Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 28 aprile 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nel dicembre 2019, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato lo European Green Deal al fine di rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050;

    il Green Deal europeo, parte integrante della strategia della Commissione europea per attuare l'Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, è stato quindi approvato dal Parlamento europeo nel gennaio 2020 su proposta della Commissione europea;

    per raggiungere questi obiettivi, il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha quindi presentato un pacchetto di proposte denominato «Fit for 55%», al fine di adeguare la normativa in materia di clima ed energia al nuovo obiettivo di riduzione, entro il 2030, delle emissioni nette di gas a effetto serra (emissioni previa deduzione degli assorbimenti) di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050;

    la transizione energetica, già al centro delle misure previste dal Green Deal per lo sviluppo sostenibile e il contrasto ai gas climalteranti, è diventata decisiva anche per accelerare sull'autosufficienza energetica dell'Unione europea e porre fine alla dipendenza dai Paesi extra Unione europea, puntando su una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili e sull'efficientamento e risparmio energetico;

    proprio per rispondere alla recente crisi energetica, l'Unione europea ha quindi adottato una serie di misure, in particolare il piano RepowerEU, finalizzate prioritariamente ad affrancarsi dalla dipendenza russa e a rispondere all'impennata dei prezzi sui mercati mondiali;

    la nuova situazione geopolitica del mercato dell'energia ha quindi imposto di accelerare la transizione verso l'energia pulita e di aumentare l'indipendenza energetica dell'Unione europea dai combustibili fossili;

    in quest'ottica, il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha presentato il Piano REPowerEU e la proposta di regolamento sui capitoli REPowerEU nei Piani per la ripresa e la resilienza che, confermando la piena attuazione delle iniziative legislative per la transizione energetica del citato pacchetto europeo «Fit for 55%», ne ha però aumentato comunque gli obiettivi relativi all'energia da fonti rinnovabili (45 per cento invece di 40 per cento) e al risparmio energetico (13 per cento invece di 9 per cento), e che dovrebbe permettere di ridurre la domanda di gas dell'Unione europea del 30 per cento;

    l'elettrificazione, l'efficienza energetica e la diffusione delle energie rinnovabili potrebbero consentire all'industria un risparmio pari a 35 miliardi di metri cubi di gas naturale entro il 2030, un risultato che va oltre gli obiettivi del pacchetto «Pronti per il 55%». Si prevede che entro il 2030 circa il 30 per cento della produzione di acciaio primario dell'Unione europea sarà decarbonizzato mediante l'utilizzo di idrogeno rinnovabile;

    il 12 luglio 2022 il Consiglio europeo ha rivolto specifiche raccomandazioni all'Italia sul programma nazionale di riforma 2022 e sul programma di stabilità 2022, chiedendo al nostro Paese di prendere provvedimenti al fine di aumentare gli investimenti pubblici per le transizioni verde e digitale e per la sicurezza energetica tenendo conto dell'iniziativa REPowerEU, anche avvalendosi del dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri fondi dell'Unione europea;

    secondo la Commissione europea, REPowerEU richiederà entro il 2027 maggiori investimenti per 210 miliardi di euro e dovrebbe consentire di risparmiare 80 miliardi di euro ogni anno sulle importazioni di gas, petrolio e carbone. Il Piano mira ad assicurare l'autosufficienza energetica dell'Unione europea, anche tramite:

     a) un maggiore risparmio energetico. La Commissione europea propone di rivedere la direttiva sull'efficienza energetica – già oggetto di revisione ad opera di una delle proposte del pacchetto «Pronti per il 55%» – per innalzare al 13 per cento, rispetto al 1990, l'obiettivo vincolante di risparmio energetico, che il pacchetto climatico fissa al 9 per cento;

     b) l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili. La produzione complessiva di energia rinnovabile dovrebbe raggiungere nel 2030 i 1236 GW a fronte dei 1067 GW previsti dal pacchetto «Pronti per il 55%». Il piano REPowerEU ha introdotto una strategia per raddoppiare la capacità solare fotovoltaica fino a 320 GW entro il 2025 e installare 600 GW entro il 2030;

     c) l'introduzione graduale dell'obbligo giuridico di installare pannelli solari sui nuovi edifici pubblici, commerciali e residenziali;

     d) il potenziamento delle catene di approvvigionamento dell'energia eolica, snellendo le procedure di autorizzazione;

     e) il raddoppio del tasso di diffusione delle pompe di calore, attraverso misure volte a integrare l'energia geotermica e termosolare nei sistemi di teleriscaldamento e di riscaldamento collettivo;

     f) la diversificazione dell'approvvigionamento, grazie a nuovi fornitori esteri e ad acquisti congiunti volontari sulla piattaforma dell'energia;

    inoltre il piano REPowerEU assegna un ruolo importante all'idrogeno rinnovabile in quei settori che sono di difficile decarbonizzazione come quelli dell'industria e quello dei trasporti, stabilendo per il 2030 un obiettivo di 10 milioni di tonnellate di produzione interna e 10 milioni di tonnellate di importazioni;

    la necessità di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, in particolare quelli provenienti dalla Russia, ha certamente contribuito a voler accelerare il processo di transizione verso un'economia verde, con la diversificazione nell'utilizzo delle fonti energetiche, nonché a sensibilizzare maggiormente in merito all'esigenza di contenere i consumi di energia;

    il 28 febbraio 2023 è stato quindi pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il regolamento (UE) 2023/435 che modifica il regolamento (UE) 2021/241 per quanto riguarda l'inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei piani per la ripresa e la resilienza e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013, (UE) 2021/1060 e (UE) 2021/1755, e la direttiva 2003/87/CE;

    il citato regolamento (UE) 2023/435 ha inserito il piano REPowerEU e i cambiamenti climatici nel dispositivo per la ripresa e resilienza dell'Unione europea (istituito dal regolamento 2021/241);

    come riporta il Def, il Documento di economia e finanza 2023, bisogna ottenere la terza rata del PNRR entro il mese di aprile 2023 e il Governo intende «rivedere o rimodulare alcuni progetti del Piano per poterne poi accelerare l'attuazione. È in fase di elaborazione il programma previsto dall'iniziativa europea REPowerEU, che comprenderà, tra l'altro, nuovi investimenti nelle reti di trasmissione dell'energia e nelle filiere produttive legate alle fonti energetiche rinnovabili» e gli interventi necessari a ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas naturale;

    è del tutto evidente che i suddetti nuovi obiettivi dell'Unione europea impongono l'aggiornamento dei piani nazionali per l'energia e il clima (Pniec) da parte dei diversi Stati membri, peraltro già previsto per il 2024;

    come riporta il Def, Documento di Economia e finanza 2023, «rivestirà grande importanza la revisione dei principali documenti programmatici in materia di energia e clima, quali il PNIEC e la Strategia di Lungo Termine sulla riduzione dei gas ad effetto serra. Il nuovo PNIEC, che l'Italia dovrà presentare nella sua versione "draft" alla Commissione entro il 30 giugno 2023 (la versione finale dovrà essere presentata a giugno 2024), sarà predisposto alla luce dei nuovi obiettivi europei in materia di clima ed energia derivanti dal pacchetto "Fit for 55" e in linea con il REPowerEU e continuerà a svilupparsi sulle 5 dimensioni dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione (riduzione delle emissioni e energie rinnovabili); efficienza energetica; sicurezza energetica; mercato interno dell'energia; ricerca, innovazione e competitività. Per quanto possibile, come sollecitato dalla stessa Commissione, nell'aggiornamento del PNIEC si dovrà preparare l'analisi di base necessaria per elaborare i piani sociali per il clima (che indicano come utilizzare le entrate del Fondo sociale per il clima)»;

    il capitolo REPowerEU da aggiungere al PNRR conseguentemente aggiornato, doveva essere inviato alla Commissione europea entro il prossimo 30 aprile, come assicurato anche dal Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Fitto, fino a pochi giorni fa. In realtà con l'avvicinarsi della scadenza, la data di fine aprile è scomparsa, e lo stesso Ministro ammetteva realisticamente di avere bisogno di più tempo, sottolineando come le regole europee diano la possibilità di presentare i piani rivisti, fino al 31 agosto 2023;

    il Governo in conseguenza dei suoi evidenti ritardi ha quindi deciso di sfruttare questo spostamento di scadenza in quanto effettivamente la Commissione europea, seppur sollecitando i Paesi a presentare entro fine aprile il PNRR modificato, ha comunque previsto anche la data di agosto 2023 quale termine ultimo legale indicato nella comunicazione della Commissione europea 2023/C80/01. È evidente che se non si presentano i progetti non si otterranno le risorse;

    un allungamento dei tempi effettivamente consentito dalle norme europee, ma che complica ulteriormente la realizzazione concreta dei progetti, e soprattutto rivela le difficoltà dell'Esecutivo, incapace di rispettare i termini che esso stesso si era dato;

    risulta peraltro che il Governo intende tagliare alcuni progetti che avrebbero dovuto essere rendicontati entro dicembre 2022 per un ammontare di circa 20 miliardi di euro e, in aggiunta, vorrebbe includere tra i progetti da finanziare il gasdotto della dorsale appenninica;

    ancora non si sa quali progetti il Governo deciderà di sostituire e con quali altri interventi, né tantomeno la quota di risorse da ricollocare;

    il Def 2023, riguardo al piano REPowerEU, ricorda come «le risorse complessivamente previste in favore degli Stati membri ammontano a 20 miliardi, sotto forma di contributi a fondo perduto aggiuntivi e a 225 miliardi sotto forma di prestiti già disponibili attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza. La quota di risorse a fondo perduto che potranno essere destinate all'Italia ammonta a 2,76 miliardi (derivanti dal trasferimento delle risorse ETS)». A queste si può aggiungere fino al 7,5 per cento dei fondi relativi alla programmazione 2021-2027 della politica di coesione. Peraltro a queste cifre se ne possono aggiungere ulteriori a titolo di prestito non ancora utilizzate dagli altri Paesi a valere sul PNRR. Come sottolineato nel Def «il Governo intende utilizzare anche parte delle risorse delle politiche di coesione 2021-2027, già destinate a obiettivi assimilabili a quelli del REPowerEU»;

    come confermato anche da diversi organi di stampa, per evitare di perdere fondi europei visti i ritardi accumulati e i primi obiettivi tagliati, il Governo è intenzionato a dirottare una parte dei fondi del PNRR che si fa fatica a spendere su alcuni progetti che fanno parte dei piani di investimento delle aziende pubbliche, tra cui Enel, Enel, Terna, Snam, e programmati per i prossimi anni;

    in pratica si vorrebbero spostare diversi progetti dal Pnrr al Fondo di coesione, che ha una scadenza più lunga, 2029 anziché 2026. Le somme recuperate dallo spostamento di questi progetti andranno ad alimentare il REPowerEU finanziando quei progetti e piani di investimento delle grandi aziende statali sempre nell'ambito della transizione energetica. Per fare qualche esempio, Eni ha proposto un sistema per la cattura e il riutilizzo dell'anidride carbonica a largo di Ravenna, così come Snam ha tra i suoi piani il progetto per il completamento del gasdotto appenninico per il passaggio del gas proveniente dal nord Africa verso l'Europa settentrionale; Terna ha in progetto la realizzazione di tre elettrodotti sottomarini;

    risulta evidente che diversi dei piani di investimento delle suddette aziende pubbliche che si vorrebbero ora finanziare col REPowerEU con le modalità suesposte, poco hanno a che fare e risultano in contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione e di superamento delle fonti fossili che caratterizzano il medesimo piano REPowerEU;

    in questo ambito giova ricordare come le strategie fin qui adottate dall'Italia continuano però a confermarsi tra le meno coerenti e rispettose degli impegni presi alla Cop26 in termini di superamento delle fonti fossili. Purtroppo il «Sistema-Italia» continua fin troppo a basarsi sul triangolo tra finanza privata, industria fossile e finanza pubblica;

    è intenzione del Governo, come ribadito più volte anche della stessa Premier, costruire l'hub energetico in Italia del gas per vendere il gas all'estero, utilizzare Eni e Snam per realizzare questa infrastrutturazione spostando le risorse del Pnrr verso il REPowerEU;

    il Governo italiano e la sua agenzia di credito all'esportazione Sace continuano a finanziare progetti di carbone, petrolio e gas all'estero almeno fino al 2028;

    vale la pena ricordare che Sace si colloca al primo posto in Europa tra i finanziatori pubblici dell'industria fossile. Tra il 2016 e il 2021, Sace ha emesso garanzie per i settori del petrolio e del gas pari a 13,7 miliardi di euro;

    peraltro è bene sottolineare che il presidente del consiglio di amministrazione di Sace è anche membro del consiglio di amministrazione dell'Eni, ente di servizio pubblico che ha investimenti nel comparto delle fonti fossili. Peraltro Eni ha già ricevuto la garanzia di Sace per Coral South, il progetto avviato dal medesimo ente per lo sviluppo delle risorse di gas scoperte al largo del Mozambico. E ora paradossalmente alcuni piani di investimento di Eni rischiano di essere finanziati con le risorse del REPowerEU,

impegna il Governo:

1) viste le evidenti difficoltà dell'esecutivo a rispettare i termini del 30 aprile 2023 per presentare il capitolo dedicato al piano REPowerEU quale integrazione del Pnrr, a presentare alla Commissione europea detto capitolo comunque assai prima del termine ultimo legale del 31 agosto 2023, al fine di non rischiare che il processo di valutazione da parte della medesima Commissione possa non concludersi in tempo utile;

2) a garantire il massimo e costante coinvolgimento della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in tutte le fasi di aggiornamento e definizione del piano e circa l'utilizzo delle risorse del REPowerEU;

3) a finanziare prioritariamente tutte le iniziative utili e necessarie ad accelerare l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, favorendo l'autoproduzione e la produzione diffusa, nonché un sensibile snellimento delle relative procedure di autorizzazione;

4) a escludere dall'utilizzo delle risorse del REPowerEU il finanziamento di progetti che riguardino direttamente o indirettamente combustibili fossili e investimenti in fonti energetiche climalteranti, al fine di garantire le necessarie risorse per il loro superamento attraverso investimenti nel settore delle fonti rinnovabili e delle energie alternative;

5) a non finanziare con le risorse del REPowerEU i piani di investimento rientranti tra quelli delle aziende statali di cui in premessa, che riguardino fonti fossili e che non siano finalizzati alla decarbonizzazione dei sistemi produttivi;

6) ad avviare un piano di rapido superamento e azzeramento dei sussidi ambientalmente dannosi;

7) ad adottare tutte le iniziative utili volte a rivedere l'attività di supporto e garanzia svolta dalla Sace in quei settori di investimento legati alle fonti fossili;

8) ad aggiornare quanto prima il piano nazionale per l'energia e il clima (Pniec), in conseguenza dei nuovi obiettivi europei conseguenti al pacchetto «Fit for 55» e in linea con il REPowerEU.
(1-00131) «Evi, Bonelli, Zanella, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».


   La Camera,

   premesso che:

    i disturbi della nutrizione e dell'alimentazione (Dna) rappresentano un problema di sanità pubblica di crescente importanza per la loro progressiva diffusione, per l'esordio sempre più precoce tra i giovani e per l'eziologia multifattoriale complessa;

    in Italia si stima che i Dna coinvolgano circa tre milioni di persone, di cui il 90 per cento sono donne, oltre 2 milioni gli adolescenti. Negli ultimi decenni c'è stato un progressivo abbassamento dell'età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti le diagnosi in età preadolescenziale e nell'infanzia: il 59 per cento dei casi ha tra i 13 e 25 anni di età, il 6 per cento ha meno di 12 anni. Le diagnosi più frequenti sono quelle legate all'anoressia nervosa presente nel 46 per cento dei casi, la bulimia nervosa nel 28 per cento e il disturbo da alimentazione incontrollata (Bed) nel 15 per cento;

    tali disturbi durante la pandemia sono vistosamente aumentati: dai dati raccolti emerge un incremento di nuovi casi del 30 per cento e una crescita del 50 per cento di richieste di prima visita per i Dna;

    i disturbi alimentari possono coinvolgere profondamente le abilità di apprendimento, determinare una diminuzione della concentrazione e dell'attenzione e una difficoltà nell'ascoltare e nell'elaborare le informazioni. Chi soffre di Dna tende infatti a focalizzarsi sui dettagli, faticando a raccogliere informazioni in modo ampio e articolato, con esigenze didattiche particolari;

    i disturbi della nutrizione e dell'alimentazione (Dna) sono patologie severe con rischio di gravi compromissioni cliniche e psichiatriche e sono altresì patologie di lunga durata che possono avere esiti diversi. Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, tali disturbi possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico e altro) e, nei casi gravi, portare alla morte;

    i percorsi terapeutici di tali disturbi danno oggi risultati molto confortanti ma la prognosi dipende da alcuni importanti fattori come la tempestività della diagnosi e del trattamento, la continuità delle cure che non dovrebbero avere una durata inferiore ai due anni e da un approccio multidisciplinare alla malattia;

    molte persone oggi non arrivano alle cure e, in questo caso, il rischio di un aggravamento della patologia o un esito infausto è molto alto. La prima ragione di questa difficoltà è legata al fatto che i Dna sono disturbi egosintonici. La seconda ragione discende dal fatto che non vi è continuità assistenziale sull'intero territorio nazionale e le strutture di cura sono diffuse in modo disomogeneo. Questo determina spesso un ritardo nella prognosi e soprattutto nell'intervento terapeutico. Un'altra ragione è la difficoltà del primo livello di intervento (medici di base e pediatri) a riconoscere e indirizzare i pazienti e le loro famiglie verso le strutture specializzate;

    i Dna sono disturbi insidiosi, in costante aumento e mutamento. Colpiscono ragazze sempre più giovani e quindi cambiano forma e modalità di espressione. Si manifestano sempre più frequentemente anche nei ragazzi e al centro delle proprie ossessioni c'è – per tutti – il corpo, un'eccessiva preoccupazione per il peso con alterata percezione dell'immagine corporea. Molteplici sono le cause e i fattori di rischio: individuali, familiari, socioculturali. I fattori socioculturali sono i più dinamici e necessitano di una riflessione più approfondita, in quanto la diffusione di canoni estetici culturali che vengono presi come modello dalla società e soprattutto dai giovani è molto difficile da contrastare;

    la difficoltà di accettare se stessi e il proprio fisico, unita all'essere bersaglio di comportamenti offensivi che denigrano il corpo, possono causare nel soggetto che li subisce stati depressivi e di ansia e disturbi del comportamento alimentare. Dall'attività dei centri di prevenzione specializzati si è notato infatti che dietro all'esordio dei disturbi alimentari c'è spesso un'esperienza di body shaming;

    lo sport aiuta il benessere psico-fisico e a prevenire le patologie, aumenta l'autostima e migliora il nostro aspetto fisico. Per i più giovani è anche un importante strumento educativo. Purtroppo non sempre svolge una funzione positiva come dovrebbe. Per gli atleti di alcune discipline c'è una forte pressione affinché si raggiunga un determinato peso, una dimensione corporea stereotipata o un determinato rapporto muscoli/grasso;

    l'attività di prevenzione e di sensibilizzazione è fondamentale non solo per contrastare i fattori di rischio ma soprattutto per consolidare i fattori protettivi. È necessario informare e formare chi è a contatto con persone potenzialmente a rischio affinché sappia riconoscere tempestivamente i segnali di un disturbo e si possa quindi intervenire precocemente sull'insorgenza, contrastare il suo evolversi od osteggiare eventuali ricadute. Ne consegue che la prevenzione, per essere efficace, deve muoversi contemporaneamente su più piani;

    i programmi di prevenzione che hanno ottenuto i migliori risultati sono quelli scolastici attuati in ragazzi di età maggiore di 15 anni, con incontri organizzati in piccoli gruppi, condotti da professionisti e focalizzati sull'accettazione del proprio corpo, su una corretta alimentazione e attività fisica;

    la ricerca indica che la maggior parte dei pazienti affetti da Dna non è propensa a chiedere aiuto e che uno degli aspetti più ardui del lavoro con pazienti affetti da Dna consiste nel superare la loro scarsa disponibilità al trattamento. Fattori diversi incidono su questa riluttanza: non preoccupare le persone care, lo stigma, atteggiamenti negativi associati alla richiesta d'aiuto e alla successiva attivazione di un percorso terapeutico, la scarsa conoscenza dei percorsi di cura, la mancanza di modalità efficaci di incoraggiamento;

    è in questa complessità che si inscrive il lavoro del numero verde 800 180 969 «SOS Disturbi Alimentari» operativo dal novembre 2011. Si tratta di un servizio gratuito di counseling telefonico svolto da professionisti, che, nel rispetto dell'anonimato dell'utente, si propone come spazio di ascolto e orientamento per chi soffre di queste problematiche e per le persone a loro vicine. Tale strumento oltre a rendere più agevole l'accesso all'offerta sanitaria e fare da tramite tra la prima domanda di aiuto e i servizi specializzati, incoraggia nella domanda di aiuto, riduce le aspettative negative legate ai percorsi terapeutici fornendo informazioni adeguate sugli stessi e offre all'utente la possibilità di dialogare con un operatore, nell'anonimato, nel momento in cui si sente più bisognoso o disponibile a farlo;

    il numero verde 800 180 969 «SOS Disturbi Alimentari» attivo dalle ore 9:00 alle 21:00 potrebbe essere potenziato con due ulteriori servizi volti a sostenere ulteriormente l'utente in un momento di solitudine e sconforto: nella fascia notturna mediante l'introduzione di un servizio di segreteria telefonica al quale l'utente può lasciare un messaggio e chiedere di essere richiamato, mentre nella fascia diurna tramite l'attivazione di messaggio di attesa nel caso in cui il numero verde sia occupato, in modo che il chiamante non senta il telefono squillare senza ricevere risposta;

    nel 2018 è stato elaborato dal Ministero della salute un documento che delinea un vero e proprio «Percorso Lilla» specifico per i pazienti che soffrono di Dna e si presentano in pronto soccorso. Il documento offre indicazioni operative, per un approccio multidisciplinare, in considerazione dei bisogni e tenuto conto del fatto che l'accesso in pronto soccorso può rappresentare una preziosa occasione per intercettare un soggetto con Dna e per l'avvio di un percorso terapeutico specialistico integrato;

    nel trattamento dei pazienti affetti da Dna si adotta un approccio multidisciplinare e un lavoro «in rete». È infatti previsto che le cure vengano erogate all'interno di un percorso che prevede livelli di cura successivi: ambulatoriale non specialistico, ambulatoriale specialistico, day-service/diurno/semiresidenziale, residenziale, ospedaliero;

    l'offerta assistenziale nazionale per il trattamento dei pazienti affetti da Dna presenta alcune criticità. Dall'attuale mappatura nazionale dei servizi emerge una disomogeneità nella distribuzione dei servizi sul territorio italiano, con una carenza in alcune regioni soprattutto dei livelli di cura intensivi e di emergenza. Solo in 9 regioni (Veneto, Lombardia, Lazio, Umbria, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Sicilia e Valle d'Aosta) vi è una rete completa nei suoi 5 livelli di assistenza, con la mancanza totale di servizi nella regione Molise. Appare quindi evidente la necessità di un adeguamento delle reti assistenziali dedicate ai Dna complete in tutti i livelli di assistenza e distribuite in maniera omogenea su tutto il territorio italiano, al fine di non inficiare la continuità assistenziale;

    nonostante le complicanze mediche dei disturbi dell'alimentazione possano interessare tutti gli organi e apparati, i Dna sono inseriti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) per il percorso che riguarda l'area psichiatrica/psicologica, comportando l'esclusione di varie prestazioni mediche che sarebbe necessario integrare per una completa prosecuzione del percorso diagnostico;

    per il sistema di cura sarebbe particolarmente importante disporre di dati attendibili di incidenza e prevalenza dei Dna, così come di evidenze sull'efficacia dei trattamenti e sull'appropriatezza dei percorsi di cura. Difatti, le stime di prevalenza e incidenza sono frequentemente limitate a realtà regionali e a tutt'oggi non è possibile ricostruire un quadro complessivo dell'organizzazione, delle prestazioni e degli esiti dei trattamenti, perché le fonti informative di solito forniscono dati parziali, prevalentemente ospedalieri, riferiti a frammenti del percorso assistenziale. Disporre di maggiori dati epidemiologici raccolti su ampi campioni relativi ai Dna nel nostro Paese permetterebbe di adeguare l'offerta assistenziale dedicata, migliorando anche l'impatto socio-economico che tali patologie hanno a breve e a lungo termine,

impegna il Governo:

1) a promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado programmi di prevenzione rivolti ad alunni e insegnanti e condotti da professionisti per promuovere l'autostima, un corretto stile alimentare, l'importanza di una sana attività fisica focalizzati sull'accettazione del proprio corpo;

2) ad adottare le opportune iniziative volte a informare le famiglie degli studenti circa la possibilità di chiedere, per il proprio figlio affetto da Dna, l'adozione di un piano didattico personalizzato (Pdp);

3) a promuovere lo sviluppo e la diffusione di app gratuite destinate alla divulgazione di informazioni concernenti la nutrizione e l'educazione a una sana e corretta alimentazione, anche legata a particolari condizioni;

4) ad avviare campagne di comunicazione istituzionale in tema di promozione di stili di vita salutari e focalizzate su una corretta alimentazione, attraverso il servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e i canali web e social istituzionali, allo scopo di prevenire le malattie legate all'alimentazione e promuovere il benessere psico-fisico;

5) ad avviare campagne di comunicazione volte alla promozione di stili di vita salutari e una corretta alimentazione in occasione delle maggiori competizioni sportive agonistiche nazionali e internazionali;

6) a promuovere, in maniera diffusa a capillare, campagne di comunicazione istituzionale utilizzando tutti i canali, anche web e social, finalizzate a una maggiore diffusione della conoscenza del numero verde «SOS disturbi alimentari» 800 180 969;

7) a potenziare il servizio reso dal numero verde «SOS disturbi alimentari» 800 180 969 inserendo un servizio di segreteria telefonica attivo dalle ore 21:00 alle 9:00;

8) ad attivare il messaggio di attesa nel caso in cui il numero verde «SOS disturbi alimentari» sia occupato;

9) a prevedere corsi di formazione affinché il personale specializzato che opera nel servizio «SOS disturbi alimentari» possa offrire aiuto alle persone che vengono istigate a ricorrere a condotte idonee a provocare o rafforzare i disturbi del comportamento alimentare;

10) considerata l'estrema eterogeneità delle espressioni sintomatiche dei disturbi alimentari che rende complessa l'identificazione, a promuovere, nel rispetto delle competenze regionali e nel rispetto dei vincoli di bilancio, la formazione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e del personale medico e infermieristico deputato alle emergenze al fine di facilitare una diagnosi precoce di questi disturbi, difficilmente riconoscibili;

11) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, nel rispetto delle competenze regionali e nel rispetto dei vincoli di bilancio, necessarie ad implementare l'offerta assistenziale alla reale domanda di cura posta dalle persone che soffrono di Dna e dalle loro famiglie, garantendo una maggiore equità delle cure alle persone affette da tali gravi patologie in tutto il territorio nazionale;

12) a riconoscere l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata come malattie sociali;

13) a dare attuazione a quanto previsto al comma 687 dell'articolo 1 della legge n. 234 del 2021, individuando una specifica area per i disturbi della nutrizione e dell'alimentazione (Dna), le cui prestazioni sono ancora inserite nell'area della salute mentale;

14) ad aggiornare e integrare l'elenco delle prestazioni rientranti nei Lea per l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e i disturbi da alimentazione incontrollata (Bed);

15) a promuovere, nel rispetto delle competenze regionali e nel rispetto dei vincoli di bilancio, le iniziative necessarie atte a introdurre modelli per il monitoraggio sistemico e strutturato a livello nazionale con studi di prevalenza, incidenza e mortalità riguardanti i Dna in Italia su ampi campioni, al fine di migliorare la qualità e la quantità dei dati che contribuiscono a inquadrare i Dna dal punto di vista epidemiologico.
(1-00132) «Semenzato, Bicchielli, Cavo, Alessandro Colucci, Romano, Lupi, Tirelli, Brambilla, Cesa, Pisano».

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,

   premesso che:

    Il PNRR nell'ambito della Missione M5-Componente C3 Intervento 4, ha previsto la realizzazione in Valle Ufita, in provincia di Avellino, di un «Terminal scalo merci con annessa area di smistamento, carico e scarico container e casse mobili e snodo intermodale ferro/gomma per imbarco semi rimorchi»;

    la realizzazione di tale infrastruttura logistica è prevista lungo l'asse ferroviario AV/AC della Napoli-Bari, in prossimità della Stazione ferroviaria Hirpinia, nel comune di Ariano Irpino e a poca distanza dal casello di Grottaminarda lungo l'asse autostradale della A16/E842 della Napoli-Bari;

    la previsione della nuova stazione Hirpinia con annessa piattaforma logistica lungo la ferrovia Napoli-Bari, ha conferito a quest'area una oggettiva centralità all'interno del quadrilatero Zes Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro;

    tale infrastruttura risulta infatti baricentrica rispetto ai dodici nuclei industriali esistenti in provincia di Avellino;

    in particolare ricade nei pressi dell'area industriale A.S.I. Valle Ufita già qualificata come area ZES;

    a marzo 2021 è stato sottoscritto un Protocollo d'intesa tra Confindustria Avellino, Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della provincia di Avellino, le Organizzazioni sindacali provinciali ed i comuni interessati dall'opera per sostenere la previsione della logistica in Valle Ufita;

    il richiamato Protocollo è stato il risultato di un lavoro di concertazione che ha visto protagonisti tutti gli attori istituzionali e sociali del territorio in quanto interessati al pieno rilancio comprensoriale che passa necessariamente attraverso il potenziamento della intermodalità e dello scambio gomma/ferro;

    il terminal di cui in oggetto rappresenta una opportunità strategica anche per le aree interne e si pone come cerniera tra le due maggiori aree metropolitane del Mezzogiorno continentale;

    come riportato anche da uno studio della SVIMEZ la crescita del trasporto ferroviario merci è funzionale anche all'obiettivo della riduzione delle emissioni climalteranti, con la previsione di una movimentazione complessiva del terminal intermodale al 2030 dalle 84.000 alle 126.000 UTI/anno ed al 2050 dalle 107.000 alle circa 160.00 UTI/anno, che corrispondono al 2030 a 5/8 treni-giorno ed al 2050 a 7/10 treni-giorno;

    tali previsioni consentiranno al terminal Hirpinia di inserirsi tra le principali piattaforme logistiche della rete nazionale;

    affinché questa infrastruttura possa dare pienamente i suoi frutti, occorre velocizzare i tempi di progettazione e realizzazione della piattaforma logistica mettendosi al passo rispetto ai lavori per la realizzazione della stazione Hirpinia;

    lo stesso, risulta essere stato candidato dalla Giunta regionale Campania ad essere ammesso a finanziamento di 26 milioni di euro a valere sulle risorse PNRR nel decreto interministeriale (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Ministero per il Sud e la coesione territoriale) n. 492 del 3 dicembre 2021, con cui sono stati ripartite le risorse a disposizione delle singole ZES e assegnato alla ZES Campania l'importo di euro 136,00 milioni;

    la realizzazione del terminal logistico «Area industriale di Valle Ufita: terminal scalo merci con area di smistamento» – da realizzare nel comune di Ariano Irpino – è stata affidata a Rete ferroviaria italiana individuata quale soggetto attuatore;

    stralciare dal PNRR il finanziamento di quest'opera, come le notizie di revisione dei progetti da parte del Governo fanno paventare, infliggerebbe un durissimo colpo alle speranze di crescita e di sviluppo dell'area e farebbe venire meno il principio per il quale è stato adottato i PNRR e cioè quello di colmare il gap esistente tra aree sviluppate e aree interne, tra Nord e Sud Italia e si priverebbe il PNRR di un progetto strategico condiviso con il territorio, proprio in un momento storico in cui si lamenta l'assenza di progetti di grossa portata socioeconomica;

    il territorio è fortemente mobilitato a non perdere questa opportunità per la realizzazione di una infrastruttura strategica allo sviluppo economico e al rilancio produttivo ed occupazionale;

    il reperimento delle altre risorse che richiede RFI (circa 90 milioni di euro) è fondamentale al fine di assicurare la realizzazione dell'opera e non perdere i 26 milioni di euro del PNRR con l'obiettivo di rispettare la scadenza per l'utilizzo delle risorse rivenienti dal Next generation EU;

    da ultimo, in occasione della conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC) è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/1089/15;

    suddetto ordine del giorno impegna il Governo a: «preservare nell'ambito della Missione M5-Componente C3 Intervento 4, la realizzazione del Terminal scalo merci con annessa area di smistamento, carico e scarico container e casse mobili e snodo intermodale ferro/gomma per imbarco semi rimorchi nella valle dell'Ufita con l'obiettivo di farne cerniera infrastrutturale tra Tirreno ed Adriatico e rafforzando le capacità di crescita e sviluppo del territorio»,

impegna il Governo:

   a preservare nell'ambito della Missione M5-Componente C3 Intervento 4, la realizzazione del Terminal scalo merci con annessa area di smistamento, carico e scarico container e casse mobili e snodo intermodale ferro/gomma per imbarco semi rimorchi nella valle dell'Ufita;

   a inserire suddetta opera come priorità nell'ambito dell'aggiornamento del Contratto di programma MIT-RFI con l'obiettivo di mantenerla in ambito PNRR per la sua realizzazione, così come ha richiesto la regione Campania nell'ultima comunicazione trasmessa alla struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   ad attivare un tavolo di confronto con RFI e la regione Campania per l'individuazione delle eventuali ulteriori risorse nazionali o europee necessarie alla realizzazione dell'opera in oggetto.
(7-00097) «Barbagallo, Iaria, Gubitosa, Toni Ricciardi, De Luca, Bakkali, Cantone, Casu, Fede, Ghio, Morassut, Traversi, Gruppioni, D'Alessio, Amendola, Graziano, Sarracino, Stumpo, Scotto, Ubaldo Pagano, Stefanazzi, Lacarra».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'erogazione dell'assistenza farmaceutica da parte del Servizio sanitario nazionale è un percorso complesso che prevede il coordinamento tra diversi attori, ognuno dotato di specifiche competenze e responsabilità: Ministero della salute, Agenzia Italiana del Farmaco (di seguito AIFA), regioni, aziende sanitarie/ospedaliere/territoriali, professionisti (medici, medici di medicina generale, farmacisti, eccetera) e aziende farmaceutiche titolari dei medicinali;

    il Ministero della salute è responsabile della definizione della strategia complessiva nell'erogazione dell'assistenza farmaceutica, nonché della definizione delle linee di indirizzo programmatorie dirette all'Agenzia Italiana del Farmaco ed alle regioni e province autonome;

    il Ministero della salute è responsabile della ripartizione delle risorse stanziate dallo Stato per l'acquisto dei farmaci definiti innovativi da AIFA, e condotto sulla base dei dati di monitoraggio del loro consumo in ogni regione e provincia autonoma;

    l'AIFA è responsabile della definizione della rimborsabilità dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, ovvero delle condizioni cliniche e delle indicazioni terapeutiche rispetto alle quali il medicinale è da considerarsi inserito nei Livelli essenziali dell'assistenza (LEA);

    l'AIFA deve operare al fine di favorire un accesso omogeneo alle terapie farmacologiche sul territorio nazionale, tale da scongiurare un'iniqua distribuzione delle opportunità di cura dei pazienti in funzione della propria regione di residenza;

    l'AIFA provvede alla regolamentazione dell'introduzione dei medicinali in Italia e del loro uso a carico del Servizio sanitario nazionale sulla base di norme e regolamenti di riferimento, che basano il processo decisionale dell'Agenzia su criteri decisionali di natura tecnico-scientifica, ed ispirati all'efficienza economica ed allocativa;

    l'AIFA opera in un contesto regolatorio dell'accesso ai medicinali che discende da una regolamentazione generale di livello europeo, oltre ad operare in un contesto di riferimento tecnico-scientifico internazionale;

    l'Italia è tra i soci fondatori dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e ha sottoscritto l'accordo TRIPs (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights – Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), che regolamenta gli standard della tutela brevettuale e che prevede espresse deroghe esclusivamente nel caso dei Paesi sottosviluppati;

    durante la pandemia COVID-19 i Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), compreso l'Italia, hanno rigettato la deroga sui brevetti per la produzione di vaccini per la prevenzione dell'infezione da COVID-19, in quanto il problema di accesso non dipendeva dalla copertura brevettuale, ma bensì dalla capacità produttiva dei diversi Paesi;

    l'Italia è membro dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel cui ambito coopera insieme agli altri Paesi allo studio ed alla individuazione di politiche in grado di migliorare le condizioni di vita e favorire lo sviluppo sociale ed economico;

    l'OCSE sta studiando le politiche più utili a favorire la competizione nel settore farmaceutico senza tuttavia compromettere la disponibilità e l'accesso ai medicinali innovativi nei diversi Paesi e in particolare in quelli con modelli assistenziali pubblici;

    le regioni sono responsabili dell'organizzazione dell'assistenza farmaceutica, in linea con le indicazioni regolatorie dell'AIFA, che fissa i Livelli essenziali dell'assistenza;

    le regioni sono responsabili della vigilanza sull'operato dei professionisti che erogano l'assistenza farmaceutica nelle proprie aziende sanitarie/ospedaliere/territoriali;

    le regioni sono responsabili dell'esecuzione delle procedure di acquisto dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, compreso di quelli per i quali le regioni stesse richiedono all'AIFA il riconoscimento del requisito dell'equivalenza terapeutica, ovvero attraverso gare di acquisto;

    le regioni sono responsabili della puntuale rilevazione del consumo dei medicinali nell'ambito del proprio territorio, in modo da consentire ad AIFA di eseguire il monitoraggio della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale e la verifica del rispetto degli obiettivi di programmazione sanitaria e dei vincoli di spesa fissati a livello nazionale;

    nell'ambito della classificazione dei farmaci e del regime di rimborsabilità, i farmaci di fascia A, che comprendono i medicinali essenziali e quelli per le malattie croniche, risultano interamente rimborsati dal Servizio sanitario nazionale; mentre, i farmaci di fascia C sono a totale carico del paziente;

    i medicinali impiegati quotidianamente per ottenere una buona gestione dei sintomi delle malattie croniche (cosiddetti farmaci sintomatici) ed in particolare per la sclerosi multipla rientrano molto spesso nella fascia C e sono dunque a totale carico del paziente, rappresentando un impatto economico tanto più elevato quanto è elevato il livello di gravità della patologia;

    il posizionamento dell'Italia nel mercato farmaceutico globale è un dato rilevante ai fini dell'attrattività degli investimenti in ricerca e sviluppo, oltre che sulla produzione di medicinali;

    l'Italia si colloca come il sesto mercato mondiale e il terzo in Europa, ma tuttavia nella competizione globale sta perdendo posizioni, sia rispetto ad altri paesi europei, sia rispetto ai mercati emergenti;

    il 2 per cento del PIL nazionale è corrispondente al valore del settore farmaceutico operante in Italia. Inoltre, a fronte di una crescita annuale tendenziale del PIL nei prossimi anni intorno all'1 per cento, la produzione industriale farmaceutica è uno dei settori maggiormente trainanti della crescita PIL, con incrementi percentuali superiori al 10 per cento;

    le terapie avanzate (Advanced Therapy Medicinal Products-ATMP) hanno trasformato le modalità di trattamento delle patologie basate sul genoma, permettendo di migliorare radicalmente la storia clinica dei pazienti attraverso la somministrazione in un'unica soluzione. Nel prossimo decennio è previsto un aumento notevole del numero delle terapie avanzate, che rischia di compromettere la sostenibilità del Sistema sanitario e la capacità di accesso da parte dei pazienti a queste innovazioni terapeutiche;

    l'EMA ha raccomandato, in proprie linee guida, l'inclusione dei patient-reported outcomes (PRO), ovvero ogni «esito riferito dal paziente e basato sulla propria percezione della malattia e del suo trattamento» come endpoint nei trial clinici registrativi. In Italia, l'inserimento dei PRO risulta fondamentale affinché le decisioni degli enti regolatori siano basate sul valore aggiunto e l'impatto reale delle terapie sulle vite dei pazienti. Allo stato attuale, nel nostro Paese, non sono ancora ravvisabili linee guida specifiche in materia, come anche non risulta formalizzato il coinvolgimento delle Associazioni di pazienti e delle Società Scientifiche all'interno dei propri Comitati scientifici, a garanzia di una partecipazione attiva nelle decisioni terapeutiche relative ai percorsi di cura;

    i farmaci biosimilari rappresentano un'importante opportunità di cura, in quanto da un lato generano una complessiva riduzione dei costi, liberando risorse per l'innovazione e gli investimenti nel sistema sanitario, dall'altra permettono di trattare con molecole biologiche di comprovata efficacia e qualità un numero maggiore di pazienti;

    la legge n. 232 del 2016 ha regolamentato l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto per i quali siano già presenti sul mercato i relativi biosimilari, prevedendo che le regioni debbano garantire tramite accordi quadro l'acquisto dei primi tre farmaci classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di assicurare il pieno bilanciamento delle esigenze, parimenti importanti, di contenimento dei costi, di accesso alle cure ma anche di garanzia della libertà prescrittiva del medico attraverso la disponibilità di un novero ampio di terapie tra cui poter scegliere;

    tale meccanismo, tuttavia, nella pratica è spesso disatteso dalle regioni in favore di una visione economicistica di questi processi di acquisto che, al fine di conseguire risparmi spesso di modesta entità, esita nella possibilità per il clinico di prescrivere esclusivamente il farmaco a minor prezzo, in luogo della possibilità di scelta tra i primi tre in graduatoria, costringendo i pazienti a frequenti e multipli cambi di terapia;

