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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 49 di martedì 9 luglio 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9.

  RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baretta, Epifani, Fico, Gregorio Fontana, Galan, Meta e Sereni sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.

(Elementi in merito al regolare svolgimento delle elezioni comunali tenutesi a Maddaloni (Caserta), con particolare riferimento al contrasto del fenomeno delle affissioni elettorali abusive – n. 2-00046)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza all'ordine del giorno Scotto n. 2-00046, concernente elementi in merito al regolare svolgimento delle elezioni comunali tenutesi a Maddaloni (Caserta) con particolare riferimento al contrasto del fenomeno delle affissioni elettorali abusive (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazione).
  Chiedo all'onorevole Scotto se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor Viceministro, Maddaloni è un pezzo d'Italia, un pezzo del Mezzogiorno, ferito, sfregiato da una politica che, nel corso degli ultimi anni, è stata privatizzata da interessi non sempre leciti e talvolta subalterni alla criminalità organizzata.
  Maddaloni è un comune di 39 mila abitanti ed ha avuto, nel corso degli ultimi anni, esperienze di carattere amministrativo che non sono sempre state in grado di garantire a quella città la possibilità di cambiamento, di sviluppo produttivo, di ripresa economica, sociale e culturale.
  Nel corso dell'ultima tornata amministrativa – l'interpellanza di cui sono firmatario data il 14 maggio scorso e l'ultima tornata si è tenuta il 26 e 27 maggio – insieme alla collega Rosaria Capacchione al Senato, intendevamo denunciare i rischi molto concreti di infiltrazione all'interno della competizione elettorale, della moltiplicazione della pratica del voto di scambio e di una situazione insopportabile di riduzione della libertà di iniziativa politica all'interno della campagna elettorale.
  Attraverso una serie di esposti, il candidato del Partito Democratico e di Sinistra Ecologia Libertà, Gaetano Esposito, ha sollevato al commissario prefettizio del comune di Maddaloni, al comandante dei Pag. 2vigili urbani, al signor prefetto, Carmela Pagano di Caserta, i rischi di una competizione drogata, chiedendo che si agisse sul terreno della libera affissione dei manifesti che invece vedevano impossibilitata l'azione per il centrosinistra e per la coalizione da esso guidata e contemporaneamente si chiedeva il rispetto delle norme della legge 4 aprile 1956, n. 212, recante norme per la disciplina della propaganda elettorale.
  Accanto a questo emergeva una denuncia, che era stata manifestata su Facebook da parte del noto scrittore e giornalista Roberto Saviano, che segnalava il rischio che in alcuni comuni dell'hinterland napoletano e dell'hinterland casertano, in particolare Maddaloni, si verificasse un noto meccanismo di voto di scambio, attraverso anche un tariffario. Roberto Saviano parlava di 20 euro a voto, ma nell'interpellanza di cui sono firmatario segnaliamo – come ci è stato segnalato dai rappresentanti locali della coalizione di centrosinistra – anche una pratica diffusa di distribuzione di buoni benzina, di pagamento di bollette, di spesa alimentare, di sacchetti di gettoni per videopoker e ricariche telefoniche. Insomma, una pratica che ricorda molto il «laurismo» nella Napoli povera dell'immediato dopoguerra, che però contemporaneamente segnala un livello di degrado della politica e delle istituzioni molto forte.
  In alcuni giornali locali emergevano segnalazioni che dicevano che all'interno delle liste delle varie coalizioni che si confrontavano, in particolare la coalizione di centrodestra, c'erano parentele piuttosto anomale in relazione ad alcuni clan della zona. E contemporaneamente si segnalava l'impossibilità di poter fare una propaganda elettorale libera, tant’è che il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra aveva dovuto ovviare attraverso video di denuncia, fotografie che erano state mandate alle forze dell'ordine, articoli di giornale e interventi vari.
  Alla fine l'esito elettorale è stato abbastanza netto: il centrosinistra ha perso le elezioni, ma non è questa la sede per affrontare questo nodo. E, tuttavia, il rischio che quella competizione fosse già drogata a monte è un rischio che noi avvertiamo, è un sospetto che noi viviamo. Allora vorremmo capire – per questo abbiamo fatto un'interpellanza – se c’è la possibilità per oggi, rispetto a questo caso specifico, ma anche per domani di poter intervenire in maniera più drastica rispetto alla proliferazione di questa modalità di acquisizione del consenso, dove il voto viene comprato e venduto come una merce, e contemporaneamente come si garantiscono spazi reali di agibilità democratica dentro il Mezzogiorno d'Italia, laddove il controllo sociale e culturale e politico della criminalità organizzata è molto forte.
  Io vorrei segnalare questo al Viceministro, che so essere uomo del sud che conosce bene queste situazioni. Ma quando noi ci troviamo a verificare che nelle campagne elettorali amministrative di molte regioni del sud – ma ormai non solo – assistiamo a una moltiplicazione di liste civiche, che molto spesso sono non portatrici di una reale volontà di partecipazione democratica e di cambiamento, ma molto spesso sono passepartout per entrare all'interno delle stanze del potere e sono elementi molto spesso che delineano forme di civismo deteriore, quando noi abbiamo una situazione per cui c’è un candidato ogni famiglia, un candidato ogni 50 abitanti, ci troviamo di fronte a un condizionamento oggettivo del voto.
  Il tema non riguarda la legge, ma riguarda la capacità di autoriforma della politica, riguarda la capacità da parte delle formazioni politiche di riuscire a costruire coalizioni e selezionare candidature in grado di rappresentare realmente interessi generali e non interessi di carattere familistico, lobbistico, corporativo.
  Contemporaneamente – segnalo le ultime due cose – i temi che noi solleviamo nell'interpellanza riguardano molto anche una discussione che oggi è già all'ordine del giorno del Parlamento e della Commissione giustizia: la riforma dell'articolo 416-ter del codice penale, la necessità di normare meglio il voto di scambio, di rafforzare quella norma, provando a segnalare Pag. 3all'interno della norma il fatto che non c’è solo l'erogazione di denaro, la dazione di denaro, l'interesse immediatamente economico, per cui io ti voto se tu mi dai una certa cifra, ma anche i molteplici ambiti di operatività e le molteplici utilità che ci sono all'interno del voto, come ci segnala Libera e come ci ha segnalato l'iniziativa molto forte fatta nelle settimane e nei mesi precedenti dall'associazione, che ha visto l'adesione di tantissimi esponenti politici, parlamentari e comitati cittadini. E su questo noi crediamo che bisogna accelerare.
  Così come noi crediamo che ci sia la necessità – e chiudo – di provare a intervenire in maniera molto forte nei prossimi giorni e nelle prossime settimane per guardare attentamente a cosa accade in questo comune, quanto gli episodi gravissimi che si sono moltiplicati all'interno della campagna elettorale non rischino di condizionare in maniera molto forte anche quello che accadrà dopo, anche quello che accadrà, già nei mesi prossimi, con un'amministrazione pienamente insediata e democraticamente legittimata, senza un'attenzione molto più serrata e molto più forte da parte delle autorità del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, credo che le questioni politiche poste dall'onorevole Scotto siano rilevanti, meritino una particolare attenzione perché incidono direttamente sul funzionamento della nostra democrazia e anche sull'esercizio delle libertà individuali da parte dei cittadini.
  Non vi è dubbio che le situazioni più critiche sono riscontrabili nel Mezzogiorno d'Italia e, tuttavia, non va sottovalutato il fenomeno che investe anche altre realtà del nostro Paese. Ma l'oggetto fondamentale dell'interpellanza è relativo alla questione delle affissioni abusive e complessivamente all'andamento della campagna elettorale per le elezioni amministrative ultime scorse per il comune di Maddaloni, in provincia di Caserta.
  Ebbene, in occasione delle consultazioni del 26 e 27 maggio scorsi, la prefettura di Caserta ha predisposto, come normalmente viene fatto, insieme alle forze politiche partecipanti alla competizione elettorale, un protocollo, che le stesse hanno sottoscritto, riguardante il quadro complessivo delle regole che disciplinano lo svolgimento della propaganda elettorale e alle quali regole ciascuno si obbligava.
  Con il predetto atto, al quale tutti hanno aderito, unitamente ai rappresentanti delle forze dell'ordine, i partiti rappresentati in Parlamento e quelli non rappresentati perché espressioni di liste civiche hanno condiviso la necessità di rispettare le norme relative alle affissioni di manifesti elettorali e hanno sottolineato l'obbligo di utilizzazione esclusiva degli spazi appositamente riservati, nonché il dovere delle amministrazioni comunali di provvedere alla rimozione dei manifesti abusivi o affissi al di fuori degli spazi autorizzati.
  Al riguardo il comando della polizia municipale di Maddaloni si è tempestivamente attivato per reprimere tale fenomeno. Sono stati infatti accertati numerosi illeciti amministrativi nei confronti di committenti e candidati alle elezioni e, pertanto, attivate le conseguenti operazioni di oscuramento.
  In particolare, sono stati adottati 226 verbali di illecito amministrativo e l'oscuramento di circa 500 manifesti abusivi. Va sottolineato che già nei primi giorni della campagna elettorale, non appena il fenomeno si è manifestato, sono state prontamente adottate iniziative di contrasto, anche grazie all'ausilio del locale commissariato di pubblica sicurezza e della compagnia dei carabinieri, che hanno concorso all'attività di accertamento, contestando circa 250 violazioni.
  Nell'interpellanza si fa anche riferimento alla richiesta rivolta da uno dei candidati alla carica di sindaco al competente Pag. 4ufficio del comune di Maddaloni affinché lo stesso provvedesse all'affissione dei manifesti negli spazi elettorali.
  Al riguardo, l'ente locale ha precisato che, in base al regolamento comunale, tale attività non è mai stata gestita dai dipendenti del servizio affissioni.
  Relativamente agli esposti sugli abusi commessi in materia di propaganda elettorale, le forze dell'ordine hanno tempestivamente informato l'autorità giudiziaria.
  In merito, infine, ai presunti episodi di voto di scambio, la prefettura di Caserta ha provveduto, come è stato pure evidenziato dalla stampa locale, a monitorare costantemente la situazione fornendo puntuali indicazioni alle forze dell'ordine per il rafforzamento dei servizi di prevenzione e di controllo presso i seggi elettorali, ripetuti anche per le operazioni di ballottaggio, invitando a segnalare fatti riconducibili ad ipotesi di reato.
  Voglio, inoltre, assicurare che la situazione locale viene seguita con costante attenzione dalla prefettura che, nell'ambito dei poteri conferiti dalla legge, svolge la necessaria attività per garantire condizioni di trasparenza dell'azione amministrativa.

  PRESIDENTE. Il deputato Scotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, io sono soddisfatto dalla risposta del Governo, del Viceministro Bubbico. Voglio soltanto aggiungere un paio di elementi che credo siano importanti, soprattutto rispetto all'ultima parte dell'esposizione del Viceministro Bubbico, ossia l'impegno della prefettura affinché non rimanga sospesa la preoccupazione di un pezzo della politica locale rispetto ai rischi di voto di scambio, di infiltrazione e di condizionamento. E questo vale ancora di più perché, come è apparso nei giorni scorsi sulle cronache locali, gli ultimi arresti da parte della direzione distrettuale antimafia (cinque persone: Cafarelli Vincenzo, Lai Vittorio, Cirillo Francesco ed altri) sembra che, oltre ad essere legati a vicende di carattere estorsivo su quel territorio, abbiano anche a che fare con la vicenda da noi segnalata di un rischio concreto di voto di scambio. E su questo punto noi chiediamo che si vada fino in fondo a verificare che ci siano legami con questa vicenda perché noi la riterremmo molto grave e la riterremmo una conferma delle cose che abbiamo detto.
  Secondo elemento e chiudo: noi pensiamo e siamo convinti che bisogna intervenire prima e bisogna predisporre probabilmente una legislazione più complessiva su quello che riguarda la disciplina della propaganda elettorale. Forse il Parlamento dovrebbe mettere mano rispetto alla legge n. 212 del 4 aprile 1956, per la semplice ragione che ci troviamo dentro un'epoca completamente diversa, dove la disponibilità economica non passa più esclusivamente per i partiti, ma passa molto per l'autopromozione dei singoli candidati. E bisognerebbe provare a contenere queste spinte, bisognerebbe provare a contenere queste forme di ingresso di flussi di denaro molto consistenti all'interno delle campagne elettorali che rischiano di condizionarle moltissimo e rischiano di segnalare anche la fine di un'idea della politica dove contano le idee e non conta soltanto quello tu hai nel portafogli e quello che puoi spendere in campagna elettorale. Vi è il rischio che i nostri consigli comunali siano sempre più selezionati per censo e per interessi di carattere corporativo e non soltanto per la capacità di collegare a una campagna elettorale battaglie politiche e sociali generali molto forti.
  E noi pensiamo che vada costruita una nuova normativa sulle campagne elettorali, sulla propaganda elettorale, che riporti a sobrietà le campagne elettorali all'interno delle amministrazioni comunali, che riconduca ad una dimensione economica molto più ridotta la possibilità di spesa del singolo candidato e della formazione politica e che ci siano sanzioni che non siano soltanto di carattere amministrativo. Dico questo, perché esiste in altri Paesi d'Europa.Pag. 5
  Se io incappo in una situazione che determina – come i numeri che lei ha illustrato dicono – circa 226 verbali di illecito e l'oscuramento di 500 manifesti, quel candidato che ha compiuto quell'illecito amministrativo non può degnamente rappresentare un'istituzione locale all'interno di quel consiglio comunale, di quel consiglio provinciale, di quel consiglio regionale. Perché, altrimenti, quei verbali, quelle multe, quelle violazioni resteranno una ferita aperta soprattutto nell'opinione pubblica, perché passerà l'idea che puoi violare la legge e però non ti accade nulla, non ti accade nulla rispetto allo status che conquisterai successivamente nel momento in cui entrerai in quel consiglio comunale.
  Siccome i rappresentanti del popolo sono anche i rappresentanti della legalità repubblicana e di un'idea della politica come servizio e non semplicemente come elemento di autotutela, io penso – noi pensiamo – che bisognerà intervenire in maniera più forte su questo terreno, fino a immaginare anche la decadenza dalla carica che si è conquistata attraverso la campagna elettorale, qualora questi illeciti venissero confermati.

(Iniziative in relazione all'attività del movimento Casa Pound nella città di Cremona e verifica dei presupposti per l'accesso di tale movimento alle donazioni del 5 per mille – n. 3-00044)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Bordo n. 3-00044, concernente iniziative in relazione all'attività del movimento Casa Pound nella città di Cremona e verifica dei presupposti per l'accesso di tale movimento alle donazioni del 5 per mille (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazione).
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Bordo chiede di conoscere quali iniziative intenda assumere il Governo per assicurare il rispetto della legalità nella città di Cremona, dove è stata aperta una sede di Casa Pound.
  Il 27 aprile scorso, come da oltre vent'anni, è stata celebrata una funzione religiosa, presso il cimitero di Cremona, in suffragio di Benito Mussolini. Al termine della messa, i partecipanti, muniti di bandiera tricolore con al centro disegnati l'aquila e il fascio littorio, hanno depositato una corona d'alloro sulle lapidi dei caduti, effettuando il rituale commemorativo del «presente».
  All'evento ha partecipato un centinaio di persone, tra cui congiunti dei caduti, esponenti locali del movimento Casa Pound, nostalgici provenienti anche da province limitrofe, nonché delegazioni in rappresentanza dei movimenti di estrema destra spagnola e francese. Al termine della cerimonia, svoltasi senza turbative per l'ordine pubblico, la questura ha trasmesso, come negli anni precedenti, una dettagliata informativa alla procura della Repubblica.
  Il movimento Casa Pound – costituito nella città di Cremona il 16 ottobre 2012 e al quale aderiscono una sessantina di simpatizzanti – ha organizzato in quella provincia alcuni presidi di propaganda politica che hanno provocato la reazione dell'area antagonista.
  Il 4 maggio scorso, si è tenuta l'inaugurazione ufficiale della sede di Cremona, cui hanno partecipato circa centoventi simpatizzanti, provenienti anche da altre province del nord Italia, nonché il responsabile regionale del movimento.
  In considerazione della forte tensione sociale determinata da tale iniziativa e della contromanifestazione organizzata dalla locale area antagonista, con la partecipazione di circa duecentocinquanta persone, sono state intensificate le attività investigative e i servizi di controllo, al fine di garantire la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  Nel corso del corteo, gli antagonisti hanno scandito messaggi antifascisti ed esposto striscioni dello stesso tenore. Durante il passaggio nell'area adiacente alla sede di Casa Pound, sono stati accesi Pag. 6alcuni fumogeni e i militanti antagonisti hanno tentato di avvicinarsi al luogo dell'inaugurazione, desistendo per la presenza del personale delle forze di polizia. Anche in merito a tali episodi è stata informata l'autorità giudiziaria, a seguito di un'attività d'indagine, ancora in corso, finalizzata all'individuazione dei responsabili.
  Su un piano più generale, negli ultimi anni il panorama nazionale dell'estremismo di destra è stato caratterizzato dalla crescente affermazione del sodalizio Casa Pound, associazione sorta nel dicembre 2003, ma che ha avuto formale ufficializzazione nel 2007. L'incremento delle attività di propaganda e l'interesse del sodalizio per temi a forte rilevanza sociale, hanno accentuato la concorrenzialità con i gruppi di opposto orientamento e ciò ha favorito la nascita di un clima di accesa contrapposizione e di reciproca aggressività.
  Il Ministero dell'interno ha seguito l'evolversi del fenomeno, dedicando particolare attenzione all'attività dei gruppi politici estremisti e alle frange più radicali in tutte le zone d'Italia. Le autorità provinciali di pubblica sicurezza svolgono una costante attività di prevenzione attraverso un attento monitoraggio e un'accurata raccolta informativa nei confronti dei movimenti estremisti, sia di destra sia di sinistra, finalizzata al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica. In tale contesto, vengono costantemente controllati anche i luoghi di aggregazione dei simpatizzanti del movimento politico Casa Pound e le iniziative assunte dai medesimi.
  L'ordinamento vigente consente, peraltro, l'adozione di un provvedimento di scioglimento di movimenti che si ispirino al fascismo solo a seguito di una sentenza penale irrevocabile che abbia accertato il verificarsi, in concreto, della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista. Allo stato attuale non risultano pronunce giurisdizionali che consentano l'adozione di tali provvedimenti.
  Per quanto riguarda, infine, il quesito concernente la destinazione del 5 per mille, sono stati richiesti – per la specificità della materia – elementi informativi al Ministero dell'economia e delle finanze. In proposito il predetto dicastero ha comunicato che l'associazione Casa Pound non risulta beneficiaria del contributo del 5 per mille. Come è emerso da notizie di stampa, il sodalizio Casa Pound avrebbe pubblicizzato il codice fiscale della cooperativa «l'Isola delle Tartarughe» ai fini della destinazione del contributo. Al riguardo, il Ministero dello sviluppo economico, competente in materia di albo delle cooperative, ha disposto un'ispezione straordinaria e l'Agenzia delle entrate ha sospeso cautelativamente i relativi pagamenti.

  PRESIDENTE. Il deputato Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

  FRANCO BORDO. Signor Presidente, signor sottosegretario, grazie per la risposta. È stata una risposta puntuale nella ricostruzione delle attività del Ministero, e che però – devo dire – non mi soddisfa dal punto di vista di quella che, dal nostro punto di vista, dovrebbe essere l'iniziativa del Governo e del suo Ministero in materia. Intendo, sostanzialmente, una situazione che oggi in Italia si sta presentando, dal mio punto di vista, piuttosto preoccupante, proprio anche per l'intensità del fenomeno, che non riguarda soltanto Casa Pound, ma anche altre organizzazioni come il Movimento Fascismo e Libertà e il Movimento nazionalsocialista, che non fanno velo della loro ideologia e delle loro ispirazioni e legami con il disciolto partito fascista.
  Faccio riferimento ai raduni nazifascisti, che si verificano ormai in modo continuo in varie città del Paese: soltanto nella mia regione cito, oltre a Cremona, Varese, Milano e la limitrofa Verona nel Veneto.
  Non esiste il fascismo buono: è questo che dobbiamo ribadire come istituzioni democratiche, perché questo concetto apre a spazi fisici – come sta avvenendo e come è avvenuto, anzi, nella città di Cremona – ma a anche spazi culturali, che portano Pag. 7poi ad una rivisitazione, al revisionismo storico. Io penso che portino anche alla violazione del dettato costituzionale e delle leggi della Repubblica. Infatti, ancora continuo a far fatica a capire come intendiamo fare rispettare la XII disposizione transitoria della nostra Costituzione, in cui è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e l'articolato della legge conseguente (la legge n. 645 del 1952) – ci chiediamo se sia ancora valida o meno in questo Paese, io penso di sì – che recita all'articolo 1: «Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista».
  Allora, io penso che ritrovarsi in un cimitero, che è un luogo pubblico – ma ritengo che anche nei luoghi privati non vada fatto –, con le camicie nere e il saluto nazifascista per celebrare la messa per Farinacci e Mussolini sia di fatto l'ostentazione di un pensiero e costituisca quello che viene richiamato nell'articolo 1 della legge n. 645, cioè la riorganizzazione del partito fascista.
  Concludo. Sono incredulo sulla questione del 5 per mille, perché, se Casa Pound non ne ha beneficiato, mi domando perché si sia provveduto a sospendere qualsiasi tipo di pagamento. Probabilmente stava per beneficiare dei pagamenti e questo la dice lunga sulle aperture che vengono fatte nell'ambito delle istituzioni repubblicane, anche da parte degli uffici preposti a controllare per evitare che si creino situazioni di questo tipo.
  Sono forme di legittimazione che non possiamo permetterci nel nostro Paese e che non dobbiamo permetterci, se crediamo che la nostra sia una Repubblica democratica e antifascista.

(Elementi in relazione all'incendio sviluppatosi il 19 giugno 2013 presso lo stabilimento dell'ACEA di Paliano (Frosinone) e iniziative per includere nuovamente l'area della Valle del Sacco nell'ambito dei siti da bonificare di interesse nazionale – n. 2-00107)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Pilozzi n. 2-00107, concernente elementi in relazione all'incendio sviluppatosi il 19 giugno 2013 presso lo stabilimento dell'ACEA di Paliano (Frosinone) e iniziative per includere nuovamente l'area della Valle del Sacco nell'ambito dei siti da bonificare di interesse nazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazione).
  Chiedo all'onorevole Pilozzi se intenda illustrare la sua interpellanza.

  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, la mattina del 19 giugno, presso lo stabilimento di proprietà della società ACEA sito a Paliano, in provincia di Frosinone, in località Castellaccio – tra l'altro è bene ricordare che in quell'area gravano diversi siti legati al ciclo dei rifiuti: discariche, termocombustori e quant'altro –, per ragioni ancora oggi sconosciute è scoppiato un grave incendio, che ha interessato le balle dei rifiuti urbani pronti per la lavorazione e la trasformazione in combustibile da rifiuti.
  Il fatto che oggi, a venti giorni dall'evento, siano ancora sconosciute all'opinione pubblica le cause del rogo, oltre a creare grande preoccupazione nei cittadini, alimenta un inevitabile clima di sospetto su cause e motivazioni dell'incendio.
  Non è certamente degna di un Paese civile la cortina fumogena – e, mi sia consentito, l'allusione non è ovviamente casuale – che ha oscurato questa vicenda, Pag. 8come spesso avviene per tutte le questioni ambientali e di tutela della salute che riguardano la Valle del Sacco.
  Quell'incendio ha sprigionato una nube di colore nero, che si è rapidamente estesa su tutto il territorio, tra i comuni di Paliano e Anagni, arrivando sino al comune di Ferentino e lambendo le pendici dei Monti Ernici, da una parte, e dei Monti Lepini, dall'altra. Sembrerà strano, signor Ministro, ma dopo venti giorni siamo ancora qui a chiederle se è possibile e di sua conoscenza la reale composizione ed eventuale nocività del fumo, dato che ancora oggi, così come nell'immediato del rogo in cui proponemmo questa interpellanza, non è dato sapere con chiarezza e certezza quali sostanze si siano sprigionate dal fuoco. Noi ci chiediamo e le chiediamo come sia possibile che tutto ciò accada non in una landa desolata del pianeta Marte, ma in un territorio del nostro Paese.
  Mi perdoni il Ministro, ma nell'illustrare questa interpellanza non posso non farmi portavoce delle associazioni di cittadini, delle migliaia di persone e dei molti imprenditori perbene che da anni ormai vivono in un territorio stuprato e devastato dall'imperizia di alcuni pseudo-imprenditori senza scrupoli e dalla connivenza di istituzioni cieche e sorde: un territorio che applaude convinto l'opera meritoria di vigili del fuoco e forze dell'ordine, che con un grande senso del dovere si impegnano a fronteggiare questi disastri; ma un territorio che contemporaneamente vede nel lavoro di quelle donne e di quegli uomini tutto il fallimento di uno Stato incapace di garantire prevenzione e sicurezza ai propri cittadini; un territorio che vuole tornare ad essere conosciuto nel mondo per le bellezze dei centri storici e degli splendidi borghi medievali dei comuni che insistono su di esso – tra tutti il comune di Anagni, la città dei papi –, magari per le mura ciclopiche di Ferentino, per la bellezza e per l'eccellenza della sua campagna e dei prodotti, e non certo per il beta-esaclorocicloesano, che è diventato il tratto distintivo di quel territorio.
  È un territorio talmente compromesso sotto il profilo ambientale per le conseguenze dell'industrializzazione selvaggia degli scorsi anni, che proprio a causa di tale degrado la Valle del Sacco è stata dichiarata in passato sito di interesse nazionale ai fini della bonifica ambientale.
  L'incendio presso lo stabilimento ACEA è dunque solo l'ultimo di una serie di eventi, calamità e problemi che hanno colpito – e, purtroppo, continuano a martoriare – l'area della Valle del Sacco.
  Nonostante ciò, con un incomprensibile decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del marzo scorso (su cui, è bene dire, grava un ricorso al TAR proposto da Legambiente e Retuvasa, la rete costituita dai cittadini a tutela della loro valle, la Valle del Sacco), il sito veniva declassificato da sito di interesse nazionale a sito di interesse regionale, senza che nel frattempo fossero state fatte tutte quelle opere di bonifica necessarie a ripristinare lo stato dei luoghi.
  Ma c’è un ultimo aspetto che a nostro avviso va affrontato, per capire bene la portata di questo episodio. Questo stabilimento, che tratta i rifiuti solidi urbani, è parte di un sistema di smaltimento dei rifiuti, in cui il fine non è la tutela ambientale e l'abbattimento dei costi per i cittadini, bensì il business di qualcuno: un sistema di rifiuti congegnato in modo da privatizzare gli utili e da pubblicizzare le perdite. E guarda caso questo rogo arriva in concomitanza con la scelta di far smaltire in provincia di Frosinone una parte consistente dei rifiuti di Roma, a causa della chiusura della discarica di Malagrotta e dell'incapacità del sistema romano di trattare i propri rifiuti.
  Per questo motivo credo che sia il caso di investire il NOE di questa vicenda, così come auspicato anche dal Ministro: per capire bene cosa ci può essere dietro e soprattutto per capire se il rogo sia collegato alle perquisizioni e alle indagini di cui è stato oggetto lo stabilimento di Paliano, insieme a tutti gli stabilimenti di trattamento dei rifiuti siti nella provincia di Frosinone nei giorni immediatamente precedenti, guarda caso, l'incendio.Pag. 9
  Infine approfitto di questa interpellanza per segnalare che il TAR ha appena bocciato l'impianto del provvedimento commissariale che consente lo smaltimento dei rifiuti di Roma nelle altre province, quindi ora forse qualcuno si ricrederà o dovrà ricredersi sul fatto che chi, come il sottoscritto e altre migliaia di cittadini, dimostrava la propria contrarietà a quel provvedimento, non fosse – come è stato accusato sui giornali – contro la legge o ancora peggio favorevole a pratiche di smaltimento poco trasparenti, a meno che non si ritenga che anche il TAR sia contro la legge e favorevole a pratiche di smaltimento poco trasparenti.
  Quindi, concludendo, mi preme chiedere oltre a tutto ciò esposto in premessa, qual è stata la reale composizione della nube sprigionatasi a seguito dell'incendio presso la stabilimento di proprietà dell'Acea situato a Paliano, in località Castellaccio, e la sua eventuale nocività per la salute delle popolazioni circostanti, le eventuali conseguenze che l'esposizione alla nube abbia arrecato sia ai cittadini che alle colture della zona, gli eventuali risarcimenti per tali disagi causati e se non sia il caso che il Ministero predisponga un chiaro provvedimento che, come avviene per la legge n. 488 che consente allo Stato di rivalersi sui patrimoni delle aziende beneficiarie di contributo pubblico per chiudere i battenti, ebbene un provvedimento che possa dare la possibilità allo Stato di rivalersi sui patrimoni delle aziende che abbandonano un territorio lasciando dietro di sé inquinamento e disastri ambientali. Infine, se non si ritenga necessario, alla luce delle considerazioni svolte, ricondurre l'area della Valle del Sacco nell'ambito dei siti di interesse nazionale ai fini della bonifica ambientale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Marco Flavio Cirillo, ha facoltà di rispondere.

