TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 35 di Martedì 18 giugno 2013

 
.

INTERPELLANZE ED INTERROGAZIONI

A) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia e il Ministro per l'integrazione, per sapere – premesso che:
   il 31 dicembre 2012 in Italia erano ospitati 7.575 minori stranieri non accompagnati, giunti nel nostro Paese dopo viaggi pericolosi e spesso drammatici;
   la loro età di appena 16-17 anni generalmente, ma anche di età minore, testimonia da sola la drammaticità del fenomeno;
   molti di loro sfuggono ad ogni controllo e sono di fatto invisibili, e spesso finiscono nel traffico della schiavitù;
   si calcola che nel mondo i bambini e i ragazzi vittime di tratta siano oltre un milione, ad essi devono aggiungersi altri milioni soggetti allo sfruttamento sessuale e lavorativo;
   si stima che in Italia circa 2 mila ragazze e ragazzi siano costretti alla prostituzione nelle forme più degradanti nelle strade del nostro Paese;
   i minori stranieri non accompagnati o vittime di strada sono anche in Italia una delle categorie più vulnerabili e bisognose di una ferma azione di tutela che li sottragga dalla rete dello sfruttamento e della schiavitù gestita da una criminalità spietata e senza scrupoli –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare per definire:
    a) linee di intervento volte a rafforzare l'azione di prevenzione e repressione di questa realtà di sofferenza drammatica;
    b) una politica di accoglienza e recupero di questi minori non accompagnati ad una vita degna di essere vissuta;
    c) un'azione a sostegno delle associazioni e del volontariato che supportano le istituzioni pubbliche nell'aiuto ai minori non accompagnati.
(2-00032) «Melilla».
(7 maggio 2013)

B) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   sono 70 i bambini reclusi nelle carceri insieme alle loro mamme detenute;
   si tratta di una condizione disumana e palesemente incompatibile con il diritto dei bambini allo sviluppo psico-fisico e ad una naturale socializzazione;
   è necessario superare questa violazione dei diritti fondamentali dei bambini come più volte hanno fatto rilevare organizzazioni internazionali e del volontariato –:
   se non ritenga urgente procedere alla costruzione di strutture alternative al carcere a custodia attenuata e di case famiglia protette per le donne attualmente detenute con i loro bambini, come peraltro previsto dalla legge n. 62 del 2011, e migliorare da subito le condizioni di accesso e di possibilità di relazione dei figli dei detenuti con i propri genitori, creando negli istituti di pena degli spazi child friendly per permettere ai bambini, figli di detenuti, di visitare in condizioni accettabili i loro genitori nel rispetto della loro condizione infantile.
(2-00026) «Melilla».
(29 aprile 2013)

C) Interrogazione

   BINETTI e GIGLI. — Al Ministro della salute e al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il corso di laurea in infermieristica pediatrica è stato istituito sulla base della consapevolezza che il bambino necessiti di conoscenze e competenze specifiche, peculiari rispetto a quelle necessarie per l'assistenza al paziente adulto, per il conseguimento di buoni standard assistenziali;
   ogni bambino è portatore di specifici bisogni legati alla dipendenza dall'adulto, alle dinamiche inter e intrafamiliari e al grado di sviluppo cognitivo ed emotivo;
   i tre anni di corso danno modo allo studente di infermieristica pediatrica di approfondire in modo globale il bambino e le problematiche legate alla presa in carico dell'intero nucleo familiare. Le ore di tirocinio predisposte permettono allo studente di concretizzare le suddette competenze teoriche e di confrontarsi con la realtà ospedaliera e territoriale (sono previste, infatti, due esperienze di tirocinio presso i distretti dell'area materno-infantile e presso gli ambulatori dei pediatri di libera scelta);
   il decreto ministeriale n. 70 del 1997 ha chiarito che la professione di infermiere pediatrico deve essere distinta dalla professione di infermiere generale, altrettanto capace nell'assistenza all'adulto ma sprovvisto dell'esperienza e della teoria coltivate nell'arco dei tre anni di studi universitari in ambito pediatrico;
   al termine della formazione di base, l'infermiere pediatrico diventa uno specialista poliedrico, capace non solo di esprimersi con professionalità e serietà in ambito ospedaliero, ma con altrettanta sicurezza nel territorio. Mancano, però, regole e profili precisi che definiscano il ruolo dell'infermiere pediatrico, permettendo di costruire la rete di sostegno territoriale necessaria per garantire continuità assistenziale;
   la continuità assistenziale diventa ancora più doverosa in un contesto di malattia cronica dove le cure continue potrebbero essere erogate, con un'opportuna organizzazione, in regime domiciliare e non in regime di ricovero, riducendo il numero di posti letto, gravando di meno sulla spesa sanitaria nazionale e garantendo il rispetto della dignità del paziente e della famiglia;
   nonostante la necessità di infermieri in area pediatrica che il territorio esprime, come dimostrato anche dall'ultimo concorso bandito solo per infermieri generalisti dall'azienda ospedaliera di Padova, la quale con tale concorso provvedeva all'occupazione di nove posti vacanti proprio nella clinica pediatrica, la figura professionale dell'infermiere pediatrico non viene valorizzata dalle istituzioni sanitarie, che non propongono sbocchi professionali adeguati a una formazione coltivata in tre anni di studi e tirocinio, sia in ambito ospedaliero che territoriale;
   da più parti si richiede che vengano istituiti dei concorsi di assunzione per infermieri pediatrici o che venga data l'opportunità di partecipare a concorsi che destinino i vincitori alle aree pediatriche, a dimostrazione di una politica manageriale sanitaria orientata alla qualità dell'assistenza in tutti i contesti di cura, ricordando che la legge n. 1098 del 1940, tuttora vigente, stabilisce che gli infermieri pediatrici hanno «titolo di preferenza per l'assegnazione a posti, di servizio di assistenza all'infanzia presso asili nido, brefotrofi, ospedali, o reparti ospedalieri infantili e presso ogni altra istituzione di assistenza all'infanzia»;
   è necessario evidenziare, inoltre, la possibilità di un impiego ulteriore dell'infermiere pediatrico nei territori disagiati, dove il pediatra manca o sia oberato di piccoli utenti, come punto di riferimento per l'educazione alla salute e una prima assistenza di base per il bambino e la famiglia –:
   cosa intendano fare in merito alle prospettive lavorative di laureati e laureandi, che sono in attesa di occupazione, e con i futuri iscritti al corso di laurea in infermieristica pediatrica che comunque rimane aperto;
   se non ritengano necessario attuare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a garantire l'assistenza domiciliare integrata anche per il paziente pediatrico, soprattutto se disabile, in modo tale da alleggerire il carico delle famiglie e da assicurare un'assistenza continua anche al di fuori dell'ambito ospedaliero con un sicuro risparmio nei costi del servizio sanitario. (3-00033)
(6 maggio 2013)