    è opportuno quindi riflettere sulla necessità di disporre di politiche coordinate capaci di creare meccanismi di concorrenza sostenibili a lungo tempo, poiché meccanismi improntati a privilegiare esclusivamente il principio della razionalizzazione della spesa possono giungere nel lungo periodo a limitare la varietà del mercato stesso, la possibilità di scelta e financo la disponibilità di prodotti, finendo in ultima analisi per annullare il benefico effetto concorrenziale innescato dal biosimilare che negli ultimi anni è stato in grado di generare risparmi considerevoli;

    nell'ambito dell'oncologia di precisione, in particolare per quanto riguarda il cancro mammario, prostatico e nella neoplasia ovarica, l'uso di test molecolari predittivi per terapie mirate ha permesso di adattare la cura personalizzandola alle caratteristiche individuali di ciascun paziente consentendo quindi di prevenire patologie neoplastiche, scegliere la terapia personalizzata ed operare una migliore caratterizzazione della prognosi della malattia. Allo stato attuale, infatti, se prescritto dall'oncologo ai fini di predittività di terapia, il test può essere erogato con criteri di accesso e regimi di rimborsabilità e tariffazione molto diversi, a seconda del centro che ha in carico il paziente e della regione di residenza, evidenziando problematiche di governance che determinano eterogeneità di accesso ai test genetici; AIFA ha competenza in merito alla rimborsabilità dei farmaci, mentre rimborso, finanziamento e tariffazione dei test diagnostici sono, a diverso titolo, in capo al Ministero della salute e alle singole regioni,

impegna il Governo:

   ad adottare i provvedimenti attuativi che possano consentire la finalizzazione della riforma dell'Agenzia italiana del farmaco, in modo tale da efficientarne l'operatività, che assume un ruolo di coordinamento rilevante non solo ai fini dell'erogazione dell'assistenza farmaceutica, ma anche più in generale dell'organizzazione dell'assistenza sanitaria e delle garanzie costituzionali connesse alla tutela della salute;

   ad adottare iniziative volte a potenziare il dialogo tra le associazioni dei pazienti e la futura Commissione Scientifica ed Economica del Farmaco (CSE) dell'Agenzia italiana del farmaco, anche attraverso l'individuazione di «esperti di patologia» con cui l'Agenzia possa avviare forme strutturate di consultazione in merito alle esigenze cliniche dei pazienti di cui rappresentano le istanze;

   a rafforzare il ruolo di coordinamento dell'AIFA, nel contesto federale su base regionale dell'organizzazione dell'assistenza sanitaria, a garanzia dei LEA e dell'omogeneo accesso nelle regioni al diritto costituzionale della tutela della salute, rispetto al quale il farmaco in generale ed, in particolare, le terapie nuove e innovative, che rappresentano un valore aggiunto sul piano terapeutico nella gestione di malattie gravi, invalidanti, e potenzialmente letali, sono i principali strumenti di tutela;

   ad adottare iniziative legislative volte ad aggiornare la governance della spesa farmaceutica che è rimasta ferma agli strumenti individuati nelle disposizioni del 2003, adeguandola al contesto attuale nel quale c'è stata una rilevante evoluzione non solo della medicina e della terapia medica, ma del concetto stesso di farmaco, che nel frattempo è completamente mutato;

   ad adottare le iniziative di competenza opportune volte alla soluzione dei contenziosi legali tra Stato e produttori farmaceutici e di dispositivi medici che, oltre a rendere incerto il consolidamento dei bilanci regionali e dello Stato, innesca dei meccanismi inefficienti di razionamento implicito a danno della tutela della salute e dello sviluppo economico del Paese;

   ad adottare, sempre in tema di governance della spesa farmaceutica e di contenziosi legali sui conseguenti procedimenti di pay-back, le iniziative legislative di competenza che consentano nello specifico il superamento degli attuali meccanismi di governo attraverso i tetti di spesa su base regionale e dei pay-back, avendo tali meccanismi non solo dimostrato di non riuscire a garantire l'equilibrio di spesa pubblica, ma di produrre un effetto economico recessivo su un settore industriale che paga le tasse in Italia, e di contrasto dell'accesso all'innovazione;

   ad adottare iniziative volte a rafforzare la programmazione sanitaria del Ministero della salute, tali da consentire un corretto bilanciamento delle risorse allocate rispetto ai reali bisogni di trattamento ed assistenziali;

   ad adottare iniziative legislative volte ad aggiornare e coordinare la frammentata normativa in tema di accesso precoce a farmaci non ancora autorizzati dall'EMA o autorizzati in indicazioni differenti (legge n. 648 del 1996, usi compassionevoli, legge n. 326 del 2003 cosiddetto fondo 5 per cento, legge n. 94 del 1998 sugli usi off-label) per adeguarla, a distanza di oltre vent'anni, ai vincoli regolatori ed alle esigenze di trattamento attuali;

   ad adottare iniziative volte a rafforzare l'assistenza farmaceutica territoriale, rendendo i dati aggregati fruibili ai soggetti coinvolti per attività di real world evidence (RWE), che è stata del tutto trascurata negli ultimi 10 anni, e che oggi ha lasciato del tutto impreparati a fronteggiare le esigenze di gestione della pandemia da COVID-19, ma che domani sarà uno snodo necessario per efficientare l'assistenza sanitaria e gestire le cronicità;

   ad adottare iniziative volte a riqualificare il ruolo della medicina generale, coordinandolo nell'ambito dell'assistenza sanitaria, e spostandolo dal ruolo attuale che è diventato preminentemente burocratico, tramite iniziative coordinate di livello nazionale con strumenti formativi, informativi ed informatici;

   ad adottare iniziative volte a potenziare il coinvolgimento delle farmacie territoriali, pubbliche e private, sia per consentire un efficiente e semplificato percorso di accesso alle cure da parte dei pazienti che, negli ultimi vent'anni, sono stati messi a dura prova dai canali alternativi della distribuzione e dalla frammentazione regionale del federalismo sanitario;

   ad adottare iniziative che consentano di ampliare la piattaforma dei registri di monitoraggio AIFA, che attualmente è essenzialmente dedicata ai medicinali ad alto costo, prioritari nella tutela della salute, o innovativi, dispensati attraverso le farmacie ospedaliere, all'assistenza farmaceutica territoriale; coordinando i percorsi di prescrizione e distribuzione dei medicinali tra medicina generale, farmacie territoriali e regioni;

   ad adottare iniziative legislative che consentano di ampliare la platea di medicinali che accedono alle risorse del fondo farmaci innovativi istituiti ai sensi della legge 11 dicembre 2016, n. 232, che nel 2023 vedrà una crescita del finanziamento a 1,2 miliardi di euro e, nel 2024, a 1,3 miliardi di euro, prevedendo il finanziamento non solo dei medicinali innovativi secondo i criteri definiti dalla CTS dell'AIFA che rappresentano una innovazione terapeutica, ma anche di quei medicinali prioritari nella tutela della salute in quanto destinati al trattamento di patologie croniche, gravi, potenzialmente mortali o invalidanti, e per le quali i trattamenti disponibili sono comunque caratterizzati da risultati insufficienti, o che lasciano bisogni di cura insoddisfatti;

   ad adottare le iniziative più opportune volte ad incrementare l'attrattività dell'Italia nell'ambito delle sperimentazioni cliniche internazionali, sia attraverso una semplificazione burocratica, sia attraverso un maggiore coordinamento nazionale, in quanto ciò rappresenta un rilevante indotto in termini di investimenti in ricerca e sviluppo nel contesto della competizione internazionale, sia un risparmio in termini di spesa farmaceutica;

   ad adottare iniziative volte a favorire una comunicazione istituzionale sui farmaci chiara ed efficace, con modalità consone quando è diretta ai pazienti, ovvero agli operatori ed ai professionisti sanitari. Ciò anche consentendo forme di partecipazione ai processi decisionali, che con uno spirito inclusivo, anziché autoreferenziato, permettano la consultazione dei rappresentati dei pazienti, dei medici e dei farmacisti, e delle società scientifiche;

   a mettere in campo iniziative di supporto alla produzione farmaceutica in Italia e della distribuzione logistica;

   ad adottare le iniziative di competenza al fine di garantire la tutela della proprietà intellettuale sia a livello nazionale che europeo;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a eliminare progressivamente i prontuari farmaceutici regionali, al fine di ridurre i tempi di accesso ai farmaci per i pazienti;

   ad adottare le iniziative di competenza volte a sostituire l'obbligatorietà di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale con la pubblicazione sul sito dell'AIFA per rendere effettivo un accordo negoziale di prezzo e rimborso di un medicinale;

   a promuovere nuovi modelli di distribuzione dei farmaci per patologie inserite nel piano nazionale cronicità in distribuzione convenzionata;

   a promuovere la rimborsabilità congiunta di farmaco e relativo test molecolare diagnostico a livello nazionale;

   a superare l'attuale modello di misurazione dell'innovatività verso strumenti che valorizzino maggiormente la quantificazione del valore terapeutico aggiunto e del bisogno terapeutico anche per le terapie destinate a patologie croniche;

   a potenziare l'attività di horizon scanning da parte dell'AIFA e del trasferimento delle informazioni ai Ministeri della salute e dell'economia, oltre che alle regioni, per migliorare la preparazione del Servizio sanitario nazionale all'arrivo di nuove terapie;

   a valutare la rimborsabilità da parte dell'AIFA di strumenti di connected care o digital therapeutics (dtx) a servizio del percorso di cura del paziente;

   ad istituire il Tavolo tecnico Interministeriale per la sostenibilità delle terapie avanzate, finalizzato a definire un nuovo quadro normativo e finanziario specifico per il rimborso di queste terapie da parte del Sistema sanitario nazionale. Infatti, le terapie avanzate presentano, da un lato, costi elevati, dall'altro la capacità di incidere in modo decisivo e in tempi rapidissimi sulla storia naturale delle patologie ad elevata mortalità e impatto della salute. Evitando, a differenza di quanto accade oggi per tali situazioni, cure prolungate nel tempo, o addirittura necessarie per l'intera vita residua del paziente;

   a promuovere, nel quadro della riforma di AIFA, meccanismi per garantire la partecipazione attiva delle associazioni di pazienti e delle società scientifiche nei processi decisionali dell'Agenzia, nonché la raccolta e l'utilizzo dei PRO come strumenti di valutazione del percorso terapeutico, valorizzando in tal modo l'esperienza del vissuto dei pazienti;

   ad adottare le iniziative più opportune, anche attraverso il dialogo e il confronto con le imprese del settore e le loro rappresentanze associative, per garantire una corretta applicazione della legge n. 232 del 2016 in materia di razionalizzazione della spesa per l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e di accordi quadro per l'acquisto dei biosimilari, assicurando la più ampia disponibilità possibile di opzioni terapeutiche per i pazienti, tutelando al contempo la libertà prescrittiva dei medici e la sostenibilità complessiva del Servizio sanitario nazionale;

   ad adottare un meccanismo istituzionale che garantisca un aggiornamento sistematico delle tariffe per i test genetici predittivi e della loro relativa rimborsabilità a livello nazionale, in linea con quanto previsto dalle linee guida di patologia aggiornate dagli studi registrativi e a valutare una riforma della governance di accesso ai test genetici predittivi, così da consentire la contemporanea rimborsabilità del farmaco e del test ad esso collegato;

   ad adottare provvedimenti e iniziative finalizzate al rafforzamento della programmazione dell'accesso delle nuove terapie attraverso la strutturazione di un effettivo programma di Horizon Scanning coordinato da AIFA che coinvolga le regioni, per l'identificazione e la valutazione preventiva del loro impatto sulla spesa farmaceutica e sull'organizzazione dei servizi assistenziali;

   ad adottare, anche attraverso interventi di revisione della normativa vigente, iniziative volte ad assicurare l'effettiva attuazione del percorso regolatorio accelerato (cosiddetto fast-track) per la valutazione della domanda di classificazione dei farmaci per la cura delle malattie rare fra quelli erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale;

   ad adottare iniziative, nell'ambito delle malattie rare, utili a innovare le procedure pubbliche di acquisto affinché contemplino la possibilità per i servizi sanitari regionali di avvalersi di servizi aggiuntivi, prestati dalle aziende titolari di AIC, che integrino la semplice fornitura del prodotto con il supporto organizzativo e logistico per assicurare la somministrazione domiciliare laddove essa sia prevista dall'AIC o consentita dalla singola regione.
(7-00096) «Ciocchetti, Benigni, Panizzut, Vietri, Brambilla, Cappellacci, Ciancitto, Colosimo, Lancellotta, Lazzarini, Loizzo, Maccari, Matone, Morgante, Patriarca, Rosso, Schifone».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PORTA. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:

   il Comites è un organo di rappresentanza degli italiani all'estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico consolari e quello di Zurigo è uno dei più importanti Comitati al mondo e si compone di 18 membri;

   Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale aveva indetto nuove elezioni per il rinnovo della composizione di tutti i Comites, compreso dunque quello di Zurigo, nel settembre del 2021;

   il Comitato elettorale-circoscrizionale, istituito dal Consolato di Zurigo con funzioni di organizzazione e garanzia delle operazioni di voto, aveva dato indicazioni al presidente di seggio affinché, durante le operazioni di spoglio, venissero dichiarate nulle alcune schede, sulla base di decisioni che prevaricavano la legge italiana in materia di legittimità e validità del voto. Come risultato, 104 schede, e i relativi voti e preferenze, peraltro attribuibili ad una sola lista, sono state dichiarate nulle e la vicenda è stata oggetto di ricorso per via giudiziale;

   con sentenza del TAR Lazio n. 14336/2022, pubblicata il 2 novembre 2022, è stata accolto il ricorso per l'annullamento della procedura di elezione del Comites di Zurigo con il riconteggio dei relativi voti e la ridistribuzione dei seggi, ed è stata eletta la signora Mikaela Iacobelli, in sostituzione del signor Francesco Giardino, come confermato dal decreto consolare n. 100/2022 del 23 novembre 2022;

   nel testo della sentenza del TAR Lazio veniva attribuita al Maeci la responsabilità di applicare tutte le misure necessarie per la corretta applicazione della sentenza stessa, attraverso l'immediata convocazione di una seduta del Comites per nominare il presidente e il comitato esecutivo, stante l'illegittimità della precedente nomina, anche in considerazione del fatto che l'esecutivo del Comites ed il suo attuale presidente continuavano ad operare intervenendo in ambiti pubblici e gestendo fondi, in modo illegittimo;

   seppur nelle more del giudizio, che è ancora in fase di definizione, in ragione della delicatezza degli interessi contrastanti e del fatto che le elezioni si sono tenute nel novembre 2021, che il riconteggio delle schede nulle è avvenuto il 30 agosto 2022, ma che non è stata modificata la composizione del Comites, anzi, con l'ordinanza di sospensiva accolta, rimane ad oggi in funzione il Comites formato con l'originaria composizione ovvero con l'espressione di voto alterato dalle 104 schede ritenute nulle;

   pertanto, vi è un interesse per le parti a giungere ad una decisione nel merito nel minor tempo possibile, per definire la corretta composizione del Comites e la sua legittima operatività –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito alla vicenda descritta e quali iniziative voglia intraprendere, in attesa della definizione del giudizio, affinché l'attività del Comites Zurigo si limiti alla mera gestione ordinaria.
(5-00776)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ONORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in Venezuela, al 1° gennaio 2022, risultano presenti 106.066 cittadini italiani iscritti all'AIRE (dati RIM, Migrantes);

   come riportato, l'11 aprile 2023, dal Fatto Quotidiano, a febbraio 2020, viene firmato, al Centro Italo-venezuelano di Caracas, l'atto costitutivo della «Fondazione per l'ospedale italiano del Venezuela» volta a offrire assistenza gratuita agli indigenti e servizi medici in convenzione agli emigrati italiani. «Questo ospedale è tra le cose più importanti che il governo ha fatto per gli italiani all'estero», dichiarava all'epoca il sottosegretario Ricardo Merlo;

   a distanza di circa tre anni, dell'ospedale non c'è traccia, pare esista solamente un ufficio virtuale che offre cure a pagamento presso costose cliniche private di Caracas;

   come ricostruito giornalisticamente, nel 2020, nell'intento di promuovere una fondazione che consentisse ai cittadini italiani di ricevere prestazioni sanitarie in convenzione presso strutture selezionate, l'ambasciatore italiano in loco, ha nominato un Comitato promotore e un Consiglio direttivo fino alla costituzione dell'assemblea dei soci. Poi, il 26 ottobre 2021 il Consiglio direttivo ha introdotto unilateralmente pesanti modifiche allo statuto: aumentando la quota associativa, cancellando gli altri organi e allungando notevolmente il termine del proprio mandato a cinque anni rinnovabili;

   nel contesto, è divenuto Presidente dell'«ospedale fantasma» Ugo Di Martino, fondatore di un patronato per gli emigranti (Ita Uil), un tempo anche presidente del Comitato degli italiani all'estero (Comites). Fino a dicembre 2021 presiedeva inoltre il coordinamento dei comitati venezuelani (Intercomites), carica per cui entra «d'ufficio» nel direttivo di cui sopra;

   in base alle ricostruzioni del Fatto Quotidiano, Di Martino avrebbe usato le risorse della fondazione impropriamente, come ad esempio per pagare una cena relativa a un incontro elettorale a Maracaibo. In ragione di tali eventi, l'ambasciatore italiano Placido Vigo ha congelato il conto con gli 80 mila dollari raccolti e, successivamente, il 18 marzo 2022 ha reciso ogni rapporto con la menzionata Fondazione;

   a distanza di circa due anni dagli eventi di ottobre 2021, in una nota, del 16 marzo 2023, l'Ambasciata d'Italia a Caracas ha dichiarato ufficialmente che tutte le istituzioni rappresentative della comunità italiana sono completamente «dissociate e scollegate» dalla Fondazione ospedaliera italiana in Venezuela. Nel merito, viene contestato il fatto che il Consiglio Direttivo della Fondazione, senza aver consultato lo stesso Comitato Promotore, né l'Ambasciata né il Consolato generale a Caracas, abbia apportato modifiche straordinarie allo Statuto;

   Di Martino era noto anche alle Forze dell'ordine. Come evidenziato nell'articolo del Fatto Quotidiano, Di Martino è menzionato nelle intercettazioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria tra il figlio del boss Antonio e il faccendiere calabrese, Aldo Miccichè. Nel 2013, l'ex presidente della Commissione antimafia Forgione dichiara: «Ricostruendo gli affari fra Dell'Utri, il latitante Miccichè e Di Martino tutto avrei pensato, tranne di trovarlo nella lista Monti in Sudamerica. Sono gli stessi protagonisti delle schede bruciate nelle elezioni 2006. Di Martino, candidato di Mastella, poi di Berlusconi, adesso di Monti evidentemente ha un pacchetto di voti da offrire sul mercato in maniera trasversale. E questo, conoscendo la gente che gli sta attorno, non è rassicurante» (come riportato dal Fatto Quotidiano, 11 aprile 2023) –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e possa fornire chiarimenti in merito alla genesi della collaborazione con la citata Fondazione e al ritardo nel rompere totalmente e formalmente i rapporti con la stessa;

   quali iniziative nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di giungere a una soluzione della descritta situazione adoperandosi, in via prioritaria, per garantire adeguate tutele in termini sanitari a coloro che avrebbero dovuto beneficiare dei servizi forniti dal menzionato ospedale.
(4-00912)


   SERGIO COSTA, PAVANELLI, CAPPELLETTI, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in riferimento alla risposta del Ministro dell'ambiente all'interrogazione a risposta scritta 4-00744 ad avviso degli interroganti, si rilevano importanti criticità e incongruenze rispetto al quesito posto;

   in merito alla domanda nazionale di gas, gli scenari Snam-Terna del 2022 e Rse del 2021 prevedono una decrescita della stessa dai 76 miliardi di metri cubi del 2021 ai 49/58 miliardi di metri cubi al 2030. L'utilità di continui supporti alle fonti fossili, in particolare al gas, è incongruente anche a fronte dell'evoluzione della domanda di gas europea, attesa in calo del 30-40 per cento al 2030 rispetto al 2019 per effetto dei pacchetti «Fit For 55» e «RePowerEU»;

   le alternative al gas russo esistono già e consistono in un impiego sempre maggiore di rinnovabili, efficienza energetica e risparmi: l'obiettivo europeo di raggiungere il 42,5 per cento di rinnovabili sul mix energetico nel 2030, infatti, comporta la sostituzione di 19 miliardi di metri cubi di gas;

   l'attuazione della nuova Direttiva sull'efficienza energetica richiede una riduzione dei consumi di gas pari a 7 miliardi di metri cubi, mentre per quanto riguarda i risparmi, essi generano una riduzione di oltre 3 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Inoltre, i nuovi progetti nel settore gas coperti da Sace non entreranno in funzione in tempo per contribuire a terminare la dipendenza dalla Russia entro il 2027, pertanto risulta immotivata la giustificazione di tali investimenti con lo scopo di sostituzione delle importazioni di gas russo;

   nuove infrastrutture fossili hanno un ciclo di vita che generalmente va oltre i 20 anni. Alla luce degli attuali scenari di decarbonizzazione, esse rappresentano un investimento ad alto rischio finanziario per gli investitori pubblici, costi che potrebbero essere riversati sulla fiscalità generale;

   in uno scenario di ritorno a prezzi pre-crisi, anche per i paesi produttori continuare ad affidarsi alla rendita da gas rappresenta un rischio. Al contempo, tali investimenti sottraggono capitali a progetti che potrebbero avere un migliore impatto sulla sicurezza energetica e climatica, nonché sulla crescita economica, dei paesi del Mediterraneo, Italia compresa;

   in termini di legame tra gli investimenti fossili all'estero e sicurezza energetica, si evidenzia che nel 2017 il progetto Coral South di Eni in Mozambico ha beneficiato di una garanzia di Sace per un ammontare di 700 milioni di dollari. Tuttavia, il gas estratto dal giacimento è stato acquistato da BP che lo ha rivenduto al miglior offerente sul mercato;

   in merito alle tecnologie CCS e CCSU per l'abbattimento delle emissioni, un'ampia reportistica scientifica dimostra che tali tecnologie non sono efficaci e, soprattutto, sono inutili su larga scala –:

   come valuti il Governo l'impiego di ingenti risorse pubbliche nel settore gas alla luce degli scenari di calo della domanda di gas in Italia e in Europa;

   se e quali analisi siano state considerate rispetto al potenziale di sostituzione delle importazioni del gas russo da parte di fonti rinnovabili, efficienza energetica e risparmio;

   sulla base di quali valutazioni di esposizione finanziaria ai rischi climatici si basi la decisione di continuare ad assicurare gli investimenti in fonti fossili quali il gas;

   quali siano i criteri che definiscono la sicurezza energetica nel contesto di dipendenza dalle fonti fossili importate da paesi politicamente instabili e fortemente esposti alla volatilità dei prezzi del gas;

   come valuti il Governo, in termini di sicurezza energetica nazionale, la circostanza per cui il gas estratto all'estero da ENI sia rivenduto sul mercato globale invece di essere utilizzato per gli approvvigionamenti nazionali;

   quali siano le stime del potenziale di CCS e CCSU in Italia, e su quali basi scientifiche si assume il rischio degli investimenti in tali tecnologie;

   se il Governo sia in grado di fornire documentazione ufficiale rispetto alla determinazione della policy climatica di Sace.
(4-00917)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   BONELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   lo statuto speciale per la Valle d'Aosta, approvato con legge costituzionale 28 febbraio 1948. n. 4, prevede che i decreti legislativi per armonizzare la legislazione nazionale con l'ordinamento della regione Valle d'Aosta siano approvati sulla base della elaborazione di una Commissione paritetica Stato-regione composta da sei membri, tre di designazione del Governo e tre di designazione della regione;

   lo stesso statuto speciale prevede una precisa distinzione fra i tre membri designati dal Governo e i tre designati dalla regione, in modo che siano rappresentati in modo paritario sia gli interessi del Governo sia quelli della regione autonoma e si ricerchi, tramite il confronto, una sintesi;

   nella Commissione paritetica Stato-regione Valle d'Aosta, di recente nomina, comparirebbe il professor Francesco Saverio Marini quale membro designato dalla regione Valle d'Aosta con delibera del 19 aprile 2023, che risulta anche membro dell'Ufficio del Presidente del Consiglio dei ministri, in qualità di consigliere per le politiche sociali;

   tale sovrapposizione di ruoli non sembra consentire quell'aperto, trasparente e paritario confronto fra le due parti che compongono la commissione ed introduce un forte elemento di squilibrio –:

   se il Ministro risulta a conoscenza dei fatti esposi in premessa e cosa intende fare per superare la grave anomalia rappresentata dal duplice e contrastante ruolo esercitato nella Commissione paritetica Stato-regioni dal membro professor Francesco Saverio Marini.
(4-00919)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELUFFO. – Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. – Per sapere – premesso che:

   la crisi energetica degli ultimi anni e la conseguente volatilità dei prezzi energetici acuitasi con la guerra in Ucraina hanno creato grosse difficoltà al mondo industriale: si è trattato principalmente di una «crisi del gas», sia lato prezzi che lato sicurezza di approvvigionamento che si è rapidamente trasferita sul prezzo dell'energia elettrica in Italia, facendo ulteriormente lievitare i costi energetici delle imprese industriali. Le imprese ad elevato utilizzo di gas naturale, in mancanza di alternative tecnologiche disponibili, hanno avvertito in maniera più significativa queste difficoltà;

   per ridurre la dipendenza dal gas russo, già nella scorsa legislatura sono state adottate norme (decreto-legge n. 17 del 2022 modificato ed integrato dal successivo decreto-legge n. 176 del 2022) per favorire una crescita della produzione nazionale di gas e la sua destinazione, per gli anni dal 2022 al 2031, a clienti finali industriali a forte consumo di gas, anche in forma aggregata tra loro (cosiddetti «gasivori»): il cosiddetto «gas release» che prevede che il gas prodotto da titolari di concessioni di coltivazione nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale nazionale sia acquistato – sulla base di contratti di acquisto di lungo termine – dal GSE, il quale, a sua volta, offre, allo stesso prezzo di acquisto, i diritti sul gas così acquisiti ai clienti finali industriali a forte consumo di gas (cosiddetti «energivori»);

   è dunque strategica l'attuazione del «gas release», per la quale sarebbe necessario rivedere il meccanismo di prezzo, stante il fatto che la norma è ancora da realizzare, con scenari di prezzo cambiati numerose volte ed in modo significativo: con un prezzo del gas inferiore a 50 euro/Megawattora, il valore previsto dall'articolo 4 del decreto-legge «Aiuti quater» (tra 50 e 100 euro/Megawattora) è fuori mercato e andrebbe necessariamente adeguato al ribasso visto che i costi di produzione siano notevolmente più bassi, circa 10 euro/Megawattora;

   inoltre, le imprese oggi possono assicurarsi una fornitura «future», non per una quota del proprio consumo (come nel caso della gas release), ma per il quantitativo totale di gas consumato al prezzo di 50 euro/Megawattora, ovvero a quello minimo previsto oggi dalla gas release: nessuna impresa troverà conveniente legarsi ad un contratto long term che è oggi meno interessante di una semplice operazione di acquisto «a termine»;

   sarebbe quindi necessario rivedere il tetto di prezzo, posizionandolo ad un valore prossimo ai 10 euro/Megawattora del costo di estrazione –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative urgenti per rivedere al ribasso il meccanismo di formazione del prezzo del «gas release».
(5-00777)


   BONELLI, EVI e ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1, comma 447, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, concede alle regioni la facoltà di provvedere al controllo e, se necessario, autorizzare piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura, delle specie selvatiche, anche nelle zone vietate alla caccia, come aree protette e nei periodi dell'anno in cui la caccia è vietata;

   lo stesso articolo, al comma 448, prevede l'istituzione di un piano nazionale straordinario quinquennale per la gestione e il contenimento della fauna selvatica sul territorio nazionale;

   il 2 febbraio 2023 la Direzione generale Ambiente della Commissione europea ha inviato al Governo italiano Richiesta EUP(2023)10419 di chiarimenti, con l'invito a rispondere entro 4 settimane, fornendo informazioni dettagliate in merito all'adempimento da parte dell'Italia agli obblighi derivanti dalla Direttiva Habitat del 1992 e alla Direttiva Uccelli del 2009, in particolare: «1. In che modo le disposizioni della legge n. 197 del 29 dicembre 2022 garantiscano il rispetto, all'interno delle zone Natura 2000, degli obiettivi di conservazione sito-specifici e delle misure di conservazione di cui all'articolo 6 della Direttiva Habitat e all'articolo 4 della Direttiva Uccelli? In particolare, in che modo la legge n. 197 del 29 dicembre 2022 garantisce che nelle aree Natura 2000 non si pratichi l'abbattimento o la cattura delle specie per le quali tali aree sono state designate in contraddizioni con gli obiettivi sito-specifici, mettendo in pericolo l'integrità degli stessi siti in violazione dell'articolo 6(2) e 6(3) della Direttiva Habitat?; 2. In che modo le disposizioni della legge n. 197 del 29 dicembre 2022 garantiscono il rispetto del divieto di uccidere o catturare o disturbare deliberatamente gli uccelli selvatici, stabilito dall'articolo 5 della Direttiva Uccelli, e del divieto di uccidere o catturare o perturbare deliberatamente animali selvatici stabilito dall'articolo 12 della Direttiva Habitat?; 3. Per le specie di uccelli cacciabili, in che modo le autorità italiane intendono assicurare il rispetto delle condizioni elencate all'articolo 7 comma quarto della Direttiva Uccelli...»;

   la richiesta formale da parte dell'Unione europea rappresenta il primo atto per la possibile apertura di una procedura d'infrazione per la violazione del diritto comunitario in materia di protezione della fauna selvatica da parte dell'Italia;

   nella seduta del 27 aprile 2023, la Conferenza Stato-regioni, ha rinviato ad altra data la deliberazione sullo schema di decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, recante l'adozione del Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica;

   se e come il Governo abbia risposto alla Richiesta EUP(2023)10419 di chiarimenti in merito all'adempimento da parte dell'Italia degli obblighi derivanti dalla Direttiva Habitat del 1992 e alla Direttiva Uccelli del 2009, in particolare con riguardo agli effetti delle disposizioni di cui ai commi 447 e 448 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, come riportate in premessa e se il Ministro interrogato non intenda sospendere l'iter di approvazione dello schema di decreto recante l'adozione del Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea per violazione del diritto comunitario in materia di protezione della fauna selvatica da parte dell'Italia.
(5-00779)


   SCARPA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 2 marzo 2023, a Treviso sono iniziati i lavori di «rimodellamento superficiale e bonifica» dell'ex discarica di via Orsenigo, area di 96 mila metri quadrati che ha ottenuto un finanziamento regionale di 4,3 milioni di euro nell'ambito del piano di bonifica dei siti inquinati, per la realizzazione di un nuovo bosco urbano e un impianto fotovoltaico;

   il suddetto sito è tutelato come «zona di ripopolamento e cattura» ai sensi della legge regionale n. 2 del 28 gennaio 2022, «Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027)» e ai sensi dell'articolo 10 commi 4 e 8 lettera b) della legge n. 157 del 1992, per consentire «la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole»;

   da un sopralluogo effettuato dal consigliere regionale Andrea Zanoni e dalla responsabile provinciale Oipa, lungo il perimetro esterno della recinzione, si sono osservati (e documentati fotograficamente) centinaia di alberi abbattuti, accatastati e non, alcuni aventi ancora fogliame verde e rami fioriti sui quali erano appoggiati diversi uccelli delle specie Merlo e Gazza, mentre, su alberi non ancora tagliati, si sono osservati un nido di gazza e un nido di colombaccio;

   si sono notati diversi colombacci, gazze, merli, tortore dal collare, una lepre, e si è udito il canto di capinere e fagiani;

   l'area è un sito di riproduzione e nidificazione per colombacci, tortore dal collare, merli, capinere, fagiani, codibugnoli, fringuelli, verdoni, e altro, che hanno iniziato a nidificarvi da alcune settimane;

   gli abbattimenti in corso stanno quindi distruggendo nidi e uova, e causando la morte di pulli e pulcini;

   in data 13 aprile 2023, il consigliere Zanoni ha presentato un esposto al comando dei Carabinieri forestali di Treviso, chiedendo un immediato intervento per fermare la distruzione di nidi, uova e l'uccisione di piccoli nati. L'articolo 5 della direttiva 2009/147/CE, l'articolo 3, comma 1, e l'articolo 21, comma 1, lettera o) della legge n. 157 del 1992 vietano la distruzione/uccisione, cattura e detenzione di uova, nidi, pulli, pulcini e piccoli nati;

   l'articolo 1, comma 1, della medesima legge considera la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato; l'articolo 30 considera reati le violazioni citate;

   l'articolo 544-bis del codice penale sanziona penalmente chi provoca l'uccisione di un animale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quale seguito abbia avuto, presso il comando dei Carabinieri forestali di Treviso, la richiesta di immediato intervento citato in premessa.
(5-00780)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATTIA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   agli inizi di aprile 2023 è stato effettuato il dragaggio dei detriti sedimentati nel fondale della darsena di Fiumicino, davanti alla base nautica della Guardia costiera. L'operazione è stata compiuta per garantire la sicurezza dell'uscita in mare delle motovedette della Capitaneria di porto;

   da fonti di stampa si apprendono notizie puntuali e allarmanti relative ai lavori effettuati;

   l'escavo ha causato la dispersione di detriti, misti a fanghi, presumibilmente inquinanti, poiché la darsena è soggetta a fenomeni di risacca dal fiume che causano frequenti episodi di insabbiamento, i quali, dopo l'asportazione, sono stati trasferiti nei pressi dello sbocco del porto generando nelle acque in corrispondenza della calata, secondo quanto riferito dagli armatori della flotta peschereccia, dai proprietari di barche ormeggiate nella darsena, dai diportisti e dai cittadini, una macchia nera fortemente maleodorante;

   lo smaltimento così effettuato, oltre a generare irritazione, sdegno e preoccupazione tra la cittadinanza per i rischi ambientali corsi e i possibili danni causati a flora e fauna locali, ha sollevato notevoli dubbi riguardo le operazioni compiute considerando le disposizioni normative vigenti in materia. In particolare sembra non esser stato rispettato il dettato del Codice dell'ambiente, con il quale si dispone che si debba procedere, nell'eventualità in cui si sia innanzi a un potenziale caso di contaminazione, all'analisi dei materiali prelevati nei fondali al fine di escludere la pericolosità degli stessi e, dunque, classificarli come rifiuto urbano e poter eventualmente optare per la loro compatibilità con i comuni riutilizzi portuali come la sistemazione di alvei, sponde, bonifiche idrauliche. Ebbene, nel caso di specie tale momento di verifica non sarebbe stato svolto;

   le operazioni sono state eseguite solamente nel lato della darsena di fronte alla base nautica della Guardia costiera, senza effettuare le medesime operazioni anche nelle altre aree limitrofe del canale che, ad oggi, si trovano a fronteggiare un forte innalzamento del fondale con i conseguenti rischi dovuti a possibili e brusche interruzioni di movimento dei natanti;

   le fonti giornalistiche non hanno riportato informazioni relative a eventuali controlli dei fanghi dragati dal fondale della darsena e sversati allo sbocco del porto, così come non è stata pubblicata alcuna notizia riguardo eventuali autorizzazioni rilasciate da un'Autorità pubblica per effettuare regolarmente le operazioni dette. Si segnala però il fatto che, in passato, analoghe operazioni di dragaggio nel porto di Fiumicino sono state condotte con modalità diverse rispetto all'attuale, poiché i detriti escavati, potenzialmente contaminati, sono stati convogliati in due casse di colmata appositamente impermeabilizzate per evitare la percolazione di materiale inquinante potenzialmente dannoso nelle acque marine;

   analogamente, non si conosce né si comprende la ratio dell'intervento svolto, considerando il fatto che le operazioni di dragaggio non hanno interessato l'intera superficie della darsena, concentrandosi invece sui fondali di un'area portuale specifica, tralasciando così la pulizia degli altri sbocchi portuali. Ciò appare incoerente perché, in tal modo, rimangono irrisolti i problemi di viabilità marina delle unità di pesca e di quelle da diporto, le quali, a causa del mancato dragaggio integrale dell'area, rischiano l'incagliamento –:

   quali iniziative, per quanto, di competenza si intenda adottare, anche alla luce di quale autorità abbia autorizzato le anomale operazioni di dragaggio descritte in premessa, affinché si proceda ad un controllo sulla correttezza formale e sostanziale delle stesse.
(4-00905)


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Parco del Matese è un territorio che si estende tra le regioni del Molise e della Campania, caratterizzato da una ricca fauna e da una grande varietà di paesaggi e ambienti;

   l'importanza ambientale del Parco del Matese è indubbia: già da anni il Matese è area naturale protetta della Campania ai sensi della legge regionale n. 33 del 1993, inoltre entrambi i versanti campani e molisani rientrano tra i siti della Rete Natura 2000;

   la legge 27 dicembre del 2017 n. 205 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», con la norma di cui all'articolo 1 comma 116 ha disposto l'istituzione del Parco Nazionale del Matese per il cui funzionamento, al comma 1118 dell'articolo 1 della stessa legge di bilancio, è stato previsto un finanziamento iniziale di 2 milioni di euro;

   a fine 2018, su richiesta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ISPRA ha svolto il supporto tecnico istruttorio per una prima analisi delle valenze ambientali del territorio interessato, dando avvio alle previste procedure partecipative con il coinvolgimento delle regioni e delle istituzioni locali;

   a ottobre 2019 l'ISPRA, su mandato della Direzione protezione della natura del Ministero dell'ambiente, ha prodotto una proposta di perimetrazione su cui tutti i soggetti interessati – regioni, comuni, imprese, associazioni e cittadini coinvolti – hanno discusso e presentato osservazioni nel corso di una serie di incontri pubblici e in successive audizioni da parte delle regioni Molise e Campania;

   un anno dopo, l'8 settembre 2020, si è tenuta una riunione del tavolo nazionale per l'istituzione del Parco Nazionale del Matese durante la quale l'ISPRA ha presentato la nuova proposta di perimetrazione e zonazione, precedentemente sottoposta alle regioni interessate. La proposta è stata poi nuovamente rivista e, a ottobre 2021, l'ISPRA ha espresso la sua definitiva proposta in merito;

   a inizio 2022, il Ministero della transizione ecologica ha trasmesso agli enti locali interessati una proposta sulla disciplina di tutela del Parco Nazionale Matese, alla quale sono poi seguiti alcuni incontri tra i sindaci o loro rappresentanti dei comuni interessati dalla perimetrazione;

   ad oggi, tuttavia, la procedura istitutiva del Parco Nazionale risulta ancora in stallo, con conseguenze negative per il territorio interessato che vede limitarsi l'accesso a fondi destinati ai Parchi nazionali, continuando così a perdere importanti opportunità di sviluppo;

   da tempo la Consulta del Matese, organismo che raccoglie numerose personalità rappresentative di ambienti associativi, istituzionali, religiosi, turistici, culturali, artistici e professionali del territorio, si è mobilitata in risposta dei continui ritardi nella conclusione dell'iter istitutivo, lanciando anche nel 2021 una petizione online che in poco tempo ha raggiunto più di 5000 adesioni;

   sul territorio del Matese continuano inoltre a insistere diversi progetti e attività come la riattivazione di cave in aree marginali del Parco e la privatizzazione di acqua pubblica soprattutto proveniente da sorgenti importanti del territorio che, se realizzate prima della operatività del nascente Ente Nazionale, potrebbero mettere a serio rischio l'intero Massiccio del Matese e le sue fondamentali caratteristiche di area naturale protetta –:

   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza, porre in essere tempestivamente ogni possibile iniziativa necessaria per portare a termine l'iter istitutivo del Parco Nazionale del Matese con una rapida definizione della perimetrazione e della governance del Parco, nonché rendere noti i motivi del ritardo; se intenda, nel frattempo, intervenire con misure provvisorie di salvaguardia per la tutela e l'integrità dell'area previste dalla legge quadro per le aree protette.
(4-00914)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAI. – Al Ministro della cultura. – Per sapere – premesso che:

   il comune di Sassari assegnerà nei prossimi giorni l'appalto per la progettazione e l'esecuzione di un canalone a cielo aperto in cemento alto 2,5 metri, con un alveo di 890 metri, che attraverserà la vallata del «Fosso della Noce»;

   il progetto rientra tra gli Interventi di messa in sicurezza idraulica della vallata del Fosso della Noce ed è finanziato in parte dal Pnrr – misura M2C4 investimento 2.2 del Pnrr – NextgenerationEu;

   la Vallata del «Fosso del Noce» presenta lunghi tratti alberati e costituisce un prezioso habitat naturale nel centro urbano di Sassari, un vero polmone verde che purifica l'aria della città creando anche un microclima fondamentale per la mitigazione del calore estivo;

   sulla stessa area sono stati ipotizzati e presentati nel tempo progetto di valorizzazione come parco storico urbano connettendo con percorsi pedonali l'intera vallata attraverso il superamento dei terrapieni presenti;

   la realizzazione del progetto approvato distruggerebbe di fatto la storica vallata e l'ipotesi di un parco utilizzabile modificando irreparabilmente l'assetto urbanistico e paesaggistico della zona seicentesca e ottocentesca della città;

   sono inoltre presenti dubbi sulla possibilità che a seguito dell'approvazione del progetto, l'area possa essere modificata sul piano urbanistico rendendola disponibile alla edificazione;

   non è noto se la Soprintendenza, che ha il compito di tutelare anche le aree boschive storiche, oltre ai beni culturali, sia stata in qualche modo coinvolta o interpellata per valutare gli effetti del progetto;

   la decisione dell'amministrazione comunale è avvenuta senza che fosse garantito in via preliminare, un dibattito pubblico aperto a competenze tali da consentire di individuare soluzioni alternative finalizzate al pur necessario obiettivo di evitare il dissesto idrogeologico a fronte di fenomeni alluvionali –:

   se la Sovrintendenza dei beni culturali sia stata coinvolta preliminarmente o successivamente al progetto o se siano stati coinvolti altri uffici competenti del Ministero della cultura;

   se ritiene, per quanto di competenza, che il progetto predisposto sia idoneo al sito nel quale interviene, certamente patrimonio culturale della città, se sia stata considerata nel progetto la salvaguardia della valle come bene storico anche sul piano della salvaguardia della parte boschiva esistente e se siano state valutate altre ipotesi progettuali meno impattanti sul piano urbanistico e paesaggistico;

   se il Governo ritenga che possano essere ulteriormente approfonditi gli interventi previsti in modo che rispettino le richieste degli abitanti dell'intera area interessata attraverso la programmazione di un preliminare dibattito pubblico;

   se il Governo ritenga che siano più adeguati, come indicato da alcuni esperti di settore, anche per la prevenzione del rischio idrogeologico, in luogo di strutture artificiali, costose nell'edificazione quanto nella manutenzione, progetti che salvaguardino parchi verdi come aree storiche, necessarie sia sul piano dell'assetto sociale che culturale delle città, oltre che polmoni delle città, per renderle più abitabili.
(5-00778)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, IVASS, è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che opera per garantire l'adeguata protezione degli assicurati perseguendo la sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione e riassicurazione e la loro trasparenza e correttezza nei confronti della clientela;

   fra i vari compiti, l'IVASS vigila sull'operato degli intermediari assicurativi e riassicurativi e ne cura la tenuta del Registro unico (RUI) di cui all'articolo 109 del Codice delle assicurazioni private e, nell'ottica di protezione del consumatore, promuove la diffusione di buone prassi tra gli operatori. Gli intermediari iscritti nella sezione B del Registro unico degli intermediari (RUI), broker, hanno degli adempimenti annuali da assolvere per poter risultare operativi: polizza di responsabilità civile, contributo di vigilanza e contributo al Fondo di garanzia;

   il broker ha, dunque, l'obbligo di aderire, rinnovandone l'iscrizione ogni anno, al Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e riassicurazione, costituito presso la Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa (Consap) e amministrato da un comitato di gestione, nominato con un decreto del Ministero dello sviluppo economico, per la durata di tre anni, composto da un dirigente del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni di presidente, un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze, un funzionario dell'IVASS, un funzionario Consap, un rappresentante delle imprese di assicurazione e riassicurazione e da due rappresentanti degli intermediari iscritti nella sezione del registro;

   tale fondo è stato creato per risarcire il danno patrimoniale causato agli assicurati e alle imprese di assicurazione o di riassicurazione derivante dall'esercizio dell'attività di mediatore assicurativo o riassicurativo che non sia stato risarcito dal broker o non sia stato indennizzato attraverso il contratto di assicurazione della responsabilità civile che lo stesso intermediario ha l'obbligo di stipulare;

   il fondo si alimenta con un contributo a carico degli intermediari, iscritti nella sezione B del RUI, determinato annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in comunione con l'IVASS e il comitato di gestione, in misura non superiore alle 0,50 per cento delle provvigioni annualmente acquisite, per l'anno 2022 fissato nella misura dello 0,08 per cento;

   tuttavia, da mesi Consap, azienda di diritto privato totalmente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, pur ricevendo i contributi da parte dei broker negherebbe le prestazioni, rispondendo, a quanto consta all'interrogante in tutte le e-mail PEC con il seguente testo «Si riscontra la comunicazione in calce per informare che il Comitato di gestione – l'organo deliberativo del Fondo – risulta al momento ancora non operativo in attesa della nuova costituzione prevista per decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy. Per tale motivo, fino alla pubblicazione del decreto che determinerà la nuova composizione del Comitato, nessuna decisione inerente alle richieste di risarcimento potrà essere assunta unilateralmente da Consap. Sarà ovviamente cura dello scrivente ufficio sottoporre alla prima riunione utile disponibile del ricostituito Comitato la richiesta di risarcimento di cui all'oggetto. Nel restare a disposizione per quant'altro possa occorrere, si inviano distinti saluti.» –:

   se si intenda dare indicazioni precise circa i tempi di pubblicazione del decreto con le nomine relative alla nuova costituzione del comitato di gestione del fondo di garanzia, indispensabile per provvedere al risarcimento del danno patrimoniale causato agli assicurati e alle imprese di assicurazione o di riassicurazione derivante dall'esercizio dell'attività di mediatore assicurativo o riassicurativo che non sia stato risarcito dall'intermediario ovvero che non sia stato indennizzato attraverso la polizza di cui, rispettivamente, all'articolo 110, comma 3, e all'articolo 112, comma 3, del Codice delle assicurazioni private.
(4-00910)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   SCERRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da aprile 2016, a causa del furto di cavi di rame che hanno compromesso l'illuminazione e la funzionalità delle gallerie, è interdetto il traffico all'interno delle gallerie autostradali del tratto Catania-Siracusa a tutti i mezzi che trasportano merci pericolose. La circolazione è, da allora, deviata sulla strada statale 114, sia in direzione Catania che Siracusa, impegnando tutto il tratto di Agnone Bagni e la cinta stradale augustana a partire dal bivio «Villasmundo Nord» sino al bivio «zona industriale/porto commerciale» passando dalle porte di Augusta;

   nel marzo 2022, a seguito di un'interrogazione del MoVimento 5 Stelle, l'allora Ministro dei trasporti e della mobilità sostenibile chiarì che: «la società Anas ha già avviato la progettazione degli interventi di potenziamento e adeguamento alla più recente normativa degli impianti in galleria, la cui ultimazione è prevista entro marzo 2022» e che i relativi lavori sarebbero stati avviati tramite accordo quadro nel corso del primo semestre del corrente anno con una durata stimata di circa 270 giorni e per un investimento di circa 2,4 milioni di euro. Tali lavori avrebbero consentito la revoca dell'ordinanza che impone il limite di velocità a 80 chilometri orari e il divieto di sorpasso e avrebbero permesso la riapertura del tratto al transito dei mezzi adibiti al trasporto di merci pericolose;

   ad oggi la situazione risulta immutata e risulta all'interrogante che i cartelli che indicano il divieto di transito per i mezzi che trasportano merci pericolose sono ancora presenti;

   il tratto in questione risulta interessato dalla totalità del passaggio di tutte le merci pericolose della Sicilia Orientale dirette verso Siracusa;

   in particolare, nella la zona balneare di Agnone Bagni il perdurare di questa situazione comporta sempre maggiori pericoli, in quanto la tratta è interessata da numerosi accessi stradali che determinano un continuo intersecarsi di traiettorie veicolari e, soprattutto nel periodo estivo, si verificano purtroppo numerosi incidenti –:

   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di permettere l'immediata riapertura del tratto in questione ai mezzi che trasportano merci pericolose, al fine di ripristinarne la circolazione in tutta sicurezza ed evitare ulteriori problematiche ed incidenti, anche in considerazione del fatto che l'ennesima stagione estiva è alle porte.
(3-00359)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROGGIANI, MAURI e PELUFFO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'opera di riqualificazione della metrotranvia Milano-Limbiate è finanziata con risorse dello Stato e precisamente euro 59.000.000,00 con fondi FSC 2014-2020, euro 8.840.000,00 con il decreto ministeriale n. 587 del 2017 ed euro 40.000.000,00 con il decreto ministeriale n. 86 del 2018, e da regione e comuni per un importo totale pari a euro 45.384.972;

   sorta l'esigenza di aggiornare il quadro economico dell'opera a fronte dell'aumento dei prezzi, la Giunta comunale ha approvato il progetto definitivo dell'opera ai fini della richiesta di finanziamento per la parte eccedente, pari a euro 26.000.000,00, rispetto a quella già finanziata;

   lo stesso sindaco del comune di Milano, con propria nota del 23 gennaio 2023, ha confermato come la mancanza delle risorse finanziarie aggiuntive non abbia consentito di rispettare il cronoprogramma convenuto, precisando che in mancanza del finanziamento aggiuntivo le procedure non avrebbero potuto proseguire e il percorso volto alla realizzazione dell'opera si sarebbe interrotto vanificando risorse ed energie già impiegate;

   non essendoci più i tempi necessari per bandire la gara e stipulare il contratto con l'aggiudicatario della stessa entro il termine previsto del 30 giugno 2023, ove non venisse concessa una proroga l'opera rischierebbe di essere definanziata da parte dello Stato dei fondi FSC 2014-2020;

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione descritta e quali iniziative di competenza intenda intraprendere e in quali tempi per evitare di veder sfumare il piano di rilancio di una linea fondamentale del trasporto pubblico del quadrante nord dell'area metropolitana di Milano e non veder sprecate risorse pubbliche già investite.
(4-00915)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rete Mai più Lager-NO ai CPR ha diffuso un video, ripreso da Fanpage.it il 24 aprile 2023, dal quale emergerebbero atti di violenza compiuti da agenti in assetto antisommossa nei confronti di un ragazzo di origine marocchina detenuto all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d'Isonzo, comune del Friuli Venezia Giulia, nella provincia di Gorizia;

   come appreso da Fanpage.it il 27enne sarebbe stato picchiato dagli agenti con violente manganellate su varie parti del corpo, perché «uscito nel cortiletto presente all'interno della gabbia in cui si trovava» per chiedere spiegazioni «sul fatto che il suo avvocato gli avesse preannunciato la trasmissione della propria nomina da firmare, e questa non gli era ancora stata sottoposta»;

   tale richiesta di spiegazioni sarebbe avvenuta in uno stato di agitazione e per questo sarebbero intervenuti gli agenti che hanno prima allontanato i compagni di stanza con dei getti di acqua fredda e poi si sarebbero scagliati contro il giovane, colpendolo con dei manganelli;

   le conseguenze del pestaggio appaiono visibili sulla schiena del ragazzo con evidenti ferite e nel filmato, diffuso dal compagno di stanza del giovane marocchino, si vede il 27enne condotto in cella con violenza da un gruppo di agenti in tenuta antisommossa con caschi, scudi e manganelli e nonostante le urla e i pianti, il giovane è rimasto a terra, dolorante, senza che ricevesse alcun aiuto e impossibilitato ad alzarsi;

   l'articolo di Fanpage riporta la testimonianza di un compagno di cella del ragazzo picchiato il quale afferma che gli agenti sono entrati nella loro cella, mettendola a soqquadro e lì avrebbero picchiato il giovane, sbattendogli anche la testa contro le grate, per poi abbandonarlo sul pavimento;

   negli ultimi secondi del video, secondo quanto riportato dagli attivisti di Mai più Lager, una operatrice ha fatto riferimento alla somministrazione di sedativi in tutti i Centri di permanenza per i rimpatri, finalizzata al mantenimento dell'ordine e per evitare reazioni e proteste;

   nel Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca, negli ultimi quattro anni sono morte due persone, gli episodi di violenza ai danni dei migranti trattenuti al loro interno sono tantissimi, così come la mancata somministrazione di cure mediche;

   secondo la rete Mai più Lager dopo l'aggressione il giovane ragazzo non sarebbe neanche stato accompagnato in ospedale dopo l'aggressione, circostanza confermata anche dalla sua legale;

   le poche testimonianze che arrivano dai Centri di permanenza per i rimpatri raccontano di migranti che diventano vittime quotidiane di violenze fisiche e psicologiche mentre si trovano sotto la custodia dello Stato e per questo, a parere dell'interrogante, occorre far piena luce su quanto accaduto a Gradisca e su quanto avviene all'interno di tutti i Centri di permanenza per i rimpatri, luoghi di segregazione e discriminazione, spazi fuori dal diritto, veri e propri carceri nei quali si viene reclusi non per qualcosa che si è fatto, ma per il solo fatto di essere migranti;

   quello che appare dalle prime ricostruzioni è un utilizzo sproporzionato della forza nei confronti di un soggetto inerme che protestava perché pensava che in quel momento gli venisse negato un diritto –:

   quali iniziative intenda assumere affinché venga fatta piena luce su quanto riportato in premessa in merito alla presunta aggressione da parte degli operatori di polizia avvenuta all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca e se non intenda riconsiderare la scelta di rafforzare la rete dei Centri di permanenza per i rimpatri, prevedendo al contrario il loro superamento, che, a parere dell'interrogante, si confermano sempre più luoghi di segregazione e discriminazione dove la sfera dei diritti dei migranti reclusi viene illegittimamente compressa.
(4-00908)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ad Azzate, in provincia di Varese, alcuni militanti appartenenti a Do.ra. – Comunità militante dei dodici raggi – gruppo dichiaratamente neonazista, già al centro di indagini per la ricostruzione del partito fascista, hanno fatto irruzione, con toni minacciosi e con chiaro intento provocatorio alle celebrazioni istituzionali del 25 aprile, giorno in cui si commemora la liberazione dell'Italia dal nazifascismo;

   gli esponenti di Do.ra. sono quasi arrivati a contatto con le persone presenti alla commemorazione del 25 aprile per poi srotolare uno striscione con la scritta «nessuno si illuda si possa scordare il sangue versato per non tradire» e il simbolo del fascio littorio accompagnato da canti e saluti fascisti;

   da quanto riferito dal segretario dell'Anpi locale gli agenti presenti erano quattro mentre una quarantina erano i militanti di Do.ra.;

   in seguito alle indagini circa la ricostruzione del partito fascista, nel 2017 venne chiusa la storica sede Do.ra. di Caidate, sempre in provincia di Varese ma lo scorso autunno una nuova sede è stata riaperta proprio ad Azzate;

   a parere dell'interrogante è inaccettabile che un gruppo di neonazisti possa irrompere tranquillamente ad una manifestazione istituzionale che celebra la Festa della Liberazione;

   solo la presenza di pochi agenti e l'intervento del sindaco hanno evitato conseguenze più gravi ma nonostante ciò, quanto accaduto rimane un fatto grave e il questore e il prefetto di Varese hanno il dovere di spiegare perché ciò sia potuto accadere –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per acquisire dal prefetto e dal questore di Varese ogni elemento utile a comprendere come sia stato possibile che un gruppo di appartenenti all'organizzazione neonazista Do.ra abbiano potuto fare irruzione alle celebrazioni ufficiali per il 25 aprile venendo a contatto con i presenti senza un preventivo e adeguato intervento delle forze dell'ordine che avrebbe dovuto impedire tale azione provocatoria e prevaricatrice;

   quali iniziative di competenza intenda assumere per prevenire in futuro il verificarsi di episodi come quello richiamato in premessa.
(4-00909)


   BORDONALI, FORMENTINI, ALMICI, CALOVINI e CASASCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 7 marzo 2023, con decreto prefettizio, il Prefetto della provincia di Brescia ha convocato per domenica 14 e lunedì 15 maggio 2023 i comizi elettorali per l'elezione diretta del Sindaco ed il rinnovo dei Consigli comunali, in scadenza di mandato, tra i quali rientra il comune di Brescia;

   il 25 marzo 2023 il Prefetto della provincia di Brescia ha richiesto ai sindaci dei comuni interessati dalle elezioni amministrative l'osservanza delle disposizioni normative e gli adempimenti urgenti di legge dei procedimenti elettorali in corso di svolgimento;

   ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni;

   trova altresì applicazione l'articolo 29, comma 6, della legge 25 marzo 1993, n. 81, ai sensi del quale è fatto divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere, ancorché inerente la loro attività istituzionale, nei trenta giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per tutta la durata della stessa;

   sul sito web del comune di Brescia e sui social network istituzionali in uso al medesimo ente locale sono state diffuse locandine di iniziative organizzate e/o patrocinate dal comune di Brescia in cui compaiano le generalità del vice-Sindaco del comune di Brescia (facente funzioni di Sindaco pro-tempore) e di diversi rappresentanti della Giunta comunale e di Consiglieri comunali nonché fotografie che li ritraggono in occasione di manifestazioni pubbliche, inaugurazioni, commemorazioni ed eventi culturali;

   gli interroganti hanno avanzato in data 22 aprile 2023 una richiesta al Prefetto della provincia di Brescia per valutare se l'attività di comunicazione elettorale posta in essere dall'ente locale comune di Brescia sia stata svolta o meno in conformità alla predetta normativa –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere, a fronte dell'assenza di risposta del Prefetto, per assicurare l'osservanza della vigente normativa in materia di comunicazione elettorale per tutta la residua durata della campagna elettorale e sino alla chiusura delle operazioni di voto.
(4-00918)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   MORGANTE. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   con nota Protocollo 0003918 del 3 marzo 2023, il comune di Caprino Veronese (VR) rivolgeva un accorato appello all'interrogante per tentare di salvare la nuova palestra a servizio della locale scuola secondaria di primo grado;

   come si legge nella missiva, infatti, l'amministrazione comunale avviava nel 2018 l'iter amministrativo per poter realizzare la nuova palestra con l'approvazione del documento di fattibilità preliminare delle alternative progettuali, per una spesa progettuale complessiva di euro 1.330.459,98;

   con deliberazione di giunta comunale n. 141 del 2019 veniva approvato il relativo progetto di fattibilità tecnica ed economica, mentre con successiva deliberazione di giunta comunale n. 199 del 2019 veniva approvato il progetto definitivo/esecutivo;

   i lavori sono stati interamente finanziati con un contributo statale concesso con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 94 dell'11 febbraio 2019, che avrebbe permesso di costruire un'opera importante per il territorio;

   il condizionale è d'obbligo, posto che nel corso dell'intervento sono occorse varie problematiche, che hanno portato all'attuale situazione di difficoltà finanziaria: in particolare, dopo l'inizio regolare dei lavori, l'esecuzione delle opere di fondazione in cemento armato e la posa di tutte le strutture portanti lignee da parte delle ditte aggiudicatrici, con il fallimento della ditta mandataria del RTI tutte le opere di cantiere sono state sospese;

   l'amministrazione comunale di Caprino ha, quindi, deciso di far subentrare la seconda ditta della RTI nel contratto, in modo da portare a compimento i lavori, ma dopo una prima fase in cui sembrava facilmente ripristinabile l'operatività del cantiere, sono sorte varie problematiche di carattere amministrativo/legale, a cui si è sommato, nel frattempo, il vertiginoso aumento del 25-50 per cento dei prezzi dei materiali di costruzione;

   nonostante le numerose vicissitudini, con verbale del 20 febbraio 2023 sono finalmente ripresi i lavori, ma, come evidenziato nella nota, «completata questa fase di chiusura e messa in sicurezza della struttura, necessaria per evitarne il degrado, i problemi non sono certamente risolti in quanto dopo due anni di blocco cantiere, e congiuntamente alla particolare situazione socio-economica che si è sviluppata nel periodo post pandemia, i prezzi dei materiali sono aumentati a dismisura in una percentuale ascrivibile a valori medi del 25-50 per cento e quindi, congiuntamente con i tecnici progettisti dell'opera, l'impresa Ri-Legno e l'amministrazione comunale, è stato verificato che il finanziamento previsto non potrà in alcun modo essere sufficiente a completare l'opera»;

   oggi il comune di Caprino Veronese si trova di fronte alla difficile decisione di scegliere tra la chiusura e messa in sicurezza della struttura o l'individuazione di un ulteriore finanziamento per il completamento delle opere mancanti, necessarie ad assicurare il funzionamento della struttura scolastica –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito ai fatti di cui in premessa, con particolare riguardo alla possibilità di stanziare ulteriori risorse necessarie al completamento della palestra a servizio della scuola secondaria di primo grado di Caprino Veronese, quale importante risorsa per gli studenti e le associazioni sportive caprinesi.
(4-00913)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TORTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ogni giorno dagli organi di stampa si apprende di infortuni sul lavoro che portano a decesso;

   solo nel primo bimestre del 2023 gli incidenti mortali sono stati 100, mentre in regione Abruzzo nelle ultime 2 settimane i morti sono stati 2;

   la maggior parte delle morti bianche avvengono nel settore delle costruzioni e nel settore del trasporto/magazzinaggio;

   nella tarda mattinata del 21 aprile, ad Ortona, il camionista Massimo Carbonetti è deceduto nel piazzale esterno del Molino Casillo (ex Alimonti), mentre il 12 aprile a Teramo un operaio di 24 anni è morto precipitando in un cantiere aperto per la ristrutturazione di una chiesa sembrerebbe a causa del cedimento dell'impalcatura di metallo;

   a ciò si aggiunge che, secondo i dati Inail, nel primo bimestre 2023, nonostante si registri un calo degli infortuni sul lavoro rispetto all'anno precedente, sono in aumento le denunce di infortunio riguardanti i più giovani fino ai 24 anni;

   si registra sempre nel mese corrente un ennesimo incidente sul lavoro, nel pomeriggio del 13 aprile 2023, a Teramo, un operaio impiegato in un cantiere del centro è morto dopo essere precipitato per 10 metri da un'impalcatura. Il giovane Ibrahima Dramè deceduto aveva 25 anni;

   un bollettino che fa spavento e che si aggrava alla luce di tanti altri episodi. Il caso di Mark Canete Pepito di 41 anni morto dopo essere stato colpito alla testa dalle face dell'imbracatura e dal materiale caduto per poi essere stato sbalzato in acqua, nel porto di Ortona, come si legge nel quotidiano il «centro D'Abruzzo» assieme al tragico episodio del 12 dicembre 2022 in cui a perdere la vita, nel tentativo di spingere il proprio furgone fuori da un fossato, fu Franco D'Alessandro, originario di Pescara e corriere Amazon. Il giornale «La Repubblica» proprio nel mese corrente dedica uno spazio alle morti sui posti di lavoro ricordando la tragica morte di Dino, operaio abruzzese, morto in un'azienda che produce fuochi d'artificio nel teramano, facendo da schermo con il proprio corpo ad una esplosione e salvando il compagno di lavoro;

   gli incidenti da lavoro, anche quelli non mortali, spesso priva di abilità fisiche la vittima causando invalidità permanenti a cui si aggiungono le molteplici malattie che si contraggono sui posti di lavoro e che inficiano in maniera più o meno definitiva sulla vita delle persone compromettendo la quotidianità e la serenità non solo personale, ma anche dei propri cari;

   la sicurezza sul lavoro è un tema sul quale il Governo ha il dovere di intervenire rafforzando tutte le politiche per diminuire gli infortuni, a partire da maggiori controlli e ispezioni nei luoghi di lavoro, con politiche di prevenzione e formazione dei lavoratori, ma anche attraverso campagne di informazione;

   il decreto sul nuovo codice appalti è una occasione mancata per rafforzare le norme sulla sicurezza nei cantieri, considerando che in Italia, grazie alle risorse del PNRR, nei prossimi anni si registrerà una proliferazione di cantieri per la realizzazione di opere pubbliche –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente del grave problema delle morti sul lavoro e quali iniziative di competenza intenda mettere, urgentemente, in atto per assicurare maggiore sicurezza sui posti di lavoro e per tutelare la salute dei cittadini anche in vista della forte cantierizzazione che l'Italia registrerà nei prossimi anni per la realizzazione delle opere legate al PNRR.
(4-00911)


   NISINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto interministeriale n. 1 del 7 marzo 2023 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e il Ministero dell'economia e delle finanze, in applicazione della legge di bilancio 2023, riconosce un'indennità giornaliera onnicomprensiva fino ad un importo massimo di 30 euro ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima e ai soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel caso di una sospensione temporanea dell'attività lavorativa obbligatoria e non, deciso dalle autorità pubbliche;

   le indennità verranno erogate a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione dello stesso Ministero del lavoro, il quale provvede all'istruttoria delle domande, all'autorizzazione delle prestazioni ed ai trasferimenti delle risorse in favore dei funzionari delegati delle capitanerie di porto sede di direzione marittima;

   l'articolo 4 del suddetto decreto interministeriale prevede, da parte delle imprese beneficiarie, l'invio di una singola istanza per ogni unità di pesca presente in azienda entro il 15 marzo 2023 in modalità telematica sul portale CIGSonline e all'istanza, tra gli altri documenti, dovrà essere allegata la «scheda 9» ovvero la dichiarazione dell'avvenuto fermo comprensiva dell'attestazione dell'autorità marittima nella cui giurisdizione è stata effettuata l'interruzione temporanea;

   risultano all'interrogante segnalazioni che vi siano state difficoltà nell'acquisire in tempo utile dalle autorità marittime le suddette «schede 9» comprensive del prescritto visto dell'autorità marittima;

   nel 2022, risulta che sia stato concesso alle imprese beneficiarie di inviare la sola «scheda 9» entro i successivi 30 giorni rispetto alla scadenza prevista dal decreto interministeriale –:

   se i ministri interrogati non ritengano opportuno, ognuno per quanto di competenza, adottare iniziative per prevedere anche per le domande del 2023, di inviare la sola «scheda 9» priva dell'attestazione dell'autorità marittima competente per territorio, nonché per prorogare il termine per la presentazione delle domande, al fine di consentire la più ampia partecipazione alla fruizione dei beneficiari della relativa indennità giornaliera onnicomprensiva.
(4-00916)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALAVASI e FURFARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 aprile 2023, nella relazione del Collegio del controllo concomitante presso la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, la Corte dei conti ha rilevato ritardi nell'attuazione degli interventi relativi al progetto «Casa come primo luogo di cura e telemedicina» per il quale nel dettaglio sono oltre 2 miliardi e 700 milioni per interventi nel campo dell'assistenza domiciliare, 280 milioni per le centrali operative territoriali e un miliardo per la telemedicina;

   si tratta, dunque, di circa 4 miliardi dei 15 destinati alla sanità nel PNRR;

   il progetto è avviato ma anche in questo caso, come rilevato in generale per molti progetti del PNRR, la tabella di marcia non è stata del tutto rispettata;

   tale dettagliata relazione è stata inviata al Ministero della salute; al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR; alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Cabina di Regia PNRR;

   alla Ragioneria Generale dello Stato-IGRUE-Autorità di audit PNRR e alle Commissioni parlamentari competenti;

   quattro gli obiettivi del progetto come sintetizzati dallo stesso Ministero della salute:

    identificare un modello condiviso per l'erogazione delle cure domiciliari che sfrutti al meglio le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, come la telemedicina, la domotica, la digitalizzazione;

    realizzare presso ogni Azienda Sanitaria Locale (ASL) un sistema informativo in grado di rilevare dati clinici in tempo reale;

    attivare Centrali Operative Territoriali (COT), una in ogni distretto, con la funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialogo con la rete dell'emergenza-urgenza;

    utilizzare la telemedicina per supportare al meglio i pazienti con patologie croniche;

   nella sua relazione la Corte dei conti rileva in modo dettagliato una serie di ritardi nel conseguimento degli obiettivi fissati per la sub-misura 1.2.1 – Assistenza domiciliare (ADI) e per la sub-misura 1.2.2 – Centrali operative territoriali (COT):

    sulla base di questi ritardi e mancanze la Corte dei conti ha quindi raccomandato al Ministero della salute di:

     adottare tutte le opportune iniziative ed attività allo stesso rimesse ai sensi degli articoli 8 e 12 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 come convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 e successive modificazioni e integrazioni ed, in particolare, vigilare sulla corretta ed efficace attuazione degli interventi da parte dei Soggetti attuatori – nel rispetto del cronoprogramma procedurale previsto in ambito europeo, nazionale o anche solamente interno alla stessa Amministrazione in ogni caso finalizzato a garantire un numero adeguato di punti di controllo – in conformità alle «Linee Guida per lo svolgimento delle attività connesse al monitoraggio del PNRR» (allegate alla citata circolare MEF n. 27/2022);

     monitorare con continuità l'attuazione, da parte dei Soggetti attuatori, delle ulteriori fasi del Progetto, al fine di scongiurare eventuali ritardi che possano pregiudicare il raggiungimento degli imminenti target europei;

    il Ministero della salute avrà 30 giorni per illustrare quali misure si intendono adottare «per superare le criticità segnalate» –:

   quali siano i tempi previsti per superare le criticità segnalate dalla Corte dei conti ed attuare finalmente gli interventi relativi al progetto «Casa come primo luogo di cura e telemedicina».
(5-00775)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAVANDOLI, DAVIDE BERGAMINI e MORRONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la situazione sanitaria della regione Emilia-Romagna sta assumendo connotati di grave criticità, sia nella sua componente ospedaliera che in quella territoriale;

   sono molteplici gli atti di sindacato ispettivo che sono stati presentati dai consiglieri del Gruppo Lega Salvini Emilia-Romagna per fare luce sulle problematiche che affliggono la regione;

   la sofferenza del Ssr è dimostrata da una serie di criticità che nemmeno l'allentamento dell'emergenza Covid ha permesso di alleviare. Lo dimostra, innanzitutto, la carenza di medici, infermieri e personale sanitario;

   soltanto per quanto riguarda i medici, Anaao-Assomed ha riferito di un alto tasso di abbandoni dall'esercizio della professione che non dipende soltanto dalla quiescenza e che ha portato, nel 2019, alla cessazione di 288 medici nella regione, i quali si sommano ai 250 cessati nel 2018 ed ai 174 nel 2017;

   analoghi dati riguardano il personale infermieristico, carente di alcune migliaia di unità, sia per quanto riguarda i servizi territoriali che quelli in reparto. A ciò si aggiunge la carenza «endemica» di altre figure professionali;

   nei mesi scorsi, è stata più volte segnalata dalle sigle sindacali e dagli stessi lavoratori la situazione di criticità legata alla carenza di assunzioni che ha come effetto diretto un forte problema organizzativo soprattutto per quanto concerne i turni ospedalieri; le mancate assunzioni, inoltre, comportano un aumento degli straordinari da parte dei lavoratori che vanno a gravare sui budget economici;

   le predette sigle sottolineano che a soffrire particolarmente di questa situazione è il pronto soccorso, il primo presidio sanitario a cui i cittadini fanno riferimento, con possibili ricadute sul servizio di emergenza urgenza;

   inoltre, è stata segnalata l'impossibilità di prenotare prestazioni sanitarie a causa di «agende sature» con la conseguente mancata «presa in carico» del cittadino. Nel territorio romagnolo vi sono prestazioni sanitarie che non risultano prenotabili in alcun ospedale;

   al problema delle scarse assunzioni si è aggiunta la criticità relativa al possibile ammanco economico nel bilancio ospedaliero, paventandosi il rischio che i lavoratori – in prima linea durante l'emergenza Covid – possano non percepire o vedere tagliate le indennità;

   la Giunta ha calcolato in 885 milioni di euro il deficit della sanità relativo all'annualità 2022, prevedendo per il 2023 un disavanzo pari a 400 milioni di euro;

   tutte le regioni, a causa dell'emergenza Covid, hanno dovuto affrontare criticità dal punto di vista economico e organizzativo, ma i disavanzi registrati in Emilia-Romagna, a parità di abitanti, tipologia di servizi e impatto della pandemia, risultano sproporzionati;

   tale sproporzione è stata ricondotta dall'assessorato alla tipologia della rete territoriale, come la diffusione delle case di comunità, una posizione però che si scontra con le denunce avanzate da quadri dirigenziali della stessa regione;

   si apprende da notizie di stampa di denunce da parte dell'ex Direttore generale dell'assessorato alla sanità, di malagestione delle risorse pubbliche, che hanno portato anche all'intervento dell'Anac;

   vi è stata, inoltre, l'istituzione di nuove figure dirigenziali onerose e mai operative (es. area monitoraggio impatto Covid), nomine che non appaiono in linea con una virtuosa gestione delle risorse, soprattutto in un momento di difficoltà;

   a parere degli interroganti, sarebbe indispensabile procedere ad una verifica dell'operato dell'Assessorato alla sanità e delle direzioni generali delle Aziende Usl –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione in essere nella regione Emilia-Romagna e se non ritenga opportuno e utile adottare iniziative, per quanto di competenza, volte alla verifica della gestione e dell'efficienza del Ssr, anche attraverso l'invio di ispettori ministeriali, con funzioni di controllo, monitoraggio e ricognizione, al fine di individuare idonei strumenti per apportare le necessarie economie di spesa, ottimizzando i costi, efficientando la spesa in campo sanitario e ripristinando un elevato standard qualitativo del Ssr stesso.
(4-00906)


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su Pordenonetoday il 27 aprile 2023 si apprende che il Comitato salute pubblica bene comune di Pordenone ha denunciato un episodio che mostra una grave carenza nella gestione del sistema sanitario locale;

   un cittadino, presentatosi al Pronto soccorso dopo un incidente sul lavoro, una volta terminati tutti gli accertamenti, è stato dimesso con prescrizioni mediche «senza però copia della denuncia dell'infortunio sul lavoro che è dovuta dai medici della struttura sanitaria ma che, dalla ricostruzione dei fatti, non sarebbe stata fatta dal medico che lo ha preso in carico perché in quanto "gettonista" non avrebbe accesso alla procedura informatizzata Inail»;

   l'azienda dove lavora avrebbe comunicato all'interessato di non aver ricevuto alcuna comunicazione dell'ente preposto alla pratica infortunio, fatto che potrebbe anche pregiudicare il regolare reingresso al lavoro;

   quanto accaduto a Pordenone pone ancora una volta il tema dei «medici a gettone» oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo e di inchieste giornalistiche;

   il fenomeno dei «gettonisti» — ormai sempre più diffuso e che sta cambiando radicalmente la fisionomia degli ospedali italiani — riguarda in Italia migliaia di professionisti che ogni giorno entrano negli ospedali, ingaggiati da cooperative esterne su affidamento delle aziende sanitarie, per sopperire alla cronica carenza di organico;

   infatti, ogni giorno in Italia sette medici abbandonano gli ospedali pubblici (+39 per cento nel 2021) a causa delle condizioni di lavoro insostenibili, per gravosità, carico di responsabilità e stipendi nettamente più bassi rispetto alla media europea;

   secondo un sondaggio di Cimo-Fesmed i medici pronti a lasciare il posto fisso in ospedale per lavorare come «gettonisti» sono 4 su 10, un quadro indicativo del disagio vissuto dai medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale;

   sempre più dirigenti Asl ricorrono infatti, sempre più spesso, a contratti di appalto con società esterne, solitamente riconducibili a cooperative, per avvalersi di professionalità sanitarie, medici, infermieri e altri operatori sanitari che vengono retribuiti fino a tre volte in più, con cifre che possono superare i 2.000 euro a turno con un rilevante aggravio sulla finanza pubblica;

   la scelta di esternalizzare reparti ospedalieri, compresi i pronto soccorso, penalizza i cittadini che subiscono le conseguenze di una gestione del servizio sanitario regionalizzato che affida al privato, a costi altissimi pagati dalla fiscalità generale, importanti e delicati servizi di primo intervento senza nemmeno garantire tutte le prestazioni previste;

   la vicenda dei «medici gettonisti» si verifica mentre i tempi di attesa nel pronto soccorso sono interminabili e questo non può non creare preoccupazione per il futuro della sanità. Una sanità sempre più orientata verso un modello semi-privatistico delle cure;

   il ricorso ai «medici a gettone» assume una rilevanza sociale, in quanto incide su servizi fondamentali, indispensabili per l'intera comunità, di grande impatto economico sulla spesa pubblica, per gli elevati costi sostenuti dalle aziende sanitarie;

   questo avviene mentre, come confermato dall'ultima legge di bilancio e nelle previsioni del documento di economia e finanza, la spesa sanitaria rimane invariata e, anzi, il rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo tende a ridursi fino ad arrivare, nel 2026, ad una percentuale inferiore ai livelli pre-Covid che pone l'Italia tra i Paesi europei che spendono meno per la sanità –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per limitare il fenomeno cosiddetto dei medici «a gettone», anche per evitare il ripetersi di fatti analoghi a quelli accaduti a Pordenone;

   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, si intenda adottare affinché le regioni assumano i medici necessari a colmare gli organici, offrendo un servizio efficiente e limitando le esternalizzazioni a soggetti privati che danneggiano finanziariamente e qualitativamente la sanità pubblica.
(4-00907)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI e AMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa della recente decisione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma di richiedere l'archiviazione delle indagini a carico di Ruben Dos Santos, il poliziotto uruguaiano indagato per l'omicidio di Luca Ventre;

   il drammatico fatto si è verificato il primo gennaio 2021 nella sede dell'ambasciata italiana a Montevideo, in Uruguay, dove Luca Ventre veniva brutalmente ucciso, strangolato dal signor Ruben Don Santos;

   secondo i magistrati procedenti: «Malgrado gli elementi probatori siano idonei a parere di questo ufficio a sostenere il giudizio, la responsabilità dell'indagato per il delitto in esame non risulta, almeno allo stato, nel nostro ordinamento procedibile, per assenza dell'indagato sul territorio nazionale»;

   ove confermata, si tratterebbe di una decisione che appare incoerente con l'approccio mostrato dalla stessa magistratura procedente in casi simili: come denunciato anche dai genitori di Luca Ventre, infatti, si farebbe «fatica a comprendere come per il caso Attanasio e il caso Regeni la Procura di Roma abbia deciso di cercare comunque i presunti colpevoli in giro per il mondo [...] mentre per la vicenda che ci riguarda, assai meno complessa sul piano delle indagini, ci troviamo di fronte a una porta chiusa»;

   tale interpretazione e applicazione della disciplina della competenza per i reati commessi all'estero rende di fatto improcedibile l'azione penale con gravi conseguenze in termini di punibilità nei confronti di responsabili di delitti, anche gravi, come nel caso di specie –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive e se e quali iniziative di carattere normativo ritenga opportuno adottare in materia al fine di evitare che fatti tanto gravi possano rimanere impuniti.
(4-00467)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti – dopo avere premesso che nel corso delle prime ore del 1° gennaio 2021 nella sede dell'ambasciata d'Italia sita in Montevideo (Uruguay) trovava la morte il cittadino italiano Ventre Luca, strangolato per mano del poliziotto uruguaiano Dos Santos Ruiz Ruben Eduardo, e che la Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma avanzava in relazione a tale fatto richiesta di archiviazione per improcedibilità dell'azione penale in ragione della assenza dell'indagato dal territorio nazionale – domandano al Ministro della giustizia «... se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive e se e quali iniziative di carattere normativo ritenga opportuno adottare in materia al fine di evitare che fatti tanto gravi possano rimanere impuniti ...».
  Al riguardo deve essere innanzi tutto posto in risalto che – così come emerge dalla nota estesa in data 21 febbraio 2023 dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma – con riferimento all'episodio tratteggiato nell'atto di sindacato ispettivo (verificatosi in quanto il cittadino italiano Ventre Luca in data 1° gennaio 2021 si introduceva nella sede dell'ambasciata d'Italia sita in Montevideo scavalcando il cancello d'ingresso e, dopo essere stato fermato dagli agenti di sicurezza – tra cui il Dos Santos Ruiz Ruben Eduardo – e bloccato a terra dove era immobilizzato per un periodo prolungato, era prelevato da una pattuglia della Polizia per essere trasportato in ospedale, ove decedeva) veniva iscritto nei confronti del Dos Santos Ruiz Ruben Eduardo per il reato previsto e punito dall'articolo 584 del codice penale il procedimento penale contrassegnato dal n. 20085 del 2021 R.G.N.R., nell'ambito del quale la parte pubblica avanzava in data 18 novembre 2022 richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma in quanto «... il delitto per cui si procede ... richiede, ex art. 10 cp, perché sia esercitabile l'azione penale 2 condizioni: in primo luogo la richiesta di punizione dei familiari della persona offesa o del Ministro della Giustizia; in secondo luogo la presenza del reo sul territorio nazionale. Orbene, nel presente procedimento vi è, quanto al primo presupposto, sia la querela dei prossimi congiunti della persona offesa sia la richiesta di procedere del Ministro della Giustizia ...» – quest'ultima intervenuta in data 14 giugno 2021 – . «... Quanto al secondo dei presupposti richiesti, invece, deve rilevarsi che l'indagato non risulta essersi mai recato sul territorio nazionale. Considerato quanto sopra e rilevato che malgrado gli elementi probatori siano ... idonei a parere di questo Ufficio a sostenere in giudizio la responsabilità dell'indagato per il delitto in esame non risulta, almeno allo stato, nel nostro ordinamento procedibile per assenza dell'indagato sul territorio nazionale ...». L'organo giurisdizionale non risulta, allo stato, avere ancora emesso alcun provvedimento in proposito.
  La succitata richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Roma non presenta invero profili di illegittimità e di incoerenza. In questa, infatti, l'organo inquirente ricostruiva, in maniera analitica e precisa, tutti i particolari della vicenda relativa all'omicidio del cittadino italiano Ventre Luca attraverso la disamina dei diversi atti istruttori compiuti nel corso della fase delle indagini preliminari e metteva in risalto plurimi elementi idonei a sostenere in giudizio l'accusa elevata nei confronti del Dos Santos Ruiz Ruben Eduardo.
  La parte pubblica poi ricordava che, ai sensi dell'articolo 10 comma primo del codice penale, «... lo straniero che commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e vi sia richiesta del Ministro della Giustizia ovvero istanza o querela della persona offesa ...».
  Nel caso di specie, tuttavia, vi era la presenza in atti sia della istanza dei prossimi congiunti della persona offesa Ventre Luca sia della richiesta di procedere del Ministro della giustizia mentre era assente il secondo presupposto previsto dall'articolo 10 comma 1 del codice penale per la procedibilità dell'azione, rappresentato dalla presenza, anche occasionale e transitoria, dell'indagato sul territorio nazionale.
  Tale conclusione è pienamente conforme alla costante giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale da ultimo ha precisato che «... in tema di reato commesso all'estero da uno straniero, il presupposto della presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesto dall'art. 10 cp per la sua perseguibilità in Italia, è integrato anche in caso di presenza transitoria e occasionale, non essendo a tal fine richiesto un effettivo radicamento del soggetto sul territorio nazionale ...» (cfr. Cass., sez. I, 17 giugno 2020, n. 19762). La necessità della presenza dell'autore straniero «... è postulata ... anche dalle ragioni che hanno indotto il legislatore a derogare al principio della territorialità della legge penale ... rappresentate dal concreto interesse dello Stato a perseguire chi, avendo commesso un reato all'estero, si è poi spostato nel suo territorio ...» (cfr. Cass., sez. I, 11 luglio 2003, n. 41333). La richiesta di procedimento da parte del Ministro della giustizia, quando la punibilità di un reato dipenda dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato, «... non può essere più proposta decorsi 3 anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello Stato ...» (articolo 128 comma 2 del codice penale).
  Da tutto quanto sinora esposto nel dettaglio deriva che non sono ravvisabili elementi idonei a giustificare l'adozione di «... iniziative ispettive ...» di competenza di questo dicastero. Ed invero nel caso di specie non ci si trova al cospetto di un delitto politico commesso all'estero (ipotesi in cui avrebbe trovato applicazione la disciplina prevista dall'articolo 8 del codice penale per la quale «... il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico ... è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della Giustizia. Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela. Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici ...») bensì di un delitto comune commesso all'estero da uno straniero in danno di un cittadino italiano punibile nel nostro Stato in presenza dei presupposti stabiliti dall'articolo 10 comma 1 del codice penale.
  Più in generale, va infine sottolineato che non sussistono, allo stato, iniziative legislative volte a introdurre modifiche alla disciplina normativa in esame.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   fonti di stampa hanno dato risalto alla pronuncia di assoluzione per vizio totale di mente da parte della Corte di assise di appello di Brescia di un uomo imputato di omicidio ai danni della moglie;

   il drammatico episodio si è verificato nell'ottobre 2019 a Brescia, dove C.M., insegnante, è stata dapprima stordita durante il sonno con un colpo di mattarello in testa, e successivamente accoltellata e vegliata per diverse ore dal proprio marito, A.G.;

   nel procedimento di primo grado, l'imputato è stato assolto da ogni accusa perché ritenuto incapace di intendere e volere, dichiarato socialmente pericoloso e trasferito nella struttura per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems);

   la vittima C.M. è stata uccisa a coltellate dal marito «affetto dalla patologia del delirio di gelosia»;

   nel giudizio di secondo grado, benché il Procuratore Generale avesse chiesto la condanna a 21 anni di reclusione dell'imputato, considerato capace di intendere e volere al momento del fatto quando poi vegliò il cadavere della moglie per diverse ore, la Corte di assise di appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado;

   «La sua gelosia patologica – ha detto in aula il Procuratore Generale – non era mai emersa prima dell'omicidio. Se n'è parlato solo a posteriori solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità»;

   quel «rischio che passi il messaggio che qualsiasi uomo geloso può essere giustificato» – come sostenuto dal pubblico ministero nel giudizio di primo grado – oggi, dopo la conferma di tale pronuncia assolutoria – è più che mai concreto –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito della propria competenza, sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se e quali iniziative di carattere normativo ritenga opportuno adottare per risolvere le criticità esposte in premessa onde scongiurare il grave impatto dell'allarmante fenomeno criminale della violenza di genere.
(4-00521)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, la interrogante – dopo avere premesso che «... fonti di stampa hanno dato risalto alla pronuncia di assoluzione per vizio totale di mente da parte della Corte di Assise di Appello di Brescia di un uomo imputato di omicidio in danno della moglie; ... nel procedimento di primo grado l'imputato è stato assolto da ogni accusa perché ritenuto incapace di intendere e di volere, dichiarato socialmente pericoloso e trasferito nella struttura per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems); la vittima C.M. è stata uccisa a coltellate dal marito ... affetto dalla patologia del delirio di gelosia ... ; ... la Corte di Assise di Appello di Brescia ha confermato la sentenza di primo grado; ... la sua gelosia patologica, ha detto in aula il Procuratore Generale, non era mai emersa prima dell'omicidio. Se n'è parlato solo a posteriori solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità ...» – domanda al Ministro della giustizia «... se ... sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; se e quali iniziative di carattere normativo ritenga opportuno adottare per risolvere le criticità esposte in premessa onde scongiurare il grave impatto dell'allarmante fenomeno criminale della violenza di genere ...».
  Al riguardo appare opportuno innanzitutto mettere in risalto che – secondo quanto emerge dalla nota estesa in data 1° marzo 2023 dalla Corte di appello di Brescia – la Corte di Assise di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 25 marzo 2022 (avverso la quale la Procura generale della Repubblica proponeva ricorso per cassazione giudicato inammissibile con la sentenza emessa dalla sezione I in data 19 gennaio 2023) nell'ambito del procedimento penale contrassegnato dal n. 13910 del 2019 R.G.N.R., confermava il provvedimento della Corte di Assise di Brescia che in data 9 dicembre 2020 aveva assolto il G.A. (nato in data 7 dicembre 1940) dal delitto di omicidio volontario aggravato in danno della moglie convivente M.C. commesso in Brescia tra il 3 e il 4 ottobre 2019 «... in quanto non imputabile al momento del fatto per vizio totale di mente e ... disposto nei confronti dell'imputato la misura di sicurezza del ricovero in Rems nonché applicato in via provvisoria tale misura fino al passaggio in giudicato della sentenza ...».
  Il giudizio celebrato in primo grado aveva registrato le concordi conclusioni dei consulenti tecnici del pubblico ministero e della difesa dell'imputato in merito al fatto che il G.A. avesse agito in preda a un delirio di gelosia che «... aveva avuto uno sconfinamento di tale portata da incidere in modo radicale sulla capacità di intendere e di volere, dal momento che quella convinzione aveva fatto perdere la critica, in modo che il punto di vista dello psicotico era divenuto non più solo prevalente, ma inscalfibile e assoluto ...».

