MOZIONE RECANTE INIZIATIVE IN AMBITO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE IN MATERIA DI TASSAZIONE DELLE TRANSAZIONI FINANZIARIE

   La Camera,
   premesso che:
    tra le ragioni della crisi, che sta avendo effetti devastanti sul nostro Paese, vi è il comportamento di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno effettuato speculazioni traendo indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione sulle transazioni finanziarie;
    una tassa sulle transazioni finanziarie (ttf), pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenta un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
    la suddetta tassa assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
    si garantirebbe, in tal modo, anche la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
    l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
    la suddetta imposta potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo;
    il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2010 una risoluzione [P7-TA(2010)0056] favorevole all'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie e ha chiesto alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea in materia;
    le analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale (Matheson, marzo 2011; Brondolo, agosto 2011), hanno individuato in essa una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario;
    la Commissione europea ha presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014. La proposta è stata accompagnata dalla pubblicazione della valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità della tassa sulle transazioni finanziarie e la sua possibile applicazione a livello regionale;
    il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, nella sua nota pubblicata il 24 ottobre 2011 indirizzata ai leader del G20, annovera la tassazione delle transazioni finanziarie tra le misure da adottare per «promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà» nel più ampio processo di riforma che ristabilisca «il primato della politica – responsabile del bene comune – sull'economia e la finanza»;
    il rapporto del Leading group on solidarity levies to fund development (giugno 2010), di cui l'Italia è membro promotore, ed il rapporto della Bill and Melinda Gates Foundation (novembre 2011) sostengono fortemente l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie quale efficace fonte di finanziamento innovativo per lo sviluppo;
    nelle conclusioni dei leader del G20 riunitisi recentemente a Cannes il 3 e 4 novembre 2011, per la prima volta si fa esplicito riferimento alla proposta di tassazione delle transazioni finanziarie e viene riconosciuta l'iniziativa di alcuni Paesi pronti ad applicare questo tipo di tassazione per varie finalità, tra cui anche quella dell'aiuto allo sviluppo. Durante il vertice di Cannes, la Presidenza francese si è prodigata per l'ampliamento del consenso politico in merito a questa imposta che vede già il sostegno di diversi Stati membri dell'Unione europea e alcuni Paesi delle economie emergenti – Brasile, Argentina e Sud Africa – nonché il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si sono pubblicamente espressi in favore della suddetta tassa;
    il Governo italiano sarà chiamato ad esprimersi in sede europea in merito alla proposta di direttiva [COM(2011)594] ed ha aperto presso il dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze una consultazione pubblica in materia;
    il Governo italiano pro tempore, nel suo parere alle risoluzioni n. 7-00328, n. 7-00333 e n. 7-00346 (Commissione affari esteri della Camera, giugno 2010) ha affermato di considerare tale tassazione utile e proficua soltanto se condivisa e attuata da tutti i Paesi e nella risposta all'interrogazione 5-04529 (Commissione affari esteri della Camera, maggio 2011) ha dichiarato di voler attendere la valutazione di impatto della Commissione europea per esprimere ulteriori orientamenti in materia;
    da ultimo, nella seduta del 25 gennaio 2012, nel corso dell'esame delle mozioni sulla politica europea dell'Italia, sono stati approvati impegni volti all'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie in ambito comunitario, prospettando, altresì, l'opportunità di perseguire contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
    sondaggi condotti in Italia da YouGov per conto di Oxfam (marzo 2011) e da Eurobarometro (giugno 2011) evidenziano come la maggioranza degli italiani sia favorevole a questa tassa e ritenga giusto che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi;
    l'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna Zerozerocinque che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e organizzazioni non governative di sviluppo. Le associazioni delle autorità locali Anci e Upi hanno recentemente espresso il loro pieno sostegno alla proposta. Cento economisti italiani hanno sostenuto l'appello a favore di questa tassa firmato da mille economisti di fama mondiale, tra cui Dani Rodrik, Joseph Stiglizt, Toni Atkinson,

impegna il Governo:

   ad operare di concerto con gli altri Paesi che hanno già espresso un orientamento favorevole alla proposta di direttiva, affinché anche i Paesi dell'Unione europea meno disponibili all'introduzione della tassazione sulle transazioni finanziarie, in primis la Gran Bretagna, si convincano dell'opportunità del recepimento della direttiva da parte di tutti i Paesi dell'Unione europea a 27 ai fini del ripristino della sovranità dei singoli Paesi sulla politica monetaria e per scoraggiare gli speculatori internazionali;
   a sostenere l'opportunità di inserire alcuni modifiche alla proposta di direttiva [COM(2011)594] che prevedano di:
    a) collegare il pagamento dell'imposta anche alla nazionalità dello strumento finanziario al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive;
    b) estendere la base imponibile anche al mercato valutario;
    c) assicurare la destinazione del gettito (stimato dalla Commissione europea in 57 miliardi di euro) per politiche sociali interne agli Stati membri (50 per cento), per programmi di lotta alla povertà nel mondo (25 per cento) e di contrasto ai cambiamenti climatici (25 per cento);
   ad assumere ogni iniziativa utile, di concerto con gli altri partner europei, per facilitare una graduale applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie anche a livello mondiale;
   a prevedere eventuali meccanismi di correzione al fine di evitare che l'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie, incidendo sugli scambi di obbligazioni nel mercato secondario (oltreché di azioni), possa produrre un rallentamento delle transazioni con effetti negativi sulla liquidità e, conseguentemente, sulle condizioni di finanziamento del debito;
   a considerare l'opportunità di elaborare una propria relazione annuale (rispetto a quella quinquennale prevista dalla direttiva) per esaminare l'impatto della nuova tassazione sul mercato finanziario italiano e sull'economia reale.
(1-00817)
(Nuova formulazione) «Volontè, Buttiglione, Galletti, Adornato, Occhiuto, Ciccanti, Calgaro, Cera, Compagnon, Naro».
(17 gennaio 2012)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO ALL'EVASIONE E ALL'ELUSIONE FISCALE

   La Camera,
   premesso che:
    l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
    le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
    la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
    già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
    con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
    oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
    sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive – per consumi e investimenti – e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
    l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
    questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa – meno evasione – meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
    nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,

impegna il Governo:

   a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
    a) predisporre annualmente una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente – stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) o in una norma equipollente avente valenza di norma speciale – a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
    b) attuare normativamente – anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 – la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere a controlli sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;
    c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità di giustificare anche rispetto al nucleo familiare i saldi di cui al punto b);
    d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
    e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, tenendo conto anche del possesso di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, e fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
    f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
    g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
    h) prevedere un maggior coordinamento della Guardia di finanza e di tutti gli enti che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie con l'Agenzia delle entrate;
    i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao, Palomba».
