precari la possibilità di accedere al mutuo per l'acquisto della prima casa. (3-00335)
(24 settembre 2013)

   VILLAROSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dai quotidiani online del 19 settembre 2013 di una rilevante indagine della procura della Repubblica di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Nello Rossi, estesa su tutta Italia in merito a una massiccia frode ai danni delle entrate erariali per la sospensione illegale di cartelle esattoriali di molti contribuenti;
   nel caso specifico i dipendenti infedeli di Equitalia avrebbero garantito vantaggi finanziari a imprenditori e professionisti dietro il pagamento di somme di denaro; sostanzialmente costoro avrebbero garantito, senza che vi fossero i requisiti, istanze di rateizzazione di cartelle esattoriali oppure avrebbero interferito nelle procedure di versamento dei contributi previdenziali, alterando sia la correttezza dei dati relativi al pagamento che la visibilità degli stessi;
   in anni recenti ci sono state numerose indagini svolte da molte procure della Repubblica, tra cui quelle di Roma, Frosinone e Caserta, nelle quali è risultata evidente la cancellazione documentale e/o informatica di cartelle esattoriali o di altre forme di debito esattoriale, anche di notevole rilevanza, con la compiacenza illegale di funzionari e dirigenti di Equitalia;
   non è finora mai trapelato nulla sul fatto che tra le centinaia di cartelle esattoriali modificate in Equitalia da funzionari corrotti non ce ne siano state alcune ascrivibili al crimine organizzato, cosa che appare più che verosimile;
   stando a notizie di stampa, in particolare del 10 marzo 2010, addirittura, nel caso di un'indagine giudiziaria romana del filone Mokbel/Phuncard si era appurato che soggetti privi di incarichi in Equitalia o in società da essa controllate svolgevano le loro funzioni di mediatori illegali, con la complicità di alcuni dipendenti;
   nell'aprile 2010 la trasmissione Rai Report davanti a milioni di persone – e il quotidiano Il Fatto due giorni dopo – presenta un lungo e dettagliato servizio, con molti supporti documentali, su procedure di sospensioni illegali e di favore avvenute a Roma nei confronti di contribuenti rilevanti e importanti, con tanto di nomi e cognomi; ma non si ha alcuna notizia di apertura di fascicoli di indagine a Roma per una notitia criminis così grave;
   il filone di indagine sul caso Mokbel/Phuncard, caratterizzato da gravissime lesioni di interessi dello Stato, inerente alla vicenda in Equitalia appare inopinatamente essere stato chiuso senza alcun rinvio a giudizio, cosa che, in considerazione del sottile e raffinatissimo livello criminale raggiunto, desta perplessità profonda, anche in connessione agli eventi malavitosi sottostanti;
   l'azione ad avviso degli interroganti carente della magistratura romana si è caratterizzata per non aver mai proceduto a un controllo sistematico con campioni significativi nelle data bank di Equitalia sul fenomeno delle sospensioni illegali informatiche;
   recentemente nel giugno 2013 il pubblico ministero romano Erminio Amelio ha condotto un'importante indagine che da Roma si dirama a Frosinone in merito a cartelle esattoriali truccate –:
   se non ritenga opportuno e urgente adottare ogni iniziativa di competenza, compreso l'invio di ispettori ministeriali, per verificare se esistano i presupposti per l'esercizio dell'azione disciplinare, a fronte di quella che appare agli interroganti una scarsa efficienza della procura della Repubblica di Roma nell'indagare sul fenomeno gravissimo della sospensione illegale di cartelle esattoriali, cosa che comporta, tra l'altro, che le inchieste recenti su questa piaga sembrano procedere come monadi in moto browniano, senza la consapevolezza della presumibile estensione e gravità del fenomeno corruttivo di specie.