  In particolare, dai test somministrati all'imputato G.A. era emerso «... un disturbo intrusivo, tale da compromettere l'esame di realtà attraverso giudizi e associazioni del pensiero del tutto irrazionali ...».
  Nelle motivazioni della sentenza emessa in data 9 dicembre 2020 la Corte di assise di Brescia aveva evidenziato che l'unica valutazione contraria era stata espressa dal consulente tecnico della parte civile che, pur non contestando la possibilità che un soggetto potesse essere affetto da un delirio di gelosia idoneo a incidere sulle capacità di intendere e di volere, aveva dubitato (ma non escluso) che quel disturbo potesse essere riscontrato con riferimento alla persona del G.A..
  La Corte di assise di Brescia aveva, tuttavia, rilevato che «... la mancata percezione da parte del consulente tecnico della parte civile della sintomatologia pervasiva delirante del G.A. non fosse attribuibile alla incompletezza degli accertamenti diagnostici, bensì alla circostanza che lo stesso si era assentato nel momento più significativo del colloquio clinico con l'imputato ...».

  La Corte di assise di appello di Brescia, in seguito al gravame proposto dalla parte pubblica, decideva di procedere all'esame di tutti i consulenti tecnici in contraddittorio tra loro, ciò che consentiva di dissipare qualsiasi dubbio e di rafforzare il condivisibile convincimento già raggiunto dal giudice di prime cure riguardo al fatto che l'imputato G.A. avesse agito in preda a un delirio di gelosia, da non confondersi con la «... gelosia quale stato d'animo passionale tale da determinare impulsi violenti improvvisi e incontrollati ...».
  Proprio il fatto che la gelosia non era mai emersa prima dell'omicidio della M.C. e che l'imputato G.A. non aveva mai compiuto in epoca antecedente un qualsiasi atto di violenza o di vessazione contro la consorte aveva ulteriormente corroborato la conclusione che il gesto omicidiario non era stato frutto di «... gelosia passionale ...», ma al contrario di «... disturbo delirante di gelosia ...», in particolare di «... disturbo affettivo bipolare, con alternanza di manifestazioni ipertimiche alternate ad episodi depressivi ...».
  In definitiva, la Corte di assise di appello di Brescia fondava la propria decisione adottata in data 25 marzo 2022 esclusivamente sulle solide e granitiche valutazioni psichiatriche sviluppate dai consulenti tecnici, fornendo un'ampia e articolata motivazione alla stregua della quale l'omicidio commesso dall'imputato G.A. non risulta essere stato in alcun modo giustificato per la diversa ipotesi della gelosia quale stato d'animo passionale.
  Più in generale, deve essere infine segnalato che risultano allo studio dell'ufficio legislativo di questo dicastero interventi normativi tesi a irrobustire, a livello processuale, le previsioni introdotte con la legge n. 69 del 2019 (cosiddetto codice rosso).
  In proposito vanno anche ricordate le modifiche normative apportate all'articolo 64-
bis disposizione attuativa del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 69 del 2019, che hanno inteso rafforzare la comunicazione tra autorità giudiziarie civili e penali (in tema di violenza di genere il fattore tempo gioca un ruolo decisivo sotto il profilo della prevenzione); a tale scopo sono state introdotte alcune disposizioni che riguardano lo scambio di informazioni tra giudice penale e giudice civile in materia di provvedimenti nei quali occorre prendere decisioni sull'affidamento e sul diritto di visita dei minori, nei quali vi sia stata contestualmente l'allegazione di violenze domestiche o di genere o si stia procedendo penalmente per i reati spia del cosiddetto codice rosso.
  Il predetto articolo già prevedeva la trasmissione senza ritardo al giudice civile procedente di copia dei provvedimenti rilevanti adottati nel giudizio penale ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della responsabilità genitoriale.
  Con la riforma del processo civile di cui al decreto legislativo n. 149 del 2022, entrata in vigore per quanto interessa in questa sede in data 28 febbraio 2023, si è inteso rafforzare il flusso di comunicazione rendendolo bidirezionale.
  Anche il giudice civile, nel corso del procedimento volto all'affidamento dei minori, potrà chiedere informazioni all'autorità giudiziaria penale allo scopo di acquisire un patrimonio conoscitivo completo sulla vicenda familiare.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   alcuni articoli di giornale hanno messo in evidenza il (dagospia.com in particolare un articolo di Dagospia riporta passi del libro di Nello Trocchia «Casamonica» a proposito della lingua Sinti) fatto che alcuni importanti processi e indagini nei confronti di mafie straniere e non (come ad esempio quella nigeriana, cinese, eritrea) rischiano di subire dei forti rallentamenti nel loro svolgimento (se non addirittura un vero e proprio blocco) a causa della crescente difficoltà di reperire gli interpreti giudiziari, in quanto molti di loro rifiutano di accettare l'incarico per via delle precarie condizioni lavorative e dello stato di insicurezza in cui sono costretti, da tempo, a lavorare;

   gli interpreti giudiziari, a differenza dei loro colleghi europei, vengono pagati poco e in ritardo sono privi di tutele e senza un albo professionale e sono soggetti a gravi minacce da parte dei soggetti imputati in questi processi. Sfogliando le cronache dei processi sulle mafie straniere emerge, chiaramente, la fuga degli interpreti che rischiano la vita per pochi euro: circa 3 euro e 50 l'ora;

   nel nostro Paese non pare esistere un registro di traduttori e interpreti indipendenti e qualificati come prescrive l'articolo 5 della direttiva europea 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, secondo cui gli Stati membri si impegnano a istituire un registro o dei registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati. Da quanto emerge dal combinato disposto degli articoli 67 e 67-bis disposizioni attuative del codice di procedura penale, sembra che chiunque possa iscriversi come traduttore o interprete presso un tribunale, semplicemente dichiarando di conoscere una determinata lingua. Infatti, non sarebbe previsto alcun esame e/o verifica del livello di conoscenza della lingua o del grado di esperienza pluriennale lavorativa in tale ambito, nonché del possesso di una laurea magistrale in traduzione e/o interpretazione, ciò a discapito della garanzia e della qualità del servizio della giustizia;

   nonostante l'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 preveda un adeguamento periodico di tutti gli onorari spettanti agli ausiliari «in relazione alla variazione, accertata dall'Istat, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatasi nel triennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze», dopo il decreto del Ministro della giustizia del 30 maggio 2002 l'entità degli onorari non è stata più aggiornata;

   il compenso dei suddetti professionisti risulta così essere di gran lunga inferiore rispetto a quello previsto per qualsiasi prestazione lavorativa, ponendosi così in contrasto con i princìpi costituzionali in tema di tutela del lavoro e di equa e adeguata retribuzione delle prestazioni lavorative;

   va considerato che gli interpreti e i traduttori, quali ausiliari del giudice, prestano la loro attività nell'interesse generale della giustizia, oltre che in quello comune delle parti, specie laddove è necessario venire in possesso della traduzione di lingue e dialetti stranieri molto particolari: un servizio imprescindibile per la prosecuzione di processi importanti come quelli di cui sopra –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare perché si istituisca un registro nazionale di traduttori e interpreti indipendenti e qualificati, si garantisca loro un compenso dignitoso (al pari di quello vigente negli altri Paesi europei), provvedendo mediante decreto dirigenziale all'adeguamento periodico dei loro onorari come stabilito dall'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, e si riconoscano quei diritti e quelle tutele tali da consentire a tutti gli interpreti e traduttori di svolgere bene, e in totale sicurezza, il loro servizio nei confronti della giustizia e dei cittadini.
(4-00523)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, la interrogante – dopo avere premesso che «...alcuni articoli di giornale hanno messo in evidenza il...fatto che alcuni importanti processi e indagini nei confronti di mafie straniere e non...rischiano di subire dei forti rallentamenti nel loro svolgimento...a causa della crescente difficoltà di reperire gli interpreti giudiziari, in quanto molti di loro rifiutano di accettare l'incarico per via delle precarie condizioni lavorative e dello stato di insicurezza in cui sono costretti, da tempo, a lavorare...» – domanda al Ministro della giustizia «...se...sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare perché si istituisca un registro nazionale di traduttori e interpreti indipendenti e qualificati, si garantisca loro un compenso dignitoso (al pari di quello vigente negli altri Paesi europei), provvedendo mediante decreto dirigenziale all'adeguamento periodico dei loro onorari come stabilito dall'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, e si riconoscano quei diritti e quelle tutele tali da consentire a tutti gli interpreti e traduttori di svolgere bene, e in totale sicurezza, il loro servizio nei confronti della giustizia e dei cittadini...».
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in risalto che i liberi professionisti possono essere coinvolti nell'espletamento di funzioni giurisdizionali a titolo di ausiliari (periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori).
  Per quanto più specificamente concerne l'atto di sindacato ispettivo, va ricordato che l'indicata collaborazione può essere richiesta anche a interpreti o traduttori. I traduttori lavorano con un testo scritto e ne ricavano una traduzione scritta. Gli interpreti trasferiscono oralmente una comunicazione da una lingua di partenza a una di arrivo. La prestazione dell'ausiliario nominato dal giudice è obbligatoria (rispettivamente, ai sensi dell'articolo 63 del codice di procedura civile nonché dell'articolo 221 comma 3 del codice di procedura penale), a condizione però che il professionista sia iscritto nell'apposito albo dei periti e dei consulenti tecnici degli uffici giudiziari, motivo per il quale l'obbligatorietà della prestazione in favore delle esigenze di giustizia dipende dalla scelta libera (del professionista) di iscriversi al menzionato albo.
  In merito alla omessa istituzione di un registro nazionale di interpreti e di traduttori, deve essere puntualizzato che la direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 n. 64 sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali non ha comportato obblighi, per lo Stato italiano, quanto ai procedimenti civili (confronta l'articolo 1 primo paragrafo della direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 n. 64 che, in relazione all'«oggetto e ambito di applicazione», dispone che «...la presente direttiva stabilisce norme relative al diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto europeo...»).
  Inoltre l'articolo 5 (rubricato «qualità dell'interpretazione e della traduzione») della direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 n. 64 recita testualmente: «1. Gli Stati membri adottano misure atte a garantire che l'interpretazione e la traduzione fornite rispettino la qualità richiesta ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 8, e dell'articolo 3, paragrafo 9. 2. Al fine di assicurare un servizio di interpretazione e di traduzione adeguato e un accesso efficiente a tale servizio, gli Stati membri si impegnano a istituire un registro o dei registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati...3. Gli Stati membri assicurano che gli interpreti e i traduttori rispettino la riservatezza per quanto riguarda l'interpretazione e la traduzione fornite ai sensi della presente direttiva».
  Può quindi escludersi che la normativa europea imponga l'istituzione di un solo registro di interpreti e di traduttori, su base nazionale, e può parimenti escludersi che la norma unionale osti a una normativa nazionale (quale quella veicolata dall'articolo 67
-bis disposizioni attuative del codice di procedura penale) che preveda la formazione del registro nazionale degli interpreti e dei traduttori per il tramite degli albi dei periti già istituiti presso ogni ufficio giudiziario, consultabili attraverso il sito del Ministero della giustizia da parte non solo dell'autorità giudiziaria ma anche degli avvocati e della polizia giudiziaria al fine della omogenea e uniforme applicazione della disciplina.
  Occorre infatti considerare che l’«elenco nazionale degli interpreti e dei traduttori», previsto dall'articolo 67
-bis disposizioni attuative del codice di procedura penale, consiste nella sommatoria degli elenchi aggiornati degli interpreti e dei traduttori iscritti nei rispettivi albi, dei periti trasmessi, a questo dicastero, «da ogni Tribunale» (così il comma 1 dell'articolo 67-bis disposizioni attuative del codice di procedura penale: «ogni Tribunale trasmette per via telematica al Ministero della giustizia l'elenco aggiornato, in formato elettronico, degli interpreti e dei traduttori iscritti nell'albo dei periti di cui all'articolo 67. L'autorità giudiziaria si avvale di tale elenco nazionale e nomina interpreti e traduttori diversi da quelli ivi inseriti solo in presenza di specifiche e particolari esigenze»).
  Né può ritenersi che le norme nazionali consentano di iscriversi negli albi dei periti istituiti presso gli uffici giudiziari, senza offrire alcuna dimostrazione di adeguata qualificazione e idoneità a rendere una prestazione «...di qualità sufficiente a tutelare l'equità del procedimento, in particolare garantendo che gli imputati o gli indagati in procedimenti penali siano a conoscenza delle accuse a loro carico e siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa...» (così l'articolo 2 paragrafo 8 della direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 n. 64).
  Piuttosto gli articoli 13 e successive disposizioni attuative del codice di procedura civile nonché gli articoli 67 e successive disposizioni attuative del codice di procedura penale prevedono – in maniera omologa e congruente – che gli albi dei periti istituti presso gli uffici giudiziari, tenuti dal presidente dell'ufficio e formati «da un comitato da lui presieduto» (articolo 14 disposizioni attuative del codice di procedura civile e articolo 68 disposizioni attuative del codice di procedura penale) accolgano le sole iscrizioni dei professionisti che documentino di essere in possesso di adeguate conoscenze nelle materie cui è riferita la rispettiva istanza.
  In conclusione, non pare potersi sostenere che la normativa nazionale in materia di albo dei consulenti tecnici di ufficio in materia civile (articoli 13 e successive disposizioni attuative del codice di procedura civile) e di albo dei periti e dei consulenti tecnici in materia penale (articoli 67 e successive disposizioni attuative del codice di procedura penale), nonché in materia di elenco nazionale degli interpreti e dei traduttori, collida con le prescrizioni della direttiva Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 n. 64.
  Per quanto attiene, poi, alle questioni di natura economico patrimoniale, giova osservare quanto segue.
  Il trattamento economico riservato ai soggetti che collaborano con l'autorità giudiziaria in qualità di periti, di consulenti tecnici, di interpreti e di traduttori è regolato dal decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115 (Testo unico in materia di spese di giustizia), nonché dal decreto ministeriale del 30 maggio 2002 (Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale), pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 2002.
  Il quadro normativo si completa con il disposto dell'articolo 4 della legge dell'8 luglio 1980 n. 319 (abrogata nel resto) che regola gli onorari commisurati al tempo spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, agli interpreti e ai traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria.
  In generale, ai periti, ai consulenti tecnici, agli interpreti e ai traduttori spetta il compenso e il rimborso delle spese sostenute (articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115). Il compenso professionale è determinato applicando le tabelle ministeriali: infatti, a norma dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115 (Misura degli onorari) «1. La misura degli onorari fissi, variabili e a tempo, è stabilita mediante tabelle, approvate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge del 23 agosto 1988 n. 400. 2. Le tabelle sono redatte con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell'incarico...».
  In questo contesto, l'eventuale adozione di nuove tabelle dovrebbe tenere conto delle «...tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell'incarico...», con conseguente necessità di effettuare uno studio capillare e approfondito dei citati parametri di riferimento, comportando anche, con ogni probabilità, consistenti aumenti degli esborsi pubblici nei casi in cui le spese siano poste a carico dell'Erario (come nel caso di ammissione delle parti al patrocinio a spese dello Stato).
  I compensi di cui alle citate tabelle possono poi essere aumentati fino al doppio in caso di prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà (articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115).
  Le tabelle attualmente in vigore (da ultimo adeguate con il decreto ministeriale del 30 maggio 2002) introducono criteri di liquidazione del compenso sia specifici (in base alla precipua attività svolta) sia generali, che hanno carattere residuale. Per le prestazioni non previste nelle tabelle gli onorari sono commisurati al tempo impiegato e vengono determinati in base alle vacazioni.
  La vacazione è di 2 ore e il giudice non può liquidare più di 4 vacazioni al giorno per ciascun incarico (questa limitazione non si applica agli incarichi che vengono espletati alla presenza dell'autorità giudiziaria, per i quali deve risultare dagli atti e dal verbale di udienza il numero delle vacazioni).
  Il magistrato è tenuto a calcolare il numero delle vacazioni da liquidare con rigoroso riferimento al numero delle ore strettamente necessarie per l'espletamento dell'incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della traduzione.
  Gli onorari determinati in base al tempo impiegato – di cui all'articolo 4 della legge dell'8 luglio 1980 n. 319 – sono attualmente fissati nella misura di euro 14,68 per la prima vacazione e di euro 8,15 per ciascuna delle vacazioni successive.
  La normativa vigente (articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115) prevede dei meccanismi di adeguamento dei compensi al mutato costo della vita, al fine di mantenerne immutato il valore effettivo nel tempo.
  La Direzione generale degli affari interni del Dipartimento per gli affari di giustizia ha provveduto ad estendere la bozza del provvedimento dirigenziale, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, di adeguamento della misura degli onorari fissi, variabili e a tempo spettanti agli ausiliari del magistrato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, ai sensi dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati tra il mese di agosto dell'anno 1999 al mese di agosto dell'anno 2019.
  Occorre da ultimo sottolineare che l'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115, nonostante il tempo trascorso, non ha avuto ancora attuazione, in quanto l'attuale decreto ministeriale del 30 maggio 2002, le cui tariffe si intendono adeguare, non è stato emanato in attuazione della disposizione di cui al citato articolo 50, bensì in attuazione dell'articolo 4 della legge dell'8 luglio 1980 n. 319.
  Ne consegue che, allo stato, perdura il regime transitorio di cui all'articolo 275 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002 n. 115 secondo il quale «sino all'emanazione del regolamento previsto dall'articolo 50, la misura degli onorari è disciplinata dalle tabelle allegate al decreto del Presidente della Repubblica del 27 luglio 1988 n. 352 e dall'articolo 4 della legge dell'8 luglio 1980 n. 319, come modificato, per gli importi, dal decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del 5 dicembre 1997, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 1998 n. 37».
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   ASCARI, AMATO, MORFINO e CHERCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'agenzia Dire, «Frida è una donna, una madre, vessata dalle Istituzioni di questo Paese per aver messo al mondo sua figlia contro la volontà dell'ex compagno, scappato al primo mese di gravidanza dopo aver provato in tutti i modi a farla abortire. Purtroppo l'articolo 250 sul riconoscimento tardivo ha consentito a quest'uomo di trascinare madre e figlia in tribunale dove hanno subito due consulenze tecniche d'ufficio in cui è stata fatta diagnosi di alienazione parentale nonostante la piccola (18 mesi all'epoca della prima ctu) non avesse nemmeno mai vissuto all'interno di una coppia genitoriale. Esordisce così la (ex) senatrice e vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Cinzia Leone, nella sua lettera indirizzata alla Garante per l'infanzia Carla Garlatti.» (www.dire.it del 2 agosto 2022);

   «È questo – scrive ancora l'agenzia Dire – infatti il caso di Frida, che è anche uno dei 36 fascicoli esaminati dalla Commissione femminicidio (del maggio 2022), che ha portato avanti la gravidanza e ha cresciuto sua figlia da sola nonostante il padre biologico chiedesse l'aborto in mille modi, come copiosi messaggi documentano. La piccola, una volta nata, viene infatti riconosciuta solo da lei. Un bel giorno l'uomo ritorna e chiede il riconoscimento, ma prima ancora che questo accada, “una prima CTU, quando la bambina ha 18 mesi, le diagnostica un conflitto di lealtà” con la mamma e Frida viene definita “ostativa” come racconta intervistata dalla Dire agli esordi della vicenda.» (www.dire.it del 3 maggio 2022);

   a quanto scrive ancora l'agenzia Dire il 2 agosto 2022, «Per Leone, si tratta di "una vera e propria caccia alle streghe contro la madre, rea di continuare a opporsi a un riconoscimento che non corrisponde all'interesse di sua figlia"»;

   la Cassazione ha confermato le sentenze, tuttavia, nonostante «le sentenze delle azioni di stato (riconoscimento tardivo) siano applicabili solo dopo il loro passaggio in giudicato, madre e figlia sono state vessate dai Servizi Sociali di Venezia che fin dal primo grado si sono sentiti incaricati del ruolo di affidatari della bambina e che hanno reso testimonianza in ogni procedimento penale intentato ai danni della madre, ma soprattutto ai danni di una bambina piccola, esposta così a grandissimo pericolo» (www.dire.it del 2 agosto 2022);

   secondo quanto riferito da Frida all'agenzia Dire, la minore «È stata costretta a incontrarlo in ctu, andava all'asilo a prenderla quando per la legge non era nemmeno il padre, la bambina era spaventata, aveva un forte malessere e non sapeva chi fosse. Il paradosso della nostra storia è che dobbiamo parlare di bigenitorialità al cospetto di un uomo che non voleva questa bambina e che non l'ha riconosciuta quando è nata.» (www.dire.it del 3 maggio 2022);

   la minore di anni 6 convive con la madre e i nonni materni; il compagno della signora ha intrapreso un ulteriore giudizio davanti al Tribunale ordinario di Venezia per chiedere l'attuazione della sentenza di primo grado;

   la sentenza di cassazione è oggetto di istanza di revocazione ma, secondo l'ex senatrice Leone, «Nel frattempo, madre e figlia rimangono esposte all'arbitrio di un Servizio Sociale verso il quale pende oggi esposto all'ordine professionale (ad oggi risulterebbe archiviato) e alle azioni aggressive di un ex compagno che continua a sollecitare interventi di polizia ...» (www.dire.it del 2 agosto 2022);

   la Convenzione di Istanbul del 2011, all'articolo 5, obbliga gli Stati ad astenersi da qualsiasi atto di violenza verso le donne, prevedendo all'articolo 31 l'adozione delle misure necessarie per garantire che «al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza, anche normative, per far in modo che la discrezionalità di cui godono i servizi sociali, come nel caso in esame, possa essere esercitata nell'ambito di adeguati ed efficaci controlli e affinché venga effettivamente realizzato l'interesse del minore in casi come quello richiamato anche nel rispetto dell'articolo 31 della Convenzione di Istanbul;

   se e quali iniziative intenda promuovere, per quanto di competenza, in relazione all'operato degli uffici dei servizi sociali che si sono occupati del caso;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale, che, anche secondo la recente giurisprudenza della Corte di cassazione, è priva di validità scientifica.
(4-00597)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti riportano il caso, cui si è dato risalto negli organi di stampa, di una donna (chiamata F.) che sarebbe stata vessata dalle istituzioni per via delle vicissitudini giudiziarie sofferte dopo avere messo al mondo una figlia contro la volontà dell'ex compagno e in seguito al tardivo riconoscimento, ad opera di quest'ultimo, della paternità; pertanto domandano al Ministro della giustizia e al Ministro per la pubblica amministrazione «... se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare tutte le iniziative di competenza, anche normative, per fare in modo che la discrezionalità di cui godono i servizi sociali, come nel caso in esame, possa essere esercitata nell'ambito di adeguati ed efficaci controlli e affinché venga effettivamente realizzato l'interesse del minore in casi come quello richiamato anche nel rispetto dell'articolo 31 della Convenzione di Istanbul; se e quali iniziative intenda promuovere, per quanto di competenza, in relazione all'operato degli uffici dei servizi sociali che si sono occupati del caso; se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché sia escluso il riconoscimento dell'alienazione parentale che, anche secondo la recente giurisprudenza della Corte di cassazione, è priva di validità scientifica ...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in risalto che, a ben vedere, i contenuti delle statuizioni adottate dagli uffici giudiziari veneziani nel caso in esame non sembrano costituire il fulcro dell'atto di sindacato ispettivo che si focalizza, invece, sul tenore delle consulenze tecniche disposte con riferimento alla dibattuta teoria della cosiddetta sindrome da alienazione parentale e sulle misure ordinamentali previste a tutela dei minorenni nell'ipotesi di allegazione di violenza domestica, nell'assetto delle garanzie rivenienti dalla Convenzione di Istanbul. Pertanto, in assenza tra l'altro di specifici elementi idonei a consentire la compiuta identificazione degli attori della vertenza giudiziaria, si è ritenuto di soprassedere dal richiedere approfondimenti agli Uffici menzionati nell'atto di sindacato ispettivo.
  Venendo ora alle doglianze sul ruolo svolto dai servizi sociali nella vicenda, va evidenziato: 1)
in primis, che l'ingresso dei servizi sociali nell'ambito dei procedimenti giudiziari è rimesso alla scelta dell'autorità giudiziaria, secondo prerogative non sindacabili in questa sede; 2) in ogni caso, che non compete a questo Dicastero una vigilanza sull'operato di singoli professionisti, la cui verifica potrebbe al più attivarsi sulla base di esposti individuali che possono essere presentati da chiunque dinanzi al competente consiglio territoriale di disciplina.
  Invero, pur essendo attribuito al Ministero della giustizia il controllo sul funzionamento dei consigli nazionali e degli ordini di numerose professioni regolamentate (confronta l'articolo 15 del decreto ministeriale dell'11 ottobre 1994 n. 615, recante norme relative alla istituzione delle sedi regionali o interregionali dell'ordine e del consiglio nazionale degli assistenti sociali, ai procedimenti elettorali e alla iscrizione e cancellazione dall'albo professionale), non è data alcuna ingerenza sull'attività dei singoli iscritti, salva la implicita possibilità di segnalare fatti che possano giustificare il promovimento dell'azione disciplinare (confronta Corte costituzionale, Sentenza n. 11 del 1968, che in una fattispecie relativa all'ordine dei giornalisti ha espressamente ritenuto la legittimità di tale sistema).
  Ciò posto, devono essere a questo punto rapidamente esaminati le misure evocabili nell'alveo delle garanzie fissate dalla Convenzione di Istanbul, atte a prevenire le forme di violenza endofamiliare e di genere, nonché gli strumenti tecnici di valutazione esperibili nell'ambito di vicende conflittuali di affidamento minorile.
  All'uopo, meritano di essere evidenziate le significative novità introdotte dal decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, recante attuazione della legge delega del 26 novembre 2021 n. 206: le sollecitazioni sovranazionali, le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia e lo studio condotto dalla Commissione europea sulla violenza di genere hanno contribuito a costruire la spina dorsale di una riforma del processo civile che pone una particolare attenzione sulle vittime di violenza (confronta, in particolare, il nuovo titolo IV-
bis del libro II del codice di procedura civile, rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie, e la sezione I capo III, disposizioni speciali in materia di violenza domestica o di genere), che si articola 1) nella introduzione di un rito unitario per la materia della famiglia, ove s'implementa la mediazione familiare, e 2) nella istituzione del tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie, frutto della trasformazione dei tribunali per i minorenni (presso ogni tribunale è prevista l'attivazione di un elenco di mediatori familiari iscritti alle associazioni di settore, quali esperti dotati di adeguata formazione e di specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia nonché in tema di tutela dei minori e di violenza contro le donne e la violenza domestica, tenuti ad interrompere la loro opera nel caso in cui emerga qualsiasi forma di violenza: confronta l'articolo 1 comma 23 lettera p) della legge delega n. 206 del 2021).
  In base allo schema tracciato dal legislatore della riforma, il contrasto a ogni forma di violenza domestica e di genere si realizza sul piano della prevenzione proprio nell'ambito dei procedimenti civili; al giudice viene conferito un ruolo più attivo e centrale attraverso l'esercizio di maggiori poteri officiosi, perseguendosi una gestione del processo tesa a evitare la vittimizzazione secondaria anche attraverso l'esclusione della mediazione familiare e del tentativo di conciliazione in caso di allegata violenza. La finalità del nuovo sistema è quella di evitare, sin dalle prime battute procedurali, che il tempo possa condurre a sottovalutare l'emersione di alcune condotte pregiudizievoli e dei loro effetti anche in ambito familiare e nei confronti di soggetti indifesi, ma coinvolti nel ciclo; si è inoltre inteso accendere un faro in presenza di allegazioni di violenza, affinché nelle fasi preliminari del giudizio possa compiersi un accertamento immediato del rischio e della volontà della vittima di uscire dal cosiddetto ciclo della violenza.
  Nell'ambito dei procedimenti in materia di famiglia è stato immaginato un sistema per cui è possibile realizzare: una risposta immediata alle allegazioni di violenza (accertamento sommario e possibilità di provvedimenti di ufficio); una valutazione del rischio autonoma, proattiva ed esaustiva da parte del giudice; la comunicazione tra uffici giudiziari (correlazione dei procedimenti civili e penali sulla stessa vicenda) per consentire al giudice procedente di conoscere l'esistenza del rischio e, nello specifico, al giudice civile (ad esempio ai fini della pronuncia sull'affidamento del minore) di acquisire un patrimonio di conoscenze completo sulla vicenda familiare, in evidente ottica di tutela per la vittima e di sollecita messa in campo delle più idonee misure; accorgimenti nell'ascolto del minore (da compiere senza ritardo, personalmente, anche valorizzando il linguaggio non verbale, con la competenza specialistica del consulente tecnico di ufficio in materia di violenza domestica e di genere, e nel doveroso coordinamento con l'autorità giudiziaria penale).
  La disciplina in questione mira, in sintesi, a evitare che l'adozione dei provvedimenti avvenga con formule stereotipate e scaturisca invece dall'accertamento della fondatezza delle allegazioni di violenza.
  Giova poi dare conto, a riprova della sensibilità di questo Dicastero verso le iniziative sul tema, dell'avvio di una complessa attività di studio sul tema della violenza di genere, con particolare riguardo alla fase di prima applicazione delle misure introdotte dalla legge del 19 luglio 2019 n. 69. Inoltre nell'alveo della legge del 5 maggio 2022 n. 53, recante «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere», il legislatore italiano è intervenuto con la precisa finalità di garantire un flusso informativo adeguato per cadenza e contenuti sulla violenza di genere contro le donne, al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un efficace monitoraggio del fenomeno.
  Il Ministero della giustizia partecipa stabilmente ai seguenti organismi:

   piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023;

   cabina di regia interistituzionale sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica istituita con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità in data 29 marzo 2022;

   osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica istituita con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le pari opportunità in data 12 aprile 2022.

