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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 15 febbraio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nel 1978 con la legge n. 833 l'Italia ha istituito il Servizio sanitario nazionale ancora oggi questa legge rappresenta e deve rappresentare, dopo 45 anni, un pilastro fondamentale del sistema di welfare, in coerenza con l'articolo 32 della Costituzione;

    ancora oggi non è pienamente realizzata universalità e l'equità nella sanità pubblica che deve garantire a tutti il diritto alla salute e alle cure, l'accesso egualitario ai servizi, l'universalità e l'adeguato finanziamento pubblico;

    l'impatto della pandemia da Covid ha colpito fortemente il nostro sistema sanitario nazionale: ha comportato la diminuzione della speranza di vita, ha inciso pesantemente sul disagio psicologico tra le ed i giovani, ha causato l'ulteriore appesantimento delle liste d'attesa per visite, esami ed interventi;

    negli ultimi dieci anni precedenti al Covid si è assistito ad una riduzione dei finanziamenti per il Servizio sanitario nazionale pari a 37 miliardi di euro, mentre il fabbisogno sanitario nazionale è aumentato di soli euro 8,2 miliardi, riduzioni di risorse che hanno contribuito ad una minore efficienza ed efficacia della sanità pubblica;

    durante la pandemia tutte le nazioni hanno aumentato la spesa sanitaria, ma, in tale contesto l'Italia è rimasta al di sotto della media dei Paesi dell'Unione europea;

    negli ospedali italiani la situazione si aggrava sempre più: ospedali pubblici dove si riscontrano stipendi tra i più bassi d'Europa e condizioni di lavoro sempre più dure, carenza di medici, e infermieri in fuga dal Ssn verso il privato, preferendo spesso essere pagati a gettone. Nel solo 2022 i turni appaltati in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna superano i 100 mila. L'estensione del regime forfettario IVA, fino a 85.000 euro, per i lavoratori autonomi prevista dalla manovra 2023 favorisce a incentivare l'opzione per la libera professione nel privato attraverso la diffusione di forme contrattuali diverse dal lavoro dipendente, mediate da cooperative, con aumenti dei costi e un impatto sfavorevole sull'organizzazione dei servizi;

    le carenze e i ritardi del Servizio sanitario nazionale pubblico fa sì che sempre più gli assistiti, quelli che possono permetterselo, si rivolgano al privato, gli altri, come registrato dall'Istat, rinunciano del tutto alle cure, questi sono stati 3,1 milioni nel 2019, 4,8 milioni nel 2020 per arrivare a 5,6 milioni nel 2022;

    secondo la ricerca «Pubblico e privato nella sanità italiana» condotta dall'Università degli Studi di Milano, il Ssn fornisce a «gestione diretta» solo il 63 per cento dei servizi richiesti dai pazienti (69,8 miliardi di servizi), mentre acquista dal settore privato «accreditato» il restante 37 per cento (41,5 miliardi di servizi erogati);

    secondo l'Osservatorio sui consumi privati in sanità di Sda Bocconi School of Management, in Italia i consumi sanitari privati sono un fenomeno strutturale e in crescita in misura proporzionale all'aumento del reddito. Lo sviluppo delle sanità «integrativa» ha trovato spazio proprio grazie alle difficoltà di gestione dei sistemi regionali, questo ha favorito una difformità di modelli spesso divergenti, non equi e non universalistici, né tantomeno uniformi sul territorio nazionale;

    le statistiche sanitarie segnalano che chi vive nel Sud muore in media due anni e mezzo prima di chi risiede al Nord e al Centro, la disuguaglianza delle prestazioni sanitarie sembra incidere sulle aspettative di vita almeno (se non più) delle condizioni economiche o di istruzione; con un risultato che se un bambino nasce a Caltanissetta ha 3,7 anni in meno di aspettativa di vita di chi è nato a Firenze e la speranza di vita in buona salute segna un divario di oltre 12 anni tra Calabria e provincia di Bolzano;

    L'associazione «Libera» ha segnalato come in Italia, negli ultimi tre anni, il 13 per cento degli episodi di corruzione ha riguardato il settore della sanità, con casi che riguardano forniture di farmaci, apparecchiature mediche, strumenti medicali e servizi di pulizia, mentre secondo un sondaggio di Transparency International Italia un dipendente su quattro (28 per cento) ritiene ci sia corruzione all'interno della propria azienda sanitaria;