D) Interrogazione

   BINETTI e GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della XVI legislatura, sono stati approvati diversi provvedimenti e atti di sindacato ispettivo inerenti al tema della tutela della salute e nello specifico diretti a garantire l'accesso alle cure palliative (legge n. 38 del 2010: Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore), vale a dire alle cure globali per i pazienti affetti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e di cui la morte è diretta conseguenza, nonché alla terapia del dolore da parte del malato, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza;
   la legge definisce «cure palliative» l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti, la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici;
   l'obiettivo primario dei differenti atti di indirizzo esaminati dal Parlamento è stato, quindi, quello di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, soprattutto nelle fasi terminali della sua vita, facilitando l'accesso all'assistenza anche in condizioni di disagio estremo, garantendo la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, con un'attenzione speciale ai momenti terminali della vita del paziente per aiutarlo ad affrontare la fase ultima della sua vita con la consapevolezza che tutti i mezzi disponibili saranno impiegati per ridurre le sue sofferenze e il dolore che accompagna la sua vita fino ad un potenziale livello zero;
   non c’è dubbio che il Parlamento, approvando pressoché all'unanimità questa legge, abbia inteso porre un argine a quelle richieste di eutanasia, originate dalla sensazione del malato di non poter più sopportare il dolore o di sentirsi abbandonato dalle istituzioni;
   in questo senso la legge parla anche di ospedale senza dolore e stanzia fondi ad hoc per rafforzare l'attività dei comitati «Ospedale senza dolore», istituiti dall'omonimo progetto fin dal 2001, sottolineando che le risorse vadano destinate a iniziative, anche di carattere formativo e sperimentale, per sviluppare il coordinamento delle azioni di cura del dolore, favorendo l'integrazione a livello territoriale;
   la legge, inoltre, è molto chiara sulla necessità di semplificare le procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore (articolo 10), proprio per ridurre al massimo il disagio del paziente e dei suoi familiari, assicurando loro interventi tempestivi e qualificati, per evitare quell'inutile sovraccarico di sofferenze che a volte una burocrazia ostile amplifica inutilmente;
   ma allo stato attuale il quadro di sviluppo delle reti di cure palliative è ancora disomogeneo sul territorio nazionale e persistono difficoltà nell'organizzazione delle cure palliative domiciliari;
   né molto si è fatto per promuovere la ricerca nel campo delle cure palliative, stimolando la creazione di gruppi di ricerca, nazionali ed internazionali, creando dottorati, istituendo assegni di ricerca e assegni di post-dottorato per garantire continuità agli studi scientifici più avanzati, come invece prevede l'articolo 8 della legge quando parla di formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario in materia di cure palliative e di terapia del dolore;
   la stessa legge, inoltre, prevede opportune campagne di informazione, a partire dal triennio 2010-2012, destinate a informare i cittadini sulle modalità e i criteri di accesso alle prestazioni e ai programmi di assistenza in materia di cure palliative e terapia del dolore. Le campagne avranno come fine ultimo la promozione della cultura della lotta contro il dolore;
   la legge prevede, inoltre, che, all'interno del Ministero della salute, fosse istituito «un ufficio per il monitoraggio dei dati relativi alla prescrizione e all'utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, dello sviluppo delle due reti e del loro stato di avanzamento, delle attività di formazione, informazione e ricerca e più in generale delle prestazioni erogate e dei loro esiti» –:
   se intenda tenere fede agli impegni contenuti negli atti di indirizzo di cui in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di garantire la piena attuazione dei principi contenuti nella legge n. 38 del 2010, con particolare attenzione all'effettivo impiego, da parte delle regioni, dei fondi stanziati allo scopo di creare strutture finalizzate all'erogazione di cure palliative e di terapia del dolore;
   se e in che misura intenda intervenire, anche con opportune campagne di informazione, per prevenire la richiesta di eutanasia da parte di malati che versano in condizioni terminali, mentre le loro famiglie ritengono di non ricevere terapie sufficienti per controllare un livello di sofferenza così insopportabile da rendere loro difficile continuare a vivere;
   se non ritenga opportuno verificare che, nell'applicazione dell'attuale legge, siano garantiti criteri di solida competenza professionale in quanti dovranno creare e coordinare le nuove reti, valorizzando adeguatamente coloro che sono già da tempo impegnati in questo campo e supportando con adeguati investimenti l'effettiva realizzazione di quanto contenuto nella legge n. 38 del 2010. (3-00047)
(14 maggio 2013)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A GARANTIRE UN ADEGUATO RISARCIMENTO A FAVORE DELLE PERSONE CHE HANNO SUBITO DANNI DA INCIDENTI STRADALI

