TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 669 di Giovedì 19 luglio 2012

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in base a quanto affermato dalla Costituzione, lo Stato è chiamato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute dei cittadini;
   alla luce dei fatti, però, tale principio si traduce in un'iniqua tutela della salute, la cui garanzia è sempre più limitata da politiche regionali diversificate sul piano nazionale;
   le malattie rare contano in Italia almeno 2 milioni di pazienti. Sono donne, uomini, bambini, cittadini che convivono con una malattia poco diffusa e le cui necessità sono spesso a totale carico delle famiglie;
   la rarità di queste malattie chiude tali pazienti in un cerchio di isolamento e frantuma i loro problemi quotidiani in mille universi diversi, senza un comune denominatore;
   le malattie rare incidono in minima parte sulla spesa farmaceutica: appunto perché «rare», occorre una cura personalizzata e adeguata al farmaco più innovativo in commercio;
   per questo motivo l'Unione europea ha indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l'uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati;
   nonostante queste premesse, tuttavia, la gratuità dei farmaci per i malati rari diventa merce di scambio per il rientro dai deficit sanitari;
   sebbene, infatti, il nostro sia un Paese all'avanguardia dal punto di vista dell'assistenza sanitaria, non in tutte le regioni italiane esiste pari livello di qualità dei trattamenti e il medesimo accesso ai farmaci. Gli esperti sono concordi nell'individuare proprio nel decentramento regionale una dura barriera che il nostro Paese incontra nella lotta alle malattie rare, rispetto al resto d'Europa;
   il caso dell'emofilia rappresenta un esempio eclatante di come la disponibilità di ottimi farmaci, di comprovata efficacia, non basti a far sì che al paziente venga garantita la giusta e migliore cura, in ragione del fatto che l'acquisto e l'erogazione dello stesso, da parte delle strutture territoriali preposte, appare subordinato a politiche gestionali per le quali il principale criterio di valutazione non è quello non del beneficio ma unicamente quello del costo;
   i pazienti rari emofilici del Veneto costituiscono, a tal proposito, una palese dimostrazione dell'incongruenza nello strumento adottato nella regione (gara pubblica) per la fornitura alle aziende sanitarie locali dei medicinali in fabbisogno e per la possibilità stessa di accesso alla cura migliore, sulla base del prezzo. In crude parole, si tende a escludere a priori taluni medicinali validi ed addirittura già inseriti in un percorso terapeutico, a favore di altri agevolati dal fattore «low cost»;
   per garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, si è deciso inoltre (e successivamente all'aggiudicazione della gara) di destinare il farmaco «low cost» ai soli bambini neo diagnosticati che devono iniziare la terapia: questi ultimi, quindi, destinati a utilizzare un farmaco scelto solo in base alla logica del risparmio e non, come sarebbe logico, in considerazione dell'appropriatezza terapeutica dello stesso;
   i percorsi di cura non dovrebbero mai essere condizionati da motivazioni unicamente di ordine economico, ma ciò dovrebbe soprattutto valere nel caso delle malattie rare, in ragione dell'esiguità del numero di pazienti, in considerazione del fatto che viene colpita una classe di persone che già ora non beneficia di servizi sanitari equivalenti ai malati «non rari», ed essendo le loro necessità non soddisfatte da adattamenti ad altre terapie né da un'assistenza standard;
   l'obiettivo della riduzione della spesa sanitaria, assolutamente legittimo e condivisibile, non può tradursi in una lesione dei diritti dei cittadini malati;
   occorre regolarizzare, a qualsiasi costo i conti interni legati all'assistenza sanitaria. I servizi sanitari regionali non possono creare condizioni discriminanti nella distribuzione del farmaco da regione a regione e da paziente a paziente, generando palesi differenze legate al rapporto copertura del fabbisogno sanitario-spesa per abitante;
   in occasione della recente celebrazione dell'ottava giornata mondiale dell'emofilia, che ha inteso promuovere il tema «close the gap», è stato ribadita la necessità dell'assunzione di un duplice impegno: raggiungere in Italia una parità di trattamento per i pazienti emofilici su tutto il territorio nazionale ottimizzando le risorse ed eliminando gli sprechi; rendere disponibili i farmaci a livello globale, includendo, quindi, tutti quei pazienti che ad oggi non vi hanno ancora accesso –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interpellato al fine di adempiere agli impegni europei, garantendo pari dignità e trattamento ai malati rari che evidentemente richiedono una cura specifica e spesso non convenzionale;
   quali iniziative normative intenda porre in essere per rispondere alle esigenze di tutti i pazienti affetti da una malattia rara, per approdare, finalmente, dopo più di dieci anni di attesa, ad un risultato reale e tangibile che garantisca soprattutto un'assoluta parità di trattamento a livello nazionale.