  MARCO FLAVIO CIRILLO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza presentata dall'onorevole Pilozzi ed altri, con la quale si richiedono notizie in merito all'incendio avvenuto il 19 giugno 2013 che ha interessato lo stabilimento Acea di Paliano, in provincia di Frosinone, nonché il reinserimento della Valle del Sacco tra i siti di interesse nazionale, si rappresenta quanto segue.
  L'episodio richiamato riguarda un incendio di rilevanti dimensioni che si è sviluppato nella prima mattinata del 19 giugno ultimo scorso all'interno di un capannone dello stabilimento industriale Acea, ubicato nel territorio del Comune di Paliano nei pressi del chilometro 57 della strada statale Casilina.
  L'incendio ha colpito in particolare il tetto del capannone adibito a lavorazione e deposito di combustibile da rifiuto ed ha interessato prevalentemente materiale costituito da carta, plastica, gomma e prodotti legnosi, nonché la stessa copertura sulla quale risultava installato un impianto per produzione di energia elettrica a pannelli fotovoltaici, poggiati su lamiera grecata con strato coibente.
  Prontamente intervenuto, il personale del comando provinciale dei vigili del fuoco di Frosinone ha effettuato l'intervento di spegnimento, con diversi mezzi, proseguito per l'intera giornata del 19. Avendo l'incendio interessato i materiali di coibentazione del capannone, si è sviluppato un notevole volume di fumi con odore acre che a causa della scarsa ventilazione si è diffuso nell'atmosfera circostante provocando, anche per l'evidente impatto visivo, un certo allarmismo nella popolazione locale.
  Il nucleo investigato antincendio dello stesso Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha provveduto ai necessari rilievi, finalizzati ad individuare le possibili cause dell'evento, nonché il personale dell'Arpa Lazio di Frosinone ha effettuato monitoraggi dell'aria e prelievi sui terreni delle aree circostanti.
  Le autorità comunali delle zone interessate hanno comunque provveduto ad assumere provvedimenti di natura cautelare, Pag. 10allo scopo di scongiurare possibili rischi per la salute e la pubblica incolumità e la prefettura, nella stessa giornata, ha diramato un comunicato stampa contenente notizie ed informazioni sull'evento.
  Nell'arco della giornata la situazione è andata comunque migliorando, caratterizzandosi per un residuo finale di fumigazione proveniente dal sito interessato, all'interno del quale è proseguita l'attività dei vigili del fuoco che si è protratta fino alle prime ore del successivo giorno 20 giugno, con la messa in sicurezza della struttura ed il sequestro dell'intera area, disposta dalla competente autorità giudiziaria che ha avviato un'indagine volta a individuare le effettive cause dell'evento.
  Tempestivamente, è stato attivato il Centro regionale della qualità dell'aria del servizio tecnico di Arpa, che ha raccolto tutte le informazioni meteorologiche orarie relative al sito del sinistro e ne ha ricostruito, col maggior dettaglio possibile, le condizioni di dispersione, da poco prima dell'inizio dell'incendio fino al termine. Si è messa in atto una ricostruzione modellistica volta a determinare con buona approssimazione l'evoluzione dell'evento e l'area che presumibilmente è stata interessata dal sinistro. Sulla base dei campi meteorologici ottenuti è stata effettuata una ulteriore simulazione finalizzata a ricostruire la probabile distribuzione al suolo delle sostanze rilasciate durante l'incendio.
  I controlli della qualità dell'aria sono avvenuti attraverso due linee di intervento attuate contemporaneamente con l'utilizzo delle stazioni di monitoraggio della qualità dell'aria afferenti alla rete regionale e con il posizionamento di campionatori per determinazione di diossine e metalli pesanti formati.
  In ordine all'utilizzo delle stazioni di monitoraggio della qualità dell'aria, si evidenzia che nel territorio interessato sono attive quattro stazioni: la prima ubicata nel comune di Anagni, la seconda nel comune di Ferentino, la terza e la quarta nel Comune di Colleferro, e tutte sono state utilizzate per mantenere sotto controllo sia i principali indicatori (PM10, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio) sia gli idrocarburi policiclici aromatici, che sono indicatori specifici di combustione, attraverso la raccolta con cadenza giornaliera e la successiva analisi chimica dei filtri del PM10. I principali indicatori, registrati in continuo per valutare gli effetti dell'incendio, sono stati elaborati sia come medie giornaliere che come dati orari per il periodo 18-20 giugno.
  In ordine al posizionamento di campionatori per la determinazione di inquinanti organici e metalli, si è proceduto all'installazione e attivazione di due campionatori specifici ai fini del controllo diretto delle eventuali immissioni di inquinanti specifici (diossine e furani, IPA, PCB e metalli pesanti) presso il luogo interessato dall'incendio, in due siti di osservazione, uno presso una azienda agricola prossima al luogo del sinistro e l'altro presso la scuola di San Bartolomeo ad Anagni. I dati rilevati in continuo presso le stazioni di monitoraggio sono stati elaborati come medie orarie e giornaliere per i successivi giorni 18-20 giugno. Tutte le concentrazioni misurate nel giorno dell'evento e nei giorni successivi, in tutte le centraline prese in esame, sono risultate inferiori ai limiti previsti dalla normativa.
  Relativamente ai valori medi giornalieri del PM10, si è registrato un incremento nel giorno dell'incendio solo nelle stazioni di Anagni e Ferentino, mentre nel comune di Colleferro, non si sono evidenziati incrementi degli inquinanti monitorati; si è registrato un picco del livello del CO alle ore 8 nella centralina di Ferentino; relativamente alla stazione di Colleferro, da una analisi della concentrazione di IPA, si evidenzia che il giorno dell'incendio, sia le concentrazioni totali, che quelle dei singoli composti analizzati risultano più elevate rispetto sia al giorno precedente che ai giorni successivi.
  Le concentrazioni registrate nel giorno dell'incendio risultano comunque sensibilmente inferiori a dati rilevati presso la medesima centralina in altri periodi dell'anno. Anche le concentrazioni rilevate in Pag. 11ordine ai metalli analizzati, come media per il periodo di campionamento, espresse in nanogrammi a metro cubo, sono decisamente inferiori ai valori obiettivo.
  Il Comune di Paliano, per le vie brevi, ha comunicato alla prefettura di Paliano che chiederà all'ACEA ARIA, ai sensi dell'articolo 247 del decreto legislativo n. 152 del 2006, di ottenere dall'autorità giudiziaria l'autorizzazione di accesso temporaneo al sito, posto attualmente sotto sequestro, per l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dell'area.
  Il Ministero dell'ambiente provvederà ad accertare, tramite gli organi territorialmente competenti, se si è verificato un evento dannoso per l'ambiente e a monitorare affinché vengano eseguiti, se del caso, gli idonei interventi di prevenzione e di messa in sicurezza.
  Per quanto attiene, invece, la riconduzione dell'area Valle del Sacco nell'ambito dei siti di interesse nazionale, si segnala che, dopo una scrupolosa istruttoria, il Ministero dell'Ambiente ha approvato il decreto ministeriale dell'11 gennaio 2013, concernente «Elenco dei siti che non sono più ricompresi tra i siti di bonifica di interesse nazionale – Attuazione articolo 36-bis del DL n 83 del 2012», successivamente pubblicato sulla G.U. n. 60 del 12 marzo 2013.
  Tale decreto-legge è stato attuato sulla scorta di quanto sancito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese», il cui articolo 36-bis reca una serie di disposizioni inerenti i criteri di individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale.
  In particolare, sono stati definiti principi e criteri direttivi da seguire per l'individuazione dei SIN, tenendo conto dei siti interessati, attualmente o in passato, da attività di raffinerie, impianti chimici integrati, acciaierie, nonché prevedendo che siano in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.
  I siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 252, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali.
  L'individuazione dei SIN avviene mediante decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni interessate, ed elenca una serie di principi e criteri direttivi cui attenersi. In particolare: gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati dal decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio); il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato; l'impatto socio-economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante; la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale; gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.
  Alla luce di quanto anzidetto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base della disciplina riportata, ha provveduto alla ricognizione dei siti classificati di interesse nazionale, in attuazione delle disposizioni citate, e ha accertato che il SIN Bacino del Fiume del Sacco non presenta tutti i requisiti di cui al comma 2 dell'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dall'articolo 36-bis della legge n. 134 del 2012, e pertanto non può rientrare tra quelli novellati come siti di interesse nazionale. Questo aspetto non esclude l'attenzione posta sull'area in oggetto, ai fini dei dovuti interventi di tutela ambientale.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pilozzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

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  NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, credo che sia abbastanza chiaro che la risposta assolutamente non mi soddisfa e credo che non soddisfi assolutamente tutti i cittadini di quella zona che in questo momento ancora non conoscono le cause dell'incendio e, dopo 20 giorni, mi pare di capire che neanche il Governo ancora ne conosca la cause; sa pressappoco che cosa, a occhio – gomma, plastica, carta –, è andato a fuoco e che il fuoco si è sviluppato nella parte alta del capannone.
  Io credo, invece, che su questo rogo l'attenzione debba essere diversa e assolutamente il Governo e il Ministero debbano fare pressione affinché si conoscano le cause, in maniera chiara ed esaustiva, che hanno provocato lo sprigionarsi del fuoco in quello stabilimento. Io prima ho elencato quelle che sono delle preoccupazioni serie non solo da parte di chi ha fatto l'interpellanza ma da parte dei cittadini.
  Poi, dire, in una risposta del Governo, «un certo allarmismo nei cittadini» a me sembra, onestamente, che dimostri che non si ha chiaro che cosa sia avvenuto in quella zona e quale tipo di paura, e di paure, ormai vivono quei cittadini, per sé e per i propri figli, perché un certo allarmismo lo si ha quando magari la televisione o i media dicono qualcosa, diciamo, di esagerato. Si ha allarmismo legittimo quando ci si sveglia la mattina e ci si trova ricoperti da una nube nera che non ti consente neanche di vedere la luce del sole. E credo che non sia neanche sufficiente dire che c’è stato un comunicato stampa della prefettura, vivaddio, oppure l'interessamento dei comuni interessati e, se non sbaglio, le ordinanze hanno riguardato solo i tre comuni più grandi interessati dall'incendio e non sono neanche state prese in considerazione da altri comuni.
  Poi, riguardo, invece, alle analisi, mi pare chiaro che si hanno delle analisi abbastanza nel dettaglio per quanto riguarda la qualità dell'aria, ma non si sa nulla se non che hanno fatto dei prelievi per quanto riguarda la qualità dei terreni.
  Quindi sappiamo del PM 10, sappiamo della diossina, ma per esempio non sappiamo nulla riguardo ai metalli pesanti. E questa è un'altra cosa assurda dopo venti giorni dall'evento.
  Infine, non so che tipo di reazione si può avere di fronte ad un Ministero che dice che, dopo uno scrupoloso studio, la Valle del Sacco è stata esclusa dai siti di interesse nazionale, perché nel 2012 il Ministro che poi ha fatto escludere la Valle del Sacco aveva cambiato la legge del 2006 attraverso il decreto-legge cosiddetto «sviluppo Italia». Qui ormai siamo in una situazione incredibile. Io invito il Ministro, il sottosegretario e tutti coloro che da poco hanno preso in mano questo Ministero a fare una passeggiata nella Valle del Sacco, e invito soprattutto chi ha detto, dopo uno scrupoloso studio, che quella non è una zona di pregio dal punto di vista ambientale, chi ha detto, dopo uno scrupoloso studio, che in quella zona non ci sono rischi elevati per la salute dei cittadini; io li inviterei a vedere.
  Lei ha citato una scuola dove è stata messa la centralina e io ne posso citare altre di scuole che sono lungo quella valle, dalla località Pantanello ad altre località. Ebbene io credo che, se il Ministro e i sottosegretari andassero a chiedere informazioni ai genitori di quei bambini e a quegli insegnanti, lo scrupoloso studio se lo potrebbero anche evitare.
  Io penso veramente che noi su queste questioni, che sono le questioni ambientali e della salute dei cittadini, dobbiamo uscire un po’ da un linguaggio burocratese, da un linguaggio che ci dice che il combinato disposto di più decreti, di più articoli e di più commi messi lì solo per mistificare la realtà, ci danno la soluzione a tutto. Probabilmente chi ha firmato quel declassamento da un punto di vista legislativo è a posto, ma non credo che sia a posto con la sua coscienza. Quindi io invito veramente il Ministero non solo a continuare a sorvegliare quello che avviene nella Valle del Sacco, come giustamente ha detto, e io per questo lo ringrazio, ma a riprendere in mano quella pratica e a tentare di ridare una dignità nazionale a Pag. 13dei luoghi troppo spesso abbandonati. Io non vorrei che anche su questa vicenda, come per l'altra sui rifiuti, alla fine fosse il TAR a dire che quello scrupoloso studio tutto è stato tranne che scrupoloso.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e dell'interrogazione all'ordine del giorno. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,10 con la discussione sulle linee generali delle mozioni concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano.

  La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10,10.

Discussione delle mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00071, Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz ed altri n. 1-00138 e Baldelli n. 1-00140 concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00071, Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz ed altri n. 1-00138 e Baldelli n. 1-00140 concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Maietta, che illustrerà anche la mozione Giorgia Meloni n. 1-00071, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  PASQUALE MAIETTA. Signor Presidente, nello scorso mese di settembre il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato la legge n. 15 recante istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale. Tale legge, approvata dai soli consiglieri del gruppo linguistico tedesco, affida ad una commissione di sei membri, di cui quattro di lingua tedesca e due soli di lingua italiana, il compito di decidere sulla base di indicazioni ad esso formulate dalle comunità comprensoriali, tutte quante a maggioranza tedesca, quali nomi avranno la titolarità ad essere usati nella toponomastica ufficiale.
  Attualmente, la toponomastica della provincia di Bolzano è composta complessivamente da 120 mila toponimi tedeschi e soltanto 8.500 toponimi italiani. Negli ultimi anni sono stati «inventati» centinaia di toponimi per denominare strade forestali, sentieri, bacini montani e piccoli corsi d'acqua, con dei nomi intraducibili, ovviamente in lingua tedesca, e anche la segnaletica sui sentieri di montagna è quasi ovunque esclusivamente in lingua tedesca, persino i cartelli che segnalano i pericoli sono in lingua tedesca. Al contrario, appare evidente come la legge provinciale n. 15 porterà alla cancellazione di migliaia di toponimi di lingua italiana.
  Inoltre, il consiglio provinciale di Bolzano ha legiferato su questa materia assai delicata e complessa eccedendo le proprie competenze e in palese violazione di una normativa di rango superiore, posto che lo statuto di autonomia è legge costituzionale e prevede espressamente l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica.
  In particolare, l'articolo 8 dello statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, in base al quale le province autonome hanno la potestà di emanare norme legislative, tra l'altro, in materia di toponomastica, precisa, tuttavia, che l'esercizio di siffatto potere normativo deve rispettare alcuni limiti, tra i quali, precisamente, la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, il rispetto degli Pag. 14interessi nazionali, tra cui la tutela delle minoranze linguistiche locali, e l'obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano. Alla stessa stregua l'articolo 101 dello statuto prevede che nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche debbano usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione.
  Durante lo svolgimento di un question time nel settembre 2012, il Ministro Giarda annunciò una iniziativa da parte del Governo che era propedeutica all'eventuale impugnativa costituzionale. In data 16 novembre 2012, il Consiglio dei ministri ha poi effettivamente deliberato l'impugnativa, dinanzi alla Corte costituzionale, della legge in oggetto, «in quanto contenente disposizioni in materia di toponomastica in contrasto con norme internazionali e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione e con diversi articoli dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige».
  Il Governo, nella sua impugnativa, ha, in particolare, eccepito sia i principi della legge provinciale in oggetto, sia la procedura in essa prevista: per quanto attiene al primo profilo, ha sottolineato che sia l'Accordo di Parigi, sia gli articoli 8 e 101 dello statuto, «danno per presupposta l'esistenza storica e l'obbligatorietà giuridica della toponomastica in lingua italiana già introdotta al momento della loro entrata in vigore, in quanto precedentemente codificata dalla relativa legislazione statale tuttora vigente, prevedendo (e consentendo) unicamente la reintroduzione ufficiale e l'utilizzazione su un piano di parità della toponomastica in lingua tedesca (e ladina) in precedenza vietata e rimossa», ricordando anche che l'Accordo di Parigi e lo statuto fissano «l'obbligo della bilinguità», muovendo «dal presupposto che quella in lingua italiana esiste già e che ad essa va semplicemente parificata a quella in lingua tedesca (e ladina)», e che lo statuto stesso prevede l'italiano quale «lingua ufficiale dello Stato».
  Per quanto attiene, invece, alle procedure, ha formulato rilievi fortemente critici rispetto al metodo indicato dalla legge, secondo cui «ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale», e approvato poi dal comitato paritetico, traendone la conclusione «che in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale sulla base del criterio puramente empirico, peraltro neppure minimamente specificato, dell'uso a livello di comunità comprensoriale».
  Secondo le deduzioni formulate dal Governo, quindi, né lo statuto attribuisce alla provincia la competenza ad intervenire sulla toponomastica ufficiale in lingua italiana né, tanto meno, il criterio dell'uso può essere utilizzato per intervenire riduttivamente sui toponimi ufficiali in lingua italiana.
  Nei mesi scorsi la stampa ha pubblicato l'accordo tra il partito etnico altoatesino e il leader del PD Bersani, il quale, in cambio dell'appoggio elettorale ottenuto, avrebbe promesso il ritiro del ricorso da parte del nuovo Governo, ad ulteriore conferma dell'assoluta fragilità dell'azione della provincia che è ben consapevole del fatto che una simile violazione dello statuto assai difficilmente potrebbe essere tollerata.
  Pertanto, impegniamo il Governo a non ritirare il ricorso proposto alla Corte costituzionale contro la legge della provincia di Bolzano, che mira a cancellare i nomi italiani dalle principali località dell'Alto Adige.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alfreider, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00138. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. La Corte costituzionale, riferendosi ai principi di uguaglianza e non discriminazione, ha più volte ribadito come la tutela delle minoranze Pag. 15linguistiche sia un principio dell'ordinamento costituzionale.
  Vi sono due ordini di problemi che intendiamo porre con la nostra mozione n. 1-00138, sottoscritta dai deputati di diversi gruppi parlamentari, in primo luogo da deputati del Trentino Alto Adige, della Valle d'Aosta e del Friuli Venezia Giulia. Il primo ordine di problemi è relativo al contenzioso aperto dallo Stato in ordine alla legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, con la quale la provincia autonoma di Bolzano ha disposto l'istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale. Il repertorio dei toponimi rappresenta lo strumento per la corretta denominazione del territorio della provincia di Bolzano e per la diffusione della conoscenza della pronuncia, dell'uso, del significato, della tradizione e dell'origine dei toponimi stessi.
  Con la legge 20 settembre 2012, n. 15, si afferma che le denominazioni sono registrate nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue. Analoghi principi sono riconosciuti dallo statuto di autonomia all'articolo 102 per le popolazioni ladine e quelle mòchene e cimbre e, in particolare, all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1951, che stabilisce che nelle valli ladine può essere usato nella toponomastica locale, oltre all'italiano e al tedesco, anche il ladino.
  Già nell'intesa Fitto-Durnwalder del 2010 erano stati individuati punti di intesa molto positivi ai fini di una migliore disciplina della segnaletica locale e della toponomastica. Non è a nostro giudizio contestabile che la competenza esclusiva in materia di toponomastica della provincia autonoma di Bolzano comprenda anche le competenze di intervenire sulla toponomastica ufficiale. Ne consegue che con la legge 20 settembre 2012, n. 15, non vi è alcuna negazione dei principi e delle norme relative al bilinguismo.
  Nel comitato previsto nella legge in oggetto è stata data pari dignità a tutti i gruppi linguistici con due rappresentanti per ciascun gruppo, al di là della loro effettiva consistenza, giacché è prioritaria l'individuazione e l'approvazione di soluzioni condivise e che questa legge sia coerente con tale obiettivo è dimostrato dal fatto che essa sia stata votata nel consiglio provinciale di Bolzano tra i rappresentanti di tutti i tre gruppi linguistici.
  Sostenere, quindi, come si fa nella mozione a prima firma Meloni, che la legge in questione sia stata approvata dai soli consiglieri del gruppo linguistico tedesco è falso. Com’è falso sostenere che nel comitato vi siano gruppi privilegiati rispetto ad altri.
  Ad una visione obiettiva di tale problemi, infatti, emerge la conferma del fatto che in Alto Adige vi sia un modello di convivenza tra i diversi gruppi linguistici ed etnici che è, anche sotto questo profilo, un sistema reale, concreto, riconosciuto, apprezzato e sostenuto ormai da tutti i gruppi linguistici di riferimento in Italia e in Europa. Porre sotto attacco tale modello è presuntuoso.
  Il terzo ordine di problemi che vogliamo menzionare in questa mozione riguarda la tutela delle altre lingue minoritarie, come ad esempio lo sloveno e il friulano. Al di là delle competenze delle regioni e delle province autonome e della legislazione vigente riteniamo fondamentale che l'Italia ratifichi la Carta europea delle lingue regionali minoritarie firmata il 27 giugno 2000.
  Con la nostra mozione chiediamo dunque al Governo di avviare opportuni colloqui con la provincia autonoma di Bolzano, al fine di individuare una soluzione del contenzioso aperto sulla legge 20 settembre 2012, n. 15, ed in generale auspichiamo che siano ridotti significativamente, entro il 2014, i contenziosi fra Stato e autonomie.
  Un'ultima osservazione anche a titolo personale: la chiave di lettura della convivenza tra i gruppi linguistici non è la traduzione o la traducibilità ma la comprensione e la comprensibilità. Auspichiamo che questo sia e resti il paradigma di coesistenza per il nostro futuro.

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.

  MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, pensavo venisse illustrata la mozione del PdL anche. Intervengo sulla nostra mozione, firmata anche da noi, dal PD, la mozione n. 1-00138 di cui primo firmatario è Alfreider, perché ne sono convintamente sostenitrice; inoltre, tengo a sottolineare, rispetto alla mozione n. 1-00071 di cui è prima firmataria la collega Meloni – il collega Alfreider lo ha già detto ma lo sottolineo –, affinché nei verbali di quest'Aula rimanga esattamente la composizione dell'attuale consiglio provinciale, perché appunto nella mozione Meloni si dice che questa legge sulla toponomastica è stata approvata solo dai tedeschi.
  Allora cerchiamo di capirci sui numeri e sulla situazione del consiglio provinciale. Il nostro consiglio provinciale è composto da 35 componenti, 18 sono dell'Svp e sono tutti di lingua tedesca, 2 sono del PD e sono di lingua italiana. Andiamo alle opposizioni: ci sono i Verdi con 2 consiglieri, uno italiano e uno tedesco, l'unico gruppo in consiglio provinciale che ha due componenti, uno di un gruppo linguistico e uno dell'altro.
  All'inizio della legislatura c'erano tre colleghi consiglieri provinciali del PdL, adesso sono sempre tre ma solo di tre gruppi diversi e sono tutti e tre del gruppo linguistico italiano. E adesso andiamo ai colleghi di lingua tedesca che non sono Svp e che hanno convintamente votato contro quella legge provinciale, il che dimostra quindi che l'estremismo di lingua tedesca a livello provinciale ha votato contro una legge che noi siamo convinti avesse l'obiettivo di andare verso la realizzazione della convivenza ma soprattutto il superamento di un conflitto che ormai si trascina da troppi anni e che è stato sempre utilizzato in particolare durante le campagne elettorali.
  Allora cinque sono del gruppo Die Freiheitlichen – adesso quattro più uno perché uno è uscito dal gruppo – uno del gruppo Pöder, due del gruppo Eva Klotz, così capiamo anche quelle che sono così le visioni anche mediatiche che possono richiamare.
  Poi abbiamo altri due di opposizione di lingua italiana, una della Lega, che peraltro era stata consigliera comunale di Bolzano del Svp, e uno di Unitalia. Allora sottolineo che la legge è stata approvata dalla maggioranza, dai diciotto del Svp e dai due del PD. I due Verdi – da sempre i Verdi si caratterizzano per il superamento di quelle che possono essere individuate come barriere etniche o, comunque, che vedono le contrapposizioni etniche e linguistiche come contrapposizioni assolutamente da superare – hanno riconosciuto (e lo possiamo leggere nei verbali della seduta del consiglio provinciale che ha portato all'approvazione di quella legge) i grandi miglioramenti che ci sono stati tra il testo originario e il testo che andava poi votato in aula. Hanno scelto l'astensione perché avrebbero sicuramente preteso di più, però non hanno votato contro.
  Riassumendo e per essere molto precisi, questa legge non è stata votata solo dai consiglieri tedeschi nella maniera più assoluta, anzi, ovviamente, i consiglieri tedeschi nazionalisti e di estrema destra «hanno messo in croce» il Svp per questo tipo di legge. I contenuti fondamentali della legge sono che istituisce il repertorio dei toponimi che dovrà essere costituito nel rispetto dell'articolo 8, comma 2, dello statuto di autonomia. La mozione del PdL, che non è ancora stata illustrata ma che sottolinea e continua a sottolineare il richiamo all'articolo 8 dello statuto di autonomia, dovrebbe verificare che nella legge provinciale il richiamo all'articolo 8 dello statuto d'autonomia è un richiamo esplicito. Diciamo che è un richiamo addirittura in più perché, essendo lo Statuto d'autonomia norma di rango costituzionale, non occorrerebbe neanche in una legge provinciale richiamarlo ma è la dimostrazione della volontà del consiglio provinciale di tener conto dell'articolo 8 dello statuto che richiama esplicitamente al bilinguismo.Pag. 17
  Certo, è vero, noi non abbiamo paura della commissione paritetica come, invece, è stato scritto: due solo gli italiani. Abbiamo sostenuto noi la necessità che questa commissione di sei fosse fatta da due italiani, due tedeschi e due ladini. Infatti, se vogliamo veramente arrivare ad una pariteticità rispetto a quello che è il dimostrare la volontà democratica che ogni gruppo abbia la propria rappresentazione, non dobbiamo partire dai numeri perché, se partiamo dai numeri, è evidente che il gruppo che ha la stragrande maggioranza di popolazione, e quindi, il gruppo di lingua tedesca, dovrebbe sempre sovrastare.
  Noi, invece, siamo perché ci sia un vero rispetto sia dei ladini che degli italiani che dei tedeschi e, quindi, appunto, partendo dai più piccoli, per i quali noi siamo molto sensibili, abbiamo sostenuto noi ed è stato un nostro emendamento che la commissione fosse formata da sei: due, due e due. E lo difendiamo convintamente anche perché nelle logiche della proporzionale, invece, bisogna dire che normalmente la proporzionale rispetta la proporzionale numerica dei gruppi linguistici. Quindi noi lo vediamo come un successo, non come un limite, del gruppo linguistico italiano. I criteri metodologici per la compilazione del repertorio toponomastico provinciale sono stabiliti dalla consulta cartografica provinciale e questa è una delle norme previste.
  La Consulta cartografica provinciale delibera sulle proposte presentate dalle singole comunità comprensoriali. La Consulta è composta e sarà appunto composta da sei membri, due italiani, due tedeschi e due ladini. Tre componenti saranno eletti dalla giunta e tre dal consiglio, dai rispettivi gruppi linguistici. Quindi, anche su questo noi vediamo democrazia nel senso che, così come esiste la commissione dei sei che è paritetica tra Stato e Governo, nel nostro piccolo pensare a questo comitato come praticamente un comitato eletto appunto a metà dalla giunta e, quindi, a metà dall'organo esecutivo come può essere il Governo per la commissione dei sei, e tre dal consiglio provinciale, dai rispettivi gruppi linguistici, vuole anche questo dire che in sostanza il numero dei presenti in consiglio non condiziona chi saranno gli eletti, ma ci saranno due, due e due eletti dal proprio gruppo linguistico.
  Veramente concludo dicendo che l'unico gruppo in consiglio provinciale che aveva avuto componenti dei due gruppi linguistici era stato il PCI-KPI prima dei verdi. Il PCI in quest'Aula ha approvato lo statuto d'autonomia. Noi rivendichiamo con orgoglio e convinzione che la sinistra, il centrosinistra – perché ovviamente al Governo c'era la Democrazia cristiana – con il gruppo comunque dei Verdi che proviene da Langer, ha sempre lavorato nell'ottica di raggiungere una convivenza vera e una pacificazione vera da conquistare dopo il fascismo. Noi siamo orgogliosi di questo e siamo perché venga messa in atto la parte impegnativa della mozione che dice: troviamo un'intesa tra provincia e Governo...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  MARIALUISA GNECCHI. ... e in base a quest'intesa saremo anche disponibili a modificare la legge provinciale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevole sottosegretaria, care colleghe, cari colleghi, ho avuto occasione per dirlo in tono ironico già un paio di volte nella mia professione passata da giornalista e considero quasi profetico adesso che torna a capitarmi nella mia esperienza da politico. Noi in Sudtirolo abbiamo un sicuro segnale che ci indica l'inizio dell'estate – non ci tradisce mai – ed è la polemica sulla toponomastica. È avvisaglia inconfondibile che pure questa volta è iniziata l'estate. Questa volta appunto con la mozione della collega Meloni e dei suoi colleghi di Fratelli d'Italia che, con premesse assai sbrigative, alcune semplicemente sbagliate, chiede Pag. 18una cosa con cui potrei anche essere d'accordo perché logica, ossia chiede al Governo di non ritirare il ricorso proposto alla Corte costituzionale contro la legge della provincia autonoma di Bolzano che regola la toponomastica, cioè i nomi dei luoghi in quel territorio.
  La mozione parla testualmente di legge che mira a cancellare i nomi italiani dalle principali località dell'Alto Adige, il che, oltre che demagogico, è semplicemente sbagliato. Il pericolo sono casomai i nomi italiani di piccole località e di posti che località neanche sono come campi, fiumi, ruscelli, ma ammetto che capisco il problema.
  La mozione, che chiamo di stampo nazionalista italiano, ha avuto come reazione una seconda mozione, questa d'iniziativa dei colleghi e miei compatrioti sudtirolesi del Volkspartei. Questa – mi scusate se procedo senza tanti distinguo – aveva come obiettivo unico quello di controbattere la prima, ovvero che il Governo faccia sì che, appunto, non si arrivi al pronunciamento della Corte sulla legge provinciale in materia.
  La Volkspartei ha paura, anzi, ne è certa, che perderà la causa di fronte alla Corte. In un accordo concluso alla vigilia delle elezioni politiche tra SVP e l'allora candidato Premier Pierluigi Bersani è difatti compreso l'impegno da parte del Governo di alleggerire la conflittualità con la Corte costituzionale; in pratica, il ritiro del ricorso sulla toponomastica. Io quella mozione, nella versione originale, l'avrei contestata e tanto meno l'avrei firmata. Il rebus della toponomastica, che deve essere bilingue, e nelle valli ladine trilingue, e cioè prevedere l'italiano, il tedesco e il ladino, è un contenzioso politico che ormai si protrae da decenni.
  Perciò, ritengo che non vi sia cosa più naturale e più logica che permettere che, su un litigio di tale portata e di tale intensità, si pronunci la Corte costituzionale quale autorevole interprete della Costituzione, nonché dello statuto di autonomia. Non vi è alcun motivo giuridico né politico per sventare un chiarimento definitivo da parte della Corte. D'altronde, la prima udienza è già fissata per l'8 ottobre di quest'anno; quindi, sono già decorsi anche i termini, penso.
  Non vi fossero dei secondi fini, tutti dovremmo essere contenti che la Corte porti ad un chiarimento definitivo e duraturo per tutte le parti in causa: lo Stato, la provincia autonoma, destra, sinistra, italiani, tedeschi. Dei ladini, solitamente, non si parla: li ha dimenticati persino la collega Marialuisa Gnecchi, mentre nel consiglio un ladino vi è, per fortuna.
  La vera ragione per cui la SVP e anche il PD hanno paura di un pronunciamento della Corte è perché sanno che questo pronunciamento certificherà l'evidente contrarietà della legge provinciale allo statuto di autonomia. Quindi, è un atteggiamento puramente politico. Il ricorso del Governo alla Corte per legittimità costituzionale è fondato dall'inizio alla fine – per capire questo, non bisogna essere grandi giuristi – e prendo atto con soddisfazione e con rispetto che i rappresentanti parlamentari della Volkspartei si sono fatti convincere, anche in sereni colloqui con me e, sicuramente, anche con i rappresentanti degli altri partiti che poi hanno firmato la mozione, in cui mi riconosco, dell'inutilità di insistere sulla difesa della legge provinciale così come approvata un anno fa.
  Pur tenendo ferme nelle premesse della mozione alcune affermazioni che non condivido, la mozione SVP ora chiede cose che sono condivisibili e io pure le ho sottoscritte. Promette testualmente di apportare modifiche alla legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15; quindi, ammettono di avere sbagliato, che non è poco.
  In più, la mozione invita il Governo ad individuare opportune soluzioni del contenzioso, d'intesa con la provincia autonoma di Bolzano. Questo è un cambiamento di rotta nella forma e nel contenuto che va apprezzato. Risparmio a questa Camera di dilungarmi sulla regolamentazione del diritto all'uso della madrelingua in Alto Adige, sull'obbligo del bilinguismo nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione e, in generale, sulla toponomastica Pag. 19(in particolare, lo hanno fatto in modo esauriente sia il collega Alfreider che la collega Gnecchi).
  Intendo solo soffermarmi su alcune asserzioni che i colleghi di Fratelli d'Italia portano a sostegno della loro mozione. Alcune sono innegabili, e le condivido, alcune altre sono semplicemente propaganda antiautonomista. Fratelli d'Italia ha ragione quando denuncia che il consiglio provinciale di Bolzano ha proceduto in modo autoritario e senza badare sufficientemente alle suscettibilità dei gruppi minori.
  È vero pure che la commissione cosiddetta paritetica, che avrà da sindacare sui toponimi, è composta da due tedeschi, due italiani e due ladini e, come tale, però, non è affatto paritetica: ci sono sempre due gruppi che, mettendosi insieme, possono sopraffare il terzo. Per dirla di brutto: i rappresentanti SVP tedeschi e ladini, perché questa è la realtà politica – e le nostre realtà politiche sono molto consolidate, a differenza delle realtà politiche nazionali –, nei confronti degli italiani, sono in maggioranza. Tra l'altro, basta che siano quattro a far numero legale e poter decidere: il che vuol dire che due gruppi possono decidere tutto, anche da soli.
  È vero che per quanto riguarda i toponimi italiani, in base al prontuario di Ettore Tolomei – cioè, un prontuario fascista –, fino a adesso, gli unici toponimi ufficiali sono solo 8 mila, mentre i toponimi tedeschi e ladini in uso sono oltre 100 mila. Non è, però, vero che – come dice la mozione di Fratelli d'Italia –, negli ultimi anni, sono stati inventati centinaia di toponimi tedeschi: di invenzioni, casomai, si deve parlare in riferimento al prontuario tolomeiano del 1923. È vero che negli ultimi decenni, anni dell'autonomia e della prosperità, centinaia e, forse, migliaia di nomi e indicazioni nell'ambito privato sono stati promossi a valenza pubblica. Sono i nomi, per esempio, di zone abitative, di produzioni industriali e artigianali, strade forestali, parchi naturali, sentieri e via dicendo: sono diventati dei topoi pubblici e i loro nomi non sono stati invenzioni ex novo, ma i nomi prima privati sono stati resi ufficiali. Questi, infatti, molte volte, sono solo monolingui, perché nessun nome italiano corrispettivo sussiste.
  Altra cosa è che, in realtà, sempre più indicazioni esistono solo in tedesco e bisogna ammettere da parte nostra – cioè da uno di lingua tedesca – che c’è dietro una precisa strategia: la polemica sulla segnaletica in montagna venuta alla ribalta dalla stampa nazionale due anni fa è il capitolo più bieco in proposito. Io stesso, due anni fa, all'assemblea generale dell’Alpenverein Südtirol – che è il CAI sudtirolese, che con 55 mila iscritti è l'associazione più potente dell'associazionismo sudtirolese, Volkspartei compreso –, ho denunciato l'operazione cartelli monolingui tedeschi in montagna come tentata tedeschizzazione, anzi, deitalianizzazione forzata delle nostre montagne. Quel modo clandestino – lo chiamo putschista – di eliminare i nomi italiani fu preso dalla popolazione italiana come una disdetta formale del loro diritto di patria. Si è diffusa la convinzione che qui si assiste al tentativo di contraccambiare il fascista: siamo in Italia con Rotzo, in Südtirol, in Sudtirolo, siamo Deutsch. Ho raccomandato agli alpinisti riuniti a Ortisei di dimostrarsi almeno generosi. Imporre oggi una toponomastica puramente tedesca – ho spiegato – umilia gli italiani, non meno di quanto i decreti fascisti di 90 anni fa hanno umiliato i tedeschi.
  La lezione, seppur fortemente contestata allora, pare sia servita: la pulizia linguistica sui cartelli segnaletici è stata fermata, la vampata tedeschizzante sembra che sia evaporata. La strategia dei fatti compiuti si è rivelata un boomerang: chi non è ideologicamente accecato, oggi concorda che con la toponomastica, così come servita dalla legge provinciale – quella, appunto, ora a disposizione della Corte costituzionale –, viene inferto un torto ai nostri concittadini italiani.
  Il principio nobile dichiarato è stato: farla finita con la toponomastica fascista. È però un principio ipocrita, oltre che tardivo, ci è passata sopra la storia, la «fascisticità» dei nomi italiani può essere Pag. 20ritenuta scaduta. Ciò che si spaccia per riparazione, spesso, si rivela mera rivalsa.

  PRESIDENTE. Onorevole Kronbichler, concluda.

  FLORIAN KRONBICHLER. Per concludere, il problema è sempre stato, e resta, uno di principio, ed è sul principio, sulla questione di che cosa sono i toponimi, di che cosa vuol dire bilingue, che ci si divide e su nient'altro.
  Le posizioni sono contrapposte sin dall'entrata in vigore dello statuto speciale di autonomia, ovvero, da ormai più di quarant'anni. Onestà politica chiederebbe che si riconoscesse l'insolubilità del problema perché insolubile lo è e ogni politico di buona fede lo sa.
  Continuo a sostenere che la regolamentazione della toponomastica non è affatto fondamentale per ogni buon governo del Südtirol e men che meno è urgente. Non risolve nessun problema, diffonde solo discordia di cui ne abbiamo già abbastanza. C’è da prendere atto che fra cento e più punti risolti della nostra autonomia ce n’è uno, questo, che conviene lasciare irrisolto. Che male c’è ? Perché non convivere con un problema se la sua risoluzione crea altri problemi, più grossi ? La toponomastica è un problema con cui abbiamo imparato a convivere.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Blazina. Ne ha facoltà.

  TAMARA BLAZINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il tema che stiamo discutendo in seguito alla presentazione della mozione da parte della collega Meloni, concernente iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano, non è certamente uno tra i temi più urgenti per il Paese, pur essendo il bilinguismo, in quella provincia, una questione significativa, ma sicuramente non tanto da inserirla, in questo momento, nel dibattito del Parlamento italiano. Mi sembra, perciò, alquanto pretestuoso averla presentata e mette in evidenza alcuni pregiudizi e posizioni di chiusura da parte di una forza politica che ha fatto della presunta difesa dell'italianità la propria bandiera.
  Il gruppo del Partito Democratico ha deciso di non presentare una propria mozione su tale tema, ma sostiene la mozione a prima firma Alfreider, capogruppo della SVP, con la quale, tra l'altro, abbiamo in essere un accordo elettorale e politico che si basa sulla condivisione di molte politiche per il Trentino Alto Adige.
  La mozione che sosteniamo è equilibrata e tiene conto delle diverse sensibilità che sempre devono essere prese in considerazione quando si parla di minoranze linguistiche. Io stessa appartengo ad una minoranza linguistica e cioè a quella slovena del Friuli Venezia Giulia, regione a statuto speciale dove ci sono anche le minoranze friulane, oltre a quella tedesca, per cui mi fa molto piacere poter ampliare l'odierno dibattito oltre il tema specifico di Bolzano per toccare alcuni punti che riguardano, in generale, il tema delle minoranze nel nostro Paese, partendo dalla Costituzione che, agli articoli 3 e 6, prevede esplicitamente la loro tutela.
  Pur avendo questo tema una cornice costituzionale, negli ultimi anni, è stato, in qualche modo, rimosso dall'agenda politica, sia dai mass media che dal dibattito culturale. E ciò proprio nella fase storica in cui, con l'allargamento dell'Unione europea e l'entrata di nuovi Stati non mononazionali, caratterizzati, appunto, dalla presenza di minoranze linguistiche, questo tema sta diventando una grande questione europea. Basti pensare alla Croazia, entrata nell'Unione europea il 1o luglio, che ha sul proprio territorio la comunità degli italiani oltre ad altre comunità.
  Ritengo quindi che la democrazia di un Paese vada valutata, anche, rispetto al grado di tutela dei diritti delle proprie minoranze. Il bilinguismo, ossia l'uso della propria madrelingua nella toponomastica è un aspetto importante.
  Di fatto esso è la rappresentazione visiva di una comunità in una determinata area ed è perciò uno dei suoi diritti fondamentali. Ovviamente esso deve essere Pag. 21usato in maniera equilibrata, cercando di comporre le diverse esigenze senza prevaricazioni e senza forzature. Ogni eventuale contenzioso rispetto alla legge provinciale di Bolzano deve essere risolto attraverso il dialogo, in particolare con quella provincia, nell'interesse di tutte e tre le comunità, cioè quella italiana, quella tedesca e quella ladina, e della pacifica convivenza, che in quel territorio è una realtà consolidata ed un valore da non disperdere, anche se personalmente reputo che andrebbe superato il concetto delle cosiddette gabbie etniche – come le chiamava Langer –, perché sempre più sui territori plurali si va facendo strada il concetto dell'appartenenza plurima, anche perché c’è quella contaminazione fra le diverse comunità presenti sui singoli territori.
  Mi soffermerò su tre punti di carattere generale che sono nello stesso tempo le criticità messe in evidenza nella risoluzione n. 10 del 2012, adottata dal Comitato dei ministri sull'attuazione della Convenzione per la protezione delle minoranze nazionali da parte dell'Italia.
  Il primo riguarda la legge n. 482 del 1999, cioè la legge quadro che riconosce le dodici minoranze linguistiche storiche. È senz'altro una buona legge, che però non è stata attuata pienamente e che comunque andrebbe, dopo tanti anni, rivisitata e adeguata alle nuove esigenze. Si tratta di una legge sottofinanziata, se pensiamo che siamo passati dall'importo di 8.305.000 euro nel 2006 all'irrisoria somma di 1.768.000 euro del 2012. È da un po’ di anni che vengono costantemente tagliate le risorse finanziarie sul relativo capitolo, e in questo modo vengono ostacolate le politiche per la valorizzazione della lingua e della cultura delle minoranze per il sostegno all'associazionismo. Tale comportamento viola di fatto i diritti delle stesse, il che ci viene spesso rimproverato dagli organismi internazionali.
  Rimane poi ancora oggi irrisolta una questione controversa, sulla quale è però necessario prendere le dovute decisioni, cioè il riconoscimento dei rom e dei sinti sul territorio nazionale; e sono al secondo punto. L'Italia ha firmato diverse convenzioni e diversi documenti internazionali in tema di minoranze, tra questi la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992 e firmata dal nostro Paese nel giugno del 2000, ma mai ratificata.
  Si tratta di una grave inadempienza, nonostante l'approvazione della legge n. 482 del 1999. Nelle precedenti legislature non si è mai arrivati alla conclusione dell’iter parlamentare e nemmeno nell'ultima legislatura si è riusciti ad approvare il relativo disegno di legge di iniziativa governativa.
  Penso che si debba fare tutti insieme uno sforzo affinché, almeno in questa legislatura, si approvi la ratifica, ponendo così il nostro Paese nell'alveo degli Stati europei che da molti anni hanno provveduto alla ratifica della Carta.
  In conclusione, desidero menzionare anche le inadempienze rispetto ai diritti previsti per la tutela della minoranza slovena. Noi disponiamo, oltre che della legge n. 482 del 1999, anche di una legge specifica, cioè la legge n. 38 del 2001. Nonostante siano passati dodici anni dalla sua tormentata approvazione, dopo decenni di attesa, alcune sue parti significative ancora oggi non sono state attuate. Ne cito solo alcune: il mancato rispetto della corretta dicitura nei documenti dei nomi e cognomi sloveni; l'apertura di una sezione slovena presso il conservatorio «G. Tartini» di Trieste; norme per favorire l'elezione di rappresentanti della minoranza slovena nel Parlamento italiano.
  Ho citato tre esempi di impegni che il Governo dovrebbe assumere per dare piena attuazione alla Costituzione e alle leggi dello Stato, ribadendo come i diritti delle minoranze linguistiche rientrino in quell'ampia sfera dei diritti di cittadinanza universalmente riconosciuti e irrinunciabili che vanno garantiti e tutelati. In questo senso si è espresso anche il Presidente Letta nel suo discorso programmatico.
  Il Parlamento, d'altra parte, dovrebbe farsi parte attiva per promuovere e sostenere il dialogo interculturale e l'integrazione delle diverse comunità, quelle storiche Pag. 22e quelle nuove sul territorio nazionale, al fine di perseguire una maggiore coesione sociale, nel rispetto dei più alti valori europei (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

  MANFRED SCHULLIAN. Chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Gentilmente, mi indica l'articolo ?

  MANFRED SCHULLIAN. L'articolo 113.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MANFRED SCHULLIAN. Signor Presidente, siccome il collega Alfreider aveva chiesto la parola per replicare alle dichiarazione della collega Kronbichler, gli è stato detto che non è possibile. L'articolo 113, comma 2, prevede che il proponente di una mozione ha diritto alla replica. Chiederei il diritto di replica per il collega Alfreider, proponente di questa mozione del SVP.

  PRESIDENTE. Onorevole Schullian, assolutamente sì. Non è che gli è stato detto che non poteva: il problema è che normalmente, per prassi, l'illustratore illustra e poi si conclude la discussione sulle linee generali; ma se c’è la richiesta di fare una replica, ovviamente l'onorevole Alfreider può tranquillamente fare la replica. Prego.

  DANIEL ALFREIDER. Signor Presidente, vorrei solo replicare al collega Kronbichler, che accusa l'SVP, che ha presentato la mozione, tra l'altro firmata dallo stesso Kronbichler, di aver paura di una decisione della Corte costituzionale: evitare un contenzioso non è espressione di paura, ma di sensibilità. Il tema della toponomastica è un tema di altissima sensibilità politica e non è questione di pura legittimità formalistica o formale: motivo per il quale ogni soluzione non può che essere politica e non può essere trovata nelle aule giudiziarie.

(Intervento del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signor Presidente, ringrazio gli onorevoli colleghi per avere sollevato il problema relativo alla legge della provincia autonoma di Bolzano del 20 settembre 2012, n. 15, nei confronti della quale il Consiglio dei ministri, nella seduta del 16 novembre 2012, si è pronunciato per l'impugnativa ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, a seguito delle censure che sono state formulate dal Ministero dell'interno, con particolare riguardo alle seguenti previsioni di tale legge provinciale: in primo luogo, riguardo alla possibilità di deroga all'obbligo della bilinguità toponomastica, con l'introduzione di toponomastica monolingue; in secondo luogo, al conferimento ad organismi amministrativi della funzione riservata dallo Statuto speciale alla legislazione provinciale di accertare e di approvare i toponimi; in terzo luogo, alla definizione di ordine di precedenza tra le lingue italiana, tedesca e ladina nella denominazione dei luoghi, in contrasto con norme di attuazione statutaria, secondo le quali negli atti scritti – tra i quali sono da annoverare anche la cartografia ufficiale e la segnaletica – i testi devono essere riportati uno di fianco all'altro e devono avere la stessa evidenza e lo stesso rilievo topografico.
  Tali previsioni della legge provinciale n. 15 del 2012 sono state ritenute contrastanti con i principi enunciati dagli accordi internazionali, dallo Statuto speciale e dalle relative norme di attuazione in Pag. 23materia di toponomastica. In particolare, l'articolo 8, comma 1, numero 2), dello Statuto attribuisce alle province autonome la potestà legislativa di emanare, con il rispetto dei limiti di cui all'articolo 4 dello Statuto, tra cui vi è il rispetto degli obblighi internazionali, norme in materia di toponomastica, specificando tuttavia espressamente che resta fermo l'obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano.
  Tale disposizione sostanzialmente riprende il principio codificato all'articolo 1, comma 2, lettera b), del cosiddetto Accordo di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, che stabilisce a sua volta che ai cittadini di lingua tedesca sarà specialmente concesso l'uso, su di una base di parità, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue.
  L'articolo 101 dello Statuto stabilisce a sua volta che nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione, mentre il successivo articolo 102 prevede che anche le popolazioni ladine hanno diritto, tra l'altro, al rispetto della toponomastica nella propria lingua.
  Nei motivi di impugnativa della citata legge provinciale si evidenziava che sia l'Accordo di Parigi sia gli articoli 8 e 101 dello Statuto danno per presupposta l'esistenza storica e l'obbligatorietà giuridica della toponomastica in lingua italiana, già introdotta al momento della loro entrata in vigore, in quanto precedentemente codificata dalla legislazione statale vigente, prevedendo e consentendo unicamente la reintroduzione ufficiale e l'utilizzazione su un piano di parità della toponomastica in lingua tedesca e ladina, in precedenza vietata e rimossa.
  Di conseguenza si rilevava che, quando l'Accordo di Parigi e lo Statuto parlano rispettivamente di nomenclatura e toponomastica bilingue e di obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano, muovono dal presupposto che quella in lingua italiana esiste già e che ad essa va semplicemente parificata quella in lingua tedesca e ladina, come del resto emergerebbe dalla previsione dell'articolo 101 dello Statuto speciale dell'utilizzazione anche della toponomastica tedesca in aggiunta a quella italiana già esistente, lingua italiana che, a norma dell'articolo 99 dello Statuto, è indicata espressamente come lingua ufficiale dello Stato, alla quale la lingua tedesca viene parificata.
  Come sapete e come è stato ricordato anche dal dibattito in Aula, l'udienza di trattazione della causa innanzi alla Corte è fissata per il giorno 8 ottobre 2013. Nel corso della discussione sono state sollevate alcune questioni – credo rilevanti –, da ultimo la ratifica che appunto ancora il Parlamento non ha fatto della Carta europea delle lingue regionali, che è stata firmata nel 2000. Questo impegno certamente il Governo lo assume e proverà a prendere un'iniziativa in questa direzione. Mi pare assolutamente importante, così come pare assolutamente importante che venga sottolineata l'intenzione di favorire una coesistenza e una coesione sociale, al di là delle differenze, che pure vanno mantenute, e che vada superata la tentazione di avere omologazioni in un senso o in un altro rispetto alla giusta presenza e al rilevante significato delle minoranze nei territori italiani.
  Il Governo, da ultimo, non ha avviato nessuna procedura di ritiro dell'impugnativa e lo voglio ribadire in quest'Aula, ma non intende nemmeno ritirarsi dall'impegno, che ha assunto in questa come in altre e numerose leggi, di tentare una riduzione dei contenziosi e la conciliazione tra le parti.
  Quindi, il Governo, nel pieno rispetto e nella piena promozione delle autonomie speciali, ma anche nel pieno di rispetto e nella piena promozione delle autonomie regionali, tenta sempre, in questo come in altri casi, di avviare tavoli di confronto per ridurre al minimo il contenzioso. Questa è un'intenzione che il Governo ribadisce Pag. 24anche oggi in quest'Aula. Non sappiamo se questi tentativi, che pure hanno avuto successo in questi mesi, e numerose altre leggi regionali potranno andare a buon fine. Di certo, l'apertura di un tavolo fa parte di una procedura usuale per il Governo di confronto con le autonomie.
  Ribadisco qui, ancora una volta, che, da parte nostra, vi è l'intenzione di ridurre al minimo il contenzioso e il lavoro della Corte costituzionale su questa come su numerose altre leggi.
  Per cui, noi attiveremo e attiviamo sicuramente un tavolo specifico ancora su questo argomento così delicato e così spinoso; lo avviamo però con lo stesso spirito con cui avviamo tutti gli altri tavoli con tutte le altre regioni, confidando in una soluzione, per così dire, collaborativa, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni, ribadendo il valore assoluto delle autonomie e la valorizzazione del ruolo delle autonomie e confidando che questi colloqui e queste aperture di discussione possano rappresentare un passo in avanti rispetto a questo contenzioso, che credo duri da troppo tempo e che non vada nella direzione giusta, quella di avere un giusto riconoscimento dell'autonomia e un giusto riconoscimento del rispetto delle minoranze, di qualunque minoranza si tratti (sono state citate anche altre minoranze, la slovena e altre), e verso cui – credo – dobbiamo avere la massima attenzione.
  Quindi, l'iniziativa del Governo sarà quella, senz'altro, di avviare i colloqui con la provincia di Bolzano in questa direzione e, nello stesso tempo, di non recedere nel caso che gli elementi oggettivi di contenzioso non vengano rimossi.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15, con il seguito della discussione del decreto-legge recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.

  La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 15.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Bressa, Capezzone, Dieni, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gitti, Leone, Melilla, Pannarale, Pisicchio e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che, a seguito delle deliberazioni dell'Ufficio di Presidenza riunitosi in data odierna, ai primi due punti dell'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 10 luglio, saranno iscritti i seguenti argomenti:
   deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale ordinario di Roma – I sezione civile, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 56 del 2013;
   deliberazione in merito alla ratifica della costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte di cassazione di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 14 del 2013.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15,30.

Pag. 25

  La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,30.

Sull'ordine dei lavori.

  GIANLUCA VACCA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA VACCA. Gentile Presidente, oggi noi parlamentari abruzzesi del MoVimento 5 Stelle osserveremo un giorno di sciopero della fame per esprimere la nostra più totale solidarietà ai residenti e soprattutto alle mamme del quartiere San Silvestro di Pescara. Il colle di San Silvestro è definito da molti la collina della vergogna, poiché ormai da troppo tempo vi si sta compiendo un omicidio di Stato. Sì, gentile presidente quello di San Silvestro è il classico esempio dell'esercizio spregiudicato di poteri forti, in questo caso le emittenti radio-televisive, a cominciare da RAI e Mediaset, che perpetrano abusi a discapito della salute di poche migliaia di cittadini. In fondo che cosa potranno mai essere alcuni casi in più di tumori e leucemie in confronto agli interessi milionari delle emittenti ? Gentile Presidente, a San Silvestro c’è una concentrazione letale di antenne con le rilevazioni effettuate che riportano superamenti delle soglie massime previste anche di sei volte. La battaglia per la delocalizzazione va avanti ormai da quasi vent'anni a colpi di ricorsi, esposti, sequestri e dissequestri, interrogazioni parlamentari e delibere di enti locali. Ma da questo fine settimana gli abitanti sono stati costretti ad iniziare l'ennesimo sciopero della fame, perché la situazione è sempre la stessa, le antenne sono ancora lì. Peccato che queste antenne siano abusive, poiché il sito di San Silvestro dal 1998 non è più compreso in nessun registro dei siti idonei ad ospitare antenne di quel tipo, i cosiddetti piani nazionali e regionali. È proprio per questo motivo che gli impianti di San Silvestro sono impianti abusivi, perché non hanno le autorizzazioni ministeriali necessarie. Quindi da decenni si utilizzano cittadini come cavie, con gli studi che confermano sempre più le conseguenze letali di un'esposizione prolungata a livelli così alti di onde elettromagnetiche. Lo Stato in tutti questi anni è stato assente, anzi colluso con i poteri forti, come troppo spesso accade in Italia, permettendo questa vergogna. Quindi noi – lo ripetiamo – esprimiamo la nostra solidarietà ai cittadini di San Silvestro con questo simbolico sciopero della fame (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (A.C. 1139-A) (ore 15,33).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1139-A: Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.
  Ricordo che nella seduta dell'8 luglio 2013 si è conclusa la discussione sulle linee generali e il relatore di minoranza per la Commissione attività produttive e il relatore per la maggioranza per la Commissione ambiente e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 1139-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 1139-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 1139-A).
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 1139-A).Pag. 26
  Sospendo la seduta per cinque minuti al fine della valutazione dell'ammissibilità di alcuni emendamenti che sono stati presentati e anche a seguito di alcune richieste del presidente della Commissione.

  La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,55.