   La Camera,
   premesso che:
    il 20 marzo 2013 l'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha aggiornato i valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale;
    gli importi sono stati adeguati all'aumento del costo della vita sulla base degli indici Istat nel periodo gennaio 2011-gennaio 2013, con conseguente incremento del 5,65 per cento rispetto ai parametri precedentemente in vigore;
    la Corte di cassazione, a sezioni unite, con sentenza n. 12408 del 2011, ha introdotto il principio della necessità di applicare su tutto il territorio nazionale un unico criterio di liquidazione, affermando che quell'unico criterio è rappresentato dalle cosiddette «tabelle di Milano»;
    la medesima sentenza ha, altresì, affermato che le predette tabelle milanesi «costituiranno d'ora innanzi, per la giurisprudenza di questa Corte, il valore da ritenersi «equo»;
    il Governo ha recentemente elaborato uno schema di decreto del Presidente della Repubblica riferito alla tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
    da una prima lettura della tabella formulata dal Governo emerge che la liquidazione monetaria delle menomazioni all'integrità psico-fisica ivi prevista è notevolmente più bassa rispetto alle cosiddette tabelle di Milano, arrivando addirittura a prevedersi una decurtazione del 60 per cento delle predette liquidazioni;
    già la tabella relativa alle menomazioni di lieve entità emanata ai sensi dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni private risulta essere molto più bassa di quella prevista dalle tabelle di Milano;
    da ultimo il cosiddetto decreto Balduzzi, decreto-legge n. 158 del 2012, ha già allargato, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo illegittimamente, la sfera di applicazione della tabella ex articolo 138 del codice delle assicurazioni private alle menomazioni causate da responsabilità medica, e per l'effetto ha tagliato la misura dei risarcimenti a tutt'oggi riconoscibili, con evidenti effetti dissuasivi all'incardinamento del contenzioso giudiziale e con una palese lesione degli articoli 24 e 32 della Costituzione;
    quindi, qualora venisse applicata questa nuova tabella, pazienti e soggetti che hanno subito delle gravi menomazioni non avranno più la tutela accordata dagli articoli 24 e 32 della Costituzione relativi alla tutela del diritto inviolabile alla salute ed al pieno risarcimento del danno;
    l'illegittimità costituzionale di cui si parla è fortemente aggravata da un quadro risarcitorio generale palesemente in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, dato che, in Italia, il medesimo danno finisce con l'essere ingiustamente ed immotivatamente risarcito in maniera differente a seconda della fonte del danno stesso;
    dallo schema di decreto messo a punto dal Governo pro tempore (Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, poco «tecnico» ed assai «politico», soprattutto quando si parla di banche e finanza) emerge con preoccupante chiarezza il tentativo di favorire le lobby delle assicurazioni; quelle stesse lobby che, da sempre, lavorano alacremente assieme ai Governi per vedere tutelate le loro posizioni in spregio dei diritti dei consumatori e dei cittadini;
    la più recente «Indagine sui prezzi r.c.a.» pubblicata in data 1o gennaio 2013 dall'Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) ha, infatti, evidenziato che, nonostante gli interventi di riforma messi in campo negli ultimi anni, l'aumento dei prezzi delle assicurazioni per responsabilità civile auto imposti ai cittadini non ha arrestato la sua corsa. Negli ultimi dodici mesi, ad esempio, il premio richiesto a una 18enne è cresciuto del 13,5 per cento, mentre il profilo di un virtuoso del volante, un 55enne in massima classe di sconto, ha subito un rincaro del 5,6 per cento;
    sul citato schema di decreto hanno espresso un parere fortemente contrario sia il Consiglio di Stato (parere n. 4209 del 17 novembre 2011, adunanza generale dell'8 novembre 2011), sia il Parlamento attraverso un'apposita mozione approvata a larga maggioranza (atto n. 1-00740 – seduta 24 ottobre 2011, n. 540);
    per il massimo organo di giustizia amministrativa, la sequenza dei coefficienti moltiplicatori della tabella formulata dal Governo «non sembra rispettare il criterio della crescita più che proporzionale rispetto all'aumento dei punti di invalidità» e «un eventuale scostamento del testo regolamentare dal criterio previsto espressamente dalla legge autorizzativa provocherebbe con molta probabilità la disapplicazione della norma regolamentare da parte del giudice civile investito dalla domanda risarcitoria, con conseguente inutilità dell'esercizio della potestà normativa in esame». Il Consiglio di Stato suggerisce poi di adottare, a livello normativo, l'estensione per analogia dei parametri economici anche ad altre discipline risarcitorie quando vengano lesi diritti alla persona sostanzialmente sovrapponibili, ma determinati da fatti diversi dalla circolazione stradale. Se si limitasse l'applicazione ai soli incidenti stradali, «infatti, analoghe conseguenze sul piano lesivo verrebbero ad ottenere differenti trattamenti risarcitori, a seconda del solo fatto che la lesione sia avvenuta nell'ambito della circolazione stradale o meno»;
    con la mozione dell'ottobre del 2011, la Camera dei deputati ha addirittura impegnato il Governo «a ritirare il provvedimento, ingiustificato e lesivo dei diritti dei danneggiati, e a predisporre, in tempi rapidi, un nuovo decreto teso a determinare valori medi di risarcimento del danno biologico per le lesioni di non lieve entità che prendano a riferimento quelli delle tabelle elaborate dal tribunale di Milano»;
    da parte del gruppo Movimento 5 Stelle in Commissione giustizia della Camera dei deputati, in data 28 maggio 2013, è stata presentata la proposta di legge n. 1063 – Bonafede ed altri – tesa ad affermare per via legislativa, senza ulteriori deleghe al Governo, l'adozione dei valori individuati dalle tabelle del tribunale di Milano come parametro unico nazionale per il risarcimento del danno alla persona,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto concernente la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di cui in premessa, in quanto contrario, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, agli articoli 24 e 32 della Costituzione relativi alla tutela del diritto inviolabile alla salute ed al pieno risarcimento del danno;
   ad adottare, nell'ambito della liquidazione del danno non patrimoniale derivante da sinistro stradale comportante lesioni dell'integrità fisica medicalmente accertabili, ai fini di una imprescindibile omogeneità dell'intero quadro risarcitorio, un provvedimento che utilizzi i valori stabiliti dalla tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità approvata dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano nel marzo 2013 e dalle sue relative successive modifiche;
   a valutare l'opportunità di concorrere alla revisione dell'intero impianto normativo in materia di risarcimento del danno non patrimoniale nell'interesse esclusivo dei cittadini, sulla base dei contenuti enunciati dalla ricordata proposta di legge n. 1063 del 28 maggio 2013.
(1-00021)
(Nuova formulazione) «Colletti, Di Vita, Ciprini, D'Incà, Dadone, D'Uva, Frusone, Mantero, Rostellato, Agostinelli, Nesci, Vacca, Zaccagnini, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Sarti, Baldassarre, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Cecconi, Colonnese, D'Ambrosio, Del Grosso, Fico, Nuti, Terzoni».
(16 aprile 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, recante il codice delle assicurazioni private, stabilisce, all'articolo 138, la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, nonché, all'articolo 139, la predisposizione, con la medesima procedura, di una specifica tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità;
    finalità degli articoli 138 e 139 del citato decreto legislativo, e dei successivi provvedimenti attuativi, è pertanto la fissazione in maniera univoca, ai fini del risarcimento del danno in sede assicurativa della responsabilità civile automobilistica, dei valori economici e medico-legali per la valutazione del danno alla persona derivante da lesioni che abbiano determinato macrolesioni e lesioni di lieve entità;
    il Ministro della salute ha istituito, il 26 maggio 2004, una commissione di studio, composta dai rappresentanti del medesimo Ministero, dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico, della giustizia, dell'Inail, dell'Ania e da esperti in medicina legale, e successivamente integrata con rappresentanti delle associazioni familiari e vittime della strada e dell'osservatorio della Lega italiana dei diritti dell'uomo;
    i lavori della commissione di studio si sono conclusi con la redazione di uno schema di Tabella, oggetto di una valutazione preliminare del Consiglio dei ministri, il 3 agosto 2011, e successivamente del parere della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, l'8 novembre 2011;
    il 7 giugno 2011, tuttavia, era intervenuta in materia la sentenza della Corte di cassazione n. 12408, la quale aveva stabilito che, nella liquidazione del danno alla persona, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'articolo 1226 del codice civile deve garantire non solo l'adeguata considerazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie sono decise da differenti uffici giudiziari; dall'affermazione del generale principio di uguaglianza, la Corte di cassazione aveva tratto la conclusione che, sempre in assenza dei criteri stabiliti dalla legge e in virtù dei suoi compiti di indicazione ai giudici di merito di criteri uniformi, i criteri per la liquidazione del danno alla persona fossero individuati nelle cosiddette «tabelle» di riferimento per la stima del danno alla persona elaborate dal tribunale di Milano, trattandosi del criterio più diffuso sul territorio nazionale;
    gli effetti distorsivi derivanti dalla differenziazione territoriale dei risarcimenti dei danni non patrimoniali sono stati rilevati anche nel citato parere del Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che l'esigenza di porre rimedio a tali distorsioni «appare sicuramente condivisibile e coerente con le esigenze ordinamentali di parità di trattamento tra situazioni analoghe, nonché in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di cassazione», tra i quali viene ricordata proprio la sentenza della Corte di cassazione, sezione III, 7 giugno 2011, n. 12408;
    se lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, datato marzo 2013 ed avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 sembrerebbe, pertanto, risolvere in via definitiva il problema relativo all'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale dei risarcimenti, dal confronto con le tabelle del tribunale di Milano emerge una riduzione dei valori risarcitori che ha suscitato molte proteste da parte delle associazioni delle vittime di sinistri stradali, che lo hanno considerato «fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da r.c. auto»;
    va considerato che il danno alla persona è composto da due componenti: il danno patrimoniale, calcolabile oggettivamente, e il danno non patrimoniale, non calcolabile oggettivamente, ma attribuito «equamente» dai tribunali o dalle tabelle, a sua volta distinto tradizionalmente in danno biologico, ossia il valore della perdita della funzionalità biologica dovuta alla lesione, il danno morale, variabile da caso a caso, tra il 25 ed il 50 per cento del danno biologico, e il danno esistenziale, molto soggettivo e variabile;
    la tabella unica è difficilmente comparabile con le tabelle del tribunale di Milano, poiché queste regolamentano tutto il danno non patrimoniale, inglobando accanto al danno biologico anche il danno morale con riferimento ad una liquidazione congiunta complessiva dei danni riconosciuti, mentre la tabella unica prevista nello schema di decreto del Presidente della Repubblica regolamenta il solo danno biologico «standard», ferma restando la necessità di determinazione aggiuntiva dell'eventuale danno morale, poiché, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, gli importi possono essere aumentati nella misura massima del 30 per cento per le macrolesioni e del 20 per cento per le lesioni lievi, quando la menomazione incida su aspetti dinamico relazionali della persona;
    indubbiamente, ragionare sulla congruità dell'ammontare dei risarcimenti è un esercizio difficile, perché attiene a un valore non monetizzabile, pertanto, lo scopo dell'emanando provvedimento dovrebbe essere esclusivamente quello di stabilire convenzionalmente criteri risarcitori certi e uniformi territorialmente, adeguati per le vittime e sostenibili relativamente alla spesa assicurativa;
    peraltro, esiste un'evidente correlazione tra importo dei premi ed entità dei risarcimenti che, per quanto riguarda il settore della responsabilità civile automobilistica, presenta dati articolati e non sempre univoci; tuttavia sono molti i fattori che influenzano il livello dei premi, come rilevato dalle recenti conclusioni dell'indagine svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulle procedure di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore;
    tutto ciò rende evidente come sia indispensabile, per il Parlamento, promuovere un approfondimento, mediante un rapido e approfondito confronto sulla materia nei suoi vari aspetti, sociali, sanitari, economico-finanziari, e un proficuo confronto sia con il Governo, sia con tutti gli altri soggetti coinvolti;
    questa urgenza è resa ancor più necessaria dalla circostanza che sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica non è previsto un parere delle competenti Commissioni parlamentari, dal momento che sarà emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400,