(2-01587)
«Calearo Ciman, Moffa, Polidori».
(5 luglio 2012)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   le notizie di cronaca continuano a riproporre ormai quotidianamente l'emergenza della violenza contro le donne in Italia e in Europa, delineando un dramma umano e sociale che spesso si consuma innanzitutto all'interno dei nuclei familiari e che sollecita iniziative urgenti per assicurare sostegno alle vittime (a partire dai centri di ascolto e antiviolenza) e misure efficaci di contrasto e di prevenzione della violenza sulle donne;
   i numerosi e drammatici episodi di violenza trovano conferma nei dati diffusi recentemente dalla piattaforma Cedaw delle Nazioni Unite, secondo cui in Europa ogni giorno 7 donne vengono uccise dai loro partner. In Italia, nel 2011 sono morte 127 donne (il 6,7 per cento in più rispetto al 2010) e nel 2012 fino al mese di giugno si sono registrate già 63 vittime;
   le misure di sostegno alle vittime, di promozione di pari opportunità e di lotta ad ogni forma di discriminazione tra generi devono essere non solo rafforzate, ma accompagnate anche da un'azione ben più ampia ed incisiva per contrastare una cultura diffusa di acquiescenza, di tolleranza e di indifferenza verso ogni forma di violenza – fisica e psicologica – di cui purtroppo sono ancora vittime le donne in Italia;
   l'11 maggio 2011 a Istanbul la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica è stata aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione e dell'Unione europea;
   tale convenzione rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che si prefigge di creare un quadro normativo completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria, di sostegno alle vittime;
   in particolare, il testo della convenzione definisce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani fondamentali e una forma di discriminazione da contrastare, istituendo un collegamento diretto di estremo valore e di segno innovativo tra l'impegno a sradicare il fenomeno della violenza sulle donne e l'obiettivo di conseguire un'eguaglianza di genere, di fatto e di diritto;
   il testo della convenzione indica specifiche misure che gli Stati firmatari devono adottare per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire gli autori dei reati. Sono previste, in particolare: azioni istituzionali di prevenzione nel settore educativo e dell'informazione; sanzioni contro la violenza fisica, psicologica e sessuale, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, lo stalking; strumenti di sostegno medico, psicologico e legale alle vittime; meccanismi di monitoraggio sull'implementazione della convenzione, per assicurarne piena efficacia sul lungo periodo;
   la convenzione ad oggi è stata firmata da 21 Stati, tra i quali figurano Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Austria, Svezia, Finlandia, Norvegia, Grecia, Portogallo, Turchia, mentre per la sua entrata in vigore si dovrà attendere il numero minimo di 10 ratifiche, inclusi 8 Stati membri del Consiglio d'Europa;
   il 2 febbraio 2012 le donne parlamentari italiane componenti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa hanno indirizzato un appello al Governo italiano per la sottoscrizione anche da parte dell'Italia della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, consentendo al Parlamento italiano di procedere alla sua successiva ratifica. Le parlamentari auspicavano, inoltre, che il Governo italiano potesse assumere ogni iniziativa utile in sede comunitaria, affinché si giungesse alla firma della convenzione anche da parte dalla stessa Unione europea;