  Allo scopo di fornire un contributo efficace e strutturato agli organismi nazionali, si è istituito un osservatorio permanente interno al Ministero della giustizia, nella ferma convinzione della opportunità di un colloquio costante con gli uffici giudiziari, volto a fare emergere le criticità ma anche le buone prassi diffuse e i modelli organizzativi in grado di dare piena attuazione alle norme sul contrasto alla violenza di genere in ambito sia penale sia civile. Il lavoro dell'osservatorio riguarda anche la raccolta dei dati, quali fonti conoscitive fondamentali sia del fenomeno sia della capacità delle norme esistenti di fronteggiarlo sul versante giudiziario.
  Riguardo, poi, alla contestata teoria della cosiddetta sindrome da alienazione parentale, occorre rammentare che, nell'ambito della riforma introdotta con il decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, il nuovo articolo 473-
bis comma 25 del codice di procedura civile ha disciplinato l'oggetto della consulenza tecnica di ufficio, precisandone gli ambiti di applicazione e fissando la cornice entro cui le indagini del consulente devono essere condotte: «... il giudice, con il provvedimento con cui dispone la consulenza ...» indica «... l'oggetto dell'incarico e il consulente, nell'elaborazione della relazione ...» tiene «... distinto ogni segmento dell'indagine, precisando: i fatti osservati direttamente e le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi, per giungere alle valutazioni supportandole con evidenze scientifiche o comunque con indicazione dei parametri sui quali si fondano. La relazione deve poi concludersi con proposte concrete di intervento a sostegno del nucleo familiare e dei minori ...».
  Uno spazio specifico è dedicato dalla norma agli accertamenti sulle competenze genitoriali che, alla stregua dei rilievi critici evidenziate dalla recente giurisprudenza di legittimità, devono essere sempre demandati con provvedimento motivato al consulente tecnico di ufficio, il quale esprimerà una valutazione sulla personalità dei genitori solo se ciò assuma incidenza ai fini della verifica della loro capacità genitoriale e supporterà i giudizi tecnici espressi con l'indicazione precisa sia delle metodologie seguite sia dei parametri riconosciuti dalla comunità scientifica. Lo scopo perseguito dal legislatore delegato è quello di definire il perimetro e le finalità del mezzo istruttorio, volto esclusivamente a fornire al giudice strumenti e informazioni tecnico-scientifiche che gli consentano, unitamente a ulteriori elementi istruttori, di formulare valutazioni e adottare soluzioni il più possibili adeguate a soddisfare e tutelare i diritti delle parti e dei minori (così nella relazione illustrativa al decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149).
  Nella stessa direttrice si colloca il nuovo articolo 473-
bis.26 del codice di procedura civile; ispirata da buone prassi presenti in alcuni tribunali, la norma conferisce al giudice la facoltà di nominare ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile quale ausiliario un professionista, scelto tra quelli iscritti all'albo dei consulenti tecnici di ufficio (ovvero anche al di fuori dell'albo, in presenza di concorde richiesta delle parti), anche per compiere specifiche attività, espressamente demandategli, ove necessarie alla risoluzione del conflitto familiare o a fini di ausilio o sostegno alla relazione genitori-figli.
  Inoltre, con riferimento all'attenzione serbata al ruolo da assegnarsi ai servizi sociali nell'ambito di vicende problematiche come quella tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo, va ricordato che, sempre nella cornice della riforma di cui al decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, trovano spazio norme volte alla puntuale regolamentazione dell'intervento dei menzionati Servizi, in funzione di monitoraggio, controllo e accertamento con apposite indicazioni di raccordo con l'organo giudicante: in particolare, l'articolo 473-
bis.27 del codice di procedura civile prevede che ogni qualvolta il giudice disponga l'intervento dei servizi sociali, debba perimetrare l'attività demandata (così da evitare indebite intromissioni o mancanze rispetto ai compiti attribuiti), fissando i termini entro cui detti servizi devono depositare una relazione periodica sull'attività svolta e quelli entro cui le parti possono depositare memorie; dal punto di vista contenutistico delle relazioni, si dà inoltre risalto alla concreta distinzione degli aspetti relativi all'intervento (ovvero i fatti accertati e le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi) dalle eventuali valutazioni formulate dagli operatori che, ove aventi ad oggetto profili di personalità delle parti, devono essere sempre fondate su dati oggettivi e su metodologie/protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, pure da indicare nella relazione.
  Appare infine rilevante il nuovo articolo 473-
bis.44 codice di procedura civile, regolante l'attività istruttoria in presenza di allegazioni di violenza domestica o di abuso, la cui dichiarata ratio «... è anticipare l'accertamento sulla fondatezza o meno delle allegazioni di violenza alle fasi preliminari del giudizio, al fine di garantire che l'adozione dei provvedimenti, anche provvisori, avvenga sulla base di riscontri, seppure sommari. Il secondo comma della norma detta poi specifiche norme nel caso di nomina di ctu ovvero di incarico ai servizi socio assistenziali o sanitari in procedimenti che presentino allegazioni di violenza o di abuso, disponendo espressamente che il giudice quando provvede alla nomina del ctu (da scegliere tra quelli dotati di specifica competenza in materia) o all'incarico ai servizi, deve indicare nel provvedimento la presenza di allegazioni di violenza o di abuso. La precisazione è necessaria per la natura degli accertamenti che possono essere demandati al consulente tecnico ovvero ai responsabili dei servizi ... In adesione al consolidato orientamento della Corte di cassazione per il quale non possono essere poste a fondamento delle valutazioni del ctu metodologie che non siano approvate dalla comunità scientifica internazionale (in particolare la sindrome di alienazione parentale ... ) il ctu dovrà indicare espressamente a quali di queste intende riferirsi, con la precisazione che le valutazioni su caratteristiche e profili di personalità dovranno essere fondate sui parametri assunti a riferimento ...» (così nella relazione illustrativa al decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149).
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   BENZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dall'articolo di Andrea Montanari de La Repubblica del 4 febbraio 2023, il sindaco di Adro, Paolo Rosa, nei giorni scorsi, ha fatto recapitare nelle cassette postali dei cittadini una lettera su carta intestata del comune (con logo timbro e firma) nella quale invitava a votare la Lega nella tornata elettorale delle elezioni regionali in Lombardia del 12 e 13 febbraio 2023 e suggeriva di dirottare il voto di preferenza a due candidati, Davide Caparini e Francesca Ceruti, rispettivamente assessore uscente e consigliere regionale uscente;

   durante la tornata delle elezioni regionali in Lombardia del 4 marzo 2018, lo stesso sindaco Rosa aveva invitato i propri concittadini, sempre con una lettera protocollata e su carta intestata al comune, a votare il partito Lega scrivendo «Forte dell'onestà e della sincerità che ci contraddistingue, mi sento in dovere di suggerirti, nell'interesse primario della nostra comunità, di dare continuità a quei rapporti che ci hanno permesso di ottenere finanziamenti». A seguito dell'accaduto seguì un esposto presso la Corte dei conti e al Prefetto della Repubblica;

   l'articolo 97 della Costituzione recita che «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;

   a parere dell'interrogante, il sindaco di Adro non solo ha violato due volte l'articolo 97 della Costituzione usando la pubblica amministrazione come strumento per i propri fini elettorali e di partito ma ha anche impiegato il materiale, come la carta intestata, dell'amministrazione comunale pagata con i soldi dei contribuenti di Adro per svolgere attività di campagna elettorale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, anche normative, intenda adottare alla luce della vicenda sopra richiamata, al fine di assicurare la piena correttezza delle competizioni elettorali, al contempo salvaguardando il principio di imparzialità della pubblica amministrazione.
(4-00456)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato dall'interrogante, con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Va preliminarmente rilevato che la legge n. 28 del 28 febbraio 2000, recante «Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica» prevede all'articolo 9 il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di comunicazione di qualsiasi genere dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.
  La
ratio della disposizione normativa è quella di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle competizioni elettorali e garantire il libero esercizio di voto dei cittadini scevro da ogni tipo di condizionamento, in applicazione del principio di imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'articolo 97 della Costituzione.
  Ciò premesso, con riferimento alla specifica vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo, lo scorso 4 febbraio, la prefettura di Brescia è venuta a conoscenza, anche a mezzo degli organi di stampa, della diffusione presso il comune di Adro, di un volantino, scritto su foglio recante l'intestazione del comune di Adro e sottoscritto dal sindaco, con esplicito contenuto di propaganda elettorale correlata alle imminenti elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della regione Lombardia.
  Nella stessa giornata, il prefetto ha provveduto a convocare il sindaco di Adro e a richiedere chiarimenti circa l'effettiva provenienza del cennato materiale, evidenziando l'inammissibilità di tale azione propagandistica alla luce della vigente normativa in materia di comunicazione istituzionale in periodo preelettorale.
  Durante detto incontro, il sindaco ha confermato la paternità del materiale propagandistico, rappresentando tuttavia di aver sostenuto esclusivamente in proprio la spesa correlata alla stampa e distribuzione del volantino.
  A seguito del tempestivo intervento del prefetto, il sindaco ha bloccato immediatamente la distribuzione delle pubblicazioni in questione.
  Inoltre, come prescritto dalla normativa vigente, il prefetto ha segnalato il fatto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che, nella riunione del 22 febbraio 2023, ha ordinato al comune di pubblicare sul sito istituzionale e sulla
home page, per la durata di quindici giorni, un messaggio recante l'indicazione di non rispondenza a quanto previsto dall'articolo 9 della legge n. 28 del 22 febbraio 2000. Il successivo 2 marzo il comune ha ottemperato alle disposizione della delibera.
  Al di là del caso in questione, dunque, si conferma la massima attenzione del Governo nell'assicurare la più totale trasparenza e la piena regolarità di ogni tornata elettorale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   CAPARVI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   lunedì 13 febbraio 2023, all'interno del carcere Capanne a Perugia si è verificato l'ennesimo grave fatto violento, che, ancora una volta, avrebbe avuto tragiche conseguenze senza il tempestivo intervento degli agenti di polizia penitenziaria;

   i sindacati della polizia penitenziaria, hanno comunicato che un detenuto tunisino di circa 40 anni ha dato fuoco, nel corridoio della sezione circondariale, al materasso, due sgabelli e un tavolo. A causa dell'enorme quantitativo di fumo si è dovuto evacuare tutta la sezione e mettere in sicurezza gli altri ristretti, circa 45;

   grazie all'intervento tempestivo degli agenti di polizia penitenziaria in servizio si è provveduto a spegnere l'incendio e riportare l'ordine e la sicurezza all'interno della sezione stessa. Tre poliziotti e un sovrintendente sono poi stati sottoposti a cure e dimessi in tarda serata con prognosi di vari giorni;

   l'episodio rispecchia la situazione critica in cui versa il carcere di Perugia; la presenza di detenuti di difficile gestione e la grave carenza di organico pone i poliziotti penitenziari di Perugia-Capanne in una condizione lavorativa priva di alcuna sicurezza per la propria incolumità personale;

   ad aggravare la situazione, spesso, è il provvedimento di liberazione anticipata, che viene comunicato al detenuto ma tarda nell'essere reso esecutivo, così da rendere il detenuto stesso ancora più aggressivo all'interno della struttura penitenziaria;

   è il caso del detenuto tunisino a cui sono stati attribuiti i fatti di lunedì che, proprio il giorno dopo, sembra abbia ricevuto il provvedimento di liberazione anticipata dal magistrato di sorveglianza;

   come noto, la liberazione anticipata è una misura premiale e incentivante che consiste in una riduzione di pena di 45 giorni per ogni semestre di pena espiata, ed è concedibile dal magistrato di sorveglianza, a quanti, condannati a pena detentiva, abbiano dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione;

   l'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 «Norme sull'Ordinamento Penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà», individua quale requisito per riconoscere il beneficio della liberazione anticipata l'avvenuta partecipazione del condannato all'opera di rieducazione e quale parametro temporale, al quale ancorare la relativa valutazione giudiziale, il singolo semestre di espiazione della pena detentiva;

   è pur vero, tuttavia, che la liberazione anticipata può essere negata in presenza di reati successivi;

   come stabilito dalla Suprema Corte di cassazione con la sentenza 15 novembre 2021, n. 41358, il principio della valutazione frazionata per semestri del comportamento del condannato non esclude che un fatto negativo possa riverberarsi anche sulla valutazione dei semestri anteriori –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative volte a far luce sui fatti di cui in premessa e quali urgenti iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo e strutturale, intenda adottare per restituire ordine e sicurezza al circuito penitenziario in generale e, più specificatamente, all'istituto di Perugia-Capanne.
(4-00527)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, l'interrogante, riferito di un evento critico occorso nel carcere Capanne di Perugia, e presumibilmente legato al ritardo nella comunicazione di un provvedimento di liberazione anticipata, ed evidenziate le carenze di organico del penitenziario, con conseguenze in termini di ordine e sicurezza interne, avanza precipui quesiti in ordine alla conoscenza della vicenda e circa eventuali iniziative volte al superamento delle criticità denunciate.
  Quanto al citato evento critico, questo si è verificato il 13 febbraio 2023, alle ore 14:50 circa, allorquando, prima della chiusura delle camere di pernottamento, il detenuto A.A., appiccava il fuoco nel corridoio della sezione, utilizzando il materasso precedentemente tagliato in pezzi e posto all'interno dei sacchi della spazzatura, cospargendolo d'olio.
  A causa del fumo che si diffondeva in tutta la sezione, l'intero reparto veniva evacuato, spostando i detenuti al cortile passeggio al fine di metterli in sicurezza.
  Il detenuto A.A. lanciava le suppellettili di cui era venuto in possesso, rifiutandosi di collaborare e intimando al personale presente di non avvicinarsi.
  Solo dopo una lunga opera di persuasione, il detenuto veniva condotto presso il piano terra, al fine di impedire che lo stesso entrasse nell'ufficio del coordinatore di sorveglianza, dove l'infermiera somministrava ad altro detenuto l'ossigeno a seguito delle problematiche di respirazione che si erano determinate dall'ingestione del fumo; il detenuto, tuttavia, tentava ugualmente di intrufolarsi nell'ufficio, ingiuriando il coordinatore e colpendolo alla mano sinistra e al fianco.
  Il ristretto veniva sottoposto a visita medica, ma non si ravvisavano le condizioni per allocarlo in isolamento cautelare.
  Naturalmente per i fatti accaduti, la direzione deferiva il ristretto all'autorità giudiziaria competente.
  Il successivo 14 febbraio 2023, il detenuto veniva dimesso a seguito di concessione della liberazione anticipata da parte del magistrato di sorveglianza di Perugia, il quale, con ordinanza 14 febbraio 2023, concedeva al condannato la riduzione della pena di giorni 90 in relazione ai semestri 12 agosto 2015/12 febbraio 2016 e 12 febbraio 2016/12 agosto 2016, non relativi all'ultimo periodo di detenzione del ristretto che va dal 2 ottobre 2017 al 14 febbraio 2023.
  Pertanto, il violento gesto è antecedente al provvedimento di liberazione anticipata emesso dall'autorità giudiziaria e comunicato, nonché eseguito, in pari data.
  Ciò precisato, va ribadito che la tutela psicofisica degli agenti della polizia penitenziaria, unitamente a quella degli operatori tutti e, naturalmente, dei ristretti in carcere, è dovere primario dell'amministrazione, perseguito costantemente con impegno.
  Per quanto attiene ai trasferimenti dei detenuti per motivi di ordine e sicurezza, la procedura adottata è quella prevista dalla circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 26 febbraio 2014, n. 3654/6104, appunto rubricata Disposizioni in materia di trasferimenti di detenuti, nella quale viene evidenziato che i trasferimenti per motivi di sicurezza, in considerazione dell'attuazione dei circuiti regionali e in ossequio al principio di territorialità della pena, dovranno, di regola, essere gestiti dai provveditorati all'interno del distretto di competenza.
  Tali trasferimenti saranno ammessi soltanto nelle ipotesi in cui la permanenza di un detenuto in un determinato contesto detentivo comporti in concreto, nonostante l'applicazione della sanzione disciplinare, un rischio effettivo per l'incolumità di terze persone, per l'ordine e la sicurezza interna dell'istituto, ovvero in relazione alle ipotesi in cui sia necessario tutelare l'incolumità dello stesso.
  Nel caso in cui venga ravvisata la necessità di dover richiedere l'allontanamento di un detenuto per motivi di sicurezza, in esecuzione di quanto disposto dall'articolo 42 dell'ordinamento penitenziario, occorre una proposta di trasferimento compendiata di elementi concreti e oggettivi.
  Le proposte di trasferimento sono quindi inoltrate al provveditorato regionale competente che, nel caso in cui ritenga di non poter provvedere nell'ambito del distretto, con adeguata motivazione, dovrà investire la competente direzione generale dei detenuti e del trattamento cui, in ogni caso, provvederà a comunicare i provvedimenti adottati.
  Recente è poi l'adozione della circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria 10 ottobre 2018, n. 0316870 anch'essa adottata per i casi di trasferimenti dei detenuti per motivi di sicurezza, nella quale viene evidenziato che le relative richieste dovranno riguardare quei soggetti responsabili di aggressioni consumate o tentate nei confronti del personale dell'Amministrazione penitenziaria, del personale medico o infermieristico o di volontariato, le aggressioni consumate o tentate nei confronti di altri detenuti, i danneggiamenti dei beni dell'amministrazione e qualsiasi altro evento di violenza.
  Il provvedimento decisorio dovrà essere adottato dai provveditorati regionali, i quali disporranno il trasferimento del detenuto presso altro istituto del distretto.
  Inoltre, nei casi da considerarsi più gravi, la direzione generale dei detenuti e del trattamento, acquisiti tutti gli elementi informativi più utili, potrà provvedere, anche su richiesta del capo del dipartimento, al trasferimento del detenuto o dei detenuti interessati dall'evento critico, disponendone l'assegnazione presso altro istituto extra distretto.
  Invero ben sussistono altresì direttive volte alla prevenzione delle condotte aggressive poste in essere dai detenuti: in tema si evidenzia la circolare del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 26 maggio 2015, con cui è stata data disposizione ai provveditorati regionali di individuare alcune sezioni ove allocare quei detenuti non ancora pronti per il regime aperto, o incompatibili con lo stesso, in osservanza di quanto previsto dall'articolo 32 del regolamento di esecuzione penitenziaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000), ove si prevede, infatti, che i detenuti e gli internati che abbiano un comportamento tale da richiedere particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, siano assegnati ad appositi istituti o sezioni ove sia più agevole adottare le suddette cautele.
  Naturalmente, l'individuazione di tali sezioni non risponde a una logica di isolamento o punizione, bensì a un'idonea attività trattamentale che miri ad agevolare, per i soggetti che vi sono assegnati, il ritorno al regime comune «aperto» e, nel contempo, a salvaguardare detto regime da attività negative di prevaricazioni e violenza.
  È comunque previsto che l'allocazione presso tali sezioni venga verificata dalle direzioni periodicamente, con cadenza semestrale, al fine di appurare la permanenza delle ragioni della separazione dei soggetti che vi sono assegnati dalla restante popolazione detenuta.
  Ancora, con la recente circolare 22 luglio 2020, rubricata Aggressioni al personale-linee di intervento, viene evidenziata la necessità, ai fini di un ridimensionamento della portata del fenomeno delle aggressioni, di ricorrere a un approccio integrato che tenga conto sia delle esigenze di prevenzione sia delle conseguenze che scaturiscono dalla consumazione degli eventi di aggressione.
  A fronte degli episodi di aggressione indirizzati contro il personale in servizio, pronta ed efficace deve essere l'azione della polizia penitenziaria per la prevenzione di tali tipi di condotte; incisiva, dopo l'avvenuta individuazione dei responsabili delle infrazioni, la procedura disciplinare; puntuale l'attuazione delle direttive sui trasferimenti per ragioni di ordine e di sicurezza.
  Sarà fondamentale evitare che nella popolazione ristretta possa diffondersi la percezione di un clima di impunità, con conseguenze negative sulla garanzia dell'ordine e della disciplina.
  La redazione del rapporto disciplinare da parte di chi consuma direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa è atto obbligatorio e non discrezionale e deve essere effettuata in modo tale che il citato rapporto risulti completo e chiaro con una puntuale descrizione dei fatti oggettiva, priva di qualsiasi valutazione di carattere personale.
  Inoltre, con circolare 31 marzo 2021 si è proceduto ulteriormente a sensibilizzare i provveditori regionali, i direttori degli istituti penitenziari e i comandanti di reparto, ciascuno nell'ambito di rispettiva competenza, al fine di assicurare la più stretta e scrupolosa osservanza della circolare del 22 luglio 2020 e, con essa, l'assunzione di tutte le necessarie iniziative a tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno degli istituti penitenziari.
  Infine, proprio in ragione dei numerosi eventi critici, anche di particolare gravità, all'interno degli istituti, concretizzatisi in atti di violenza nei confronti di appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e operatori appartenenti ad altri ruoli, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con ordine di servizio 10 agosto 2022, n. 1389, ha disposto l'istituzione del gruppo di analisi permanente sulle aggressioni, con il precipuo compito di analizzare quotidianamente, in tempi rapidi, i dati relativi ai fatti di specie e condurre un'istruttoria completa su ogni vicenda, anche attraverso il contatto per le vie brevi con le articolazioni territoriali coinvolte.
  Trattando della carenza degli organici e delle conseguenze che da ciò derivano, come ribadito in altre occasioni, il Ministero, a mezzo del preposto dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista altresì da successivi interventi normativi ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria, e su cui andrà, evidentemente, reimpostata una politica di implementazione.
  Sul punto, giova evidenziare che, allo stato, a fronte di un organico totale di 42.150 unità, come da ultimo incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo agenti/assistenti di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), il personale del Corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a n. 36.126 unità.
  Ancora, a fini razionalizzazione ed efficienza nonché adeguamento agli interventi legislativi
medio tempore intervenuti, è in via di predisposizione il nuovo decreto ministeriale che andrà a sostituire il decreto ministeriale 2 ottobre 2017, per la redistribuzione della dotazione organica del corpo.
  Nella elaborazione del nuovo decreto ministeriale si è tenuto conto delle sopravvenute esigenze prospettate dalle varie articolazioni del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.
  Ciò premesso, quanto alla precipua situazione degli istituti penitenziari pugliesi, risulta una forza presente pari attualmente a 202, inferiore dunque, di n. 46 unità rispetto alla dotazione organica prevista in 248, comprese le 21 unità distaccate in uscita ed una in entrata.
  L'analisi dei dati evidenzia che le maggiori carenze si riscontrano nel ruolo degli ispettori (-5 unità) e dei sovrintendenti (-23 unità); di contro, il ruolo degli agenti/assistenti risulta in esubero di n. 3 unità.
  Con riferimento alla carenza del ruolo degli ispettori, si riferisce che il 16 novembre 2022 si è concluso il VII corso per allievo vice ispettore che l'organico della casa circondariale di Perugia è stato incrementato di n. 4 unità maschili e n. 1 unità femminile.
  Inoltre, all'esito del concorso pubblico per n. 411 posti di ispettori del corpo, l'amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale del carcere di Capanne, attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, è in essere il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti, ed il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha già previsto l'assegnazione presso la casa circondariale di Perugia di n. 1 unità maschile; con i successivi scorrimenti di graduatoria dei vincitori del predetto concorso, si prevede di assegnare presso l'istituto in esame ulteriori n. 8 unità maschili e n. 3 unità femminili.
  Quanto al ruolo agenti/assistenti, nel corso dell'anno 2022, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso, presso l'istituto in esame si è registrato un incremento organico pari a n. 3 unità maschili e n. 3 unità femminili.
  Inoltre, è in fase di espletamento il 181° corso per la formazione di n. 1.471 allievi agenti; al termine dello stesso saranno nuovamente considerate, al pari di altre sedi, le fattive esigenze della casa circondariale di Perugia, al fine di valutare l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Infine, quanto alle presenze detentive, al 23 marzo, risultano 353 detenuti (di cui, n. 351 effettivamente in istituto), rispetto a una capienza regolamentare pari a complessivi n. 363 posti (di cui n. 38 non disponibili a vario titolo), rilevandosi una percentuale media di affollamento pari al 108,62 per cento, inferiore sia al valore percentuale medio del distretto (110,20 per cento) sia a quello nazionale (118,78 per cento). I detenuti italiani sono n. 152 mentre gli stranieri sono complessivamente n. 201.
  In ogni caso, gli applicativi a ciò preposti evidenziano come nessun detenuto risulta avere a disposizione uno spazio minimo di vivibilità inferiore ai 3 metri quadri.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Como è presente a Lazzago, in via Cecilio, il campeggio «No stress», già «International», all'interno del quale ad oggi dimorano stabilmente una sessantina di persone;

   il 27 gennaio 2023 è stata emanata l'ordinanza dirigenziale n. 3 della Direzione Commercio e attività economiche e Suap del comune di Como contenente il divieto per il Camping di proseguire l'attività recettiva;

   il 31 gennaio 2023 è stata notificata la predetta ordinanza ad ogni ospite con diffida a lasciare la struttura entro 24 ore;

   tale decisione è stata presa senza una preventiva definizione di una soluzione abitativa alternativa per gli ospiti della struttura;

   su 58 persone presenti nel campeggio, il comune di Como si è reso disponibile a riproteggere solo 8 persone che risultano residenti nel comune di Como; i restanti 50 dovrebbero così rivolgersi ai loro rispettivi comuni di residenza;

   tale vicenda ben rappresenta la grave situazione immobiliare del territorio di Como. Il campeggio era diventato l'unica struttura accessibile a molte persone che non posseggono risorse necessarie ad assicurarsi un'alternativa abitativa più dignitosa nel comune: si tratta non solo di persone senza fissa dimora o di disoccupati, ma anche di lavoratori precari;

   secondo un recente report del sito web «Idealista», Como rientra tra le prime 20 città più care d'Italia in termini di affitto ed è seconda solo a Milano per quanto riguarda la regione Lombardia. Trovare casa in affitto a Como appare per molti ormai proibitivo: gli affitti per un bilocale si aggirano attorno agli 800 euro al mese spese escluse;

   lo stesso comune di Como, nel suo Piano dell'offerta abitativa 2022, aveva rivelato come «ampie fasce di popolazione trovano sempre più difficoltà a rimanere nel mercato immobiliare privato per soddisfare il proprio bisogno abitativo»;

   l'ultimo avviso pubblico per l'assegnazione delle unità abitative disponibili destinate ai servizi abitativi pubblici nel territorio del comune di Como è stato indetto dalla regione Lombardia nel 2022. Il bando ha avuto ad oggetto solo 4 unità nel comune di Como di proprietà comunale e 51 unità di proprietà di ALER (Azienda lombarda per l'edilizia residenziale);

   nel 2021 per un precedente bando relativo a 64 abitazioni nel territorio di Como e comuni limitrofi erano pervenute ben 350 domande;

   secondo notizie di stampa sarebbe rilevante il numero di alloggi di edilizia pubblica che risultano sfitti: in particolare, al giugno 2022, nel territorio del comune di Como sarebbero 443, tra case comunali e case ALER, molte delle quali inagibili per carenze manutentive –:

   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti come esposti in premessa;

   quali iniziative il Ministro dell'interno, per quanto di competenza, in accordo con il comune di Como, intenda porre in essere al fine di trovare una soluzione abitativa che garantisca una vita dignitosa a tutti i cittadini raggiunti dall'intimazione ad abbandonare la struttura ricettiva;

   quali iniziative di competenza il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda adottare, in accordo con la regione, per ovviare in tempi brevi alla preoccupante situazione manutentiva degli alloggi di edilizia pubblica nel comune di Como.
(4-00419)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato in esame indicato si rappresenta quanto segue.
  Il comune di Como, con ordinanza del 27 gennaio 2023, ha comunicato alla B&G s.r.l. l'immediato divieto di prosecuzione dell'attività ricettiva all'interno degli spazi del camping «no stress», avendo constatato la mancanza dei requisiti igienico sanitari, l'assenza di un titolo legittimante l'occupazione dell'area e lo svolgimento di attività ricettiva all'aria aperta, non conforme alla destinazione d'uso dell'area.
  L'ordinanza è stata notificata lo scorso 31 gennaio a ogni ospite della struttura con contestuale diffida a lasciare la struttura.
  Come evidenziato dal comune di Como, l'ordinanza di divieto inibisce non già la funzione abitativa, ma solo la prosecuzione di un'attività «ricettiva non alberghiera» (come da definizione ex articolo 18 della legge regione Lombardia n. 27 del 2015), atteso che la struttura del
camping svolgeva una funzione turistico-ricettiva non consentita nell'area in cui la struttura insiste.
  Sono stati in ogni caso attivati canali di aiuto per favorire una nuova sistemazione dei soggetti presenti nel campeggio; in particolare, i servizi sociali comunali hanno offerto ai nuclei familiari che risultano residenti nel capoluogo la disponibilità di posti presso il dormitorio comunale di via Napoleona, senza ricevere alcuna adesione.
  Anche agli ospiti non residenti nel comune di Como sono state prospettate soluzioni relative a idonee collocazioni, alternative alla permanenza nel campeggio; al contempo, associazioni caritatevoli unitamente a singoli cittadini si sono mobilitate allo scopo di trovare soluzioni in favore degli ospiti della struttura.
  Il prefetto di Como ha ricevuto lo scorso 3 marzo una delegazione delle Associazioni di volontariato «Supporto Attivo» e «Como Accoglie», operanti nel territorio della provincia, che hanno rappresentato la situazione di disagio in cui versano gli attuali occupanti dell'area. Nel corso dell'incontro il Prefetto ha assicurato che la Prefettura dedicherà una particolare attenzione alla gestione della vicenda in questione nel pieno rispetto della legalità.
  Sulla più generale tematica afferente l'edilizia residenziale pubblica, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha preliminarmente rappresentato che l'esercizio delle funzioni amministrative del settore sono state trasferite alle regioni ed agli enti locali dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 mentre la relativa potestà legislativa in materia rientra tra le competenze a carattere residuale attribuite alle regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Nondimeno, il citato Ministero è impegnato da tempo in programmi di
housing sociale, finalizzati alla riduzione ed al contrasto del disagio abitativo, mediante trasferimento di risorse alle regioni ed agli enti locali, volte a rendere utilizzabili alloggi pubblici che versano in condizioni manutentive precarie.
  In tale contesto si colloca il «Programma di recupero e razionalizzazione degli alloggi e degli immobili di edilizia residenziale pubblica», previsto dal decreto-legge n. 47 del 2014, consistente nel trasferimento di fondi ai comuni e agli I.a.c.p. per consentire l'assegnazione alle fasce più deboli di alloggi non fruibili in quanto carenti di interventi di carattere manutentorio.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha poi segnalato il programma «Safe, green and social», inserito nell'ambito del piano nazionale per gli investimenti complementari, di cui ai decreto-legge 6 maggio 2021,, n. 59, che prevede stanziamenti finalizzati ad intervenire sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica con l'obiettivo di migliorare l'efficienza energetica, la sicurezza sismica degli stabili e la riqualificazione dei contesti residenziali pubblici.
  Infine, sempre al fine di contrastare il fenomeno del disagio abitativo, si segnala anche il fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, previsto dalla legge n. 431 del 1998, con cui sono assegnati alle regioni anche fondi per la cosiddetta «morosità incolpevole».

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre 2019, 4a Serie speciale Concorsi ed Esami n. 97, è stato pubblicato un bando di concorso pubblico, per esame, per 300 posti di notaio indetto dal Ministero della giustizia con il decreto dirigenziale 3 dicembre 2019;

   con successivo decreto dirigenziale 17 maggio 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della 18 maggio 2021, 4a serie speciale concorsi ed esami n. 39, è stato ampliato il numero dei posti di notaio, portandolo a 400;

   le relative prove scritte di esame si sono svolte nei giorni 29 e 30 novembre e 1°, 2 e 3 dicembre 2021 presso la «Fiera di Roma» in Via Portuense a Roma;

   a febbraio 2022 il Ministero della giustizia ha comunicato che i candidati che hanno consegnato gli elaborati sono stati 1.577;

   a distanza di più di 14 mesi dallo svolgimento delle prove scritte del concorso non risultano ancora pubblicati gli esiti. Alla data del 31 gennaio 2023 su un totale di 1.577 buste sono state, infatti, aperte 1.146 e, tra questi, valutati idonei 146 candidati;

   con decreto dirigenziale 13 dicembre 2022 è stato tuttavia indetto dal Ministero della giustizia un nuovo bando di concorso notarile per 400 posti di notaio, questi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 2022, 4a Serie speciale Concorsi ed Esami n. 99 –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di ovviare alla attuale lentezza della procedura di valutazione degli elaborati del concorso notarile 2019 e con quali tempistiche certe si intenda pubblicare gli esiti di tutte le predette prove scritte.
(4-00508)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...nella Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre 2019, IV Serie Speciale Concorsi ed Esami, n. 97, è stato pubblicato un bando di concorso pubblico, per esami, per 300 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia con il decreto dirigenziale 3 dicembre 2019; con il successivo decreto dirigenziale 17 maggio 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 2021, IV Serie Speciale Concorsi ed Esami, n. 39, è stato ampliato il numero dei posti di notaio, portandolo a 400; le relative prove scritte di esame si sono svolte nei giorni 29 e 30 novembre e 1°, 2 e 3 dicembre 2021 presso la Fiera di Roma in via Portuense a Roma; a febbraio 2022 il Ministero della Giustizia ha comunicato che i candidati che hanno consegnato gli elaborati sono stati 1.577; a distanza di più di 14 mesi dallo svolgimento delle prove scritte del concorso non risultano ancora pubblicati gli esiti. Alla data del 31 gennaio 2023 su un totale di 1.577 buste sono state, infatti, aperte 1.146 e ... valutati idonei 146 candidati ...» – domanda al Ministro della giustizia «...quali iniziative...intenda adottare al fine di ovviare alla attuale lentezza della procedura di valutazione degli elaborati del concorso notarile 2019 e con quali tempistiche certe si intenda pubblicare gli esiti di tutte le predette prove scritte...»
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in risalto che le prove scritte del concorso indicato nell'atto di sindacato ispettivo si sono svolte a causa dell'epidemia da COVID-19 solo nei giorni 1°, 2 e 3 dicembre 2021.
  Dopo l'espletamento delle formalità di rito e le riunioni plenarie necessarie per stabilire i criteri generali ai quali uniformarsi nella valutazione degli elaborati, la commissione esaminatrice ha proceduto, a partire dal mese di gennaio dell'anno 2022, alla correzione degli elaborati stessi.
  Alla data del 28 febbraio 2023 su 1.577 candidati che hanno consegnato le prove scritte, sono state aperte, con conseguente correzione degli elaborati, 1.300 buste e valutati idonei 159 candidati.
  Si stima, pertanto, che le operazioni di correzione termineranno nel corso del mese di aprile dell'anno 2023 (con immediata pubblicazione dei relativi esiti) e quindi prima dell'espletamento (previsto per il mese di maggio dell'anno 2023) delle prove scritte relative al nuovo concorso per 400 posti di notaio bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022.
  In questo modo un certo numero di candidati, essendo a conoscenza degli esiti delle prove scritte del precedente concorso, potrà valutare l'opportunità di non ripresentarsi al concorso bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022, dovendosi così escludere il rischio che la partecipazione al nuovo concorso sia determinata dalla mancata conoscenza dei risultati delle precedenti prove scritte, fatta sempre salva ovviamente la decisione individuale da parte dei candidati di partecipare alle nuove prove scritte in ragione dell'alea connessa all'esito della prova orale.
  La durata della fase di correzione delle prove scritte del concorso bandito con decreto dirigenziale del 3 dicembre 2019 non appare in alcun modo spropositata, essendo la stessa in linea con quella dei concorsi precedenti.
  In proposito va evidenziato che l'operatività delle sottocommissioni, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 166 del 2006, è stata sempre articolata con cadenza di almeno 6 sedute alla settimana, ciascuna di durata non inferiore a 4 ore.
  D'altra parte è noto che la correzione degli elaborati scritti (aventi a oggetto un atto
inter vivos civile, un atto inter vivos commerciale e un atto mortis causa) si articola nella lettura e nella valutazione non solo dell'atto notarile vero e proprio ma anche della parte motiva e della parte teorica relativa agli istituti giuridici connessi all'atto, con necessità, nei casi di ritenuta inidoneità, di procedere anche alla motivazione (non mediante voti ma attraverso articolati e specifici giudizi) per la quale si è pervenuti alla valutazione negativa, ciò che comporta un'attenta ponderazione degli elaborati che non tollera indebite contrazioni nei tempi.
  La commissione esaminatrice, completata la valutazione degli elaborati scritti, procederà poi all'espletamento della prova orale mediante la predisposizione di un calendario che prevede la costituzione in modo continuativo e sincronico di 2 distinte sottocommissioni, che effettueranno separatamente e contestualmente l'esame dei candidati (e non, quindi, di 1 sola commissione, come avvenuto nei concorsi precedenti); ciò consentirà di accelerare i tempi di espletamento della prova orale che, ragionevolmente, dovrebbe concludersi entro il mese di luglio dall'anno 2023 (in considerazione del presumibile numero dei candidati risultati idonei alle prove scritte), riducendo considerevolmente la sovrapposizione con i lavori della commissione del nuovo concorso per notaio bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022.
  Si prevede quindi che la durata effettiva del concorso per notaio bandito con decreto dirigenziale del 3 dicembre 2019 sia contenuta in 18-19 mesi, tempistica assolutamente in linea con i precedenti concorsi, senza che possa ritenersi verificata, nel caso di specie, alcuna ingiustificata o patologica stasi, tale da dovere richiedere un intervento di questo dicastero.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI e ZANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Gabriella Stramaccioni è la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del comune di Roma. In un post, pubblicato sulla sua pagina Facebook in data 8 marzo 2023, ha denunciato la grave situazione sanitaria vissuta da detenuti e detenute nel carcere di Rebibbia nuovo complesso a Roma;

   in particolare nel post la Garante segnalava come aumentano le richieste che le pervengono per visite mediche e cure da effettuare fuori dalla struttura detentiva e in particolare citava alcuni casi del Rebibbia nuovo complesso;

   tra le decine di casi si segnalano quelli di: una persona detenuta a Latina che è stata trasferita a Rebibbia per sovraffollamento, a Latina era in cura e riusciva a fare le visite in ospedale ogni tre mesi per un tumore benigno, questa persona detenuta da quando è stato trasferito non riesce più a fare le visite ed è giustamente preoccupato; A. che è in sciopero della fame da giorni. Non ha più i denti. Era riuscito a fare alcune visite per la dentiera che dovrebbe essere pronta. Ha pagato 600 euro, una cifra considerevole per la sua condizione, per 4 volte la visita per impiantare la dentiera viene annullata per mancanza di scorta, non riesce a mangiare, e piange; F. che ha una certificazione dal 5 dicembre 2022 che attesta la gravità della sua situazione, servirebbe una apparecchiatura speciale, ad oggi, 8 marzo 2023 nulla è accaduto; G. che si è preparato sei volte per una visita medica all'esterno, ma non è riuscito mai a farsi visitare;

   non sono casi isolati quelli che vengono registrati dalla Garante delle persone detenute quotidianamente, si tratta di fatti che violano il diritto alla salute e alla cura universale come disposto dall'articolo 32 della Costituzione;

   i casi segnalati dalla Garante del comune di Roma sulla impossibilità di visite mediche e cure da effettuarsi all'esterno dipendono in particolare dalla mancanza di scorta e da palesi difficoltà organizzative;

   la Garante Gabriella Stramaccioni afferma che ormai la situazione sanitaria all'interno degli istituti di Rebibbia è preoccupante, ed è necessario un intervento urgente per rafforzare le modalità organizzative e garantire il diritto alla salute –:

   se quanto denunciato dalla Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del comune di Roma accada anche in altri istituti detentivi e in quali, e quanti siano i detenuti interessati da criticità nel diritto alle visite mediche e alla cura;

   quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministero interrogato al fine di garantire la possibilità di cura ai detenuti del carcere di Rebibbia nuovo complesso a Roma, così come in tutte le strutture detentive in Italia in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione.
(4-00625)

  Risposta. — In relazione all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo ad aspetti di criticità inerenti l'assistenza sanitaria erogata ai detenuti reclusi nel carcere di Roma Rebibbia Nuovo Complesso si rappresenta quanto segue.
  Al fine di salvaguardare la tutela del diritto alla salute delle persone ivi ristrette, risultano attivate dalla Asl RM2 territorialmente competente diverse branche specialistiche per effettuare le visite mediche interne, con una presenza settimanale o bisettimanale.
  Si fa riferimento, nello specifico, alle consulenze specialistiche di pneumologia, neurologia, ortopedia, odontoiatria, infettivologia, otorinolaringoiatria, endocrinologia, cardiologia, oculistica, radiologia, dermatologia, chirurgia, angiologia, psichiatria, anche trisettimanale, psicologia e urologia, oltre alla garantita assistenza medica h24.
  Si eseguono in istituto anche diverse tipologie di fisioterapia.
  Le diverse tipologie di prestazioni sono espletate presso le strutture ospedaliere esterne, con l'ausilio del personale di polizia penitenziaria del nucleo traduzioni cittadino, che si occupa della movimentazione dei detenuti dei quattro istituti del polo di Rebibbia e di Regina Coeli.
  Si precisa che, in diverse situazioni a carattere di urgenza, la direzione dell'istituto provvede a individuare delle unità di polizia penitenziaria dall'interno per dare supporto al nucleo.
  Relativamente ai casi segnalati, si rappresenta che la direzione dell'istituto penitenziario ha interessato il locale dirigente sanitario, il quale ha fornito riscontro con nota 21 marzo 2023, dalla quale si evince che alcuni casi di mancate visite sono da addebitare alla indisponibilità di personale impiegato per provvedere alle visite esterne presso le strutture sanitarie territoriali, oltre a una mancanza di preparazione necessaria all'effettuazione della prestazioni dovuta alla disattenzione dei detenuti.
  In merito alla carenza di personale di polizia penitenziaria il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per il Lazio, l'Abruzzo e il Molise ha costituito un tavolo tecnico che vede la partecipazione, oltre che dei direttori degli istituti del Polo di Rebibbia e della casa circondariale di Roma Regina Coeli, anche del direttore dell'ufficio sicurezza e traduzioni, del direttore dell'ufficio detenuti e trattamento del locale PRAP, del direttore del dipartimento tutela della fragilità Asl RM2 e del direttore UOC salute penitenziaria, al fine di individuare soluzioni che consentano di razionalizzare l'esiguo numero di personale dell'organico del nucleo e delle sedi penitenziarie da esso servite.
  Inoltre, in data 16 novembre 2022, si è tenuta una riunione, nel corso della quale è stato assunto da entrambe le amministrazioni interessate l'impegno di concentrare gli interventi su un duplice ambito: raggruppare le visite esterne nell'arco di due giorni a settimana e implementare le prestazioni assicurabili all'interno.
  In proposito, si specifica che la direzione generale della Asl RM2 ha previsto la possibilità per i detenuti dell'istituto penitenziario in argomento di effettuare particolari esami radiografici utilizzando le moderne e sofisticate apparecchiature della struttura femminile di Roma Rebibbia.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con richiesta inviata tramite il canale «Filo Diretto», il 17 febbraio 2023, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona ha chiesto chiarimenti al Ministero della giustizia circa l'ambito di applicazione dell'articolo 196 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2022, nella nuova formulazione introdotta dal decreto legislativo 149 del 2022, con riferimento alle modalità di pagamento dei diritti di copia e di certificazione;

   il Dipartimento per gli affari di giustizia – Direzione generale degli affari interni – il 21 febbraio 2023 ha risposto a tale quesito affermando che con riferimento al processo civile «a decorrere dal 28 febbraio 2023 il pagamento dei diritti di copia, del diritto di certificato e delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio... dovrà avvenire tramite la piattaforma PagoPA», mentre con riferimento al processo penale ha precisato che «il Ministero della giustizia permette, tra gli altri servizi, il pagamento telematico dei diritti di copia». Di fatto in questo modo il Dipartimento ha affermato l'obbligatorietà della modalità di pagamento telematico solo con riferimento al processo civile, lasciando come facoltativa la modalità telematica rispetto al processo penale;

   successivamente, invece, il Ministero della giustizia, con nota del 7 marzo 2023, ha affermato che «i pagamenti del contributo unificato, del diritto di certificato, delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile, nonché dei diritti di copia, sia nel procedimento civile sia nel procedimento penale, devono obbligatoriamente essere eseguiti online tramite la piattaforma PagoPA»;

   il contenuto della nota ministeriale appare pertanto in contrasto con quanto in precedenza affermato dal Dipartimento per gli affari di giustizia;

   a tal proposito si evidenzia che per i settori ove i fascicoli non risultano digitalizzati, come in quello del penale o nei procedimenti civili e penali presso il giudice di pace o presso la Corte di cassazione, la forma di pagamento telematico comporta una serie di adempimenti ulteriori da parte dell'avvocato, come quello di dover previamente accedere alla cancelleria per controllare il numero di copie da richiedere, quello di tornare successivamente in cancelleria dopo essersi muniti di ricevuta PagoPa per effettuare la richiesta e quello di ritornare nuovamente in cancelleria a ritirare le copie;

   vanno inoltre considerati i maggiori costi da sostenere in quanto il pagamento tramite PagoPa prevede una commissione per gli istituti di credito;

   la previsione del pagamento telematico vanifica inoltre la richiesta «urgente» della copia, nel senso che i vari adempimenti previsti per poter pagare telematicamente, comportano un dispendio di tempo che potrebbe addirittura compromettere il diritto di difesa;

   sul punto si è espressa da ultimo anche la presidenza del tribunale di Torino con provvedimento del 10 marzo 2023, disponendo che, allo stato, «le cancellerie penali continuino ad accettare il pagamento attraverso la consegna di marche cartacee... rimanendo facoltativo il pagamento a mezzo la piattaforma PagoPA» –:

   se il Ministro interrogato intenda esprimersi definitivamente a favore della facoltatività del sistema di pagamento telematico per il settore penale; se non ritenga, in ogni caso, di prevedere una deroga, almeno transitoria, del pagamento telematico dei diritti di copia urgenti, del diritto di certificato e per le spese delle notificazioni in relazione sia al settore penale sia a quello civile, in attesa di un'efficiente digitalizzazione degli uffici giudiziari.
(4-00635)

