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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 3 febbraio 2023

TESTO AGGIORNATO AL 4 APRILE 2023

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli
nella seduta del 3 febbraio 2023.

  Albano, Ascani, Benvenuto, Bignami, Bitonci, Braga, Cappellacci, Caretta, Carloni, Cattaneo, Cecchetti, Cirielli, Colosimo, Enrico Costa, Sergio Costa, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferrante, Ferro, Fitto, Foti, Frassinetti, Freni, Gava, Gebhard, Gemmato, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Guerini, Gusmeroli, Leo, Lollobrigida, Lupi, Magi, Mangialavori, Mazzi, Meloni, Minardo, Molinari, Molteni, Montaruli, Nordio, Orsini, Nazario Pagano, Pavanelli, Pichetto Fratin, Prisco, Rampelli, Richetti, Rixi, Roccella, Rotelli, Scerra, Schullian, Serracchiani, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri, Siracusano, Sportiello, Stumpo, Tajani, Trancassini, Tremonti, Zaratti, Zucconi.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 2 febbraio 2023 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:

   FORMENTINI ed altri: «Ratifica ed esecuzione del Protocollo emendativo dell'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di San Marino, con Allegato, del 5 marzo 2008, fatto a Roma il 27 settembre 2021» (853);

   SCHIFONE e FOTI: «Istituzione della Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche» (854);

   GUSMEROLI: «Incentivi per l'acquisto di grandi elettrodomestici ad elevata efficienza energetica con contestuale riciclo degli apparecchi obsoleti» (855);

   CARAMIELLO: «Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali per la pesca professionale nonché delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti la pesca e l'acquacoltura» (856);

   ILARIA FONTANA: «Modifiche ai decreti legislativi 3 aprile 2006, n. 152, e 13 agosto 2010, n. 155, e alla legge 14 gennaio 2013, n. 10, concernenti misure per il contrasto dei cambiamenti climatici» (857);

   ILARIA FONTANA ed altri: «Legge quadro in materia di vigilanza ecologica volontaria» (858).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge BIGNAMI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus SARS-CoV-2 e sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale» (446) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Buonguerrieri.

Trasmissione dal Senato.

  In data 2 febbraio 2023 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente progetto di legge:

  S. 108-376. – Senatori ALFIERI ed altri; DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo e Scambio di lettere, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, b) Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978 e dal Protocollo del 23 febbraio 2015, fatto a Roma il 23 dicembre 2020, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno» (approvato, in un testo unificato, dal Senato) (859).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge
a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIRIELLI: «Modifica dell'articolo 27 della Costituzione in materia di responsabilità penale» (285) Parere della II Commissione;

  PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIRIELLI: «Modifica all'articolo 111 della Costituzione in materia di tutela delle vittime di reati e delle persone danneggiate da reati» (286) Parere della II Commissione.

   II Commissione (Giustizia):

  BRAMBILLA: «Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di allontanamento del minore dalla casa familiare nei casi di emergenza» (62) Parere delle Commissioni I, V e XII;

  CIRIELLI: «Introduzione dell'articolo 187-bis del codice penale e altre disposizioni in materia di risarcimento dei danni da parte dello Stato in favore delle vittime di reati» (289) Parere delle Commissioni I e V.

   VI Commissione (Finanze):

  BERRUTO ed altri: «Disposizioni concernenti il potenziamento del credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe, società e associazioni sportive» (550) Parere delle Commissioni I, V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X e XIV.

   VII Commissione (Cultura):

  COMAROLI ed altri: «Disposizioni per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo economico delle città murate» (190) Parere delle Commissioni I, III, V, VIII, X e XIV.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 1° febbraio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Club alpino italiano (CAI), per l'esercizio 2020, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 46).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 1° febbraio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Giunta storica nazionale e degli istituti della rete, per l'esercizio 2021, cui sono allegati i documenti rimessi dagli enti ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 47).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro
per i rapporti con il Parlamento.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 febbraio 2023, ha trasmesso il parere reso dalla Conferenza unificata, nella seduta del 26 gennaio 2023, sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 2 gennaio 2023, n. 1, recante disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori (atto Camera n. 750).

  Questo parere è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di progetti
di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 2 febbraio 2023, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):

   proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele (COM(2022) 748 final), corredata dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto (SWD(2022) 436 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);

   relazione della Commissione al Consiglio sull'attuazione della raccomandazione del Consiglio sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (COM(2023) 43 final), che è assegnata in sede primaria alla XI Commissione (Lavoro).

  La Commissione europea, in data 2 febbraio 2023, ha trasmesso un nuovo testo della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa (rifusione) (COM(2022) 542 final/2), che sostituisce il documento COM(2022) 542 final, già assegnato, in data 18 gennaio 2023, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), nonché, in data 20 gennaio 2023, alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà.
  La Corte dei conti europea, in data 2 febbraio 2023, ha comunicato la pubblicazione della relazione speciale n. 2/2023 – Rispondere alla COVID-19 adattando le norme sulla politica di coesione, che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI (COM(2022) 761 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 2 febbraio 2023, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà, il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 2 febbraio 2023.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 2 febbraio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:

   proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE per rendere i mercati pubblici dei capitali nell'Unione più attraenti per le imprese e per facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese ai capitali, e che abroga la direttiva 2001/34/CE (COM(2022) 760 final);

   proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI (COM(2022) 761 final);

   comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Relazione di valutazione dei quadri strategici nazionali per i Rom degli Stati membri (COM(2023) 7 final).

Trasmissione dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.

  Il direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, con lettera in data 25 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, la relazione sulla sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, riferita all'anno 2022 (Doc. CLXXX-bis, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 19 e 23 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Locri (Reggio Calabria) e Veglie (Lecce).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal Garante
del contribuente per il Molise.

  Il Garante del contribuente per il Molise, con lettera in data 24 gennaio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Molise, riferita all'anno 2022.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Garante
del contribuente per l'Emilia-Romagna.

  Il Garante del contribuente per l'Emilia-Romagna, con lettera pervenuta in data 30 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale in Emilia-Romagna, riferita all'anno 2022.

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 17, 20 e 26 gennaio 1° e 2 febbraio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 5-bis, 6 e 10 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle sottoindicate Commissioni:

   alla II Commissione (Giustizia) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero della giustizia:

    alla dottoressa Margherita Cardona Albini, l'incarico di vice capo del Dipartimento per gli affari di giustizia;

   alla V Commissione (Bilancio) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:

    alla dottoressa Barbara Luisi, l'incarico di direttore dell'Ufficio di gabinetto nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'economia e delle finanze;

   alla VI Commissione (Finanze) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:

    al dottor Ilario Scafati, l'incarico di consulenza, studio e ricerca nell'ambito del Dipartimento delle finanze;

   alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'università e della ricerca:

    alla dottoressa Arianna Domenici, l'incarico presso l'Ufficio di gabinetto del Ministro dell'università e della ricerca;

   alla VIII Commissione (Ambiente) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:

    all'ingegnere Francesco Sorrentino, l'incarico di direzione del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria, nell'ambito del Dipartimento per le opere pubbliche le politiche abitative e urbane, le infrastrutture idriche e le risorse umane e strumentali;

   alla X Commissione (Attività produttive) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero delle imprese e del made in Italy:

    al dottor Amedeo Teti, l'incarico di direttore della Direzione generale per la tutela della proprietà industriale – Ufficio italiano brevetti e marchi.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 20, 24 e 27 gennaio 2023, ha trasmesso le seguenti comunicazioni concernenti la revoca di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:

   alla V Commissione (Bilancio) la comunicazione concernente la revoca del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:

    revoca dell'incarico, conferito al dottor Stefano Scalera, di consulenza, studio e ricerca nell'ambito del Dipartimento del tesoro;

   alla X Commissione (Attività produttive) le comunicazioni concernenti la revoca dei seguenti incarichi nell'ambito del Ministero delle imprese e del made in Italy:

    revoca dell'incarico, conferito al dottor Simone Vellucci, di direzione dell'Unità di missione per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

   revoca dell'incarico, conferito alla dottoressa Barbara Luisi, di vice segretario generale;

    revoca dell'incarico, conferito al dottor Fabio Vitale, di direttore della Direzione generale per la vigilanza sugli enti cooperativi e sulle società.

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 25 gennaio 2023, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del dottor Matteo Zoppas, della dottoressa Barbara Beltrame Giacomello, della dottoressa Giuseppina (detta José) Rallo, del signor Daniele Vaccarino e del signor Ivano Vacondio a componenti del consiglio di amministrazione dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

  Questa comunicazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

  Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera in data 25 gennaio 2023, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il rinnovo dell'incarico, conferito al dottor Roberto Luongo, di direttore generale dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

  Questa comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2023, a pagina 8, alla prima colonna, trentanovesima e quarantesima riga, le parole: «(COM(2023) 34 final)» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «(COM(2023) 37 final)».

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2023, a pagina 3, seconda colonna, quintultima riga, dopo la parola: «XI» deve intendersi inserita la seguente: «, XII».

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2023, a pagina 3, seconda colonna, dodicesima riga, dopo la parola: «II» devono intendersi inserite le seguenti: «(ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)».

MOZIONI MOLINARI ED ALTRI N. 1-00038, FOTI ED ALTRI N. 1-00039, BONELLI ED ALTRI N. 1-00054, CATTANEO ED ALTRI N. 1-00055, PAVANELLI ED ALTRI N. 1-00043, SIMIANI ED ALTRI N. 1-00057 E MANES ED ALTRI N. 1-00058 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA PROPOSTA DI DIRETTIVA EUROPEA SULLA PRESTAZIONE ENERGETICA NELL'EDILIZIA

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    la burocrazia europea torna nuovamente a colpire il tessuto economico e patrimoniale italiano e questa volta lo fa sotto la bandiera della transizione ecologica;

    dopo anni di silenzio, la Commissione europea, con il recupero della proposta fatta nel 2021, pone al vaglio della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, del Parlamento il 9 febbraio 2023, quello che appare come l'ennesimo obbrobrio giuridico: con l'obbiettivo di ridurre l'impatto ambientale degli edifici, intende fissare l'obbligo per tutti gli immobili residenziali di raggiungere una determinata classe energetica entro il 2030;

    il testo della direttiva, al momento ancora in fase di trattativa, prevede che entro il 1° gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere almeno la classe energetica E; successivamente, dopo altri tre anni, nel 2033, dovranno arrivare alla classe D, ed essere ad emissione zero nel periodo compreso tra il 2040 e il 2050;

    la richiesta dell'Europa comporterà, dunque, l'obbligo per gli Stati membri di ristrutturazione del patrimonio edilizio; in caso contrario potrebbero essere applicate delle sanzioni ai singoli Stati;

    una delle proposte iniziali prevedeva, addirittura, che fosse impedita la vendita o l'affitto della casa se non fosse stata a norma con l'efficienza energetica; tale ipotesi sembra per ora fortunatamente tramontata, ma comunque gli immobili che non verranno ristrutturati perderanno di valore, il che si prefigura come una stangata per i contribuenti, sia che affrontino le spese di ristrutturazione e sia che rinuncino per l'onerosità dei costi;

    così facendo, dunque, Bruxelles dimostra ancora una volta di non conoscere le diversità che caratterizzano gli Stati membri e più nel dettaglio le particolarità dell'edilizia e urbanistica italiana e del patrimonio immobiliare italiano;

    l'Italia ha visto crescere il proprio tessuto urbano tra gli anni '60 e '80 dello scorso secolo, con una netta diminuzione delle costruzioni nei decenni successivi. Molte costruzioni sono precedenti alle normative sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica, oppure sono state edificate in zone che solo successivamente sono divenute aree protette e sottoposte a vincolo;

    si è venuto così a delinearsi, nel tempo, un quadro edilizio molto particolare di cui le istituzioni europee non possono non tenere conto;

    risulta evidente, infatti, che differentemente dai Paesi nordici, ove gli immobili sono quasi tutti di recente costruzione, l'Italia ha alle sue spalle una lunga storia edilizia che non può essere di colpo adeguata a standard moderni imposti dalle pressanti richieste di ambientalismo ideologico;

    il patrimonio edilizio italiano, secondo lo studio condotto dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Agenzia delle entrate, si compone di oltre 57 milioni di unità immobiliari, di cui almeno 19,5 milioni sono abitazioni principali. La maggior parte degli immobili italiani ha una classe energetica di riferimento tra G e F. L'avanzamento di classe energetica richiede solitamente un taglio dei consumi di circa il 25 per cento con interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari. Una serie di interventi, nonché opere di ristrutturazione e ammodernamento, che necessitano di ingenti investimenti economici per il raggiungimento dei minimi previsti dalla Commissione europea;

    imporre dall'alto e in maniera indistinta l'efficientamento energetico significa gravare i cittadini di un ingiustificato esborso economico che si sommerebbe al già complesso periodo di crisi derivante dal Covid e dal caro energia;

    l'Italia è un Paese che si compone di un'intricata rete di borghi, comuni e piccole frazioni arricchite da immobili storici e secolari. Molti di questi sono adibiti ad abitazione principale oppure sono sede di istituzioni ed enti. Pare evidente, quindi, che la direttiva proposta risulterebbe di impossibile applicazione sul territorio nazionale;

    il tipo di ambientalismo e di lotta alle emissioni messo in campo dall'Europa non trova alcun riscontro con la realtà e le esigenze dei cittadini. La direttiva proposta, infatti, evidenzia nuovamente come le azioni europee siano veicolate dal perseguimento degli interessi di alcuni Stati membri a discapito di altri. L'approvazione di una simile direttiva avrebbe il solo effetto di svalutare il patrimonio edilizio italiano e di impoverire i cittadini;

    l'Italia ha da sempre investito sul mattone e non a caso è uno dei Paesi con il più alto numero di proprietari di abitazioni;

    quindi, la direttiva proposta si esplica come un chiaro attacco all'economia e al patrimonio edilizio italiano e, pertanto, dovrà essere oggetto della più dura opposizione,

impegna il Governo

1) ad adottare le iniziative di competenza presso le competenti istituzioni europee al fine di scongiurare l'introduzione di una disciplina quale quella di cui in premessa.
(1-00038) «Molinari, Giglio Vigna, Candiani, Gusmeroli, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Bellomo, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bisa, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Matone, Miele, Minardo, Montemagni, Morrone, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Sasso, Stefani, Sudano, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».