   nella stessa giornata del 2 febbraio 2012 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità un ordine del giorno alla legge comunitaria 2011 che impegnava il Governo ad «adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee al fine di favorire in tempi brevi la firma e la ratifica da parte dell'Unione europea della suddetta convenzione, provvedendo altresì ad apporre la firma italiana e conseguentemente a sottoporre il provvedimento al Parlamento italiano per la sua ratifica»;
   il 29 febbraio 2012 il Ministro interpellato ha risposto all'appello delle parlamentari italiane con una lettera in cui affermava che «la promozione dei diritti delle donne, anche attraverso un'attiva partecipazione alle molteplici iniziative internazionali sul tema, trova una collocazione prioritaria in seno alla nostra azione di politica estera in materia di diritti umani, tanto sul piano bilaterale quanto nei fori multilaterali. Posso, pertanto, assicurare che l'Italia intende sottoscrivere quanto prima la convenzione e che, nei prossimi giorni, verranno completate le procedure interne»;
   il 7 marzo 2012 il Sottosegretario per gli affari esteri Marta Dassù, intervenendo in III Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati in risposta ad un'interrogazione, ha dichiarato che il Governo annette grande importanza alla Convenzione del Consiglio d'Europa sul contrasto e la prevenzione della violenza sulle donne e la violenza domestica. Essa rappresenta uno strumento di notevole rilievo per contribuire ad affrontare in maniera organica e giuridicamente onnicomprensiva queste tematiche e proteggere le donne contro ogni forma di violenza. Il Sottosegretario ha, inoltre, confermato che «il Governo è convinto del valore aggiunto che l'adesione ad un quadro normativo comune, quale la convenzione, potrà assicurare per elevare ulteriormente il livello di protezione delle donne e delle vittime di violenza domestica. Posso, quindi, confermare che il Governo intende sottoscrivere la convenzione quanto prima, in linea con gli auspici espressi dal Parlamento»;
   i citati pronunciamenti del Governo italiano rappresentano segnali univoci ed estremamente positivi, che testimoniano una chiara volontà dell'Esecutivo in relazione all'adesione dell'Italia alla suddetta convenzione, che si riconosce come uno strumento giuridico fondamentale per rafforzare l'azione di contrasto ad ogni forma di violenza, di abuso o di discriminazione di cui siano vittime le donne –:
   per quale motivo il Governo italiano, pur essendo trascorsi molti mesi dai citati pronunciamenti positivi, non abbia ancora provveduto a firmare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica e se dagli approfondimenti compiuti dalle amministrazioni interessate e necessari per completare le previste procedure interne per l'adesione siano emerse specifiche ragioni ostative;
   in che tempi il Governo italiano, in coerenza con gli impegni già assunti in tal senso in sede parlamentare, intenda sottoscrivere la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica e procedere alla successiva presentazione del relativo disegno di legge di ratifica da sottoporre all'esame del Parlamento.
(2-01593)
«Mogherini Rebesani, Bergamini, Binetti, Bongiorno, Polledri, Tempestini, Villecco Calipari, Cenni, Albini, Bellanova, Concia, De Biasi, Farinone, Fedi, Froner, Gnecchi, Lucà, Marchi, Motta, Murer, Piccolo, Rigoni, Rosato, Servodio, Tullo, Bressa, Mattesini, Braga, Mariani, Miotto, Mastromauro, Rossa, Sereni, Rossomando, Gozi, Lulli, Touadi, Baretta, D'Incecco».