  PRESIDENTE. Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
  A tal fine, due deputati iscritti al gruppo Misto sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
  Avverto che prima dell'inizio della seduta gli emendamenti Lacquaniti 1.204 e 1.304 sono stati ritirati dal presentatore.
  Sto leggendo le inammissibilità, e quindi forse è utile che si parli un po’ di meno e si ascolti un po’ di più. Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, in quanto recanti disposizioni non strettamente connesse o consequenziali a quelle contenute nel testo del decreto-legge, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: Lavagno 1.02 e Fantinati 1.0200, nonché Alberti 1.0201, volte a prevedere che nel saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del Patto di stabilità interno non siano considerate, rispettivamente, le spese per interventi finalizzati alla bonifica dei siti di interesse nazionale (SIN) e quelle sostenute dai comuni per l'attuazione degli interventi finalizzati alle bonifiche del territorio; De Lorenzis 1.04 e Daga 1.05, che prevedono, rispettivamente, un impegno di spesa di 40 e di 35 milioni di euro per assunzioni, finalizzate al superamento delle emergenze ambientali del territorio di Taranto, da parte del comune e della provincia, provvedendo alle relative coperture; Bratti 2.0200, che, al fine di assicurare il potenziamento delle attività di controllo ambientale, prevede per le ARPA una serie di deroghe alle recenti normative finalizzate al controllo della spesa pubblica; Bratti 2.0201, che riconosce un'indennità annua lorda di 5 mila euro agli ispettori ambientali dell'ISPRA che effettuano gli accertamenti del rispetto dell'AIA; Allasia 2.06, 2.07, 2.08, 2.09, e 2.010 che recano autorizzazioni di spesa per l'espletamento dell'attività di bonifica di specifici siti di interesse nazionale.
  La Presidenza, ai fini della valutazione di ammissibilità, ha, come di consueto, seguito i criteri previsti dal Regolamento, che, all'articolo 96-bis, comma 7, dispone che non possono ritenersi ammissibili le proposte emendative che non siano strettamente attinenti alle materie oggetto dei decreti-legge all'esame della Camera.
  La circolare del Presidente del 10 gennaio 1997 sull'istruttoria legislativa precisa, inoltre, che, ai fini del vaglio di ammissibilità delle proposte emendative, la materia deve essere valutata con riferimento «ai singoli oggetti e alla specifica problematica affrontata dall'intervento normativo».
  In applicazione di tali criteri, la Presidenza non ritiene ammissibile l'emendamento Furnari 1.211, non previamente presentato in Commissione, volto ad abrogare il comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 2012, in cui si prevede che la prosecuzione dell'attività produttiva degli stabilimenti di interesse strategico nazionale autorizzata dal Ministro dell'ambiente abbia luogo anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa.
  Si tratta di un intervento di carattere generale e riguardante materia che solo per diversi e più limitati profili è oggetto del provvedimento in esame.
  In particolare segnalo che l'articolo 1, comma 11, dispone che il giudice è tenuto allo svincolo delle somme per le quali in sede penale sia stato disposto il sequestro, al fine di destinarle all'esecuzione degli adempimenti contenuti nelle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.Pag. 27
  Avverto che il Governo ha presentato l'emendamento 1.600, che è in distribuzione, e con riferimento al quale il termine per la presentazioni dei subemendamenti, essendo fissato alle ore 16 di oggi, è quindi scaduto in questo momento.
  Avverto inoltre che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 2.500 e 2.0500, che sono in distribuzione e in relazione ai quali risulta alla Presidenza che tutti i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione dei termini per la presentazione dei subemendamenti.
  La Presidenza si riserva di effettuare ulteriori valutazioni di ammissibilità.
  Avverto che è stato presentato il subemendamento Crippa 0.1.600.1 all'emendamento 1.600 del Governo, che è in distribuzione.

  ALESSANDRO BRATTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su cosa ?

  ALESSANDRO BRATTI. Sulla questione dell'inammissibilità, nel senso che, se è possibile rivedere...

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Bratti. Colleghi, così è impossibile, però !

  ALESSANDRO BRATTI. L'emendamento 2.0201 prevede di fatto la possibilità di dare una indennità agli ispettori ambientali dell'ISPRA, gli stessi ispettori a cui lo stesso decreto che stiamo convertendo in legge, dà il compito di eseguire i controlli ambientali. Credo che sia noto – e se non è noto, chiedo alla Presidenza di approfondire – che, mentre le agenzie ambientali che hanno il contratto della sanità possono svolgere i controlli ambientali in quanto e nelle funzioni di ufficiali di polizia giudiziaria, proprio perché il contratto di lavoro prevede che ci sia la possibilità di dare per legge questa qualifica, avendo dato (e lo stiamo dando in questo decreto) agli ispettori dell'ISPRA questa funzione di controllo, va tenuto presente che questi ispettori hanno il contratto di ricerca e quindi per legge non esiste che un ricercatore possa avere una funzione di polizia giudiziaria.
  In questo emendamento, che tra l'altro era stato concordato, ed era stato anche approvato nelle commissioni di competenza, si equiparavano i vantaggi o le coperture economiche degli ufficiali di polizia giudiziaria con quelli degli ispettori dell'ISPRA. I 5000 euro che venivano dati, avrebbero dovuto servire agli ispettori per attivare una garanzia assicurativa, perché non si può chiedere per decreto a 18 ispettori di controllare uno stabilimento tra i più importanti d'Europa, con stipendi da 1800 euro al mese, senza nessun tipo di copertura assicurativa. E questo, perché quei controlli, per quanto questi ispettori siano persone di integrità morale, rischiano di essere falsati dalla paura di andare in contenzioso con l'azienda.
  Quindi non capisco l'estraneità di materia. Si può dire che si è d'accordo o non si è d'accordo, ma nel decreto si danno agli ispettori delle funzioni, e bisogna mettere in condizione gli ispettori di svolgere quelle funzioni. Quindi, io veramente non capisco questa decisione presa dalla Presidenza della Camera.

  PRESIDENTE. Onorevole Bratti, io capisco il suo intervento, ma c’è un particolare: questo emendamento è stato già dichiarato inammissibile dalla Commissione. Quindi eventualmente è il comitato dei nove che aveva dato un parere favorevole non conoscendo la valutazione di .... Le assicuro che è così. Almeno così mi...

  ALESSANDRO BRATTI. Ma lo abbiamo cambiato. L'emendamento è stato modificato rispetto all'inammissibilità della Commissione, in primo luogo. In secundis, nella discussione nel comitato dei nove, in accordo con i relatori e con il Governo, abbiamo deciso di intervenire modificandolo, perché un paragrafo che comportava un eventuale aumento tariffario è stato tolto, in accordo. Abbiamo chiesto di rivederlo e c'era l'accordo di tutti. Quindi questo non corrisponde alla verità.Pag. 28
  PRESIDENTE. Onorevole Bratti, l'emendamento è stato modificato, ma in una parte marginale rispetto alla ragione dell'inammissibilità che era stata data in Commissione. Le ho letto i criteri attraverso i quali viene stabilita l'inammissibilità, comunque io ovviamente riferisco al Presidente questo suo richiamo e ci sarà un approfondimento del Presidente.

  ERMETE REALACCI, Presidente dell'VIII Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI, Presidente dell'VIII Commissione. Signor Presidente, gli uffici fanno un lavoro egregio, oltre al merito, su cui sono completamente d'accordo con il collega Bratti, c’è un problema che – credo – dovremmo affrontare; l'ho sollevato anche nella riunione con la Presidente della Camera e con i presidenti delle altre Commissioni, anche attraverso una lettera. Bisogna in qualche maniera che i criteri di ammissibilità, serissimi, che la Camera adopera abbiano una qualche forma di coerenza con quello che accade al Senato, perché quello che accade più volte è che noi qui siamo molto rigidi nei criteri di ammissibilità, poi ci tornano dal Senato provvedimenti profondamente modificati, in maniera tale che noi non possiamo neanche più incidere su questi provvedimenti, su parti che vengono aggiunte. Quindi, pone un problema non risolvibile oggi, oltre che di merito che – ripeto – il collega Bratti ha bene espresso, anche di gestione e di organizzazione dei lavori della Camera in relazione a quelli del Senato.

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Realacci. Lei sa che questo argomento ce lo portiamo sostanzialmente su ogni provvedimento. Sa che sono in corso dei contatti anche con il Senato proprio per riuscire a raggiungere questo obiettivo, però per il momento siamo nelle condizioni date.

  GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Intervengo sempre su questo argomento, in relazione non tanto all'ammissibilità o inammissibilità, ma alle parole del collega Bratti, che mi hanno lasciato un attimo perplesso laddove ha candidamente ammesso che compiti di vigilanza, diciamo così, di monitoraggio e anche di polizia giudiziaria sarebbero stati assegnati per decreto a persone che non ne hanno i titoli. Questo è quello che ho capito sostanzialmente...

  PRESIDENTE. Onorevole Pini, scusi se la interrompo, siccome stiamo parlando adesso sull'ammissibilità di un emendamento, non me ne voglia, qualora dovesse esserci un ripensamento e lo ammettiamo, sicuramente lei potrà intervenire, ma atteso che la situazione è questa, aspettiamo.

  DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Sempre in merito a quanto già citato dall'onorevole Bratti circa l'ammissibilità, riteniamo che il Governo debba in qualche modo in questo decreto dare gli strumenti al personale dell'ISPRA, in modo che possa essere tutelato nello svolgimento e nell'espletamento delle funzioni richieste da questo decreto.
  Inoltre, i colleghi che erano in Commissione bilancio mi fanno notare che il parere dato in Commissione bilancio in realtà c’è, ma si era rimandato ulteriormente alle ore 16 – credo – per un ulteriore incontro per discutere quelle che erano le perplessità emerse. Quindi, concordiamo con quanto detto anche dall'onorevole Realacci in merito al metodo che si adopera per discutere dei provvedimenti, su cui ovviamente ci sono dei discorsi ancora in essere e che vengono oltrepassati in questa maniera.

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole De Lorenzis, devo farle presente che questo Pag. 29non c'entra con l'ammissibilità e che su questo emendamento c'era comunque un parere contrario della Commissione bilancio. Questo solo per sua informazione.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza per la X Commissione. Signor Presidente, da relatore di minoranza mi trovo a sottolineare che questo concetto di inammissibilità in qualche modo deve far riflettere tutti, perché non è possibile. Non stiamo parlando di mele e di pere, stiamo parlando del fatto che all'interno di questo decreto ci sono delle funzioni attribuite a ISPRA e c’è scritto nel testo. Questo emendamento va nel merito di come queste funzioni di analisi e di controllo debbano e possano essere attuate. Quindi, se vogliamo far finta e non credere e non dare gli strumenti opportuni per il controllo, a questo punto direi che è chiaro il disegno del decreto.
  Chiediamo le audizioni in Commissione. Le otteniamo. Viene il personale ISPRA. Ci racconta questa situazione di disagio che senza dubbio rappresenta un campanello d'allarme per quelle che sono le autorizzazioni integrate ambientali e noi non siamo in grado di coglierlo perché diciamo che è inammissibile un decreto-legge che riguarda questa parte quando, all'interno dello stesso decreto-legge, si parla proprio di funzionari ISPRA. Io credo che siamo nel mondo dell'assurdo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, tenterei di distinguere il piano meramente politico da quello dell'ammissibilità. Infatti sul piano politico non c’è discussione qui e il Governo è estraneo da questa nostra discussione. Però sul piano della mera ammissibilità, riconosco che le cose che ha detto il collega Bratti e, poi, sono state seguite anche da altre dichiarazioni hanno una loro ragionevolezza e fondamento nel senso che la proposta emendativa parla effettivamente di un problema citato e normato all'interno di questo provvedimento. Credo che sia opportuno provare un nuovo esame, un nuovo approfondimento sul merito di quella proposta emendativa in particolare perché ci sono, a nostro giudizio, tutti gli estremi per considerarla ammissibile e, quindi, pregherei la Presidenza di fare un nuovo riesame alla luce anche delle cose che sono state dette in quest'Aula.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rosato poi concluderei con l'onorevole Zaratti, che ha chiesto la parola. Onorevole De Lorenzis non può intervenire di nuovo perché ha già parlato onorevole Zaratti ha facoltà di parlare.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, anch'io credo che la questione di ammissibilità posta della Presidenza vada ripensata in qualche modo dal punto di vista formale. Mi pare che ci sono tutte le condizioni e le argomentazioni portate dal collega Bratti, sia dal punto di vista generale sia dal punto di vista del merito, sono assolutamente stringenti.
  Ora credo sia abbastanza paradossale – nel momento in cui il Comitato dei nove con l'opinione congiunta, diciamo così, di tutte le Commissioni e anche dei componenti del Comitato dei nove, con il parere favorevole dei relatori e il parere favorevole del Governo –, che un'interpretazione forse eccessivamente fiscale dell'ammissibilità dell'emendamento ci costringa, rispetto ad uno dei punti fondamentali del decreto-legge, riguardante i controlli che ISPRA e ARPA devono realizzare, a non inserirli nell'atto per mancanza, diciamo, delle condizioni tecniche e finanziarie necessarie; ciò sarebbe veramente un paradosso. Per questo invito la Presidenza ad avere, per quanto possibile, un ripensamento sulla questione.

Pag. 30

  PRESIDENTE. Onorevole Bratti, la ringrazio e vorrei rispondere a tutti compreso l'onorevole Crippa. Ho già detto che porrò di nuovo la questione alla Presidente che, ovviamente, deciderà. Deve essere chiaro, onorevole Crippa: se ci sono dei criteri, questi si applicano alle mele, alle pere, alle banane e alle susine perché altrimenti non sono dei criteri e si cambiano di volta in volta. Quindi, è chiaro che se noi decidiamo, non noi ma la Presidenza, gli uffici, l'ammissibilità in base a dei criteri, i criteri non possono cambiare a seconda della materia altrimenti non sono più criteri. Detto questo, segnalo anche che nel merito c'era il parere contrario della Commissione bilancio. Chiudo la discussione dicendo che comunque farò presente alla Presidente la discussione che abbiamo avuto sino ad adesso. Su questo argomento direi basta, onorevole Villarosa, perché ha replicato anche la Presidenza.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, un secondo, solo per dire che anche il MoVimento 5 Stelle chiede al Governo di attenzionare l'inammissibilità di questo articolo aggiuntivo Bratti 2.0201, semplicemente questo.

  PRESIDENTE. L'ammissibilità non la stabilisce il Governo, la stabiliscono gli uffici della Camera che sono stati attenzionati. Abbiamo detto che riponiamo la questione alla Presidenza. Il Governo non c'entra nulla.
  Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole Lacquanati... Lacquaniti, chiedo scusa. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signor Presidente, devo dire che il mio cognome è sempre complicato. Onorevoli deputate e deputati, componenti del Governo, in sede di discussione sulle linee generali, ieri, abbiamo affrontato il merito del provvedimento che ci accingiamo a licenziare in questo ramo del Parlamento. Il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà riconosce – ritengo che tutti dovremmo riconoscere – il valore di questo decreto-legge che, al contempo, dà una risposta alla gravissima emergenza ambientale di Taranto e del suo comprensorio ma che pure, per così dire, per Taranto e, al di là di Taranto, introduce una procedura nuova e necessaria nel nostro ordinamento, capace di rispondere a situazioni analoghe, situazioni in cui risultino gravemente compromessi l'ambiente e la salute dei cittadini in presenza di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
  E pure questo importante aspetto della norma, in cui risiede gran parte del suo carattere innovativo – l'introduzione di una nuova forma di commissariamento aziendale, che si affianca all'altra già presente nel nostro ordinamento: l'amministrazione straordinaria delle grandi aziende in stato di insolvenza – appare gravemente ridimensionato dall'introduzione in Commissione di un limite alla sua applicabilità, assente nella prima stesura del decreto-legge: il limite dei 1.000 dipendenti, 1.000 lavoratori subordinati che deve avere l'azienda da commissariare, senza cui non risulta applicabile la procedura in esame.
  Viene da domandarsi, colleghe e colleghi deputati, se le aziende con meno di 1.000 dipendenti non siano in grado di arrecare gravi danni all'ambiente, se non possano essere responsabili di emergenze ambientali pari all'emergenza di Taranto. Forse che l'attuale progresso scientifico non permetta la fruizione di una tecnologia evoluta che, pur senza richiedere l'impiego di un numero notevole di addetti, possa, almeno astrattamente, rendersi responsabile di gravi danni ambientali ?
  E sulla stessa linea si pongono altre modifiche apportate in Commissione. Nel testo originario si parlava semplicemente di inosservanza dell'AIA. Era l'inosservanza dell'AIA che, una volta accertata, permetteva il commissariamento. Adesso si parla di inosservanza reiterata. Senza Pag. 31reiterazione nell'inosservanza, qualsiasi sia la sua gravità, e quindi pure nel caso in cui l'inosservanza sia unica ma dalle conseguenze gravissime, manca una condizione per il commissariamento. Una nuova Acna di Cengio che sversi nel fiume sostanze inquinanti in quantità enormi ma – si badi – con un'unica azione e senza reiterazione, semplicemente non potrà essere commissariata.
  E ancora: nel testo originario si parlava di stabilimento la cui attività produttiva abbia comportato e comporti pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute. Adesso, inspiegabilmente, è stato raggiunto l'avverbio «oggettivamente»: attività produttiva che comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti. Possiamo intuire fin d'ora di quali problemi interpretativi e di quali complicazioni in sede processuale potrebbe essere causa questo avverbio improvvidamente aggiunto in Commissione, laddove non venisse cancellato da questa Assemblea. Un domani, qualsiasi imprenditore responsabile di una grave compromissione dell'ambiente, in sede processuale potrebbe aggrapparsi a questo avverbio come ad una provvidenziale scialuppa di salvataggio e farla franca.
  Il provvedimento, pur nella sua importanza, presenta questa ed altre lacune, talune ombre che, laddove non adeguatamente affrontate e cancellate in questa sede, grazie agli emendamenti, potrebbero influire significativamente e negativamente sull'efficacia complessiva della norma. Siamo rammaricati del fatto che in sede di Commissione gli emendamenti proposti dal nostro gruppo – che mi pare chiaro fossero ispirati a ragionevolezza e fossero alieni da qualsiasi tentazione ideologica – non abbiano trovato adeguato riconoscimento. Sinistra Ecologia Libertà, al termine del lavoro delle Commissioni, ha responsabilmente concesso voto favorevole al mandato dei relatori, perché riconosce in questo provvedimento un valore primario per Taranto e per altre situazioni a cui in futuro esso potrebbe dare una risposta. Ma non possiamo fare a meno di stigmatizzare questi limiti che sono stati applicati alla norma e che non ci soddisfano. La figura del commissario straordinario, perno dell'intero procedimento: non ripeto qui le riserve già espresse in sede di discussione generale ieri, quanto alla scelta del dottor Bondi come commissario straordinario, perplessità e preoccupazione davanti alla scelta di nominare commissario straordinario del risanamento colui nel quale la famiglia Riva, responsabile dell'emergenza ambientale di Taranto, ha riposto la fiducia e la stima che hanno condotto appunto alla sua nomina ad amministratore delegato.
  Né ha il dottor Bondi declinato quell'offerta, proprio quando ormai nessuno più osava mettere in dubbio le responsabilità dell'Ilva nel disastro ambientale di Taranto. Tuttavia, pur al di là di questo, continua a destare stupore come manchi sostanzialmente nel decreto-legge un sistema volto a definire un sistema organico di incompatibilità e decadenze per il commissario straordinario. E questo appare ancora più grave se si pone attenzione al fatto che il provvedimento trova una sua ratio, come ripetuto più volte, non solo nel risanamento di Taranto e del suo comprensorio, ma anche in altre situazioni analoghe oggi non prevedibili. La discussione in Aula inspiegabilmente non ha sciolto questo nodo ieri, né vediamo nel complesso degli emendamenti presentati un'attenzione sufficiente a questo aspetto.
  Si fa notare che nel novero dei pareri pervenuti dalle altre Commissioni e, in particolare, a firma della Commissione affari sociali, venivamo espressamente invitati a valutare l'opportunità di determinare, nell'ambito della procedura di nomina del commissario straordinario e del subcommissario, i criteri sulla base dei quali deve essere effettuata tale nomina, in particolare per quanto riguarda i requisiti di professionalità e la presenza di eventuali incompatibilità. Francamente, Presidente, non riusciamo a capacitarci del fatto che il parere della Commissione affari sociali non sia stato adeguatamente recepito dai relatori. Riteniamo sia necessario intervenire in tal senso poiché un'inefficace delimitazione delle situazioni Pag. 32di incompatibilità e decadenza in capo al commissario straordinario rischia perlomeno astrattamente di compromettere l'intero provvedimento nella sua portata innovativa.
  Altra perplessità desta la procedura che prevede che il comitato dei tre esperti nominati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, contestualmente alla nomina del commissario, approntino un piano degli interventi da adottare per la bonifica laddove questo documento – si legge – una volta approvato dal Ministro dell'ambiente e del territorio e del mare equivale a modifica dell'AIA. Riteniamo scontato che esso non possa costituire un elemento peggiorativo delle prescrizioni dell'AIA, ma questo la norma non lo dice. Non solo: gli emendamenti proposti dal gruppo di Sinistra Ecologia Libertà che miravano a vietare espressamente questa possibilità e a permettere, anzi, al piano la previsione di prescrizioni aggiuntive, sono stati stranamente respinti in Commissione. Dobbiamo concludere che un piano ambientale peggiorativo delle prescrizioni dell'AIA sia ipotesi possibile. Anche in questo caso il complesso dei nostri emendamenti mira in modo ragionevole a evitare che quello che dovrebbe essere un documento migliorativo possa paradossalmente segnare una regressione rispetto a valutazioni e a risultati ormai assodati.
  Una lacuna del testo originario del decreto-legge risiedeva nell'inesistente previsione di un'efficace relazione e concertazione fra Ministeri, regione ed enti locali. La lacuna è stata solo parzialmente sanata dai relatori che hanno puntualmente previsto che il piano approntato dai tre esperti ambientali sia approvato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentita la regione competente. E, tuttavia, un emendamento a prima firma della collega Duranti che mirava ad estendere uguale obbligo di consultazione della regione pure per il piano industriale e che mirava ad estendere la consultazione per entrambi i documenti pure agli enti locali, ci è stato inspiegabilmente respinto in Commissione. Ovviamente, è stato qui ripresentato.
  Un'altra incongruenza, signor Presidente, che, purtroppo, il testo del decreto-legge licenziato dalle Commissioni non ha superato, si attesta attorno alle funzioni che l'articolo 2, comma 3, richiamando a sua volta il decreto-legge n. 207 del 2012, riconosce in capo all'ISPRA. Si tratta delle importanti funzioni di accertamento, contestazione e notificazione delle violazioni che sottendono poi l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. Ebbene, nulla veniva detto quanto ai procedimenti, alle modalità di notificazione e ai verbali di accertamento. Il problema è così reale dall'essere stato al centro, come ci risulta, di recenti approfondimenti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'emendamento proposto dal nostro gruppo chiede...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa un secondo. Colleghi, dobbiamo trovare una forma di convivenza tra la possibilità per l'oratore di parlare e quella anche di essere ascoltato.
  Quindi, gentilmente, siccome vi sono alcune richieste di intervento sul complesso degli emendamenti, chi non è interessato, se ha bisogno di discutere, può uscire.
  Prego, onorevole Lacquaniti.

  LUIGI LACQUANITI. La ringrazio, Presidente, anche a nome di chi parla.
  Ebbene, nulla viene detto quanto ai procedimenti, alle modalità di notificazione e ai verbali di accertamento dell'ISPRA. Il problema è così reale dall'essere stato al centro – ci risulta – di recenti approfondimenti presso il Ministero dell'ambiente.
  L'emendamento proposto dal nostro gruppo chiede che il Ministero dell'ambiente, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con proprio decreto ministeriale, definisca i procedimenti, articolando contenuti minimi e formali dei verbali di accertamento, contestazione e notificazione. Pag. 33Si sanerebbe, così, una lacuna che ha indotto finora l'ISPRA ad interpretare in modo più o meno estensivo la legge n. 689 del 1981, ma che, in futuro, non sia mai, potrebbe dare argomento per ricorsi e impugnazioni delle sanzioni, mettendo a repentaglio l'efficacia stessa della procedura di commissariamento.
  Infine, la copertura finanziaria dell'opera di risanamento, che si prevede particolarmente onerosa: il risanamento a carico di chi non ha ottemperato alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA). Non vogliamo qui percorrere, chiaramente, valutazioni e decisioni che spettano alla magistratura e non a questa sede, tuttavia corrisponde a un principio di equità e di giustizia che il risanamento ambientale di Taranto non sia a carico della comunità, ma della proprietà dell'azienda: chi inquina, deve pagare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). E la proprietà dell'azienda deve rispondere con tutte le proprie risorse e non con una sola sua parte, che potrebbe rivelarsi insufficiente. Questo, Presidente, anche in considerazione dell'enorme onerosità del risanamento ambientale di Taranto.
  Per tutto questo proponiamo e chiediamo a tutte le forze che siedono in questa Assemblea, che responsabilmente si dia la possibilità, con l'approvazione del nostro emendamento, che in caso di comprovata impossibilità, immediata o successiva, di disporre delle risorse finanziarie della società proprietaria dello stabilimento, le somme necessarie per un risanamento ambientale possano essere richieste dal commissario al Fondo strategico italiano S.p.a. istituito presso la Cassa depositi e prestiti, in linea, del resto, con quella rivalutazione delle funzioni della Cassa depositi e prestiti invocata più volte, anche pochi giorni fa, dallo stesso Ministro Zanonato, se pur non specificamente in riferimento a quanto sto esponendo.
  Il tema del reperimento delle risorse finanziarie necessarie al risanamento riveste, come si può intuire, importanza fondamentale, e laddove la norma non prevedesse adeguate modalità di reperimento delle risorse, ci troveremmo davanti ad una norma bellissima e inutile. Ho più volte ricordato, colleghe e colleghi, che la conversione del decreto-legge, cui oggi siamo chiamati, ci carica di responsabilità enormi – l'ho ricordato ieri e lo ricordo anche oggi – sia innanzi alla cittadinanza di Taranto, offesa da un inquinamento della sua aria, dei sedimenti, dei mari, durato anni e decenni...

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  LUIGI LACQUANITI. ... sia innanzi al Paese, che potrebbe trovare nell'istituto del commissariamento straordinario, innanzi a casi analoghi che non sia mai si dovessero ripetere nel futuro, uno strumento utile e necessario al risanamento ambientale e al reperimento efficace delle risorse necessarie in capo agli stessi responsabili dell'attività inquinante.
  Sarebbe auspicabile che innanzi a un compito tanto gravoso, la Camera mettesse da parte ogni conflitto e non indulgesse in un'azione emendativa dettata solo da interessi particolari, tesi a limitare quanto più possibile l'applicabilità della norma e il ricorso all'istituto del commissariamento straordinario (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marzano. Ne ha facoltà.
  Pregherei di nuovo tutti i colleghi di abbassare il tono della voce. Grazie.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, con questo decreto-legge sulle disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro, usciamo finalmente da quello che, per troppo tempo, è stato presentato come un dilemma morale, ossia come un problema senza soluzione.
  Anche nel caso dell'Ilva, come in molti altri processi di deindustrializzazione, si è voluto, infatti, contrapporre il diritto al lavoro al diritto alla salute, come se non ci fosse alcuna via di uscita al problema. Come sa bene chi per lavoro identifica i dilemmi morali e cerca di scioglierli avanzando Pag. 34principi, valori e norme morali, ogni dilemma, per definizione, è drammatico, disperato, senza sbocco. Quando si è confrontati ad un dilemma morale, si sbaglia sempre e comunque; quale che sia la decisione che si prenda, si finisce sempre con il rimpiangere quello che si è detto o fatto.
  Vi ricordate il celebre dilemma di Sophie ? Nell'omonimo romanzo di William Styron, Sophie è una giovane ebrea polacca che viene deportata ad Auschwitz. Quando Sophie scende dal treno, viene perversamente costretta dai nazisti a scegliere quale dei due figli far morire: se Sophie non sceglie – le spiega uno degli aguzzini – moriranno tutti e due; se, invece, ne sceglie uno solo, l'altro avrà la vita salva. Da un punto di vista strettamente utilitaristico e matematico, Sophie dovrebbe salvarne almeno uno. Ma come può una madre scegliere quale figlio merita o meno di vivere ? Anche se, da un punto di vista razionale, salvare una vita è meglio che non salvarne nessuna...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Marzano. Colleghi, per cortesia. Prego.