(25 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    l'evasione fiscale costituisce un fenomeno estremamente grave e diffuso, che ostacola la ripresa economica del Paese, altera la concorrenza, compromette lo sviluppo ordinato della società e pregiudica il futuro delle famiglie e dei giovani. Secondo le stime più accreditate essa comporta la sottrazione di almeno 120 miliardi di euro di imposte ogni anno;
    i dati reddituali del 2009 recentemente diffusi dall'amministrazione finanziaria, pur nella loro insufficiente analiticità, hanno ancora una volta confermato la gravità e l'ampiezza del fenomeno, particolarmente accentuato nel settore delle imposte sui redditi e dell'iva;
    nelle sue dichiarazioni programmatiche il Governo ha posto al centro del suo impegno l'azione di contrasto dell'evasione fiscale;
    coerentemente con gli intenti dichiarati, le prime misure adottate con il decreto-legge n. 201 del 2011 – che hanno, tra l'altro, ridotto la soglia legale di utilizzo del contante per i pagamenti e hanno previsto l'obbligo di comunicazione da parte delle banche e degli altri operatori finanziari delle movimentazioni risultanti dai conti intrattenuti con i clienti, anche ai fini della migliore programmazione dei controlli – appaiono correttamente finalizzate a favorire l'emersione delle basi imponibili e ad accrescere l'efficacia dell'azione di contrasto. Tali misure, pur importanti e significative, non sono tuttavia sufficienti, da sole, ad assicurare una forte riduzione dell'evasione nei prossimi anni, riduzione di cui il Paese ha estremo bisogno;
    la stessa azione degli organi amministrativi, che sembrano ora voler rilanciare metodologie di controllo più incisive e diffuse rispetto a quelle adottate negli ultimi anni, non può che essere uno degli elementi della complessiva strategia messa in campo per accrescere la tax compliance e la legalità dei comportamenti fiscali. Tale strategia deve, tuttavia, fondarsi non tanto sugli strumenti repressivi, che pure devono essere energici e tempestivi quando effettivamente colpiscono comportamenti intenzionalmente scorretti, ma soprattutto sugli strumenti organizzativi, tecnologici e procedurali che da soli possono favorire la naturale emersione delle basi imponibili, rendendo non possibile o, comunque, non conveniente l'evasione, come già da molti anni avviene per gran parte delle attività di lavoro dipendente, monitorate attraverso le informazioni che pervengono dai sostituti d'imposta,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative, anche normative, dirette:
    a) ad introdurre l'obbligo di comunicazione telematica annuale dei rapporti con i clienti e i fornitori, allo scopo di indurre la maggiore veridicità dei dati economici dichiarati e di facilitare i controlli dell'amministrazione fiscale, contrastando le frodi e l'occultamento sistematico dei costi e dei ricavi, così da consentire il superamento dell'obbligo di comunicazione delle operazioni superiori a tremila euro;
    b) a stabilire, indipendentemente dai limiti d'importo, l'obbligo di pagamento con modalità diverse dal contante quale condizione generale per il riconoscimento di costi e spese rilevanti a fini fiscali, sia nell'ambito delle attività d'impresa e professionali, sia ai fini della deduzione dal reddito complessivo o dall'imposta di oneri (fatta eccezione, in quest'ultimo caso, per le spese risultanti da scontrini che recano il codice fiscale dell'acquirente, i cosiddetti scontrini parlanti, di contenuta entità);
    c) a prevedere la riduzione progressiva della soglia per l'utilizzo del contante;
    d) ad istituire un momento di confronto collaborativo con il contribuente ad iniziativa dell'amministrazione finanziaria prima della presentazione della dichiarazione annuale, allo scopo di evidenziare allo stesso contribuente l'eventuale possibile incoerenza degli elementi risultanti dalle diverse banche dati dell'amministrazione con gli imponibili che lo stesso contribuente intende dichiarare, correggendo, al contempo, eventuali errori presenti negli archivi;
    e) ad aumentare a un terzo del minimo la sanzione amministrativa tributaria in caso di acquiescenza, adesione all'accertamento o al verbale di constatazione e a ripristinare la responsabilità degli amministratori di società, esclusa per effetto dell'articolo 7 del decreto-legge n. 269 del 2003;
    f) a prevedere che, salvo prova contraria, il maggior reddito accertato sinteticamente ai fini irpef (articolo 38, commi 4 e seguenti, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) assuma rilevanza anche ai fini degli obblighi contributivi, nonché dell'iva e dell'irap, in quanto dovute per effetto della natura dell'attività svolta, ciò al fine di evitare che l'utilizzo dell'accertamento sintetico determini un ingiusto vantaggio per i contribuenti che vengono accertati con tale procedimento rispetto a quelli sottoposti ad accertamento analitico o analitico-induttivo;
    g) a prevedere la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all'amministrazione finanziaria da parte degli esercenti attività di vendita al minuto, come già era stato stabilito dal decreto-legge n. 223 del 2006, abrogato dal decreto-legge n. 185 del 2008, al fine di semplificare gli adempimenti a carico del commerciante, riconoscendo, altresì, al contribuente un credito d'imposta per l'acquisto degli appositi apparecchi misuratori;
    h) a prevedere strumenti di controllo per le vendite effettuate tramite distributori automatici, ripristinando la previsione già contenuta nella legge n. 244 del 2007, inspiegabilmente abrogata poco prima che il sistema di controllo entrasse in operatività, dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008;
    i) a sviluppare e a qualificare l'attività dell'Agenzia delle entrate dal lato dell'assistenza del contribuente agli adempimenti fiscali, quali predisposizione delle dichiarazioni, dei versamenti ed altro, utilizzando le tecnologie telematiche e organizzandosi per gestire la posizione dei contribuenti che richiedono il servizio, allo scopo di ridurre i costi di adempimento e rasserenare il rapporto fiscale;
    l) a rafforzare il ruolo della Guardia di finanza quale polizia economico-finanziaria, concentrandone l'azione nella repressione delle frodi fiscali e dei fenomeni di criminalità connessi;
    m) a elevare la misura edittale delle sanzioni penali previste nei casi di condotte fraudolente, allo scopo di consentire, in presenza di gravi indizi, l'utilizzazione dei più efficaci mezzi di indagine giudiziaria.