impegna il Governo

a sospendere l’iter di approvazione del decreto del Presidente della Repubblica avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 fino all'espletamento di un approfondito ma rapido confronto nelle Commissioni parlamentari competenti, così da tenere conto delle indicazioni che emergeranno in tali sedi, anche al fine di garantire l'adeguato contemperamento tra le esigenze di tutelare le vittime degli incidenti stradali e quelle di contenere i costi delle polizze della responsabilità civile automobilistica.
(1-00099)
(Nuova formulazione) «Boccuzzi, Causi, Verini, Martella, Fregolent, Gutgeld, Biffoni, Impegno, Lenzi, Pelillo, Sanga, Antezza».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    relativamente al risarcimento del danno biologico per gli incidenti stradali nei casi di invalidità che vanno dal 10 al 100 per cento, l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, prevedeva la predisposizione – finora mai attuata – di una specifica tabella, unica su tutto il territorio nazionale e da aggiornarsi annualmente, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;
    finora la monetizzazione dei danni subiti a seguito di un incidente stradale veniva calcolata sulla base di tabelle predisposte da ciascun tribunale, con la conseguenza di risarcimenti spesso diversi da regione a regione;
    al fine della predisposizione di un'unica tabella valida per l'intero territorio nazionale per il risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra 10 e 100 punti di invalidità, è in via di emanazione un decreto del Presidente della Repubblica, peraltro predisposto dal precedente Governo;
    detto schema di decreto adegua al ribasso i valori risarcitori (con un abbattimento medio del 60 per cento) che risultano così di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano, come recentemente aggiornate, considerate invece congrue dalla stessa Corte di cassazione;
    già l'Aneis (Associazione nazionale esperti infortunistica stradale), il 4 aprile 2013, ha chiesto di «difendere la dignità delle vittime degli incidenti stradali». L'applicazione della nuova tabella, infatti, ridurrebbe fino al 60 per cento i risarcimenti per tali eventi, rispetto ai parametri dettati dalle nuove tabelle del tribunale Milano;
    la stessa Aifvs (Associazione italiana familiari e vittime della strada) ha protestato contro lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in via di emanazione, che peraltro mostrerebbe tutta la sua dubbia costituzionalità per il fatto che disciplinerebbe, in patente violazione del fondamentale articolo 3 della nostra Carta costituzionale, in modo diversissimo sotto il profilo monetario, situazioni relative a lesioni personali soltanto per via della genesi del fatto illecito. Peraltro, si preannunciano anche gravissime sperequazioni sotto il profilo della retroattività del provvedimento;
    si tratta di un provvedimento che, come sottolinea ancora l'Aifvs, «per salvaguardare gli interessi delle assicurazioni, vorrebbe mettere da parte anche le indicazioni della Corte di cassazione (sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011) che ha esteso a tutto il territorio nazionale i diffusissimi valori indicati nella tabella del tribunale di Milano, frutto di scrupolosa elaborazione ed assiduo aggiornamento»;
    si ricorda, infatti, che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12408 del 2011, rilevata la disparità esistente fra i tribunali italiani, ha ritenuto di orientare i risarcimenti sui valori delle tabelle dei giudici di Milano, valutate più eque rispetto a quelle degli altri tribunali, in quanto costruite tenendo conto delle disposizioni normative e dei parametri individuati dalla giurisprudenza ai fini della personalizzazione del danno, così come stabiliti dalle famose sentenze «gemelle» a sezioni unite della Corte di cassazione del 2008, sul danno non patrimoniale;
    con l'eventuale approvazione definitiva di questo decreto del Presidente della Repubblica, il risparmio delle società assicuratrici sarà consistente, soprattutto se le tabelle verranno ritenute – come sembra – applicabili anche retroattivamente a tutti i sinistri per i quali non si siano concluse trattative in sede transattiva o non si sia giunti a sentenza definitiva;
    inoltre, dall'esame delle medesime tabelle dello schema di decreto in oggetto, si ricava una disparità tra l'infortunato uomo e l'infortunata donna, laddove la cifra per ogni punto di invalidità «femminile» è inferiore a quello «maschile»;
    va, peraltro, ricordato come le compagnie assicuratrici abbiano finora «beneficiato» sia del fatto che negli ultimi dieci anni – come certifica l'Istat – il numero degli incidenti stradali è andato progressivamente diminuendo, che della riduzione (prevista dal decreto del Ministero della salute del 3 luglio 2003) in questi anni dei risarcimenti da piccole invalidità. Il tutto a fronte di nessuna riduzione dei premi delle polizze per l'assicurazione obbligatoria da responsabilità civile automobilistica;
    questo schema di decreto del Presidente della Repubblica, qualora approvato definitivamente, anziché riconoscere il diritto delle vittime al congruo ed integrale risarcimento del danno, riducendo i risarcimenti, favorisce di fatto i profitti economici e imprenditoriali privati assicurativi a scapito di quei principi di solidarietà e di eguaglianza, anche sociale, sanciti dalla nostra Costituzione,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, di cui in premessa, in quanto ingiustificato e fortemente lesivo dei diritti dei danneggiati a ottenere un equo risarcimento;
   ad assumere iniziative per stabilire che le tabelle del tribunale di Milano siano prese a riferimento da tutti gli uffici giudiziari italiani, quali tabelle per definire l'entità del risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica a seguito di sinistro stradale o, più in generale, a causa di responsabilità civile;
   ad attuare, nell'ambito delle proprie competenze, azioni di contrasto a truffe e abusi ai danni delle compagnie assicuratrici, finalizzati all'ottenimento illegittimo del risarcimento dei danni.
(1-00100)
«Piazzoni, Migliore, Daniele Farina, Aiello, Sannicandro, Nicchi, Ragosta».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, a seguito della riunione del 6 marzo 2013, ha aggiornato i valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione all'integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale;
    gli importi sono stati adeguati all'aumento del costo della vita sulla base degli indici Istat nel periodo gennaio 2011-gennaio 2013, con conseguente incremento del 5,6535 per cento rispetto ai parametri precedentemente in vigore;
    con sentenza n. 12408 del 2011 la Corte di cassazione, ritenendo «intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie siano decise da differenti uffici giudiziari» e «poiché l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi», ha indicato le «tabelle milanesi» quali criteri di riferimento per la stima del danno alla persona;
    il Governo ha dichiarato l'intenzione di procedere all'approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante «tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209»;
    secondo quanto disposto dallo schema di decreto allo studio del Governo, la liquidazione monetaria delle menomazioni all'integrità psico-fisica ivi prevista è notevolmente più bassa rispetto alle tabelle del tribunale Milano, arrivando addirittura ad una decurtazione del 60 per cento delle predette liquidazioni, il che ha provocato forti reazioni da parte di molte associazioni e familiari delle vittime di incidenti stradali;
    è necessario stabilire criteri risarcitori certi, uniformi, adeguati e sostenibili e assicurare, così, maggiore certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando sperequazioni e differenziazioni territoriali ed assicurare tutela del diritto inviolabile alla salute ed un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti;
    i costi delle polizze per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada stanno subendo continui rincari, i quali hanno un peso considerevole sui bilanci delle famiglie;
    i rincari sono strettamente collegati al fenomeno, sempre più preoccupante, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative. Se pure è stata dimostrata la forte incidenza del peso delle frodi sui costi delle polizze, questa non può tuttavia rappresentare un elemento di giustificazione da parte delle compagnie di assicurazione dell'incremento delle stesse polizze, a danno esclusivo dei consumatori onesti;
    nella XVI legislatura, gli interventi nel settore delle assicurazioni sono stati operati con il decreto-legge n. 1 del 2012 (il cosiddetto «decreto liberalizzazioni»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, e con il decreto-legge n. 179 del 2012 (il cosiddetto «decreto crescita»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012. Con il decreto legge n. 1 del 2012, in particolare, sono state previste una serie di disposizioni volte a rendere maggiormente concorrenziale e trasparente il settore assicurativo al fine di ridurre il costo delle polizze, anche attraverso il contrasto delle frodi;
    l'insieme degli interventi adottati non sembra aver avuto effetti decisivi rispetto all'obiettivo del contenimento dei costi delle polizze a beneficio dei consumatori;
    inoltre, la tabella relativa alle menomazioni di lieve entità, emanata ai sensi dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni private, risulta essere molto più bassa di quella prevista dalle tabelle del tribunale di Milano;
    il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, ha esteso l'applicazione della tabella ex articolo 138 del codice delle assicurazioni private alle menomazioni causate da responsabilità medica e, pertanto, ha tagliato la misura dei risarcimenti a tutt'oggi riconoscibili, con evidenti effetti dissuasivi all'incardinamento del contenzioso giudiziale,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto che definisce la tabella unica nazionale per il risarcimento standard del danno biologico alle vittime degli incidenti stradali, in attuazione dell'articolo 138 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo n. 209 del 2005);
   ad orientare la propria attività politica, nell'ambito della liquidazione del danno non patrimoniale derivante da sinistro stradale comportante lesioni dell'integrità fisica medicalmente accertabili, ai fini di un'imprescindibile omogeneità dell'intero quadro risarcitorio, nella direzione di un'ottemperanza della tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità approvata dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano nel marzo 2013 e delle sue relative successive modifiche;
   ad adottare iniziative più incisive per favorire la riduzione del costo dei premi relativi alla copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada a carico degli assicurati, anche attraverso il rafforzamento delle azioni di contrasto alle frodi che abbiano, come primo obiettivo, quello di evitare che le gravi inefficienze del settore assicurativo vengano pagate dagli onesti assicurati.
(1-00101)
«Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Rondini, Gianluca Pini, Prataviera».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    spetta al Governo procedere all'adozione della proposta di decreto del Presidente della Repubblica contenente il regolamento che attua l'articolo 138 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo n. 209 del 2005); tale provvedimento consente di stabilire in maniera univoca, a livello nazionale, i valori economici e medico-legali per la liquidazione del danno in sede assicurativa in ordine alla responsabilità civile automobilistica;
    una bozza dello schema di decreto citato, di cui è stata data notizia negli scorsi mesi, contiene la tabella unica nazionale per il risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra 10 e 100 punti di invalidità;
    la tabella unica in questione si riferisce solo al danno biologico «standard», in quanto gli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni consentono di aumentare l'importo risultante dall'applicazione della tabella fino al 30 per cento e al 20 per cento, rispettivamente per le macrolesioni e le microlesioni, laddove la menomazione accertata condizioni pesantemente determinati aspetti della persona;
    risulta ai sottoscrittori del presente atto di indirizzo che il Ministro della salute pro tempore, onorevole Renato Balduzzi, abbia valutato di non sottoporre al Consiglio dei ministri il relativo schema di decreto (frutto di un lungo, ma non costruttivo, confronto tra le parti interessate e gli uffici del Ministero competente), in quanto l'applicazione della nuova tabella avrebbe comportato la riduzione sino al 60 per cento dei risarcimenti per tali eventi, rispetto ai parametri dettati dalle tabelle del tribunale di Milano (alle quali la Corte di cassazione ha fatto rinvio per determinare il valore medio di riferimento da porre a base del risarcimento del danno alla persona da applicare all'intero territorio nazionale; tabelle che contemplano, oltre al danno biologico, anche quello morale), con conseguenze fortemente pregiudizievoli per le vittime degli incidenti stradali;
    spetta al decreto citato di fissare in maniera univoca i valori economici e medico-legali per la valutazione del risarcimento del danno derivante alla persona dalla circolazione stradale, applicabili anche alle persone danneggiate da eventi connessi alla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189;
    la base giuridica del decreto citato, cioè gli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, deve essere integrata con il riferimento all'evoluzione giurisprudenziale della nozione di danno biologico;
    esiste la riconosciuta esigenza, da un lato, di dettare criteri certi per evitare sperequazioni territoriali e un'indiscriminata corsa al rialzo, non correlata al concreto bene giuridico tutelato, dei valori risarcitori; dall'altro, di addivenire ad una progressiva, ma certa, diminuzione dei premi assicurativi, sia per quanto attiene alla responsabilità civile automobilistica, sia per quanto concerne la responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie,