(3-00336)
(24 settembre 2013)

   AIRAUDO, FERRARA, MIGLIORE, DI SALVO, LACQUANITI, QUARANTA, AIELLO, BOCCADUTRI, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FAVA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, LAVAGNO, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NARDI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIAZZONI, PILOZZI, PIRAS, PLACIDO, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da informazioni circolanti nell'ambiente e da alcune agenzie riprese dalla stampa nazionale, Finmeccanica s.p.a. starebbe iniziando a ragionare su un piano per garantirsi qualche introito dalle dismissioni anche se la politica dovesse mettersi di traverso alla cessione degli asset civili a gruppi stranieri. In sostanza, l'obiettivo dovrebbe essere quello di portare a casa almeno qualcosa entro fine 2013. In particolare, per Ansaldo energia si starebbe pensando a una rete di protezione, che dovrebbe essere stesa dal Fondo strategico italiano s.p.a. istituito presso la Cassa depositi e prestiti. Il Fondo strategico italiano s.p.a., infatti, dovrebbe essere pronto a rilevare delle quote di Ansaldo energia entro fine 2013, anche se non si dovesse stringere un accordo con la coreana Doosan;
   qualche settimana fa il presidente di Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, ha ammesso che il dossier è sul tavolo, ma ora il fascicolo dovrebbe prendere una corsia preferenziale, per essere pronto in caso di accelerazione. Se si arrivasse a un accordo con i coreani, il Fondo strategico italiano s.p.a. potrebbe anche intervenire in un secondo momento, rilevando una quota direttamente da Doosan o dalla stessa Finmeccanica s.p.a. Se l'ipotesi coreana dovesse invece sfumare, allora il Fondo strategico italiano s.p.a. dovrebbe entrare in scena subito. Non solo, sembrerebbe pure che il Fondo strategico italiano s.p.a. potrebbe essere chiamato in causa anche su Ansaldo Breda;
   vi sono poi altri due elementi da rilevare che dovrebbero indurre il Governo a fare chiarezza sullo stato dell'arte relativo al piano di dismissioni di Finmeccanica s.p.a., che, secondo le intenzioni pubblicamente dichiarate dall'Esecutivo, non dovrebbe toccare gli asset civili:
    a) innanzitutto, nella giornata del 19 settembre 2013, l'agenzia di rete Moody's ha tagliato il rating di Finmeccanica s.p.a. da Baa3 a Ba1, livello «non investment grade». L’outlook resta negativo. La decisione dell'agenzia di rating riflette «una più lenta velocità nel miglioramento della performance operativa e il profilo di credito», considerati «alcuni vincoli che pesano in alcune aree» e «le vendite di asset in sospeso»’. Sempre secondo Moody's, attraverso la vendita del settore trasporto Finmeccanica s.p.a. «avrebbe risolto uno dei suoi più grandi problemi, fermando la pesante distruzione di liquidità di Ansaldo Breda»;
    b) in secondo luogo, deve anche essere preso in considerazione tutto il discorso relativo al percorso delle privatizzazioni delineati dal piano «Destinazione Italia», in cui il Governo deve chiarire in via definitiva che il discorso non deve riguardare nel modo più assoluto la cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a.;
   considerato che la posta in gioco non è altro che la scissione, strategicamente immotivata, di un gruppo già sottodimensionato in due gruppi ridotti, depauperati, indifesi rispetto all'aggressione competitiva dei grandi player internazionali, cui l'azionariato pubblico di Cassa depositi e prestiti non mostrerà intenzione e capacità di resistere, soprattutto nei settori più attrattivi come energia e trasporti;
   se si osservano i principali player globali dell'alta tecnologia, si nota una correlazione tra dimensione e specializzazione. I gruppi minori sono più intersettoriali. Bombardier produce aerei e treni; Thales sistemi di difesa e sicurezza e di segnalamento ferroviario e metropolitano; Bae produce aerei da combattimento e autobus ibridi;
   qualsiasi player globale possegga tecnologie cross-section (intersettoriali e duali) le impiega con successo. Finmeccanica s.p.a. le mortifica e segrega nei comparti balcanizzati delle società storiche (Alenia, Selenia, Ansaldo, Agusta), addirittura preparandosi a frazionarle tra due holding eterogenee per azionariato e governance (Finmeccanica s.p.a. e Cassa depositi e prestiti). L'azionista fa peggio tenendo separate Finmeccanica s.p.a. e Fincantieri;