(1-00830)
«Fluvi, Causi, Albini, Carella, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».
(30 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    il risanamento delle finanze pubbliche è un problema non solo di numeri, di saldi tra entrate e uscite, ma anche di credibilità e uno Stato è credibile se si dimostra capace di far rispettare le proprie regole;
    oltre che per questioni di equità, indispensabili nel momento in cui si chiedono sacrifici al Paese, oggi abbattere l'evasione fiscale è una priorità assoluta. L'elevato tasso di evasione è l'indice di quanto in basso sia caduto il livello di legalità in Italia;
    è ancora più preoccupante che l'evasione fiscale venga quasi percepita, soprattutto all'estero, come un tratto endemico della nostra società, con un senso di indignata rassegnazione per uno Stato incapace di far rispettare le leggi che sforna a getto continuo;
    abbattere l'evasione è, quindi, la strada per elevare il senso di legalità, perché è anche il modo più efficace di combattere criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari, affarismo, abusi;
    con l'ultima manovra finanziaria, definita «salva Italia», lo Stato si è dotato di quasi tutti gli strumenti necessari a combattere efficacemente l'evasione: infatti, può controllare ogni pagamento, transazione finanziaria o investimento dei cittadini, ha limitato l'uso del contante per avere una traccia di come si utilizzano i soldi e può analizzare le abitudini di spesa con il nuovo redditometro;
    il cosiddetto semaforo del fisco consentirà di mettere sotto controllo i conti correnti bancari e funzionerà come un incrocio pericoloso, per decidere chi passa e chi invece si deve fermare per i controlli. Lo Stato può verificare l'attendibilità dei redditi dei professionisti e delle piccole realtà imprenditoriali con studi di settore sempre più analitici; può sapere dove si investe all'estero grazie ai trattati sullo scambio di informazioni e, se lo si fa in un Paese della black list del fisco, scatta l'inversione dell'onere della prova; si è dotato di norme contro l'uso elusivo del debito, contro l’«abuso di diritto», contro l'evasione dell'iva intracomunitaria, facendola pagare a chi compra un servizio da un altro Paese, contro le transazioni di comodo con l'estero;
    lo Stato ha a disposizione un apparato imponente, formato, caso unico al mondo, da ben tre istituzioni: l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed Equitalia, oltre ai comuni che conoscono il territorio. Gli strumenti e i mezzi per incidere significativamente sull'evasione ci sono: adesso ci vogliono i risultati. Altrimenti la perdita di credibilità dello Stato sarà irreversibile. Ma un Paese molto indebitato e poco credibile prima o poi è destinato al default e, poiché la posta in gioco è talmente alta, è giusto concedere allo Stato un potere così intrusivo nel privato dei cittadini; tuttavia se, a fronte di tanto potere i cittadini non potranno presto godere dei benefici concreti di una minore evasione e di una maggiore legalità, l'unico risultato sarà la percezione di uno Stato ancora più iniquo e meno credibile;
    l’identikit dell'evasione ha profili diversi: al Sud prevale il lavoro nero, soprattutto in agricoltura e nell'edilizia; al Nord si registrano plotoni di piccole imprese, che «condiscono» i ricavi con fatture false; nelle grandi città gli immobili sono una sorgente infinita di contanti senza contratti e per le grandi aziende lo strumento prevalente è l'elusione, accompagnata da società «ombrello» e conti all'estero. L'Istat e la Banca d'Italia assegnano a questo fiume di danaro non dichiarato una valore abnorme: tra 255 e 275 miliardi di euro all'anno, che corrispondono al 17,5 per cento del prodotto interno lordo, e questo senza includere nel conto i guadagni della criminalità organizzata (traffico di droga, racket ed altro), stimati in oltre 100 miliardi di euro e quelli della corruzione, calcolati in oltre 60 miliardi di euro;
    la politica non deve essere solo constatazione fredda di quello che le opinioni pubbliche pensano in un dato momento; in momenti come questo, di crisi finanziaria ed economico-sociale, occorrono donne e uomini che abbiano il coraggio di guardare lontano. In questi anni di liberismo sfrenato, di mercati senza regole, c’è stata un'evoluzione dei valori con l'esplosione dell'individualismo contemporaneo, che porta le persone a ripiegarsi su se stesse. È una tendenza da combattere: poiché non si può rinunciare all'idea che non si è soltanto se stessi, ma si è anche attraverso gli altri e si appartiene a collettività e comunità, per volontà e per interdipendenza dei fatti e che l'avventura collettiva ha ancora un senso;
    se c’è una crisi storica, ci vuole un profondo cambio di mentalità. Va trovato l'equilibrio fra azione collettiva e sforzo individuale. Nessuno salva il Paese se non ci si dà da fare, ma nessuno si salva da solo. Si è tutti su una stessa barca, nel mare in tempesta, di una crisi storica;
    in Italia nel 2011, il 10 per cento delle famiglie più ricche deteneva il 45 per cento della ricchezza complessiva. Negli ultimi dieci anni, mentre il reddito pro capite italiano scendeva dal 117 per cento del reddito medio europeo al 100 per cento, l'indice di diseguaglianza è salito dal 4,8 al 5,5 per cento: cioè il 20 per cento di italiani più ricchi dispone di un reddito 5,5 volte più elevato di quello del 20 per cento di italiani più poveri;