(11 luglio 2012)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il comma 9 dell'articolo 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, dispone che il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto di cui ai commi 5 e 6 è prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo. Sono poi formulate due ulteriori ipotesi residuali ovvero:
    a) sono comunque fatte salve le scadenze dei mandati in corso previste alla data dell'elezione dei rettori eletti, o in carica, se successive al predetto anno accademico;
    b) il mandato dei rettori, i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono stati eletti ovvero stanno espletando il primo mandato, è prorogato di due anni e non è rinnovabile;
   la ratio della legge è quella di assicurare tempi certi e rapidi per il cambiamento, distinguendo, peraltro, la sorte degli organi collegiali e monocratici elettivi, che decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto, dal rettore, per il quale sono dettati tempi certi con la regola generale della proroga di un anno aggiuntivo rispetto al proprio mandato;
   la norma è chiara nell'indicare il momento da considerare ai fini della proroga generale, facendo espressamente riferimento alla prima adozione dello statuto disposta con delibera del senato accademico su parere favorevole del consiglio di amministrazione, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della legge, prorogabile di altri tre mesi ai sensi dei commi 5 e 6;
   poiché la legge è entrata in vigore il 29 gennaio 2011, il nuovo statuto doveva essere fatto entro il 29 luglio 2011, fatti salvi gli atenei che, avendo beneficiato della proroga di tre mesi, potevano provvedere entro il 29 ottobre 2011;
   come emerge dalla lettura della sentenza n. 261 del 2012 del tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ci sono casi in cui il decano dell'Università degli studi di Perugia, essendovi tenuto, si è rifiutato di indire le elezioni del nuovo rettore, sulla base del presupposto che il rettore debba conservare la carica fino al completamento dell'anno accademico successivo a quello nel corso del quale si è portato a compimento il percorso di adozione del nuovo statuto;
   dalla stessa sentenza emerge che la decisione del decano dell'Università degli studi di Perugia sarebbe stata assunta anche sulla base di una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che avrebbe avallato un'interpretazione della norma secondo la quale il termine non decorrerebbe dalla data di adozione dello statuto, come sopra indicata, ma da quella di definitiva approvazione dello statuto, a seguito dell'espletamento della procedura ministeriale di controllo;
   il tribunale amministrativo regionale nella decisione richiamata evidenzia con chiarezza i motivi di diritto che impediscono la strada interpretativa seguita dal decano dell'Università degli studi di Perugia e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, evidenziando, tra l'altro, la circostanza che la legge nel fissare il termine non richiama la procedura di controllo regolata dai commi 7 e 8, ma solo la procedura di prima adozione regolata dai commi 5 e 6;
   appare evidente che una tale lettura rappresenta, tanto sul piano giuridico quanto su quello strategico, un grave rischio per il sistema universitario. Per quanto riguarda il profilo giuridico e amministrativo, si crea un serio stato di incertezza, con possibili effetti sulla legittimità degli atti adottati dal rettore quale organo scaduto e non rinnovato nei termini di legge. Per quanto riguarda il piano strategico, una tale interpretazione andrebbe contro lo spirito della legge n. 240 del 2010, che ha affidato la sua attuazione a precisi termini con la sostituzione, di fatto, di un termine indeterminato e incerto a un termine determinato e certo. La legge, infatti, non prevede termini precisi nel caso in cui, come sta accadendo in maniera diffusa, la fase di controllo comporti una dialettica tra ateneo e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per cui il sistema perderebbe un punto di riferimento con alterazione dei rapporti tra gli organi nella delicata fase di transizione;
   tale situazione rischia di creare abusi, tanto che sembra che in alcune sedi universitarie i rettori in carica già prorogati intendano impedire, o quanto meno ritardare ulteriormente, il regolare svolgimento di elezioni già convocate dal decano a norma della legge n. 240 del 2010;
   i fatti in questione costituiscono, a giudizio degli interpellanti, prima di tutto una violazione di legge, in quanto non è possibile con determinazioni ministeriali modificare termini di legge chiari, ma potrebbero avere anche dei riflessi di compatibilità con principi costituzionali, in quanto l'autonomia universitaria, ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione, deve essere esercitata nei limiti indicati dalla legge e situazioni del genere impediscono l'estrinsecarsi dell'autonomia degli atenei in violazione delle norme che la presidiano;
   la delicata situazione in cui versa il sistema universitario oggi suggerisce di evitare ulteriori elementi di confusione nell'attuazione della riforma degli atenei esposti a cambiamenti di norme e di indicazioni che rallentano lo svolgimento della vita democratica degli atenei e le elezioni dei nuovi rettori –:
   se, alla luce della sentenza sopra citata, il Governo non ritenga necessario ripristinare con la massima sollecitudine la certezza del diritto nella governance dell'università, anche al fine di evitare contenziosi che potrebbero insorgere tra i diversi atenei e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché all'interno dei medesimi atenei, e per dare una corretta e chiara indicazione sull'applicazione delle citate norme.
(2-01600) «Binetti, Galletti».