   La Camera,

   premesso che:

    sono prossimi alla conclusione i lavori, avviati oramai da oltre diciotto mesi, della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo, sul progetto di rifusione della direttiva sull'efficienza energetica nell'edilizia (Com (2021) 802 final);

    detto provvedimento, contenuto nel pacchetto «Fit for 55», segna le politiche energetiche nazionali con un rilevante impatto per il comparto edilizio; nel testo della proposta di direttiva, ora all'esame del Parlamento europeo, sono presenti – infatti – una serie di norme che dispongono interventi obbligatori sugli immobili volti a fare scomparire quelli con ridotte prestazioni energetiche, secondo una tempistica troppo ravvicinata e senza prendere in dovuta considerazione le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano;

    in particolare, tra le proposte di compromesso che saranno poste all'esame della Commissione Itre (energia) del Parlamento europeo, il prossimo 9 febbraio, gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere dal 1° gennaio 2030, almeno la classe energetica E, inoltre dal 1° gennaio 2033, almeno la classe di prestazione energetica D;

    in Italia, gli edifici ad uso residenziale sono 12.420.0000, per un totale complessivo di abitazioni pari a quasi 32 milioni; lo stock edilizio italiano ha più di 45 anni o è stato costruito nel periodo antecedente l'entrata in vigore della legge 30 marzo 1976, n. 373, volta a dettare «Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici»;

    nel testo del provvedimento non è prevista in favore degli Stati membri la sufficiente flessibilità per adattarsi al contesto nazionale, per valutarne la fattibilità, le necessità economiche e verificare la capacità finanziaria dei proprietari e dei conduttori, chiamati ad approntare gli interventi predetti;

    l'adozione di tecniche innovative relative all'efficientamento energetico richiede, infatti, un lasso di tempo confliggente con quello, piuttosto ristretto, previsto dalle proposte che saranno poste all'attenzione della Commissione Itre (energia) del Parlamento europeo;

    se la proposta di direttiva non dovesse essere modificata nella parte relativa alle tempistiche e alle classi energetiche, si stima che dovranno essere ristrutturati oltre nove milioni di edifici residenziali: per migliorare le prestazioni energetiche di milioni di edifici, in un arco temporale così limitato, è necessario disporre di obiettivi realistici; la proposta di direttiva oltre a rappresentare un rischio per i proprietari e per il valore degli immobili, costituisce anche un serio pericolo per le banche e per le loro garanzie: una riduzione generalizzata del valore del patrimonio immobiliare italiano, farebbe conseguentemente emergere un problema creditizio;

    la proposta così formulata, inoltre, non presenta alcuna distinzione in relazione alle caratteristiche peculiari del patrimonio immobiliare italiano, il quale, a differenza di altri Stati europei, si è sviluppato in larga misura nella prima metà del secolo scorso;

    la proposta di direttiva stabilisce, inoltre, che dal 2030 potranno essere edificati solo edifici a emissioni zero, prevedendo che negli stessi il residuo fabbisogno energetico possa essere soddisfatto solo da fonti rinnovabili generate in loco, con ciò di fatto indicando un unico vettore energetico ed escludendo tutte le altre tecnologie che non possono garantire il rispetto del principio della «generazione in loco», senza peraltro fondare tale limitazione su una corretta analisi sull'intero ciclo di vita delle diverse fonti e vettori energetici;

    facendo riferimento solo alle fonti rinnovabili di energia generate in loco si esclude infatti la possibilità che il residuo fabbisogno energetico dei nuovi edifici al 2030 possa essere soddisfatto con fonti rinnovabili (quali il biometano, il bioGPL, o altri prodotti rinnovabili anche da carbonio riciclato) che non sono generati in loco ma che vengono stoccati presso l'edificio o che alimentano lo stesso tramite rete;

    di conseguenza, le limitazioni poste dalle definizioni di edificio a emissioni zero (o quasi-zero) non solo risultano in contrasto con il principio di neutralità tecnologica, ma rappresentano un ostacolo allo sviluppo degli investimenti per la produzione dei gas rinnovabili, settore in cui l'Italia vanta eccellenze nazionali;

    le citate limitazioni penalizzano in modo rilevante la nostra Nazione, che vedrebbe bloccati i progetti in atto per la produzione di gas rinnovabili così come di apparecchiature in grado di impiegarli con elevatissimi rendimenti energetici, progetti che sono, invece, in grado di contribuire alla decarbonizzazione non solo degli edifici di nuova costruzione ma di tutto il patrimonio edilizio già esistente, anche in considerazione del fatto che l'impiego di gas nella climatizzazione invernale consente di minimizzare l'impatto del settore del riscaldamento anche sulla qualità dell'aria di molte aree in ambito nazionale;

    la proposta di direttiva in esame evidenzia, ancora una volta, una mancanza di attenzione nei confronti delle realtà nazionali dei singoli Stati, o, almeno, di alcuni di essi;

    appare evidente, inoltre, che più si va verso la direzione di una tassazione eco-patrimoniale, più si generano le condizioni di impoverimento degli italiani e più si creano problemi per il sistema creditizio italiano,

impegna il Governo:

1) a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della prospettata normativa di prossima adozione, facendo valere in sede europea la peculiarità dell'Italia, una Nazione a proprietà immobiliare diffusa e dal patrimonio edilizio risalente nel tempo, dotata di una efficiente rete di stoccaggio e distribuzione di prodotti energetici in grado di rifornire anche gli edifici di nuova costruzione a più basso fabbisogno energetico;

2) a proporre in sede europea accorgimenti e agevolazioni proporzionati al grado di intervento relativo all'avanzamento di classe energetica necessario;

3) a valutare un prolungamento delle tempistiche di intervento commisurato alla capacità reddituale dei cittadini italiani, tenendo conto del complesso periodo di crisi derivante dal Covid e dal caro energia.
(1-00039) (Nuova formulazione) «Foti, Mantovani, Rotelli, Mattia, Benvenuti Gostoli, Iaia, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri, Ambrosi, Caiata, Di Maggio, Donzelli, Giordano, Pietrella, Rotondi».


   La Camera,

   premesso che:

    il 12 dicembre 2015 si è conclusa a Parigi la XXI Conferenza delle Parti (COP21), con l'obiettivo di pervenire alla firma di un accordo volto a regolare il periodo post-2020. Tale accordo, adottato con la decisione 1/CP21, definisce quale obiettivo di lungo termine il contenimento dell'aumento della temperatura del pianeta, ben al di sotto dei 2 °C e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1.5 °C rispetto ai livelli pre-industriali;

    l'Italia ha ratificato l'accordo con la legge n. 204 del 2016 e in base a quanto chiarito con il comunicato del Ministero degli affari esteri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2016, l'Accordo è entrato in vigore per l'Italia l'11 dicembre 2016;

    l'Accordo di Parigi si inquadra nella più ampia cornice definita dall'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (il programma d'azione adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015) e si integra con i traguardi dell'Agenda, a partire dall'obiettivo 13 «Lotta contro il cambiamento climatico»;

    con il Regolamento (UE) 2018/1999 è stato istituito un sistema di Governance dell'Unione dell'Energia, che mira a pianificare e tracciare le politiche e misure messe in atto dagli Stati membri dell'Ue al fine del raggiungimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni, incremento dell'efficienza energetica, ricerca e innovazione, sicurezza energetica e sviluppo del mercato interno dell'energia;

    l'articolo 15 del Regolamento (UE) 2018/1999 prevede, tra l'altro, che ciascuno Stato membro elabori e comunichi alla Commissione, entro il 1° gennaio 2020, poi entro il 1° gennaio 2029 e successivamente ogni 10 anni, la propria strategia a lungo termine. La Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra è stata adottata e trasmessa all'Ue nel primo bimestre del 2021;

    nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il Consiglio europeo con le conclusioni del 12 dicembre 2019 ha stabilito che tutte le politiche e normative dell'Unione devono essere coerenti con tale traguardo, successivamente sancito dalla normativa europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119), che ha introdotto un ulteriore obiettivo da conseguire entro il 2030, consistente in una riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;

    il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha quindi presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato «Pronti per il 55 per cento» (Fit for 55), volte a rivedere la normativa dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, energia e trasporti, per consentire il raggiungimento del nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;

    il pacchetto presenta 15 strumenti legislativi atti a conseguire gli obiettivi stabiliti dalla normativa europea sul clima, e di imprimere l'accelerazione necessaria alla riduzione delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni, che trovano applicazione in diversi settori, da quello energetico e climatico, all'uso del suolo, dai trasporti alla fiscalità;

    tra gli strumenti del Fit for 55 rivestono, tra le altre, particolare rilevanza la proposta di modifica della direttiva sull'efficienza energetica, che reitera il concetto di energy efficiency first (priorità all'efficienza energetica) con l'obiettivo di raggiungere una riduzione del 39 per cento del consumo di energia primaria rispetto ai valori del 1990 e una proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (Epbd), che punta ad avere in tutta Europa, entro il 2050, edifici a zero emissioni;

    una delle principali novità della revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (Epbd) è l'introduzione di standard minimi di prestazione energetica per innescare la necessaria trasformazione del settore. A questo proposito, la proposta di modifica della Commissione prevede che il 15 per cento del patrimonio edilizio con le peggiori prestazioni di ciascun Paese membro debba passare per gli edifici pubblici e non residenziali dalla classe G alla classe F entro il 2027 e alla classe E entro il 2030, mentre gli edifici residenziali avranno invece tempo fino al 2030 per portare il proprio certificato a livello F e fino al 2033 per portarlo alla classe E;

    ciascun Paese dell'Unione sarà chiamato a mettere a punto il proprio piano nazionale di ristrutturazione degli immobili, che sarà redatto sulla base delle condizioni nazionali, dello stock degli edifici, della disponibilità dei materiali e di lavoratori;

    sul testo della proposta di revisione della direttiva, il 25 ottobre 2022 il Consiglio dell'Ue ha raggiunto un accordo definito «orientamento generale», sul quale il Parlamento europeo con la Commissione Industria Ricerca e Energia è previsto debba esprimersi il prossimo 9 febbraio e successivamente, entro il prossimo mese di marzo, essere oggetto dell'incontro negoziale tra Commissione, Parlamento e Consiglio;

    in occasione della riunione dei Ministri dell'energia dei 27 Stati membri dell'Unione che hanno raggiunto l'accordo sulla proposta di revisione della direttiva, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin ha espresso apprezzamento da parte dell'Italia in merito al testo della proposta, dicendo che «...il compromesso rende un po' più agevole la riqualificazione degli edifici esistenti non residenziali» e, per quanto riguarda la parte sugli edifici residenziali esistenti, «...la proposta della presidenza rappresenta un compromesso, un equilibrio, tra ambizione e fattibilità, in uno spirito che possiamo quindi accettare»;

    la direttiva, una volta approvata dal Parlamento europeo, si applica agli Stati membri, non ai singoli cittadini, e non prevede sanzioni per i proprietari degli immobili, ma incarica ciascun Paese di decidere in che modo e con quali criteri applicare ed incentivare gli interventi di ristrutturazione degli immobili;

    con quasi il 45 per cento dei consumi finali, quello degli edifici è il primo settore in Italia per consumi di energia, con oltre i due terzi derivanti da abitazioni residenziali, settore che nel corso degli anni ha aumentato più di tutti gli altri la propria fame di energia: dal 1990 al 2019, escludendo la riduzione congiunturale dell'anno della pandemia, è passato da 34 a quasi 50 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) con un incremento del 44 per cento;

    per soddisfare il fabbisogno energetico delle abitazioni, nel 2021 in Italia sono state consumate 33 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), di cui oltre il 50 per cento rappresentato da gas (circa 22 miliardi di metri cubi) e poco meno del 20 per cento di energia elettrica, immettendo in atmosfera circa 70 milioni di tonnellate di gas serra;

    secondo l'analisi condotta da Odyssee-Mure, lo strumento che fornisce un monitoraggio completo dei consumi energetici e delle tendenze dell'efficienza, nonché una valutazione delle misure di politica di efficienza energetica per settore per i Paesi dell'Ue, a parità di condizioni climatiche una abitazione media italiana consuma circa il 50 per cento in più della media europea. Tale situazione è conseguenza del fatto che negli ultimi due decenni mentre gli altri Paesi europei hanno progressivamente ridotto i consumi delle abitazioni mettendo in campo politiche e misure di efficientamento efficaci, l'Italia è rimasta ferma al palo: in vent'anni, infatti, i consumi energetici medi di una casa italiana non sono praticamente cambiati, mentre in Europa in media sono stati tagliati del 17 per cento e alcuni Paesi come la Francia, si sono spinti verso un taglio di oltre il 20 per cento;

    con il protrarsi della pandemia da Covid-19, lo scoppio della guerra in Ucraina e il ritorno dell'inflazione, il 2022 è stato definito dagli esperti l'anno della tempesta perfetta. E il 2023, appena iniziato, non sarà da meno. La corsa dei prezzi non abbandonerà gli italiani, anzi, tra ottobre 2022 e fine settembre di quest'anno, il cosiddetto anno termico, la bolletta di un condominio tipo che consuma 15.000 metri cubi di gas l'anno potrebbe aumentare del 176 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020-2021, mentre per un'utenza condominiale tipo, con consumi elettrici di 2.500 chilowattora l'anno e 3 chilowatt di potenza impegnata, la bolletta della luce potrebbe aumentare del 6 per cento rispetto all'anno termico 2021/2022 e del 60 per cento nel confronto con due anni fa;

    secondo l'Oipe (Osservatorio italiano sulla povertà energetica) e sulla base degli indici elaborati dai ricercatori della Banca d'Italia, le famiglie il cui reddito è considerato insufficiente per riscaldare in modo adeguato le abitazioni in inverno ammontavano nel 2018 a 2,3 milioni, l'8,8 per cento del totale, un incremento di un punto e mezzo percentuale rispetto ai quattro anni precedenti e un massimo storico dal 1997. Tale dato è drammaticamente in aumento per effetto della crisi internazionale scaturita dal conflitto ucraino, che ha determinato l'aumento spropositato dei prezzi dell'energia primaria, con rincari delle bollette del gas e dell'energia elettrica di almeno 5 volte rispetto alla situazione pre-crisi;

    i nuclei familiari che non riescono per motivi economici, sociali ed abitativi a riscaldare o raffrescare adeguatamente l'abitazione sono esposti a maggiori rischi per la propria salute, sia nel caso di permanenza continuativa al di sotto dei 18 gradi, soglia giudicata pericolosa dall'Oms, sia per un'eccessiva esposizione ad alte temperature, una situazione in prospettiva destinata ad aggravarsi con gli effetti del riscaldamento climatico e l'aumento della durata dei periodi caldi o delle onde di calore;

    uno degli obiettivi del Piano di transizione ecologica (PTE), approvato dal CITE l'8 marzo 2022, è di ridurre a breve e in modo significativo l'incidenza della povertà energetica sul totale delle famiglie, andando oltre lo strumento del «bonus sociale» e lo sconto sulla bolletta elettrica, con misure più strutturali di promozione mirata dell'efficientamento energetico delle abitazioni, in termini sia di supporto finanziario sia di facilità di accesso alle iniziative che saranno rese disponibili;

    gli interventi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono fondamentali sia per raggiungere l'obiettivo di piena decarbonizzazione riducendo l'uso delle fonti fossili, considerando che oltre il 60 per cento del parco edilizio residenziale italiano (12,42 milioni di edifici) ha più di 45 anni e fa affidamento sul gas naturale come principale fonte di energia, sia per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili riducendo le dispersioni di calore e più in generale il fabbisogno energetico annuale dell'energia primaria per il riscaldamento, il raffrescamento, per la ventilazione e per la produzione di acqua calda sanitaria, con l'abbattimento dei costi di esercizio degli impianti domestici;

    gli immobili più energivori sono quelli in cui si ritiene che, attraverso una spesa minore, sia possibile raggiungere benefici maggiori in termini di riduzione dei consumi, di ritorno economico e anche di benessere sociale, stante che i residenti di queste abitazioni sono quelli più spesso colpiti da povertà energetica;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenta un deciso impulso all'avvio di un processo di transizione ecologica di grande portata garantendo un volume di investimenti di rilievo assoluto, pari a 222,1 miliardi di euro vincolati ad un serrato cronoprogramma che si chiuderà nel 2026;

    la Componente C3 della «Missione 2», denominata «Rivoluzione verde e Transizione Ecologica», (alla quale sono destinati 15,22 miliardi, che salgono a 21,94 miliardi con il fondo complementare) ha come obiettivo quello di rafforzare il risparmio energetico incrementando il livello di efficienza degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni come già avviato dalla misura conosciuta come «superbonus»;

    secondo i dati presentati dall'Enea nel suo rapporto sul superbonus 110 per cento, al 31 dicembre 2022, erano in corso 359.440 interventi edilizi incentivati, per circa 62,4 miliardi di investimenti ammessi a detrazione, che porteranno a detrazioni per 68,7 miliardi di euro. Sono 48.087 i lavori condominiali avviati (70 per cento già ultimati), che rappresenta il 46,1 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 208.622 (77 per cento già realizzati), il 38 per cento del totale degli investimenti, e 102.725 (82,2 per cento già realizzati) che rappresentano il 15,9 per cento degli investimenti;

    sulla base dei dati Enea, si stima che, per i soli interventi di natura energetica legati al superbonus, al 31 maggio 2022 nel nostro Paese sono stati attivati investimenti per oltre 30 miliardi di euro su oltre 172.000 edifici (di cui il 15,46 per cento condomini), i cui interventi hanno permesso la riqualificazione energetica di circa 40 milioni di metri quadri di edifici, di cui il 58 per cento rappresentato da condomini, con un risparmio di energia primaria di circa 5.650 Gigawattora/anno, di cui circa il 63,4 per cento connesso ad interventi sulle superfici opache e trasparenti, la restante quota connessa agli impianti termici;

    per quanto concerne la quantificazione del potenziale risparmio per gli utenti, si stima che ogni passaggio di classe energetica ottenuta da un edificio oltre a rappresentare un aumento del valore immobiliare del bene per i proprietari e contestualmente un vantaggio in termini di riduzione di circa il 20 per cento dei consumi energetici, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra associate all'energia,

impegna il Governo:

1) a confermare la posizione favorevole dell'Italia espressa il 25 ottobre 2022 in occasione della riunione dei Ministri dell'energia dei 27 Stati membri dell'Unione europea, che hanno raggiunto l'accordo sulla proposta di revisione della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (Epbd), anche in considerazione degli obiettivi di neutralità climatica al 2050;

2) a porre in essere tutte le iniziative necessarie affinché il testo finale della direttiva contenga forti tutele sociali ed economiche per i proprietari, a partire dalle fasce sociali più deboli, anche utilizzando il Fondo sociale per il clima, i finanziamenti del Recovery Fund, e i fondi derivanti da una razionalizzazione di tutti gli ecobonus in modo da rafforzare tutti gli strumenti che possono facilitare l'investimento iniziale con riduzione consistenti di oneri economici a carico delle famiglie per gli interventi di ristrutturazione degli immobili;

3) ad adottare iniziative volte a rivedere l'articolato quadro degli incentivi e agevolazioni fiscali sugli interventi edilizi in vigore, stabilizzando la misura di detrazione fiscale del superbonus nell'arco di 10 anni per far fronte al costo degli interventi per l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato, escludendo dal sistema incentivante le tecnologie di riscaldamento a combustione alimentati da fonti fossili, con un meccanismo semplificato e legato in modo più stringente al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici e prevedendo percentuali di detrazione differenziate secondo le fasce di reddito, con la massima detrazione destinata alle fasce più deboli e ai proprietari di immobili destinati alla prima casa;

4) ad adottare iniziative volte a prevedere un adeguato rifinanziamento del Fondo nazionale per l'efficienza energetica di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, prevedendo una riserva delle risorse all'erogazione di contributi per gli interventi di riqualificazione energetica dell'edilizia residenziale pubblica;

5) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte alla massima semplificazione delle procedure amministrative per la realizzazione di interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici e per l'installazione d'impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, che devono essere esonerati dal pagamento di oneri e contributi a qualsiasi titolo, anche mediante l'istituzione di sportelli unici telematici territoriali con funzioni di formazione, informazione, assistenza tecnico-amministrativa e finanziaria, a supporto di cittadini ed imprese, per la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica, la produzione di energia da fonti rinnovabili, l'autoconsumo collettivo e le comunità energetiche;

6) ad adottare iniziative volte a disporre un piano straordinario di formazione professionale per il green building, riconvertendo parte dell'attuale sistema di formazione professionale verso specifici profili tecnici di esperti progettisti ed esecutori di interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici, anche accompagnando la riqualificazione di lavoratori provenienti da imprese in crisi aziendale.
(1-00054) «Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zanella, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    in sede europea è in corso l'esame di un progetto di direttiva sull'efficienza energetica nell'edilizia (Com (2021) 802 final), proposta dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021, che fa parte delle misure da adottare nell'ambito del «Fit for 55», al fine di raggiungere gli obiettivi di efficientamento energetico e decarbonizzazione fissati a livello europeo;

    l'elemento centrale della direttiva è l'introduzione di standard minimi di prestazione energetica per gli edifici, con l'introduzione di obblighi di riqualificazione per migliorarne il rendimento energetico. Ogni Stato membro dovrà stabilire la propria strategia a lungo termine nell'ambito di un Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, per sostenere la modernizzazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati, in vista dell'obiettivo della neutralità climatica al 2050;

    per quanto riguarda l'esame del Consiglio europeo, la Presidenza ceca ha promosso un testo di compromesso su cui, il 25 ottobre 2022, il Consiglio dei ministri UE dell'energia ha definito un orientamento generale;

    l'azione italiana, portata avanti dal precedente esecutivo per tutto il 2022, si è concentrata principalmente intorno agli standard minimi di prestazione energetica degli edifici (articolo 9). In merito alle posizioni negoziali, da un lato, Italia, Cipro, Grecia, Malta, Spagna e altri avevano chiesto un timing di adeguamento flessibile per avere un parco immobiliare compatibile con la neutralità climatica nel 2050. Dall'altro lato, Germania, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo avevano chiesto target e tempistiche più stringenti;

    il compromesso finale raggiunto ha consentito, in primis, di rivedere le tempistiche di adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici, in modo da renderle più graduali e meno stringenti, e di garantire, inoltre, la possibilità di esenzione per alcune categorie;

    rispetto al testo iniziale proposto dalla Commissione, che stabiliva target unici per tutte le tipologie di immobili al 2030, il testo avallato dal Consiglio europeo prevede che solo gli edifici residenziali di nuova costruzione dovranno essere ad emissioni zero entro il 2030. Per gli edifici residenziali esistenti la deadline per il raggiungimento del target è il 2050, inoltre sono previste delle esenzioni per alcune tipologie di edifici, tra cui gli edifici storici, i luoghi di culto e gli edifici utilizzati a scopi di difesa;

    il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica ha annunciato una serie di osservazioni critiche a nome del Governo italiano, in vista delle successive valutazioni che si faranno in sede europea e collegando la posizione finale dell'Italia al confronto sulle propose che l'Italia farà a tutela della casa degli italiani e degli europei;

    il Parlamento europeo dovrebbe approvare la sua posizione negoziale sulla direttiva in oggetto nella plenaria di metà marzo, dopo l'esame della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (Itre) che dovrebbe concludersi il 9 febbraio 2023; successivamente all'adozione della posizione del Parlamento, potranno partire i negoziati interistituzionali fra Parlamento e Consiglio europeo al fine di raggiungere un compromesso su un testo condiviso;

    il contenuto della proposta di direttiva avrebbe un notevole impatto sul parco immobiliare italiano che consta di oltre 9 milioni di edifici residenziali. L'Italia è un Paese a proprietà immobiliare diffusa, sia per la tradizionale predisposizione ad abitare in una casa di proprietà, sia per la forte spinta ad investire nel settore immobiliare i risparmi; inoltre, il patrimonio edilizio italiano è molto risalente nel tempo ed è in grande parte dislocato in contesti peculiari, sia dal punto di vista della conformazione orografica, come i piccoli borghi montani, sia dal punto di vista dei vincoli paesaggistici ed ambientali, come i centri storici. Infine, nel nostro territorio, la maggior parte dei complessi edilizi è costituita da condomìni, la cui complessa gestione potrebbe comportare ritardi nel raggiungimento dei target della direttiva,

impegna il Governo

1) a rappresentare, in sede europea, nel corso dei negoziati, le peculiarità dell'Italia, di modo che si consenta al nostro Paese di avere la necessaria flessibilità per raggiungere obiettivi di risparmio energetico più confacenti alle proprie caratteristiche rispetto a quelli prospettati.
(1-00055) «Cattaneo, Mulè, Cortelazzo, Mazzetti, Battistoni».


   La Camera,

   premesso che:

    dalle prime direttive scaturite dal Protocollo di Kyoto all'ultimo grande piano recentemente lanciato dall'Unione europea, il cosiddetto «Green Deal europeo», l'Europa ha segnato il ritmo normativo degli Stati membri in relazione alla lotta ai cambiamenti climatici nella sua interezza, con l'intenzione di trasformare l'Unione europea in una società climaticamente neutra, verde ed equa;

    da ultimo, il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato un articolato pacchetto di proposte cosiddette «Fit for 55 per cento», quale strumento per il mantenimento degli impegni presi con l'Accordo di Parigi e reso vincolante dalla legge per il clima, finalizzato ad allineare la normativa vigente in materia al nuovo obiettivo di riduzione, entro il 2030, delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050;

    le proposte facenti parte del citato pacchetto, strettamente interconnesse e complementari, intervengono in una serie di settori: clima, energia e combustibili, trasporti, uso del suolo e silvicoltura e, tra queste, il punto focale è il riesame della direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (Epbd), con la quale si intende delineare strumenti ad hoc per raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050; tali misure si inseriscono in un percorso già avviato e teso a rendere più operativi gli strumenti di pianificazione, i cosiddetti piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, precedentemente denominati strategie di ristrutturazione a lungo termine, le cui proposte dovranno essere presentate alla Commissione entro il 30 giugno 2024, per i quali si dispone un rafforzamento del quadro di monitoraggio attraverso l'introduzione di una valutazione dei progetti dei piani da parte della medesima Commissione europea e della facoltà di formulare raccomandazioni agli Stati membri;

    gli edifici sono responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra. Il riscaldamento e il raffrescamento sono da soli responsabili dell'80 per cento dell'energia consumata dalle abitazioni;

    al fine di accelerare i tassi di ristrutturazione degli edifici, ridurre le emissioni di gas a effetto serra e il consumo di energia nonché di promuovere l'adozione di energia rinnovabile del parco immobiliare europeo, il testo, in corso di revisione, della direttiva prevede che, a partire dal 2030, tutti i nuovi edifici nell'Unione europea dovranno essere edifici a zero emissioni, mentre tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2027. Le disposizioni vigenti in materia di ristrutturazione saranno integrate dall'introduzione di standard minimi di efficienza a livello dell'Unione europea, al fine di innescare un aumento del tasso di ristrutturazione degli edifici che presentano le peggiori prestazioni, per i quali il rischio di povertà energetica è più elevato e il potenziale di miglioramento dell'efficienza energetica maggiore. Gli edifici non residenziali con un attestato di prestazione energetica di classe G (il più basso) dovranno essere ristrutturati e portati almeno alla classe F entro il 2027 e alla classe E entro il 2030. Gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno classe F entro il 2030 e classe E entro il 2033;

    in risposta all'interrogazione n. 3-00102, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr ha chiarito che il testo modificato dal Consiglio «non contiene alcun divieto o limitazione alla possibilità di vendere o affittare gli edifici non riqualificati; individua i singoli Stati membri e non i singoli proprietari come soggetti obbligati al conseguimento degli obiettivi di riqualificazione; prevede che ogni Stato membro definisca la propria strategia di riqualificazione del patrimonio immobiliare mediante l'adozione dei Piani nazionali di ristrutturazione edilizia, contenenti gli obiettivi nazionali e le indicazioni da questo previste; consente ai singoli Stati di esentare dall'applicazione degli standard minimi determinate tipologie di immobili dall'obbligo di riqualificazione.»;

    la direttiva europea sull'efficienza energetica costituisce un tassello cruciale nel quadro della legislazione europea, preposta a garantire il rispetto degli obiettivi di decarbonizzazione e delle esigenze ambientali dell'Unione europea, aggiornando continuamente i suoi termini nella continua necessità di regolare le performance degli edifici, contenere le emissioni di gas serra, contribuire allo sviluppo dell'efficienza energetica e alla generazione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta anche di una delle leve necessarie per attuare la strategia «ondata di ristrutturazioni» (Renovation wave), pubblicata nell'ottobre 2020, mediante misure concrete di regolamentazione, finanziamento e sostegno volte a raddoppiare il tasso annuo di ristrutturazione energetica degli edifici entro il 2030 e a incoraggiare ristrutturazioni profonde per edifici a ridotto o nullo consumo di energia;

    è ampiamente dimostrato che gli interventi di efficientamento energetico sugli edifici consentono una riduzione dei consumi energetici nazionali, alleggerendo la bilancia dei pagamenti sull'acquisto di energia primaria dall'estero con la conseguente riduzione dei costi di approvvigionamento energetico, nonché il miglioramento della sicurezza energetica perseguita dalla Commissione europea con la «Energy Union»;

    è innegabile come i bonus relativi all'edilizia, ed in particolare la misura del superbonus 110 per cento, abbiano svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto. Negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il Pil e l'occupazione. Secondo i dati riportati dall'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), più di un terzo dell'aumento del PIL del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni;

    nell'ultimo rapporto di ricerca sugli incentivi per una politica industriale di lungo periodo, il Censis dimostra chiaramente i benefici apportati sia in termini di entrate per lo Stato che in termini di crescita dell'occupazione. Il Censis stima che, a fronte di 55 miliardi di euro di investimenti sul patrimonio edilizio, tra agosto 2020 e ottobre 2022, siano stati 79,9 i miliardi di produzione diretta nella filiera delle costruzioni, cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell'indotto, per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Anche in termini fiscali, non può essere ignorato il contributo portato dagli effetti moltiplicativi del superbonus sul relativo gettito fiscale. Tali valutazioni si aggiungono all'aspetto primario e più rilevante della misura, ossia gli effettivi benefici in termini di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale. In base ai dati disponibili, il Censis stima che la spesa di 55 miliardi di euro abbia generato un risparmio di 11.700 Gigawattora/anno, che corrispondono a 1,1 miliardi di metri cubi di gas, pari al 40 per cento del risparmio energetico che il Piano emergenziale di riduzione dei consumi del settore domestico si prefigge di realizzare nell'autunno-inverno 2022-2023, mentre la riduzione delle emissioni di CO2 dovuta agli interventi con il superbonus è stimabile in 1,4 milioni di tonnellate di mancate emissioni; al riguardo vanno evidenziati gli effetti positivi della misura anche in termini di mobilità sostenibile grazie alla possibilità di installare, come intervento trainato, le colonnine di ricarica di veicoli elettrici che configura un incentivo alla sostituzione dei mezzi di trasporto più inquinanti;

    il superbonus risponde ad un obiettivo strategico, quale quello della transizione ecologica ed energetica, che per sua natura ha una dimensione di lungo periodo e deve necessariamente tendere ad un rinnovato approccio nella politica industriale del Paese. È dunque decisamente poco lungimirante pensare di rimodulare tale strumento sulla base di considerazioni meramente contabili, senza una visione di ampio respiro che tenga conto dell'impatto prodotto sulla spesa pubblica in termini di risorse economiche attivate, di occupazione aggiuntiva, di risparmio energetico assicurato e di gettito fiscale prodotto;

    oltre all'esame dei vari provvedimenti normativi che si sono succeduti nel corso degli anni e di cui si è dato conto, il Parlamento ha svolto un'intensa attività di indirizzo, anche nelle precedenti legislature, in relazione alla materia delle detrazioni fiscali per interventi di recupero edilizio e riqualificazione energetica. Alcuni di tali atti di indirizzo sono peraltro intervenuti nell'ambito del dibattito che ha caratterizzato negli anni la proroga e la stabilizzazione degli incentivi o la loro estensione a specifici ambiti, impegnando il Governo all'adozione di norme in tal senso;

    tra i benefici delle misure per la riqualificazione energetica devono essere altresì considerati anche gli effetti positivi in termini di contenimento della grave crisi economica attraversata dal settore delle costruzioni (nello specifico imprese edili e produttori di materiali), che ha conosciuto un calo degli investimenti negli ultimi anni maggiore del 30 per cento, nonché gli effetti sul rilancio della riqualificazione di cui necessita il parco edilizio esistente (ed in particolare della riqualificazione energetica). Numerose ricerche effettuate hanno portato a stimare in un aumento del 6 per cento l'incremento di prezzo che gli acquirenti sono disponibili a sostenere per un immobile recentemente riqualificato;

    l'Italia vanta, inoltre, una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all'efficienza energetica (caldaie, motori, inverter, smart grid, edilizia). Le imprese che si occupano di impianti e prodotti attinenti agli interventi di efficientamento energetico sono cresciute sensibilmente negli ultimi anni;

    affrontare il problema dell'inefficienza del patrimonio edilizio dell'Unione europea può essere pertanto un ulteriore stimolo positivo alla crescita: per ogni milione di euro investito nella ristrutturazione energetica degli edifici, vengono creati in media 18 posti di lavoro locali e a lungo termine. Recenti modelli economici dimostrano inoltre che il rinnovamento del parco edilizio europeo con misure di efficienza energetica come l'isolamento termico e/o l'elettrificazione della fornitura di riscaldamento con pompe di calore contribuirà a creare 1,2 milioni di posti di lavoro netti in più e un aumento del Pil dell'1 per cento entro il 2050;

    per l'importante ruolo di stimolo alla crescita e alla ripresa economica del Paese, la stabilizzazione del meccanismo del superbonus e dei bonus edilizi è fortemente condivisa e sostenuta da tutte le realtà produttive e non coinvolte nel settore: dall'industria, all'artigianato, al commercio, alle banche, ai sindacati e alle associazioni ambientaliste;