    sono cifre queste che non possono lasciare indifferenti. C’è davvero qualcosa che si è rotto nelle nostre società. Si pone drammaticamente, innanzitutto, una questione di giustizia sociale. La politica non può più essere indifferente, deve preoccuparsi e quindi occuparsene. È in gioco, in quelle cifre, il futuro stesso delle società occidentali. Comunità dove va aumentando il differenziale tra i tanti che hanno poco e i pochi che hanno molto sono realtà in declino, economicamente e socialmente malate;
    «In Inghilterra – come scriveva Einaudi – quasi tutti i risparmiatori hanno fiducia nella parola dello Stato, sanno che la promessa di concedere, appena possibile, sgravi di imposte, e di concederli preferibilmente a cominciare dai redditi più bassi, sarà mantenuta; bisogna ricreare anche in Italia questa atmosfera di fiducia, questo senso dell'avvenire, bisogna promuovere la ricostruzione che nasce dalla speranza. Questo è il miracolo che è chiamata a compiere nel nostro Paese la politica italiana»;
    avendo l'Italia deciso finalmente di mettere ordine, anche per gli impegni presi con l'Europa, nei suoi conti pubblici ed essendo questo sforzo molto ingente, è intollerabile che una parte del Paese possa sottrarsi a fare in pieno la propria parte;
    l'articolo 53 della Costituzione recita testualmente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Cioè: più guadagni, più paghi. Ma non sempre è così, anzi l'evasione fiscale è diventata una forma di «arte» dove nessuna opera è uguale all'altra: una Ferrari Testarossa iscritta tra i beni strumentali di un'impresa di demolizioni e una motoslitta da neve tra le macchine da lavoro di un agrumeto siciliano. Tante trame, un finale: meno tasse da pagare;
    secondo la Dbgeo, una banca dati dell'Agenzia delle entrate, a livello nazionale ci sarebbe una differenza del 38,41 per cento fra il reddito dichiarato e il reddito presunto degli italiani che non sono lavoratori dipendenti o pensionati;
    uno degli strumenti maggiormente utilizzati, soprattutto per i detentori di beni di grande valore o patrimoni di centinaia di migliaia di euro, per eludere e/o evadere le imposte è quello della costituzione di «società di comodo» e del ricorso ai trust;
    il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo ed invece si è limitato ad intervenire su quelle che hanno denunciato perdite persistenti. In realtà, norme per colpire le società di comodo esistono già. Per esempio, chi intesta la propria barca a una società controllata da se stesso o dai propri familiari potrà recuperare l'iva versata ai fornitori solo se paga un noleggio superiore a soglie prefissate;
    ancora più difficile appare la caccia al trust, una formula giuridica anglosassone, che consente di schermare il reale proprietario di un bene designando un intestatario giuridico e un beneficiario economico;
    al «supermarket» dell'elusione il trust va alla grande. Ne fa uso chi vuole proteggere i propri beni dalle pretese dei creditori o, in caso di separazione, dalle richieste dell'ex coniuge. Ma il trust, a quanto pare, funziona benissimo anche per mettersi al riparo dal fisco. Non si contano i beni di lusso (ville, barche, auto) intestati, per esempio, a strutture fiduciarie con sede nei «paradisi fiscali»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, anche normative, volte a:
    a) garantire una maggiore trasparenza nella comunicazione ai cittadini, facendo sì che agli italiani sia fornito un dato ufficiale, verificabile, analitico e indipendente sull'ammontare dell'evasione e che in ottobre, in concomitanza con la pubblicazione definitiva della contabilità nazionale e contestualmente alla discussione sulla legge di stabilità, l'Istat (di concerto con la Banca d'Italia, l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio ed Equitalia) comunichi quello che in altri Stati si chiama tax-gap;
    b) aggiungere un obiettivo ufficiale oltre a quelli per deficit, debito e saldo primario: il livello di pressione fiscale, indicando esplicitamente che quanto ricavato dalla lotta all'evasione fiscale va ridistribuito a favore di chi lavora, investe e produce;
    c) fare confluire i poteri «fiscali», che ora sono sparsi tra più soggetti, in una «super agenzia», che risponda direttamente al Governo e al Parlamento;
    d) ridurre il contenzioso portando da tre ad uno solo i gradi di giudizio;
    e) obbligare tutte le società a rilevare l'identità dei dominus, delle persone fisiche che le controllano, in modo da segnare una svolta nella lotta all'evasione fiscale e anche nella repressione della criminalità organizzata;
    f) semplificare le norme fiscali e ridurre il numero delle deduzioni;
    g) eliminare la possibilità di far pagare le imposte singolarmente a ogni società appartenente a un gruppo, rendendo obbligatorio il «consolidato fiscale»;
    h) far sì che chi ha il passaporto italiano paghi le tasse anche in Italia, a prescindere dalla residenza, dedotte le imposte già pagate all'estero, in modo che qualsiasi trust, holding, fondo, società, il cui beneficiary owner ha un passaporto italiano, paghi, pro quota, le imposte in Italia;
    i) reintrodurre severe disposizioni penali nel caso di imposte evase superiori ad una quota prestabilita.
(1-00831)
«Cambursano, La Malfa, Giulietti, Mannino, Commercio, Marmo, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Tanoni, Melchiorre, Gaglione, Mario Pepe (Misto-R-A), Portas».