(17 luglio 2012)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   Finmeccanica, gruppo industriale a partecipazione pubblica, è al primo posto nel settore dell'alta tecnologia, è l'ottavo produttore mondiale di materiale militare, responsabile del 72 per cento delle esportazioni italiane (2009), nona potenza economica a livello nazionale e 399o a livello globale (2008);
   Finmeccanica produce beni a uso civile, quali veicoli, velivoli, tecnologie di comunicazione, apparati elettronici ed ottici, sistemi per la produzione di energia, occupa 75 mila dipendenti, di cui 42.000; in Italia, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono circa il 12 per cento del fatturato; i principali mercati sono Italia, Stati Uniti ed Inghilterra; negli Stati Uniti Finmeccanica si posiziona al ventiquattresimo posto tra i fornitori del Pentagono, mentre in Inghilterra assorbe il 15 per cento degli stanziamenti del Ministero della difesa britannico;
   con il completamento del ricambio del vertice di Finmeccanica e Selex è iniziato il riassetto organizzativo del gruppo che ha registrato forti perdite nel bilancio consuntivo 2011, non solo nei comparti già in sofferenza, come trasporti e aeronautica, ma anche nell'elettronica professionale militare e civile ed è chiamato a fare i conti con una situazione di emergenza finanziaria e di posizionamento nei mercati nazionali ed esteri, il tutto nel pieno della crisi economica e industriale che coinvolge l'intera industria italiana;
   le condizioni critiche dei mercati di riferimento in Italia, Gran Bretagna, Usa e Libia, dove vengono a mancare importanti commesse, hanno sicuramente giocato un ruolo determinante nel deterioramento dei conti del gruppo; gli oneri finanziari rischiano di affossare un gruppo leader internazionale in molti settori che, negli ultimi anni, ha avuto una espansione nell'elicotteristica e nell'elettronica per la difesa, dove si concentra il 60 per cento del fatturato e il 66 per cento del margine operativo;
   con tali premesse è urgente conoscere le strategie complessive per la riduzione dell'indebitamento del gruppo che sembra orientato a importanti dismissioni, mentre, anche sulla base della spending review, sarebbe utile cominciare dalla vendita degli immobili e dalla riduzione dei costi di struttura;
   oggi Finmeccanica vale poco più di 2 miliardi di euro (valeva 9 miliardi nel 2007) e se non fosse più che blindata dal controllo pubblico diventerebbe oggetto di possibili scalate; il gruppo ha dei punti di forza abbastanza considerevoli, ma i problemi più pesanti riguardano circa il 25 per cento delle sue attività, il settore ferroviario, con Ansaldo Breda e quello aeronautico, con Alenia Aeronautica, mentre stanno sorgendo difficoltà nel settore della difesa;
   Finmeccanica deve tagliare il debito che pesa per 4,5-5 miliardi di euro ed equivale a due volte e mezzo il margine operativo lordo; l'eccesso di debito rispetto ai concorrenti deprime il titolo e ingessa l'impresa;
   il bilancio 2011 ha una perdita netta significativamente più alta di quanto denunciato nei primi nove mesi ed è previsto che, entro la fine del 2012, sul conto economico saranno caricati altri oneri legati alla ristrutturazione dell'elettronica della difesa, oltre alla prevista svalutazione, attraverso una verifica del valore, della partecipazione di controllo nell'americana Drs (intorno a 500 milioni di euro);
   la discussione in atto nel Paese sulle spese per la difesa prefigura in futuro ulteriori tagli alle commesse per gli apparati militari e i sistemi d'arma di cui Finmeccanica è la maggiore fornitrice (il 35 per cento del suo fatturato proviene da tali programmi);
   in particolare la discussione verte sul controverso Joint strike fighter, o F-35, il cacciabombardiere più costoso della storia; fra ritardi, errori e rinvii, il progetto della Lockheed ha subito tanti ritocchi nel preventivo che oggi ogni esemplare dovrebbe costare 200 milioni di euro;
   la decisione sulla qualità dei tagli alle spese militari non può essere assunta senza prima avere definito il modello di difesa anche in relazione alle linee di politica estera che si intendono adottare; la politica della difesa deve essere integrata a livello europeo e la politica estera deve favorire gli scambi con i Paesi emergenti che hanno necessità di tecnologie presenti nelle società del gruppo;