    è necessario, quindi, stimolare una combinazione efficace di finanziamenti pubblici e investimenti privati al fine di sfruttare il potenziale economico del raggiungimento degli obiettivi fissati a livello europeo, razionalizzando le risorse pubbliche e differenziandole in funzione della diversa efficienza, mediante interventi che premino soluzioni impiantistiche e tecnologiche a nullo impatto ambientale;

    ridurre la domanda di energia, fornire flessibilità e passare a fonti energetiche rinnovabili aumenterebbe il potere d'azione dell'Europa a livello internazionale oltre a ridurre la pressione economica su famiglie e imprese che, oramai da tempo, sopportano gli alti prezzi delle materie prime energetiche in bolletta,

impegna il Governo:

1) a proseguire in sede europea nel sostegno all'individuazione di adeguate misure per il raggiungimento degli obiettivi di ristrutturazione ed efficientamento energetico del parco immobiliare nazionale, anche in vista dell'obiettivo di neutralità climatica al 2050;

2) a promuovere un confronto con gli altri Paesi dell'Unione europea e con la Commissione europea affinché il costo delle ristrutturazioni del patrimonio immobiliare nazionale sia garantito da strumenti finanziari emessi in ambito unionale;

3) ad attivarsi in sede europea con adeguate iniziative affinché, ai fini della prestazione energetica degli edifici, nel calcolo dell'energia primaria, gli Stati membri possano tenere conto delle fonti energetiche rinnovabili fornite, generate e utilizzate in loco, oltre che delle infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici bidirezionali, dei sistemi di demand-response e storage, nonché dei sistemi di controllo e automazione degli edifici e degli effetti positivi sulla capacità di flessibilità dal lato della domanda di energia;

4) ad attivarsi, nell'ambito della propria competenza, per l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a promuovere la stabilizzazione della misura di detrazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica degli edifici, mediante l'estensione delle agevolazioni fiscali vigenti e predisponendo meccanismi di premialità per gli interventi caratterizzati da maggiore efficacia in termini di risparmio energetico e di utilizzo di materie prime all'avanguardia e alternative a fonti fossili, e materiali ottenuti da riciclo o di origine vegetale, prevedendo a tal fine anche l'aggiornamento dei criteri ambientali minimi (Cam);

5) ad adottare urgenti iniziative al fine di rendere funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, il cui blocco da parte degli intermediari finanziari sta avendo drammatiche conseguenze per le imprese di costruzione;

6) a favorire maggiori investimenti in programmi di riqualificazione di edifici pubblici e di edilizia sociale;

7) ad adottare iniziative volte a istituire un fondo ad hoc per la concessione di finanziamenti, a tasso agevolato, diretti alla realizzazione di interventi di efficientamento energetico;

8) ad adottare iniziative volte a favorire lo sviluppo dell'industria dei prodotti ad alto contenuto tecnologico per l'efficienza energetica, anche attraverso la previsione di specifici crediti di imposta per l'attività di ricerca e sviluppo che preveda la partecipazione di enti di ricerca;

9) ad introdurre strumenti di supporto e incentivazione alle imprese che esportano su mercati internazionali prodotti, sistemi e servizi che favoriscono l'efficienza energetica;

10) a rafforzare le attività di comunicazione sui temi dell'efficienza energetica al fine di migliorare la fruibilità e la trasparenza delle informazioni, anche attraverso l'organizzazione di iniziative mirate a favorire comportamenti energeticamente consapevoli e la predisposizione di linee guida per la definizione di metodologie educative condivise sul risparmio e l'efficienza energetica;

11) a sostenere percorsi di formazione e aggiornamento all'interno della pubblica amministrazione sui temi del risparmio e dell'efficienza energetica, della contabilità energetica e ambientale, al fine di sviluppare competenze utili a conseguire gli obiettivi della transizione energetica e rafforzare le capacità di innovazione del Paese.
(1-00043) «Pavanelli, Ilaria Fontana, Sergio Costa, Cappelletti, Santillo, L'Abbate, Appendino, Todde, Morfino».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo i dati della Commissione europea gli edifici sono responsabili a livello dell'Unione europea di circa il 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo di energia. I dati sono riferiti al complesso degli edifici che, secondo la relazione sullo Stato dell'Unione dell'energia del 2021, è per il 65 per cento a uso residenziale. Il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti e l'acqua calda per uso domestico rappresentano l'80 per cento dell'energia consumata dalle famiglie. Il 35 per cento del parco immobiliare dell'Unione europea ha più di 50 anni e quasi il 75 per cento è inefficiente dal punto di vista energetico, mentre il tasso di ristrutturazione annua è di circa l'1 per cento;

    il 15 dicembre 2021 la Commissione ha presentato una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia, che rientra nelle iniziative del pacchetto «Fit for 55» per allineare la normativa dell'Unione europea in materia di clima ed energia all'obiettivo della riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), nella prospettiva del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050;

    tale revisione è strettamente collegata con le restanti iniziative del «Fit for 55», ovvero la revisione delle direttive sulla promozione dell'energia da fonti rinnovabili (renewable energy directive – RED II) e sull'efficienza energetica (energy efficiency directive – EED);

    in estrema sintesi, la proposta di revisione della Commissione, mira a far sì che tutti gli edifici nuovi siano a emissioni zero entro il 2030 e gli edifici esistenti lo divengano entro il 2050. La proposta originaria è oggetto di negoziato a livello europeo;

    il Consiglio del 25 ottobre 2022 ha raggiunto un orientamento generale sulla proposta della Commissione convenendo che per quanto riguarda i soli edifici nuovi, dal 2028, quelli di proprietà di enti pubblici dovrebbero essere a emissioni zero, e tutti gli altri edifici nuovi dal 2030;

    si pone in evidenza e appare condivisibile la possibilità prevista per gli Stati membri di applicare delle eccezioni per alcuni edifici tra cui gli edifici storici, i luoghi di culto e gli edifici utilizzati a scopi di difesa;

    per gli edifici residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare norme minime di prestazione energetica sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050, come indicato nei loro piani nazionali di ristrutturazione edilizia;

    come dichiarato in una lettera a Il Sole 24 Ore del 19 gennaio 2023, il Ministro Pichetto Fratin, presente al Consiglio dello scorso 25 ottobre, ha quindi confermato che non è previsto alcun obbligo di ristrutturazione degli edifici esistenti al 2030, non sono previsti obblighi per i proprietari, dato che la realizzazione degli obiettivi di ristrutturazione è in capo agli Stati membri, non si prevede alcuna limitazione della possibilità di vendere o affittare gli edifici non riqualificati;

    il Ministro ha quindi ribadito che si tratta di una misura che consente ampi margini di elasticità, che declina un impegno già assunto dal nostro Paese, la neutralità carbonica al 2050, e che tiene conto delle peculiarità del nostro Paese indicando, per gli edifici esistenti, un percorso a tappe da qui ai prossimi 27 anni;

    gli Stati membri hanno poi convenuto di fissare requisiti che garantiscano che tutti i nuovi edifici siano progettati per ottimizzare il loro potenziale di produzione di energia solare e hanno concordato prescrizioni finalizzate a mettere a disposizione infrastrutture per la mobilità sostenibile, tra cui punti di ricarica per automobili e biciclette elettriche all'interno o in prossimità degli edifici, cablaggio per infrastrutture future e parcheggi per biciclette. Hanno inoltre introdotto passaporti di ristrutturazione volontari per gli edifici;

    gli Stati membri hanno convenuto di pubblicare piani nazionali di ristrutturazione edilizia contenenti una tabella di marcia con obiettivi nazionali per il 2030, il 2040 e il 2050 per quanto riguarda il tasso annuo di ristrutturazione energetica, il consumo di energia primaria e finale del parco immobiliare nazionale e le relative riduzioni delle emissioni operative di gas a effetto serra. I primi piani saranno pubblicati entro il 30 giugno 2026 e successivamente ogni cinque anni;

    presso il Parlamento europeo, l'atto è tuttora all'esame della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (Itre) che dovrebbe concludere i suoi lavori il 9 febbraio 2023. La discussione in plenaria dovrebbe avere luogo indicativamente nella seduta del 13 marzo 2023. Una volta adottata la posizione negoziale potranno essere avviati i «triloghi» con Consiglio e Commissione europea;

    per il conseguimento di tali più ambiziosi obiettivi di ristrutturazione del parco edilizio europeo gli Stati membri potranno prevedere incentivi finanziari di varia natura anche a valere sulle risorse disponibili stabilite a livello dell'Ue, quali, tra le altre, il Fondo sociale per il clima, il dispositivo per la ripresa e la resilienza e i fondi della politica di coesione;

    nella prospettiva della Commissione, gli investimenti nella riqualificazione energetica dovrebbero costituire anche un'opportunità per l'economia e in particolare per il settore edile, che rappresenta circa il 9 per cento del Pil europeo e impiega 25 milioni di posti di lavoro, in circa 5 milioni di imprese, in prevalenza PMI;

    per quanto attiene al nostro Paese, il Cresme, nel XXXIII rapporto congiunturale sul mercato edilizio, nel giudicare positivamente gli effetti dei bonus edilizi dal lato dell'impatto sull'economia, chiarisce che tra il 2020 e il 2022 essi hanno avuto un peso sul Pil pari al 13,9 per cento (il più alto in Europa) e che il solo superbonus ha contribuito con un +22 per cento alla crescita totale del Pil. Questo si è tradotto in 460 mila occupati in più nel 2022 rispetto al 2019;

    il parco immobiliare italiano, come risulta dalla Strategia nazionale per la riqualificazione energetica, è costituito per la maggior parte da edifici a uso residenziale (12,42 milioni) aventi più di 45 anni (oltre il 65 per cento) e in prevalenza rientranti nelle classi energetiche F e G (rispettivamente il 25 per cento e il 37,3 per cento degli immobili censiti dal Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica – Siape nel periodo 2016-2019, sulla base delle elaborazioni dell'Enea);

    secondo Enea una avanzata riqualificazione del parco edilizio che non rientra in interventi di ristrutturazione integrale pone attualmente ancora non poche criticità, anche e soprattutto in quei contesti fortemente urbanizzati sottoposti a vincoli, anche dal punto di vista paesaggistico, storico e ambientale:

    tuttavia il nostro Paese non è all'anno zero: per contrastare le difficoltà appena descritte, tra i meccanismi di incentivi implementati, il rapporto annuale efficienza energetica dell'Enea richiama il superbonus, In particolare, si legge che al 30 settembre del 2022, il numero degli interventi incentivati raggiunge quota 307.191 e un ammontare di investimenti ammessi a detrazione di oltre 51 miliardi (35,3 per lavori già terminati). Il risparmio energetico conseguito risulta pari a 9.410,5 Gigawattora/anno:

    per quanto riguarda l'ecobonus – si legge sempre nel rapporto Enea – nel 2021 si è assistito a un notevole incremento degli interventi agevolati attraverso tale strumento, il cui numero risulta più che doppio rispetto al 2020, superando la soglia del milione (1,04 milioni), Questo risultato spinge il numero di interventi effettuati dal 2014 a 3,7 milioni. Dal 2007, anno di avvio della misura, il numero di interventi incentivati dall'ecobonus è di circa 5,5 milioni. In termini di investimenti, nel 2021 sono stati mobilitati circa 7,5 miliardi di euro. I risparmi energetici ottenuti grazie agli interventi effettuati nel 2021 ammontano ad un totale di 2.652 Gigawattora/anno (+95 per cento rispetto al 1362,14 del 2020) portando a 11.152 Gigawattora/anno il contributo della misura dal 2014 e a circa 21,700 Gigawattora/anno dall'avvio;

    il Centro studi Cni stima che negli ultimi due anni sono stati ristrutturati dal punto di vista energetico, attraverso il superbonus 110 per cento, 86 milioni di metri quadrati per 359.440 edifici già completati e ulteriori 122.000 edifici in fase di completamento per un totale di quasi 482.000 edifici che hanno effettuato il doppio salto di classe energetica;

    i dati riportati finora indicano in maniera non discutibile che soprattutto a partire dal 2020, nella filiera edilizia, sono stati prodotti notevoli effetti espansivi in termini di produzione di reddito e di occupazione, con effetti di innovazione, di riorganizzazione e di riqualificazione della filiera stessa e dei servizi di ingegneria e architettura, di riqualificazione del patrimonio edilizio residenziale e di risanamento anche interno delle abitazioni con un sensibile abbattimento dell'inquinamento indoor e dei relativi costi sociali, diretti e indiretti, e con l'acquisizione da parte dell'intero settore, di un know-how specifico per tutto quello che riguarda l'efficientamento energetico, la messa in sicurezza antisismica, la produzione di energia e calore in modalità ecosostenibile;

    il superbonus e gli altri incentivi fiscali per la riqualificazione edilizia, antisismica ed energetica possono dunque rappresentare un utile modello di riferimento da considerare anche su scala più elevata per valutarne l'applicabilità, con i necessari adeguamenti, a interventi più ampi di rigenerazione urbana, nella misura in cui forme di incentivazione possano rivelarsi utili a favorire un maggiore coinvolgimento di capitali privati nelle politiche di trasformazione urbana finalizzate alla transizione ecologica delle città e, in particolare, delle grandi aree metropolitane;

    alla luce di quanto esposto finora è evidente che il proseguimento degli interventi per l'efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica del patrimonio immobiliare nazionale possono costituire, infine, una vera opportunità per il sistema Italia di migliorare le prestazioni energetiche degli immobili e di rinnovare un patrimonio immobiliare avente caratteristiche uniche al mondo attraverso una ulteriore azione di politica industriale che favorisca lo sviluppo di materiali e processi innovativi, affidando ad Enea il compito di effettuare direttamente ovvero di coordinare, a livello nazionale, lo studio e l'aggiornamento, in accordo con l'evoluzione tecnologica, delle tecniche e dei materiali utilizzati in particolare per quanto riguarda il processo di efficientamento energetico degli edifici e la ricerca di nuove soluzioni per installare il fotovoltaico anche nelle città storiche che ospitano grande parte del patrimonio immobiliare italiano, anche con l'introduzione, per un periodo di tempo in forma sperimentale, di strumenti di incentivazione, anche di natura non fiscale, che, in coerenza con la logica sottesa agli incentivi già vigenti, mirino a promuovere operazioni di rigenerazione urbana di gruppi di edifici, aree dismesse e lotti interclusi, con particolare riferimento agli interventi di sostituzione edilizia, garantendo in tal modo un effetto moltiplicativo in termini di abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni, maggiore sostenibilità urbana, ambientale e sociale c concorso agli obiettivi di contrasto alla crisi climatica;