  Risposta. — In ordine ai quesiti posti dall'interrogante, riferiti a criticità interpretative ed applicative riscontrabili in ordine alla nuova formulazione dell'articolo 196 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 in tema di pagamento dei diritti di copia e di certificazione, deve effettivamente rilevarsi l'esistenza di circolari di contenuto non omogeneo emanate da diverse articolazioni del Ministero della giustizia.
  In particolare, con nota del 23 febbraio 2023 stilata dalla preposta articolazione presso il Dipartimento per gli affari di giustizia (DAG) è stato affermato che la disposizione di cui all'articolo 196 citato è riferita solo al processo civile, con la conseguenza che a decorrere dal 28 febbraio 2023 il pagamento dei diritti di copia, del diritto di certificato e delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio (importo forfettario previsto dall'articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002) dovrà avvenire tramite la piattaforma PagoPA di cui all'articolo 5, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
  Diversamente, con successiva circolare del 6 marzo 2023, diramata dalla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) è stata affermata l'obbligatorietà del pagamento telematico dei diritti di copia e certificato anche nel settore penale.
  Ciò precisato, la Direzione affari interni c/o presso il DAG, d'intesa con la DGSIA, ha diramato in data 21 marzo 2023, una circolare di chiarimento riguardante, appunto, l'ambito di operatività dell'articolo 196 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, nel testo vigente.
  Si è quindi osservato che il testo dell'articolo in questione è stato integralmente sostituito dall'articolo 13, comma 1, lettera
f), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, adottato in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile, e che anche nella relazione illustrativa al decreto legislativo n. 149 del 2022 è posto in evidenza che «per esigenze di coordinamento e semplificazione» si è inteso uniformare le modalità di pagamento del diritto di copia e certificato, oltreché delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile, a quelle del contributo unificato disciplinate dall'articolo 192 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.
  Inoltre, si è osservato che non è stato espressamente abrogato l'articolo 285 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, a tenore del quale «Il pagamento del diritto di copia, del diritto di certificato, nonché delle spese per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile è effettuato mediante l'applicazione di marche da bollo»; tale disposizione parrebbe avere conservato la funzione di norma di chiusura del sistema, applicabile alle ipotesi sottratte all'ambito di operatività dell'articolo 196 citato.
  In conclusione, nel confermare l'indirizzo formalizzato nella nota del 23 febbraio 2023, ha dato indicazioni agli uffici nel senso che la disposizione dell'articolo 196 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, laddove impone l'utilizzo della piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82), sia esclusivamente applicabile al processo civile.
  Per quanto attiene al settore penale, considerando la non integrale abilitazione dei sistemi e delle infrastrutture al pagamento con modalità telematiche, comunicata dal Dipartimento per la transizione digitale della giustizia, l'analisi statistica e le politiche di coesione con nota del 16 marzo 2023, il diritto di copia e di certificato potrà essere assolto anche mediante contrassegni (ai sensi dell'articolo 285 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), ferma restando la possibilità, assicurata dallo stesso articolo 5, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale, di procedere al versamento mediante PagoPA, in favore degli uffici giudiziari abilitati ad accettare e ad annullare la ricevuta telematica di pagamento.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   DORI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Tiziano Ronchi, 27enne di Brescia, è stato fermato in Nepal dalle autorità locali che lo accusano di aver sottratto reperti archeologici protetti. Ronchi, docente di Arti Visive all'Accademia Santa Giulia, al momento si trova in ospedale per alcune patologie pregresse;

   il docente è accusato di aver raccolto dei reperti archeologici, in particolare un frammento ligneo, durante la visita a un tempio a Bhaktapur, ma secondo la sorella di Ronchi, così come riportato da diverse agenzie di stampa, l'uomo stava facendo una passeggiata quando ha trovato in terra, in mezzo alla strada, dei pezzi di legno incisi. Alcune persone del posto gli hanno detto che non era consentito che li toccasse e, quindi, dopo essersi scusato li ha lasciati dove li aveva trovati;

   la notizia diffusasi rapidamente nella giornata del 13 marzo 2023 sulla stampa locale e nazionale, è stata confermata da fonti della Farnesina, che hanno precisato come sul posto non ci fossero telecamere e che la normativa nepalese sulla tutela dei beni culturali e sacri è particolarmente severa;

   il fermo, precisano fonti diplomatiche italiane, è avvenuto lunedì 6 marzo 2023 e la Farnesina si è subito attivata, tramite il consolato onorario di Katmandu, l'ambasciata italiana di New Delhi, competente anche per il Nepal e, più da vicino, il consolato italiano a Calcutta;

   il console Gianluca Rubagotti ha fatto visita a Tiziano Ronchi all'ospedale di Katmandu, dove è stato condotto dopo il fermo a seguito di una richiesta avanzata dal legale che il consolato ha trovato per lui, trovandolo in discrete condizioni di salute –:

   se siano già stati attivati tutti i canali utili per risolvere in tempi rapidi la vicenda illustrata in premessa e riportare in Italia il nostro connazionale Tiziano Ronchi.
(4-00648)

  Risposta. — Il nostro connazionale, sig. T.R., dalla metà di febbraio 2023 si trovava in Nepal con visto turistico e avrebbe dovuto fare rientro in Italia il 6 marzo. Il 5 marzo il sig. T.R., su segnalazione del dirigente del dipartimento archeologico, veniva posto in stato di fermo con l'accusa di aver provato a sottrarre due statuette in legno e metallo nella città di Bhaktapur, patrimonio dell'UNESCO non lontano dalla capitale Kathmandu.
  La Farnesina si è da subito attivata tramite l'ambasciatore d'Italia a Nuova Delhi e il console generale a Calcutta, stabilendo un contatto diretto con il connazionale, il suo legale e i familiari in Italia.
  Grazie alla costante opera di sensibilizzazione del nostro console generale a Calcutta e del console onorario presente a Kathmandu, il sig. T.R. è stato trasferito in una clinica privata, ove ha trascorso un periodo di custodia cautelare sino al 22 marzo. La concessione della misura è stata raggiunta anche grazie alla collaborazione della psicologa che ha in cura il nostro connazionale in Italia, la quale ha prodotto idonea documentazione medica. Anche l'ambasciatore d'Italia a New Delhi si è attivato ai più alti livelli istituzionali per sensibilizzare le autorità nepalesi sulle condizioni di salute psicologica del connazionale.
  Il console generale a Calcutta si è più volte recato in visita alla clinica, trovando il connazionale in buone condizioni, portandogli libri e vestiario e favorendo videochiamate con i familiari in Italia.
  Sul piano giudiziario, il rapporto finale redatto dalle autorità di polizia locali è stato sottoposto all'esame del
Government lawyer, il quale il 22 marzo ha stabilito il rinvio a giudizio del sig. T.R. e la libertà su cauzione, con divieto di lasciare il Nepal. Il connazionale è libero di circolare nel Paese, ma non può lasciarlo per tutta la durata del processo, che dovrebbe avere inizio nel prossimo mese di aprile.
  La vicenda giudiziaria si preannuncia complessa, poiché la condotta della quale il connazionale è accusato incide su due aspetti fondamentali della cultura nepalese, il patrimonio nazionale e la religione.
  L'ambasciata a New Delhi e il consolato generale a Calcutta, in stretto raccordo con la Farnesina, seguono il caso con la massima attenzione, prestando assistenza consolare su base quotidiana e continuando a sensibilizzare le autorità nepalesi, utilizzando ogni contatto e ogni utile canale informale possibile.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   D'ORSO, GIULIANO e ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come apparso su alcuni quotidiani e come confermato dalle note del Ministero per la pubblica amministrazione, i ritardi nella predisposizione del Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) rischiano di bloccare le assunzioni nella pubblica amministrazione, e in particolare al Ministero della giustizia dove sono bloccate le assunzioni per scorrimento di graduatoria di 340 direttori e 367 cancellieri risultati idonei;

   con un emendamento a firma Movimento 5 Stelle approvato al Senato in sede di discussione del decreto cosiddetto «Milleproroghe», è stata prorogata la validità delle suddette graduatorie;

   con una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2023, è stato reso noto dal Dipartimento della Funzione Pubblica che «l'iter di predisposizione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, avviato dal Dipartimento della funzione pubblica già dal mese di settembre, è tuttora in corso...» e «che il Ministero della giustizia non ha ancora ultimato la trasmissione della documentazione necessaria ai fini dell'inserimento nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione alle assunzioni e che, allo stato, è in fase di predisposizione il provvedimento di autorizzazione riferito a un primo gruppo di amministrazioni per le quali l'istruttoria è stata definita»;

   si evince quindi, che non sarebbe il Ministero della giustizia a dover attendere l'autorizzazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica ma, al contrario, che sarebbe lo stesso Ministero della giustizia a non aver ancora completato l'attività istruttoria di sua competenza e che nel primo gruppo di amministrazioni autorizzate ad assumere non vi sarebbe il Ministero della giustizia;

   il Ministero della giustizia in risposta a recente interrogazione in Commissione Giustizia tramite il Sottosegretario, aveva invece affermato: «Riguardo alla assunzione dei 689 idonei dalla graduatoria del concorso per cancelliere esperto e dei 340 idonei dalla graduatoria del concorso per direttore, richieste entrambe nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione per il triennio 2022-2024 approvato con decreto ministeriale del 30 giugno 2022 n. 1901, si è ancora in attesa della autorizzazione da parte del competente Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri»;

   questi ritardi risultano intollerabili non solo per le legittime aspettative dei soggetti presenti nelle graduatorie, ma per la situazione critica che gli uffici giudiziari ogni giorno devono vivere viste le gravi scoperture di organico presenti –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative urgenti per sbloccare immediatamente lo stallo di cui in premessa al fine di assumere per scorrimento di graduatoria i 340 direttori e i 367 cancellieri risultati idonei.
(4-00481)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti, nel sottoporre all'attenzione del Ministro della giustizia e del Ministro per la pubblica amministrazione la quaestio relativa allo scorrimento delle graduatorie del concorso a 400 posti di direttore e a 2.700 posti di cancelliere esperto, domandano «...se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative urgenti per sbloccare immediatamente lo stallo...al fine di assumere per scorrimento di graduatoria i 340 direttori e i 367 cancellieri risultati idonei...».
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in evidenza che in seguito alla pubblicazione del bando di concorso su base distrettuale, per titoli ed esami orali, indetta con PDG dell'11 novembre 2020, per il reclutamento di complessive 2.700 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di cancelliere esperto, da inquadrare nell'area funzionale seconda, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia-amministrazione giudiziaria, ad eccezione della regione Valle d'Aosta, all'esito dell'espletamento delle prove di esame sono state pubblicate le graduatorie definitive con relativa indicazione ai vincitori delle modalità per la scelta della sede.
  Conseguentemente sono state immesse nelle loro funzioni 2.382 unità di personale, al netto delle rinunce espresse e delle mancate prese di possesso.
  In seguito all'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2022, con avviso dell'11 novembre 2022 si è proceduto allo scorrimento di ulteriori 319 unità dalle graduatorie capienti nei diversi distretti di corte di appello interessati.
  Il 10 gennaio 2023 279 unità sulle 319 aventi diritto hanno sottoscritto il relativo contratto di lavoro nelle sedi scelte.
  Venendo adesso all'altra procedura concorsuale richiamata nell'atto di sindacato ispettivo, relativa al concorso bandito con avviso del 17 novembre 2020, su base distrettuale, per il reclutamento di complessive 400 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di direttore, da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F3, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia-amministrazione giudiziaria, ad eccezione della regione Valle d'Aosta, si rappresenta che all'esito dell'espletamento della prova d'esame sono state approvate, tra il mese di marzo e il mese di aprile dell'anno 2021, le graduatorie distrettuali definitive dei vincitori, con la presa di possesso della sede scelta fissata entro il mese di luglio dello stesso anno.
  Alla data del 31 dicembre 2021 le unità assegnate nei vari distretti di corte di appello sono state 386.
  Successivamente all'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 giugno 2022 di autorizzazione all'assunzione di ulteriori unità dalle graduatorie capienti, si è provveduto allo scorrimento delle stesse nei distretti di Corte di appello di Bologna, Firenze, Genova, Milano, Trieste e Venezia. L'immissione in possesso, fissata al 24 ottobre 2022, ha visto concretizzarsi l'assunzione di 31 idonei, a fronte delle 34 sedi messe nella disponibilità di scelta da parte dell'amministrazione.
  Passando quindi al punto sollevato nell'atto di sindacato ispettivo, relativo allo scorrimento delle graduatorie delle predette procedure concorsuali, si rileva che questo dicastero ha provveduto alla trasmissione al dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri della documentazione necessaria all'adozione dei provvedimenti di autorizzazione.
  In proposito si evidenzia che il direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo dicastero ha provveduto all'inoltro delle tabelle relative alle unità di personale dell'amministrazione giudiziaria cessate nell'anno 2021.

  Da ultimo si rammenta che il dipartimento della ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell'economia e delle finanze, rispondendo alla richiesta di asseverazione formulata con istanza del direttore generale del personale e della formazione del 19 gennaio 2023, ha certificato le economie da cessazione per l'anno 2021 riguardanti il personale amministrativo e i dirigenti di II fascia.
  Ad ogni buon conto si precisa che ai sensi dell'articolo 8 comma 11
-bis del decreto-legge del 29 dicembre 2022 n. 198 è stata disposta la proroga alla data del 31 dicembre 2024 delle graduatorie dei concorsi per le assunzioni di personale dell'amministrazione giudiziaria con le qualifiche di direttore e cancelliere esperto, già inserite nei piani assunzionali per il triennio 2022-2024 del Ministero della giustizia.
  In proposito l'ufficio legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione, nella nota estesa in data 8 marzo 2023, evidenziava quanto segue: «..si ritiene opportuno premettere che le strategie assunzionali delle Amministrazioni Pubbliche costituiscono l'esito di valutazioni che convergono nella programmazione del fabbisogno di personale (articolo 6 e articolo 6-
ter del decreto legislativo n. 165/2001). Tale programmazione, oggi contenuta all'interno del Piano Integrato di Attività e Organizzazione (P.I.A.O.), ha una prospettiva triennale, ma deve essere adottata annualmente, con la possibilità da parte delle Amministrazioni Pubbliche di modificare le scelte iniziali in relazione alle diverse esigenze di tipo anche organizzativo. Sulla base dei fabbisogni così come sopra individuati e previa emanazione di apposito provvedimento autorizzatorio (vale a dire un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, delegato al Ministro per la pubblica amministrazione, con concerto del Ministro dell'economia e delle finanze), secondo quanto previsto dall'articolo 35 comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001, l'Amministrazione dà avvio alle procedure di reclutamento e successivamente alle relative assunzioni. A tal riguardo...non può non essere posto in risalto il proficuo impegno con cui il Dipartimento della Funzione Pubblica, dal mese di settembre dello scorso anno, sta portando avanti l'attività di predisposizione dei decreti autorizzatori del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 35 comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001, svolgendo un'attenta e costante attività di assistenza in favore delle singole Amministrazioni richiedenti...Si segnala che, come già anticipato dal Dipartimento per la Funzione Pubblica con nota del 29 dicembre 2022 inviata ai candidati idonei dei concorsi oggetto della presente interrogazione, i tempi di adozione dei provvedimenti di autorizzazione (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) si sono sensibilmente allungati a seguito dell'introduzione nell'anno 2022 del Piano Integrato di Attività e Organizzazione (P.I.A.O.). La scadenza per la presentazione del suddetto Piano, fissata al 30 giugno, è stata rispettata soltanto da poche Amministrazioni e, in ragione di tali ritardi, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha potuto avviare le attività prodromiche alla predisposizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in parola soltanto a partire dal mese di settembre. A tale iniziale difficoltà si è aggiunta altresì la necessità di acquisire dalle Amministrazioni richiedenti informazioni integrative rispetto a quelle già inserite nei P.I.A.O., resesi indispensabili al fine di allineare i dati quantitativi relativi alle assunzioni da autorizzare alle novità normative e contrattuali intervenute in corso d'anno, riguardanti tra l'altro i dati stipendiali e il sistema di classificazione del personale. Il Ministero della giustizia ha allineato i dati relativi alle proprie richieste assunzionali per le annualità 2022 trasmettendoli con nota prot. n. 18845 del 19 gennaio 2023...L'ulteriore integrazione documentale necessaria ai fini del relativo inserimento nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione alle assunzioni, attualmente in fase di avanzata definizione, è stata trasmessa dal Ministero della giustizia al Dipartimento della Funzione Pubblica in data 1° marzo 2023. Sulla scorta di quanto sin qui esposto si rappresenta, pertanto, che i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri autorizzativi di cui all'articolo 35 comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001 risultano in fase di perfezionamento, essendo ancora in corso le interlocuzioni con la Ragioneria Generale e con alcune delle Amministrazioni richiedenti, al fine di confermare in via definitiva i dati quantitativi relativi alle autorizzazioni. Va da sé che una volta emanati i decreti in parola, sarà possibile per le varie Amministrazioni, incluso il Ministero della giustizia, procedere al reclutamento delle unità di personale in base a quanto pianificato e autorizzato...».
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   FORNARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la Procura della Repubblica di Biella ha chiesto il rinvio a giudizio per 28 agenti di polizia penitenziaria, uno dei quali è agli arresti domiciliari, a seguito della conclusione delle indagini sui fatti avvenuti nella casa circondariale di via Tigli;

   l'indagine è nata la scorsa estate dopo che tre detenuti stranieri hanno denunciato di avere subito violenze da parte degli agenti della polizia penitenziaria che li avrebbero picchiati e legati in cella. Il pestaggio di uno dei tre detenuti sarebbe stato ripreso anche dalle videocamere all'interno del penitenziario. L'uomo sarebbe stato messo a terra nel corridoio con gambe e braccia legate da corde e il commissario che dirigeva l'operazione avrebbe zittito chi aveva provato a intervenire;

   secondo la Procura vi sarebbero altre due vittime, due detenuti marocchini che hanno raccontato agli inquirenti di esser stati percossi e di aver ricevuto offerte di droga da parte degli agenti in cambio della fede nuziale;

   il carcere biellese è già stato oggetto di altre inchieste: una ha visto coinvolti 22 indagati tra i quali anche l'ex direttrice dell'istituto, e riguarda il presunto uso illecito dei tamponi destinati ai detenuti un'altra un presunto traffico di droga nel penitenziario;

   la casa circondariale di Biella, come si legge nel report dell'Associazione Antigone, ha un tasso di affollamento del 117 per cento e una cronica carenza di personale che le indagini sopra citate hanno ulteriormente aggravato, a partire dallo stesso direttore della struttura che ora è retta da un funzionario facente funzioni –:

   quali iniziative intenda prendere per verificare, anche attraverso un'ispezione ministeriale, la gravità della situazione del carcere biellese, e per risolvere i problemi presenti a partire dalla grave carenza di personale.
(4-00460)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame indicato, l'interrogante, riferito di varie vicende giudiziarie e notizie di cronaca che hanno interessato il carcere di Biella ed in particolare appartenenti alla polizia penitenziaria, coinvolti in gravi casi di violenza e torture in danno di taluni detenuti, evidenzia quindi le gravi criticità dell'istituto penitenziario, soprattutto in termini di carenze di organici, così avanzando quesiti in ordine alla conoscenza dei fatti e circa le eventuali iniziative volte a superare le criticità evidenziate.
  Ciò premesso, come indicato in altra occasione, le notizie di procedimenti giudiziari a carico di operatori appartenenti alla polizia penitenziaria suscitano sempre un senso di sgomento e di perplessità, a maggior ragione in caso di contestazioni, seppur provvisorie, di gravità quali quelle di violenze o tortura in danno dei detenuti.
  Lo Stato che, in luogo di custodire e rieducare, esercita violenza contro chi gli vien affidato per l'esecuzione di una pena è l'antitesi di sé stesso.
  Qualche cosa, patentemente, non ha funzionato ed occorre interrogarsi sulle cause ed individuare i rimedi.
  Occorre comprendere se si tratta di «problemi» generalizzati legati ed in qual modo a disfunzioni di «sistema» ovvero a casi singoli, dovuti al tradimento dei valori e doveri che incombono sui singoli operatori.
  Occorre allora attendere gli esiti delle inchieste portate avanti dalla preposta autorità giudiziaria, come appunto già sta avvenendo.
  All'esito, ove necessario, si potrà verificare se e dove vi siano state «falle» nel sistema di controllo interno.
  Naturalmente, circa le vicende segnalate, doverosamente, a fronte delle formali comunicazioni operate dall'autorità giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria ha subito provveduto all'attivazione delle previste procedure disciplinari.
  Orbene, quanto ai fatti di cronaca citati, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Biella, ha riferito, così riportandosi al proprio comunicato stampa, che: «(...) Sono in corso gli interrogatori di garanzia
ex art. 289 comma 2 davanti al GIP di Biella in relazione alle richieste di misure interdittive. Non si ritiene opportuno fornire ulteriori elementi su indagini tuttora in corso».
  L'amministrazione penitenziaria, ricevuta in data 7 febbraio 2023 l'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Biella, con la quale è stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un commissario R.E. di polizia penitenziaria in ordine ai delitti di cui agli articoli 110, 112 n. 1 e 4 e 613-
bis, commi 1, 2 e 4, 110, 61 n. 9, 582, 585, 608, 479, codice penale (concorso nel reato di tortura, lesioni, abuso di autorità e falso), procedeva alla sua sospensione dal servizio.
  Per completezza si riferisce che detta ordinanza ha visto coinvolti, in qualità di indagati nell'ambito dello stesso procedimento penale, ulteriori n. 27 unità di personale di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Biella, anch'essi per i reati di cui agli articoli 110, 112 n. 1 e 4 e 613-
bis, commi 1, 2 e 4, 110, 61 n. 9, 582, 585, 608 codice penale, non destinatari di alcuna misura cautelare.
  Relativamente, invece, all'inchiesta sull'uso illegittimo dei tamponi, risulta un procedimento penale a carico di n. 51 persone, tra cui il direttore della casa circondariale di Biella e n. 38 appartenenti al corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Biella, indagati per i reati di cui agli articoli 81, 110, 314 codice penale e 81, 110, 323 codice penale (concorso nei delitti di peculato ed abuso di ufficio).
  Nei confronti di n. 24 unità di appartenenti al corpo è stata richiesta archiviazione.
  Quanto sopra precisato, in tema di organici, va ribadito che il Ministero, a mezzo del preposto dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista altresì da successivi interventi normativi ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del corpo della polizia penitenziaria, e su cui andrà, evidentemente, reimpostata una politica di implementazione.
  Sul punto, giova evidenziare che, allo stato, a fronte di un organico totale di 42.150 unità, come da ultimo incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo agenti/assistenti di cui alla legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), il personale del corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a n. 36.126 unità.
  Ancora, a fini razionalizzazione ed efficienza nonché adeguamento agli interventi legislativi
medio tempore intervenuti, è in via di predisposizione il nuovo decreto ministeriale che andrà a sostituire il decreto ministeriale 2 ottobre 2017, per la redistribuzione della dotazione organica del corpo.
  Nella elaborazione del nuovo decreto ministeriale si è tenuto conto delle sopravvenute esigenze prospettate dalle varie articolazioni del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.
  Passando alla specifica dotazione organica del carcere di Biella, si riferisce che la forza presente è pari, allo stato, a complessive n. 173 unità, inferiore, dunque, a quella prevista, di n. 34 unità rispetto alle 207 previste.
  Le carenze maggiori si rilevano nei seguenti ruoli: funzionari (-2 unità), ispettori (-25 unità) e sovrintendenti (-25 unità); di contro, il ruolo degli agenti/assistenti rileva un esubero di n. 28 unità.
  Con riferimento alla carenza di personale, si rappresenta che sono in essere varie procedure concorsuali, compresa quella inerente il ruolo dei funzionari (per 120 posti di allievo commissario), al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Ad ogni modo, considerata l'assenza di una figura titolare di comando, già il 23 febbraio 2023, la competente Direzione generale del personale e delle risorse ha conferito le funzioni provvisorie di comandante di reparto della casa circondariale di Biella a un dirigente aggiunto del corpo proveniente da altro istituto penitenziario al di fuori del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta.
  Peraltro, quanto al ruolo degli ispettori, si comunica che, all'esito del corso di formazione per allievo vice ispettore che sarà a breve avviato, sono già individuati, tra le sedi disponibili, n. 12 posti alla casa circondariale di Biella.
  Quanto al ruolo dei sovrintendenti, si rappresenta, che l'amministrazione ha previsto l'assegnazione presso la casa circondariale di Biella di n. 12 unità maschili, che concretamente saranno assegnate entro la fine del corrente anno, al termine della procedura concorsuale e del previsto corso di formazione, articolato in tre edizioni.
  Infine, quanto al ruolo agenti/assistenti, si evidenzia che l'organico della casa circondariale di Biella è stato incrementato, nell'anno 2022, di n. 2 unità maschili e n. 6 unità femminili, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso.
  Ancora, nell'ottica di attenuare le criticità da più parti segnalate, il competente ufficio della summenzionata direzione generale ha recentemente autorizzato il locale provveditorato regionale all'invio in missione di n. 10 unità del ruolo agenti/assistenti e di n. 3 unità del ruolo ispettori del corpo, provenienti da altri istituti penitenziari del distretto.
  La direzione dell'istituto è attribuita con provvedimento di missione del locale provveditore alla dottoressa Marino Rosalia, direttore della casa circondariale di Novara, per 3 giorni a settimana e a decorrere dal 28 febbraio 2022.
  Il relativo posto di funzione, messo a bando a seguito di interpello avviato con nota 16 giugno 2022, non è stato coperto, poiché l'unico dirigente che ha dato disponibilità è stato assegnato ad altra sede carente e si auspica possa essere coperto facendo ricorso ai vincitori del concorso per l'accesso alla carriera dirigenziale penitenziaria – ruolo di direttore di istituto – attualmente impegnati in attività formativa.
  Per quanto concerne il personale del comparto funzioni centrali, in relazione al profilo professionale di funzionario giuridico pedagogico, presso l'istituto in esame, su n. 8 unità previste in pianta organica, ne risultano presenti n. 3, al netto dei distacchi in entrata e in uscita.
  Con l'interpello straordinario nazionale di assestamento, tuttora in corso, si prevede l'assegnazione di una ulteriore unità in sede.
  Per completezza, quanto alla figura di funzionario contabile, sono presenti n. 3 unità, di cui una che ha assunto servizio in data 1° marzo 2023, oltre a una unità appartenente al profilo di contabile.
  Con riferimento agli assistenti amministrativi, a fronte di una previsione di complessive n. 4 unità in pianta organica, ne sono presenti n. 3, poiché una unità risulta essere distaccata. Con l'interpello ordinario nazionale in atto, si prevede di colmare la relativa vacanza organica.
  Trattando delle presenze detentive, nel carcere di Biella, al 22 febbraio 2023, risultano n. 388 detenuti di media sicurezza, a fronte di una capienza regolamentare pari a complessivi n. 393 posti, rilevandosi un indice percentuale medio di presenza pari al 105,43 per cento.
  Le camere non disponibili sono complessivamente n. 25 e sono relative alla semisezione 1/A del padiglione Mucrone, causa lavori di manutenzione straordinaria che dovrebbero terminare per la data del 31 marzo 2023.
  La direzione, in data 14 febbraio 2023, ha richiesto al provveditorato regionale di sospendere tutte le assegnazioni di detenuti, in considerazione anche delle criticità dovute alle attuali inchieste giudiziarie che vedono il coinvolgimento di diverse unità di personale, oltre che un incremento delle assenze per motivi di salute che si vanno ad aggiungere a quelle del personale a disposizione della Cmo.
  In data 21 febbraio 2023, sulla base di quanto richiesto dal provveditorato regionale che rappresentava un elevato tasso di sovraffollamento presso tutti gli istituti del distretto, la direzione generale dei detenuti e del trattamento ha disposto per la sede di Biella la sospensione delle assegnazioni dei detenuti appartenenti al circuito della media sicurezza per motivi di sicurezza, studio e familiari, salvo comunque i soggetti provenienti dalla libertà e i detenuti trasferiti per motivi di giustizia.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   diverse testate giornalistiche tra cui il Manifesto, il Fatto Quotidiano, Rainews e Fanpage.it, hanno denunciato che nei giorni scorsi le autorità ucraine avrebbero impedito a tre giornalisti italiani, Andrea Sceresini, Alfredo Bosco e Salvatore Garzillo, di documentare il conflitto in corso vietando loro, di fatto, di poter svolgere la loro professione;

   i suddetti cronisti seguono l'evoluzione dei combattimenti dal 2014, ben prima dell'invasione russa del 24 febbraio 2022 e in questi nove anni hanno raccontato con correttezza gli eventi bellici, schierandosi esclusivamente dalla parte della popolazione martoriata;

   malgrado la loro comprovata professionalità, Sceresini e Bosco si sono visti improvvisamente rifiutare l'accredito militare, mentre Salvatore Garzillo, collaboratore di Fanpage.it, è stato respinto al confine con la Polonia;

   i tre giornalisti sarebbero stati inseriti dai servizi segreti ucraini in una black-list di persone non gradite con la grave accusa, mai ufficialmente formalizzata, di essere fiancheggiatori dei russi;

   da una lettera inviata all'Associazione Articolo 21 dall'avvocata Alessandra Ballerini, che difende i tre cronisti, si apprende che tale accusa, totalmente infondata, si traduce di fatto in una gravissima violazione del diritto di informazione e in un rischio concreto per la sicurezza dei tre giornalisti;

   la sospensione degli accrediti regolarmente rilasciati nel marzo 2022 comporta infatti l'impossibilità di muoversi liberamente nel Paese e di svolgere la loro professione giornalistica, specie nelle zone vicino al fronte, e il rischio concreto di essere arrestati al primo posto di blocco;

   l'unica notizia ufficiale al momento comunicata ai giornalisti Sceresini e Bosco riguarderebbe un ipotetico «interrogatorio» al quale dovrebbero essere sottoposti e che dovrebbe essere eseguito da membri della Sbu, il servizio di sicurezza ucraino; inizialmente questo «interrogatorio» avrebbe dovuto svolgersi a Kramatorsk il 6 febbraio 2023, ma ad oggi pare non sia ancora stato svolto e Sceresini e Bosco hanno trascorso alcuni giorni in una città spesso bombardata dai russi, impossibilitati a uscire per ovvie ragioni di sicurezza;

   successivamente, su consiglio dell'ambasciata italiana in Ucraina, i due cronisti si sono spostati a Kiev, dove hanno sede gli uffici centrali della Sbu e sono ancora in attesa di essere interrogati;

   per quanto riguarda Salvatore Garzillo il 14 febbraio 2023 gli è stato impedito di entrare in Ucraina attraverso la frontiera polacca, in quanto «non gradito» e neppure a lui sarebbero state fornite ulteriori spiegazioni;

   da notizie giornalistiche si apprende inoltre che, oltre ad Andrea Sceresini, Alfredo Bosco e Salvatore Garzillo, sarebbero altri sette o otto i giornalisti italiani che si troverebbero in Ucraina nelle medesime condizioni, tutti impossibilitati a svolgere il loro lavoro e documentare la guerra;

   a parere dell'interrogante occorre un immediato e deciso intervento del Governo italiano nei confronti delle autorità ucraine affinché tale inaccettabile situazione si possa celermente concludere con un esito positivo per tutti i giornalisti coinvolti, e questi possano riprendere ad esercitare liberamente e in tutta sicurezza la loro professione;

   nelle prossime ore è previsto un incontro a Kiev tra la Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e il Presidente Zelensky e ciò potrebbe rappresentare l'occasione per porre alla sua attenzione la vicenda dei giornalisti italiani bloccati in Ucraina –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere nei confronti delle autorità ucraine, per comprendere, in relazione ai fatti esposti in premessa, cosa sia effettivamente accaduto e quali imminenti iniziative intenda assumere a tutela dei nostri concittadini e a difesa della libertà di informazione, affinché tutti i giornalisti italiani in Ucraina attualmente impossibilitati a svolgere la loro professione possano tornare liberamente e in sicurezza al loro lavoro di cronisti, utilizzando a tal fine ogni occasione di incontro con esponenti del Governo ucraino, a partire dall'attesa imminente visita della Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni a Kiev.
(4-00506)

  Risposta. — L'Ambasciata d'Italia a Kiev è stata contattata in parallelo dai connazionali Salvatore Garzillo da un lato, e da Alfredo Bosco e Andrea Sceresini dall'altro, per l'impossibilità di svolgere la loro professione di reporter free lance in Ucraina.
  Nel dettaglio, al signor Garzillo il 14 febbraio è stato impedito l'accesso al territorio nazionale ucraino mentre tentava di raggiungerlo in treno attraversando un valico di frontiera con la Polonia. Grazie all'intervento dell'Ambasciata a Kiev, la situazione del signor Garzillo, fermato prima che entrasse in Ucraina, si è sbloccata e il giornalista ha riottenuto l'accredito.
  Ai signori Bosco e Sceresini, mentre si trovavano già sul suolo ucraino, sono stati invece sospesi il 6 febbraio i propri accrediti giornalistici per poter operare nel teatro bellico. Ai connazionali, cui è stato comunque concesso di restare nel Paese e di circolare liberamente, è stato riferito che il Servizio di sicurezza ucraino (Sbu) li avrebbe convocati per un interrogatorio volto ad approfondire la natura del loro incarico in Ucraina.
  Non appena i tre connazionali hanno illustrato all'Ambasciata d'Italia a Kiev le rispettive vicende, la sede diplomatica si è immediatamente attivata presso le Autorità locali. Lo stesso ambasciatore Zazo ha coinvolto gli apparati di sicurezza sollecitando chiarimenti di Kiev.
  Senza dimenticare che l'Ucraina è un paese in guerra, con forti preoccupazioni per la sicurezza nazionale, l'Ambasciata d'Italia a Kiev continua a sollecitare le autorità ucraine affinché Bosco e Sceresini possano tornare presto in Ucraina. La libertà di stampa è un valore fondamentale e costituirà uno dei criteri di valutazione nell'ottica di una futura adesione all'Unione europea.
  Anche Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda hanno avuto casi analoghi. Si sta quindi valutando un eventuale passo congiunto presso le autorità ucraine.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   GADDA, GRIPPO e GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il sistema carcerario italiano soffre di numerose criticità cui il personale amministrativo e della polizia penitenziaria cerca costantemente e meritoriamente di porre rimedio;

   uno dei gravi problemi che affligge il sistema è la fortissima carenza di direttori, le cui ultime immissioni in ruolo risalgono all'anno 1996;

   allo stato attuale, su 191 penitenziari presenti sul territorio nazionale, sono 43 gli istituti rimasti senza guida, ovvero che hanno una direzione «a scavalco», con la conseguenza che i «direttori pendolari» sono chiamati ad effettuare periodicamente e costantemente, lunghi spostamenti, che comportano, tra l'altro, un consistente aggravio di spesa per le finanze del Ministero;

   il direttore dell'istituto esercita i poteri attinenti alla organizzazione, al coordinamento ed al controllo dello svolgimento delle attività dell'istituto, decide le iniziative idonee ad assicurare lo svolgimento dei programmi, nonché gli interventi all'esterno, impartisce le direttive agli operatori penitenziari e mantiene i rapporti con l'autorità giudiziaria, i magistrati di sorveglianza, le strutture sanitarie di riferimento e fornisce il necessario coordinamento con gli enti del terzo settore e i volontari che prestano la loro opera nell'area trattamentale, così come in riferimento alle opportunità lavorative all'interno e all'esterno della struttura di detenzione;

   alla normale attività, che impone ai direttori anche di sovrintendere alle manutenzioni e ristrutturazioni ordinarie e straordinarie, si aggiungono spesso emergenze, ricoveri, e rapporti con strutture esterne, che devono procedere di pari passo con una ordinata ed efficiente gestione dell'ufficio matricola, così da garantire un rapido accesso e uscita dei detenuti;

   ai problemi di gestione in capo al direttore si aggiungono poi i mali atavici del sistema carcerario italiano, l'affollamento delle celle, il fenomeno crescente delle dipendenze, della salute mentale e del disagio psichiatrico, aggravati dalla carenza del personale di Polizia penitenziaria, di assistenti sociali e del personale adibito all'area trattamentale;

   risulta evidente come questa situazione determini una scarsa ottimizzazione delle risorse e un inadeguato presidio delle strutture detentive, con direttori destinati a due o anche tre sedi contemporaneamente, addirittura dislocate a notevole distanza tra loro sul territorio nazionale;

   a puro titolo esemplificativo non può non stupire il caso del direttore della casa circondariale lombarda di Busto Arsizio, chiamato a dirigere anche la casa di reclusione di Tempio Pausania, in Sardegna, oppure del direttore dell'Istituto penale minorile Ferrante Aporti di Torino, che guida anche l'ufficio per il trattamento dei detenuti a Bari;

   il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 all'articolo 8, proroga fino a fine 2023, per la quarta volta, la facoltà per i dirigenti di istituto penitenziario di svolgere le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna e per la terza volta, la facoltà per i dirigenti di istituto penitenziario di svolgere le funzioni di direttore degli istituti penali per i minorenni;

   risulta altresì del tutto evidente come la gestione di un istituto di detenzione minorile necessiti di particolare cura, trattandosi di strutture adibite al trattenimento e auspicabilmente alla rieducazione di ragazzi minorenni;

   alla luce di quanto fin qui esposto, sarebbe anche importante sapere quanti direttori andranno in pensione nel prossimo triennio per comprendere in che misura le nuove immissioni in ruolo, sopperiranno le attuali carenze e le uscite previste a causa dei pensionamenti –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda porre in essere per far fronte ad una situazione tanto grave e complessa, quali siano i tempi previsti per l'immissione in ruolo dei nuovi direttori vincitori del concorso attualmente in corso di svolgimento, quanti direttori si prevede andranno in pensione nel 2023, 2024 e 2025 e, all'esito delle procedure, quale sarà, in dettaglio, la situazione dell'organico dei direttori di penitenziario.
(4-00433)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in oggetto, riferito delle criticità derivanti dalla carenza di organico nella dirigenza penitenziaria, tenuto altresì conto delle prossime e future previsioni di pensionamento, si avanzano quesiti in ordine agli intendimenti volti al superamento delle stesse.
  Orbene, va premesso che in ordine alla dirigenza penitenziaria, le disposizioni contenute nelle leggi finanziarie degli anni passati, volte a contenere la spesa pubblica, hanno progressivamente ridotto la pianta organica, fino ad arrivare alle attuali 300 unità previste, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84.
  A fronte della suddetta previsione, le unità disponibili risultano 224, con conseguente scopertura di 76 posti di funzione. Più precisamente, per una serie di eventi quali: dimissioni, cessazioni dal servizio e blocco delle assunzioni – che non ha consentito il
turnover – si è determinata una carenza di dirigenti penitenziari che, alla data odierna, si esprime in un valore percentuale pari al 25,33 per cento.
  L'amministrazione penitenziaria si è pertanto trovata a fronteggiare, con un notevole dispendio di energie, la suddetta criticità, dovendo assicurare la direzione di molti istituti con incarichi di reggenza temporanei.
  Parziale soluzione a tale problematica sarà offerta dall'immissione in servizio dei 57 consiglieri penitenziari, vincitori del recente concorso, attualmente impegnati nel corso di formazione, della durata di dodici mesi, presso la Scuola superiore dell'esecuzione penale «Piersanti Mattarella» in Roma, che si concluderà verso la fine di settembre 2023.
  L'assunzione potrà avvenire, presumibilmente, nell'anno in corso.
  Si evidenzia, inoltre, che a seguito delle cessazioni dal servizio, ha predisposto la richiesta di accesso al
turnover per l'ulteriore assunzione di complessive 21 unità, mediante scorrimento della graduatoria approvata con p.D.G. 3 agosto 2022.
  Relativamente, invece, alle future previsioni di pensionamento, si rappresenta che, allo stato, sulla base del recesso dall'ufficio per sopraggiunti limiti di età, saranno posti in quiescenza n. 5 dirigenti penitenziari nel 2023, n. 5 nel 2024 e n. 5 nel 2025 e che tale previsione può essere soggetta a variazioni in caso di eventuali cessazioni per recesso volontario o inabilità.
  Quanto al dipartimento per la giustizia minorile e di comunità in particolare, va evidenziato che questo gestisce n. 17 Istituti penali per i minorenni, di cui n. 7 elevati a sedi di livello dirigenziale non generale.
  Gli Ii.pp.mm. classificati quali uffici di livello dirigenziale non generale – tenendo conto principalmente delle loro dimensioni, della complessità gestionale, nonché della significativa presenza di detenuti minorenni per reati di particolare allarme sociale riconducibili alla criminalità organizzata – sono i seguenti: 1) Istituto penale per i minorenni di AIROLA (BN); 2) Istituto penale per i minorenni di BARI; 3) Istituto penale per i minorenni di CATANIA; 4) Istituto penale per i minorenni di MILANO; 5) Istituto penale per i minorenni di NISIDA (NA); 6) Istituto penale per i minorenni di ROMA; 7) Istituto penale per i minorenni di TORINO.
  A tal riguardo si precisa che, allo stato, gli Ii.pp.mm. di Bari e di Nisida (Na) sono diretti da due dirigenti penitenziari di istituto penale per i minorenni, mentre la direzione dei restanti cinque istituti penali è affidata – nelle more del completamento del percorso formativo rivolto ai vincitori di concorso, in via di realizzazione a cura della scuola superiore di esecuzione penale di Roma – alle reggenze di dirigenti penitenziari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ai sensi della legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 311 e successive modificazioni. Una volta concluso, entro il mese di settembre del corrente anno, il summenzionato corso di formazione per consiglieri penitenziari, gli istituti penali per minorenni di livello dirigenziale avranno tutti un dirigente penitenziario titolare.
  Con riferimento agli Ii.pp.mm. – sedi non dirigenziali – si fa presente che alla loro direzione è preposto, previo interpello, personale inquadrato nel profilo professionale di direttore di Area III – F4 o, in subordine, nel profilo professionale della professionalità pedagogica – Area III.
  Si precisa infine, per giusta contezza, che nel triennio 2023-2025 è previsto un solo pensionamento per raggiunti limiti di età tra gli attuali direttori in servizio presso gli Istituti penali per i minorenni – sedi non dirigenziali.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GHIRRA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi ha avuto molta rilevanza sugli organi di stampa nazionale e locale la notizia dell'evasione, dal carcere di Badu 'e Carros di Nuoro, del boss del clan Garganico della Sacra Corona Unita Marco Raduano, avvenuta tramite una fune lunga cinque metri realizzata con lenzuola annodate fra loro, attraverso la quale il detenuto si è calato oltre il muro di cinta dell'istituto penitenziario per darsi alla fuga indisturbato;

   ancora da notizie di stampa si apprendono i dettagli della vicenda e in particolare che Marco Raduano, condannato all'ergastolo, recluso nella sezione di massima sicurezza del carcere nuorese, sarebbe evaso intorno alle 17 del pomeriggio ma l'evasione sarebbe stata scoperta soltanto due ore dopo, nonostante il fatto che quanto successo sia stato ripreso dal sistema di videosorveglianza, poiché, stando a quanto si apprende, la sala operativa non sarebbe stata adeguatamente presidiata;

   inoltre, parrebbe che il detenuto benché soggetto al regime di alta sicurezza, lavorasse in biblioteca e fosse libero di muoversi negli ambienti carcerari, in quanto non vi era alcun agente in servizio che potesse seguirlo nei movimenti;

   sulla fuga sarebbero stati aperti due procedimenti: uno dalla Procura di Nuoro e l'altro di tipo amministrativo, avviato dal Ministero interrogato;

   nel comunicato diramato il 24 febbraio 2023 dall'Uilpa si denunciano le condizioni di «inadeguatezza dei livelli di sicurezza dell'istituto nuorese dove strumenti e mezzi sono inadeguati e dove persiste una carenza organica di Polizia Penitenziaria importante. La carenza di sovrintendenti ed ispettori raggiunge percentuali che raggiungono l'80 per cento rispetto l'organico previsto dalle tabelle dipartimentali ed il ruolo degli Agenti Assistenti vede la sottrazione di decine di unità impiegate nel nucleo cinofili e al Gruppo operativo mobile che hanno sede nello stesso Istituto ma sottratti ovviamente al quadro permanente. Inoltre nonostante non sia più presente una sezione femminile il Dipartimento continua ad assegnare poliziotte che non possono essere impiegate ovviamente in tutti i posti di servizio in un carcere dove la popolazione detenuta è esclusivamente maschile»;

   la stampa riporta la denuncia dei sindacati di categoria, i quali avrebbero segnalato a più riprese e da mesi la situazione intollerabile per carenza di organico e assenza di strumenti tecnologici adeguati a garantire il livello di sicurezza appropriato per un istituto detentivo che ospita, fra gli altri, circa 30 detenuti in regime di massima sicurezza: al carcere di Nuoro sarebbero in servizio circa 145 agenti penitenziari, di cui 17 donne anche, se da anni il braccio femminile è inoperativo, con una carenza di circa 50 unità;

   considerato che, a parere dell'interrogante, questo episodio si inserisce nella condizione di cronica emergenza, in cui da tempo versano le carceri nel nostro Paese, caratterizzata da edifici carcerari sovraffollati e fatiscenti, carenze di organici diffuse, strumentazioni obsolete a disposizione degli agenti, la pressoché inesistente proposta rieducativa; tutti elementi che concorrono a rendere intollerabili le condizioni di vita dei detenuti, pongono a repentaglio persino il rispetto dei loro diritti fondamenti e conducono ai più recenti e drammatici record statistici in tema di suicidi in carcere –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere la carenza di organico e strumentazione negli istituti penitenziari in generale e in particolare nel carcere di Badu 'e Carros e quali altre iniziative intenda porre in essere per far fronte alla drammatica situazione delle carceri italiane in tema di sovraffollamento, edilizia carceraria e attività dirette alla rieducazione e al reinserimento dei carcerati.
(4-00563)