  MICHELA MARZANO. Grazie, signor Presidente. Anche se da un punto di vista razionale, come dicevo, salvare una vita è meglio che non salvarne nessuna, da un punto di vista esistenziale ed etico esistono scelte che non si possono fare. Chi salva una vita salva il mondo, recita il Talmud, ricordandoci che, quando si parla degli essere umani, non si conta: gli esseri umani non sono numeri.
  Se ho ricordato Sophie e il suo dilemma è anche perché, nel caso di cui stiamo discutendo, si cerca di opporre, esattamente in maniera drammatica come nel caso di Sophie, il diritto alla salute e il diritto al lavoro, rendendo la scelta una scelta impossibile, che costringe la gente a difendere l'indifendibile. «Preferisco morire tra vent'anni di cancro, piuttosto che tra pochi mesi di fame», abbiamo sentito dichiarare negli ultimi mesi da alcuni lavoratori dell'Ilva, che avevano paura di perdere il proprio posto di lavoro. «Preferisco morire subito di fame, piuttosto che vedere i miei figli deperire e ammalarsi», hanno risposto altri. In realtà, nel caso dell'Ilva, è stato un grave errore presentare il problema in termini di opposizione, se non addirittura di ricatto, tra diritto al lavoro e diritto alla salute, come se l'uno si opponesse all'altro e l'unico modo per uscire dall’impasse fosse quello di sacrificarne uno dei due. Quando i problemi vengono presentati in questi termini non si fa altro che utilizzare la tecnica argomentativa dell’aut aut, per concludere cinicamente che tertium non datur, con tutti i drammi annessi e connessi, come, in fondo, accade ogni volta ci si trovi di fronte ad una scelta secca, impossibile, disumana.
  L'esempio di tanti altri Paesi occidentali industrializzati mostra bene che non c’è alcuna necessità di contrapporre salute e lavoro: anzi, il lavoro e la salute vanno di pari passo, anche semplicemente perché, talvolta, è proprio grazie alla partecipazione attiva delle aziende che si può poi procedere al risanamento degli impianti. Chi può essere così ingenuo da pensare che un problema come quello del risanamento ambientale di zone già fortemente danneggiate possa essere preso in considerazione e risolto al prezzo della cessazione di ogni attività lavorativa ? Certo, l'attività economica non deve andare a scapito dell'ambiente e della salute; certo, chi conosce bene Taranto sa che, da troppo tempo, ambiente e salute sono stati sacrificati, con quella polvere rossa che ha invaso il quartiere di Tamburi, con quei troppi malati di tumore che sono morti e stanno morendo, con quelle ferite di una città che aspetta da troppo tempo che lo Stato si occupi di lei e delle sue macerie.
  Non è il lavoro, però, che uccide e distrugge; ciò che uccide e distrugge è lo sfruttamento del lavoro, lo sfruttamento della miseria, lo sfruttamento della disperazione ossia, tutto ciò che avviene quando l'unica cosa che conta è la massimizzazione del profitto economico, quell'egoismo assoluto che non ha più niente a che Pag. 35vedere con l'interesse ben compreso di cui ci parlava già Adam Smith e che porta alla massimizzazione del bene comune.
  Con questo decreto-legge e il commissariamento straordinario dell'Ilva si fa oggi un passo avanti importante; si sceglie di favorire le attività lavorative in modo ecologicamente sostenibile, senza cadere nella trappola dei falsi dilemmi. Si decide di prendere sul serio il dramma di Taranto, coinvolgendo una città che si è sentita abbandonata, che è stata, veramente, abbandonata per troppo tempo. Taranto è la città dei miei nonni, Taranto è la città di mia madre, Taranto è la città della mia infanzia, Taranto è una città dove voglio poter tornare senza piangere né per la morte di un caro né perché la gente è disperata per aver perso il lavoro. Basta con questi falsi dilemmi, basta con la contrapposizione dei diritti. Come ci ha ricordato la Corte costituzionale nella sentenza n. 85 del 2013, la tutela del diritto alla salute deve essere assicurata in quanto intrinseca al diritto al lavoro. Ecco perché non si può affermare che uno dei due diritti prevalga sull'altro. Sia il diritto alla salute sia quello al lavoro sono espressione della dignità della persona. I diritti umani vanno sempre insieme, e nessuno ha titolo per permettersi di contrapporre salute e lavoro, diritto alla sopravvivenza e dignità di chi cerca solo di procurarsi i mezzi di sostentamento per vivere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti anche in funzione del ruolo di relatore di minoranza perché, a nostro avviso, c’è stata una superficialità di trattamento all'interno degli emendamenti stessi. Un passo avanti sicuramente lo abbiamo fatto, per carità, non possiamo nasconderlo, anche perché la Commissione aveva prima espresso parere contrario sui nostri emendamenti, e poi, da parte del Comitato dei nove, almeno, ci è stato detto: invito al ritiro. Sostanzialmente non cambia, ma almeno la forma possiamo dire che è stata mutata. Vorrei capire come mai alcuni emendamenti presentati, in realtà, riprendono pari pari alcuni pareri rilasciati dalle Commissioni, ad esempio, gli emendamenti che riguardavano l'efficacia del testo; il Comitato per la legislazione aveva fatto delle osservazioni, riprese da alcuni emendamenti, anche su questi la maggioranza ha dichiarato parere contrario. Per quanto riguarda il parere della Commissione affari costituzionali, questo è stato recepito, però c’è un problema, perché cambia sostanzialmente il nesso della frase, e cioè quando viene detto nel testo originario: «a causa dell'inosservanza anche reiterata», e viene sostituito con: «a causa dell'inosservanza reiterata», è evidente che si cambia il senso del testo peggiorando lo scopo di precauzione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 16,40)

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza. La Commissione giustizia aveva segnalato la pena pecuniaria, l'esiguità della stessa, in quanto 50 mila euro come quota minima era stata segnalata come probabilmente insufficiente. Ecco, abbiamo ripreso ciò negli emendamenti, l'emendamento Mariastella Bianchi 2.200 e l'emendamento Mannino 2.3 – tra l'altro uno di questi due emendamenti non è a firma del MoVimento 5 Stelle ma di esponenti del Partito Democratico – e anche essi vengono dichiarati inammissibili.
  La Commissione giustizia richiama, inoltre, anche il ruolo di ISPRA, riferendosi sostanzialmente anche ai funzionari dell'ISPRA; leggo il parere della Commissione giustizia, che, tra le osservazioni, al punto d), afferma: «Valutino le Commissioni di merito l'opportunità di dotare l'ISPRA degli strumenti necessari per il migliore svolgimento dei compiti assegnati dall'articolo 2, comma 3, in particolare prevedendo l'attribuzione agli ispettori di poteri, garanzie e tutele analoghi a quelli degli ufficiali di polizia giudiziaria in materia Pag. 36di salute e sicurezza sul lavoro». Questo è un parere che in qualche modo nell'emendamento precedentemente dichiarato inammissibile dell'onorevole Bratti, anche noi abbiamo espresso, diciamo, in tal senso. È ovvio il paragone precedente ortofrutticolo delle mele e delle pere: perché se io parlo di una mela e poi dico che quella mela deve essere di un certo diametro, parlo sempre di mele e, quindi, se qui parliamo di ISPRA e poi parliamo dei funzionari dell'ISPRA con un emendamento, in questo caso chiedo: dove è l'inammissibilità del testo. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Arriviamo poi alle questioni sull'incompatibilità del commissario; qui siamo veramente all'assurdità. Oggi abbiamo un commissario che viene in Commissione come soggetto audito ed è, tra virgolette, colui che viene designato all'interno del testo; è fantastico parlare con il commissario che è lo stesso che teoricamente potrebbe subire delle modifiche e quindi non essere più lui a ricoprire questa funzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), a meno che ci siano dei veti per cui il commissario è lui e la figura non si cambia assolutamente. Ma non è una questione di avercela con il commissario Bondi, nella sua persona, ma ovviamente con il fatto che un amministratore delegato non possa essere nominato commissario dell'azienda che ha amministrato anche solo per un mese e mezzo, due mesi: questa è un'assurdità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E possiamo proseguire col volo, immaginando che il commissario ridiventi, alla fine di questo ciclo di commissariamento, di nuovo amministratore delegato, anche perché in Parmalat lo è stato: commissario e poi amministratore delegato; quindi, non è una questione per cui noi stiamo arrampicandoci sugli specchi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Questo emendamento non è un emendamento, è un tema non solo, diciamo, caro al MoVimento 5 Stelle ma è anche un tema richiamato dai colleghi di SEL e della Lega: questa incompatibilità della figura del commissario. Direi di riflettere in tal senso anche perché come strumento di garanzia per un territorio martoriato come quello di Taranto forse si poteva dare un'immagine etica diversa e ci dev'essere questo strumento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma veniamo alla parte delle bonifiche ambientali. Noi sostanzialmente abbiamo sottolineato il fatto che questo decreto sposti in maniera prioritaria l'attenzione sulla quantificazione economica, perché chi ha scritto il decreto probabilmente intende che la quantificazione economica, e quindi la redditività aziendale, possa portare a quella quantità di utili, di soldi, di denaro da poter spendere in soldi per l'attuazione delle prescrizioni dell'AIA, dell'Autorizzazione integrata ambientale.
  Questo è evidente se un'azienda cammina con le proprie gambe, ma quando vengono portati in Commissione soggetti, diciamo, titolati ad entrare nel merito di una redditività aziendale e quindi, in campo di acciaio, Federacciaio, pure Confindustria stessa, e in Commissione ci viene detto innanzitutto che ILVA e le aziende del settore siderurgico sono aziende che devono, in qualche modo, in questo momento di congiuntura economica, essere rimpinguate economicamente, il socio deve poter versare il proprio capitale all'interno della società perché, altrimenti, durante questa congiuntura economica, l'azienda perde la sua struttura e rischia di andare verso il fallimento. Allora, ci chiediamo come mai all'interno di questo decreto invece si punti al concetto che tutto verrà magnificamente risolto dagli utili aziendali.
  Qui stiamo parlando di una quantità di soldi da investire di circa 1.800 milioni di euro in tre anni a fronte di un impegno: sostanzialmente sono stati dati circa 1.400 milioni di euro che nei quindici anni passati Ilva ha sostenuto per le medesime funzioni ambientali. Vi rendete conto che da una parte, facendo una rapida proporzione, siamo circa neanche a 70-80 milioni di euro l'anno, dall'altra stiamo parlando di 600. Quando parliamo di 600 milioni di Pag. 37euro l'anno probabilmente si sposta un attimino la questione del bilancio, si spostano gli investimenti, allora stiamo parlando di dover dare in maniera successiva degli aiuti di Stato a un'azienda di questa natura ? Scriviamolo, parliamone, non nascondiamoci o dovremo fare il quarto decreto «salva Ilva» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché qualcuno non è riuscito a pensare che non starà mai in piedi questo principio per cui oggi magicamente l'Ilva debba rispettare l'AIA con le medesime quantità economiche a sua disposizione. È ovvio che chi ha inquinato dovrà pagare, ma per questo speriamo che la magistratura riesca a fare il proprio corso.
  Andiamo poi su una questione anche a noi molto cara, fortunatamente il piano ambientale non potrà più modificare le prescrizioni dell'AIA: eh sì, perché chi ha scritto questo decreto prevedeva che il piano ambientale potesse modificare le prescrizioni AIA, ovviamente senza nessun tipo di aggettivo, migliorandole ? No, no, proprio così. Oggi è stato cambiato il testo durante i lavori in Commissione ed è stato inserito «tranne che per modifiche temporali». A questo punto cosa vuol dire «modifiche temporali» ? Di quanti mesi stiamo parlando, di quanti anni stiamo parlando ? Nelle prescrizioni AIA sono date delle tempistiche, dei mesi e degli anni di scadenza entro cui certe cose devono essere fatte. Noi abbiamo sostanzialmente commissariato l'Ilva perché inadempiente in termini di prescrizioni AIA, cioè non rispettava quelle scadenze temporali che erano indicate nell'AIA, e poi appena arriva il commissario diciamo che quelle scadenze le possiamo spostare in là nel tempo ? Forse diamo un bell'esempio, un bell'argomento da portare davanti a un tribunale da parte di Ilva perché se fino a ieri Ilva doveva fare determinate cose in un determinato tempo, oggi il commissario può farle in un tempo maggiore ?
  Noi abbiamo presentato degli emendamenti per cercare di andare incontro a questo stallo temporale dovuto all'approvazione di questo decreto, ma anche su questi è stato votato contro perché anche qui non si vuole aprire gli occhi di fronte ad un'emergenza che ci sarà di sicuro. Nelle prescrizioni AIA, come disse Bondi durante l'audizione, ci sono dei problemi di natura ingegneristica perché coprire dei parchi minerari di quelle dimensioni e chilometri e chilometri di nastri trasportatori non rappresenta una problematica ingegneristica che si risolve dal due al tre; in realtà, è evidente che ci sarà anche un problema di esempi da copiare sul territorio mondiale che probabilmente mancano in tal senso. Ma allora le prescrizioni AIA erano adeguate ai tempi, non lo sono più adesso, dobbiamo chiedere una proroga perché ingegneristicamente non ce la facciamo ad arrivare a realizzare quelle coperture ?
  Innanzitutto, noi siamo convinti che il Ministro Zanonato debba un attimino informarsi di più nel merito perché in Commissione è venuto a dire – due esempi della sua precisione sul tema – che l'Ilva di Taranto oggi rappresentava uno stato di avanzamento lavori del 17 per cento della copertura dei nastri trasportatori e una settimana prima Bondi aveva dichiarato che i lavori di copertura dei parchi minerari e dei nastri trasportatori erano molto complessi dal punto di vista ingegneristico. In conseguenza di ciò, chiediamo al Ministro di informarsi o di cambiare informatore per cortesia, perché a questo punto non ci crediamo più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Un altro aspetto molto importante, che funge anch'esso da esempio circa la precisione del Ministro Zanonato, è quello per cui in Commissione, alla nostra critica sollevata sull'incompatibilità dell'amministratore delegato-commissario, ci è stato detto che è come se fosse un ottimo giocatore di calcio.
  È come se fosse un giocatore che dal Milan passa alla Juve e, quindi, nella sua professionalità, inizierà a giocare come sempre aveva fatto. Noi crediamo che il ruolo sia un po’ diverso: non passa da giocatore a giocatore, ma da giocatore diventa arbitro. Non possiamo permetterci di fare questi errori. Oggi, il commissario Pag. 38rappresenta lo Stato, non può essere la continuità dell'azienda, non può e non deve perché, per Taranto, quell'azienda crea e ha creato dei problemi mostruosi. Ci sono episodi di malattia e di morte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), circoscritti all'interno di un'indagine, alla quale la stessa Ilva non ha fatto opposizione nel merito di fenomeni di malattia e morte. È per questo che noi cercheremo di portare avanti le nostre idee, convinti che questo test debba essere migliorato; l'auspicio è che la maggioranza cambi idea su alcuni emendamenti perché noi vogliamo migliorare il testo per dare una soluzione migliore a Taranto.
  Quando parliamo di bonifiche, ci riferiamo non solo alle bonifiche prescritte nell'AIA perché quello è un obbligo di legge contingente, ma noi vogliamo che si tenga conto anche delle bonifiche dell'area dello stabilimento industriale, che vi sia un piano di caratterizzazione, che individui quali siano le sostanze inquinanti presenti sul sito, e una stima dei costi di bonifica. E, allora, in questo senso, sì che vogliamo che passino gli emendamenti che vanno ad analizzare queste tematiche perché sono queste che oggi impediscono la vita alla città di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mannino. La deputata è assente.
  Ha chiesto di parlare il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io intanto approfitto di questo tempo per tornare un attimo sulla questione dell'inammissibilità di alcuni emendamenti presentati anche da altre forze politiche perché sembra che in quest'Aula un po’ il funzionamento di questo Parlamento venga in qualche modo veramente messo in discussione in una maniera poco seria.
  Infatti, è vero che il parere della Commissione Bilancio su certi emendamenti è stato dato, ma è stato dato con la promessa in quella sede di rivedersi per studiare l'eventuale ulteriore provvedimento che il Governo stava discutendo con i relatori di maggioranza ed eventualmente con le altre Commissioni.
  Quindi, è chiaro che la questione, posta anche da altri colleghi sul metodo adottato in quest'Aula e dall'Ufficio di Presidenza, circa l'inammissibilità di alcuni emendamenti, è assolutamente fuorviante perché non tiene in considerazione le cose che ho appena detto.
  Noi siamo fortemente critici in merito al provvedimento e alcune delle ragioni ovviamente sono state illustrate ampiamente e in maniera dettagliata dal mio collega. A me sembra che in Commissione si sia fatto un gioco che a noi non piace, e cioè reputare pleonastici, ripetitivi e superflui alcuni dettagli, che però – come ricordavano anche i colleghi di Sel – invece, sono indicativi della volontà, evidentemente, del Governo di concedere qualcosa che forse potrebbe suscitare delle difficoltà.
  Faccio ovviamente dei riferimenti più specifici: si parlava, giusto qualche minuto fa, del commissariamento e della figura del commissario. Ebbene, questo commissario non soltanto è una persona in carne ed ossa già nominata, ma sembra quasi assurdo dover discutere di una nomina già fatta in un decreto che è ancora in dibattimento.
  Ma, venendo al caso specifico del commissariamento, ebbene questo commissariamento è una nuova fattispecie non presente nell'ordinamento precedente, perché le altre fattispecie di commissari evidentemente si riferiscono ad aziende che sono insolventi e su cui, ovviamente, i creditori si devono, in qualche modo, poter rivalere. Questo commissariamento, d'altronde, come recita il titolo del decreto, riguarda disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente e della salute. Allora, è strano che questa forma di commissariamento non preveda un solo criterio di incompatibilità del suddetto commissario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non ne prevede alcuno. Non c’è un articolo o un solo comma che preveda, in dettaglio, quali siano le caratteristiche Pag. 39e quali siano i meriti e le responsabilità che questo commissario deve, in qualche modo, aver accumulato nella sua esperienza per poter ricoprire questo ruolo, che reputiamo di assoluta importanza.
  Allora, come è possibile che un vicario dello Stato sia messo nelle condizioni di amministrare temporaneamente un'azienda, che ha causato nocumento grave e protratto alla salute pubblica, e lo faccia una persona che è in palese conflitto di interesse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? È una cosa inaccettabile e questa osservazione non viene, come qualcuno potrebbe pensare, dal MoVimento 5 Stelle per una mera supposizione ideologica. Noi siamo contro i prerequisiti e gli schieramenti ideologici. Noi valutiamo nel merito il provvedimento. È un provvedimento nel quale il commissario può essere una persona qualunque e, per di più, si è scelta già una persona che è in conflitto di interesse. Questo è qualcosa di una gravità inaudita.
  Venendo, poi, ad altre richieste, che sono state avanzate non soltanto dalla nostra parte politica ma anche da tanti colleghi, le abbiamo valutate nel merito, come dicevo prima, senza alcun preconcetto e ci siamo trovati in qualche modo a dover dirimere una questione. La questione è quella che, come già ricordato, questo decreto è stato presentato nella sua forma originale in una maniera per cui il piano ambientale, eventualmente redatto così come previsto dal decreto, sia un piano che equivale a modifica dell'AIA. Quindi, è strano, in qualche modo, che il Consiglio dei Ministri nel produrre questo documento, questo atto normativo, abbia concesso così tanta libertà. In Commissione è emerso che questa libertà doveva essere in qualche modo limitata, perché non si può accettare che un piano ambientale si metta alla pari e possa mettere in discussione le prescrizioni ambientali. Quindi, abbiamo posto un vincolo, il vincolo che l'eventuale modifica di queste prescrizioni ambientali seguisse un criterio temporale. Questo criterio temporale è stato inserito in Commissione non certo per nostro volere, eppure è stato presentato.
  Oggi noi chiediamo – se è vero che ci sono dei problemi su questa parte e, quindi, sulla parte relativa alla modifica delle prescrizioni AIA nei termini temporali – di accettare la nostra proposta, perché la nostra proposta era di concedere fino a un limite massimo di 60 giorni. Questo limite è, ovviamente, una forma che in qualche modo trova la sua ragione d'essere nel fatto che tra il decreto adottato e il provvedimento di conversione, che stiamo discutendo quest'oggi, è passato ovviamente un lasso di tempo.
  Questo lasso di tempo può essere considerato ai fini delle prescrizioni AIA, ma non si può andare oltre e non si può pretendere che la modifica delle prescrizioni AIA, così come oggi il testo prevede, possa garantire un procrastinare il rispetto di quelle prescrizioni che una data certa ce l'hanno senza alcun vincolo. Questo l'abbiamo fatto anche per un'altra ragione, che è stata già illustrata, ma che mi piace in qualche modo poter ribadire con forza in questa Aula agli altri colleghi, cioè che quella modifica di quell'emendamento, l'emendamento proposto da noi è il numero 1.222, in qualche modo ci previene da un ulteriore problema che può sorgere in fase processuale più in là nel tempo. L'azienda infatti può assolutamente rivalersi e quindi la formulazione proposta dal Governo farebbe da cavallo di Troia, con la possibilità in qualche modo da parte dell'azienda di avvalersi per intentare una causa con lo Stato. Ciò perché si dice in qualche modo che l'azienda è stata commissariata proprio perché quelle date presenti nelle prescrizioni AIA non sono rispettate e adesso lo Stato, che si trova a gestire lo stesso problema, dice: no per me quelle regole non valgono, per il mio commissario quelle regole non valgono. Abbiamo chiesto un'altra cosa, perché bisognava dare un segnale anche alla cittadinanza di Taranto, un segnale di cambiamento e questo segnale non soltanto non è stato dato con la nomina di un commissario che è inaccettabile, ma questo Pag. 40segnale di discontinuità non è stato dato neanche nel momento in cui chiedevamo che la pubblicità del piano industriale fosse inserita nell'articolato. Qualcuno ha avanzato in merito a tale emendamento un problema di conflitti relativamente al segreto industriale. Allora noi ci chiediamo come mai un commissario nominato dallo Stato e in qualche modo responsabile insieme agli esperti e al Ministero di redigere un piano industriale non possa quanto meno, come chiesto appunto nell'ultimo emendamento, nell'ultima formulazione, dire alla cittadinanza qual è la visione per quell'azienda da qui ai prossimi anni. Infatti, se è vero che l'azienda la vogliamo salvare e il Governo vuole attuare questo piano di commissariamento per garantire l'efficace bonifica dei territori circostanti, ecco non ci spieghiamo come mai questa continuità dell'azione governativa non possa essere in qualche modo illustrata, in una forma compatibile evidentemente con il segreto industriale, alla popolazione. A tal proposito, ne approfitto anche per chiedere, visto che si parla sempre di visioni di lungo periodo, che fine ha fatto il piano dell'acciaio previsto nel decreto precedente, nel decreto «salva Ilva» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se noi oggi ci troviamo qui a discutere il terzo provvedimento «ad aziendam», allora forse la politica industriale di questo Paese deve prevedere qualcosa in più. Il piano industriale era previsto dalla data di entrata in vigore del precedente decreto-legge entro centottanta giorni, quindi i primi del mese di luglio, e aspettiamo ancora che il Governo venga ad illustrarlo. Questo piano industriale dovrebbe prevedere in qualche modo anche i nuovi accorgimenti e le nuove osservazioni che sono emerse anche in ambito europeo, quindi chiediamo ancora con forza che il Governo venga a riferire in Aula circa la sua visione sul futuro della politica industriale di questo Paese.
  Ancora su quanto richiesto dai cittadini in Commissione, mi trovo, in qualche modo, a dovermi fare portavoce, perché una delle cose su cui abbiamo chiesto, ancora con vigore, di poter provvedere era di fornire l'esenzione dai ticket sanitari alla popolazione residente; non alla popolazione che abbia patologie, perché, ovviamente, quella parte della popolazione è già esente da ticket, ma a tutti gli altri cittadini che in questa situazione continuano a soffrire.
  E se gli effetti di questa sofferenza ancora non si vedono, ci sembra giusto che, in qualche modo, lo Stato, il Parlamento e il Governo tutelino lo stato di salute di una parte della popolazione sottoposta a questi rischi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ancora, Presidente, si è parlato dello svincolo dal Patto di stabilità in alcuni emendamenti proposti non solo da noi, ma anche da una parte consistente, molto consistente, di questo emiciclo. Faccio riferimento, ovviamente, al Partito Democratico, che, per una volta, ci ha sorpreso, perché ha proposto un emendamento di buonsenso, un emendamento che noi avremmo appoggiato volentieri, se non fosse che lo stesso Ufficio di Presidenza, contrariamente a quello che si è detto nelle Commissioni, ha dato parere di inammissibilità in una maniera che, in qualche modo, non ci trova d'accordo.
  Infatti, svincolare parte dei fondi dal Patto di stabilità avrebbe consentito quelle tutele non soltanto ai cittadini che chiedono i ticket sanitari quando sono ancora in stato di salute, ma anche a quei cittadini, quei pochi cittadini – in questo caso, forse, sono una dozzina – che sono responsabili di effettuare i controlli in tutta Italia sui siti di interesse nazionale, e quindi sui siti pesantemente inquinati.
  Sono persone che devono scrivere delle relazioni e assumersi anche la responsabilità di quello che essi denunciano e non hanno gli strumenti e le tutele per poterlo fare in maniera completa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Allora, signor Presidente, torno a ribadire quanto detto ieri.

  PRESIDENTE. Deputato De Lorenzis, concluda.

Pag. 41

  DIEGO DE LORENZIS. Concludo, signor Presidente. Ieri, in questo decreto, l'unica differenza che abbiamo notato nel titolo era la parola «nuove». Lo dico per chi ieri in quest'Aula non vi era: questo provvedimento nel titolo prevede «nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale».
  Cosa vi è di nuovo, di innovativo ? Certo, vi è una nuova fattispecie di commissariamento non prevista in precedenza dall'ordinamento, che, però, non soltanto prevede una deroga dei criteri, come detto precedentemente, ma avremmo forse potuto chiamare questo provvedimento «disposizioni di commissariamento per aziende che tutelano l'ambiente e la salute».
  Avrebbe dovuto essere questo il titolo da apporre al decreto, se non fosse che sarebbe in palese contrasto con il suo contenuto. Allora, suggeriamo che, qualora il Governo, il Consiglio dei ministri, volesse di nuovo provvedere a risolvere i problemi di questo Paese, scrivendo un decreto con gli stessi criteri con cui ha prodotto questo, forse il titolo più aderente...

  PRESIDENTE. Concluda, per favore.