   le Forze armate e il loro equipaggiamento dovranno essere coerenti con tale modello di difesa, che deve derivare da una più puntuale politica estera, nell'ottica di un modello di difesa a dimensione europea e con una forte integrazione industriale con gli altri Paesi dell'Unione europea;
   il ridimensionamento della spesa militare in Italia può essere ricondotto a due possibili opzioni:
    a) una riduzione di organico da 190.000 effettivi a circa 160.000, con l'obiettivo di conseguire risparmi di spese del personale, comunque di difficile attuazione in breve-medio periodo, che dovrebbero permettere il sostegno a investimenti in tecnologie e sistemi d'arma, ivi compreso il controverso programma F-35;
    b) un programma di razionalizzazione della spesa (dismissioni immobiliari, miglior utilizzo del personale), che mantenga funzioni e ruoli delle Forze armate attraverso investimenti in tecnologie compatibili con un sistema industriale nazionale integrato con l'industria della difesa degli altri Paesi europei e rispondente al modello di difesa europeo;
   la seconda opzione appare sicuramente come la più adeguata e quella maggiormente in grado di determinare un modello di difesa non solo collegato alle linee di politica estera, ma anche ad orientare lo sviluppo dell'industria nazionale;
   se si concentra l'attenzione esclusivamente sugli interessi del mercato italiano, con il programma F35, anche ridimensionato, le ricadute industriali su Finmeccanica e sulle altre imprese industriali italiane saranno molto limitate;
   l'esito potrebbe essere un confinamento della nostra industria alla fornitura di parti dei sistemi d'arma e un forte ridimensionamento dei volumi produttivi, della ricerca e dello sviluppo industriale, con la perdita di qualsiasi ruolo di integratore di sistema;
   l'amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi ha tracciato, nei giorni scorsi a Londra, in occasione del salone internazionale dell'aeronautica, la strategia per tornare a una leadership di mercato, offuscata dalle vicende giudiziarie in corso;
   secondo l'amministratore delegato il 2012 sarà l'anno del recupero e del rilancio, che dovrà passare attraverso una maggiore internazionalizzazione, conseguente all'abbattimento delle spesa per armamenti da parte dei Paesi occidentali e alla crescita delle medesime da parte delle nazioni emergenti, come l'India e il Brasile, fortemente interessate alle tecnologie per la difesa militare;
   il piano di riassetto di Finmeccanica sarà legato anche a una razionalizzazione della struttura industriale in Italia, con dismissioni da un miliardo di euro entro l'anno, e al varo della nuova «super Selex», società di elettronica che ingloba le controllate Selex sistemi integrati, Selex Elsag e Selex Galileo, che sarà operativa nel 2013;
   il piano prevederebbe, inoltre, un'attenta selezione degli investimenti più remunerativi e un particolare impegno sulla tecnologia dual, sviluppata per il settore della difesa, ma in grado di essere riconvertita e commercializzata per usi civili;
   il dossier più allarmante per l'Italia è quello delle annunciate dismissioni degli asset, considerati non strategici, dei trasporti e dell'energia, che varrebbero un 1 miliardo di euro e per i quali vi sarebbe, rispettivamente, l'interesse della giapponese Hitachi e della tedesca Siemens;
   l'internazionalizzazione assumerebbe, dunque, un ruolo cruciale; ai tradizionali mercati di Finmeccanica (Italia, Usa e Regno Unito) si aggiungerebbe la Polonia, dove AgustaWestland ha acquisito la società elicotteristica Pzl, e, a livello globale, Russia, Libia, Algeria, India, Malesia, Australia e Brasile;
   la fusione tra Alenia e Aermacchi come possibile preludio all'apertura a qualche socio esterno apportatore di capitale non basta, ne è, pertanto, discesa la decisione di allontanare le fonti di perdita, come Ansaldo Breda (con un ordine di grandezza di mezzo miliardo di euro), di vendere le partecipazioni nei settori considerati non strategici, come il 40 per cento di Ansaldo Sts, il gioiello di famiglia da cedere assieme all'Ansaldo Breda, il 55 per cento di Ansaldo Energia, che secondo Deutsche Bank, vale 670 milioni di euro;
   a ciò si aggiunga il 25 per cento della Mbda, la joint venture missilistica con Eads e Bae System (400 milioni di euro), e, infine, il 15 per cento dell'Avio, motori aerei ex Fiat, 250 milioni di euro; con queste cessioni e con la focalizzazione della gestione sulla generazione di cassa, Finmeccanica pensa di potersi riallineare ai grandi concorrenti;