   in Finmeccanica s.p.a. le società specializzate in energia e trasporti (Ansaldo energia e Ansaldo sts) godono di risultati e prospettive strategiche migliori di quelle specializzate nella difesa (Oto, Wass, Mbda). Anche perché energia e sts hanno un azionariato internazionale, che contribuisce significativamente alla qualità del suo management;
   le partnership competitive possibili in Agusta Westland e Drs avrebbero anche l'effetto di qualificare e internazionalizzare il management di Finmeccanica s.p.a. La stessa prospettiva può interessare Alenia Aermacchi, Selex ES, Ansaldo Breda quando la necessaria riorganizzazione industriale e qualificazione manageriale lo consentiranno;
   Finmeccanica s.p.a. è storicamente una società duale (militare/civile) bilanciata 50/50 e tale resterà nel prossimo triennio, a fronte della crescita degli elicotteri civili, anche dopo l'eventuale uscita dai settori più promettenti come energia e trasporti. L'obiettivo dell'abbandono di questi settori al fine della specializzazione militare è, quindi, da considerarsi falso;
   la strategia vincente di Finmeccanica s.p.a. è, quindi, la specializzazione intersettoriale;
   l'insieme dei fatti citati dalla presente interrogazione e, quindi, la recente presentazione da parte del Governo del citato piano «Destinazione Italia», il taglio da parte di Moody's del rating di Finmeccanica s.p.a. da Baa3 e Ba1 e le insistenti notizie circolate in questi giorni su di un'accelerazione del piano di dismissioni, all'interno del gruppo di Finmeccanica, verso gruppi internazionali e con un possibile ruolo, più o meno temporaneo, della Cassa depositi e prestiti, destano altissima preoccupazione;
   se il Governo, contrariamente a quanto dichiarato pubblicamente alla stampa nazionale, avesse intenzione di fare cassa vendendo i pezzi più pregiati dell'industria italiana, come gli asset civili del gruppo Finmeccanica, e in assenza di una preventiva discussione in Parlamento, si rischierebbe di perdere un vero e proprio patrimonio professionale, occupazionale, tecnologico e industriale che il futuro del nostro Paese non po’ in alcun modo permettersi. Diversamente, sarebbe invece auspicabile intervenire investendo su processi, prodotti e rilanciando la progettazione, garantendo in Italia occupazione e, soprattutto, presenza in settori industriali fondamentali, come i trasporti ferroviari e l'energia;
   Sinistra Ecologia Libertà, come già chiaramente esplicitato in numerosissimi atti parlamentari precedenti, nonché nell'ambito della mozione sulla crisi del settore manifatturiero n. 1-00164, è completamente contraria a qualsiasi processo di depotenziamento e alienazione della tecnologia che si potrebbe verificare attraverso la cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a. ai diretti concorrenti internazionali;
   il settore civile deve tornare, invece, ad essere un punto di riferimento strategico per il gruppo Finmeccanica, basti pensare al solo asset di Ansaldo energia, che appare cruciale per lo sviluppo, la riconversione industriale ed il rilancio produttivo di numerosissimi settori e risorse che rappresentano un fattore determinante per l'evoluzione economica del nostro Paese –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione, quali elementi conoscitivi intenda fornire al Parlamento in merito al citato piano di dismissione di Finmeccanica s.p.a., con particolare riferimento alle notizie recentemente diffuse dalla stampa nazionale in merito alla possibile cessione degli asset civili di Finmeccanica s.p.a. stessa, a partire da Ansaldo Breda, Ansaldo sts, Ansaldo energia e BredaMenariniBus e, infine, quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in qualità di azionista di riferimento di Finmeccanica s.p.a., per ribaltare il corso – che gli interroganti ritengono autodistruttivo – in atto del principale gruppo industriale italiano dell'alta tecnologia. (3-00337)
(24 settembre 2013)

   ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fra le misure previste dal decreto-legge n. 102 del 2013 relativo alla cancellazione dell'acconto imu, che fa seguito al decreto-legge n. 54 del 2013, per le attività industriali diverse dall'agricoltura – settore per il quale la cancellazione della prima rata dell'imu riguarda i terreni agricoli e gli immobili strumentali alle imprese agricole – non è più stata prevista la deducibilità ai fini Irap del 50 per cento dell'imu pagata su capannoni, alberghi, negozi, laboratori ed altri immobili strumentali alla produzione;