  DIEGO DE LORENZIS. ...sarebbe dovuto essere – concludo – «nomina dell'amministratore delegato a commissario governativo nelle società per assicurare la continuità produttiva», dato che veramente poco è stato inserito per la tutela della salute e dell'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alberto Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, intervengo perché il complesso dei nostri emendamenti si propone di migliorare questo decreto, partendo, purtroppo, dalla situazione di gravissimo disastro ambientale, che ben conosciamo, che riguarda l'area del comune di Taranto e dei comuni limitrofi; disastro ambientale che ha provocato, purtroppo, delle vittime, vittime di questo gravissimo inquinamento, che ha provocato malattie e morbilità molto gravi in tutta questa zona.
  Da alcuni anni, come abbiamo già anticipato nella presentazione del decreto fatta ieri – anche se ieri eravamo un pochino meno – è possibile in qualche modo verificare e quantificare i danni in termini di morbilità e mortalità. Questo avviene da circa 15 anni e le perizie disposte addirittura dalla magistratura, che ha dovuto intervenire, hanno confermato almeno 30 decessi l'anno, dovuti all'inquinamento ascrivibile al solo stabilimento Ilva di Taranto. Questi sono dati ormai confermati ed è giusto cercare di coniugare salute e sostenibilità. Questo decreto, dovremo impegnarci in Aula a migliorarlo. Se si devono mettere anche solo su un pari piano salute e sostenibilità, è chiaro che bisogna tarare la produzione dello stabilimento, non solo sul piano che può in qualche modo piacere all'impresa, ma anche tarare il piano industriale sulla sostenibilità. Sembrerebbe pressoché impossibile. Si dice: è uno stabilimento nato per produrre 12 milioni di tonnellate di acciaio l'anno, altrimenti non rende. Abbiamo qualche dubbio in merito, perché gli altri stabilimenti europei, gli altri grandi stabilimenti di realtà dove sono riusciti a coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica, hanno una produzione massima attorno a 5 milioni di tonnellate, cioè meno di metà di quella che ha espresso lo stabilimento Ilva di Taranto. Abbiamo qualche dubbio, perché abbiamo altre aree produttive analoghe, con aree a caldo, in Italia, a Piombino, a Trieste, dove c’è una forte crisi. È chiaro che vedendo questo in un'ottica nazionale, chiaramente è un'ottica da studiare tecnicamente, nella sua fattibilità, probabilmente si troverebbe una delle possibili chiavi di volta per risolvere questo dilemma della sostenibilità, riuscendo in qualche modo a ridurre la pressione dell'inquinamento sulla città di Taranto, ridurla cercando in qualche modo di limitare i gravissimi danni che si sono verificati e che purtroppo saranno persistenti, vista la tipologia delle sostanze a cui sono Pag. 42stati esposti i lavoratori dello stabilimento e gli abitanti della città di Taranto, di Statte e in particolar modo dei quartieri vicini allo stabilimento.
  Anche per quanto riguarda le sostanze organiche persistenti, ormai la medicina, la scienza, ci sta dando delle risposte, per cui non possiamo più dire di lavorare sull'incertezza, sul dubbio. Purtroppo la certezza che le diossine siano cancerogeni, inseriti nella prima classe dalle società scientifiche, c’è. Nel marzo 2013 anche i PCB sono stati inseriti nella medesima categoria. È chiaro, quindi, che per lo meno bisogna ridurre – noi tenteremo di fare questo – un danno gravissimo, questa favola nera dell'Ilva di Taranto. Adesso stiamo cercando, appunto, di ottenere da questo decreto misure che garantiscano la possibilità di destinare i soldi dell'impresa (dei guadagni dell'impresa, dell'attività dell'impresa, di quello che l'impresa forse in qualche modo ha risparmiato nei provvedimenti di sostenibilità), alle bonifiche, a rendere la produzione migliore. Ricordiamo che all'Ilva di Taranto quando furono imposti gli elettrofiltri a fine anni Novanta (fino alla fine degli anni Novanta i filtri non erano certo adeguati, non erano certo aggiornati a limitare le emissioni), ci fu una grande protesta, da parte della dirigenza aziendale. Ci fu la protesta quando uscì la legge regionale che impose un limite alla concentrazione di diossine che uscivano dai camini, in particolar modo dall'agglomeratore.
  Ma in poco tempo e senza spese eccessive la ditta riuscì in qualche modo ad adeguarsi a questi provvedimenti, proseguendo la produzione. Adesso quello che viene chiesto è di rispettare nei minimi particolari le direttive di un'azione di ambientalizzazione e di modernizzazione della produzione, cosa che è fattibile e che probabilmente a un certo punto renderà anche più semplice e più umana la gestione di tutta l'azienda.
  Per cui, visto che si parla di sostanze organiche persistenti a cui la popolazione è stata esposta per molti anni (sono circa 50 anni che lo stabilimento è in funzione), in un'area già decisamente critica per quanto riguarda la presenza di altre attività industriali, quello che è necessario è ridurre notevolmente la pressione inquinante sperando che in qualche modo, procedendo con le bonifiche, si possa consentire, almeno dare la speranza e la possibilità che si possa consentire, una capacità di portare avanti la vita stessa nella città di Taranto e nei dintorni.
  Ricordiamo che si tratta di una realtà che aveva già una sua economia, addirittura di eccellenza mondiale, se si pensa alla mitilicoltura e quant'altro. Qualche piccola speranza va portata, perché adesso, avendo ridotto, avendo controllato maggiormente negli ultimi anni le emissioni, i monitoraggi biologici disposti opportunamente dagli enti di controllo sanitario hanno dimostrato una lieve riduzione dell'inquinamento, della somma di diossine e PCB, sostanze entrambe – abbiamo detto – cancerogene di prima classe.
  Si potrebbe auspicare – chiaramente è solo una possibilità – che riducendo ulteriormente le emissioni potrebbe migliorare questa sostenibilità per la popolazione e per l'ambiente e in qualche modo si potrebbero riprendere con maggiore sicurezza determinate attività. Ricordiamo che sono state disposte misure drammatiche, come il divieto di pascolo entro 20 chilometri dallo stabilimento. A chi pensa che riducendo la produzione a livello delle grandi acciaierie europee (quindi intorno ai 5 milioni di tonnellate di acciaio l'anno), se pensa che questo potrebbe limitare l'occupazione, si potrebbe rispondere che riprendendo altre attività ed impiegando le persone nelle bonifiche in qualche modo forse si potrebbe arrivare ad avvicinarci alla produzione attuale, consentendo appunto di avere quelle risorse economiche che durante il commissariamento dovrebbero essere destinate prioritariamente all'ambientalizzazione e al miglioramento di tutta la qualità di vita degli abitanti, che sicuramente hanno sofferto davvero tanto, tanto da rischiare questa totale depressione di una città che merita ben altro.
  Questo provvedimento poi dovrebbe servire in qualche modo a iniziare un Pag. 43percorso che possa impostare un'attività per tutti i siti inquinati di interesse nazionale, che hanno in qualche modo una possibilità legislativa adeguata, ma su cui manca ancora un controllo e una possibilità di elevare sanzioni, di controllare e di fare rispettare questi provvedimenti. Per cui da qui si potrebbe partire per migliorare la situazione di tutti gli altri siti analoghi, che sono oltre 50 in tutta Italia.
  Per cui gli emendamenti – alcuni sono stati concordati in Commissione – che vorrebbero restituire e aumentare i poteri e la tutela dei dipendenti degli enti tecnici di controllo, come ISPRA e ARPA, sono emendamenti davvero importanti, per cui invitiamo a rivedere le inammissibilità per questi dati. Persone di grande esperienza hanno studiato questi emendamenti cercando le forme per consentire che si possa svolgere questa attività nella maniera più opportuna.
  Per cui, avendo la possibilità di fare un controllo senza tema di rivalse poi successive da parte delle aziende, potrebbe essere il modo di consentire per il futuro un'azione più puntuale, più urgente.
  Se questo fosse avvenuto anche in precedenza, probabilmente non si sarebbe arrivati alla situazione di conclamato disastro ambientale a cui ci troviamo di fronte in questo momento. Pertanto gli emendamenti che riguardano in qualche modo il subordinare il quantitativo produttivo alle esigenze ambientali, se davvero questo provvedimento vuol essere di tutela ambientale, invito tutta l'Aula a valorizzarli e a prenderli in considerazione così come invito il Governo a farlo. Si tratta di dare una priorità, una gerarchia all'azione che vuol essere intrapresa con questo provvedimento, cosa che poi potrà seguire in altre realtà.
  Davvero, nelle ricerche fatte tramite il Servizio studi, tramite i contatti con altre realtà italiane ed europee, nessuno ha detto di poter pensare ad una ambientalizzazione di un'acciaieria di questo genere. Si parla di sostanze che si accumulano, che si sono già accumulate nell'ambiente, nel terreno, nelle acque, nell'aria della città di Taranto, per cui solo con la riduzione della pressione inquinante forse si potrà arrivare ad una sostenibilità. Se non si farà questo probabilmente tutto il decreto potrebbe non avere senso o, comunque, potrebbe non raggiungere un'efficacia di ambientalizzazione e – ripeto – anche sulla base degli andamenti di mercato, sul fatto che il 20 per cento della produzione mondiale di acciaio praticamente resti pressoché invenduta, con una grossa spinta produttiva negli ultimi anni in particolar modo di Stati come la Cina, può far capire che, in ogni caso, limitare la produzione in qualche modo limitando la realtà di un 20-25 per cento potrebbe però consentire di mantenere un buon livello occupazionale, di mantenere una buona quota di mercato per le tipologie specifiche di acciaio prodotte dall'Ilva di Taranto. Perciò, in realtà, la richiesta potrebbe essere banalmente di buon senso, a cui davvero probabilmente anche l'azienda stessa, in qualche modo, dovrebbe, studiando il fenomeno, riuscire a concordare.
  Pertanto noi punteremo su queste cose, perché vale per queste aziende e vale per altre realtà in cui siano stati compiuti gli stessi errori. Dobbiamo davvero iniziare ad occuparci di queste tematiche e siamo comunque contenti di farlo, anche se purtroppo si affronta in questo caso una realtà per davvero drammatica in cui non si è fatta prevenzione. Si parla sempre di bilanci e di costi e, quindi, dobbiamo ricordare – l'abbiamo fatto ieri – che le cure per il cancro in Europa pressappoco, con una stima molto grossolana, superano i 125 miliardi di euro l'anno. Solo per il carcinoma polmonare siamo a circa 19 miliardi di euro. Teniamo conto che i tassi standardizzati di mortalità per la città di Taranto, per i tumori polmonari sono molto più elevati che nel resto delle province pugliesi e nel resto d'Italia e questo vale anche per tumori della pleura correlati all'amianto. Per l'amianto sono passati più di trent'anni prima di avere normative precise e questo ha comportato in primis un grave danno sanitario ma anche un gravissimo danno economico, volendo vedere tutto questo con cinismo. Per cui il Pag. 44nostro Servizio sanitario nazionale, per riuscire ad essere sostenibile, ha bisogno di opere di prevenzione importanti. Quindi, invito tutti a prestare attenzione agli emendamenti e a cercare di capirne il senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Michele Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Signor Presidente, penso che possiamo convenire ampiamente, se non unanimemente, che il testo del decreto-legge sia stato evidentemente migliorato ed arricchito nel lavoro che hanno svolto le Commissioni.
  Oggi ci troviamo in Aula per mantenere l'impostazione di questo testo, per cercare di verificare la possibilità di migliorarlo ulteriormente. Non voglio aggiungere altro alle cose già dette dalla collega del mio gruppo. Voglio soltanto esprimere una considerazione che mi sembra particolarmente pertinente rispetto alla questione che stiamo trattando. Noi oggi ci sforzeremo di fare la legge migliore e probabilmente riusciremo a fare un buon lavoro, ad indirizzare i nostri sforzi nella direzione giusta. Aggiungo, da abitante di Taranto, finalmente nella direzione giusta. Quindi ritengo che il testo sia un testo utile, sia un testo efficace, un testo di legge che può essere strumento giuridico per riprendere il cammino interrotto nella giusta direzione.
  È evidente che quella in esame come tutte le leggi – e mi riferisco in questo momento ai rappresentanti del Governo – deve poi trovare la forza ed il convincimento dell'azione politica per essere realizzata. Senza la volontà politica, già da domani, già da quando il testo sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e diventerà legge, tutto il nostro sforzo di questi giorni e di queste settimane potrebbe essere in qualche modo vanificato. Ho visto in Commissione e ieri in Aula lo sforzo fatto da tanti colleghi di interpretare, di cercare di interpretare il sentimento dei tarantini in questo momento. Io l'ho già espresso ieri: per me questa cosa è molto semplice, in quanto io sono uno di loro, quindi non devo sforzarmi di interpretare quello che pensano. Se davvero vogliamo far sentire lo Stato e quindi le sue istituzioni e questo Parlamento più vicino ad una popolazione che, per qualche verso, si è sentita dimenticata proprio dallo Stato che cinquant'anni fa ha cambiato il destino di quel territorio, allora dobbiamo perseverare sulla stessa strada che il Governo lodevolmente ha intrapreso con questo decreto-legge.
  Voglio essere più esplicito: noi abbiamo già altri due provvedimenti legislativi che sono stati fatti su questo argomento, è stato ricordato. Dobbiamo fare in modo che quelle leggi, la legge n. 171 e la legge n. 231, siano pienamente esigibili. Non dobbiamo pensare di avere archiviato la pratica solo perché abbiamo promulgato quelle leggi. La n. 171 del 2012 è la legge che si occupa delle bonifiche intorno allo stabilimento siderurgico. Quella è una legge che ha avuto una dotazione finanziaria, anche se ancora insufficiente. Essa dispone di risorse, risorse che sono state anche deliberate dal CIPE. Quest'Aula deve intervenire per renderle effettivamente disponibili. Quegli importi, essendo soldi dello Stato che passano attraverso la regione, rischiano di essere impigliati nella rete del Patto di stabilità e questo non può accadere. Non può accadere perché – e mi avvio a concludere, Presidente – i tarantini hanno bisogno di fatti concludenti.
  Hanno bisogno di toccare con mano che effettivamente le istituzioni, non solo si stanno dando da fare dal punto di vista legislativo, ma stanno anche cominciando a dare risposte e risposte concrete ai loro bisogni, alle loro ansie, alle loro preoccupazioni. E, allora, abbiamo necessità che quei soldi vengano davvero messi a disposizione, che i tarantini comincino a vedere che ci sono cantieri aperti per cominciare a bonificare quel territorio che è stato martoriato per più di cinquant'anni.
  E poi un altro argomento, un'altra cosa estremamente importante: in questi mesi, negli ultimi tempi, quando la vicenda di Taranto ha cominciato a riempire le prime pagine, anche dei giornali nazionali, è Pag. 45emersa un'emergenza sanitaria. Questa non è la sede opportuna dal punto di vista legislativo, non è questo il decreto-legge che probabilmente deve intervenire in questo senso, però è evidente che questo Governo e il Ministero della salute non possono fare come i Governi precedenti che, pur dichiarando uno stato di emergenza sanitaria, non hanno assunto nessuna iniziativa per cercare di restituire maggiore serenità alla popolazione. Allora, cominciare con le bonifiche con i soldi già stanziati, cominciare a intervenire sull'emergenza sanitaria e, poi, essere davvero inflessibili nei confronti del commissario straordinario e del subcommissario perché facciano quello che è scritto nella legge, facciano fino in fondo il loro dovere senza titubanze, senza tentennamenti, senza «se» e senza «ma», perché questa è una scommessa che l'intero Parlamento sta assumendo, una scommessa difficile, quella cioè di trovare il punto di equilibrio tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro.
  È una scommessa che dobbiamo vincere per forza, che non ci possiamo permettere di perdere, a cominciare dalla vicenda di Taranto che può essere la prima di tante vicende e senza dubbio assume oggi un aspetto anche del tutto emblematico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, questo è un decreto-legge che noi non riusciamo a capire davvero se questo Governo lo voglia fare o non lo voglia fare. E siamo nella difficoltà di lavorare su un decreto-legge che è l'ennesimo su questo tema, ma è anche l'imbarazzo di analizzare una questione che in un Paese che si definisce civile non bisognerebbe affrontare. Ovviamente in questi giorni la Commissione bilancio e la Commissione ambiente hanno lavorato sul decreto-legge e diciamo che c’è stato un rimpallarsi di alibi. Perché ? Perché la Commissione bilancio non riesce a giudicare nel merito del tema, mentre la Commissione ambiente non riesce a valutare le coperture. Quando questo diventa un alibi per non affrontare seriamente il problema, allora la questione è veramente grave (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Forse, però, è necessario fare un passo indietro e ricordare alcuni aspetti molto importanti. La procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati per truffa ai danni dello Stato e trasferimento fittizio di beni i proprietari dell'Ilva, Emilio e Adriano Riva. Tra acciaio e paradisi fiscali, tra bonifiche e tanti tanti soldi, le accuse della magistratura nei confronti della proprietà di Ilva sono l'ennesimo tassello di una lotta eterna tra legalità e profitto indiscriminato. Sono 1,2 miliardi di euro, una cifra inimmaginabile, che Emilio e Adriano Riva avrebbero sottratto nel periodo che va dal 1996 al 2006. E dove li hanno messi ? Li hanno messi in un paradiso fiscale. E grazie anche ad un po’ di aiuti di Stato, sono stati parzialmente scudati dal 2009. Una montagna di denaro che corrisponde a poco più dei soldi investiti da Ilva – almeno quelli che troviamo in bilancio – per la salvaguardia ambientale.
  I soldi sottratti a Taranto, secondo i PM milanesi, ovviamente soldi di una città che lentamente muore, i soldi con cui i fratelli Riva si sono indiscriminatamente gonfiati la pancia, anzi, i conti correnti, ovviamente esteri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), sono soldi che sono stati in mano a due fratelli, uno di ottantasette anni e l'altro di settantasei anni: questo per dire che l'età non conta.
  Le indagini delle Fiamme gialle avrebbero evidenziato un sistema consolidato di truffa, che avrebbe depredato dalle casse aziendali 1,2 miliardi di euro. Le perquisizioni e i sequestri di numerosi conti correnti e alcuni beni immobili ai danni dei Riva, scattati in questi giorni grazie al provvedimento firmato dal GIP di Milano, hanno avuto al centro proprio quei soldi, tantissimi – mi piace ricordare che sono Pag. 46tantissimi –, quelli che Ilva avrebbe dovuto destinare alle bonifiche e alle tutele ambientali.
  Osservando i bilanci aziendali della gestione Riva, si respira un'aria strana. Perché ? Perché si resta colpiti, se leggiamo con il senno di poi, 6,1 miliardi di euro investiti di cui proprio 1,1 miliardi erano dedicati alla tutela dell'ambiente, alle scorie, all'abbattimento dell'inquinamento. Secondo la procura milanese, i Riva avrebbero dirottato quei soldi su alcuni conti correnti all'estero attraverso la società Fire Finanziaria (ex Riva acciaio), grazie ad operazioni di trasferimento su società di partecipazione estere e offshore. Per farlo, i Riva avrebbero utilizzato tre distinte operazioni di cessione di partecipazioni industriali, che hanno portato l'intero colosso siderurgico, tramite le società IRI – IRI: sono nomi che tornano sempre nella storia di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) –, a diventare gigante dell'acciaio italiano Ilva, di proprietà Riva.
  Le operazioni avvenute negli anni 1995, 1997, 2003 e 2006 sono relative proprio all'acquisizione dell'intera azienda Ilva Spa. I soldi trasferiti ai paradisi fiscali sono poi rientrati grazie allo scudo del 2009. Secondo la procura, chi poteva disporre di quei conti correnti era proprio Adriano Riva in persona, cittadino canadese e, per questo, non avente diritto di usufruire dello scudo. A quanto si legge nelle carte, ci penseranno due commercialisti, che avrebbero fatto risultare unicamente il fratello Emilio, attualmente agli arresti domiciliari per l'inchiesta tarantina.
  Un classico caso, dunque, se pur miliardario e ben architettato, che ha portato alle indagini sui fratelli, accusati ora di frode fiscale, riciclaggio, intestazione fittizia e truffa ai danni dello Stato. Questo per dire che, quando parliamo di finanza speculativa, di strane transazioni finanziarie, che ovviamente creano danni sociali forti al Paese, non vuol dire che siamo visionari, ma queste cose accadono davvero e poi ci si trova qui, in un'Aula del Parlamento a discutere di come fare a salvare la vita della gente e come fare a salvare i posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Ma andiamo oltre, perché un decreto firmato il 25 luglio 2012 dal GIP, insieme agli arresti di due collaboratori, ha ordinato il sequestro preventivo dell'area a caldo del centro siderurgico. Ma quali sono i motivi ? L'immensa fabbrica di acciaio, la più grande d'Europa, più estesa della stessa città di quasi duecentomila abitanti, è accusata di aver provocato, secondo le perizie ordinate dalla magistratura di Taranto, dal 1998 al 2010, la morte di 386 persone a causa dell'inquinamento industriale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il grande stabilimento è stato messo in stato di accusa per gli avvelenamenti e i tumori causati dalle micidiali emissioni di fumo e di polveri. Ovviamente, la questione morale, politica e giudiziaria che riguarda le coscienze di ciascuno di noi è parte relativa di questo discorso, ma non ce ne possiamo dimenticare. Del resto, è diffuso tra gli imprenditori il concetto che gli investimenti per la tutela della salute e dell'ambiente siano un costo insopportabile, un ostacolo alla produzione e alla ricerca del profitto, un onere che andrebbe rimandato nel tempo e forse dovrebbe essere addossato alla collettività, non all'impresa.
  Prima di iniziare questo lavoro di indagine sull'Ilva, si è parlato tanto e si sono dette tante parole, ma in realtà, una delle cose che emerge in maniera molto evidente è il padrone delle ferriere, il modello Riva. E che cos’è il modello Riva ? Il modello Riva è il modello di un imprenditore, un imprenditore all'antica, un vero padrone: ha sempre cercato di avere la proprietà o, comunque, il controllo di tutte le imprese che ha avviato, non ha mai partecipato ad operazioni finanziarie con altri imprenditori o con i giochi della finanza che sono diffusi nel capitalismo italiano. Padrone delle ferriere, perché la sua attività, fin dal 1954, è sempre stata la siderurgia. Il modello Riva è il modello di chi tiene un comportamento di basso profilo nell'esposizione sulla stampa, ma usa Pag. 47il pugno duro nei rapporti con i lavoratori. A Taranto, quando arriva nel 1995, Riva confina in una palazzina in disuso un gruppo di lavoratori che non accetta un contratto peggiorativo rispetto a quello precedente: una forma di mobbing collettivo, che verrà condannato dalla magistratura.
  Ma non possiamo non ricordarci che quasi ogni famiglia, a Taranto, piange le sue vittime per le tragedie dell'acciaio, soprattutto nel quartiere Tamburi, che sorge nelle vicinanze dell'Ilva. E la domanda è: ma perché finora non c'era stato nessun provvedimento ? Beh, i problemi dell'inquinamento causati dall'Ilva a Taranto risalgono a quando si chiamava Italsider ed era di proprietà pubblica. Del resto, quasi tutte le industrie, certamente quelle siderurgiche, inquinano, ma la sensibilità ai problemi è aumentata soprattutto negli ultimi anni. Già nel 2008, c'erano delle perizie, anche nell'ambito della regione Puglia, che contestavano all'Ilva di andare oltre i limiti consentiti e, quindi, di causare avvelenamenti. Era stato vietato, infatti, il pascolo del bestiame per diversi chilometri intorno allo stabilimento. In quell'epoca, l'Ilva rischiò anche di chiudere, e siamo nel 2008. Riva, però, si oppone e ottiene anche dei pareri favorevoli delle autorità, in particolare, dal Governo Berlusconi: il Ministero dell'ambiente era guidato dal Ministro Prestigiacomo e come direttore generale c'era Corrado Clini, Ministro dell'ambiente con il Governo Monti.
  È fondamentale, quindi, ricordare che, nel 2008, Riva fa anche un'altra operazione un po’ curiosa in parallelo a questa, con questi problemi: aderisce alla cordata Berlusconi per la CAI, cioè a quella cordata italiana per rilevare la polpa della vecchia Alitalia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Riva investe 120 milioni di euro: è tra i soci italiani quello che mette più soldi, quindi, è il principale azionista tra gli italiani. Mentre Riva fa questa operazione, dal Ministero dell'ambiente vengono contestati i dati della regione Puglia sull'Ilva e, quindi, la fabbrica d'acciaio di Taranto può continuare a produrre e si avvia quella procedura che porta, nell'agosto del 2010, al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, che è una licenza di continuare a produrre per sei anni; il che significa anche continuare ad inquinare, ovviamente. Riva mantiene, quindi, la possibilità di fare profitti, e molti, e molti altri, con l'acciaio.
  Questa è una parte della storia, l'altra la conosciamo e ci stiamo lavorando, ma quello che più di tutti è il dramma di questa storia è che veramente nessuno si vuole sedere un attimo a tavolino e cercare di capire come mai questo Paese, per troppi anni, non ha fatto un piano industriale, oppure come mai l'Europa punta il faro sulle questioni relative alla siderurgia, oppure come mai questo Paese davvero non si ferma e cerca di capire – come diceva qualcuno, qualche giorno fa – se vale di più la vita della gente, il lavoro o il profitto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giuseppe Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signora Presidente, prendo la parola anzitutto per ribadire un concetto chiave: il MoVimento 5 Stelle è assolutamente contrario a questo tipo di provvedimenti. Il MoVimento 5 Stelle è qui per far cadere in disuso questa pratica, questa prassi ormai troppo consolidata che vede i decreti-legge come quegli atti privilegiati per legiferare in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Siamo qui per restituire centralità a questo luogo, il tempio della democrazia che voi avete trasformato in una macchina inutile, in un ente di ratifica del Governo. Bene, noi non ci stiamo, noi rivendichiamo la legittimità del Parlamento e lotteremo, così come abbiamo fatto sin dal primo giorno. A tal proposito vi ricordo quando eravamo gli unici, qui, a chiedere che partissero le Commissioni permanenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Voglio spiegarvi perché siamo così contrari a questo tipo di provvedimenti; vedete, Pag. 48noi cerchiamo di adottare un metodo che è diametralmente opposto al vostro. Se c’è una decisione da prendere, un problema da risolvere, cosa fate voi ? Fate un decreto-legge e nominate un commissario. Cosa facciamo noi ? Andiamo in piazza a parlare con i cittadini per sentire dalla loro viva voce come vorrebbero risolvere, loro, i problemi della loro città, perché sono loro che li conoscono quei problemi e sono loro che devono darci le soluzioni. Il problema è che noi ci possiamo permettere di andare lì, noi che siamo ancora credibili, possiamo andare lì e non subire gli insulti ai quali voi sareste sottoposti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché la causa di quei problemi sono le vostre politiche di vent'anni, trent'anni, quarant'anni a questa parte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ieri, Taranto è stata colpita dall'ennesima ferita. Non ci è dato sapere, ancora, se in seguito a un black out nella raffineria di Taranto o a causa di un fulmine, un grosso quantitativo di prodotto è stato sversato in mare. «Si vede materiale grigiastro semiraffinato in acqua», ha detto il presidente di PeaceLink Taranto, che è un'associazione che si occupa di queste cose. E sono loro i nostri punti di riferimento, non i supercommissari che sono nominati così, per dare potere senza responsabilità a una persona che potrà fare quello che vuole durante il periodo in cui avrà un potere totale sul destino di una città intera. Una chiazza che ha prodotto odore sgradevole è stata riversata nelle acque di Taranto; questo odore è stato avvertito dagli equipaggi delle imbarcazioni che si trovavano nei paraggi. A quanto pare lo sversamento ha un'estensione di 80 metri lineari sotto costa, con un'ampiezza verso il largo di 10 metri, con il moto ondoso che spinge verso la costa. Quindi, come se non bastasse, oltre a ENI, Cementir, Ilva, questa città è veramente martoriata, le continuano a succedere disgrazie di ogni genere e pensiamo di risolverle con questo tipo di provvedimenti. Inoltre, il blocco di energia elettrica nello stabilimento ENI di Taranto ha provocato l'addensarsi in cielo di fumi neri rendendo l'aria irrespirabile nel quartiere Tamburi, proprio quello stesso quartiere che è a ridosso della zona Ilva, proprio quello stesso quartiere dove i bambini non possono giocare all'aria aperta, proprio quello stesso quartiere dove non si possono manco più seppellire i morti, a Taranto. Insomma, nessuno di noi, credo, nessuno di voi, vorrebbe essere nei panni dei cittadini di Taranto e, soprattutto, nei panni dei cittadini di Tamburi, però ci dobbiamo mettere in quei panni, dovremmo fare nostro quel dolore e cercare di affrontare queste questioni in questo modo, pensando che quei problemi siano nostri, che succedano alle nostre famiglie, che siano i nostri figli ad ammalarsi di quelle malattie. Allora, vogliamo veramente continuare a rendere Taranto una città della morte ?
  Abbiamo la possibilità di fare qualcosa per l'Ilva e vorrei parlarne dando voce anche a quegli operai di quella fabbrica che sono le prime vittime sacrificate al prodotto interno lordo e lo faccio citando un articolo di Gaetano De Monte che parlando degli operai, in particolare di coloro che hanno costituito il comitato lavoratori cittadini liberi e pensanti, dice: «Se non ci fossero stati il loro coraggio e la loro dignità, probabilmente, il flusso degli eventi di questo torrido agosto in terra ionica, avrebbe seguito un corso diverso. Sono gli operai Ilva, che insieme a precari, professionisti, attivisti di spazi sociali, compongono il comitato lavoratori cittadini liberi e pensanti. Quei lavoratori e lavoratrici, che insieme alle loro famiglie non solo portano impresso il marchio dello sviluppo capitalistico, quello del massimo profitto ad ogni costo, sui propri corpi. Ma che sono soprattutto coloro che hanno pagato il prezzo più alto, per la più grande e tumultuosa trasformazione ambientale italiana, che dal secondo dopoguerra in poi, l'Italia meridionale ricordi. Quella carne viva e quelle teste pensanti sono stati ora anche tra i massimi protagonisti delle giornate di Taranto. Dapprima sfuggendo ai ricatti, a quel tacito consenso che regnava sulla loro pelle, a Pag. 49quell'assunto basato sul fatto che la salute (non solo degli operai), fosse il prezzo da pagare per lo sviluppo industriale del Paese. Poi, ponendosi come soggetto partecipe e costituente di una possibile alternativa. Di nuove forme di democrazia. Costituendosi in agorà. Le agorà di Taranto, che sono nomadi: oceaniche e partecipate assemblee sia nel cuore della città, che nel quartiere «dove i morti camminano», quello attaccato al siderurgico, l'oramai fin troppo tristemente noto quartiere Tamburi. Come fecero i nostri antenati greci duemila anni fa, costruendo i luoghi della democrazia per antonomasia, le sedi delle assemblee dei cittadini che vi si riunivano per discutere i problemi della comunità, e decidere collegialmente sulle leggi da approvare, e far rispettare. Allo stesso modo, qui ci si pone l'ambizione di provare ogni giorno a costruire istituzioni del comune, intese come un nuovo processo di legittimazione sociale che passi orizzontalmente per i movimenti, e che verticalmente sappia imporre invece nuove condizioni normative, nuovi diritti per la vita e i suoi bisogni. Che sappiano fare i conti con la fine delle sinistre e con la crisi della rappresentanza politica e sindacale tradizionale. Che sappiano rifondare la politica a Taranto e fornire una nuova immaginazione istituzionale. (...) A quei volti, a quei nomi che in quella fabbrica sono ricondotti solo alle matricole di appartenenza, e alle mansioni svolte. Non numeri, appunto, ma persone, identità che assumono nuova forma e significato attraverso le loro storie. Si prova, intanto, incontrando i lavoratori fuori dalla fabbrica, a costruire una coscienza ambientale operaia, basandola sull'esperienza fisica della nocività. Quella formazione, che a Taranto è stata sempre ostacolata da una grande mistificazione culturale e politica che dura ormai da decenni. Da quell'inganno fondato sul ricatto al quale la città ha sempre sottostato, da quella scelta orribile tra la vita e la morte, solo un po’ più lenta. Escono in massa alla fine del primo turno. Provengono quasi tutti dall'area a caldo, quella sotto sequestro, dalla cokeria, dagli altiforni, dall'agglomerato. Guardano a testa bassa, quasi con imbarazzo, la presenza dello striscione simbolo delle giornate di Taranto, appeso alla cancellata, «si ai diritti, no ai ricatti. Salute, ambiente, reddito, occupazione» (questo è quello che chiede la città di Taranto: salute, ambiente, reddito, occupazione). «Ma in pochi minuti si capisce che qualcosa, più di qualcosa è cambiata dopo le giornate di Taranto, dopo l'irruzione dell'apecar nella piazza dei confederali. Molti si fermano, in centinaia ascoltano in religioso e compiaciuto silenzio gli interventi. Qualcuno va via, magari esausto dopo otto ore e più, in quell'inferno. In quello stesso luogo dove la maggior parte degli operai fino a qualche settimana, sperava solo di non perdere il lavoro, ora la percezione invece è totalmente, o quasi, rovesciata.
  Ora si spera di non doversi ammalare e di non dover vedere ammalarsi i propri figli. Lo urlano al microfono aperto dell'agorà, davanti alla portineria D, mentre capi e capetti li ascoltano dall'interno. Qualche vigilante alla porta li provoca, qualche operaio viene addirittura minacciato mentre esce dalla fabbrica con il volantino del comitato tra le mani. Nonostante il clima di intimidazione, invece, si fermano in tanti, ascoltano, qualcuno di loro interviene, nonostante la stanchezza di fine turno e la voglia di tornare a casa. Le storie sono tutte differenti, le situazioni, i vissuti e le scelte di ciascuno di loro, anche. Offrendo un quadro, una diversa rappresentazione antropologica di un mondo, quello operaio, spesso chiuso in una lettura stereotipata. Che da queste parti, viene raccontato, a volte, ancora con quella categoria di trent'anni fa: il metal mezzadro, con quell'invenzione giornalistica di Walter Tobagi che in un reportage del 1979 scoprì un mondo, quello degli operai che a Taranto non avevano mai smesso di fare i contadini. I nostri nonni, che la notte allo stabilimento, la mattina seguente a coltivare la terra nei paesini della provincia. Ora tutto questo non c’è più. Gli operai, nella borsetta d'ordinanza non hanno più il «pane e fichi», ma l'i-phone e l'ipad, e molti di loro, grazie Pag. 50alla rottura nell'immaginario provocata dall'apecar, dopo anni di apatia e rassegnazione, ora desiderano pian piano essere interpreti di una generale battaglia culturale contro il sapere/potere dominante e allo stesso tempo per una nuova soggettività operaia. Cominciando a considerare la stessa fabbrica come un terreno cruciale della lotta politica tra capitale e salute. Chiedendo allo stesso tempo un intervento urgente, ampio e complessivo, che riguardi le questioni di un territorio devastato da decenni di politica industriale, e di una cittadinanza avvelenata nella catena alimentare, che allo stato dell'arte attuale non possiede nemmeno un osservatorio epidemiologico permanente. Perché l'apecar di Taranto possa ricongiungersi con vicende come quella dell'ambientalismo operaio di un altro disastro ambientale italiano, quello dell'area petrolchimica di Porto Marghera. Per aprire un nuovo capitolo nella storia delle lotte contro la nocività. Dopo quella stagione apertasi negli anni Novanta con il processo per le morti e i danni biologici subiti dagli operai del petrolchimico di Venezia. In quell'esperienza decisivi furono il ruolo della medicina militante e quello degli esperti attivisti (...) nel fornire supporto alle denunce operaie, decisivi nel dare vita alle inchieste giudiziarie prima, e alla successiva bonifica dell'area, poi. Nella vertenza Taranto dovrà essere considerata di grande importanza la soggettività femminile e non solo nella battaglia per il riconoscimento del danno. Un ruolo, quello della soggettività femminile, che è stato importantissimo in tutti i movimenti per la giustizia ambientale; in Campania, ad esempio, nelle lotte dei cittadini campani contro la discarica di Chiaiano e l'inceneritore di Acerra essa ha esercitato una forza dirompente. Ma qui, invece, davanti alla portineria D, di fronte ad un altro mostro, oltre l'acciaieria più grande d'Europa, la discarica per rifiuti speciali Italcave, si capisce comunque che dovrà essere anche e soprattutto una soggettività operaia organizzata, impegnata nella lotta contro le nocività, il punto cardine della vertenza socio-ambientale di Taranto. Perché sono loro il corpo vivo di questa lotta. Coloro che rischiano di più, mettendo in gioco tutto, il proprio lavoro, la stessa esistenza. Perché questa è la vicenda più complessa e drammatica che la classe operaia – mi perdonino certi operaisti – subisce sulla propria pelle negli ultimi cinquant'anni».
  Ancora, in un articolo firmato da Adriano Sofri, gli operai dicono: «all'Acciaieria 2 c’è un carroponte pieno di amianto, ci rifiutiamo di salirci, si guida col joy-stick, ma con gli accrocchi di fili sospesi l'amianto è smosso di qua e di là. E dicono che con le pratiche operative si può maneggiare... Alla colata continua vanno quattro linee, nonostante i pochi operai e il caos: niente pezzi di ricambio, smontiamo tutto e rimontiamo, torna buono anche un tubo raccolto per terra».
  Insomma, questi operai sono costretti a combattere ogni giorno tra la possibilità di avere un lavoro e, quindi, di dare un sostentamento alla propria famiglia e il pericolo e il rischio che i propri figli, che loro stessi, che la loro città si ammali per via delle emissioni nocive che derivano dal loro stesso lavoro.
  Questo la politica italiana non lo deve permettere, non lo deve accettare, e soprattutto non deve mettere il ricatto occupazionale davanti alla salute delle persone e dei cittadini di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