  Risposta. — In ordine ai quesiti posti dall'interrogante non posso che ribadire quanto riferito in data 17 marzo 2023 innanzi all'Assemblea della Camera dei deputati, in sede di risposta ad interpellanza urgente di analogo tenore.
  E pertanto, certamente notizie di evasioni dai penitenziari suscitano sempre sgomento, evidenziando, plasticamente, l'esistenza di criticità nello svolgimento della complessa ed impegnativa attività di custodia e vigilanza cui il carcere è preposto.
  Qualche cosa non ha funzionato ma occorre ovviamente interrogarsi sulle cause onde individuare i rimedi.
  Va, e con celerità, compreso se si tratta di disfunzioni di «sistema», dovute a carenze di organizzazione, ovvero errori o negligenze di singoli operatori, o ancora se ci si trovi di fronte a complicità criminali.
  Occorre allora attendere gli esiti delle inchieste portate avanti dalla preposta autorità giudiziaria, come naturalmente già sta avvenendo.
  Doverosamente, in ordine alla grave vicenda che si è verificata, in disparte le attività dell'autorità giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria, autorizzata, ha subito provveduto all'attivazione delle necessarie procedure ispettive interne, volte appunto a comprendere quanto sopra indicato, così da potersi poi adeguatamente determinare.
  Ciò premesso e precisato, quanto ai fatti occorsi, il 24 febbraio 2023 la direzione della casa circondariale di Nuoro, dava comunicazione alle articolazioni centrali del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (alla direzione generale dei detenuti e del trattamento) della consumata evasione posta in essere, alle ore 17.15 circa, dal detenuto Raduano Marco, appartenente al sottocircuito alta sicurezza 3, e ristretto presso la quinta sezione del nuovo padiglione a custodia ordinaria, i cui lavori sono stati ultimati il 6 maggio 2017, con certificato di collaudo 30 novembre 2017.
  Si precisa che il nuovo padiglione è dotato di sistemi di videosorveglianza e allarme funzionanti.
  La preposta direzione generale ha incaricato, tempestivamente, il locale Provveditorato regionale di espletare gli opportuni accertamenti, onde appurare, con la massima urgenza, cause, circostanze e modalità dell'accaduto, tanto che già il successivo 27 febbraio 2023, è pervenuta una prima relazione.
  Gli accertamenti sono tuttora in corso e si è in attesa degli esiti della visita ispettiva.
  In data 26 febbraio 2023, il locale provveditore si è recato in visita presso la casa circondariale di Nuoro al fine di fare chiarezza sulla dinamica dell'evento.
  Previo nulla osta dell'autorità giudiziaria, in quella data sono state visionate parti essenziali dei filmati registrati dalle telecamere dell'istituto, nonché acquisiti documenti e ispezionati i locali interessati dall'evento critico e sono state ascoltate, altresì, alcune persone presenti il giorno dell'evento.
  Dai primi accertamenti esperiti, è possibile ricondurre quanto accaduto alla carenza nell'organizzazione dei servizi e nell'applicazione delle disposizioni che regolano la vigilanza dei detenuti del circuito alta sicurezza.
  Ciò detto, si riferisce che presso la casa circondariale di Nuoro prestano servizio 129 unità di Polizia penitenziaria, cui vanno aggiunte 16 unità in servizio al nucleo traduzioni e piantonamenti; il servizio a turno si svolge su quattro quadranti orari e le relative unità operative constano di 78 unità.
  Nel giorno dell'evasione risultavano presenti, oltre al personale già comandato di sorveglianza generale, 2 unità con le medesime mansioni sia per il reparto che per il nucleo traduzioni e piantonamenti, rispettivamente con orario 8.00-14.00 e 09.00-17.00.
  Anche presso la quinta sezione – primo e secondo piano, erano impiegate 2 unità del ruolo agenti/assistenti e presso la sala regia della quinta sezione era prevista la copertura sino alle ore 15.15.
  Non era presente, invece, la sentinella.
  Considerata l'estrema gravità di quanto accaduto, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha ritenuto opportuno affidare temporaneamente (il provvedimento ha decorrenza 6 marzo 2023, per la durata di mesi tre) ad altro dirigente (già comandante di reparto della casa circondariale di Milano Opera), di Polizia penitenziaria di comprovata esperienza e capacità, il comando del reparto dell'istituto penitenziario in esame, al fine di garantire il ripristino di adeguate condizioni di sicurezza ed efficienza operativa.
  Quanto al detenuto evaso, Raduano Marco faceva ingresso presso la casa circondariale di Nuoro in data 4 settembre 2018.
  Dagli atti risulta che, in data 1° marzo 2022, egli avesse richiesto di essere trasferito, per motivi familiari, presso altra sede penitenziaria tra quelle Larino, Lanciano, Teramo e, in subordine, Benevento; istanza tuttavia rigettata in ragione del fatto che le sedi richieste sono ricadenti nei luoghi di radicamento del sodalizio criminale di appartenenza, con ciò evidenziando massima attenzione alla specificità del contesto criminale di provenienza del detenuto.
  Il ristretto ha partecipato a diverse udienze in videoconferenza, in virtù di procedimenti pendenti.
  Per completezza, si evidenza, inoltre, che Raduano è in attesa di primo giudizio a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per il tribunale di Bari, per violazione articolo 416-
bis del codice penale, commi dal primo al settimo; ha, altresì, posizione di definitivo, in espiazione di un ordine di esecuzione pena della Procura generale presso la Corte di appello di Bari del 31 gennaio 2023 per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, concorso in produzione e traffico di sostanze stupefacenti, con fine pena al 3 luglio 2046.
  Raduano è in espiazione, altresì, di un provvedimento di cumulo della Procura generale presso la Corte d'appello di Bari per concorso in produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope aggravato, concorso in estorsione e concorso in ricettazione, con fine pena al 19 maggio 2027.
  Non risultano sanzioni disciplinari nel corso dell'attuale detenzione.
  Passando invece agli interventi dell'autorità Giudiziaria interessata alla vicenda, la procura della Repubblica di Nuoro ha comunicato di aver trasmesso il fascicolo per competenza alla direzione distrettuale antimafia di Cagliari che, a sua volta ha riferito, semplicemente, che si sta procedendo in relazione alle ipotesi criminose di evasione (articolo 386 del codice penale), aggravata
ex articolo 416-bis.1 del codice penale, e che a causa del segreto investigativo, non è possibile ad oggi fornire ulteriori informazioni, salvo evidenziare (il sig. Procuratore Generale) (...) che sono in corso complesse ed accurate indagini, anche in collegamento investigativo fra diverse Procure (...) e che (...) le indagini in corso stanno attenzionando diversi aspetti dell'evasione, da quelli relativi alla organizzazione dei servizi di vigilanza all'interno e all'esterno dell'Istituto Penitenziario, a quelli relativi ai collegamenti fra l'evaso e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.
  Precisato quanto sopra, e trattando delle precipue caratteristiche del carcere nuorese, alla data del 15 marzo 2023, a fronte di una capienza regolamentare pari a n. 375 posti (di cui n. 102 non disponibili a vario titolo), risultano effettivamente presenti 224 detenuti, così rilevandosi un indice percentuale medio di affollamento pari all'85,35 per cento, e dunque non denotandosi una situazione di sovraffollamento.
  I detenuti alta sicurezza 3 alla medesima data, sono n. 146, di cui n. 3 sottoposti al regime detentivo speciale
ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e n. 84 i detenuti di media sicurezza.
  Naturalmente, anche per i detenuti alta sicurezza 3 che per quelli in regime speciale è consentito l'accesso agli spazi ed alle attività trattamentali previste, tra cui l'istruzione universitaria: al riguardo merita segnalare che la casa circondariale di Nuoro aderisce alle progettualità proposte nel protocollo di intesa tra il Provveditorato regionale della Sardegna e l'ateneo di Sassari: si sono iscritti nel 2022 sei detenuti appartenenti al sotto circuito alta Sicurezza 3 (cinque dei quali immatricolati nel corrente anno accademico), e due detenuti sottoposti al regime detentivo speciali di cui all'articolo 41-
bis dell'ordinamento penitenziario; è inoltre presente, all'interno del reparto detentivo, destinato ai detenuti alta sicurezza 3, un'aula informatica universitaria cablata, dotata di sei postazioni pc collegate al sistema Citrix, esclusivamente per lo studio e il sostenimento degli esami universitari.
  Con riferimento alla carenza degli organici del Corpo, come ribadito in altre occasioni, va evidenziato che il Ministero, a mezzo del preposto dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, pone forte attenzione alle esigenze di garantire un efficace
turn over del personale, risultando indubbie le criticità evidenziate e derivanti da organici ridotti o comunque fortemente limitati.
  Come è noto, la riduzione complessiva degli organici operata dalla cosiddetta legge Madia e rivista altresì da successivi interventi normativi ha rimodulato al ribasso la dotazione complessiva del Corpo della polizia penitenziaria, e su cui andrà, evidentemente, reimpostata una politica di implementazione.
  Sul punto, giova evidenziare il recente incremento della dotazione organica di 1.000 unità del ruolo agenti/assistenti, effettuato proprio con la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), funzionale ad una prima inversione del
trend, per cui allo stato, a fronte di un organico totale di 42.150 unità il personale del Corpo di polizia penitenziaria amministrato ammonta a n. 36.126 unità.
  Ancora, a fini razionalizzazione ed efficienza nonché adeguamento agli interventi legislativi
medio tempore intervenuti, è in via di predisposizione il nuovo decreto ministeriale che andrà a sostituire il decreto ministeriale 2 ottobre 2017, per la redistribuzione della dotazione organica del Corpo.
  Nella elaborazione del nuovo decreto ministeriale si è tenuto conto delle sopravvenute esigenze prospettate dalle varie articolazioni del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.
  Ciò premesso, la precipua dotazione organica della casa circondariale di Nuoro vede la presenza di una forza pari, allo stato, a n. 145 unità, a fronte delle 206 unità previste, ed inferiore, dunque, di n. 60 unità; dati comprensivi delle 20 unità distaccate in uscita e delle 4 in entrata.
  Le carenze maggiori si rilevano nel ruolo dei funzionari (-1 unità), degli ispettori (-21 unità), dei sovrintendenti (-19 unità) e degli agenti/assistenti (-6 unità).
  Quanto alla carenza di funzionari, ben consapevoli della fondamentale e imprescindibile funzione di guida svolta dagli appartenenti al ruolo apicale del Corpo, va evidenziato il già bandito concorso pubblico per 120 posti di allievo commissario al cui esito si provvederà alla distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, in ragione delle vacanze organiche previste.
  Relativamente alla carenza nel ruolo degli ispettori, si comunica che, il 16 novembre 2022 si è concluso il VII corso per allievo vice ispettore, relativo al concorso interno, per titoli, a complessivi n. 691 posti.
  A conclusione del citato corso, l'organico della casa circondariale di Nuoro è stato incrementato di n. 2 unità femminili.
  È, inoltre, in essere ulteriore concorso pubblico per n. 411 posti per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo degli ispettori del Corpo, al cui esito l'amministrazione terrà nella massima considerazione la situazione di relativa carenza di personale che connota il penitenziario di Badu 'e Carros attraverso l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Ancora, per quanto riguarda il ruolo dei sovrintendenti, è in essere il concorso interno, per titoli, a complessivi n. 583 posti.
  Al riguardo si comunica che l'amministrazione ha previsto l'assegnazione presso la casa circondariale di Nuoro n. 8 unità maschili e n. 1 unità femminile, che saranno gradualmente assegnate entro la fine del corrente anno, a conclusione della procedura concorsuale e del previsto corso di formazione, articolato in tre edizioni.
  Da ultimo, per quanto riguarda, il ruolo agenti/assistenti, si rappresenta che l'organico è stato incrementato, nell'anno 2022, di n. 7 unità maschili, in occasione della mobilità ordinaria collegata alle assegnazioni degli agenti del 179° e 180° corso.
  È, inoltre, in fase di espletamento il 181° corso per la formazione di n. 1.471 allievi agenti e, al termine dello stesso, saranno nuovamente considerate, al pari di altre sedi, le fattive esigenze della casa circondariale di Nuoro, mediante l'assegnazione di un adeguato numero di unità del ruolo.
  Con riferimento invece alla lamentata continua assegnazione di personale del ruolo femminile presso l'istituto nuorese, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha ultimamente previsto, in prevalenza, l'assegnazione di personale del Corpo appartenente ai ruoli maschili, fatta eccezione per le due unità femminili del ruolo ispettori e per l'unica unità del ruolo sovrintendenti, che comunque espletano mansioni di concetto e non prettamente operative all'interno delle sezioni detentive.
  Proprio su tale questione, l'allora Direzione generale del personale e delle risorse ha emanato la lettera circolare 31 maggio 2022, n. 212669, con la quale si invitano tutti i provveditori regionali a rivedere l'organizzazione del lavoro al fine di ottimizzare al meglio l'impiego di tutto il personale a disposizione, significando che, com'è noto, l'articolo 6 della legge 395 del 1990, stabilisce che il personale maschile e femminile del Corpo di polizia penitenziaria espleta i servizi di istituto con parità di attribuzioni, funzioni, trattamento economico e di progressione in carriera.
  L'unica differenza dal punto di vista operativo è rinvenibile al secondo comma dell'articolo 6, ove è stabilito che il personale del Corpo da adibire a servizi di istituto all'interno delle sezioni deve essere dello stesso sesso dei detenuti o internati ivi ristretti. Dunque, tutti i servizi di Polizia penitenziaria all'interno degli istituti, eccezion fatta per il servizio di vigilanza e osservazione nelle sezioni detentive, possono essere assicurati da personale sia maschile sia femminile, senza distinzione alcuna.
  Passando alle tematiche inerenti la sicurezza e le carenze strutturali dell'istituto nuorese, quanto alla lamentata inadeguatezza dei livelli di sicurezza, si riferisce che è in corso il procedimento per il risanamento del muro di cinta e l'adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza.
  Il progetto esecutivo, redatto da un progettista esterno, è stato trasmesso all'amministrazione penitenziaria il 15 dicembre 2022.
  Poiché sono state richieste alcune modifiche e miglioramenti per meglio rispondere alle esigenze dell'amministrazione (con particolare riferimento alle soluzioni e previsioni progettuali inerenti agli impianti elettrici e ai sistemi tecnologici e di sicurezza, apparsi non sufficienti e rispondenti alle esigenze operative dell'istituto), non appena recepite tale esigenze e apportate le necessarie revisioni di progetto, nonché ultimato il piano di sicurezza e coordinamento dei lavori (decreto legislativo n. 81 del 2008) predisposto a cura dell'amministrazione, il progetto sarà trasmesso al verificatore (già individuato). Si auspica di poter mandare in gara il lavoro entro il primo semestre del 2023.
  In ogni caso, al fine di assicurare una prima risposta ad alcune criticità inerenti agli impianti di sorveglianza esterna e antiscavalcamento, unitamente a quelle relative agli impianti di sicurezza e videosorveglianza interni, sono stati espletati negli anni scorsi, e comunque prima dell'evento critico in argomento, i seguenti interventi: 1) Sostituzione Tvcc videoconferenza: sostituzione n. 1 telecamere; 2) sistema Tvcc «Piccola rotonda»: intervento di sostituzione Nvr e parte delle telecamere con ripristino complessivo del sistema di 15 telecamere; 3) sistema TVCC «V Sezione»: sostituzione vecchio
server con NVR 128 canali e 11 telecamere, revisione postazioni di controllo, con ripristino della totale funzionalità del sistema dotato di 104 telecamere; 4) sistema Tvcc «II Sezione»: sostituzione di switch POE con ripristino piena funzionalità del sistema dotato di 67 telecamere; 5) sistema Tvcc «VI Sezione»: sostituzione di sistema di videoregistrazione del sistema tvcc che gestisce 27 telecamere; 6) Tvcc del muro di cinta: lavori di manutenzione e installazione degli apparati.
  Inoltre, nell'ambito dei lavori di ampliamento del settore videoconferenza è previsto il rifacimento totale del sistema tvcc con nuovo sistema di 36 telecamere IP.
  Per quanto attiene, poi, alle condizioni della struttura, effettivamente alcuni settori dell'istituto sono interessati da problemi di infiltrazioni di acqua piovana e necessitano di manutenzione degli edifici.
  Risulta altresì la presenza di diffuse infiltrazioni soprattutto presso i vani adiacenti alle murature esterne dell'istituto (costituite da blocchi di granito alternati a ricorsi in mattoni), presso i solai in corrispondenza dell'unione dei vari corpi di fabbrica, nonché sulle coperture (prevalentemente a falde) dei diversi edifici dell'istituto.
  Dovendosi programmare gli interventi da realizzarsi, è stata data priorità, con progettazione a cura dell'ufficio tecnico del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria agli interventi di risoluzione della predetta problematica legata alle infiltrazioni del reparto 41-
bis (ex femminile), caserma agenti e presso i punti di attacco dei padiglioni relativi alla III sezione (cucina) e III sezione (biblioteca) con la cosiddetta «rotondina».
  Entro l'anno si auspica l'affidamento e il completamento di tali lavori.
  Peraltro, l'istituto presenta alcune problematiche relative a fenomeni di «sfondellamento» dei solai (sia di copertura che intermedi), maggiormente presenti in alcune zone dell'istituto: palestra detenuti; locale bar/spaccio; portineria; locali sanitari reparto 41-
bis e altro.
  A tal fine, il locale provveditorato sta avviando un procedimento per effettuare dei «sondaggi diffusi» su tutti i solai al fine di conoscere lo stato generale di diffusione del fenomeno.
  Le indagini in questione (affidate a società specializzate, previa indagine specifica su mercato elettronico), prevedono un'analisi termografica completa; un'analisi costruttiva dei solai tramite micro demolizioni (al fine di determinarne l'attuale stato di consistenza nonché la battitura manuale degli stessi solai, e di redigere il «Libretto sanitario sullo sfondellamento dei solai».
  Con l'occasione sarà avviato anche un nuovo procedimento per conoscere e valutare lo stato di vulnerabilità sismica dell'istituto.
  Nell'immediato, la Direzione dell'Istituto ha affidato a ditta specializzata un intervento per il ripristino dei solai del settore infermeria.
  Per completezza di informazione, si rappresenta che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nell'ultimo triennio, ha comunque assicurato, sulla base di specifiche richieste: nel 2020, il rifacimento impianto illuminazione del viale di ingresso, nel 2021, la messa in sicurezza strutture carcerarie – sostituzione proiettori interni ed esterni al muro di cinta; nel 2022, lavori di manutenzione e installazione degli apparati Tvcc del muro di cinta.
  Saranno, altresì inseriti nella prossima programmazione interventi di manutenzione straordinaria, realizzazione di un nuovo impianto idrico antincendio con interconnessione degli impianti idrici esistenti interni alle sezioni con miglioramento e adeguamento alla normativa antincendio di tutte le attività a rischio specifico, interventi di efficientamento energetico e predisposizione di locali da destinare al reparto sanitario.
  Inoltre, si evidenzia che presso l'istituto in esame è stato di recente attivato un nuovo padiglione detentivo da n. 97 posti – i cui lavori sono stati ultimati nel 2017, con certificato di collaudo 30 novembre 2017 – dotato di sistemi di videosorveglianza e allarme funzionanti.
  Da ultimo, si riferisce che presso l'istituto di Nuoro risulta essere chiusa la I Sezione (99 posti), poiché in attesa di ristrutturazione con adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
  Il relativo procedimento, di competenza della direzione generale per la gestione dei beni, dei servizi e degli interventi in materia di edilizia penitenziaria del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, registra, allo stato, la conclusione della progettazione definitiva.
  Il progetto è attualmente oggetto di revisione in seguito alle osservazioni formulate dal soggetto preposto alla verifica (importo totale dei lavori euro 4.029,456 + Iva).
  Il completamento dei lavori è previsto per marzo 2024. Dopo l'esecuzione dei predetti la lavori la capienza del reparto sarà ridotta a n. 76 detenuti.
  Infine, quanto alla riferita inadeguatezza delle strumentazioni tecnologiche in dotazione all'istituto, si evidenzia che all'interno della casa circondariale di Nuoro, per vero, ben si trovano presenti dotazioni finalizzate proprio al contrasto dell'illecita introduzione e dell'indebito possesso di oggetti e/o apparati elettronici non consentiti all'interno dell'istituto, ed in particolare si tratta di n. 1
metal detector a portale rileva metalli; n. 5 metal detector a portale rileva metalli e cellulari; n. 6 metal detector a paletta rileva metalli e cellulari; n. 12 metal detector a paletta rileva metalli; n. 3 rilevatori di metallo e cellulari ad asta (Ceia); n. 2 rilevatori radio manuali (minitasso); n. 2 rilevatori di trasmissione radio (polinet) e n. 3 rilevatore pacchi macchina raggi.
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   GIRELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale lombardo, il sindaco del comune di Adro, Paolo Rosa, ha ritenuto di inviare ai suoi concittadini una lettera-appello volta a far loro votare due candidati alte prossime elezioni, ovviamente appartenenti alla medesima lista e partito di appartenenza del sindaco stesso, per ricordare loro, dunque, non solo che il 12 e 13 febbraio 2023 saranno chiamati al voto, ma anche, testualmente, che «nell'interesse primario della nostra comunità, dare continuità a quei rapporti politico-istituzionali che l'Amministrazione ha tessuto in questi anni non può che agevolare il già difficile lavoro dell'amministratore pubblico» e che «l'istituzione regionale non ha mai fatto mancare il proprio apporto e sostegno»;

   il sindaco Rosa non è, purtroppo, nuovo a simili prodezze, nel 2018 aveva inviato ai cittadini una lettera protocollata, sempre su carta intestata del comune, che li invitava a votare Lega; all'epoca l'iniziativa provocò un esposto alla Corte dei conti e al prefetto: in quella occasione Rosa aveva chiesto mettendolo nero su bianco di votare «il simbolo che rappresenta la maggioranza politica comunale, perché siamo certi che la Lega vincerà e andrà a governare l'Italia»;

   anche la lettera in questione è stata redatta e inviata con tanto di protocollo, timbro e carta intestata del comune di Adro, contravvenendo in modo molto grave a ogni regola improntata all'imparzialità e alla neutralità che le istituzioni devono sempre garantire, non solo, ma soprattutto, durante i passaggi elettorali, ed è stata, dall'interrogante, già segnalata al Prefetto;

   l'articolo 97 della Costituzione impone che l'operato della pubblica amministrazione sia improntato ai principi di efficienza e imparzialità, prevedendo che: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»;

   l'organizzazione della pubblica amministrazione avviene, dunque, secondo le disposizioni di legge ed è quindi a queste subordinata, e il buon andamento sancisce il criterio di efficienza per la pubblica amministrazione, che si assomma all'efficacia nelle risorse finanziarie e organizzative –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare ogni iniziativa di competenza utile a fare chiarezza in ordine ai fatti di cui in premessa, nonché ogni urgente iniziativa di competenza al fine di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle elezioni regionali.
(4-00453)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato dall'interrogante, con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
  Va preliminarmente rilevato che la legge n. 28 del 28 febbraio 2000, recante «Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica» prevede all'articolo 9 il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di comunicazione di qualsiasi genere dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.
  La
ratio della disposizione normativa è quella di assicurare il regolare e corretto svolgimento delle competizioni elettorali e garantire il libero esercizio di voto dei cittadini scevro da ogni tipo di condizionamento, in applicazione del principio di imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'articolo 97 della Costituzione.
  Ciò premesso, con riferimento alla specifica vicenda richiamata nell'atto di sindacato ispettivo, lo scorso 4 febbraio, la prefettura di Brescia è venuta a conoscenza, anche a mezzo degli organi di stampa, della diffusione presso il comune di Adro, di un volantino, scritto su foglio recante l'intestazione del comune di Adro e sottoscritto dal sindaco, con esplicito contenuto di propaganda elettorale correlata alle imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della regione Lombardia.
  Nella stessa giornata, il prefetto ha provveduto a convocare il sindaco di Adro e a richiedere chiarimenti circa l'effettiva provenienza del cennato materiale, evidenziando l'inammissibilità di tale azione propagandistica alla luce della vigente normativa in materia di comunicazione istituzionale in periodo preelettorale.
  Durante detto incontro, il sindaco ha confermato la paternità del materiale propagandistico, rappresentando tuttavia di aver sostenuto a titolo esclusivamente personale la spesa correlata alla stampa e distribuzione del volantino.
  A seguito del tempestivo intervento del prefetto, il sindaco ha bloccato immediatamente la distribuzione delle pubblicazioni in questione.
  Inoltre, come prescritto dalla normativa vigente, il prefetto ha segnalato il fatto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Quest'ultima, nella riunione del 22 febbraio 2023, ha ordinato con propria delibera al comune di pubblicare sul sito istituzionale e sulla
home page, per la durata di quindici giorni, un messaggio recante l'indicazione di non rispondenza a quanto previsto dall'articolo 9 della legge n. 28 del 22 febbraio 2000. Il successivo 2 marzo il comune ha provveduto ad ottemperare alle disposizioni della delibera.
  Il caso in questione conferma l'impostazione generale del Governo che pone la massima attenzione nell'assicurare la trasparenza e la regolarità di ogni tornata elettorale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   GRIPPO e GADDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da tempo si registra una grave carenza, di personale dirigenziale nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, in particolare al Dap (Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria) e al Dog (Dipartimento per l'organizzazione giudiziaria);

   per quanto riguarda il Dap, si richiama il ruolo fondamentale del Direttore di istituto penitenziario quale responsabile dell'attuazione dell'ordinamento penitenziario, garante della legalità e dell'ordine interno, nonché punto di equilibrio tra la funzione rieducativa della pena – ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione – e le esigenze di sicurezza;

   l'attuale pianta organica dei direttori conta 300 unità, come prodotto di una progressiva e dissennata riduzione della dotazione prevista dal decreto legislativo n. 63 del 2006, che ammontava 431 unità;

   a causa dei tagli operati per esigenze di natura meramente economica – senza tenere in considerazione i danni, anche erariali, che quegli stessi tagli comportano – si è venuta a determinare una situazione per effetto della quale un unico Dirigente Penitenziario è spesso chiamato ad assicurare la gestione di due o più istituti, talvolta anche molto distanti tra loro;

   ulteriore aggravante è la cronica assenza di vicedirettori, presenti solamente in circa il 21 per cento degli istituti;

   questa situazione deficitaria non troverà certamente un'adeguata soluzione con l'immissione in servizio a fine anno dei 57 neo direttori vincitori del concorso svoltosi dopo diversi decenni; a dicembre 2022, infatti, risultano in ruolo appena 213 Dirigenti penitenziari su una pianta organica, comunque insufficiente, di 300 unità, molti dei quali prossimi alla pensione;

   anche come conseguenza della scarsità di organico in tali ruoli, si registra un aumento negli ultimi anni dei casi di violenze in carcere ed evasioni, nonché un tasso di recidiva tra i più alti d'Europa;

   per quanto concerne il Dog, risulta dal Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) del 2022 che già dal 2019 si registrava una mancanza di 80 posti dirigenziali di seconda fascia, da sommare ad un'ulteriore mancanza di 140 unità venutasi a creare successivamente;

   queste carenze di personale hanno un immediato riflesso sull'organizzazione degli uffici, sia centrali che periferici, e rischiano di minare il perseguimento degli obiettivi del PNRR assunti dal Governo con l'Unione europea in materia di giustizia;

   con l'ultima legge di bilancio (legge n. 197 del 2022) il Dog è stato autorizzato alla copertura dei posti dirigenziali rimasti vacanti per il triennio 2023-2025 attraverso lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi per dirigenti penitenziari banditi il 5 maggio 2020 e il 28 agosto 2020;

   queste ultime misure, quindi, possiedono già una copertura finanziaria e necessitano solamente di un'attuazione amministrativa, tramite un interpello tra i risultati idonei di tali concorsi –:

   quando si provvederà all'ampliamento della pianta organica dei dirigenti penitenziari, per ricostituire la dotazione originaria di 431 unità e ovviare alle gravi disfunzioni che affliggono il sistema carcerario italiano, sia in termini di sicurezza che in materia di trattamento rieducativo;

   quando si provvederà all'immissione in servizio dei nuovi assunti, anche per il tramite dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi di cui in premessa, dando – per quanto riguarda il Dog – rapida attuazione a quanto previsto e finanziato nell'ultima legge di bilancio.
(4-00440)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, evidenziate le scoperture nei ruoli dirigenziali nell'ambito dell'amministrazione della giustizia e in particolare presso il DAP, si chiede di conoscere quando si provvederà all'immissione in servizio dei nuovi assunti anche per il tramite dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi già espletati.
  Orbene, sul piano dei reclutamenti delle figure dirigenziali non generali si riferisce che la preposta Direzione generale ha già provveduto a chiedere al Dipartimento della funzione pubblica, la debita autorizzazione ai fini dell'assunzione di 21 unità di dirigenti di II fascia, mediante lo scorrimento della graduatoria del Concorso a dirigenti penitenziari.
  Ottenuto il necessario decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, questo dicastero potrà provvedere a coordinarsi con gli altri dipartimenti interessati, D.A.P. e D.G.C.M. e procedere, quindi, all'assunzione.
  È altresì opportuno rammentare, nel contesto che ci occupa, la pubblicazione per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri, del bando di concorso Sna a 352 unità dirigenziali, di cui 70 posti saranno riservati al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LACARRA, GIANASSI e SERRACCHIANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto 3 dicembre 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 10 dicembre 2019 – 4a serie speciale – è stato bandito dal Ministero della giustizia un concorso a 300 posti di notaio, in seguito elevati a 400;

   le prove scritte si sono svolte alla Fiera di Roma nei giorni 1, 2 e 3 dicembre del 2021;

   ad oggi, a distanza di più di quattordici mesi dallo svolgimento delle prove, non sono stati ancora pubblicati i relativi esiti sul sito del Ministero della giustizia, né ovviamente sulla Gazzetta Ufficiale;

   nella apposita sezione del sito dedicato del Ministero risulta, infatti, dall'ultimo avviso risalente al 2 febbraio 2023, che alla data del 31 gennaio 2023 siano state aperte 1.146 buste e che sono stati valutati idonei 146 candidati;

   mancherebbe dunque ancora per oltre 400 candidati la correzione degli elaborati, a fronte dei 1.577 che hanno consegnato i propri elaborati;

   con decreto del 13 dicembre 2022 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 16 dicembre 2022 – 4a serie speciale – è stato bandito un nuovo concorso a 400 posti di notaio, le cui nuove prove scritte dovrebbero svolgersi nel mese di maggio 2023 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno fare luce sui motivi di tale lentezza nella correzione degli elaborati, lentezza spropositata soprattutto se comparata alle correzioni relative ai precedenti concorsi, e se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, adottare le necessarie iniziative atte ad evitare che le nuove prove scritte si svolgano prima della pubblicazione degli esiti relativi al concorso bandito nel 2019, eventualità che potrebbe indurre migliaia di candidati, non conoscendo gli esiti del concorso precedente, a ripresentarsi al nuovo concorso bandito nel 2022, anche laddove il precedente sia stato effettivamente superato, con un notevole dispendio di risorse finanziarie e di energie sia per i candidati sia per la pubblica amministrazione.
(4-00489)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti – dopo avere premesso che «...con decreto 3 dicembre 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 10 dicembre 2019, IV serie speciale, è stato bandito dal Ministero della giustizia un concorso a 300 posti di notaio, in seguito elevati a 400; le prove scritte si sono svolte alla Fiera di Roma nei giorni 1, 2 e 3 dicembre del 2021; ad oggi, a distanza di più di 14 mesi dallo svolgimento delle prove, non sono stati ancora pubblicati i relativi esiti sul sito del Ministero della giustizia, né ovviamente sulla Gazzetta Ufficiale; ...con decreto del 13 dicembre 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 16 dicembre 2022, IV serie speciale, è stato bandito un nuovo concorso a 400 posti di notaio, le cui nuove prove scritte dovrebbero svolgersi nel mese di maggio 2023...» - domandano al Ministro della giustizia «... se ... non ritenga opportuno fare luce sui motivi di tale lentezza nella correzione degli elaborati, lentezza spropositata soprattutto se comparata alle correzioni relative ai precedenti concorsi, e se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, adottare le necessarie iniziative atte ad evitare che le nuove prove scritte si svolgano prima della pubblicazione degli esiti relativi al concorso bandito nel 2019, eventualità che potrebbe indurre migliaia di candidati, non conoscendo gli esiti del concorso precedente, a ripresentarsi al nuovo concorso bandito nel 2022, anche laddove il precedente sia stato effettivamente superato, con un notevole dispendio di risorse finanziarie e di energie sia per i candidati sia per la pubblica amministrazione...».
  Al riguardo deve essere immediatamente posto in risalto che le prove scritte del concorso indicato nell'atto di sindacato ispettivo si sono svolte a causa dell'epidemia da COVID-19 solo nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2021.
  Dopo l'espletamento delle formalità di rito e le riunioni plenarie necessarie per stabilire i criteri generali ai quali uniformarsi nella valutazione degli elaborati, la commissione esaminatrice ha proceduto, a partire dal mese di gennaio dell'anno 2022, alla correzione degli elaborati stessi.
  Alla data del 28 febbraio 2023 su 1.577 candidati che hanno consegnato le prove scritte, sono state aperte, con conseguente correzione degli elaborati, 1.300 buste e valutati idonei 159 candidati.
  Si stima, pertanto, che le operazioni di correzione termineranno nel corso del mese di aprile dell'anno 2023 (con immediata pubblicazione dei relativi esiti) e quindi prima dell'espletamento (previsto per il mese di maggio dell'anno 2023) delle prove scritte relative al nuovo concorso per 400 posti di notaio bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022.
  In questo modo un certo numero di candidati, essendo a conoscenza degli esiti delle prove scritte del precedente concorso, potrà valutare l'opportunità di non ripresentarsi al concorso bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022, dovendosi così escludere il rischio che la partecipazione al nuovo concorso sia determinata dalla mancata conoscenza dei risultati delle precedenti prove scritte, fatta sempre salva ovviamente la decisione individuale da parte dei candidati di partecipare alle nuove prove scritte in ragione dell'alea connessa all'esito della prova orale.
  La durata della fase di correzione delle prove scritte del concorso bandito con decreto dirigenziale del 3 dicembre 2019 non appare in alcun modo spropositata, essendo la stessa in linea con quella dei concorsi precedenti.
  In proposito va evidenziato che l'operatività delle sottocommissioni, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 166 del 2006, è stata sempre articolata con cadenza di almeno 6 sedute alla settimana, ciascuna di durata non inferiore a 4 ore.
  D'altra parte è noto che la correzione degli elaborati scritti (aventi a oggetto un atto
inter vivos civile, un atto inter vivos commerciale e un atto mortis causa) si articola nella lettura e nella valutazione non solo dell'atto notarile vero e proprio ma anche della parte motiva e della parte teorica relativa agli istituti giuridici connessi all'atto, con necessità, nei casi di ritenuta inidoneità, di procedere anche alla motivazione (non mediante voti ma attraverso articolati e specifici giudizi) per la quale si è pervenuti alla valutazione negativa, ciò che comporta un'attenta ponderazione degli elaborati che non tollera indebite contrazioni nei tempi.
  La commissione esaminatrice, completata la valutazione degli elaborati scritti, procederà poi all'espletamento della prova orale mediante la predisposizione di un calendario che prevede la costituzione in modo continuativo e sincronico di 2 distinte sottocommissioni, che effettueranno separatamente e contestualmente l'esame dei candidati (e non, quindi, di 1 sola commissione, come avvenuto nei concorsi precedenti); ciò consentirà di accelerare i tempi di espletamento della prova orale che, ragionevolmente, dovrebbe concludersi entro il mese di luglio dall'anno 2023 (in considerazione del presumibile numero dei candidati risultati idonei alle prove scritte), riducendo considerevolmente la sovrapposizione con i lavori della commissione del nuovo concorso per notaio bandito con decreto dirigenziale del 13 dicembre 2022.
  Si prevede quindi che la durata effettiva del concorso per notaio bandito con decreto dirigenziale del 3 dicembre 2019 sia contenuta in 18-19 mesi, tempistica assolutamente in linea con i precedenti concorsi, senza che possa ritenersi verificata, nel caso di specie, alcuna ingiustificata o patologica stasi, tale da dovere richiedere un intervento di questo dicastero.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   LUPI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'onorevole Marco Lucio Forzese, già deputato presso l'Assemblea regionale siciliana, è imputato dinanzi al Tribunale di Catania per una presunta ipotesi di corruzione cosiddetta «triangolare», in quanto, secondo l'assunto della Procura della Repubblica etnea, egli avrebbe promesso al direttore dell'ispettorato del lavoro di Catania utilità consistenti nel fare in modo che quest'ultimo fosse riconfermato alla guida del suo ufficio, nonché nell'appoggio prestato per la nomina del direttore quale membro della commissione degli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro della Regione Siciliana per la sessione 2017, in cambio di presunti favori tributari per un imprenditore asseritamente vicino all'onorevole Forzese;

   in siffatto contesto in corso di giudizio di primo grado del procedimento Forzese, il coniuge della presidente del collegio del tribunale di Catania dottoressa Urso, tale dottor Salvatore Scalia, risulta essere o essere stato, in rapporti fiduciari e istituzionali proprio con la Regione Siciliana, essendo quest'ultimo stato nominato nel 2018 commissario straordinario per la gestione del comune di Acireale;

   sempre nel 2018 la Regione Siciliana nomina lo stesso Scalia quale commissario straordinario per la riparazione e la ricostruzione degli immobili colpiti dal sisma del dicembre 2018;

   appare dunque innegabile, anche a parere dell'interrogante, un rapporto fiduciario che lega il dottor Scalia alla Regione Siciliana;

   ad avviso dell'interrogante, in sede processuale sussistevano ragioni di opportunità che avrebbero consigliato al presidente del collegio dottoressa Urso, sposata con Scalia, di astenersi dal processo, dinanzi all'espressa richiesta formulata dall'onorevole Forzese;

   quanto suesposto appare quantomeno lesivo del decoro della giustizia e del principio del giusto processo –:

   se il Ministro interrogato non ritenga necessario valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso il Tribunale di Catania.
(4-00424)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «... l'onorevole Marco Lucio Forzese ... è imputato dinanzi al Tribunale di Catania per una presunta ipotesi di corruzione ... in quanto, secondo l'assunto della procura della repubblica etnea, egli avrebbe promesso al direttore dell'Ispettorato del lavoro di Catania utilità consistenti nel fare in modo che quest'ultimo fosse riconfermato alla guida del suo ufficio, nonché nell'appoggio prestato per la nomina del direttore quale membro della commissione degli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro della regione Sicilia per la sessione 2017, in cambio di presunti favori tributari per un imprenditore asseritamente vicino all'onorevole Forzese; in siffatto contesto, in corso di giudizio di primo grado del procedimento Forzese il coniuge della presidente del collegio del tribunale di Catania ... risulta essere o essere stato in rapporti fiduciari e istituzionali proprio con la regione Sicilia, essendo quest'ultimo stato nominato nel 2018 commissario straordinario per la gestione del comune di Acireale; sempre nel 2018 la regione Sicilia nomina lo stesso ... quale commissario straordinario per la riparazione e la ricostruzione degli immobili colpiti dal sisma del dicembre 2018 ... ; ad avviso dell'interrogante, in sede processuale sussistevano ragioni di opportunità che avrebbero consigliato al presidente del collegio ... di astenersi dal processo, dinanzi all'espressa richiesta formulata dall'onorevole Forzese ...» – domanda al Ministro della giustizia «... se ... non ritenga necessario valutare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso il tribunale di Catania .. .».
  Al riguardo occorre mettere in risalto che – secondo quanto emerge dalla nota estesa in data 3 marzo 2023 dalla Corte di appello di Catania – la presidente del collegio del tribunale di Catania innanzi al quale è in corso la celebrazione del dibattimento nel procedimento penale contrassegnato dal n. 7068 del 2018 R.G. (a carico, tra gli altri, dell'onorevole Marco Lucio Forzese), a fronte della richiesta di astensione rivolta in data 26 maggio 2021 dal medesimo Forzese Marco Lucio all'interno collegio giudicante, segnalava al presidente del tribunale con nota estesa il 6 luglio 2021 l'insussistenza di cause di astensione, indicandone espressamente le ragioni.
  In particolare nella suindicata nota la presidente del collegio evidenziava innanzitutto che si trattava di un'istanza abnorme, integrando la stessa un mero invito ad astenersi non previsto dal vigente ordinamento processual-penalistico; passava, poi, a esaminare l'eventuale sussistenza di gravi ragioni di convenienza che ai sensi dell'articolo 36 comma 1 lettera
h) del codice di procedura penale avessero potuto obbligare all'astensione i componenti dell'organo giudicante.
  Le articolate ed esaustive motivazioni illustrate nella nota estesa in data 6 luglio 2021 si fondavano su questi elementi: 1) il summenzionato procedimento penale, di particolare complessità, veniva assegnato al collegio in seguito all'astensione del presidente della sezione, con provvedimento del presidente del tribunale; 2) siffatto procedimento penale era in corso dinanzi al collegio da oltre 3 anni, senza che alcuna questione fosse mai stata in precedenza sollevata rispetto all'incarico di commissario straordinario per la gestione del comune di Acireale conferito al coniuge della presidente del collegio stesso con provvedimento della presidenza della regione Sicilia emesso in data 29 marzo 2018 e a quello di commissario straordinario per la riparazione e la ricostruzione degli immobili colpiti dal sisma del dicembre 2018 conferito al medesimo soggetto dal Presidente del Consiglio dei ministri il 5 agosto 2019.
  Gli esposti elementi conducevano alla conclusione della insussistenza delle gravi ragioni di convenienza indicate nell'articolo 36 comma 1 lettera
h) del codice di procedura penale in considerazione della assenza di qualsiasi circostanza che avesse potuto influire sulla capacità di sereno giudizio della presidente del collegio e degli altri membri dell'organo giudicante.
  In quest'ottica va altresì rammentato che, successivamente alla nota estesa in data 6 luglio 2021, non veniva presentata alcuna dichiarazione di ricusazione nei confronti dei componenti dell'organo giudicante dagli imputati e il dibattimento proseguiva senza ulteriori incidenti, tanto è vero che all'udienza celebrata in data 28 febbraio 2023 il pubblico ministero presso il tribunale di Catania formulava e illustrava le proprie conclusioni.
  Tutto quanto sinora esposto nel dettaglio fa risaltare l'assenza nella vicenda concreta tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo dei «... presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso il tribunale di Catania ...».