   le associazioni di settore hanno manifestato le loro profonde obiezioni, ritenendo fondamentale dover cancellare l'imu sulle imprese, giacché ritengono impensabile che vi sia una tassazione così elevata nei confronti di beni strumentali alla produzione – che al momento con un importo di 9 miliardi di euro porta la tassazione sulle imprese al 68 per cento – oggi equiparati a beni di lusso, sostenendo, ad esempio, che, in attesa di un'esenzione dal pagamento dell'imu, sia prevista per le imprese la possibilità di rendere deducibile quanto pagato con la prima rata di giugno 2013;
   unica misura mantenuta ed adottata è stata l'esenzione dalla seconda rata dell'imu, giacché la prima rata è già stata pagata per gli immobili costruiti da imprese edili ed invenduti;
   il Ministro interrogato, l'8 luglio 2013, precedentemente all'emanazione del decreto-legge n. 102 del 2013 varato il 31 agosto 2013, ha sostenuto che «le prossime tappe sono definite: evitare l'incremento di un punto dell'iva e intervenire per ridurre l'imu sulla prima casa delle famiglie e sugli immobili strumentali delle aziende su capannoni, negozi e terreni, la prima casa» degli imprenditori;
   così come il Ministro dell'economia e delle finanze, Saccomanni, il 9 luglio 2013, in sede di riunione dell'Unione europea, ha affermato che «sull'imu il Governo lavora all'ipotesi di agire sui capannoni industriali, ma solo nel 2014, perché si guardano i redditi d'impresa dell'anno prossimo: ci stiamo lavorando nella preparazione degli interventi del 2014»;
   il Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta, il 31 agosto 2013, ha sostenuto che «recupereremo sicuramente la deducibilità con la legge di stabilità: riguarderà, infatti, l'anno di imposta 2013 e quindi sarà scaricata sulla dichiarazione del 2014»;
   il Viceministro per l'economia e le finanze, Fassina, secondo quanto riportato in un'intervista al quotidiano L'Unità del 19 settembre 2013, ha affermato che «basterebbe mantenere lo sgravio imu sul 90 per cento delle prime case per risparmiare due miliardi per abbassare l'iva ed escludere dall'imu i capannoni e i negozi»;
   fra le ipotesi che vanno nella direzione di minori oneri per le imprese vi sarebbe, al momento, l'impegno del Governo a rendere deducibile dal reddito delle imprese la service tax prevista dal 2014 –:
   quali orientamenti concreti il Governo intenda assumere, e in quali tempi, in ordine all'esenzione dall'imu per i fabbricati strumentali alle attività produttive e per gli esercizi alberghieri. (3-00338)
(24 settembre 2013)

   VIGNALI e BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n.98, agli articoli 1 e 2, ha modificato significativamente le disposizioni riguardanti la cosiddetta nuova legge Sabatini (articolo 2 dello stesso decreto-legge n. 69 del 2013), riformulando l'ambito di operatività della disposizione, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo;
   possono accedere ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato, le piccole e medie imprese (comprese quelle agricole e della pesca), le microimprese, con riferimento non soltanto agli investimenti (e non più agli acquisti) in beni nuovi strumentali, ma anche in hardware, software e tecnologie digitali, anche mediante operazioni di leasing finanziario;
   i finanziamenti, fino a 2 milioni di euro, potranno avere durata non superiore ai 5 anni e potranno arrivare a coprire l'intero costo agevolabile, con l'assistenza del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (articolo 2, comma 100, della legge n. 662 del 1996);
   i citati articoli 1 e 2 del decreto legge n. 69 del 2013 prevedono una serie di atti applicativi e, in particolare:
    a) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (articolo 1, comma 1), da adottare, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, per migliorare l'efficacia degli interventi del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (più ampio accesso, migliore copertura ed altro);
    b) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per estendere gli interventi ai professionisti (articolo 1, comma 5-bis);