  CARLO SIBILIA. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi, siamo qui a discutere della conversione in legge del terzo provvedimento d'urgenza adottato nel corso degli ultimi dieci mesi per fronteggiare l'emergenza ambientale ed occupazionale dello stabilimento Ilva di Taranto.
  Prima di entrare nel merito del provvedimento, è bene soffermarsi su cosa significa ed ha significato lo stabilimento Ilva in questo Paese. Esso è il crocevia, o meglio la metafora di un complesso di questioni e di nodi mai affrontati ed ora Pag. 51giunti finalmente al pettine. L'Ilva rappresenta, da un lato, un concetto importantissimo e fondamentale che deve entrare in questo Parlamento: è il fine corsa, il fine corsa di cinquant'anni di storia industriale del nostro Paese e, al contempo, ripropone quella che, fino a qualche anno fa, non avremmo esitato a definire la questione meridionale, scomparsa: un meridione d'Italia, del cui potenziale di crescita, dell'essere un'enorme risorsa disconosciuta del Paese, si è da troppo tempo smesso di discutere in pubblico, come se si avesse paura di parlarne, quel sud italiano che è come se fosse finito nel cono d'ombra di ogni Governo, abbandonato a se stesso tra l'incudine mediatica di luoghi comuni e superficiali, che non mirano mai a scoprire cosa, ma soprattutto chi alimenta la voluta inferiorità, disagio, marginalità e inefficienza e, soprattutto, infelicità della gente, di una parte del Paese rispetto ad un'altra. È il martello, il martello di troppi amministratori locali e regionali, troppo spesso incapaci di provvedere ai bisogni dei cittadini, con parallelo sperpero del denaro pubblico loro affidato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma l'Ilva ci interroga anche su quale futuro industriale immaginiamo per il Paese, quale stella polare dover inseguire per i prossimi vent'anni, sul dove reperire le risorse per procedere a quella che è diventata una dispendiosissima procedura di bonifica, su come mantenere gli assetti occupazionali e, soprattutto, individuare, se esistente, un punto di equilibrio tra tutela della salute e dell'ambiente e le esigenze di produzione dell'azienda.
  Quando, nel 1961, Taranto fu scelta per ospitare il più grande polo siderurgico italiano, la società italiana Italsider era una realtà eccezionale per produzione e, contestualmente, si scoprirà tristemente eccezionale per capacità di inquinare e mettere a rischio la salute pubblica di tutti coloro che vivono ed hanno vissuto, perché oggi morti, nelle zone circostanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Poi cosa è successo ? Parallelamente alla caduta del muro di Berlino, è arrivata la crisi della siderurgia. Nel 1988, l'Italsider ha cambiato la denominazione in Ilva Spa, per poi essere acquistata dal gruppo Riva nel 1995. In quegli anni, mentre si iniziava ad alzare il volume di un'Unione europea, un'Unione economica europea, la Germania ostentava l'unità monetaria e, investendo su se stessa in termini debito pubblico, ha unificato, rinnovato e investito sulle proprie aziende all'avanguardia. Solo dopo, ha acconsentito al passaggio verso una moneta unica, su cui riversare il proprio debito pubblico. Questo a discapito degli italiani. Oggi, che noi versiamo in queste gravi difficoltà, non abbiamo neanche il potere, il carisma e la voglia di ricambiare e di chiedere il ricambio di questo favore, magari in deroga al Patto di stabilità.
  Ma, purtroppo, grazie al vostro «carisma», di questa politica italiana, di questi dirigenti e amministratori, non possiamo neanche fare questo in Europa. Grazie Letta, grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma, torniamo a Taranto e al gruppo Riva, casualmente uno dei finanziatori di Pierluigi Bersani, che ha portato avanti una politica industriale, che è lungi da un'imprenditoria degna di questo nome, e ha portato avanti l'attività dello stabilimento con comportamenti predatori e criminali, la cui rilevanza penale è in corso di accertamento e la cui azione è stata avallata da uno Stato che non ha neppure avviato una visione d'insieme al programma siderurgico nazionale.
  Nel marzo 2007 la società Ilva ha presentato istanza per il rilascio dell'AIA all'assessore dell'ambiente della regione Puglia. Da allora, nonostante il moltiplicarsi di accordi di programma e monitoraggi solo sulla carta, il solo punto fermo, irreversibile, che ha palesato le dimensioni del rischio sanitario in corso, la compromissione dell'ambiente circostante e la dimensione della corruttela legata all'impianto, è stato posto solo dalla magistratura e non dalla politica, che dovrebbe Pag. 52essere il vero tutore degli interessi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il 2 febbraio 2012 il procuratore della Repubblica di Taranto ha reso noto che gli elementi acquisiti, nell'ambito di un procedimento penale in corso a carico dei vertici dell'Ilva, erano allarmanti e necessitavano, nell'immediato, dell'intervento dei soggetti titolari della tutela dell'ambiente e della salute. Il 25 luglio 2012, sulla base di tali elementi, il giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro, senza facoltà d'uso, delle aree a caldo dello stabilimento, prevedendo che le attività necessarie all'esecuzione dell'ordinanza fossero gestite da custodi giudiziari.
  Ad un anno da quell'intervento del GIP di Taranto, oggi non saremmo qui a ragionare di commissariamento di azienda, dichiarata di interesse strategico nazionale, se la magistratura non fosse intervenuta e se l'arroganza della proprietà non avesse continuato a non rispettare le prescrizioni dell'AIA. Ma, soprattutto, non saremmo in queste condizioni se un intero sistema Paese e le sue articolazioni territoriali avessero funzionato. E chi doveva garantire questo funzionamento ? Voi dovevate garantire questo funzionamento che non c’è stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ancora una volta constatiamo, insomma, la latitanza della politica, che è indebitamente occupata da voi partiti.
  Il MoVimento 5 Stelle ha denunciato a gran voce queste cose in Parlamento e anche fuori e continua a farlo. Molte, veramente molte cose vanno spiegate ai tarantini, da chi ha governato la città e dagli altri enti territoriali in questi anni. Tutta questa classe politica ed imprenditoriale è almeno moralmente responsabile e deve rispondere della distrazione, noncuranza, accidia, se non patologico concorso, ad aver realizzato questo stato di cose. Avete tenuto i tarantini nell'ignoranza, barattando la loro salute con un tozzo di pane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il decreto da ultimo adottato dal Governo, oggi in discussione, si occupa esclusivamente del commissariamento dell'azienda Ilva. Lo fa agli articoli 1 e 2, prevedendo prima una generica fattispecie relativa agli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, e poi riconoscendo ex lege la sussistenza dei requisiti del primo articolo allo stabilimento Ilva SpA.
  Il MoVimento 5 Stelle, nel corso dei lavori in Commissione, ha cercato in ogni modo di migliorare il decreto. Lo ha fatto predisponendo più di 60 emendamenti, che hanno operato secondo tre principali direttrici: dare priorità alla tutela della salute e alla bonifica ambientale, ponendo questi sullo stesso livello e auspicando ad entrambi i settori la stessa importanza; in secondo luogo, realizzare un commissariamento che fosse connotato dalla trasparenza, dalla buona amministrazione e dalla partecipazione della società civile; in terzo luogo, creare le premesse per realizzare un piano italiano dell'acciaio che, in armonia con il piano di azione europeo, possa dare un futuro credibile economicamente efficiente e rispettoso dell'ambiente, con l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, come BAT e BREF, alla siderurgia italiana, in armonia e non in becera competizione tra le altre realtà acciaieristiche italiane che destano, anche loro, non poche preoccupazioni, come Piombino, Terni e Trieste.
  Di alcune ce ne siamo occupati poche settimane fa. Non dimentichiamolo ! Per Ilva abbiamo creato un particolare nel decidere di inserire e valorizzare in tutto il decreto il nesso inscindibile tra attività del commissario e le finalità di tutela della salute dei tarantini, assenti a discapito del titolo del decreto, e la necessità di procedere in via prioritaria alla tutela del territorio. La scelta è stata netta, perché la salute è la premessa logica – o quanto meno dovrebbe esserlo – di ogni ulteriore decisione imprenditoriale e l'intervento dello Stato, così incisivo e abnorme rispetto agli ordinari canoni della libera Pag. 53impresa, non può che essere indirizzato al perseguimento del bene costituzionale di prima grandezza quale la salute, che non può soffrire compressione e compromissione alcuna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Concludo dicendo che, come avremo modo di illustrare nel corso della discussione sugli emendamenti, alcune sollecitazioni del MoVimento sono state recepite dai lavori in Commissione, portando così ad un testo migliore e più equilibrato di quello elaborato dal Governo, ma altre, molte altre, sono state bocciate nonostante fossero ragionevoli e ponderate allo stesso modo. Ora spetta all'Aula decidere la qualità e l'efficacia del provvedimento che vorremmo licenziare. Dall'esito di questo dibattito il MoVimento 5 Stelle deciderà il voto finale. Colleghi, io mi auguro che ciascuno di voi sia libero. Mi riferisco soprattutto al PD, che con Bersani riceve denaro dai fratelli Riva, e a SEL, che con lo smemorato di Terlizzi a presidente della regione Puglia purtroppo gestisce direttamente questo genere di affari, che siano liberi da ogni riserva mentale, liberi da ogni appartenenza preconcetta. Solo con questo atteggiamento potremo realizzare un testo legislativo che sia in grado di corrispondere alle tante speranze e fugare i molti timori che migliaia di cittadini in queste ore ripongono in questa istituzione parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, oggi questo intervento a dir la verità comincia con un tono completamente diverso da quello di ieri. Ieri ci si lamentava perché ci trovavamo a discutere dell'Ilva, una questione nazionale e non tarantina o pugliese, in un'Aula completamente vuota, mentre oggi abbiamo quest'Aula praticamente piena. Allora io ai cittadini che sono in questo momento collegati o ai cittadini che sono presenti, magari dal nome Valeria, Silvia, Antonio, Giuseppe, mettiamoci il nome che vogliamo, voglio ricordare una cosa: da ieri ad oggi non è cambiato un granché se non un piccolo particolare, mentre ieri si discuteva della questione Ilva, oggi invece si vota. I cittadini devono sapere che il voto è collegato all'indennità parlamentare e, quindi, nel momento in cui un parlamentare non vota la sua indennità viene automaticamente ridotta. Ecco spiegato il motivo per cui purtroppo non è sempre questo lo spettacolo presente in Parlamento, ma la maggior parte delle volte quest'Aula è praticamente vuota (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Appena ieri appunto mi era rivolto a quest'Aula con toni duri e a tratti forse eccessivi, ma a questo Governo e a questa maggioranza oggi pensavo magari di dover chiedere scusa e invece no. Devo ritrattare, perché mi sbagliavo. Mi riferisco alle nostre proposte, portate nelle Commissioni, con miglioramenti semplicemente di buonsenso, predisposti da tutti i nostri componenti, con i quali si chiedeva semplicemente di fare un piccolo passo indietro, al fine di rendere il giusto riconoscimento ai tarantini. E perché no, noi lo avremmo fatto anche in quest'Aula a questa maggioranza e invece no – ripeto – mi sbagliavo. Voi – e lo ripeto ancora una volta – voi e non noi siete quelli che ieri riportavo nel mio disprezzo, perché, così come il disprezzo del Presidente del Consiglio Letta e dell'ex presidente Berlusconi era rivolto nei nostri confronti, oggi siamo noi a rivolgerlo a voi, perché voi siete quelli delle falsità, quando parlate dell'IMU 2012, quando parlate dell'IVA, quando parlate dell'Ilva, perché tutto è sempre un continuo rinvio.
  Ormai questa è la maggioranza dei continui rinvii, il Governo dei continui rinvii (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e siccome il MoVimento 5 Stelle non è solo protesta, ma anche proposta, questa volta siamo noi a chiedere a voi un rinvio. Facciamo una cosa: rinviamo, ancora una volta, questa discussione e portiamola a Taranto. Venite con noi a Taranto per strada, venite in piazza con noi a discutere di questa cosa Pag. 54(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Metteteci la faccia con i cittadini tarantini !
  Allora, davvero voglio vedere con quale coraggio avrete la forza di dire quelle parole che qui, invece, riuscite a dire. Vi presentate, ancora una volta, con un decreto di commissariamento dell'Ilva dove si ha l'impressione di dialogare, ma poi, dispiaciuti, ci dite che, purtroppo, non vi è stato margine per poter discutere di quello che noi presentavamo, perché non vi sono le coperture finanziarie per attivare interventi finalizzati a dare piccoli riscontri all'immenso danno che questa politica, insieme all'Ilva, ha causato in quel territorio.
  In sostanza, detto in poche parole – così, magari, lo facciamo capire anche a chi è fuori di qui – avete semplicemente fretta di andare a fare l'ennesima conferenza stampa, la solita, grazie ad una comunicazione che – ormai è palese, e non mi riferisco all'onorevole pugliese Palese, ma a «palese» nel significato inteso in italiano – è compiacente nei vostri confronti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  È compiacente nei confronti del nulla, facendo credere, ogni volta, che avete conseguito un risultato; un risultato, invece, che la gente sa essere semplicemente quello che a Taranto e in Puglia si continuerà a morire. L'azienda continuerà ancora a perdere occupazione, la proprietà, dopo avere spremuto il limone al massimo, andrà via, lasciando la patata bollente al Governo che in quel momento si troverà a governare questa nostra Repubblica.
  A quel punto, altro che bonifiche, altro che disoccupazione ! A quel punto, voglio vedere cosa accadrà a Taranto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Ovviamente, a quel punto, logicamente, non vi saranno le risorse per fare tutto, ma questa, lo sappiamo, è la scusante che è stata utilizzata anche questa volta.
  O, al massimo, si tenterà di rifare quello che si sta facendo adesso, e cioè un decreto ridicolo che pomposamente viene chiamato «salva Ilva», o chiamatelo come volete. Alla fine, però, i risultati sono sempre gli stessi, portiamo avanti sempre le stesse storie.
  Io, sinceramente, adesso ho poco interesse a parlare di questo, a parlare di decreti, di emendamenti. Tanto si è capito che questa politica, che non mi vergogno a definire «politichetta» – perché questa non è politica e il MoVimento 5 Stelle non è contro la politica, ma è contro questa politica che voi rappresentate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) – non ha gli attributi – sottolineo, gli attributi – politici per prospettare ai cittadini un percorso diverso e avviare un percorso finalizzato ad una soluzione definitiva sia del problema dell'inquinamento che di quello dell'occupazione.
  Potete chiamare anche Einstein come commissario, ma, se le premesse sono queste, non andrete mai da nessuna parte, perché a Taranto, egregi signori che vi definite politici, la possibilità è un'altra: è quella, finalmente, un giorno – e questo potrebbe essere il primo giorno – di avviare un percorso programmato, un progetto condiviso, condiviso per risolvere i problemi, condiviso con i cittadini, condiviso con i comitati, che mai vengono ascoltati in queste sedi, mai, perché, forse, questa politica si ritiene superiore, ritiene superiori le soluzioni da prospettare a quei cittadini che, però, devono sempre subire quelle soluzioni.
  Dico io, perché volete a tutti i costi passare alla storia come un'indegna classe politica, piena di loschi figuri che pronunciano discorsi pregni di falsità ? Perché, dico io ? Davvero io non me lo spiego ! Voi, e quando dico voi parlo dei governanti che si sono succeduti qui, ma anche dei governatori regionali che si sono succeduti in Puglia e dei presidenti di provincia, alcuni arrestati, che si sono succeduti, siete stati codardi e lo siete ancora, perché non avete mai voluto affrontare veramente la questione dell'Ilva, come state facendo oggi.
  Sono profondamente disgustato da questa politica vile, e sottolineo vile, che si nasconde dietro il potere attribuitole dai Pag. 55cittadini, usandolo, addirittura, contro gli stessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Se chiamassimo qui, ora, in questo momento, un qualsiasi imprenditore, addirittura un imprenditore, con tutto il rispetto, che gestisce magari per strada un banco di frutta e verdura, osservando i vostri comportamenti, la vostra politica, rimarrebbe, secondo me, meravigliato, perché vista la vostra incapacità, si chiederebbe: «Come fa questa gente qui, a stare ad amministrare una intera nazione ?». Di certo non vi affiderebbe nemmeno il suo banco !
  E quando, poi, parliamo delle soluzioni, io voglio chiedervi una cosa: ma davvero pensate che per un problema così complesso vi sia una soluzione specifica, vi sia una soluzione con un semplice decreto ? Io vi assicuro – e qui concludo, Presidente – che questa volta, però, grazie al MoVimento 5 Stelle non accadrà quello che sinora è accaduto, e cioè che dall'oggi al domani questo verrà dimenticato. Perché non verrà dimenticato ? Perché innanzitutto personalmente mi vergogno per tutti i colleghi pugliesi presenti in quest'Aula che hanno parlato ieri, e parlano oggi, e non si vergognano di quello che sta accadendo in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e li invito tutti quanti con me ad essere presenti un giorno – decidiamo assieme – in piazza, a Taranto, e lì dovremo tutti quanti giustificare quello che oggi stiamo portando. Ma non solo. Vi chiedo: ma davvero pensate che questa volta i cittadini dimenticheranno questa ennesima presa in giro ? Certamente quando noi saremo per strada, quando noi, da pugliesi, ci ammaleremo e quando noi, da pugliesi, perderemo anche il lavoro (perché, magari, molti pugliesi lavorano nell'Ilva), state sicuri di una cosa: ci ricorderemo della faccia di ognuno di voi. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marcello Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Presidente, colleghi, la passione degli interventi che hanno preceduto il mio, operati dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, dimostra quale sia l'attenzione con la quale il provvedimento all'esame della Camera viene seguito. Si tratta di un provvedimento che deve provare a trovare una soluzione rispetto ad una situazione che – è bene ricordarlo – è venuta alla luce solo dopo l'intervento della magistratura, quindi per effetto di un mancato controllo determinato da chi aveva il dovere di operare le soluzione efficaci, per evitare che il lavoro fosse nemico dell'ambiente e che il profitto fosse, viceversa, l'unico elemento che ha governato chi aveva la responsabilità della conduzione di questo grande impianto industriale.
  Il provvedimento che oggi viene all'esame dell'Aula è un provvedimento che ovviamente deve tenere conto dei guasti, e delle gravissime responsabilità di chi aveva il dovere di controllare nel passato, ma guardare al futuro rispetto all'esigenza di riuscire a conciliare lavoro e ambiente e, ovviamente, considerare che il lavoro e l'ambiente devono trovare un elemento di produttività, anche da parte degli imprenditori che lavorano nel settore.
  Il commissariamento serve a fare chiarezza, ma esso non può essere un elemento dietro il quale si andrà a nascondere ulteriormente l'incapacità dei controlli mostrata dai vari settori che avevano il dovere di farlo e non lo hanno fatto: certamente responsabilità del Ministero dell'ambiente, certamente responsabilità della regione Puglia, certamente responsabilità delle agenzie regionali per l'ambiente che dovevano operare, e probabilmente anche responsabilità delle amministrazioni locali che sono state influenzate e condizionate dal potere economico, per evitare che a Taranto alla fine si consumasse il dramma che, lo ripeto, è venuto alla luce della cronaca solo e soprattutto per effetto delle inchieste che hanno contrassegnato la vita industriale di quel grande impianto negli ultimi anni.
  Come Fratelli d'Italia guardiamo al provvedimento con grande attenzione. Pag. 56Siamo convinti che sia necessario, ovviamente, mettere una lente di gradimento su quello che è accaduto nel passato, ma soprattutto determinare interventi che consentano, per il futuro, che i guasti non si ripetano. E quindi tutti gli emendamenti che portano elementi di maggiore controllo operati dai vari gruppi, verranno da parte nostra votati con una valutazione positiva.
  Mentre sul provvedimento complessivo ci riserviamo l'atteggiamento, proprio in ragione degli emendamenti che verranno o meno approvati dall'Aula.
  Quello che come Fratelli d'Italia vogliamo fare è rimettere al centro degli interessi nazionali l'aspetto economico e l'aspetto della salute dei cittadini ed evitare che accada ancora quello che è accaduto negli ultimi mesi, quasi una contrapposizione tra chi voleva la chiusura dell'impianto e chi, viceversa, reclamava semplicemente la possibilità di continuare a lavorare. Questa guerra deve finire attraverso la possibilità che i controlli siano operati nella giusta valutazione di chi ha il dovere di portare avanti le esigenze di rispetto di quelle che sono le pubbliche amministrazioni e l'interesse collettivo dei cittadini di Taranto e di tutta la sua provincia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Roberto Capelli. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, io non vorrei contribuire agli interventi ostruzionistici, anche perché di ostruzionismo si rischia di morire. Un passaggio che può essere usato nelle forme dovute, ma che se abusato – a mio avviso – perde di quel nobile significato che in certi momenti l'ostruzionismo merita di avere.
  Il mio intervento vuole essere un intervento che intende impostare un ragionamento. Io non sono pugliese, e mi scuseranno i colleghi pugliesi se mi consento e mi permetto di intervenire sulla mia Ilva, sulla mia Puglia, perché l'Ilva, Taranto, la Puglia è mia quanto loro. Credo che proprio il fatto che sia una zona, in questo caso un'impresa, di interesse nazionale debba meritare l'attenzione di tutti noi.
  Giustamente il Governo propone la sua soluzione, ma quello che mi rammarica sottolineare è che in tutti gli interventi che ho sentito, che mi hanno arricchito della storia dell'Ilva (come è nata, quali sono stati i danni, quali sono stati i pregi, i difetti, l'occupazione che ha creato, purtroppo l'inquinamento costante, le morti, i decessi che ci sono stati), mi hanno arricchito di conoscenze ma non ho intravisto – e me ne dispiace – l'indicazione di una soluzione diversa da quella prospettata. Ho sentito denigrare chi non la pensa allo stesso modo o non è in linea con il pensiero di alcuni, ho sentito le offese, ho sentito il continuo richiamo al passato, ma nessun accenno sul futuro. Qual è la soluzione indicata, diversa da questa, possibile, è stato detto ? Soluzioni possibili ce ne sono; bene, allora a chi non conosce così radicalmente e completamente la situazione di quell'area, di quell'impresa e di quell'azienda di interesse nazionale, spiegate qual è la soluzione, perché possa anche quella essere condivisa.
  Certo, è difficile – e vorrei entrare nel merito del provvedimento – condividere tutto ciò che viene proposto. Io suddivido il provvedimento, così com’è suddiviso, nei due articoli fondamentali, tra l'impostazione generale che il Governo propone all'Aula per affrontare casi come questi e cioè dire se l'impresa non è in grado di ottemperare a quelle che sono le norme ambientali compatibili con il lavoro, perché non è vero che esistono imprese non compatibili con il lavoro e con l'occupazione. Ci sono imprese che fanno i soldi trasgredendo quelle che sono le norme da applicare per la compatibilità ambientale. Io non conosco degli imprenditori che hanno portato al disastro l'azienda e che sono finiti al disastro come l'azienda. Per intenderci, molti imprenditori, molte imprese utilizzano gli utili per portarli all'estero, come in questo caso è stato rappresentato. Mi ricordo ancora il caso Parmalat, il caso Cirio, tanti casi in questo Paese che hanno arricchito le tasche di Pag. 57pochi impoverendo quelle degli operai, quelle della gente che ha tirato su quell'impresa, che ha dato la vita per quell'impresa.
  Bene, allora, queste formule nuove, innovative. Noi stiamo commissariando: lo Stato interviene e commissaria un'azienda privata. Al di là dei limiti giuridici di quest'azione, che credo vadano approfonditi, è come dire a un padre che ha maltrattato i figli: ti tolgo la patria potestà, rieduco il figlio e poi te lo restituisco, senza intervenire sull'educazione dei genitori e del padre.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,30)