    è indifferibile programmare rapidamente un intervento straordinario e strategico, non di natura emergenziale, in grado di proporre delle soluzioni strutturali, prontamente attuabili ed idonee ad affrontare nell'immediato la carenza di personale sanitario e la oggettiva crisi finanziaria di cui, da ormai tre anni versano i Sistemi sanitari regionali che si riverbera sulle prestazioni ai cittadini;

    nel documento sul personale del Sistema sanitario italiano pubblicato dal Ministero della salute ad agosto 2022 le unità in servizio nelle strutture pubbliche del Ssn sono passate dalle 888.367 del 2000 alle 617.466 del 2020, ripartite come segue: 72,3 per cento ruolo sanitario; 17,8 per cento ruolo tecnico; 9,7 per cento ruolo amministrativo e lo 0,2 per cento ruolo professionale. Nell'ambito del ruolo sanitario il personale medico era di 103.092 unità, mentre gli infermieri erano 276.257 con un rapporto di 2,6 infermieri per ogni medico. Il Servizio sanitario nazionale ha una media di 4,63 infermieri per 1000 abitanti contro i 10,8 della Francia e i 13,2 della Germania;

    è necessario finanziare il rinnovo del contratto del personale sanitario, 2022-2024, mentre solo in data 2 novembre 2022 l'Aran e le parti sindacali hanno definitivamente sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2019/2021, serve quindi una spesa sanitaria oggi, in rapporto al Pil relativamente bassa al 6,5 per cento contro il 7,8 per cento della media Eu, il 9,6 per cento della Germania e il 9,4 per cento della Francia;

    una delle conseguenze di politiche che continuano da anni a puntare al blocco dei contratti e del turnover è quello di dequalificare il lavoro, visto come opportunità di risparmio per la finanza pubblica e non come investimento e miglioramento della qualità dei servizi socio-sanitari erogati sia nell'ambito della prevenzione che della cura;

    il reiterarsi, negli ultimi anni, delle manovre finanziarie di contenimento della spesa ed in particolare dei vincoli relativi alle assunzioni ha determinato nel tempo una grave carenza di personale del Sistema sanitario nazionale, che, unita ad un crescente innalzamento dell'età media, ha portato inevitabilmente ad un forte deterioramento delle condizioni di lavoro; inoltre, un numero sempre minore di professionisti appare disposto ad accettare il classico contratto di lavoro a tempo indeterminato, preferendo forme di rapporto lavorativo atipiche, favorite anche da flax tax. Da queste situazioni deriva che, sempre più di frequente, per garantire la funzionalità minima dei servizi, le aziende del Servizio sanitario nazionale ricorrano a forme diverse di esternalizzazione. Ecco perché si sta affermando sempre di più il fenomeno del ricorso ad appalti esterni, da parte delle aziende e degli enti, per garantire i servizi assistenziali. L'uso distorto delle esternalizzazioni, infatti, non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta anche gravi criticità in termini di sicurezza e qualità delle cure, sia perché non sempre si offrono adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia per la ridotta fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche. Da specifici controlli sulle cooperative di fornitura dei servizi sanitari, sono emerse frodi e inadempimenti delle funzioni pubbliche, per aver inviato personale in attività di assistenza ausiliaria presso ospedali pubblici in numero inferiore rispetto a quello previsto dalle condizioni contrattuali con l'azienda ed impiegato semplice personale ausiliario privo dei prescritti titoli abilitativi e anche personale medico non specializzato per l'incarico da ricoprire; accertata infine, anche la fornitura di medici da parte di cooperative con età anagrafica superiore a quella stabilita per contratto, anche sopra i 70 anni, ed è stato accertato l'impiego di risorse umane non adatto a esigenze di specifici reparti ospedalieri;

    la missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), relativa alla salute destina risorse al potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché attraverso gli ospedali di comunità; in tale contesto è stato emanato il cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, ma la carenza di medici e più in generale di personale sanitario rischia di impedire l'attuazione effettiva di quanto recato dalla Missione 6 del Pnrr;

    la legge di bilancio 2023 prevede l'incremento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) 2,15 miliardi di euro per il 2023, 2,3 miliardi di euro per il 2024 e 2,5 miliardi di euro dal 2025, ma una quota dell'incremento del 2023, pari a 1,4 miliardi di euro, è destinata a contribuire ai maggiori costi determinati dall'aumento dei prezzi delle fonti energetiche questo significa che il Fondo subisce una riduzione e che nell'orizzonte della programmazione finanziaria non sembra essere contemplato un potenziamento del sistema sanitario. La spesa sanitaria programmatica stimata si riduce fino al 6,1 per cento del Pil nel 2025, un valore inferiore anche rispetto al periodo prepandemia che era al 6,4 per cento nel 2019, rispetto a una media Ue del 7,9 per cento;