impegna il Governo

a riconsiderare prontamente, sul solco di quanto già avviato dal competente Ministero nei primi quattro mesi dell'anno 2013, l'intera problematica, valutando l'adeguatezza della base giuridica su cui adottare il citato decreto del Presidente della Repubblica e ispirandosi all'esigenza di dare congrua e piena soddisfazione alle vittime di incidenti stradali e di eventi avversi in campo sanitario, nel contempo perseguendo, anche attraverso la prosecuzione dei lavori del tavolo tra le categorie e le associazioni interessate, l'obiettivo di dare certezza all'intero comparto, anche al fine di permettere una graduale, ma significativa, riduzione dei premi assicurativi.
(1-00102)
«Gigli, Binetti, Balduzzi, Sottanelli, Oliaro, Schirò Planeta, Sberna, Cera, Vargiu, Monchiero».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    è in discussione l'approvazione da parte del Governo del decreto del Presidente della Repubblica in attuazione degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), che predispone una specifica tabella unica su tutto il territorio nazionale delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra dieci e cento punti, nonché del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;
    finalità dei suddetti articoli è, pertanto, la fissazione in maniera univoca, ai fini del risarcimento del danno in sede assicurativa responsabilità civile auto, dei valori economici e medico-legali per la valutazione del danno alla persona derivante da lesioni che abbiano determinato macrolesioni e lesioni di lieve entità, con l'obiettivo, dunque, di ovviare ad un sistema eterogeneo fondato su tabelle predisposte dai singoli tribunali ed eventualmente suscettibili di dar vita a forti disuguaglianze e disparità di trattamento tra le vittime dei sinistri;
    fino ad oggi infatti tali valutazioni sono riservate alla giurisprudenza; recentemente la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011 emessa dalla III sezione della Corte di cassazione ha esteso a tutto il territorio nazionale la tabella seguita dal tribunale di Milano (da tempo spontaneamente adottata da molti altri tribunali), dichiarando che gli importi risarcitori contenuti in quella tabella rappresentano il valore da ritenersi equo. Tale orientamento è stato confermato dalle sentenze Cass. civ. sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7272, e dall'ordinanza 4 gennaio 2013 n. 134;
    in particolare, con la sentenza n. 12408 del 2011 la Corte di cassazione ha ritenuto le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile del tribunale di Milano le più «congrue» sia per il metodo di calcolo, sia per i valori risarcitori; va rilevato, inoltre, che le suddette tabelle rappresentavano e rappresentano ancora il frutto di un annoso e meditato dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di danno alla persona;
    lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 all'attenzione dell'Esecutivo, risulta essere profondamente penalizzante nei confronti delle vittime, in quanto produrrebbe, rispetto alle tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile del tribunale di Milano, una consistente riduzione del risarcimento del danno biologico;
    per questo motivo si sono avute forti reazioni da parte delle molte associazioni dei consumatori e dei familiari delle vittime di incidenti stradali che ritengono il provvedimento fortemente lesivo del diritto di tutti i danneggiati ad un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti;
    sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica si è espresso in sede consultiva il Consiglio di Stato, con il parere reso all'adunanza generale in data 8 novembre 2011, rilevando che potrebbero derivare possibili effetti distorsivi connessi all'applicazione ai soli sinistri stradali degli indici parametrici di cui alle tabelle, rispetto ad analoghe situazioni di lesioni, non intervenute nell'ambito della circolazione stradale, chiedendo al Ministero di valutare l'opportunità di un'eventuale modifica normativa;
    pertanto, alla luce della delicatezza e dell'importanza del tema, che incide su diritti costituzionalmente garantiti, si reputa indispensabile per il Parlamento promuovere un approfondimento della materia, nei suoi vari aspetti, sociali, sanitari, economico-finanziari, e un proficuo confronto sia con il Governo che con tutti i soggetti coinvolti, mediante un'indagine conoscitiva e lo svolgimento di specifiche audizioni;
   questa urgenza è resa ancor più necessaria dalla circostanza che sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica non è previsto un parere delle competenti commissioni parlamentari, dal momento che sarà emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
    inoltre, l'approfondimento suddetto risulta necessario in virtù della sopravvenienza normativa costituita dalla disposizione di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, che in materia di responsabilità professionale ha specificato che il danno biologico conseguente all'attività dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui ai già citati articolo 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005,