   il riassetto organizzativo interno con la costituzione di Selex elettronic system, come confluenza di Selex sistemi integrati, Selex Galileo e Selex Elsag, prefigura una razionalizzazione delle attività oggi operanti nei vari siti produttivi e di sviluppo industriale;
   l'unificazione in un'unica società delle tre Selex può offrire, invece, un'occasione per una maggiore integrazione tra le realtà presenti sul mercato civile e un'opportuna ottimizzazione degli investimenti in tecnologie e razionalizzazione dei costi, producendo possibili sinergie per una crescita complessiva di fatturato e occupazione;
   occorre ripensare l'intera strategia di Finmeccanica, il suo perimetro di intervento deve essere salvaguardato, le attività civili non possono essere dismesse: ne soffrirebbe pesantemente l'occupazione e l'indotto e interi territori già colpiti pesantemente dalla crisi;
   in particolare, l'uscita di Finmeccanica dai predetti settori significherebbe il totale abbandono della presenza italiana in comparti strategici per l'ammodernamento del Paese, con la conseguenza di lasciare questo mercato in mano a imprese straniere con ulteriori aggravi della nostra bilancia commerciale;
   per l'Italia significherebbe regalare ai francesi e ai tedeschi il nostro mercato, distruggendo aziende che, invece, possono, opportunamente strutturate e organizzate, non solo competere nel mercato interno, ma partecipare a importanti occasioni internazionali;
   per Finmeccanica è fondamentale il contributo dello Stato agli investimenti in ricerca e sviluppo e vanno ricercate le risorse necessarie a mantenere la competitività del gruppo; l'intervento dello Stato va articolato su più fronti, ma tutti ispirati ad una politica di sviluppo sostenibile e di politica estera e di difesa;
   l'insieme delle produzioni industriali di Finmeccanica sono essenziali per il Paese e vanno sostenute con adeguate politiche; la ricerca di profittabilità ad ogni costo contrasta con una visione di lungo periodo, per il quale occorrono investimenti a redditività differita indispensabili per la salvaguardia del patrimonio tecnologico e produttivo;
   Ansaldo Breda, Ansaldo Sts, Ansaldo Energia, Elsag, Avio, Menarini, Alenia Thales rappresentano importanti pezzi del sistema della grande impresa italiana da maneggiare con cura, sotto l'occhio del Governo azionista;
   le difficoltà di bilancio presenti in alcune società vanno affrontate con attenta valutazione delle qualità del management nella loro capacità di riorganizzarle, ridurre gli sprechi e avere una visione di rilancio industriale nei rispettivi comparti;
   devono essere individuate risorse per garantire gli investimenti nelle varie aree dove il presidio industriale è già abbastanza forte, anche se non sempre adeguato (si investe già il 12 per cento dei ricavi), e nella ricerca di partner nell'ottica di integrazione di filiera e complementarietà di mercato;
   nel settore della difesa si tratta di definire quali risparmi e rinunce decidere, a fronte di impegni internazionali e persino interni sempre più estesi; le Forze armate impegnate in scenari geopolitici complessi e pericolosi vanno, infatti, equipaggiate in modo appropriato, i mezzi utilizzati devono essere mantenuti ed il personale formato e difeso;
   il comparto aerospazio e difesa è uno dei pochi settori industriali dove la filiera nazionale è competitiva, il personale impiegato è di alta qualificazione, esistono distretti tecnologici e industriali, anche se vanno migliorati e ricondotti a sistema per massimizzarne la resa;
   importanti sono le ricadute della ricerca militare e spaziale nei comparti civili; si tratta di aumentare la sinergia per le cosiddette tecnologie duali, la capacità di trasferire in apparati e sistemi per le infrastrutture i risultati delle tecnologie sviluppate nei sistemi militari (radaristica, aeronautica, avionica, monitoraggio reti complesse, comunicazione, nuovi materiali ed altro);
   il gruppo Finmeccanica va sostenuto dallo Stato per la realizzazione di trasferimenti tecnologici a nuovi prodotti e sistemi e, contestualmente, va attivato un mercato pubblico e privato che utilizzi le nuove applicazioni in ambito civile (energia ecocompatibile e relativa rete di trasporto, risparmio energetico, monitoraggio ambientale e di reti complesse ed altro);