(30 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    il precedente Governo aveva rafforzato, con risultati visibili, l'azione di contrasto all'evasione fiscale, con una serie di provvedimenti che hanno avuto un effetto benefico per il Paese attraverso maggiori entrate;
    l'attuale Governo ha inserito, nel cosiddetto provvedimento «salva Italia», nuove misure tese all'emersione della base imponibile per consentire al fisco di effettuare controlli più serrati e stanare gli evasori parziali o totali;
    tutto ciò non è solo giusto moralmente; nell'attuale situazione di crisi economica con manovre economiche che stanno duramente colpendo tutti i cittadini, diventa, infatti, inaccettabile sopportare ulteriori oneri a causa di una diffusa evasione fiscale, che, secondo quanto stima l'Istat, avrebbe raggiunto la cifra di 150 miliardi di euro l'anno;
    cifra questa che, secondo altri istituti di ricerca, avrebbe raggiunto ormai i 180 miliardi di euro di evasione annuale;
    da questo punto di vista, è indubbio che qualsiasi attività tesa a colpire i grandi evasori fiscali non può che essere accolta con soddisfazione dai cittadini e dal Parlamento, ma in questo senso va operata una distinzione tra chi, soffocato dall'alto livello della tassazione e dalla crisi economica, rischia di chiudere la propria attività (con particolare riferimento ai piccoli e medi imprenditori) e chi, invece, ha fatto dell'evasione fiscale una scelta di vita a tutto danno dell'intera comunità;
    in questo senso non si può non criticare una scelta, che vede in Equitalia l'esecutore materiale, che ha portato a situazioni limite in cui piccoli imprenditori o singoli cittadini si sono ritrovati con le proprie case pignorate per non essere stati in grado di estinguere le proprie pendenze debitorie, spesso irrisorie all'inizio del procedimento;
    la lotta all'evasione fiscale va portata avanti colpendo i veri grandi evasori, in primo luogo l'economia criminale, che rappresenta, da sola, 78,2 miliardi di euro, a dimostrazione di come non si può scindere la lotta all'evasione dalla lotta alla criminalità; in secondo luogo va fermata l'evasione delle cosiddette big company, che non solo, in un caso su tre, chiudono in perdita, evitando di pagare le tasse, ma fanno un uso spregiudicato del trasfer pricing, spostando costi e ricavi tra le varie società del gruppo, usufruendo così dei paradisi fiscali;
    da uno studio fatto, per conto dell'Associazione contribuenti italiani, risulta che il danno per l'erario, a causa della pratica delle big company, sia di circa 38 miliardi di euro l'anno;
    a seguire vi è il danno provocato dal lavoro nero, con coinvolge quasi tre milioni di lavoratori, poi vi sono le società di capitali italiane, che dichiarano redditi negativi o sotto i 10 mila euro l'anno, e solo alla fine vi è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese (mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali);
    questo non significa, ovviamente, che l'evasione non vada combattuta in tutte le sue forme e ovunque essa si manifesti, ma solo che bisogna avere chiaro che è necessario, non solo moralmente ma anche economicamente, colpire prioritariamente e senza tregua i poteri forti ed occulti che stanno dietro alla grande evasione ed elusione fiscale, fornendosi di tutti gli strumenti, legislativi, di personale e tecnologici atti allo scopo;
    in questo senso, come da più parti viene auspicato, una seria lotta all'evasione deve essere accompagnata da una ricerca di equità, facendo in modo che tali maggiori introiti diventino uno strumento reale per rilanciare lo sviluppo e applicare minori aliquote, restituendo ai cittadini onesti una quota di reddito che è stata loro ingiustamente sottratta in tutti questi anni in cui gli evasori sono riusciti a farla franca;
    da questo quadro appare evidente che la lotta all'evasione è un terreno sul quale bisogna, da parte dello Stato, investire con serietà, lasciando alle azioni spettacolari, che pochi risultati hanno praticamente, il tempo di una giornata,

impegna il Governo:

   a promuovere un processo di riforma complessivo del sistema tributario con la finalità di perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in modo particolare sulle piccole e medie imprese, sulle famiglie e sul lavoro dipendente;
   ad ammodernare il sistema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale, rafforzando il ruolo dell'Agenzie delle entrate, che dovrebbe svolgere una maggiore funzione di coordinamento tra i vari soggetti oggi preposti a questo compito di controllo e repressione;
   ad indirizzare la battaglia contro l'evasione e l'elusione fiscale nei confronti dei principali responsabili di tale fenomeno, tenendo conto dei risultati degli studi sopra riportati che individuano con chiarezza dove dirigere con maggiore attenzione le proprie ricerche;
   a stabilire con certezza l'autorità preposta a predisporre un rapporto ufficiale ed unico, a cadenza annuale, che illustri il cosiddetto tax gap (la differenza tra entrate effettive e presunte da parte del fisco), assicurando che tale rapporto sia illustrato dal Governo al Parlamento, con la stessa cadenza temporale, al fine di studiare strategie sempre più articolate e puntuali nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale;
   ad assumere iniziative volte a prevedere che i fondi derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale siano destinati prioritariamente allo sviluppo e ad un recupero del reddito, tramite minori aliquote, per tutti quei cittadini onesti, che sono la netta maggioranza, che le tasse le hanno sempre pagate.
(1-00832)
«Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».
(30 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    la strategia adottata dal Governo Berlusconi e l'attività dell'Agenzia delle entrate ha consentito all'erario di recuperare a tassazione, negli anni dal 2008 al 2011, somme come mai erano state recuperate; la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale è sempre stata, infatti, tra i primi obiettivi del precedente Governo;
    il raggiungimento di questo obiettivo è diventato ancor più arduo in questa fase economica, nella quali l'attività di recupero si scontra con gli effetti della più pesante crisi economica che il nostro Paese, insieme a tutte le economie occidentali, sta attraversando; la situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante: le aziende che chiudono, o, peggio ancora, che falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazione dei consumi privati; le conseguenze sono l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai castelletti (sconti fatture e ricevuta bancaria), il rallentamento dei pagamenti di dipendenti e fornitori, l'irrigidimento degli istituti bancari con ampliamento delle richieste di garanzie, al fine del mantenimento delle linee di credito in essere, fino all'inevitabile sospensione (dapprima temporanea e poi cronica) dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto;
    le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale dell'intero sistema produttivo, protagoniste assolute nel Nord del Paese; queste subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, enti locali e sistema sanitario, che, ingessati dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità;