  ROBERTO CAPELLI. Bene, lo Stato interviene e propone il risanamento ambientale, l'aggiornamento tecnologico, la copertura per l'ambiente del futuro con i denari dell'impresa e poi dovrebbe riconsegnare l'impresa all'imprenditore che è causa del danno o, quanto meno, ha evaso la norma che doveva tutelare, oltre il lavoro, i lavoratori e doveva tutelare l'ambiente e la salute di quei lavoratori. Perciò io ritengo che comunque un primo passo è utile farlo, che è quello del commissariamento, quello di sostituirsi all'imprenditore non dico incapace, ma all'imprenditore in mala fede. Ma allora, se la mala fede è dimostrata, se la mala fede esiste, perché quell'imprenditore deve continuare a intraprendere ? Interveniamo come in altre nazioni civili che molto spesso sono state richiamate. E, sapete, per danni ambientali negli Stati Uniti d'America si va a transare per evitare la condanna dello Stato per centinaia di miliardi di dollari. E quelle imprese evitano il giudizio dello Stato perché il giudizio dello Stato è quello di togliere, portare via l'impresa e allora se questo è, credo che dobbiamo agire con molta più determinazione.
  Ribadisco che questo è un primo passo che, a mio avviso, deve aprire a una nuova concezione di punizione, di requisizione del bene di chi sbaglia, perché ha sbagliato sulla pelle di persone, uomini, donne, bambini che sono morti per la loro inerzia, per la loro malafede, per la loro voglia di accumulare sempre di più rispetto al molto che già hanno. Perché se di quei 1,2 miliardi portati nelle Isole Vergini o nei paradisi fiscali, una parte fosse stata reinvestita, non dico tutto, nell'azienda, nel risanamento ambientale e nel rinnovamento tecnologico, nella tutela degli operai che lì danno la vita per tenere in piedi un bene che dà la vita alla loro famiglia e a quella città, ebbene allora questo sarebbe stato un percorso lecito, ma non può essere lecito che chi ha già tanto continui a volere di più sulla pelle – e questo è il caso – della povera gente e degli operai che si guadagnano il pane e che cercano di tirare su una famiglia !
  Devo però aprire una parentesi in tutto questo discorso. Vedete, ho condiviso in Commissione il testo arrivato in Commissione stessa. Rileggendo il testo arrivato in Aula molti dubbi mi sorgono su questo articolo 1, che ho condiviso perché – dissi allora in Commissione – apre a valutare tante situazioni di disastri ambientali causati dalla produzione industriale in varie aree d'Italia. Bene, adesso dalla Puglia mi trasferisco alla mia Sardegna. Voi sapete che in Sardegna ci sono siti inquinati da produzioni industriali tra i quali le partecipazioni statali, perciò non stiamo parlando di un imprenditore privato, ma dello Stato stesso che dovrebbe commissariare se stesso per 445 mila ettari. È la regione più inquinata d'Italia. Quella bella regione, che vi invito a visitare se non lo aveste fatto, ma che vedo che è nelle vostre attenzioni, soprattutto nei periodi estivi, quella bella regione è inquinata per 445 mila ettari, più di qualsiasi altra regione d'Italia. Figuratevi che la distanza dalla seconda, che è la Campania, sono 100 mila ettari di distanza.
  Bene, in quei siti inquinati dei fanghi rossi del Sulcis, della piana di Ottana, di Porto Torres, nomi che sicuramente vi torneranno alla mente, niente è stato fatto e nulla si è sostituito allo Stato, a quello Stato che è colpevole di inquinamento ambientale e che nulla ha fatto e nulla sta facendo per l'uranio impoverito. Infatti ci Pag. 58sono anche quelle aziende, quelle aziende dello Stato che sono le basi militari, che ancora oggi, nonostante le Commissioni di inchiesta senatoriali, camerali, nonostante il riconoscimento del danno reale avvenuto a discapito della salute della gente, non sono riuscite ad attrarre la vostra attenzione, l'attenzione di un Parlamento distratto. Infatti lì è lo Stato che inquina, le partecipate statali, dall'ENI all'Enimont, poi passate nella gestione privata, hanno scaricato miliardi di fanghi rossi nel Sulcis, e ancora oggi non si vede un progetto di bonifica e la gente muore. L'indice dei tumori aumenta giorno per giorno e la gente dice, badate bene, almeno è lavoro.
  Questo noi dobbiamo combattere, dare una speranza diversa, perché è possibile. Badate che quegli imprenditori che hanno governato quelle aziende non sono andati via con le tasche vuote, sono andati via con le tasche piene di dollari gli americani e con le tasche piene di euro i nostri imprenditori nazionali, che hanno soltanto il problema di dire: c’è l'azienda in crisi.
  Vi racconto un aneddoto, così, per stemperare: mi è capitato, in quel bel mare, di essere ospite di una bella barca, un 15 metri di un imprenditore in crisi. Questo imprenditore in crisi mi disse sulla poppa di questa barca: «Sarò costretto a licenziare, dovrò utilizzare la cassa integrazione, perché non c’è mercato, perché non si riesce più a pagare niente». E dopo tre minuti, tra un bicchiere di Vermentino e l'altro, mi viene a dire: «Comunque la prossima settimana mi arriva il 20 metri». L'impresa, gli imprenditori, chi ha in Italia deve iniziare a capire che questo non è il momento di passare dal 15 al 20 metri, ma, anche a tutela delle aziende e delle industrie navali e produttrici di scafi per il diporto, è il momento di passare dal 15 al 10. E quel 5 va destinato a chi non ha neanche la possibilità di andare al mare con un salvagente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).
  Questa è la politica che mi attendo da questo Parlamento e non da una parte di questo Parlamento, ma da quel Parlamento, da quella politica responsabile che decide e vorrà decidere di cambiare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, io non entro nella discussione «Ilva sì», «Ilva no»: le discussioni sono tutte state nel merito, entrate nelle questioni puntuali, precise, anche storiche alle volte – a volte posso anche dire eccessive –, però qui c’è da riscontrare che il Governo utilizza due pesi e due misure, come sempre: da una parte il Sud, con Taranto, da una parte il Nord, con la Padania. Taranto è uno dei tanti casi in Italia sul disastro ambientale.
  Io, come ricordo sempre, mi onoro di essere un cittadino torinese, dove la FIAT si è insediata, è nata, è cresciuta, è cresciuta con la città e con il Paese stesso, con l'intero Paese Italia, ma abbiamo anche da riscontrare sul nostro territorio torinese e piemontese un enorme disastro ambientale, che ci ha lasciato la FIAT. E non ho mai visto nessuna discussione e nessun provvedimento che è entrato nel merito così approfonditamente nel tempo e negli anni per risanare un problema.
  Un problema che è il fallimento dello Stato su un'azienda privata, il fallimento dei magistrati, il fallimento degli enti locali, il fallimento dei controllori, tipo l'ARPA regionale che, ancora oggi, c’è da capire cosa ha svolto in questi ultimi vent'anni di controlli. Poi è evidente che è lecito pensare all'atto politico di chi oggi governa regione Puglia, provincia di Taranto e comune di Taranto, al filotto istituzionale, al filotto di sinistra, che va dal PD a SEL. Ma io non metto in discussione che ci sia una responsabilità diretta della politica. Sicuramente il fallimento globale di chi doveva gestire e controllare c’è stato in questi ultimi vent'anni. Come è fallita anche a Torino. Situazioni totalmente diverse, ma chi doveva controllare o eventualmente chi controllava era disattento, perché ? Perché alle volte non controllava o si girava Pag. 59dall'altra parte per compiacere il potentato di turno che a Torino conosciamo tutti. Ma per cosa ? Per i posti di lavoro.
  Io qui ho sentito sicuramente che i tarantini, come tutti i cittadini italiani, chiedono lavoro, reddito e salute. Ma lo chiedono ovunque e qui stiamo facendo un provvedimento ad hoc per una singola specificità, con larghe intese. Con larghe intese, perché c’è la volontà di risolvere il problema. Da parte della Lega Nord non c’è una posizione ostruzionistica per fermare il decreto. Assolutamente. E mi ritrovo imbarazzato nel 2013 a discutere situazioni che sono vecchie quasi quanto me, che ho 38 anni.
  Oggi come oggi stiamo qui a discutere sul commissariamento straordinario di un'azienda privata dove si crea un precedente, un precedente secondo noi molto gravoso e discutibile perché domani sarà molto opinabile da parte dei ministeri competenti poter commissariare un'azienda rispetto all'altra con delle procedure fuori regola e fuori controllo. Per quello noi continuiamo a dire «no» a questo provvedimento. Ci sono altre strade per risolvere il problema dell'Ilva di Taranto, per il mantenimento dei posti di lavoro, per la salvaguardia dell'interesse ambientale, ma sono strade difficili politicamente perché ci deve essere interessamento di tutti gli enti istituzionali (regione, comune, provincia, enti di controllo, Governo, ministeri, Parlamento stesso), ma fino ad oggi, in oltre vent'anni di discussione o finta discussione, non si è mai giunti al dunque.
  Nell'ultimo anno si è discusso e, come è stato già ricordato più di una volta, con questo siamo al terzo decreto, dopo due decreti quasi fallimentari, con ingenti spese dello Stato ai danni dell'erario. Mi ricordo, infatti, quello di settembre-ottobre del 2012 con il Governo Monti che stanziava 300 milioni di euro per il risanamento del porto di Taranto.
  Oggi come oggi siamo qui a discutere su ulteriori finanziamenti per risanare il porto di Taranto. La domanda è assolutamente lecita, non essendo passati vent'anni, ma essendo passati sei mesi: questi 300 milioni di euro dove sono andati a finire ? E questo provvedimento non sarà un provvedimento a costo zero, dobbiamo renderlo noto a tutti. Infatti, il costo esiste. È ancora molto riservato, perché nelle pieghe del decreto non è trascritto. Sarà poi un successivo decreto del Presidente della Repubblica che valuterà cosa fare in base alla legge vigente. Ma proprio in base alla legge vigente il commissario non dovrebbe essere Bondi. Sull'incompatibilità, volgarmente detta, grossa come una casa, non dovrebbe esistere la possibilità di nominare un commissario straordinario che faceva parte del consiglio di amministrazione.
  E, allora, è evidente che siamo qui a parlare alle volte del nulla. E per quello rivendichiamo la necessità di valutare sempre la decisione dell'Aula e della Presidenza sull'inammissibilità degli emendamenti che anche la Lega Nord ha visto rigettare per inammissibilità di materia.
  Ma se il decreto-legge stesso parla di nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale, mi domando il motivo, il perché siano inammissibili emendamenti dove si parla esclusivamente di siti di interesse strategico nazionale. Queste, però, sono situazioni arcane che abbiamo già visto in altri provvedimenti, come l'ultimo cosiddetto «svuota carceri», dove, per evitare di fare una «tagliola» nelle discussioni, si è evidenziata l'inammissibilità in tanti emendamenti proposti dal gruppo della Lega Nord.
  Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti assolutamente di merito, presi in considerazione dalla Commissione il più delle volte, presi anche in considerazione, riformulati e – dobbiamo essere onesti intellettualmente e politicamente, come sempre – riproposti dai relatori in maxiemendamenti. Ma non tutto è stato preso in considerazione. Dobbiamo ribadire il nostro concetto di assoluta estraneità nell'accusa che ci è stata formulata Pag. 60più di una volta nel voler tutelare chi portava i soldi nei paradisi fiscali.
  No ! Noi volevamo e vorremmo solo tutelare i piccoli azionisti, di cui in questo decreto-legge non si parla. Sicuramente, come è già stato ribadito, può essere pleonastico perché le leggi sono chiare, ma pleonastica è la legge stessa, perché le leggi dello Stato italiano funzionano per tutte le aziende e non capiamo perché, oggi, nel 2013, siamo qui a discutere sul perché le leggi siano state applicate all'ILVA di Taranto come in altre aziende. Questo è pleonastico ! E rivendichiamo gli emendamenti che saranno riproposti in Aula e posti in discussione tra qualche tempo.
  Il provvedimento, sicuramente, come ha detto qualcuno poc'anzi, può avere un valore primario nel commissariamento, ma è il commissariamento stesso che stride e grida vendetta, perché non vediamo assolutamente di buon occhio né la tipologia e l'incompatibilità del commissario Bondi, ma né tanto meno la figura di Bondi, avendo incompatibilità di carattere legislativo e di carattere morale. Questo noi rivendichiamo negli emendamenti, che poi vedremo successivamente proposti non solo dalla Lega Nord, perché altri partiti e movimenti hanno proposto emendamenti analoghi per motivare ed evidenziare questa incompatibilità.
  Quello che abbiamo valutato, come dicevo all'inizio del mio intervento, è il fallimento dello Stato e delle sue funzioni ministeriali, con l'ISPRA, istituita nel 2008 che non ha mai fermato, mai trovato la possibilità di mettere in sanzione l'ILVA di Taranto e altre aziende che continuano ad inquinare. E proprio sull'inquinamento io vorrei capire qual è la sensibilità dell'Aula, perché alle volte si parla di inquinamento quando c’è il «fumignolo» in un camino, ma non è solo quello l'inquinamento che può produrre un'azienda: l'azienda stessa è un inquinamento ambientale.
  Oggi come oggi, fortunatamente, con la cultura diversa rispetto a qualche anno fa, c’è sempre più la volontà – e lo noto, anche se a guida di centrosinistra in provincia di Torino, c’è un piano territoriale provinciale che ha azzerato la possibilità del consumo del suolo – . Se non c’è la volontà da parte di tutto il Paese, da parte di tutta l'Italia, di fermare il consumo effettivo del suolo, l'inquinamento continuerà ad aumentare.
  E chi pensa che un'azienda di qualsiasi genere, soprattutto manifatturiera o siderurgica come può essere questa, può avere impatto zero, mente sapendo di mentire, perché non è assolutamente possibile. Poi, per quanto riguarda le possibilità di abbattere tutti gli agenti inquinanti di merito: ci sono e bisogna farle rispettare, ma ci sono oggi nel 2013 come c'erano nel 2003 o nel 1993.
  È questo che non concepiamo come Lega Nord: vediamo le nostre aziende tartassate costantemente dagli enti di controllo, dagli enti locali, dall'Arpa, dalle regioni, dai comuni, dalle province, continuamente, anche con sanzioni pesanti che alle volte mettono in difficoltà le aziende stesse, ma, puntualmente, c’è stata sempre la volontà di risolvere il problema. In questo caso, dopo oltre vent'anni, siamo qui ancora a discutere su chi ha fatto l'errore iniziale.
  Sul provvedimento, mi dispiace dirlo e ribadirlo, come qualcuno ha già detto precedentemente, il piano industriale è inesistente: ci sono prescrizioni del decreto sulla possibilità di lavoro dell'azienda con riferimento al piano industriale ed alle necessità che, oggi come oggi, ha Taranto – e non solo – per rilanciare l'occupazione, che non ci trovano assolutamente in sintonia. Come non ci trova in sintonia l'assoluta mancanza di un piano industriale nazionale di questo Governo, che ha tanto parlato, ha tanto detto al suo insediamento e non si è mai portato a compimento, anche solo in qualche dichiarazione.
  In sintesi, le caratteristiche dell'intervento del Governo sono – brevemente – le disposizioni di uno standard di interventi per tutti i casi di crisi ambientale di società che detengono stabilimenti dichiarati d'interesse strategico nazionale. Anche qui: si parla di Ilva, si parla di siti d'interesse strategico nazionale, ma poi si parla, nello stesso provvedimento, di stabilimenti Pag. 61dichiarati d'interesse strategico nazionale. Vorrà dire che se domani ci sarà un'azienda, con certe caratteristiche, che inquina o ha inquinato da decenni, si potrà tranquillamente commissariare.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  STEFANO ALLASIA. Mi accingo a concludere. Si ricorda che Taranto costituisce il maggior complesso industriale per la lavorazione dell'acciaio in Europa. La società Ilva tiene a Taranto tutte le lavorazioni a caldo che riforniscono gli stabilimenti di Genova Cornigliano, Novi ligure, in provincia di Alessandria, e Racconigi, in provincia di Cuneo, per le lavorazioni a freddo. Senza l'Ilva di Taranto ricordo che tutta la filiera dell'acciaio, a cominciare da Genova che ha bisogno dei prodotti di Taranto per la propria produzione a freddo, rischia la chiusura.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  STEFANO ALLASIA. Rischiano, a cascata, i circa 2.500 lavoratori degli stabilimenti Ilva di Genova, Novi ligure e Racconigi per un totale di 7.500 lavoratori, oltre il 20 per cento degli occupati nel settore dell'acciaio in Italia. La ringrazio, signor Presidente, anche se è sempre ingiusto con me, però apprezzo la sua sincerità.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il presidente della VIII Commissione (Ambiente), Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, volevo chiedere a lei e all'Aula – visto che sono in corso contatti per cercare di capire se la nostra discussione, che già ha avuto un proficuo sviluppo nell'attività delle Commissioni, può procedere in maniera autonomamente spedita e se, magari, si possono trovare altri punti d'intesa – se sia possibile anticipare la chiusura dei lavori, prevista mi pare per le 19,30, per le ore 19.

  PRESIDENTE. Presidente Realacci, non mi pare che ci siano obiezioni: se questo è utile per il proseguimento dei lavori, credo che sia anche una cosa positiva.

  DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, svolgerò un intervento brevissimo sull'ordine dei lavori. Come recita l'articolo 96-bis, comma 7, il Presidente, quando dichiara inammissibili alcuni emendamenti come è successo questa volta per l'Ufficio di Presidenza...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole De Lorenzis, poiché abbiamo anche altre richieste sull'ordine dei lavori, lei sta parlando per un richiamo al Regolamento ?

  DIEGO DE LORENZIS. Sì, signor Presidente, sto parlando per un richiamo al Regolamento, mi perdoni.
  Come dicevo, la prossima volta, magari, sarebbe opportuno, riguardo all'inammissibilità di alcuni emendamenti, valutare anche la possibilità di interrogare l'Assemblea sugli stessi.

  PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, ogni volta che c’è un problema di ammissibilità è, tendenzialmente, la Presidenza, soggetto terzo, che decide a garanzia dell'Aula perché, diversamente, come lei può immaginare, se noi attribuissimo alla maggioranza dell'Aula la decisione sull'ammissibilità la minoranza sarebbe molto meno tutelata. Infatti la Presidenza è considerata ed è soggetto terzo; se approvassimo a maggioranza in ordine alle ammissibilità lei rischierebbe di trovarsi in una condizione in cui sarebbe una maggioranza a stabilire l'ammissibilità di una norma piuttosto che un soggetto terzo. Questa è la ragione per cui è la Presidenza a decidere.
  A questo punto sospendo l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani.

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Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 18,55).

  PRESIDENTE. La prima richiesta di intervento sull'ordine dei lavori è dell'onorevole Mario Marazziti. Non lo vedo in Aula; s'intende che vi abbia rinunziato.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, il Partito Democratico esprime preoccupazione per la situazione in Egitto, in particolare per la situazione delle vittime degli scontri degli ultimi giorni, per le condizioni dei detenuti e per le notizie di violenze che riguardano, in particolare, le donne. Chiediamo anche, a tutte le forze egiziane e in particolare al Governo, il rispetto del pluralismo dell'informazione. Riteniamo che la nomina del primo ministro El Beblawi, di poche ore fa, possa essere un primo segnale...

  PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, siccome i lavori dal punto di vista dell'esame del provvedimento sono conclusi, pregherei chi non è interessato ad uscire e lasciare che, chi deve intervenire sull'ordine dei lavori, possa farlo serenamente.
  Prego, onorevole Quartapelle Procopio.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Riteniamo che la nomina di Hazem El Beblawi come Primo Ministro avvenuta poche ore fa possa essere un primo segnale per la ripresa di un positivo corso di transizione democratica dell'Egitto e chiediamo a tutte le forze politiche, a partire dalla Fratellanza musulmana, che ci sia un interesse e una concordia del Paese verso una soluzione della fase difficile che sta attraversando il Paese stesso. Data anche l'importanza strategica dell'Egitto e le importanti relazioni tra Egitto e Italia negli ultimi anni, chiediamo ancora una volta che il Governo venga a riferire in Aula sulla situazione del Paese.

  KHALID CHAOUKI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Può parlare da qualunque posto, onorevole Chaouki; non deve parlare per forza dal suo; è sufficiente alzare il microfono.

  KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, mi scusi, ma era giusto, data anche l'importanza del tema, essere molto precisi. Proprio a questo riguardo voglio qui denunciare quella che è un'ipocrisia di una parte di questo Paese di fronte alla straordinaria visita di Papa Francesco a Lampedusa. Ecco che oggi, invece, dopo un primo entusiasmo di tutti, ci troviamo davvero delle critiche inaccettabili. È una distinzione, una distinzione che trovo immorale e ipocrita tra quello che è un parlare ovviamente alla morale, all'etica, alla responsabilità e, invece, quello di relegare, quando si vuole, il messaggio del Papa ad un discorso solo di anime e non di responsabilità. Io penso che le anime appartengano sicuramente a chi va nelle chiese, nelle moschee, in sinagoga, ma le anime dovremmo averle prima di tutto noi, noi parlamentari, noi amministratori e noi governanti. Quindi, a questo proposito volevo denunciare questa ipocrisia, questo modo di essere, in qualche modo, cattolici a targhe alterne e ribadire che oggi, in questo Parlamento, con il Governo, dobbiamo, semmai, sentirci molto più responsabili; di fronte alla tutela dei diritti umani non c’è, appunto, tatticismo o polemica che tenga (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  ADRIANO ZACCAGNINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, vorrei ricordare Masao Yoshida.
  Oggi è morto Masao Yoshida, ex direttore generale della Tepco. Fu un eroe Pag. 63durante la catastrofe che coinvolse, appunto, la centrale nucleare di Tokyo perché, contravvenendo ai vertici che gli avevano ordinato di non intervenire, raffreddò con acqua di mare le componenti, appunto, che stavano sprigionando nell'ambiente la radioattività, una radioattività che purtroppo a tutt'oggi è elevatissima e proprio dalle ultime analisi effettuate a giugno vediamo come sia aumentata ulteriormente, c’è in corso un vero e proprio sversamento nell'oceano di un fiume radioattivo. Ora, capisco che possa interessare poco questa Aula, questo Parlamento, quest'argomento, forse questo Parlamento è più interessato appunto alle sentenze della Cassazione o a altri argomenti, ma di pianeta ne abbiamo solo uno, quindi volevo ricordare questa persona, che forse ci ha aiutato a rendere meno grave questo incredibile incidente.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, vorrei portare all'attenzione dell'Aula un sms che mi è appena arrivato da un cittadino di Taranto. In questo momento Taranto è invasa da una morbosa puzza che proviene dall'area industriale, non si riesce a capire da quale azienda; questo è l'ennesimo atto gravissimo e quindi l'ennesimo atto che dimostra come questo modo di industrializzazione porta la distruzione di una società intera, a discapito della salute dei cittadini e quant'altro, per cui noi dobbiamo dire basta a questo modo di produrre e andare verso altri tipi di economia che si sposano, anche e soprattutto, con l'ambiente.

  LELLO DI GIOIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, interverrò domani sul decreto di cui abbiamo interrotto i lavori stasera, ovviamente per fare anche alcune considerazioni di merito e anche per fare in modo che alcune affermazioni che sono state fatte in questa Aula, per esempio la questione di difficoltà della regione Puglia. Io credo che non spetta a me fare l'avvocato difensore, ma credo che il presidente della regione Puglia sia stato uno dei presidenti, anzi il presidente, che ha iniziato per prima una grande battaglia per quanto riguarda l'ambiente e la salvaguardia dell'ambiente.
  A questo però vorrei aggiungere un altro elemento, che ovviamente non c'entra con il decreto. Presidente, ogni sera stiamo discutendo della questione delle bicamerali, io chiedo che sia un dovere da parte della Presidenza dare una risposta chiara ai parlamentari che pongono un problema di operatività e di lavoro, di quelle Commissioni che sono state regolarmente costituite e che ancora oggi non sono in grado di insediarsi.
  So benissimo che vi sono problemi che riguardano l'altro ramo del Parlamento, però credo, e concludo, che vi debba essere una forte presa di posizione da parte di questa istituzione per fare in modo che queste Commissioni si possano insediare e lavorare e risolvere i problemi che vi sono, credo che sia un dovere e credo che lei Presidente domani nella riunione dei Capigruppo dovrà porre con forza, e dell'Ufficio di Presidenza, dovrà porre con forza un problema che investe tutta l'istituzione parlamentare.

  PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, la ringrazio, lei pone una questione reale e molto importante, io ovviamente trasferirò innanzitutto al Presidente le sue parole e ovviamente poi domani, come lei ha ricordato, c’è la Conferenza dei presidenti di gruppo che ulteriormente potrà intervenire sull'argomento.

  DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Scusi onorevole De Lorenzis, la Conferenza dei presidenti di gruppo è dopodomani, non domani, era per non dare un'informazione sbagliata.

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  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, approfitto di questa occasione per chiedere alla Presidenza di invitare il Governo Letta, quindi anche attraverso i Ministri e i sottosegretari, per venire a riferire in Aula quanto successo ieri nelle immediate vicinanze di Taranto, come ha ricordato precedentemente un mio collega, perché sembra che la raffineria ENI, sempre adiacente all'area Ilva tra l'altro, abbia versato in mare grandi quantitativi di greggio, quindi in qualche modo vorremmo capire qual è la situazione attuale e come si intende provvedere in tal senso.
  Inoltre ne approfitto per chiedere a lei sempre di invitare il Governo a riferire in merito a due interrogazioni da me presentate a maggio, la n. 4-00667 e la n. 4-00578 sempre in merito all'Ilva perché vorremmo capire se il Governo riesce in qualche modo a pensare a una pianificazione per il futuro industriale di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio, entrambe le cose ovviamente saranno trasferite al Governo.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, il mio è soltanto un ricordo per un artigiano di nome Renato Abramo, un artigiano di Udine che dopo aver scritto due lettere, in primis all'ex Ministro Fornero e in seconda battuta allo stesso Primo Ministro Letta, pochi giorni fa si è ucciso, è andato a finire sotto un treno a 68 anni visto che non ce la faceva più. Bene, io voglio ricordare e ricorderò in quest'Aula sempre artigiani e lavoratori che continueranno purtroppo a uccidersi, considerando che lo stesso Ministro Giovannini ha riportato in ottobre l'affare esodati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ricordo che domani alle 15 c’è lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata alle quali parteciperà e risponderà il Presidente del Consiglio.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 10 luglio 2013, alle 10:

  (ore 10 e ore 16)

  1. – Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale ordinario di Roma – I sezione civile, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 56 del 2013.

  2. – Deliberazione in merito alla ratifica della costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte di Cassazione di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 14 del 2013.

  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale (C. 1139-A).
  – Relatori: Borghi (per l'VIII Commissione) e Fitto (per la X Commissione), per la maggioranza; Mannino (per l'VIII Commissione) e Crippa (per la X Commissione), di minoranza.

  4. – Seguito della discussione della mozione Cenni, Zaccagnini, Lupo, Faenzi, Catania, Franco Bordo, Caon, Rampelli ed altri n. 1-00015 concernente iniziative in merito alla diffusione in agricoltura di Pag. 65organismi geneticamente modificati, con particolare riferimento all'esercizio della clausola di salvaguardia.

  5. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   REALACCI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali correlati (C. 67-A).
   e delle abbinate proposte di legge: BRATTI ed altri; PELLEGRINO ed altri; DORINA BIANCHI (C. 326-893-1043).
  – Relatore: Dorina Bianchi.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Giorgia Meloni ed altri n. 1-00071, Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz ed altri n. 1-00138 e Baldelli n. 1-00140 concernenti iniziative a salvaguardia del bilinguismo nella toponomastica della provincia autonoma di Bolzano.

  (ore 15)

  7. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 19,10.

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