   ciò vale soprattutto nei comparti civili dove, invece di vendere, sarebbe quanto mai urgente ripartire da un progetto di rilancio per l'insieme del settore del trasporto su rotaia e su gomma, sull'energia, sulle infrastrutture di rete sulle telecomunicazioni terrestri e spaziali, sull'elettronica professionale e informatica; fondamentale è il sostegno all'integrazione tra ricerca universitaria e ricerca industriale;
   il sostegno alle politiche di investimento e sviluppo del settore delle infrastrutture civili, come il ferroviario e l'energia, rappresentano elementi importanti e qualificanti di una nuova concezione dello sviluppo, tanto più che la maggior parte dei Governi ha stabilito o sta definendo tagli al settore militare;
   è necessario definire il piano nazionale dei trasporti e i relativi investimenti, creando un polo nazionale della costruzione ferroviaria, che blocchi immediatamente qualsiasi decisione di cessione di imprese strategiche, come Ansaldo Breda, e che predisponga un piano di riorganizzazione dell'intero settore;
   a tale fine è indispensabile utilizzare le risorse pubbliche afferenti alla Cassa depositi e prestiti, i fondi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre ai fondi dell'Unione europea per la ricerca e lo sviluppo;
   la ricerca di antiche e nuove responsabilità sulle cause di questa situazione, che comunque esistono e non hanno risparmiato inchieste della magistratura sugli attuali dirigenti, non deve distogliere dalla questione essenziale delle pesanti ricadute sui lavoratori e sul futuro industriale del gruppo, sul quale ha pesato la totale mancanza di una seria politica industriale da parte del precedente Governo;
   per orientare le scelte prioritarie di Finmeccanica non si può pensare solo al conto economico e a quanto accade in borsa, ma è essenziale mantenere il controllo pubblico per garantire continuità industriale e sviluppo;
   se davvero si vuole impostare la crescita del Paese all'insegna dell'equità sociale, Finmeccanica è da considerarsi un volano indispensabile per fornire alla piccola e media impresa italiana la possibilità di stare agganciata a prodotti tecnologicamente avanzati –:
   quali iniziative urgenti intendano intraprendere i Ministri interpellati al fine di mettere a punto una strategia di politica industriale volta al sostegno del gruppo Finmeccanica e programmi chiari di politica estera e di difesa, anche ai fini del rilancio dell'apparato produttivo nazionale;
   quali misure si intendano, in particolare, promuovere per il rafforzamento delle aziende di Finmeccanica che operano nel settore del segnalamento e delle costruzioni ferroviarie e nel settore energetico, che hanno un'importanza di primo piano per il tessuto produttivo di vasti territori e dell'intero Paese.
(2-01592)
«Vico, Lulli, Ventura, Froner, Villecco Calipari, Colaninno, Fadda, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Gatti, Baretta, Tullo».
(11 luglio 2012)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   le previsioni di andamento del reddito nazionale formulate in varie sedi sono significativamente peggiori di quelle contenute nel documento di economia e finanza 2012;
   vanno valutati i riflessi negativi che tali andamenti avrebbero sul già elevatissimo tasso di disoccupazione generale e giovanile in particolare;
   nelle motivazioni del grave declassamento operato da Moody's del debito pubblico italiano si rileva la mancanza di crescita prevista per l'economia italiana;
   dopo aver dato l'impressione di avere valutato in tutta la sua gravità la crisi dell'eurozona, ancora una volta l'Europa tende a rinviare l'operatività delle decisioni prese dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo;
   per tutte queste ragioni, l'Italia è sostanzialmente sola davanti ai suoi problemi –:
   quali siano attualmente le valutazioni del Governo sull'andamento dell'economia italiana nel biennio 2012-2013 e se non ritenga di dover aggiornare le indicazioni contenute nel documento di economia e finanza;
   se il Governo intenda adottare iniziative capaci di imprimere un andamento meno negativo all'economia italiana;
   quali siano le misure atte a questo scopo e quale possa essere il diverso profilo congiunturale che tali decisioni possano determinare.
(2-01597) «La Malfa, Brugger».
(16 luglio 2012)