    nelle ultime settimane, complice anche il periodo festivo, si è assistito ad una sorta di «spettacolarizzazione» della lotta all'evasione; i mass media hanno diffuso notizie di operazioni straordinarie della Guardia di finanza, che ha scatenato in alcune grandi città e in località turistiche una vera e propria caccia all'evasore, con metodi che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono intimidatori, per ottenere risultati che si sarebbero potuti ottenere da un semplice controllo incrociato di dati già in possesso dell'Agenzia delle entrate; in alcune località turistiche piccoli commercianti sono stati costretti a mettere a disposizione degli agenti un'unità di personale a tempo pieno per un'intera giornata, proprio nel periodo di più intensa attività; il tutto per mettere in atto un'operazione esclusivamente mediatica, i cui risultati potevano essere ottenuti con i metodi ordinari e senza particolare clamore;
    qualche giorno più tardi, però, le dichiarazioni del direttore dell'Agenzia delle entrate hanno dato un senso alle operazioni condotte: Attilio Befera ha, infatti, dichiarato che per combattere l'evasione «un sano timore è necessario»; il direttore ha proseguito considerando «normali» i controlli effettuati a Cortina d'Ampezzo e ha definito «eccessive» le proteste che ne sono scaturite;
    tali metodi sono assolutamente da censurare: obiettivo della Lega Nord è quello di avvicinare il contribuente al fisco, diffondendo la presenza degli uffici capillarmente sul territorio, soprattutto dove oggi la presenza è bassa, e di trasformare l'immagine del sistema fiscale italiano, in modo che i cittadini possano vedere nell'amministrazione finanziaria anche una sorta di consulente e non solo di «poliziotto fiscale»; se la repressione dei fenomeni di evasione è doverosa, la spettacolarizzazione è da evitare: aumenta la distanza tra operatore economico e Agenzia delle entrate, incrinando il rapporto contribuente/fisco; l'amministrazione finanziaria deve coinvolgere in maniera organica gli enti locali, in particolare i comuni, non solo attribuendo loro nuove e gravose attribuzioni in materia di verifiche e controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
    altro obiettivo è diffondere i controlli su tutto il territorio nazionale, colpendo non solo le zone più ricche, ma anche le zone dove l'attitudine a pagare le imposte è inferiore; da un'analisi condotta dall'Agenzia delle entrate qualche mese fa risulta che i dati sull'evasione non sono affatto omogenei sul territorio nazionale: se, infatti, la media nazionale dell'evasione ponderata con il reddito prodotto è pari al 38,41 per cento, l'analisi a livello provinciale fa emergere che tale rapporto è minimo (10,93 per cento) nel gruppo di province composto da Milano, Torino, Genova, Roma, Lecco, Cremona e Brescia e massimo (65,67 per cento) nel gruppo composto dalle province di Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina, mentre l'area che comprende tutte le altre province del Sud, con esclusione di Bari, Napoli, Catania e Palermo, si attesta su una percentuale del 64,47 per cento; sintetizzando i dati, quindi, emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
    le «campagne» portate avanti dall'Agenzia delle entrate durante le ultime festività vanno in senso contrario alle indicazioni date nell'estate 2011 dal direttore Befera ai responsabili degli uffici regionali e locali, con le quali chiedeva di predisporre, rispetto agli obiettivi prefissati, «la riduzione nella misura del 20 per cento del target relativo all'indicatore ”accertamenti” nei confronti di imprese di piccole dimensioni e professionisti, mantenendo invariato l'obiettivo monetario assegnato»; lo stesso direttore così riassumeva la mission dell'agenzia: «Coniugare efficienza e correttezza; recuperare evasione, favorendo lo sviluppo della fiducia reciproca e della collaborazione tra fisco e cittadini; promuovere in questo modo la crescita della coscienza civica. È questo l'obiettivo ultimo della nostra missione»;
    a parere della Lega Nord è necessario cambiare strategia e arrivare finalmente ad un modello di «fisco amico», coinvolgendo i comuni e attribuendo loro non solo responsabilità in tema di controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
    le strategie di contrasto all'evasione fiscale non possono, infine, trascurare la necessità di una riforma del sistema tributario diretta alla riduzione della pressione fiscale, che in Italia si attesta su livelli difficilmente riscontrabili in altri Paesi: secondo il rapporto Paying taxes 2012, realizzato dalla Banca mondiale, in collaborazione con PwC (PricewoterhouseCooper), in cui vengono analizzati i sistemi di tassazione di 183 economie al mondo, l'Italia si colloca al 133o posto e, considerando il total tax rate (carico fiscale complessivo), si posiziona ultima in Europa con una percentuale del 68,5 per cento, contro una media del 43,4 per cento,

impegna il Governo:

   a cambiare radicalmente la strategia fin qui adottata in tema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale e, in particolare:
    a) ad abbandonare ogni forma di quella che appare, ai firmatari del presente atto di indirizzo, la «spettacolarizzazione» dei controlli, tornando ad operare con discrezione e nel pieno rispetto dei contribuenti e dello Statuto dei contribuenti;
    b) a migliorare il rapporto con i cittadini/contribuenti, tenendo conto che un rapporto meno conflittuale può aumentare anche la propensione a versare le imposte;
    c) a rivedere il programma dei controlli sul territorio nazionale, procedendo non solo nelle zone più ricche del Paese, ma anche dove la «compliance fiscale» è minore e l'evasione fiscale è maggiore;
    d) ad assumere iniziative per semplificare gli adempimenti fiscali, in modo da diminuire significativamente gli errori formali da parte dei contribuenti, dovuti in gran parte alla complessità della normativa;
    e) a promuovere una complessiva riforma del sistema fiscale in direzione di una riduzione della pressione fiscale attestata ormai su livelli insostenibili per imprese e famiglie, come certificato da tutti gli studi degli organismi più accreditati, a partire dalla Banca mondiale.
(1-00833)
«Dozzo, Fugatti, Montagnoli, Fedriga, Fogliato, Lussana, Forcolin, Comaroli, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti».
(30 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dell'evasione fiscale costituisce un elemento di grave impatto sul sistema nazionale, sulla leale concorrenza tra gli operatori e sulla tenuta del patto sociale tra gli italiani;
    per combattere l'evasione sono da tempo in atto programmi operativi e di collaborazione tra l'amministrazione dello Stato, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed il sistema di esazione;
    l'efficace professionalizzazione dei sistemi di controllo ha consentito, dal 2006 ad oggi, la positiva progressiva crescita di recupero dell'evasione, tanto che la stessa Ocse – in occasione del quarto forum mondiale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali – ha recentemente riconosciuto che l'Italia è la nazione che si è maggiormente distinta nella lotta all'evasione ed ai paradisi fiscali;
    il Governo Berlusconi ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione;
    tra i provvedimenti principali in materia di attività di accertamento e riscossione, si ricordano:
     a) il potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, attraverso misure di incentivazione che hanno attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l'intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell'attività di accertamento;
     b) la revisione e il potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva, al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato;
     c) l'impegno per la realizzazione del piano di accertamenti nei confronti delle imprese di medie dimensioni sulla base di specifiche analisi del rischio;