    il successo di questa misura è determinato principalmente dalla possibilità di cedere il credito, possibilità che ha reso accessibile a tutti la riqualificazione del proprio immobile;

    anche alla luce del virtuoso percorso già avviato da circa un decennio, sono senz'altro condivisibili gli obiettivi generali della direttiva dell'Unione europea che mira a ridurre le emissioni di gas a effetto serra degli edifici, ad aumentare il tasso e la profondità delle ristrutturazioni edilizie, a migliorare le informazioni sul rendimento energetico degli edifici e a garantire che tutti gli edifici siano in linea con gli obiettivi climatici dell'Unione europea;

    inoltre, tale direttiva va nella direzione di una maggiore garanzia di sicurezza energetica e contribuirà a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e a diminuire la domanda di gas naturale;

    avere edifici più efficienti significa anche rendere le famiglie e le imprese più resistenti agli shock dei prezzi dell'energia la cui volatilità potrà essere sensibilmente ridotta;

    occorre però prestare particolare attenzione alla differente classificazione, a livello di singolo Stato dell'Unione, delle nuove classi energetiche (energy performance contract). Come evidenziato dalla BCE, stabilire criteri comuni per le classi migliori e peggiori per ogni Stato membro, senza armonizzare le definizioni e metodologie rischia di ridurre la comparabilità tra gli Stati con riferimento ai possibili squilibri tra le banche europee;

    appare inoltre fondamentale perseguire e continuare la riqualificazione energetica anche del patrimonio immobiliare pubblico, con particolare riferimento agli istituti scolastici, alle strutture sanitarie, ai tribunali e alle carceri, garantendo la continuità degli strumenti di finanziamento degli interventi, quali, ad esempio, il conto termico, e prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche. Occorre inoltre prevedere la proroga della misura del superbonus 110 per cento per gli edifici adibiti ad edilizia residenziale pubblica, che spesso coincidono con quelli abitati da famiglie in condizioni di povertà energetica, in linea con il principio che occorra partire dalla riqualificazione degli edifici con la peggiore performance energetica – contenuto nella proposta di direttiva –, e si ritiene che, nel quadro degli interventi poliennali previsti dall'UE, occorra dare priorità agli interventi pubblici nelle periferie urbane, al fine di iniziare gli interventi di riqualificazione dal patrimonio edilizio più scadente e abitato dalle fasce sociali più deboli, anche attraverso un programma preliminare di rilievi da parte dei comuni,

impegna il Governo:

1) a confermare presso le competenti sedi europee l'impegno del Paese al raggiungimento degli obiettivi stabiliti a livello nazionale in vista dell'obiettivo della riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 e della neutralità climatica nel 2050 e ad adottare, contestualmente, le opportune iniziative negoziali nelle competenti sedi europee volte a garantire che il testo finale della direttiva citata in premessa assicuri al nostro Paese la necessaria flessibilità, anche temporale, in fase di attuazione in ragione della peculiarità del patrimonio edilizio nazionale, e confermi la possibilità di escludere dall'ambito di applicazione della citata direttiva taluni edifici, quali gli edifici protetti, quelli di valore architettonico o storico, i luoghi di culto e attività di culto e gli edifici utilizzati a scopi di difesa e a prevedere una metodologia più armonizzata per la definizione delle nuove classi EPC, anche al fine di evitare impatti negativi sulle esposizioni immobiliari degli istituti di credito;

2) in vista dell'adozione della nuova direttiva, ad adottare le iniziative di competenza in sede di Unione europea affinché gli ambiziosi obiettivi di efficientamento energetico siano accompagnati da adeguati strumenti finanziari stanziati a livello europeo, un vero e proprio nuovo piano industriale green, affinché i costi degli interventi non ricadano sulle famiglie, in particolare modo sulle fasce economicamente più deboli, e sulle imprese;

3) ad adottare iniziative volte a garantire la continuità, il rafforzamento e una maggiore efficacia degli strumenti di finanziamento degli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare pubblico del Paese, prestando particolare attenzione alla riqualificazione degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche e prevedendo la proroga della misura del superbonus 110 per cento per gli edifici adibiti a edilizia residenziale pubblica;

4) ad adottare iniziative volte a garantire la prosecuzione degli interventi di riqualificazione energetica finanziati dagli strumenti vigenti rimuovendo gli ostacoli che attualmente bloccano la circolazione dei crediti fiscali anche mediante l'eventuale coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti Spa;

5) a valutare le iniziative necessarie al raggiungimento dei nuovi obiettivi e la predisposizione del piano nazionale di ristrutturazione degli immobili anche attraverso il monitoraggio nel corso degli anni dei dati relativi al numero di immobili che hanno ottenuto un miglioramento della classe energetica, anche beneficiando delle detrazioni previste a tal fine, tra cui il superbonus 110 per cento che presenta come requisito il conseguimento di due classi energetiche più elevate e all'esito dello svolgimento di indagini conoscitive da parte del Parlamento in materia;

6) ad adottare iniziative normative al fine di garantire un orizzonte temporale di lungo termine per gli investimenti di famiglie e imprese, prevedendo un sistema incentivante che valorizzi gli interventi caratterizzati da maggiore efficacia dal punto di vista dell'efficientamento energetico.
(1-00057) «Simiani, Peluffo, De Luca, Braga, Madia, Curti, Di Sanzo, Ferrari, De Micheli, Di Biase, Gnassi, Orlando, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Carè, Casu, Cuperlo, D'Alfonso, Forattini, Fossi, Furfaro, Ghio, Gianassi, Girelli, Graziano, Gribaudo, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Malavasi, Marino, Merola, Morassut, Porta, Toni Ricciardi, Roggiani, Andrea Rossi, Scotto, Stefanazzi, Vaccari, Zingaretti».


   La Camera,

   premesso che:

    al Parlamento europeo è attualmente in discussione il progetto di direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia Com (2021) 802 final, rientrante nelle iniziative del pacchetto «Fit for 55», che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni nette di gas ad effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, fissata dal cosiddetto «Green Deal» europeo;

    per quanto riguarda in particolare la suddetta direttiva, l'obiettivo principale della direttiva è la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra degli edifici, al fine di ottenere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050;

    l'articolo 9 della direttiva, recante norme minime di prestazione energetica, comporta obblighi di adeguamento degli immobili esistenti a determinati standard energetici ed entro determinate scadenze, ma prevede allo stesso tempo una serie di possibili eccezioni, ossia categorie di immobili che possono essere escluse da questi obblighi di adeguamento;

    pur condividendo pienamente gli obiettivi relativi alla riduzione di emissioni nocive, va tenuto presente che gli obiettivi, per quanto ambiziosi, devono essere realistici ed è necessario garantire che il rapporto tra costi e benefici sia ottimizzato al fine di favorire uno sviluppo sociale ed economico sostenibile nel tempo;

    va considerata anche la specificità del patrimonio immobiliare italiano che è caratterizzato anche da borghi, villaggi e frazioni storiche, dove l'esecuzione degli interventi edilizi volti al raggiungimento degli standard di prestazione energetica sono di difficile esecuzione, difficili dal punto di vista della sostenibilità economica e potrebbero determinare in molti casi lo stravolgimento del pregio architettonico, storico e documentario del tessuto edilizio esistente,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative di competenza, volte ad assicurare una ragionevole gradualità degli obblighi di adeguamento del patrimonio immobiliare agli standard energetici e agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas, comunque tenendo conto della particolarità degli immobili e della loro classificazione ai sensi degli strumenti urbanistici locali, come ad esempio, di quelli situati nei borghi montani, nei centri storici e nelle aree di pregio ambientale, storico e paesaggistico;

2) ad adottare iniziative di competenza volte ad assicurare, in fase di attuazione della direttiva, ove approvata, che rimangano esclusi dagli obblighi di adeguamento gli immobili ubicati nei centri storici individuati dagli strumenti urbanistici, nonché i tradizionali fabbricati rurali funzionali alle attività agricole, come masi, alpeggi e strutture ad utilizzo stagionale.
(1-00058) «Manes, Schullian, Gebhard, Steger».


MOZIONI SPORTIELLO ED ALTRI N. 1-00051 E BONETTI ED ALTRI N. 1-00061 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AL POTENZIAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Mozioni

   La Camera,

   premesso che:

    le analisi indipendenti condotte dalla fondazione Gimbe, nell'ambito del 5° rapporto sul Servizio sanitario nazionale (Ssn), ricordano che la crisi di sostenibilità del Ssn coincide con un prolungato periodo di grave crisi economica durante il quale la curva del Fondo sanitario nazionale (Fsn) si è progressivamente appiattita, in conseguenza di scelte politiche che nel decennio 2010-2019 hanno determinato un imponente definanziamento del Ssn;

    secondo le analisi Gimbe, alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi nel periodo 2010-2015, in conseguenza dei tagli lineari effettuati nelle diverse manovre finanziarie e oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019, come processo di progressivo definanziamento che, per obiettivi di finanza pubblica, ha assegnato al Ssn meno risorse rispetto ai livelli programmati;

    successivamente, le leggi di bilancio 2020, 2021 e 2022 hanno invertito la rotta con un incremento complessivo del Fsn di 11,2 miliardi, segnando un netto cambio di passo nel trend del finanziamento pubblico del Ssn, cresciuto in media del 3,4 per cento annuo, tasso superiore a quello dell'inflazione media annua del periodo 2020-2021 (0,9 per cento) e certificando formalmente la fine della stagione dei tagli alla sanità;

    oltre alle predette manovre, dal mese di marzo 2020 al mese di settembre 2022, sono stati emanati ben 12 decreti-legge che hanno stanziato risorse ad hoc per la gestione dell'emergenza Covid-19, per complessivi 11.414,3 miliardi di euro;

    nel Documento di economia e finanza 2022, tuttavia, a fronte di una prevista crescita media annua del Pil nominale del 3,8 per cento nel triennio 2023-2025, la spesa sanitaria torna a ridursi mediamente dello 0,6 per cento per anno e nel 2025 il rapporto spesa sanitaria/Pil precipita addirittura al 6,2 per cento al di sotto dei livelli antecedenti la pandemia e la Nota di aggiornamento al Def (Nadef) riduce ulteriormente il predetto rapporto al 6,1 per cento;

    la manovra economica per il 2023 è intervenuta in campo sanitario disponendo l'aumento di 2 miliardi per il finanziamento della spesa sanitaria; sono poi state adottate misure circoscritte riguardanti le farmacie e il finanziamento di interventi per ridurre l'antibiotico resistenza oltre che l'acquisto dei vaccini; gran parte delle predette risorse sono in verità destinate, per la maggior parte, a compensare gli aumenti legati al caro energia rispetto al quale la manovra per il 2023 ha esplicitamente vincolato ben 1,4 miliardi;

    proprio sulla predetta manovra, la Corte dei conti ha rilevato che la previsione della spesa sanitaria in termini di contabilità economica raggiungerebbe i 133,8 miliardi, ponendosi in tal modo solo poco al di sotto di quella prevista per il 2022 (133,9 miliardi), confermando, dunque, che la spesa sanitaria, in termini di prodotto, è in riduzione nel prossimo biennio (-1,1 per cento in media all'anno);

    la Corte dei conti stigmatizza quindi il fatto che il rapporto fra spesa sanitaria e Pil si porta su livelli inferiori a quelli precedenti alla crisi sanitaria già dal 2024 (al 6,3 per cento), per ridursi ancora di un decimo di punto nell'anno terminale (2025);

    il decrescere dell'incidenza sul Pil è un elemento preoccupante perché si traduce in «meno salute» e pone il nostro Paese al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e l'efficacia dell'assistenza sanitaria e sull'aspettativa di vita, che già studi e ricerche hanno documentato in accreditati rapporti;

    diverse e specifiche misure per l'anno 2023 non sono state rifinanziate, com'è il caso ad esempio degli interventi introdotti con il cosiddetto decreto rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020, –500 milioni) e soprattutto sono venuti meno i 500 milioni di euro per l'abbattimento delle liste di attesa, nonostante il problema sia, ad oggi, tutt'altro che risolto;

    la Corte dei conti ha ribadito come, dopo l'emergenza che ha caratterizzato lo scorso triennio, si riproponga il gap mai risolto tra le risorse dedicate nel nostro Paese al sistema sanitario e quelle dei principali partner europei; una differenza resa più grave dagli andamenti demografici: già oggi l'Italia è caratterizzata da una quota di popolazione anziana superiore agli altri Paesi, quota destinata a crescere in misura significativa nei prossimi anni;

    permane il grave ritardo nella erogazione delle prestazioni, anche ordinarie, ed è pertanto necessario procedere con sollecitudine al riassorbimento delle liste d'attesa, cresciute esponenzialmente con la pandemia; a riguardo, sempre la Corte dei conti ha rappresentato come siano ben 14 le regioni che presentano performance peggiori di quelle del 2019 nel caso degli interventi cardio-vascolari caratterizzati da maggiore urgenza e che dovrebbero essere eseguiti entro 30 giorni; solo di poco migliore l'andamento per quanto riguarda i tumori maligni: sono 12 le regioni che hanno peggiorato le loro performance;

    le prestazioni di specialistica ambulatoriale non hanno recuperato i livelli del 2019: nel primo semestre 2022 le prestazioni erogate risultavano in media nazionale inferiori del 12,8 per cento a quelle dello stesso periodo del 2019 e 13 regioni si collocavano al di sotto della media;

    anche dalle analisi di Gimbe emerge come si accumuli sempre più ritardo nell'erogazione di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e di screening, nonostante quasi 1 miliardo di euro di investimenti dedicati e la definizione di un piano nazionale per il recupero delle liste di attesa; il progressivo impatto del long-Covid ha richiesto l'apertura di centri dedicati in tutto il Paese con uno sforzo organizzativo e di personale specialistico sempre maggiore, senza considerare l'impatto sulla salute mentale fortemente sotto-diagnosticato in particolare nelle fasce più giovani, fatica a trovare adeguate risposte assistenziali;

    peraltro, l'emergenza Covid appare tutt'altro che conclusa e desta notevole preoccupazione: il nostro Paese dev'essere pronto a fronteggiare situazioni imprevedibili in brevissimo tempo, con misure tali da garantire una numerosità di strutture e posti per la terapia del Covid e delle patologie connesse senza che ciò debba comportare la mancata assistenza per le altre patologie; per questo motivo, tra il mese di dicembre 2022 e gennaio 2023, sono state emanate diverse circolari del Ministero della salute, recanti gli interventi in atto per la gestione della circolazione del Sars-CoV-2 nella stagione invernale 2022-2023, volte a chiarire queste nuove necessità, che, al di là dello sviluppo degli eventi, richiede un ripensamento del sistema;

    dal Report Osservatorio GIMBE 2/2022, «Livelli Essenziali di Assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità», emerge che rispetto al mantenimento dell'erogazione dei Lea, a fronte di un Ssn fondato su princìpi di equità e universalismo, il nostro Paese presenta inaccettabili diseguaglianze regionali. In particolare:

    gli adempimenti Lea 2018 valutati tramite il questionario Lea documentano che solo 5 regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Marche, Toscana) sono adempienti (senza impegno né raccomandazioni) per almeno l'80 per cento delle 43 valutazioni;

    gli adempimenti al mantenimento dell'erogazione dei Lea tramite griglia Lea, per i quali nell'ultima valutazione solo due regioni risultano inadempienti, lasciano emergere diseguaglianze regionali di notevole entità nel decennio 2010-2019;

    nel quartile superiore si ritrovano solo regioni del Nord. Nessuna regione del Sud compare tra le prime dieci posizioni;

    una disuguaglianza regionale inaccettabile tanto quanto la mancata approvazione del nomenclatore tariffario riferito ai cosiddetti «nuovi Lea», la cui assenza rende di fatto inattuato l'aggiornamento, ormai già vecchio, dei livelli essenziali di assistenza del 2017, che mai sono stati esigibili nonostante fossero stati sbandierati come la più grande conquista degli ultimi dieci anni. Quei Lea erano e sono senza una idonea copertura;

    occorre restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale e superare l'attuale frammentazione in cui versano i servizi sanitari regionali, intervenendo per riportare allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute, al fine di garantire la sostenibilità del sistema e una migliore equità nell'erogazione delle prestazioni e rispondere, così, ai principi di universalità, di uguaglianza e di globalità degli interventi, in osservanza e ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione;

    al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, si dovrebbe altresì intervenire sulla ripartizione del Fondo sanitario nazionale, prevedendo che nello stabilire i pesi da attribuire ai diversi elementi si tenga conto anche di indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, dell'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

    i recenti interventi sul nostro sistema sanitario correlati alla pandemia, ove rifinanziati ovvero non resi strutturali, non risolvono le numerose e ataviche necessità del Ssn: primo fra tutti il fabbisogno di personale sanitario la cui carenza è ormai divenuta tanto insostenibile quanto strutturale e rischia di aggravarsi ulteriormente alla luce dell'auspicata riforma dell'assistenza territoriale;

    alla riduzione delle risorse economiche e alla compressione delle prestazioni sanitarie per i cittadini, si aggiungono le misure di contenimento della spesa sul personale che continuano a generare un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e insostenibili turni straordinari, nonché una sempre più diffusa abitudine a ricorrere a varie forme di lavoro flessibile e precarizzato anche in settori molto delicati dal punto di vista assistenziale (dal pronto soccorso alla rianimazione), determinando un progressivo indebolimento della sanità pubblica che in tal maniera e in queste condizioni emergenziali non è più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e perde terreno in favore della sanità privata o della sanità integrativa;

    numerosi dati e ricerche rilevano come la spesa sanitaria privata sia aumentata sensibilmente e che siano sempre più numerosi i cittadini che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie nel pubblico: si fa sempre più dilagante la «fuga» dal Ssn verso strutture sanitarie private, spesso in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali rispetto alla compartecipazione dovuta o comunque in tempi più rapidi rispetto alle liste di attesa del servizio pubblico;

    i cosiddetti fondi integrativi o le polizze assicurative non dovrebbero sostituirsi al primo pilastro del nostro sistema pubblico di salute che è il Ssn, basato sui principi di universalità, equità e solidarietà, come diretta attuazione dell'articolo 32 della Costituzione; tuttavia, diverse forme di sanità integrativa si stanno con il tempo proponendo come le uniche forme risolutive del problema dell'inaccessibilità alle cure e all'assistenza e come l'unica forma di superamento delle difficoltà in cui versa il sistema pubblico di tutela della salute;

    la sanità integrativa, peraltro, propone sempre più spesso «pacchetti prevenzione» che da un lato alimentano un consumismo sanitario e dall'altro aggravano l'inappropriatezza delle prestazioni sanitarie con uno spreco di risorse;

    anche il ricorso all'intramoenia è sempre più spesso una conseguenza obbligata per il cittadino dinanzi alle lunghe liste di attesa e alle inefficienze del Ssn, in netto contrasto con quanto previsto dalle norme che avevano introdotto tale istituto: la legge n. 120 del 2007, concernente l'attività libero-professionale intramuraria, prevede infatti il «progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria», proprio al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia la conseguenza della libera scelta del cittadino e non già la conseguenza di una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale;

    già l'Anac, nell'ambito dell'aggiornamento del Piano nazionale anticorruzione, collocava tra gli eventi a rischio di corruzione proprio l'attività intramoenia laddove vi sia, ad esempio, l'errata indicazione al paziente delle modalità e dei tempi di accesso alle prestazioni in regime assistenziale, la violazione del limite dei volumi di attività previsti nell'autorizzazione, lo svolgimento della libera professione in orario di servizio, il trattamento più favorevole dei pazienti trattati in libera professione;

    come riportato anche sul sito dell'Agenas, l'attività libero professionale intramuraria (Alpi) può essere autorizzata a condizione che: non comporti un incremento delle liste di attesa per l'attività istituzionale; non contrasti o pregiudichi i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale regionale; non contrasti o pregiudichi gli obiettivi aziendali; non comporti per ciascun dipendente una produttività superiore a quella assicurata per l'attività istituzionale, ovvero un impegno orario superiore al 50 per cento di quello di servizio;

    ed in riferimento all'Alpi, proprio l'Agenas, nel suo ultimo rapporto disponibile, relativo all'anno 2020, conferma la disomogeneità presente nei singoli contesti locali: 11 regioni/Pa utilizzano esclusivamente l'agenda gestita dal sistema Cup; 7 regioni utilizzano il Cup per più dell'80 per cento del totale; le rimanenti regioni riportano una percentuale intorno al 60 per cento;

    l'analisi dettagliata dei volumi di prestazioni a livello aziendale consente di monitorare l'equilibrio del rapporto tra l'attività erogata in Alpi e quella erogata in regime istituzionale: tale rapporto non deve superare il 100 per cento; orbene, nel predetto rapporto di Agenas, emerge, invece, che in 13 regioni su 21 si rilevano situazioni in cui il suddetto rapporto è ben superiore al 100 per cento;

    in tale quadro, dunque, di fronte a questo tangibile smantellamento del servizio sanitario pubblico, prendono corpo e s'inseriscono le diverse soluzioni o proposte di partenariato pubblico-privato, se non addirittura chiaramente «di copertura assicurativa» dei bisogni assistenziali: l'idea di «cedere» prestazioni incluse nei Lea a soggetti privati, attraverso accreditamenti oramai resi strutturali, rende il sistema sanitario debole di fronte a eventuali richieste accessorie o mancate prestazioni da parte del privato, inaccettabili alla luce dei principi costituzionali;

    l'idea d'implementare l'assistenza territoriale attraverso una riorganizzazione delle cure primarie, anche al fine di efficientare l'assistenza ospedaliera ed in particolar modo la rete emergenza-urgenza, dopo tante e reiterate richieste rimaste inevase nei lunghi anni di definanziamento e di tagli scellerati e conclamati alla sanità, è divenuta un'idea cogente solo all'indomani dell'emergenza pandemica;

    proprio a causa delle precedenti scelte politiche sull'assistenza ospedaliera e sanitaria, l'emergenza Covid-19 inizialmente ha colto tutti i cittadini impreparati, soprattutto in quelle regioni dove la rete assistenziale territoriale era più compromessa a causa di una sempre più diffusa privatizzazione dei servizi di base; in tale contesto anche la riduzione della disponibilità di posti letto, effettuata negli anni precedenti, ha rilevato tutta la sua esiguità e criticità;

    nell'offerta di posti letto ospedalieri a livello europeo, l'Italia (3,7 posti ogni mille abitanti) si colloca al di sotto della media europea (5,5 posti letto) e si penalizzano, nella programmazione della dotazione dei posti letto, quelle regioni italiane che, con un saldo positivo di mobilità, di fatto finanziano il sistema sanitario di regioni ritenute virtuose proprio attraverso le risorse provenienti dalla mobilità attiva;

    la riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, nelle intenzioni del cosiddetto decreto Balduzzi (decreto-legge n. 198 del 2012), era e doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale, dei presidi sul territorio anche attraverso i cosiddetti ospedali di comunità ma, alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto, allora, non fece da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità, che solo ora cominciano a vedere luce grazie al Pnrr e alle risorse del Recovery Fund ottenute in Europa;

    tra le linee d'intervento e i progetti in cui si articola la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), relativa alla salute, vi è, in particolare, il potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria, quale elemento imprescindibile per garantire una risposta assistenziale appropriata ed efficace, in grado di demandare agli ospedali le attività di maggiore complessità, concentrando a livello territoriale le prestazioni meno complesse, attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché implementando la presenza sul territorio degli ospedali di comunità; in attuazione della predetta linea d'intervento è stato emanato quindi il cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico;

    tuttavia, occorre che la riorganizzazione territoriale sia sostenuta da un adeguato potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo, da un'idonea copertura finanziaria, da una riforma delle disposizioni in materia di medici di medicina generale, nonché dall'implementazione di ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile e l'assistenza psicologica di base; altresì, dovrebbe essere accompagnata da una riorganizzazione dei posti letto, secondo una logica ripartizione tra l'ambiente ospedaliero «tradizionale» e gli ospedali di comunità;

    la riorganizzazione territoriale si scontra infatti anche con il serio problema della progressiva carenza dei medici di famiglia, rispetto alla quale già da oltre 10 anni sia l'Enpam sia Fimmg rilevavano una stima drammatica sui pensionamenti e sulle susseguenti carenze assistenziali, stimando che dal 2015 al 2025 sarebbero andati in pensione complessivamente circa 40.000 tra medici di medicina generale, guardie mediche e pediatri, con un'impennata di 25.000 pensionamenti che rischiano di non essere sostituiti, e già allora si temeva che, per i successivi 10 anni, 25 milioni di italiani sarebbero potuti rimanere senza assistenza;

    è poi necessario che il sistema di «fascicolo sanitario elettronico» che raccoglie non solo le informazioni sul paziente, ma che dovrà raccogliere tutti i dati sugli esami e le visite compiute, le prestazioni erogate, i referti ed i loro allegati, diventi un vero e proprio «diario di bordo» del percorso diagnostico e terapeutico del paziente, in modo da coordinare le attività dei professionisti, evitare duplicazioni e tempi di attesa eccessivi; l'informatica e la società delle comunicazioni permettono tale risultato a livello omogeneo e nazionale. A tale fascicolo dovrebbero aderire anche i soggetti privati che erogano prestazioni per conto delle regioni, contribuendo allo stesso nelle modalità ed a condizioni pari a quelle delle strutture pubbliche;

    la riorganizzazione delle cure primarie e il processo di de-ospedalizzazione richiede oltre che un concreto rafforzamento dell'assistenza territoriale anche un robusto investimento in prevenzione, da garantirsi con risorse economiche adeguate e con professionisti dedicati e, in tale ottica, purtroppo assistiamo quotidianamente all'accorpamento di distretti ben lontani dai cittadini e alla chiusura inaccettabile di consultori;

    sarebbe lungimirante, probabilmente anche più economico, dare attuazione alla normativa vigente in materia di consultori familiari, nati e concepiti proprio quale integrazione di compiti e funzioni di natura sanitaria, sociosanitaria e sociale; il consultorio, vicino al cittadino, doveva rappresentare il luogo multiprofessionale di prevenzione e assistenza primaria e di tutela socio-sanitaria attraverso un supporto multidisciplinare alla persona, alla coppia e alla famiglia, in tutte le varie fasi del suo evolversi e crescere come nucleo; il consultorio avrebbe dovuto essere messo in condizioni di poter rispondere in maniera personalizzata, attraverso consulenze e prestazioni specialistiche, a tutte le problematiche connesse alla sessualità, all'infertilità e alla contraccezione, alla gravidanza, alla nascita e post partum, all'interruzione volontaria di gravidanza, alla menopausa, ai problemi andrologici, al disagio psicologico e al disagio familiare, alla ludopatia e alle dipendenze, ai fenomeni di bullismo, al disagio dei giovani, all'integrazione culturale di immigrati, alla violenza sulle donne e sui minori; per affrontare tutto questo sarebbe stato sufficiente dare attuazione ad una delle leggi più civili che il nostro legislatore sia stato in grado di concepire, assicurando figure professionali come ginecologi, ostetriche, infermieri, assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali, linguistici e legali;

    dal 1975, anno della legge sui consultori, si è invece percorsa una strada ad ostacoli e da un'attuazione a macchia di leopardo nelle diverse regioni italiane si è passati ad un progressivo e incalzante depotenziamento e, non di rado, anche al loro smantellamento;

    nel contempo si percorrono anche strade legislative e informative, sulla salute e cultura di genere, sul disagio psicologico, sulla prevenzione, sulla sana alimentazione, sul sostegno alle famiglie in alcuni casi assolutamente fallimentari; in tal senso emblematica è la triste narrazione sulla natalità e sul diritto a non abortire che assai spesso disvela concezioni dannose sulla maternità, mentre sulla tutela del parto fisiologico ci si arena, ormai da troppe legislature, senza garantire di fatto condizioni del parto appropriate e anche più economiche che riducano i costi connessi all'abuso nel ricorso al parto cesareo;

    proprio sulla maternità occorre ricordare come negli anni precedenti è stata portata avanti una chiusura indiscriminata di punti nascita, senza che si tenesse conto delle esigenze territoriali, come previsto dall'accordo della Conferenza Stato-Regioni del 2010 che consentiva di derogare al volume minimo di almeno 500 parti/anno per quei punti nascita presenti in situazioni orografiche critiche, ovvero in presenza di aree geografiche notevolmente disagiate, a condizione che in tali strutture fossero garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza previsti dall'accordo medesimo;

    sulla maternità responsabile non si risolve il serio problema di politiche efficaci per la famiglia e per la parità di genere, non si consente alle donne di conciliare i tempi della famiglia con i tempi del lavoro, non si forniscono servizi e sostegni reddituali adeguati, non si risolve il serio problema dell'assenza di professionisti non obiettori che di fatto rende non pienamente applicabile la legge n. 194 sull'interruzione di gravidanza, con conseguenze anche drammatiche e pressoché quotidiane sulla salute fisica e psichica delle donne;

    sui problemi alimentari, sulle dipendenze e sulla ludopatia s'intraprendono politiche economiche di fatto incentivanti, nonostante nella XVIII legislatura sia stata introdotta la cosiddetta sugar tax, e non s'interviene in maniera incisiva sulla pubblicità diretta e indiretta di alimenti nocivi per fasce più giovani;

    in tema di prevenzione appare dirimente l'approccio One Health che, secondo quanto si evince anche dal 5° rapporto Gimbe, identifica un approccio alla salute sistematico e integrato, basato sulla consapevolezza che la salute umana è strettamente legata alla salubrità degli alimenti, alla salute degli animali e dell'ambiente e al sano equilibrio del loro impatto sugli ecosistemi di tutto il mondo; in altre parole, l'approccio One Health riconosce che salute umana, animale e dell'ambiente sono interconnesse in maniera indissolubile, generando vulnerabilità nella salute globale, come dimostrato palesemente dalla pandemia di Covid-19;

    proprio tenendo conto dell'approccio One Health, occorre affrontare il fenomeno della resistenza antimicrobica nell'ambito della salute umana e animale, in armonia con la Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2018 concernente il piano d'azione europeo «One Health» contro la resistenza antimicrobica, introducendo l'obbligo di riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide, al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

    riguardo la spesa farmaceutica, dato che essa rappresenta una tra le voci più consistenti della spesa sanitaria rientrante nel fabbisogno nazionale standard, dovrebbero essere introdotte più efficaci strumenti di monitoraggio per la governance ed il controllo sull'appropriatezza dell'uso dei farmaci; per raggiungere la sostenibilità della spesa farmaceutica sarebbe auspicabile la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci; per sopperire alla carenza di farmaci dovrebbe sopperire un sistema di ricerca e produzione farmaceutica, compreso il ciclo di fornitura e distribuzione, di tipo pubblico;

    il dominus della spesa sanitaria nelle strutture sanitarie è il direttore generale e sulla sua gestione manageriale occorre intervenire efficacemente; in tal senso sarebbe auspicabile prevedere precise ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di conferimento d'incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna da parte della Corte dei conti per fatti dolosi;

    occorre rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale, in quanto la commistione tra le due sfere rappresenta la causa più rilevante delle inefficienze in questo settore; più in particolare occorre intervenire sul sistema vigente di conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di disciplinare le procedure di nomina, valutazione e decadenza in base a princìpi di trasparenza e di merito, azzerando la discrezionalità, in capo ai presidenti di regione, nella nomina dei predetti direttori;

    occorre intervenire sull'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. In particolare sarebbe auspicabile: rafforzare e uniformare il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale; garantire la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza in relazione alla determinazione del fabbisogno, all'elenco dei soggetti autorizzati e agli esiti delle attività ispettive; rafforzare e uniformare il piano di controlli assicurando procedure certe e scadenzate nel tempo, garantendo la terzietà e indipendenza degli organi ispettivi; rafforzare e garantire il controllo e la vigilanza sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali, assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni; uniformare, attraverso apposite linee guida, gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali;

    la sostenibilità economica del Ssn non può e non deve passare attraverso una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può tradursi in una privatizzazione di fatto, ma attraverso un'efficace smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti;

    la legge n. 833 del 23 dicembre 1978, istitutiva del Ssn, ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente l'evoluzione e la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Oms ha considerato il Ssn del nostro Paese uno dei migliori al mondo per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali,

impegna il Governo:

1) a salvaguardare il Servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico attraverso un recupero integrale di tutte le risorse economiche necessarie, garantendo una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza attraverso il finanziamento congruo del Fondo sanitario nazionale, a cui aggiungere un rifinanziamento emergenziale necessario destinato al contenimento e alla terapia dei casi di coronavirus e patologie connesse e conseguenti, nell'ipotesi di impatto di una nuova ondata di Covid nell'anno 2023;

2) al fine di superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, ad introdurre indicatori ambientali, socio-economici e culturali nonché, con un peso non inferiore al 10 per cento a valere sull'intera quota, l'indice di deprivazione economica, individuato annualmente dall'Istat, che tenga conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione che incidono sui costi delle prestazioni sanitarie;

3) a restituire centralità e unitarietà al Sistema sanitario nazionale, assumendo iniziative normative di rango costituzionale volte ad attribuire allo Stato, in via esclusiva, la competenza in materia di tutela della salute;

4) a introdurre meccanismi idonei affinché, nel riparto delle risorse comunque destinate alla componente sanitaria e sociale, si tenga conto delle regioni italiane più in difficoltà nelle quali le carenze strutturali, le condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché le condizioni di deprivazione e di povertà sociale inevitabilmente determinano variazioni sui costi delle prestazioni;

5) al fine di garantire le esigenze di pianificazione e organizzazione del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei princìpi di equità, solidarietà e universalismo, a prevedere che l'incidenza della spesa sanitaria sul Pil non possa essere inferiore all'8 per cento e, conseguentemente, che il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sia incrementato annualmente almeno di una percentuale pari al doppio dell'inflazione, anche in un contesto macroeconomico anticiclico, contraddistinto da una riduzione del prodotto interno lordo;

6) ad adottare iniziative volte a rivisitare e aggiornare i Livelli essenziali di assistenza (Lea) ampliando le patologie riconosciute, semplificando i sistemi di approvvigionamento e fornitura ai beneficiari (protesi, ortesi ed ausili garantendone il massimo livello di qualità), assicurando progetti di assistenza individualizzati, un'efficace ed effettiva integrazione sociosanitaria, la continuità di assistenza tra ospedale e territorio e l'adozione conseguente del nomenclatore tariffario;

7) a disincentivare ogni forma di sanità integrativa che non sia finalizzata all'esclusiva copertura di prestazioni non essenziali e non incluse nei livelli essenziali di assistenza;

8) a disincentivare la cessione della gestione dei bisogni d'assistenza compresi nei Lea a soggetti privati da parte delle aziende sanitarie e delle regioni, per prevenire il rischio di un'offerta dipendente da logiche di mercato e non più controllabile dal sistema sanitario pubblico;

9) ad adottare iniziative volte a garantire i livelli essenziali di assistenza anche attraverso percorsi personalizzati e vicini al cittadino oltreché adeguatamente accessibili, riordinando il sistema di accesso alle prestazioni nell'ottica di ridurne i tempi di attesa e disincentivando il ricorso alla sanità privata quale diretta conseguenza dell'inefficienza del Ssn, eliminando altresì ogni forma di spreco che derivi da una non appropriata organizzazione dei servizi e dell'assistenza, da una governance sanitaria non adeguata, da un mancato ammodernamento tecnologico e digitale del Servizio sanitario nazionale;

10) ad adottare iniziative volte a garantire al Ssn le risorse umane di cui necessita, anche consentendo alle regioni di derogare al tetto di spesa per il personale sanitario, per un importo pari almeno al 15 per cento (attualmente è al 10 per cento) dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente;

11) ad investire adeguate risorse sulla formazione dei medici e del personale sanitario, programmando e ridefinendo percorsi formativi in relazione ai fabbisogni futuri di professionalità mediche e sanitarie e ai fabbisogni di assistenza alla popolazione, in particolare incrementando e valorizzando le figure professionali che operano sul territorio;

12) ad adottare iniziative in merito all'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn, intervenendo sulla classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn), ridefinendo il sistema dei Diagnosis Related Groups (Drg) affinché le tariffe siano collegate anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based);

13) ad adottare iniziative volte a incrementare le risorse del Fsn al fine di assicurare il potenziamento dell'assistenza territoriale, con riferimento ai maggiori oneri per la spesa di personale dipendente da assumere nelle case e negli ospedali di comunità, da reclutare anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente, e per quello convenzionato;

14) ad adottare iniziative efficaci e sistematiche volte a prevenire i meccanismi che possano favorire l'insorgenza di fenomeni di corruzione in ambito sanitario, dando altresì concreta attuazione alle normative già esistenti in favore della trasparenza, in particolare al decreto legislativo n. 33 del 2013, e completando l'informatizzazione del Sistema sanitario nazionale, entro e non oltre le scadenze programmate dall'Agenda digitale, con particolare riferimento al fascicolo sanitario elettronico, alle ricette digitali, alla dematerializzazione di referti e cartelle cliniche e alle prenotazioni e ai pagamenti on-line, in modo da poter verificare per ogni cittadino il progresso del percorso diagnostico terapeutico e il lavoro di coordinamento fra professionisti sanitari, evitando duplicazioni di prestazioni e ottimizzando la tempistica;

15) ad adottare iniziative atte a garantire la trasparenza sul prezzo e rimborso dei farmaci, sui costi di ricerca e sviluppo sostenuti delle aziende e sul contributo pubblico oltreché una condivisione a livello europeo e internazionale delle informazioni sui prezzi dei farmaci;

16) ad adottare iniziative volte a rescindere il legame tra le nomine dei dirigenti della sanità e la politica, con l'intento di attuare la decisa separazione tra politica e amministrazione nella gestione del Servizio sanitario nazionale e conseguentemente garantire un servizio sanitario che si basi unicamente sui bisogni;

17) ad adottare iniziative normative volte ad ampliare i requisiti di accesso per la nomina dei direttori generali, al fine di consentire di partecipare alle selezioni per far parte dell'elenco nazionale dei direttori generali anche a coloro che hanno compiuto almeno sette anni di servizio nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea magistrale, nonché l'avere conseguito i titoli, in management sanitario, di dottorato di ricerca, o di master di secondo livello, o di diploma di specializzazione, attribuendo un punteggio minore alla comprovata esperienza dirigenziale;

18) ad adottare iniziative volte a prevedere la revoca dell'incarico o il divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari, delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale;

19) a garantire la trasparenza e l'economicità della spesa sanitaria, attraverso l'implementazione del vigente sistema di gestione che consenta di rilevare in tempo reale e attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni di inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, la contabilità separata dell'attività di intramoenia;

20) ad adottare iniziative volte a estendere l'applicabilità delle disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento;

21) ad adottare iniziative volte a estendere l'applicabilità delle disposizioni sulla trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, già previste per la dirigenza pubblica, anche alla dirigenza sanitaria, includendovi anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;

22) ad adottare iniziative per assicurare che i soggetti che erogano prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale siano tenuti a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale i bilanci e i dati sugli aspetti qualitativi e quantitativi dei servizi erogati e sull'attività medica svolta dalle strutture pubbliche e private nonché il collegamento all'atto di determinazione del fabbisogno regionale di servizi sanitari che ciascuna regione dovrà adottare dando evidenza dei territori saturi e di quelli in cui l'offerta risulti carente, l'elenco dei soggetti autorizzati e gli esiti delle attività ispettive;

23) ad adottare iniziative volte ad imporre a tutti i soggetti pubblici e privati che erogano prestazioni sanitarie, di alimentare il sistema informatico pubblico ed il fascicolo sanitario dei pazienti con i dati relativi alle prestazioni effettuate ed al loro contenuto;

24) ad adottare iniziative in merito all'inappropriato utilizzo delle risorse del Ssn attraverso la ridefinizione dei requisiti minimi e le modalità organizzative per il rilascio delle autorizzazioni, dell'accreditamento istituzionale e per la stipulazione degli accordi contrattuali, per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. In particolare, al fine di:

   a) rafforzare e uniformare il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale;

   b) garantire la pubblicazione, o comunque l'attivazione di misure di trasparenza in reazione alla determinazione del fabbisogno, all'elenco dei soggetti autorizzati e agli esiti delle attività ispettive;

   c) rafforzare e uniformare il piano di controlli assicurando procedure certe e scadenzate nel tempo, garantendo la terzietà e indipendenza degli organi ispettivi;

   d) rafforzare e garantire il controllo e la vigilanza sul rispetto dei contenuti degli accordi contrattuali, assicurando un rigoroso sistema sanzionatorio, che contempli anche la revoca e la sospensione, in caso di mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alla tipologia e alla qualità delle prestazioni;

   e) uniformare, attraverso apposite linee guida, gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali;

25) ad adottare iniziative volte a prevedere la rivisitazione del calcolo per la definizione dei posti letto in ragione delle esigenze epidemiologiche e della riorganizzazione territoriale, comunque assicurando che il numero di posti letto di degenza ordinaria raggiunga almeno la media europea di circa 500 posti letto per 100.000 abitanti ed anche il numero di posti letto di terapia intensiva raggiunga almeno 25 posti per 100.000 abitanti, al fine di evitare che il nostro sistema sanitario possa nuovamente trovarsi impreparato dinanzi a nuovi eventi patologici epidemici o pandemici;

26) ad attivarsi per una politica efficace di prevenzione sull'uso degli antibiotici, dotando gli ospedali di servizi di microbiologia permanente, adottando iniziative efficaci che mirino a riportare in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici, la diagnosi, la posologia e la durata della terapia, prevedendo una banca dati di tutte le prescrizioni di antibiotici e programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide al fine di individuare i pazienti infetti con batteri multifarmacoresistenti, predisponendo adeguate misure di controllo delle infezioni, e incentivando un sistema di confezionamento dei farmaci, con dosi unitarie o pacchetti personalizzati, al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

27) ad adottare iniziative volte a dare completa e capillare attuazione alla legge n. 405 del 1975 sui consultori quali presidi indispensabili per l'integrazione socio-sanitaria e di prevenzione, garantendo che siano dotati di risorse economiche adeguate e di professionisti in grado di realizzare un approccio multidisciplinare compiuto, assicurando altresì una completa esigibilità dei diritti delle donne in relazione alla legge n. 194 del 1978 e su tutto il territorio nazionale, superando ogni problema organizzativo legato all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore;

28) ad adottare iniziative volte a dare completa attuazione al Piano nazionale della cronicità, migliorare la qualità e accessibilità dell'assistenza primaria e la qualità dell'assistenza domiciliare integrata e a migliorare la qualità, l'accessibilità e l'equità dell'assistenza garantita alle persone con malattia rara.
(1-00051) «Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro, Auriemma, Pavanelli, Morfino, Carotenuto, Amato, Giuliano, Barzotti, L'Abbate, D'Orso, Aiello, Carmina, Ilaria Fontana, Raffa, Dell'Olio, Sergio Costa».


   La Camera,

   premesso che:

    circa quarantacinque anni fa grazie a Tina Anselmi la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha istituito il Servizio sanitario nazionale (da qui SSN), i cui principi cardine sono l'universalità, l'uguaglianza e l'equità e il cui obiettivo è la tutela della salute «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», in ossequio all'articolo 32 della nostra Costituzione, nonché la promozione, il mantenimento e il recupero «della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini»;

    la sanità pubblica italiana rappresenta ancora oggi, in Europa e nel mondo, un vero e proprio modello di tutela della salute, che ha garantito agli italiani, nel corso degli anni, il miglioramento delle condizioni di vita, la riduzione delle patologie, maggiore longevità e benessere e una risposta collettiva ai bisogni di salute e di vita di cittadini, famiglie e società nel suo complesso;

    questo sistema oggi deve dare risposta a sfide e sollecitazioni nuove, anche legate al cambiamento demografico del nostro paese con l'invecchiamento della popolazione e la conseguente necessità di presa in carico della cronicizzazione delle malattie;

    sono diverse le criticità che affliggono il nostro SSN, tra cui non può non richiamarsi il divario nella quantità e qualità dei servizi forniti dalle singole regioni, legato sia alla diversa dotazione infrastrutturale, sia a capacità di programmazione e gestionali non omogenee; l'insufficiente compensazione del ridimensionamento dei servizi ospedalieri ordinari con un rafforzamento di quelli territoriali, soprattutto in alcune zone del paese; le lunghe liste d'attesa, esplose nella fase pandemica che ha di fatto sospeso la presa in carico delle altre malattie, con effetti derivanti dalla mancanza di screening ancora non prevedibili nel medio-lungo periodo; l'ingente spesa privata dei cittadini, che ha raggiunto più di 40 miliardi all'anno comprensivi del costo per servizi socio-sanitari necessari per gestire patologie croniche, con un'incidenza della spesa sanitaria out of pocket del 22 per cento rispetto a una media europea del 15 per cento (dati Eurostat); la carenza di personale e, non ultimo, l'assenza di investimenti e programmi di spesa di prospettiva nel settore;

    la riforma del Titolo V ha comportato la creazione di 21 Sistemi Sanitari Regionali (SSR) con situazioni di continui deficit, un alto livello di frammentazione ed eterogeneità, e differenze notevoli sia per quanto riguarda l'accesso alle cure sia per la qualità dell'assistenza sanitaria;

    la mancanza di un piano coordinato di assistenza territoriale che garantisca ovunque servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente impedisce una presa in carico integrata della popolazione differenziata per fasce d'età e l'implementazione di quella «medicina personalizzata» che rappresenta una sfida del futuro; una delle conseguenze più evidenti è il sovraccarico dei pronto soccorso e della medicina d'urgenza, che merita quindi una riorganizzazione integrata;

    per quanto concerne le liste d'attesa, in particolare, il Piano nazionale di Governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 ha stabilito i tempi massimi d'attesa che le regioni si sono impegnate a rispettare per le prestazioni ambulatoriali, visite specialistiche e prestazioni strumentali, definendoli secondo criteri di priorità: «urgente» (U), da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, entro 72 ore; «breve» (B) da eseguire entro 10 giorni; «differibile» (D) da eseguire entro 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; «programmata» (P) da eseguire entro 120 giorni;