    c) un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, per estendere gli interventi alla microimprenditorialità (articolo 1, comma 5-ter);
    d) un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per stabilire i requisiti e le condizioni di accesso ai contributi finalizzati all'acquisto di macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo (articolo 2, comma 5);
    e) una o più convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Associazione bancaria italiana e la Cassa depositi e prestiti s.p.a. per individuare le condizioni e i criteri di attribuzione alle banche del plafond di provvista e dei contratti tipo di finanziamento (articolo 2, comma 7);
   la mancanza di emanazione di detti decreti rischia di costituire un freno agli investimenti, contrariamente alle finalità della norma in oggetto –:
   quale sia lo stato di attuazione delle disposizioni applicative degli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 elencate in premessa e, in particolare, se sia prevista una data certa per la pubblicazione dei decreti. (3-00339)
(24 settembre 2013)

   VELO, BENAMATI, MARTELLA, BASSO, BINI, CANI, CIVATI, DEL BASSO DE CARO, DONATI, FOLINO, GALPERTI, GINEFRA, IMPEGNO, MARIANO, MONTRONI, NARDELLA, PELUFFO, PETITTI, PORTAS, SENALDI, TARANTO, GADDA, COMINELLI, TENTORI, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il settore della siderurgia nazionale sta attraversando una fase di estrema difficoltà, con i due principali siti di Taranto e Piombino interessati da vicende e criticità che rischiano di comprometterne la continuità produttiva;
   secondo le anticipazioni fornite alle organizzazioni sindacali relativamente ai contenuti del programma industriale per le acciaierie Lucchini di Piombino, redatto dal commissario straordinario, sembra emergere che non ci sia un futuro per l'altoforno dell'impianto, visto anche il venir meno della prospettiva di una stabile «collaborazione» con l’Ilva di Taranto;
   le ipotesi che sarebbero alla base del citato programma elaborato dal commissario sconterebbero un forte ridimensionamento dell'impianto e della base occupazionale impiegata. Infatti, l'ipotesi del forno elettrico – dai costi molto più contenuti – determinerebbe un drastico ridimensionamento del numero degli occupati e una radicale trasformazione e limitazione della vocazione produttiva del sito, mentre la prospettiva dell'adozione della tecnologia basata sul processo Corex/Finex, che presenterebbe un potenziale equivalente per qualità produttiva alla fonderia e un limitato ridimensionamento della base occupazionale, comporta ingenti investimenti e tempi lunghi di realizzazione, ma al momento non si sono manifestate proposte di gruppi industriali disponibili a sostenerne gli oneri. Come extrema ratio non viene esclusa nemmeno la possibilità di uno «spezzatino» dello stabilimento, ovvero la vendita dei singoli laminatoi e impianti, attraverso procedure di evidenza pubblica;
   per il 3 ottobre 2013 è stato indetto uno sciopero generale nella città toscana e si terrà una manifestazione cui parteciperanno i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per denunciare e scongiurare la chiusura dell'altoforno in questione, l'unico impianto italiano in cui si realizzano prodotti «lunghi» come le rotaie ferroviarie;
   per quanto riguarda il polo Riva-Ilva, nonostante l'adozione di due specifici provvedimenti di urgenza volti ad assicurare le condizioni per la continuità produttiva degli impianti del gruppo siderurgico di Taranto, la recente decisione di cessare tutte le attività dell'azienda che non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva, tra cui quelle produttive di sette stabilimenti situati in Veneto, Lombardia e Piemonte, a seguito del sequestro preventivo di beni, azioni e titoli per un valore di circa 1 miliardo di euro adottato dalla magistratura di Taranto, e la messa in libertà di circa 1.400 unità di personale sembrano riproporre l'inaccettabile alternativa tra la continuità operativa degli impianti e il rispetto di elementari principi del diritto;
   pur nella peculiarità delle problematiche che investono tali poli industriali, emerge il dato complessivo di un settore che risente delle conseguenze della prolungata assenza di una complessiva politica industriale e per il quale soluzioni dettate dalla sola emergenza, ancorché necessarie, non sono più sufficienti –:
   quali siano i tempi e gli strumenti per la realizzazione di una strategia industriale per l'industria siderurgica finalizzata al consolidamento della capacità produttiva degli impianti, al sostegno della qualità dei prodotti e dell'occupazione del settore e dell'indotto e all'incentivazione di investimenti in nuove tecnologie e in nuovi processi più efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia. (3-00340)
(24 settembre 2013)

   CAPARINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i siti produttivi del gruppo Riva collegati all’Ilva rispettano tutti gli standard qualitativi ed ambientali, per questo appare ancora più inaccettabile determinare sequestri ad aziende sane che non inquinano e sono in attivo con ordini da smaltire;
   dopo oltre due settimane dal blocco produttivo nell'indotto e nell'economia dei territori dove sono collocati gli stabilimenti, la situazione si aggrava di ora in ora, mettendo a rischio un gruppo che nel settore siderurgico é quarto in Europa e ventesimo al mondo;
   dal giorno del sequestro cautelativo disposto dal giudice per le indagini preliminari di Taranto ad oggi il Ministro interrogato ha più volte annunciato un provvedimento indispensabile alla ripresa della produzione nelle fabbriche del gruppo Riva;
   lunedì 23 settembre 2013 il Ministro interrogato ha annunciato agli industriali di Parma che «questo pomeriggio c’è un appuntamento molto importante in Consiglio dei ministri a Roma: approveremo il decreto sulla Riva acciaio», fornendo anche spiegazioni e dettagli: «Con la norma che approveremo, un sequestro deve avvenire tutelando l'attività produttiva». Si tratta «prima di tutto – precisava ancora – di un provvedimento utile per i lavoratori che operano negli stabilimenti ma anche per i fornitori, ma è alla fine un'azione a tutela di tutti, anche dei proprietari perché non serve a nessuno un'azienda morta»;
   agli annunci non è seguito alcun fatto concreto e da Palazzo Chigi tutto tace. A parere degli interroganti, il Governo sta perdendo tempo prezioso, dando la sensazione che non stia affrontando e risolvendo il problema pur riconoscendone l'effettiva gravità, dando l'impressione di essere al suo interno diviso e di, conseguenza, di non affrontare con la dovuta serietà una questione che interessa migliaia di lavoratrici e lavoratori, che sino ad ora hanno dato grande prova di maturità attendendo fiduciosi;
   Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ha sottolineato che: «L'approvazione del decreto annunciato dal Ministro Zanonato è di estrema urgenza. La paralisi dei sette stabilimenti di Riva acciaio sta comportando un costo economico e sociale ormai pressoché insostenibile». Gozzi ha ricordato, tra l'altro, che ci sono «1.400 addetti senza lavoro, fornitori e clienti sull'orlo della chiusura delle loro attività. Bisogna che gli impianti della Riva acciaio riprendano a funzionare in tempi rapidissimi e per questo contiamo sul senso di responsabilità e la sensibilità del Governo». Naturalmente, ha aggiunto, «ci saremmo augurati che non si dovesse giungere a questo decreto straordinario», tuttavia «nelle more dell'emergenza economica e sociale, crediamo che il decreto possa rappresentare comunque la soluzione più immediata e dunque efficace»;
   al momento, dunque, non è chiaro quando il Governo si deciderà ad intervenire e nemmeno quali saranno la natura, le modalità e i contenuti dell'intervento;
   secondo gli esponenti della Lega Nord non possono essere ammissibili, e la legge non dovrebbe permetterli se non nei casi in cui ci sia rischio per la salute o per l'ambiente, sequestri preventivi come quelli realizzati su una serie di siti del Nord che hanno portato al blocco totale della produttività, con la conseguente perdita di posti di lavoro. Pertanto, è imprescindibile l'estensione della qualifica di stabilimento di interesse strategico nazionale a tutti i siti produttivi di tutte le società collegate o comunque sottoposte all'influenza del gruppo dominante –:
   quando e come il Governo intenda adottare concrete iniziative per la ripresa dell'attività produttiva di tutti gli stabilimenti del gruppo Riva. (3-00341)
(24 settembre 2013)