     d) l'introduzione di significative novità ai fini della riscossione, per le quali gli accertamenti per imposte sui redditi, iva e irap, dovranno contenere anche l'intimazione al pagamento degli importi in essi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso (accertamento esecutivo). Tali atti diverranno, dunque, prontamente esecutivi; tuttavia, il «decreto sviluppo» del mese di luglio 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011) ha attenuato il principio del «solve et repete», disponendo la sospensione dell'esecuzione forzata, eventualmente conseguente ai predetti atti, per centottanta giorni decorrenti dall'affidamento in carico agli agenti della riscossione;
     e) l'ulteriore rafforzamento del controllo sulle compensazioni. In tema di indebito uso di crediti in compensazione sono stati previsti un'intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di imposte sui redditi e iva, con l'intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali;
    si ricordano le disposizioni antielusive volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società: viene considerata reddito diverso ai fini irpef la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Inoltre, è prevista l'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato;
    si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione, attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa in specifici settori e la collaborazione con altri enti; l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia possono intervenire coattivamente per il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria per il 2003;
    sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagini finanziarie, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria;
    sono state introdotte disposizioni in materia di studi di settore, dirette in estrema sintesi:
     a) a differirne i termini di pubblicazione;
     b) ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi;
     c) a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;
     d) a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;
     e) ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti;
    alcune delle disposizioni sopra richiamate sono state introdotte a seguito delle legittime richieste da parte di associazioni rappresentative del mondo produttivo, che avevano sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
    in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative sia stato quello di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, tenendo conto anche della situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale, che ha comportato una crisi economico-occupazionale in molti comparti del settore economico primario e secondario, determinando una significativa contrazione dei consumi e delle commesse; situazione, tra l'altro, aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità, e dal crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
    nella convinzione che la battaglia contro l'evasione fiscale debba essere proseguita e rafforzata, occorre, inoltre, distinguere tra l'evasione «di massa» e l'evasione «interpretativa»;
    per evasione «di massa» si intende la sistematica sottodichiarazione dei redditi, attraverso, ad esempio, la sottofatturazione dei corrispettivi realizzati;
    l'evasione «interpretativa» (che coincide solo in parte con la cosiddetta elusione) è, invece, un comportamento più articolato e complesso, che consiste, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione;
    nella generalità dei casi, cambiano i soggetti che mettono in campo i predetti comportamenti illeciti:
     a) le piccole strutture, scarsamente organizzate e che operano direttamente nei confronti dei consumatori finali, generalmente occultano completamente il presupposto di applicazione dei tributi, realizzando di regola fenomeni di «evasione di massa»;
     b) le strutture di dimensioni più rilevanti – e come tali più «rigide» dal punto di vista amministrativo – generalmente non pongono in essere fenomeni di evasione di massa (occultamento sistematico, totale o parziale, del presupposto imponibile), ma fenomeni di «evasione interpretativa»; essi, infatti, variamente manipolano (con interpretazioni «capziose») la normativa tributaria, allo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti;
    è evidente che le strategie che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, deve mettere in campo saranno profondamente diverse a seconda che si intenda contrastare la cosiddetta evasione di massa ovvero la cosiddetta evasione interpretativa;
    più in particolare, è evidente che un «intervento umano» (cioè dall'amministrazione finanziaria sia civile che militare) appare preferibile o, per meglio dire, obbligato, laddove si intenda contrastare la cosiddetta evasione interpretativa in quanto, in questi casi:
     a) l'anagrafe tributaria può rappresentare «solo» un utile supporto per l'innesco di più approfonditi controlli;
     b) per l'effettuazione di controlli efficaci non potrà prescindersi dal lavoro svolto dal personale civile e militare dell'amministrazione finanziaria, che dovrà individuare il comportamento illecito (eventualmente) tenuto dal contribuente e ricostruire il corretto carico tributario che lo stesso avrebbe dovuto scontare;
    invece, per contrastare l'evasione di massa, appare opportuno affidarsi ad un massiccio utilizzo dell'anagrafe tributaria, in modo combinato con strumenti di accertamento sintetici (cosiddetto redditometro);
    il potenziamento degli strumenti di indagine finanziaria messi a disposizione con il recente decreto-legge n. 201 del 2011 ha ampliato i poteri di indagine dell'amministrazione finanziaria, ma pone necessariamente problemi di tutela della privacy dei contribuenti;
    alcuni recenti interventi giurisprudenziali hanno contribuito a rendere ancor più complicato applicare correttamente le disposizioni tributarie, determinando una non chiara distinzione tra legittimo risparmio d'imposta ed elusione/abuso del diritto,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a:
    a) rafforzare il coordinamento tra le banche dati a disposizione dell'anagrafe tributaria e le altre banche dati, in particolare quelle degli enti locali, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
    b) coinvolgere gli enti locali nella segnalazione qualificata all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine;
    c) utilizzare le informazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti nel pieno e rigoroso rispetto della privacy dei contribuenti;
    d) delimitare la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto, distinguendo i comportamenti dei contribuenti volti ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio d'imposta;
    e) evitare quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono forme di spettacolarizzazione inutili e, al contrario, concentrare le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario;
    f) in tale contesto, a rafforzare, nel pieno rispetto dei rispettivi ambiti di autonomia, le modalità di collaborazione tra le diverse articolazioni dell'amministrazione finanziaria, sia civile sia militare, al fine di migliorare ulteriormente l'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale e di assicurare il più efficiente utilizzo delle risorse amministrative pubbliche, nell'ottica dell'integrazione operativa prevista dall'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011;
    g) introdurre ulteriori elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, rafforzando ed ampliando ulteriormente gli strumenti di dilazione dei versamenti dei tributi in favore di tali soggetti previsti dall'articolo 10, commi 13-bis e 13-ter, del decreto legge n. 201 del 2011;
    h) adottare misure di semplificazione del sistema fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
(1-00843)
(Nuova formulazione) «Leo, Bernardo, Saltamartini, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, Biava».