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   MAIORANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177 il Corpo forestale dello Stato, forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nonché nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare, è stato assorbito dall'Arma dei Carabinieri che è subentrata nei rapporti giuridici attivi e passivi dell'ente disciolto integrandone i reparti nella propria struttura organizzativa;

   l'Arma dei Carabinieri è subentrata anche come datore di lavoro degli operai forestali (a tempo determinato e indeterminato – OTD e OTI) che hanno mantenuto lo status di personale civile assunto a supporto dei compiti istituzionali dell'Arma (ex legge 5 aprile 1985, n. 124: «Disposizioni per l'assunzione di manodopera da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste»);

   invero le attività svolte dal personale operaio non vanno solo a supporto dei compiti istituzionali, ma spesso consistono direttamente in compiti istituzionali come elencati dall'articolo 2 della legge 6 febbraio 2004, n. 36, in forza di successive interpretazioni delle norme e soprattutto attraverso declaratorie operative;

   ciononostante al personale OTI e OTD continua ad essere applicato il Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) di diritto privato, individuato in quello degli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale ed idraulico-agraria;

   oltre all'anomalia di lavorare per lo Stato senza vantare un contratto pubblico, il personale citato non può, per esempio, fruire di tutte le tutele per l'infortunistica sul lavoro, beneficia con molta difficoltà della legge n. 104 e gli sono precluse alcune forme di congedo, non perché il contratto degli idraulici forestali non preveda dette tutele, ma perché il Protocollo aggiuntivo al contratto siglato dall'Arma con le Organizzazioni sindacali non ha previsto il recepimento di alcuni diritti in tema di infortunistica, né ha recepito i successivi aggiornamenti normativi;

   il numero complessivo dei citati lavoratori è di circa 1.500 unità e ogni anno l'Arma dei Carabinieri ha necessità di assumere personale a tempo determinato per l'assolvimento delle mansioni necessarie allo svolgimento di compiti istituzionali;

   sarebbe, pertanto, sufficiente un intervento normativo che individui le qualifiche necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali e preveda l'assunzione dei citati lavoratori come operai del Ministero della difesa, anche alla luce del fatto che vi è una corrispondenza perfetta di figure professionali, di mansionario e di retribuzione tra i profili e le declaratorie di mestiere del Protocollo Aggiuntivo al Ccnl degli Idraulici forestali con i profili professionali dei contratti di lavoro del comparto Ministeri –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza, anche normative, per l'inserimento nei ruoli del Ministero della difesa del personale OTI e OTD assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985 e successive, prevedendo una pianta organica del personale operaio destinato a svolgere mansioni presso l'Arma dei Carabinieri e disponendo l'assunzione nei ruoli attraverso un sistema di reclutamento speciale riservato al personale che già prestava la propria professionalità per il soppresso CFS ed ora presta servizio per i Carabinieri ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177.
(4-00363)

  Risposta. — Al Corpo forestale dello Stato era affidata la tutela e la gestione delle riserve naturali statali, riconosciute di importanza nazionale e internazionale, nonché degli altri beni destinati alla conservazione della biodiversità animale e vegetale.
  Con l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri, tali funzioni sono state trasferite a quest'ultima amministrazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 7, comma 2, lettera
l), e 18 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177.
  Per la gestione dei predetti beni/aree, l'Arma ha continuato ad avvalersi di personale operaio a tempo determinato (OTD) e indeterminato (OTI), assunto ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124 (con contratto di lavoro privatistico, con funzioni di addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria -
ex articolo 1 della citata legge), nel rispetto del limite normativo:

   di 500 unità per anno, valevole per il personale OTI, ai sensi del citato articolo 1 (il «contingente massimo del personale operaio a tempo indeterminato in servizio non potrà mai superare nel periodo considerato l'equivalente di 500 unità per anno»);

   imposto dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per il personale OTD (il quale introduce il limite del 50 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per le assunzioni di personale a tempo determinato).

  Le assunzioni e il trattamento economico del citato personale trovano la propria disciplina nelle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) e del collocamento (è esclusa l'acquisizione della qualifica di «operaio dello Stato», ex articolo 1, comma 8, della citata legge 124 del 1985).
  Nello specifico, il rapporto di lavoro del personale OTI e OTD si caratterizza, come detto, per la natura privatistica, essendo quindi regolato da un Ccnl di diritto privato (relativo agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria), che l'amministrazione recepisce (in conformità alla vigente legislazione), previo confronto con le Organizzazioni sindacali (Oo.ss.) di categoria, attraverso un «Protocollo aggiuntivo di recepimento del Ccnl», concernente la parte normativa del contratto, la quale costituisce il 2° livello di contrattazione.
  Parte del menzionato «Protocollo aggiuntivo» è costituita dall'allegato relativo ai «Profili e declaratorie di mestiere», riportante le mansioni di inquadramento del citato personale, confacenti all'attività dell'amministrazione (approvato con decreto ministeriale 2 febbraio 1996, contestualmente al protocollo aggiuntivo del 15 gennaio 1996).
  Per gli aspetti economici derivanti dal Ccnl, l'amministrazione provvede tempestivamente agli adeguamenti delle retribuzioni del personale in questione (l'ultimo Ccnl di riferimento è stato rinnovato in data 9 dicembre 2021 e ad esso è stato dato immediato seguito, mediante adeguamento delle retribuzioni del personale OTI e OTD nei termini ivi stabiliti).
  Per la parte normativa, invece, è stato aperto – ed è attualmente in atto – il confronto con le Oo.ss. di categoria per il rinnovo del «Protocollo aggiuntivo», nell'ambito del quale è stata già raggiunta una condivisione di massima su una piattaforma di proposte, che prevede:

   una revisione migliorativa dell'orario di lavoro giornaliero, della disciplina della pausa pranzo e della relativa corresponsione del buono pasto;

   l'aggiunta di un giorno di permesso retribuito per motivi familiari e/o personali, e di tre giorni di assenza retribuita per decesso di coniuge e/o familiare;

   l'integrazione, da parte dell'amministrazione, della percentuale INAIL per gli infortuni sul lavoro;

   la possibilità di retribuire le ore di straordinario fino al 50 per cento delle ore effettuate;

   la revisione in senso migliorativo dell'indennità di missione.

  Tanto premesso, ferma restando l'importanza dell'apporto professionale fornito da tali lavoratori nell'espletamento delle attività loro demandate a tutela della biodiversità e dell'ambiente in generale, la possibilità di un loro inserimento nella pubblica amministrazione presuppone il superamento di un concorso pubblico, come previsto dall'articolo 97 della Costituzione.
  Per quanto attiene, più specificamente, all'inserimento nei ruoli del personale civile della Difesa, si deve tenere conto delle vigenti limitazioni normativamente previste in materia di
turnover.
  Si fa riferimento, in particolare, alla legge 31 dicembre 2012, n. 244, recante «delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia», che prevede la riduzione delle dotazioni organiche complessive del personale civile del Ministero della difesa a 20.000 unità, da conseguire entro l'anno 2024, mediante l'adozione di piani di riduzione graduale coerenti con la revisione dell'assetto strutturale e organizzativo del dicastero.
  In relazione a ciò l'amministrazione è impegnata in un processo continuo di ricognizione e verifica del proprio fabbisogno effettivo di personale sulla base delle qualifiche e dei profili professionali di specifico interesse per il conseguimento dei fini istituzionali cui la stessa è preposta attraverso l'utilizzo più coerente e razionale delle risorse disponibili.

Il Ministro della difesa: Guido Crosetto.


   ONORI, FEDE, MORFINO, PAVANELLI, AMATO e CHERCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 160 del 2019, recante il «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», pubblicata nel supplemento n. 45/L della Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2019, all'articolo 1, commi 627-628, istituisce il fondo per il voto elettronico con uno stanziamento di 1 milione di euro per l'anno 2020;

   tale fondo è teso a permettere la sperimentazione del voto in via digitale per gli italiani residenti all'estero e per gli elettori temporaneamente fuori dal comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche, in occasione delle elezioni politiche, elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dei referendum abrogativi e dei referendum costituzionali;

   il fondo in questione è stato utilizzato per le elezioni amministrative tenutesi nel 2022 come da decreto-legge n. 41 del 2022, convertito con modifiche dalla legge 30 giugno 2022, n. 84;

   l'introduzione del voto per via telematica è, di particolare importanza per gli italiani residenti all'estero e iscritti all'apposito registro dell'Aire (Anagrafe degli italiani presidenti all'estero) che, attualmente, votano nella circoscrizione estera per corrispondenza:

   tale sperimentazione, portata a termine con le votazioni dei Comites (Comitati degli italiani all'estero) del dicembre 2021, potrebbe essere utile anche per l'introduzione del voto elettronico in vista di future elezioni, come ad esempio quelle del Parlamento europeo nel 2024;

   sulla base dell'analisi condotta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a seguito delle recenti votazioni Comites, è possibile affermare che l'utilizzo del voto elettronico a distanza è attuabile per l'elezione dei Comites, perché anche in caso di attacchi o manomissioni non si ravvisa un livello di rischio tale da inficiare la gestione di questo specifico evento elettorale, tenuto conto della sua natura diffusa, in modo analogo a quanto avviene per i comuni in Italia;

   sempre secondo la menzionata relazione del Maeci, dal punto di vista tecnico, a oggi andrebbe ulteriormente approfondita l'estensione della sperimentazione ad altre tipologie di eventi elettorali (elezioni politiche, referendum, elezioni europee), al fine di verificare le risorse necessarie per garantire l'affidabilità del sistema e la sua sicurezza –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti;

   come intendano procedere al fine di consentire la continuazione delle menzionate sperimentazioni sul voto digitale così come l'acquisizione delle tecnologie necessarie, nel breve periodo, per assicurare il rispetto delle norme riconducibili al procedimento elettorale, per loro natura connesse ai dettami costituzionali di segretezza e personalità del voto;

   se ritengano opportuno condividere una previsione in merito ai tempi necessari per l'elaborazione di un modello che possa essere utilizzato già alle prossime elezioni del Parlamento europeo previste per il 2024.
(4-00469)

  Risposta. — Il sistema di voto elettronico, testato durante l'elezione dei Comites del 2021, ha registrato un primo esito positivo, consentendo di verificare importanti e delicati aspetti sulla futura percorribilità del voto elettronico, in particolare a tutela dei principi costituzionali di personalità, eguaglianza, libertà e segretezza del voto.
  L'analisi delle varie criticità rilevate ha permesso di identificare alcune soluzioni tecniche che, a seguito di ulteriori sviluppi di progettazione, potrebbero rendere possibile l'utilizzo del voto elettronico per le prossime elezioni dei Comites del 2026.
  Per approfondire i principali nodi relativi al voto elettronico, il direttore generale per gli italiani all'estero della Farnesina si è recentemente recato in missione a Parigi, dove ha avuto consultazioni tecniche con gli omologhi funzionari del Quai d'Orsay.
  La Francia ha infatti sperimentato e utilizza il voto digitale da remoto per le elezioni dei Consigli dei francesi all'estero e per l'elezione dell'Assemblea nazionale.
  Con riferimento all'estensione del voto elettronico ad altre tipologie di elezioni, come elezioni politiche,
referendum ed elezioni europee, il Governo sta approfondendo con attenzione questa possibilità.
  Sono necessarie adeguate risorse finanziarie per lo sviluppo di una piattaforma sicura e affidabile, in grado di gestire un corpo elettorale sensibilmente più elevato rispetto a quello incluso nella sperimentazione dell'elezione dei Comites.
  L'introduzione sperimentale del voto in via digitale, per cui nel 2019 era stato previsto e stanziato a favore del Ministero dell'interno un fondo dedicato, non è stata possibile in occasione delle consultazioni elettorali anticipate del 2022, anche alla luce della situazione internazionale e dei rischi correlati in termini di sicurezza cibernetica. Il Ministero dell'interno ha elaborato un documento di analisi dei rischi sulle soluzioni del voto digitale, attualmente in fase di perfezionamento in raccordo con l'Agenzia nazionale per la cybersicurezza.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   PASTORELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   diversi comuni italiani a partire dal 2019 hanno attivato un servizio online di rilascio di certificati anagrafici tramite le proprie banche dati locali, cui potevano accedere, previa idonea identificazione, i singoli cittadini nonché, con apposite convenzioni, categorie interessate quali notai e gli avvocati;

   in alcune città il servizio è stato poi esteso tramite convenzione anche ad altri soggetti quali, a titolo esemplificativo, edicole e tabaccai, che, quindi, accedevano al servizio per conto terzi;

   a seguito dell'istituzione dell'Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente), avvenuta il 19 dicembre 2012, e del relativo subentro dei comuni, a decorrere dal 2020 il servizio online è stato riconfigurato con interrogazione telematica dell'Anpr e non più della banca dati locale;

   con decreto del Ministro dell'interno 3 novembre 2021, d'intesa con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transazione digitale e con il Ministro per la pubblica amministrazione, sono state disciplinate le «Modalità di erogazione, da parte dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, dei servizi telematici per il rilascio di certificazioni anagrafiche online e per la presentazione online delle dichiarazioni anagrafiche»; l'articolo 2, comma 2, del suddetto decreto, prevede che «il servizio consente all'iscritto in Anpr di richiedere il rilascio di un certificato per se stesso o uno dei componenti della propria famiglia anagrafica»;

   a seguito di alcuni profili di criticità riscontrati dal Garante per la protezione dei dati personali, il Ministero dell'interno ha fornito ulteriori indicazioni ai comuni in ordine alle modalità di accesso e al rilascio dei certificati anagrafici telematici tramite l'Anpr;

   da ultimo, con circolare 31 ottobre 202, n. 115, il Ministero dell'interno ha chiarito che «è esclusa la possibilità per il richiedente di acquisire, accedendo alla piattaforma Anpr con la propria identità digitale, certificati relativi a soggetti terzi, diversi da quelli indicati dalla predetta norma» e ha evidenziato profili di criticità anche con riferimento ai servizi di erogazione dei certificati anagrafici per conto terzi tramite convezioni; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede infatti che l'accesso ad Anpr avvenga esclusivamente mediante dispositivi di sicurezza (certificato identificativo della postazione, smartcard e credenziali di accesso) assegnati dal Ministero ai sindaci ed ai dipendenti dell'amministrazione comunale preposti all'accesso all'Anpr, preventivamente censiti ed autorizzati, che sono strettamente personali e non cedibili;

   in tale contesto, è utile rilevare che né l'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD), che ha istituito l'Anpr, né di conseguenza il decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194, disciplinavano il trattamento strumentale al rilascio di certificati da parte di soggetti diversi dal Ministero dell'interno e dai singoli comuni;

   di conseguenza, i comuni hanno provveduto a sospendere l'erogazione del servizio online di rilascio di certificazione anagrafici tramite la banca dati Anpr conto terzi, ivi compresi i servizi in convenzione con consigli degli ordini, edicole, imprese di pompe funebri, agenzie di intermediazione e tabaccai; alcuni comuni hanno inoltre deciso di riattivare le proprie banche dati locali per l'erogazione dei certificati anagrafici, come avveniva ante 2020;

   si torna dunque alla frammentazione di database locali, che creava lentezze ed inefficienze, e viene meno un servizio che rispondeva all'esigenza di potenziare i servizi di prossimità e di scaricare gli uffici comunali da un servizio a basso valore aggiunto e velocizzare così i tempi di attesa per altri servizi –:

   se si intenda intervenire al fine di permettere il trattamento strumentale al rilascio di certificati – su richiesta degli interessati o di chi detiene un interesse qualificato – da parte di soggetti diversi dal Ministero dell'interno e dai singoli comuni, e se si ritenga a tal fine necessaria la modifica delle norme primarie che disciplinano l'Anpr.
(4-00420)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame si fa riferimento alla circolare ministeriale n. 115 del 2022, recante le «Modalità di rilascio dei certificati anagrafici telematici tramite l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr)», a seguito della quale alcuni comuni hanno sospeso in via cautelativa le convenzioni precedentemente stipulate per il rilascio di certificazioni anagrafiche on-line con soggetti terzi (ad esempio edicole e tabaccherie) e hanno interrotto anche il servizio di certificazione on-line erogato ad alcuni ordini professionali, quali avvocati e notai.
  Con la predetta circolare è stato precisato che il decreto del Ministro dell'interno del 3 novembre 2021, recante le «Modalità di erogazione da parte dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente dei servizi telematici per il rilascio di certificazioni anagrafiche on-line e per la presentazione on-line delle dichiarazioni anagrafiche», prevede che il certificato anagrafico possa essere richiesto dall'interessato soltanto «per sé stesso o uno dei componenti della propria famiglia anagrafica».
  È stato inoltre chiarito che, a norma dell'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale), il rilascio di certificati telematici è affidato esclusivamente all'Anpr, che assicura ai comuni la disponibilità dei dati per lo svolgimento delle proprie funzioni. I comuni possono quindi rilasciare certificati anagrafici, anche allo sportello, avvalendosi delle funzionalità rese disponibili dal sistema Anpr, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
  Al riguardo, è stata esclusa la possibilità di consentire l'affidamento del servizio per il rilascio di certificazioni
on-line da parte di soggetti terzi convenzionati con i comuni.
  Infatti, a seguito di specifici approfondimenti, è emerso che le modalità tecniche utilizzate per rendere disponibile tale servizio non sono coerenti con le disposizioni in materia di sicurezza individuate nell'allegato C del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194, che descrive le caratteristiche della piattaforma Anpr e le misure adottate per garantire l'integrità e la riservatezza dei dati scambiati e conservati, la sicurezza dell'accesso ai servizi e il tracciamento delle operazioni effettuate.
  Peraltro, il servizio di rilascio di certificazioni anagrafiche non appare motivato dalla necessità di utilizzare tali documenti per lo svolgimento di attività lavorative o professionali da parte dei predetti esercizi commerciali.
  Con riferimento alla fruizione del servizio di certificazioni
on-line da parte degli avvocati, invece, si segnala che il Ministero dell'interno ha intrapreso un'attività istruttoria con i rappresentanti del dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la rapida definizione di un applicativo informatico che consenta l'erogazione del servizio di certificazione on-line per gli avvocati iscritti al Consiglio nazionale forense, attraverso l'utilizzo della Piattaforma digitale nazionale dati (Pdnd), alla quale Anpr è già collegata.
  Lo schema di decreto interministeriale da adottare, ai sensi dell'articolo 62, comma 6-
bis del predetto codice dell'amministrazione digitale, per regolare tale nuovo servizio, preliminarmente condiviso con le amministrazioni concertanti, è stato trasmesso al garante per la protezione dei dati personali per l'acquisizione del relativo parere.
  Ciò premesso, si rappresenta che sono state adottate apposite iniziative al fine di estendere la disponibilità del patrimonio informativo contenuto in Anpr.
  In particolare, è stata realizzata la piattaforma informatica «Accordi di fruizione», per consentire alle pubbliche amministrazioni di accedere ai dati anagrafici per la verifica delle autocertificazioni e per lo svolgimento delle finalità istituzionali. Sono già stati attivati accordi in tal senso con la Camera dei deputati, la Presidenza del Consiglio dei ministri, i Ministeri dell'interno, della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, l'Avvocatura generale dello Stato, l'Agenzia delle entrate e quella delle dogane e dei monopoli, le regioni Veneto, Emilia-Romagna e Basilicata.
  Come riferito sopra, è stata realizzata anche l'integrazione dell'Anpr con la piattaforma digitale nazionale dati – istituita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 50-
ter dei Codice dell'amministrazione digitale – che attualmente consente la fruizione dei dati anagrafici da parte dell'Agenzia delle entrate, dell'Inps, della motorizzazione, della regione Emilia-Romagna e dell'agenzia per l'Italia digitale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Wanda Ferro.


   PELLICINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi le associazioni sindacali dei vigili del fuoco della provincia di Varese hanno dato pubblica comunicazione delle difficilissime e insostenibili condizioni in cui si trova a operare, ormai da troppo tempo, il Comando provinciale dei vigili del fuoco di Varese;

   in particolare è stata denunciata la preoccupante carenza di personale in forza a detto comando, aggravata dalla cronica mancanza di autisti;

   la carenza di personale ha fatto sì che, al fine di garantire il soccorso nella provincia di Varese nell'anno 2022, siano state impiegate 2533 ore di lavoro straordinario mensili per un totale 30.396 annuali;

   dal dicembre 2022, però, con la fine dell'emergenza COVID-19, sono state tolte le risorse straordinarie necessarie a garantire il soccorso, terrestre e aeroportuale. Durante il periodo pandemico, infatti, era stata autorizzata una deroga all'articolo 79 del regolamento di servizio che prevede il richiamo a straordinario in determinate situazioni;

   i problemi sopra descritti hanno comportato una sistematica chiusura del distaccamento di Somma Lombardo, nonché una riduzione ai numeri minimi del personale in forza a tutte le sedi del Comando provinciale, con eliminazione di importanti supporti come l'autobotte del distaccamento di Busto/Gallarate e con la riduzione del personale presso la sede di Varese, che, con i mezzi speciali, offre il supporto a tutta la provincia;

   resta inoltre in bilico l'operatività del distaccamento di Saranno, a volte lasciato come semplice supporto con tre o quattro unità;

   è di tutta evidenza che una situazione di questo tipo sia insostenibile e potenzialmente pericolosa per i lavoratori, nonché per la popolazione residente –:

   quali opportune iniziative siano state messe in atto e quali intenda adottare al fine di assegnare al Comando provinciale di Varese il personale previsto dalla pianta organica del Comando medesimo, con l'obiettivo di ripristinare condizioni di lavoro dignitose per i vigili del fuoco e di garantire alla popolazione residente un soccorso efficace in ogni situazione.
(4-00280)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato nell'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente si fa presente che in base alla ripartizione della dotazione organica del Corpo nazionale, definita con decreto del Ministro dell'interno del 20 luglio 2022, al Comando dei vigili del fuoco di Varese è attribuito un organico di 502 unità di personale operativo, di cui 146 appartenenti al ruolo dei capi squadra e dei capi reparto e 356 al ruolo dei vigili del fuoco. Attualmente, il comando di Varese può contare complessivamente su 420 unità, registrando carenze di organico sia nel ruolo dei capi squadra e dei capi reparto che in quello dei vigili del fuoco.
  La questione è dunque all'attenzione del Ministero dell'interno che ha già provveduto ad assegnare 56 unità di personale al comando di Varese, a conclusione del 91° e del 92° corso di formazione di allievi vigili del fuoco, e ulteriori 53 unità del 93° corso, concluso qualche giorno fa.
  Lo scorso dicembre sono state assegnate al citato comando anche 18 unità nel ruolo dei capi squadra e capi reparto e, anche in questo caso, ulteriori assegnazioni potranno essere effettuate al termine del concorso interno relativo alle predette qualifiche.
  In merito alle risorse finalizzate a consentire il richiamo in servizio straordinario di personale del ruolo di capo squadra e capo reparto, si precisa che, per il primo trimestre dell'anno in corso, alla direzione regionale per la Lombardia è stato destinato un
plafond di 5.544 ore di straordinario, pari a circa un quinto del totale delle risorse assegnate a livello nazionale, da ripartire tra i comandi territorialmente dipendenti, sulla base delle effettive necessità. Una quota, pari a 984 ore del plafond complessivo, è stata assegnata al comando di Varese, per sopperire alle esigenze di copertura del servizio.
  Quanto poi al distaccamento di Somma Lombardo, si precisa ne è stata disposta la temporanea chiusura in quelle giornate in cui il ridotto organico effettivo non consentiva di garantire il servizio e, per il medesimo motivo, è stato sospeso il servizio di autobottepompa (ABP) del distaccamento di Busto Arsizio. Tuttavia, il servizio di soccorso è stato garantito con l'impiego delle squadre delle sedi operative limitrofe.
  Infine, con riferimento alla segnalata carenza di autisti si informa che nel febbraio dello scorso anno è stato espletato presso il comando di Varese un corso di «patente guida di III categoria», abilitante alla guida dei veicoli di soccorso pesanti in emergenza, all'esito del quale è stato possibile potenziare la composizione degli equipaggi con l'inserimento di 3 unità. A ciò si aggiunga che si è proceduto nei giorni scorsi all'assegnazione al comando di Varese di una nuova autoscala.
  Su un piano più generale, preme evidenziare che tra gli obiettivi prioritari del Governo vi è il potenziamento gli organici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco da attuare con il completamento dei concorsi in via di svolgimento e l'indizione di nuovi bandi.
  A tal fine il Governo, nonostante l'attuale congiuntura economica, con l'ultima legge di bilancio ha reperito significativi risorse finanziarie per le assunzioni delle forze di polizia e del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, istituendo uno specifico fondo con una dotazione di 90 milioni di euro per l'anno in corso, 95 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e ulteriori somme progressivamente incrementate negli anni fino a superare i 125 milioni annui a decorrere dal 2033.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Emanuele Prisco.


   PORTA, AMENDOLA, BOLDRINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   Secondo la «United Nations Conference on Environment and Development, UNCED» di Rio de Janeiro tenutasi nel 1992, l'utilizzo delle risorse forestali deve avvenire senza ledere i principi di conservazione e sviluppo delle stesse foreste, attribuendo la stessa importanza alla protezione dell'ambiente, allo sviluppo economico e a quello sociale. Inoltre, la New York Declaration on Forests, del 23 settembre 2014, oltre a suggerire azioni specifiche tese a implementare la sostenibilità, propone idee per un'azione collaborativa, criteri di sostenibilità per i settori delle materie prime e il riconoscimento dei diritti e lo sviluppo delle opportunità di reddito per le popolazioni indigene;

   la foresta amazzonica è una realtà di interesse internazionale che copre circa la metà del territorio del Brasile. Di conseguenza risulta di fondamentale importanza assicurarne il mantenimento per garantire gli equilibri ambientali sia locali che globali contenendo circa il 10 per cento del patrimonio mondiale di biodiversità. In tale contesto vive anche più della metà della popolazione indigena del Brasile, cioè circa 450 mila persone. Con la Costituzione del 1988, il Brasile ha riconosciuto i diritti fondamentali delle popolazioni indigene, rispettandone l'autonomia sotto i vari punti di vista, mettendo di conseguenza il freno allo sfruttamento predatorio di quel territorio e riconoscendo l'uso esclusivo e il possesso permanente delle terre indigene ai nativi stessi pur rimanendo la proprietà dello Stato federale del Brasile, che può intervenire su tale territorio previa consultazione delle popolazioni interessate;

   nonostante tali riconoscimenti sul piano del diritto, le popolazioni indigene hanno continuato a veder negati i propri diritti e sono in essere vari conflitti tra gli indigeni stessi e le compagnie minerarie interessate allo sfruttamento di un sottosuolo molto ricco oltre alle incursioni dei minatori artigianali che penetrano illegalmente nei territori indigeni alla ricerca di metalli preziosi;

   da notizie stampa, confermate da autorevoli organismi a carattere internazionalistico, durante la presidenza Bolsonaro gli indigeni sarebbero stati flagellati dalla fame a causa delle attività minerarie illegali dei «garimpeiros», nel Roraima. Tale situazione ha portato a malnutrizione e morte, tanto che si calcola che, negli ultimi anni, ogni 60 ore muoia un bambino Yanomami, sotto i 5 anni, per fame e malattie correlate, contando complessivamente ben 570 bambini deceduti. Le attività illecite hanno modificato l'equilibrio ambientale portando ad una catastrofe umanitaria denunciata da varie organizzazioni, soprattutto cattoliche, che hanno portato a provvedimenti inascoltati da parte del Governo Bolsonaro, favorevole allo sfruttamento minerario;

   in questi giorni, data la condizione umanitaria, il nuovo Presidente Lula ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria e la Ministra dell'ambiente ha deciso di attivarsi per cacciare i «garimpeiros» dalle terre indigene che avevano costruito anche ben 40 piste di atterraggio illegali;

   sempre da notizie stampa, come quelle contenute in un ampio e dettagliato reportage della rivista «Reporter Brasil», si rileva che l'oro estratto illegalmente da questi minatori altrettanto illegali sia stato acquistato da un'azienda italiana legata alla lavorazione dell'oro –:

   quali iniziative intendono adottare i Ministri interrogati, ognuno per la propria competenza, affinché vengano implementati gli accordi internazionali in vigore per assicurare la sostenibilità e la tutela delle popolazioni indigene e venga aiutato il popolo Yanomami ad uscire dall'emergenza, nonché al fine di rafforzare la rete di controllo sulla filiera dei prodotti provenienti dall'estero, in maniera che siano chiare ed evidenti le certificazioni richieste sul piano internazionale, per assicurare un Made in Italy che rispetti l'eticità dell'origine dei prodotti secondo norme internazionali universalmente acclarate.
(4-00379)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è al corrente della delicata situazione degli Yanomami, popolazione indigena (30-35.000 persone) che vive in un'area che si estende per circa 97 mila chilometri quadrati nella regione del Roraima, in Brasile, al confine con il Venezuela.
  L'attività dei cosiddetti
garimpeiros (circa 20 mila cercatori d'oro su scala non industriale, dediti all'estrazione mineraria illegale) sta inquinando gravemente i corsi d'acqua della regione e diffondendo, nelle popolazioni Yanomami rivierasche, malattie derivate dall'inquinamento da mercurio utilizzato nell'estrazione dell'oro. Inoltre, come riportato dalla stampa brasiliana, la regione di Roraima è attraversata da una delle principali «rotte» del narcotraffico, ulteriore grave problema e seria minaccia alla sicurezza del popolo Yanomami.
  Il Governo brasiliano, per tutelare la popolazione indigena e contrastare l'attività dei
garimperos, sta impiegando sia la polizia federale che le forze armate e sta adottando misure tese a migliorare le condizioni di vita degli indigeni. Tra queste, la costruzione di pozzi artesiani e di cisterne per raccogliere l'acqua piovana e la creazione di un sistema di comunicazione all'interno del territorio Yanomami. In tale contesto, le autorità brasiliane hanno provveduto ad installare un nuovo ospedale da campo, che eviterà il trasferimento delle persone in stato fisico precario dalla foresta alla città di Boa Vista. Inoltre, è stata disposta la chiusura dello spazio aereo sopra il territorio Yanomami, per impedire ai criminali di portare rifornimenti, con piccoli aerei, ai numerosi sodali presenti nella regione.
  L'azione del Governo italiano nei diversi contesti internazionali è da sempre orientata alla tutela e alla promozione dei diritti delle categorie più vulnerabili, incluse le minoranze nazionali, etniche, linguistiche e religiose.
  Nell'ambito delle Nazioni unite, l'Italia aderisce alla Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni, adottata nel 2007, la quale prevede un sistema di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani a cui sono sottoposti periodicamente tutti gli Stati. Tale meccanismo si traduce in raccomandazioni intese a promuovere il rispetto dei diritti delle popolazioni indigene.
  Nell'azione di contrasto alle conseguenze prodotte dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale sul godimento dei diritti umani, l'Italia ha sostenuto e votato a favore della risoluzione dell'Assemblea generale del luglio 2022 che ha riconosciuto, per la prima volta, il diritto ad un ambiente sano, sicuro e sostenibile delle popolazioni più vulnerabili, comprese quelle indigene. La risoluzione è stata adottata con 161 voti a favore, incluso quello del Brasile.
  L'impegno dell'Unione europea a favore dello sviluppo sostenibile e delle popolazioni indigene trova la sua massima espressione nell'accordo, concluso il 28 giugno 2019, con il Mercato comune dell'America del sud, strumento che costituisce un punto di partenza per affrontare le questioni relative ai diritti umani, anche delle popolazioni indigene.
  L'accordo non rappresenta di per sé una soluzione a tutte le sfide relative allo sviluppo sostenibile, ma un incentivo per Paesi come il Brasile a mantenere i propri impegni in materia, in particolare per quanto riguarda l'interruzione delle attività di deforestazione illegale.
  La Commissione europea non ha presentato l'accordo al Consiglio dell'Unione europea, ritenendo necessario il rafforzamento degli impegni in materia di ambiente. Ciò anche nell'intento di individuare uno strumento giuridico – come segnalato dalla stessa Presidente della Commissione europea Von der Leyen a gennaio 2023 – che assicuri l'effettivo impegno del Brasile a migliorare la situazione ambientale relativa alla deforestazione in Amazzonia. Un approccio, questo, pienamente condiviso dal Governo italiano, come da ultimo rappresentato al Consiglio affari esteri (Commercio) del 25 novembre 2022.
  Sul piano commerciale, il Ministero delle imprese e del
made in Italy, partecipando al Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU), contribuisce pienamente agli obblighi assunti dall'Italia in esecuzione dei numerosi accordi e convenzioni adottati sul piano internazionale in tema di protezione e promozione dei diritti umani.
  L'attuazione del Piano d'azione nazionale su impresa e diritti umani (PAN-BHR), rappresenta lo strumento strategico individuato per dare attuazione ai «Principi Guida delle Nazioni unite su imprese e diritti umani», (
UN Guiding Principles on Business and Human Rights) e opera all'interno del Comitato interministeriale.
  In ambito OCSE, il Punto di contatto del Ministero delle imprese e del
made in Italy promuove le «Linee Guida destinate alle imprese multinazionali», proponendo uno standard di condotta di impresa responsabile in diversi ambiti – dal rispetto dei diritti umani, ai diritti dei lavoratori, all'ambiente – per favorire lo sviluppo sostenibile a livello mondiale.
  La normativa, non essendo l'osservanza delle linee guida obbligatoria, offre alle parti interessate la possibilità di presentare un'istanza al Punto di contatto affinché offra i propri buoni uffici, nel caso in cui queste ritengano che un'impresa, in violazione delle stesse linee guida, provochi o rischi di provocare un impatto negativo.
  Infine, a completamento del quadro normativo in ambito commerciale, con il Regolamento (UE) 2017/821 l'Unione europea ha istituito un sistema di obblighi di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio, e di cui l'Unione fornisce un elenco indicativo aggiornato trimestralmente nel quale peraltro, giova segnalare, il Brasile non è mai stato ricompreso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Maria Tripodi.


   PROVENZANO, SERRACCHIANI, MADIA, ROGGIANI, SCOTTO, SARRACINO, ORFINI, IACONO, LAUS, GHIO, GNASSI, BAKKALI, FORNARO, BOLDRINI, DE LUCA, ZINGARETTI, MALAVASI, LACARRA, MORASSUT, D'ALFONSO, SIMIANI, TONI RICCIARDI, FORATTINI, STEFANAZZI, GIANASSI, SCHLEIN, CUPERLO, ZAN, MAURI, FASSINO, ORLANDO, SCARPA, FURFARO, FOSSI, DI BIASE, GUERRA, BERRUTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, MEROLA, GIRELLI, GRIBAUDO, MARINO, ANDREA ROSSI, LAI, CIANI, MANZI, TABACCI, BRAGA, CASU, STUMPO e FERRARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da un articolo de La stampa pubblicato in data 7 febbraio 2023 che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, onorevole Fazzolari, avrebbe come priorità quella di introdurre l'insegnamento del tiro a segno nelle scuole italiane;

   nel richiamato articolo, solo parzialmente smentito, viene riportato con virgolettato la seguente affermazione attribuita al sottosegretario «dobbiamo fare un tavolo per un progetto di insegnamento del tiro a segno nelle scuole [..]»;

   il citato Sottosegretario, anche da parlamentare, è noto per la sua passione per le armi, tant'è che nella scorsa legislatura si era attivato per l'abolizione del divieto di commercializzare armi corte in 9x19;

   per quanto il tiro a segno sia una disciplina olimpica e l'Italia abbia delle riconosciute eccellenze sportive, il semplice ipotizzare che vi possa essere la proliferazione di armi all'interno dei nostri istituti scolastici desta enorme preoccupazione;

   la scuola italiana ha ben altre priorità sottovalutate da un Governo che da quando si è insediato proprio sul tema della istruzione ha alimentato solo polemiche –:

   se quanto riportato dall'articolo de La Stampa corrisponda a verità e, nel caso, se il Governo condivida l'attivismo del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nella introduzione di una disciplina che comporta l'impiego di armi all'interno del nostro ordinamento scolastico;

   quali siano gli orientamenti dell'Esecutivo sulla diffusione dell'uso delle armi nel nostro Paese.
(4-00594)

  Risposta. — Nell'interrogazione in esame, prendendo le mosse da un articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa, gli interroganti chiedono di sapere se quanto riportato nel pezzo in questione corrisponda al vero e chiedono altresì di conoscere l'orientamento del Governo sulla diffusione dell'uso delle armi in Italia.
  In merito al primo quesito, è utile una breve ricostruzione della vicenda. Lo scorso 7 febbraio il quotidiano
La Stampa, in prima pagina, ha pubblicato un articolo dal titolo «Fazzolari: insegniamo a sparare nelle scuole», Nell'articolo sono riportati presunti dettagli della conversazione intercorsa tra il Sottosegretario Fazzolari e il generale Franco Federici, consigliere militare presso la Presidenza del Consiglio nel corso della quale il primo avrebbe proposto di introdurre l'insegnamento del tiro a segno nelle scuole.
  Il colloquio tra il sottosegretario Fazzolari e il generale Federici ha avuto luogo nelle sale di Palazzo Chigi, a margine di un incontro tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Primo Ministro etiope Abiy Ahmed Ali, al quale hanno preso parte numerosi giornalisti.
  L'articolo pubblicato da
La Stampa reca la firma di Ilario Lombardo, non presente sul posto e impossibilitato quindi a poter carpire alcunché della conversazione tra Fazzolari e Federici. Nessuno dei giornalisti presenti, invece, ha riportato in alcun modo tale presunta notizia.
  Sia il sottosegretario Fazzolari che il Generale Federici, con proprie note ufficiali, hanno prontamente smentito la notizia e il contenuto del colloquio così come presentato da
La Stampa. La notizia risulta quindi essere priva di ogni fondamento.
  L'orientamento del Governo sull'uso delle armi in Italia è di conferma delle disposizioni vigenti.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alfredo Mantovano.