impegna il Governo

ad adottare il decreto del Presidente della Repubblica recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di cui in premessa, considerata l'importanza di uno strumento che garantisca certezza e uniformità valutativa al risarcimento del danno, solo successivamente ad un rapido, ma approfondito esame della materia da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che potranno eventualmente disporre un'indagine conoscitiva sull'argomento, con particolare riguardo al valore pecuniario attribuito ad ogni singolo punto di invalidità, alle modalità di adeguamento periodico della stessa e alle conseguenze sui premi delle polizze, al fine di garantire un giusto risarcimento alle vittime di gravi handicap psicofisici, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di cassazione e dell'importanza che riveste oggi in tale settore l'utilizzo, come parametro di riferimento, dei valori risarcitori previsti nelle tabelle del tribunale di Milano.
(1-00103)
«Costa, Sisto, Baldelli, Abrignani».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo sta predisponendo lo schema di decreto del Presidente della Repubblica contenente la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti, prevista dall'articolo 138 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
    la tabella dovrà riportare il valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, analogamente a come è già previsto per le lesioni di lieve entità, cioè comprese tra uno e nove punti di invalidità, dall'articolo 139 dello stesso codice delle assicurazioni private, a decorrere dal marzo del 2012;
    l'emanazione delle tabelle nasce dalla richiesta delle vittime di ottenere un sistema risarcitorio uniforme su tutto il territorio nazionale, posto che, sino a quando l'entità del risarcimento del danno ad esse riconosciuto era affidato unicamente alla discrezionalità dei giudici, venivano a crearsi delle discriminazioni de facto tra residenti nel sud Italia e residenti nelle regioni del Nord, a causa dell'estrema variabilità degli importi riconosciuti;
    sino ad oggi, nelle more dell'emanazione della tabella, si è proceduto ad un'unificazione dei parametri applicando su tutto il territorio nazionale le cosiddette tabelle del tribunale Milano, riconosciute da una sentenza della Corte di cassazione del 2011 quali quelle che meglio rappresentavano il principio di equità nel risarcimento del danno alla salute e all'integrità psicofisica;
    il fenomeno degli incidenti stradali nel nostro Paese, pur essendo lievemente in calo, comporta ancora costi altissimi in termini di vite umane e di danni alla salute, nonché in termini di costi sociali che ne conseguono, stimati in circa trenta miliardi di euro all'anno;
    si pensi che, a tutt'oggi, sulle nostre strade ogni giorno vengono ferite in media ottocento persone, mentre undici perdono la vita, e una percentuale molto elevata di queste vittime interessa i più giovani;
    se si considera che ogni anno il risultato di questo terribile flagello sono migliaia di persone che perdono un proprio caro o che sono condannate alla disabilità permanente, ci si rende conto come già di per sé la quantificazione di un simile danno sia di grandissima difficoltà, posto che alcuna cifra potrà mai degnamente ripagare le vittime;
    peraltro, il diritto che viene ad essere leso non è solo quello alla salute ed all'integrità psicofisica, bensì anche quello al lavoro, considerato che molte vittime, a causa delle menomazioni subite, non riescono più a svolgere il proprio lavoro;
    sembra che nella tabella allo studio del Governo i parametri di riferimento per la liquidazione dei danni siano di entità inferiore a quelli applicati sinora nel rispetto delle tabelle del tribunale Milano;
    questo si tradurrà in un danno ulteriore a carico delle vittime di incidenti, già gravate, peraltro, anche sul versante giudiziario dalla mancanza di effettività della pena in grande parte dei procedimenti giudiziari che riguardano gli omicidi colposi per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale;
    inoltre, procedere proprio in un momento di crisi economica, come quello che il nostro Paese sta attraversando, ad una riduzione dell'entità dei risarcimenti penalizzerà, in modo ingiustificabile, doppiamente proprio le persone che non possono più lavorare a causa dei danni riportati,

impegna il Governo:

   ad assicurare, nell'approvazione della tabella di cui in premessa, che essa non comporti una riduzione dei parametri sin qui applicati, nel rispetto, da un lato, della citata sentenza della Corte di cassazione, e, dall'altro, delle vittime degli incidenti e dei loro diritti costituzionalmente riconosciuti;
   a promuovere iniziative di sensibilizzazione al tema delle conseguenze derivanti dagli incidenti stradali, anche evidenziando il disvalore sociale della guida irresponsabile e pericolosa.
(1-00104)
«Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa».
(17 giugno 2013)

MOZIONI CONCERNENTI MISURE PER IL RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,
   premesso che:
    fra i segnali più indicativi, sul piano economico e sociale, della gravità dell'attuale crisi economico-finanziaria che sta vivendo l'Unione europea, il più evidente risulta la crescita del tasso di disoccupazione;
    particolarmente preoccupante è l'andamento della disoccupazione giovanile: nel marzo 2013 ben 5,7 milioni di giovani, di cui 3,6 milioni nell'area euro, erano privi di lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile ha superato il 23,5 per cento nell'Europa a 27 e il 24 per cento nell'area euro, in aumento di 1,5 punti percentuali su base annua;
    la situazione, addirittura drammatica in Grecia, dove il tasso di disoccupazione giovanile tocca quasi il 60 per cento, e in Spagna (oltre il 55 per cento), appare tuttavia ormai insostenibile anche in Italia: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione giovanile ha, infatti, toccato il 40,5 per cento;
    i dati sono ancora più allarmanti nelle aree in ritardo di sviluppo, dove l'elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile si inserisce in un contesto già profondamente segnato dal disagio economico e sociale, acuendo i rischi di tensioni e conflittualità;
    la crescente difficoltà di trovare occasioni di lavoro stabili e regolari priva le giovani generazioni del diritto di guardare al proprio futuro con ragionevoli aspettative di realizzazione e li costringe a un'umiliante condizione di vulnerabilità, incertezza e precarietà e di dipendenza economica dalle famiglie di origine;
    non possono esservi solide prospettive di ripresa economica e di crescita se le giovani generazioni sono costrette a una condizione di inattività; significativa, al riguardo, è la crescita costante della percentuale di giovani che appaiono totalmente privi di fiducia nel loro avvenire non lavorando e non partecipando a nessun ciclo di formazione e istruzione (i cosiddetti neet): nell'Unione europea si tratta ormai di circa il 13 per cento dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni;
    le dimensioni del fenomeno impongono l'immediata adozione di misure appropriate, per entità delle risorse da stanziare e per la necessità di invertire rapidamente le tendenze in atto, al fine di allargare la base occupazionale, di offrire alle giovani generazioni credibili prospettive di formazione e di lavoro stabile e non precario, attraverso quelle reali politiche attive del lavoro che sono elemento essenziale del rilancio del modello sociale europeo;
    in questa materia l'adozione di iniziative a livello europeo risulta imprescindibile, in primo luogo perché l'esperienza ha dimostrato che non è possibile affidare alle limitate forze dei singoli Stati membri il compito di affrontare un'emergenza che ha assunto ormai le dimensioni cui si è fatto riferimento a prescindere da una strategia complessiva ed organica. Ciò vale, in particolare, per i Paesi i cui margini di intervento finanziari sono particolarmente ristretti per i vincoli derivanti dall'obbligo di perseguire politiche di risanamento del bilancio pubblico. In secondo luogo, non va sottovalutato il rischio che l'assenza di adeguate risposte da parte dell'Unione europea alimenti anche nelle giovani generazioni la disaffezione, già ampiamente diffusa, nei confronti delle istituzioni europee e mini la fiducia nel progetto dell'integrazione europea, che si aggiunge al rischio socio-politico già evidenziato dalla fase recessiva. Ciò sarebbe particolarmente grave, stante il fatto che le giovani generazioni sono quelle che hanno una più elevata consapevolezza dell'identità europea e appaiono più propense alla mobilità e allo scambio di esperienze formative e di lavoro: una mobilità che necessità di adeguato sostegno, con particolare riferimento ai programmi di scambio come il programma Erasmus (che attualmente rappresenta appena lo 0,35 per cento del budget europeo, che a sua volta rappresenta circa l'1 per cento del prodotto interno lordo europeo). In terzo luogo, il differenziale tra le condizioni occupazionali per i giovani all'interno dell'Unione europea (dal 59,1 per cento della Grecia al 7,6 per cento di Austria e Germania) può alimentare le frizioni interne che mettono a repentaglio la tenuta e la solidità dell'Unione stessa;
    nel dicembre del 2012 la Commissione europea ha delineato, con il Youth employment package, una strategia volta a contrastare la disoccupazione giovanile e l'esclusione sociale attraverso una serie di misure dirette a promuovere l'offerta di lavoro, l'istruzione e la formazione, raccomandando l'impegno degli Stati membri a tradurre concretamente, per quanto di loro competenza, le indicazioni fornite;
    il Consiglio europeo ha successivamente stanziato 6 miliardi di euro, nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, allo scopo di sostenere le misure in materia di occupazione giovanile proposte dalla Commissione europea nel dicembre 2012, con particolare riguardo al progetto denominato Youth guarantee;
    tale progetto, ispirato alle esperienze di alcuni Paesi (come Austria e Finlandia), è diretto a sostenere l'investimento nel capitale umano dei giovani fino ai 25 anni, al fine di conseguire gli obiettivi previsti dalla strategia «Europa 2020»: un tasso di occupazione del 75 per cento; il 40 per cento di laureati nella fascia tra 30 e 34 anni; un tasso di dispersione scolastica al di sotto del 10 per cento e la sottrazione alla povertà e all'esclusione sociale di 20 milioni di persone all'interno dell'Unione europea;
    le iniziative finora adottate richiedono, come prospettato dall'Unione europea, una forte mobilitazione degli Stati membri (i Governi dell'Unione europea si sono impegnati a istituire programmi nazionali di Youth guarantee sulla base del modello sociale comunitario) e delle parti sociali secondo una logica di partenariato attivo;
    come notato nel memo della Commissione europea «EU measures to takle youth unemployment» del 28 maggio 2013, il costo dell'adozione di queste misure è molto più basso del costo dell'inazione, per le condizioni economiche presenti e per i rischi conseguenti di esclusione, povertà e salute;
    il prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013 dovrebbe dedicare un'attenzione particolare a questo tema, anche a seguito delle sollecitazioni e delle iniziative adottate al riguardo da diversi Paesi, tra cui in particolare l'Italia,