    dette tempistiche risultano costantemente disattese, rendendo plasticamente anche la forte disomogeneità nell'efficacia del SSN su tutto il territorio nazionale: esse non vengono rispettate, in media, una volta su tre (nelle regioni del Nord) e due volte su tre (nelle regioni del Sud); i dati mostrano che in media bisogna attendere 23 mesi per una mammografia, 12 per una Tac, 6 per la risonanza magnetica;

    il Rapporto civico sulla salute di Cittadinanzattiva sottolinea come nel 2021 almeno l'11 per cento delle persone abbia rinunciato a visite ed esami diagnostici e/o specialistici per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso, al servizio, con punte superiori al 18 per cento in alcune regioni quali la Sardegna, comunque non distanti dai livelli di «rinuncia» di Abruzzo, Lazio e Molise; lo stesso rapporto denuncia che per alcune diagnostiche si possono raggiungere anche i due anni di attesa; nonostante la lieve ripresa degli ultimi due anni, i volumi delle prestazioni sanitarie non sono ancora tornati ai livelli pre-pandemici, né per le prestazioni programmate né per quelle urgenti, portando a 2,9 milioni il numero di mancati ricoveri registrati tra il 2020 e il 2021, biennio già segnato da una riduzione del 26 per cento delle ospedalizzazioni e del 44 per cento dei ricoveri programmati rispetto ai valori pre-Covid-19;

    secondo il Report Osservatorio GIMBE 1/2021, tra il 2020 e il 2019 la riduzione complessiva delle prestazioni sanitarie si attesta su un valore di – 144,5 milioni – di cui la maggior parte (90,2 per cento) in strutture pubbliche – mentre i dati Agenas-MeS Sant'Anna di Pisa mostrano una diminuzione media del 40 per cento delle attività di screening per condizioni cliniche il cui esito è fortemente condizionato dalla tempestività della diagnosi (es. mammografie);

    ciò incide negativamente su un sistema di prevenzione tradizionalmente carente in ragione della mancanza di risorse finanziarie, umane e strumentali adeguate, cui si potrebbe dare risposta attraverso l'elaborazione di un piano nazionale pluriennale di interventi nel campo della prevenzione, differenziando gli stessi in interventi «primari» (volti a prevenire l'insorgere della patologia), «secondari» (volti a garantire diagnosi precoci) e «terziari» (volti a prevenire complicanze o danni ulteriori rispetto alla patologia già individuata);

    i lunghi tempi d'attesa non riguardano solo le tempistiche relative alla diagnosi, ma anche quelle relative agli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che vengono posti in essere con ritardi che spesso finiscono inesorabilmente per aggravare il quadro clinico del paziente;

    si registrano criticità anche sul piano dell'assistenza di lungo termine prestata nelle strutture ospedaliere, che è scesa, del 2,5 per cento annuo, dal 2012 al 2021, confermando le difficoltà del SSN di garantire cure e assistenza con continuità e al di là di un orizzonte emergenziale;

    dal 2010 il personale a tempo indeterminato impiegato nel Servizio sanitario nazionale è diminuito di 25.641 unità (di cui circa 8.000 infermieri) e l'Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato come la situazione dei servizi di pronto soccorso – e non solo – risulti ormai difficilmente sostenibile; anche per quanto riguarda gli infermieri, il tasso di infermieri attivi in rapporto alla popolazione residente è sensibilmente più basso rispetto alla media europea;

    secondo le stime di SalutEquità nei prossimi anni la carenza di personale sanitario può stimarsi in circa 25.000 medici e 63.000 infermieri, indebolendo ulteriormente un sistema sanitario che, in ragione della crisi della natalità, sarà chiamato a rispondere a una popolazione che nel 2050 sarà costituita, per circa l'8 per cento, da persone con più di 85 anni;

    l'assenza di risorse, il tasso di turnover negativo, i pensionamenti e le politiche di «pre-pensionamento» (Quota 100, Quota 103 in primis) hanno determinato una situazione fortemente critica a livello di organico; considerando che il nostro Paese si distingue per un'età media anagrafica più avanzata dei medici attivi (più del 56 per cento dei medici ha più di 55 anni), come affermato dall'ufficio parlamentare di bilancio «[l]'effetto di “Quota 100” nel settore della sanità, e in maniera particolare nel Mezzogiorno ..., è purtroppo coinciso con il sovraccarico di lavoro che il personale ospedaliero ha dovuto fronteggiare nelle fasi più acute della pandemia da COVID-19, soprattutto nella prima metà del 2020»;

    la mancanza di risorse per immettere in servizio nuovo personale si deve anche alle misure di contenimento delle assunzioni adottate nelle regioni in piano di rientro, che negli anni ha aggravato un (già grave) percorso di riduzione del personale, privando detti enti territoriali della possibilità anche solo di compensare i pensionamenti, che per il solo prossimo quinquennio sono stimati in 21.050 unità per gli infermieri e 29.331 unità per i medici;

    la difficoltà di immettere nuovo personale in ruolo è dovuta anche alla scarsa attrattività economica, di alcune professioni sanitarie e infermieristiche, che portano sia al depauperamento dell'organico che al mancato avvio, in apicibus, dei percorsi di specializzazione medica universitaria nei settori più scoperti, pregiudicando l'erogazione delle relative prestazioni per i pazienti; gli stipendi degli infermieri sono pari a 1.410 euro al mese, ben distanti dalla media europea di 1.900 euro mensili;

    la cronica carenza di personale, nonché l'insufficienza del numero di posti letto negli ospedali, che ha registrato una progressiva diminuzione dal 1998 al 2018 (da 5,8 a 3,2 per 1.000 abitanti, su una media europea pari a 5), ha pregiudicato fortemente non solo la capacità del SSN di rispondere alla pandemia, ma anche la possibilità di offrire risposte globali e tempestive a tutti i pazienti, acuendo richiamati (e drammatici) fenomeni sanitari e sociali della rinuncia alle cure, dell'aumento delle liste d'attesa e della mobilità passiva non fisiologica;

    la mancanza di risorse adeguate è un problema che si riscontra anche nel campo della spesa farmaceutica e per i dispositivi a carico degli ospedali, con un impatto negativo sulla cura di patologie gravi come quelle oncologiche;

    è inoltre indispensabile implementare campagne informative nonché l'organizzazione di vaccinazioni strategiche oltre a quelle già obbligatorie, quali i vaccini anti-influenzali e quelli che prevengono l'insorgere di patologie tumorali come l'HPV, anche tramite la rete territoriale dei medici e dei pediatri di base e delle farmacie;

    l'esperienza della pandemia ha messo in evidenza la necessità di strutture, un servizio di prevenzione e cura nell'ambito della salute mentale e di supporto anche di carattere psicologico nelle patologie gravi, con particolare riferimento a disturbi del comportamento alimentare; in tale contesto, è urgente attuare la legge 7 aprile 2022, n. 32 (cosiddetto «Family Act») che all'articolo 2, comma 2 lettera d), prevede «ulteriori misure di sostegno e contributi vincolati alle famiglie per le spese sostenute per i figli con disabilità, con patologie fisiche o psichiche invalidanti, compresi i disturbi del comportamento alimentare, ovvero con disturbi specifici dell'apprendimento o con bisogni educativi speciali, comprese le spese di cura e di riabilitazione e per attività terapeutiche e ricreative svolte da soggetti accreditati, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado»;

    i servizi socio-sanitari nel nostro paese devono essere implementati anche grazie alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dando riconoscimento e strumenti agli enti del terzo settore che operano a livello territoriale, integrando in modo prezioso dei servizi offerti dal pubblico;

    per salvaguardare il Servizio sanitario nazionale e garantire personale e strumentazione è dunque indispensabile stanziare nuove risorse, prestando un sostegno concreto a tutte le strutture e le professionalità che si impegnano, nonostante le difficoltà ad adoperarsi per proteggere la salute dei cittadini; in Italia la spesa in sanità in rapporto al PIL è inferiore di 1,3 punti percentuali rispetto alla media europea, di 3 rispetto alla Germania e di 2,5 rispetto alla Francia; considerando la spesa sanitaria pro capite, il valore italiano (euro 2.473) è inferiore rispetto ai principali Paesi europei e alla media OCSE (euro 2.572);

    al contrario, la legge di bilancio 2023 ha previsto, per il triennio 2023-2025, un percorso di riduzione della spesa in percentuale pari allo 0,38 per cento nel 2023, 0,30 per cento nel 2024 e 0,38 per cento nel 2025, in particolare prevedendo una riduzione di 51 milioni di euro per l'anno 2023 e 51,6 milioni di euro per l'anno 2024 dei finanziamenti previsti per il programma di ricerca per il settore della sanità pubblica, nonché una riduzione di 7,6 milioni di euro nel 2023, 11,2 milioni di euro nel 2024 e 14 milioni di euro nel 2025 per la vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure;

    gli stanziamenti previsti (2,15 miliardi di euro per il 2023) sono stati rivolti interamente al contrasto dell'aumento dell'inflazione e dei costi dell'energia (1,4 miliardi di euro), nonché all'acquisto dei vaccini e farmaci per la cura del Covid-19 (650 milioni di euro), senza alcuna prospettiva di sostegno, investimento e rilancio in un settore fondamentale per il nostro ordinamento costituzionale;

    risulta del tutto assente, dall'orizzonte della programmazione finanziaria, il potenziamento del sistema sanitario e anzi le proiezioni di spesa elaborate dal Governo prevedono un percorso di riduzione, in percentuale del Pil, che passa dal 7 per cento del 2022 al 6,1 per cento nel 2025;

    sotto questo versante, peraltro, va ricordato come lo scoppio della pandemia abbia comportato un forte aumento della spesa sanitaria pubblica, che è passata da un incremento medio annuo dello 0,9 per cento dal 2012 al 2019, al 5 per cento medio annuo tra il 2020 e il 2021, a conferma di quanto le nuove sfide globali disvelate dalla pandemia impongano agli stati di rafforzare e mettere in sicurezza i propri sistemi sanitari;

    proprio per dare risposta a tale emergenza, l'Eurogruppo del 9 aprile 2020 ha dato avvio al Pandemic crisis support e cioè un programma di supporto finanziato attraverso il Meccanismo europeo di stabilità (cosiddetto MES sanitario) che consentiva agli Stati membri di accedere a finanziamenti agevolati volti a supportare i maggiori costi sanitari sopportati per lo scoppio della pandemia;

    il 31 dicembre 2022 è scaduto il termine per accedere al predetto MES sanitario ed è quindi sfumata la possibilità di ottenere i circa 37 miliardi di euro la cui unica condizionalità sarebbe stata l'utilizzo di tali risorse esclusivamente per sostenere il finanziamento, diretto e indiretto, del sistema sanitario nazionale;

    dette risorse avrebbero rappresentato puro ossigeno per il nostro sistema sanitario, che versa in condizione critiche sotto molteplici aspetti sopra solo accennati e che ora risulta pure fortemente provato dagli sforzi (abnormi) profusi nel corso della pandemia per salvaguardare, costantemente e nonostante tutte le difficoltà, il primario e universale diritto alla salute;

    preconcetti ideologici e fake news non possono in alcun modo giustificare l'assenza di risorse e risposte rispetto alle esigenze di cura e assistenza di cittadini e famiglie: proprio per tale ragione appaiono improcrastinabili interventi volti a potenziare il SSN e che si propongono di ricollocare al centro delle priorità del Paese la tutela della salute, vero e proprio cardine del nostro sistema di welfare e del nostro stato sociale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per reperire le risorse finanziarie necessarie a rispondere alle criticità richiamate in premessa, volte, in particolare, a escludere qualsiasi forma di definanziamento del SSN sul breve, medio e lungo periodo, incrementando l'organico medico e infermieristico e riducendo i tempi di attesa per le prestazioni specialistiche e per gli interventi terapeutici e assistenziali-riabilitativi, che pregiudicano direttamente il fondamentale diritto alla salute di cui all'articolo 32 della Costituzione e il carattere universale del sistema sanitario nazionale nel suo complesso;

2) ad adottare iniziative volte ad aumentare personale medico e infermieristico, favorendo nuove immissioni in ruolo con compensi e formazione adeguata e organizzando in modo adeguato l'attività lavorativa e, al contempo, favorire l'aggiornamento delle professionalità operanti nel SSN, senza disperdere le esperienze acquisite e procedendo, senza indugio, all'avvio di un percorso di stabilizzazione che si proponga di eliminare il precariato nelle professioni sanitarie;

3) ad adottare iniziative di competenza per assicurare maggiore attrattività alle professioni sanitarie, incrementando le remunerazioni e le indennità specifiche, ma anche rafforzando le tutele contrattuali al fine di tenere in debita considerazione le peculiarità del comparto, sia al fine di scongiurare la carenza di personale in generale, sia per evitare l'afflusso delle nuove professionalità verso specializzazioni considerate maggiormente redditizie;

4) a dare piena attuazione, per quanto di competenza, ai piani nazionali approvati in sede ministeriale ed europea, in coerenza con le indicazioni dell'OMS, a partire dall'eliminazione delle liste di attesa e dalla riorganizzazione degli strumenti di prevenzione e screening;

5) ad adottare iniziative per prevedere un piano di potenziamento della sanità e dell'assistenza territoriale, in coerenza con gli investimenti previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, introducendo strumenti innovativi di medicina personalizzata e telemedicina, anche tramite la completa attuazione del fascicolo sanitario elettronico;

6) ad adottare, anche alla luce del punto precedente, un piano nazionale di edilizia ospedaliera che comporti il rinnovamento delle strutture sanitarie, considerando che il 60 per cento delle strutture ha più di 40 anni e la metà è di dimensioni troppo piccole, anche al fine di rafforzare le strutture dedicate e agevolare l'assistenza di parenti e congiunti, nonché per agevolare l'implementazione delle più avanzate tecniche mediche, della medicina di precisione e personalizzata;

7) ad adottare un piano di riorganizzazione e risanamento della medicina d'urgenza e a strutturare un piano efficace di presa in carico delle malattie croniche attraverso l'avvio della rete di ospedali di comunità previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza;

8) a superare il meccanismo del payback sui dispositivi e sui farmaci;

9) ad adottare iniziative volte a garantire il pieno utilizzo delle risorse dedicate ai farmaci innovativi, continuando a sostenere la ricerca e la produzione farmaceutica nel nostro paese, e ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza (LEA), anche per la presa in carico delle malattie rare di cui alla legge 10 novembre 2021 n. 175;

10) a portare avanti una campagna di informazione ed una efficace organizzazione del sistema vaccinale, anche per garantire gli impegni assunti con l'OMS per la vaccinazione contro l'HPV;

11) a portare avanti un piano strutturato di servizi territoriali per la presa in carico della salute mentale, anche in collaborazione con il sistema scolastico ed educativo, e ad adottare i decreti attuativi di cui alla legge n. 32 del 2022 per il rimborso alle spese sostenute dalle famiglie per i figli con disabilità, con patologie fisiche o psichiche invalidanti, compresi i disturbi del comportamento alimentare, ovvero con disturbi specifici dell'apprendimento o con bisogni educativi speciali, comprese le spese di cura e di riabilitazione svolte da soggetti accreditati;

12) ad adottare le iniziative di competenza volte a includere l'organizzazione e il finanziamento del Servizio sanitario nazionale nella discussione in materia di riforme costituzionali attualmente in corso.
(1-00061) «Bonetti, Richetti, Grippo, Enrico Costa, Gadda, Del Barba, Marattin, Sottanelli».