(30 gennaio 2012)

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresenta una piaga sociale prima ancora che economica, coinvolge una percentuale non trascurabile di cittadini e operatori economici e compromette l'equilibrio dei conti pubblici e l'equità del sistema fiscale;
    secondo i dati forniti dalla Guardia di finanza nel 2011, 12.000 italiani sono stati denunciati per evasione fiscale e 7.500 di loro sono risultati evasori totali, cioè sconosciuti al fisco, cui hanno occultato 21 miliardi di euro di redditi;
    secondo quanto evidenziato di recente dal presidente dell'Istat in Italia, è praticamente impossibile definire un ammontare preciso dell'evasione fiscale, che si aggirerebbe tra i 120 e i 150 miliardi di euro. Tale dato dall'oggettiva e dichiarata imprecisione non consente, di fatto, di cogliere l'evoluzione del fenomeno negli anni;
    stando ai dati Istat, di contro l'economia sommersa è al 17 per cento del prodotto interno lordo; se si esclude la pubblica amministrazione, dove non c’è economia sommersa, la media è del 20 per cento;
    il fenomeno ha suscitato di recente una grande attenzione mediatica, a seguito delle iniziative delle autorità competenti volte all'individuazione dei potenziali evasori in luoghi particolarmente simbolici. L'attenzione mediatica ha accresciuto l'indignazione dei cittadini italiani costretti a importanti sacrifici da una politica di rigore e austerità;
    il fenomeno dell'evasione fiscale è strettamente correlato a quello della corruzione, poiché in talune circostanze il mancato pagamento dei tributi rappresenta lo strumento attraverso cui raccogliere risorse destinate a finanziare pratiche corruttive;
    in una recente audizione alla Camera dei deputati dei rappresentanti della Banca d'Italia è stato evidenziato che: «la corruzione non solo danneggia la P.A., ledendone l'integrità, il prestigio e il buon andamento, ma – ove particolarmente diffusa – può inquinare gli stessi meccanismi di produzione della ricchezza. Elevati livelli di corruzione, infatti, distorcono l'allocazione efficiente delle risorse, sottraendole alle attività produttive»;
    in ragione di tali aspetti appare del tutto auspicabile un percorso di lotta all'evasione che contempli meccanismi attivi di controllo delle dinamiche di corruzione, essendo questi fenomeni strettamente legati;
    malgrado esista dal 1970 l'anagrafe tributaria, quale banca dati utilizzata per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fiscalità dei contribuenti italiani, che elabora circa 200 milioni di documenti ogni anno, non sembrano esserci sensibili miglioramenti nei meccanismi di controllo dell'evasione, che rappresenta un fenomeno sociale consolidato;
    dal 1o luglio 2011 è entrato in vigore lo strumento del cosiddetto «spesometro», che consentirebbe di monitorare le entrate dei contribuenti per ogni acquisto superiore a un tetto che varia dai 3.000 a 3.600 euro. Si tratta di un meccanismo che prevede l'interazione con l'Agenzia delle entrate da parte dei prestatori di servizi. Ma anche su questo fronte vi sono non poche criticità, in virtù della macchinosità del sistema software e dei criteri da seguire, a cui si aggiungono i ritardi nell'applicazione di tali meccanismi;
    al momento non vi è obbligo in capo all'amministrazione di procedere all'accertamento tributario mediante l'incrocio delle informazioni e dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, ai flussi finanziari del singolo contribuente e allo «spesometro», «redditometro» e «riccometro»;
    l'ipotesi di riconoscere a ciascun contribuente la possibilità di dedurre o detrarre in una qualche misura le spese relative ai consumi istituirebbe, grazie al meccanismo del cosiddetto «contrasto di interesse», un incentivo economico nella lotta all'evasione;
    ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione italiana, «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
    l'elusione fiscale si configura come il meccanismo attraverso il quale il contribuente mira a eludere l'imposizione attraverso condotte che non hanno altra giustificazione economica, se non quella di sfruttare strumentalmente le lacune dell'ordinamento, in modo tale da non far sorgere in tutto o in parte un obbligo tributario;
    la normativa italiana non riconosce una disciplina antielusiva generale, sussistendo, invece, norme anti-elusione relative solo ad alcune tipologie di tributi. La teoria dell'abuso nel diritto tributario ha ottenuto un definitivo riconoscimento attraverso le sentenze della Corte di cassazione, sezioni unite civili, nn. 30055 e 30057 del 2008, che legano il divieto di abuso all'articolo 53 della Costituzione,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche normative, volte a:
    a) realizzare annualmente una stima effettiva ed ufficiale della portata del fenomeno dell'evasione attraverso la verifica della misura delle imposte dovute e non pagate, sia complessivamente che per singolo tributo, al fine di valutare i progressi e l'efficacia degli strumenti di contrasto all'evasione rispetto all'anno precedente;
    b) destinare principalmente i proventi derivanti dalla lotta all'evasione ed elusione fiscale alla riduzione della pressione fiscale con particolare riferimento a quella gravante sulle famiglie con figli;
    c) prevedere la verifica incrociata delle dichiarazioni dei redditi di ciascun contribuente con i dati registrati dallo «spesometro» ed il valore dei flussi finanziari, al fine di rendere più efficienti le dinamiche di controllo messe a punto dagli organi deputati e dare corretta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    d) rafforzare le sanzioni per i reati di evasione e frode fiscale e rivedere la normativa in materia di falso in bilancio;
    e) introdurre meccanismi di trasparenza e di semplificazione del sistema tributario, velocizzando soprattutto il contenzioso attraverso un maggior uso della mediazione e degli accertamenti in adesione;
    f) prevedere la deducibilità e detraibilità parziale delle spese più direttamente legate ai bilanci correnti delle famiglie con figli, per incentivare l'emersione a fini fiscali delle transazioni;
    g) promuovere, anche attraverso la stipula di accordi con i maggiori istituti bancari, il controllo dei capitali italiani all'estero, in particolare di quelli presso i cosiddetti «paradisi fiscali», e la verifica delle attività svolte da consulenti e mediatori finanziari;
    h) controllare la consistenza e composizione dei patrimoni dei contribuenti al di sopra di una certa soglia minima quali elementi integrativi per l'accertamento dell'evasione e dell'elusione fiscale;
    i) introdurre progressivamente una ulteriore riduzione dell'uso del contante attraverso una implementazione delle modalità di pagamento telematica;
    l) rafforzare il contrasto alla corruzione, anche attraverso l'introduzione del reato di corruzione privata e la revisione della normativa vigente in materia di liberalità e donazioni, per impedirne l'uso fraudolento a fini fiscali;
    m) intervenire sulla normativa fiscale al fine di introdurre una disciplina antielusiva generale, che garantisca la piena applicazione del principio di cui all'articolo 53 della Costituzione italiana;
   ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo della Guardia di finanza e la sua azione di contrasto all'evasione e per garantirne un migliore coordinamento con l'Agenzia delle entrate;
   a migliorare il rapporto tra fisco e contribuente e a definire una cultura della tax compliance finalizzata alla tutela e all'accrescimento del benessere economico e sociale dell'intera collettività, considerando a tal fine l'opportunità di costituzionalizzare lo statuto del contribuente per garantire certezza dei diritti e dei doveri nonché informazione puntuale e trasparente.
(1-00847)
«Di Biagio, Galletti, Pisicchio, Barbaro, Bocchino, Bongiorno, Briguglio, Calgaro, Cera, Ciccanti, Consolo, Conte Giorgio, Della Vedova, Divella, Fabbri, Granata, Lamorte, Lanzillotta, Lo Presti, Menia, Moroni, Mosella, Muro, Napoli Angela, Occhiuto, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Tabacci, Toto, Vernetti, Versace».
(2 febbraio 2012)