impegna il Governo:

   a intervenire, in occasione del prossimo Consiglio europeo, per verificare la possibilità di stanziare ulteriori risorse nell'ambito del fondo sociale europeo per il finanziamento di progetti volti a contrastare in maniera efficace la disoccupazione giovanile attraverso l'offerta di lavoro stabile e regolare e a sostenere programmi di elevata qualità di istruzione e formazione per i giovani adeguati alle esigenze più avanzate del mercato del lavoro, verificando in questo contesto anche l'adeguata implementazione dei programmi per la mobilità, con particolare riferimento a Eures e al programma Erasmus for all, volto a supportare le opportunità di studio, formazione e volontariato all'estero per 4 milioni di europei dal 2014 al 2020, con un budget complessivo di 14,5 miliardi di euro (il doppio dei programmi attuali);
   a ottenere che la quota parte delle risorse spettante all'Italia nell'ambito dello stanziamento complessivo di 6 miliardi di euro per la Youth employment initiative possa essere impegnato nella massima misura possibile già nel 2014;
   a promuovere con urgenza le misure necessarie in materia di adattamento dei centri per l'impiego (attraverso cui, secondo alcune stime, attualmente trovano lavoro solo il 2,7 per cento dei giovani) per supportare al meglio le iniziative a favore dell'occupazione giovanile;
   a manifestare l'esigenza di un più stretto collegamento tra le politiche attive del lavoro e il circuito scuola-università-lavoro, utilizzando le sinergie nell'ambito del fondo sociale europeo per portare il livello di istruzione italiano all'altezza delle esigenze del sistema produttivo e per abbattere il «costo dell'ignoranza», ovvero il divario che impedisce all'Italia una piena partecipazione a una società europea della conoscenza, intervenendo, in particolare, sugli elementi essenziali per conseguire gli obiettivi europei della «strategia 2020» in merito al livello di laureati nella popolazione adulta e alla riduzione della dispersione scolastica, favorendo azioni mirate di sostegno al diritto allo studio e l'avvio di un piano nazionale per l'edilizia scolastica;
   a impegnarsi, nel contesto delle misure del pacchetto e di un generale orientamento sul capitale umano come base per crescita attraverso la creazione di un circuito virtuoso europeo tra formazione e impresa, a promuovere l'entrata in vigore entro l'estate 2013 dell'alleanza europea per l'apprendistato, volta a promuovere i programmi di apprendistato che hanno avuto maggior successo e a sviluppare curricula comuni per le professioni e adeguati sistemi di riconoscimento degli apprendistati effettuati all'estero;
   a valutare la possibilità di promuovere a livello europeo l'introduzione di misure premiali e/o sanzionatorie con riferimento all'impiego delle risorse utilizzabili allo scopo, per cui una quota dei fondi disponibili verrebbe assegnata ai Paesi che conseguono gli obiettivi stabiliti e la parte non utilizzata di risorse preassegnate sarebbe revocata se non utilizzata, in questo modo introducendo un meccanismo volto a responsabilizzare gli Stati membri ad impiegare rapidamente e in maniera efficace le risorse a disposizione;
   ad adottare sul piano nazionale tutte le iniziative necessarie per realizzare al più presto progressi concreti e apprezzabili in materia (con particolare riferimento alla possibilità di defiscalizzazione per le assunzioni dei giovani a tempo indeterminato da parte delle imprese), anche utilizzando quota parte delle risorse ancora disponibili e non impegnate relative alle politiche di coesione per il periodo 2007-2013, oltre che quelle previste per il periodo 2014-2020, come prospettato dal Consiglio europeo del 22 maggio 2013.
(1-00070)
(Nuova formulazione) «Ascani, Rostellato, Calabria, Tinagli, Scotto, Prataviera, Giorgia Meloni, Alfreider, Speranza, Bonomo, Boschi, Bosco, Braga, Capozzolo, Chaouki, Cimbro, Coccia, Cominelli, Crimì, Culotta, Marco Di Maio, Donati, Fanucci, Fedriga, Gadda, Gregori, Gribaudo, Laforgia, Lattuca, Lotti, Madia, Moretto, Moscatt, Narduolo, Paris, Picierno, Giuditta Pini, Quartapelle Procopio, Raciti, Rampi, Scopelliti, Tentori, Ventricelli, Zardini, Manzi, Damiano, Rizzetto, Baldassarre, Ciprini, Pinna, Giammanco, D'Incecco, Cardinale, Costantino, Ricciatti, Dorina Bianchi, Antezza, Boccuzzi».
(5 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione europea ha recentemente lanciato un'importante iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, mirata, in particolare, a favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione, i cosiddetti neet, nelle regioni dell'Unione europea con un tasso di disoccupazione giovanile, nel 2012, superiore al 25 per cento. Si tratta della cosiddetta garanzia per i giovani (youth guarantee), il nuovo pacchetto occupazionale europeo;
    la principale novità è legata all'istituzione di un fondo europeo di garanzia per l'occupazione giovanile, circa sei miliardi di euro dal 2014 al 2020, dei quali 3 miliardi di euro provenienti da una linea di bilancio specifica e gli altri 3 miliardi di euro dal Fondo sociale europeo. I fondi destinati all'iniziativa intendono rafforzare e accelerare le misure descritte nel pacchetto per l'occupazione giovanile del dicembre 2012. Tali fondi verranno messi a disposizione degli Stati membri per finanziare, nelle regioni per le quali è ammessa la contribuzione, misure attuative della raccomandazione relativa alla garanzia per i giovani concordata nell'ambito del Consiglio dei ministri del lavoro e degli affari sociali dell'Unione europea del 28 febbraio 2013;
    va ricordato che l'Italia rientra, purtroppo, nei parametri fissati di accesso al fondo. Infatti, secondo quanto riportano i dati Istat, nel gennaio 2013 il tasso di disoccupazione per i 15-24enni è salito al 38,7 per cento rispetto al 37,1 per cento del dicembre 2012. In particolare, il fenomeno dei neet in Italia è cresciuto esponenzialmente. Stando al Rapporto sul benessere equo e sostenibile del 2013, nel 2009, anno di inizio della crisi, i neet erano il 19,5 per cento, mentre in due anni, nel 2011, sono cresciuti di oltre tre punti percentuali, raggiungendo il 22,7 per cento. Il dato sui neet è particolarmente allarmante in quanto spia di un disagio estremo, prima di tutto psicologico, che diventa particolarmente acuto se si considera che tra tutti i neet, l'8,8 per cento è costituito da laureati che, quindi, non possono neppure accedere ad un livello più alto di formazione per potersi rimettere in gioco. Del resto, gli strumenti comunitari di garanzia per i giovani sono già attivi in alcuni Stati membri, come la Svezia e la Finlandia, e si sono dimostrati particolarmente positivi nel rilancio del mercato del lavoro dei giovani;
    l'esperienza della partecipazione italiana agli strumenti finanziari europei dimostra come sia assolutamente necessario approntare meccanismi di coordinamento a livello nazionale e territoriale in grado di operare a livello di sistema Paese, per ottenere i massimi benefici in termini di messa in atto delle politiche europee;
    la garanzia per i giovani dovrebbe essere rivolta, in particolare, a tutti i giovani compresi nella fascia di età dai 15 ai 29 anni che hanno appena terminato gli studi, hanno perso un lavoro, sono inseriti in percorsi formativi e di apprendistato, nel rispetto delle definizioni stabilite dalla normativa europea. A differenza della proposta comunitaria, che fissa il limite di 25 anni per i giovani che possono accedere agli schemi di garanzia per i giovani, tali misure andrebbero estese fino ai 29 anni, in virtù della particolare configurazione demografica del nostro Paese e visto che tale limite è quello utilizzato dai principali istituti di statistica per inquadrare la problematica dei neet in Italia,

impegna il Governo:

   a riconoscere l'estrema importanza degli strumenti comunitari messi in atto per il rilancio dell'occupazione giovanile, mirati, in particolare, a favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (neet);
   a mettere in campo tutte le misure necessarie a recepire il sistema europeo di garanzia per i giovani, istituendo una serie di meccanismi d'intervento differenziati su più livelli, e, quindi: a) misure di contrasto alla dispersione scolastica e di sostegno al rientro nei percorsi di studio; b) misure a sostegno dell'inserimento lavorativo dei giovani diplomati e laureati; c) contrasto alla segmentazione generazionale del mercato del lavoro e della segregazione di genere;
   a potenziare ed armonizzare il ruolo dei centri per l'impiego, e di tutti gli strumenti per le politiche attive sul lavoro, su tutto il territorio nazionale, rafforzandone le prerogative e istituendo una figura professionale di consulenza in materia di politiche europee per l'occupazione, attivazione dei fondi specifici e orientamento mirato;
   ad attivare adeguate sedi di confronto con i rappresentanti delle regioni e delle amministrazioni locali nonché con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su base nazionale, al fine di predisporre un'azione coordinata e condivisa per dare attuazione alle misure volte a favorire l'occupazione giovanile previste dal programma di garanzia per i giovani;
   a valutare la possibilità di assumere le necessarie iniziative per istituire, al più presto e in armonia con le previsioni di bilancio, un fondo nazionale per l'attuazione della garanzia per i giovani, composto dalla quota assegnata al nostro Paese da parte del fondo europeo di garanzia per i giovani e da ulteriori risorse previste anche da altre linee di intervento comunitarie, nel quadro della programmazione 2013-2020;
   ad assumere iniziative per dare vita alla defiscalizzazione ed alla decontribuzione delle nuove assunzioni a tempo indeterminato per i giovani per un periodo adeguato.
(1-00034)
(Ulteriore nuova formulazione) «Gregori, Rizzetto, Polverini, Epifani, Speranza, Damiano, Ferro, Miccoli, Bellanova, Pastorino, Carella, Casellato, Carnevali, Culotta, Cinzia Maria Fontana, Tino Iannuzzi, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Lorenzo Guerini, Guerra, Marco Di Maio, Antezza, Moretto, Cominelli, Moscatt, Ascani, Bonomo, Narduolo, Quartapelle Procopio, Raciti, Baruffi, Faraone, Paris, Giorgio Piccolo, Gnecchi, Madia, Tentori, Zappulla, Albanella, Pizzolante, Coccia, Boccuzzi, Martelli».
(8 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi dell'occupazione giovanile, inasprita dalla crisi globale economica e finanziaria, si rispecchia nell'alto tasso di disoccupazione, nella scarsa qualità dell'offerta di lavoro per i giovani e nell'ingresso lento e tardivo nel mercato del lavoro a condizioni dignitose;
    nel 2012, quasi 75 milioni di persone giovani nel mondo sono risultate fuori dal mercato del lavoro, 4 milioni in più rispetto al 2007; più di 6 milioni di loro, inoltre, hanno smesso di cercare lavoro;
    i dati del primo trimestre 2013 non sono più confortanti: nel marzo 2013 5,7 milioni di giovani erano privi di occupazione, dei quali 3,6 milioni nell'area euro; il tasso di disoccupazione giovanile ha registrato un più 23,5 per cento nell'Europa a 27 ed un 24 per cento pieno nell'area euro, in aumento di 1,5 punti percentuali su base annua;
    per affrontare il problema occorrono misure urgenti ed innovative, affinché nel lungo periodo non si erediti una generazione persa con relative problematiche socio-economiche-assistenziali;
    la carenza di posti di lavoro regolari e stabili impedisce alle giovani generazioni di pianificare il proprio futuro, relegandoli ad una permanente condizione adolescenziale di dipendenza dalle proprie famiglie;
    nelle conclusioni della Conferenza internazionale del lavoro 2012 è emersa l'urgenza di promuovere politiche macroeconomiche a favore dell'occupazione e incentivi fiscali che supportino una maggiore domanda aggregata e aumentino gli investimenti produttivi che migliorano la capacità di creare posti di lavoro e l'accesso al credito;
    in particolare, il rapporto della Commissione sull'occupazione giovanile ha rilevato l'urgente bisogno, per promuovere e mantenere posti di lavoro dignitosi e produttivi per i giovani, di invertire la tendenza, perché le politiche macroeconomiche messe in campo sono state inefficaci e non hanno portato un numero sufficiente di posti di lavoro, in generale, e per i giovani, in particolare;
    le recenti dichiarazioni del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, di destinare 1 miliardo di euro dei fondi dell'Unione europea in favore del lavoro dei giovani, ma solo al Sud del Paese, non lasciano supporre alcun cambio di rotta nelle strategie occupazionali;
    il Ministro, infatti, nel corso dell'audizione parlamentare del 12 giugno 2013, ha illustrato l'obiettivo del Governo di creare 50 mila nuovi posti di lavoro grazie alla decontribuzione e condizioni per ulteriori 100 mila giovani di avvicinarsi all'attività di impresa attraverso tirocini, incentivi all'imprenditorialità o alla formazione di cooperative, ma soltanto nelle regioni Campania, Calabria e Puglia;
    la scelta di assegnare, nel quadro di un'azione di riprogrammazione delle risorse dei fondi europei a rischio disimpegno, solo al Mezzogiorno le risorse per il lavoro è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, palesemente discriminante ed irresponsabile nei confronti dei tanti giovani disoccupati del Nord,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per garantire l'uniformità di trattamento sul territorio nazionale – in termini di agevolazioni, esenzioni ed incentivi – a tutti i giovani disoccupati del nostro Paese ed alle imprese che intendano ampliare la base occupazionale, senza priorità alcuna ai lavoratori/disoccupati del Mezzogiorno.
(1-00105)
«Prataviera, Fedriga, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini».
(17 giugno 2013)