    secondo il Country Health Profile dell'OCSE 2021, nel 2019 l'Italia ha speso complessivamente (tra spesa pubblica e privata) l'8,7 per cento del Pil in sanità, rispetto alla media Ue del 9,9 per cento, ma la spesa pubblica ha rappresentato solo il 6,4 per cento del Pil, mentre quella privata è stata del 2,3 per cento. La spesa pubblica pro capite ha raggiunto l'importo di 2.525 euro ed è finita al di sotto della media Ue (3.523 euro). La spesa pubblica in percentuale alla spesa sanitaria totale è stata solo del 74 per cento nel 2019, inferiore alla media Ue, che è dell'80 per cento;

    l'Italia si caratterizza per una presenza di popolazione con elevata aspettativa di vita alla nascita circa 83 anni, secondo la rilevazione Istat, ciò ha una evidente ricaduta sul Ssn che vede un costante invecchiamento della popolazione in presenza di un 23 per cento circa di over 65 e un 3,6 per cento della popolazione di over 80 che genera un aumento delle patologie soprattutto quelle croniche. In particolare si registra una rilevante incidenza delle malattie cardiovascolari, che da anni rappresentano la principale causa di morte pari a oltre il 34 per cento del totale dei decessi, secondo Istat;

    la Corte dei conti ha reso noto che sono 14 le regioni che presentano performance peggiori di quelle del 2019 nel caso degli interventi cardio-vascolari caratterizzati da maggiore urgenza e data la necessità degli interventi che dovrebbero essere eseguiti in tempi brevi e certi segnalano una grave inottemperanza;

    l'erogazione dei nuovi livelli di assistenza determinati nel 2017 non è ancora completa e gli investimenti del Pnrr richiederanno un incremento, sia pure progressivo, delle spese per la gestione dei nuovi servizi, così come si dovrebbe procedere alla ulteriore implementazione dei livelli di assistenza ad esempio inserendo in tale ambito anche la riabilitazione delle persone affette da tumori;

    a circa sei anni dall'aggiornamento dei Lea, le prestazioni relative alla protesica e alla specialistica ambulatoriale sono esigibili solo nelle regioni non in Piano di rientro che le finanziano con fondi propri, introducendo un ulteriore elemento di iniquità nel diritto alla tutela della salute;

    il divario tra le regioni è riconducibile soprattutto alla differenza dei servizi offerti dal servizio pubblico e alla riduzione dell'attività di specialistica ambulatoriale delle aziende sanitarie durante l'epidemia; non a caso la spesa a carico dei cittadini è aumentata principalmente nelle Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna a dimostrazione della scarsa efficienza dei sistemi sanitari di queste regioni, e segnala ancora più la distanza tra regioni del Sud e quelle del Nord;

    il numero delle famiglie che sostengono spese sanitarie aumenta: sono circa 6 milioni le famiglie costrette a limitare le spese sanitarie per motivi economici o addirittura ad annullarle del tutto con conseguenze negative sulla loro salute; la Ragioneria dello Stato nel Rapporto sul monitoraggio della spesa sanitaria ha segnalato che la spesa per prestazioni sanitarie pagate direttamente dai cittadini al di fuori del Ssn sono state pari a 37,16 miliardi di euro;

    riguardo al sostegno alla maternità tenuto conto che negli anni si è proceduto alla chiusura di numerosi punti nascita, incidendo pesantemente nelle aree svantaggiate e disagiate si è intervenuti non tenendo conto delle indicazioni e le deroghe previste dall'accordo della Conferenza Stato-regioni del 2010;

    le politiche attuate fino ad oggi sulla maternità non hanno permesso alle donne di conciliare i tempi della famiglia con i tempi del lavoro, così come risultano assolutamente insufficienti servizi e i sostegni al reddito così come si continua a non affrontare la mancata piena attuazione della legge 194 sull'interruzione di gravidanza causata anche in particolare dalla insufficienza di medici non obiettori;

    i servizi di psichiatria in Italia presentano da anni numerose criticità, negli anni scorsi si è assistito ad un calo dei dipartimenti, passati da 183 a 141, così come si registrano in calo i posti letto, ridottisi di 400 posti, una percentuale del 10 per cento; così come si assiste ad una carenza del personale che produrrà tra 2 anni la mancanza di mille psichiatri e circa 10 mila tra infermieri e altro personale; le risorse, anch'esse in calo sono ampiamente sotto la media europea, destiniamo il 2,9 per cento del Fondo sanitario mentre in sede di Unione europea si indica una percentuale del 10 per cento; contestualmente in corso una riduzione anche degli utenti passati dai 850 mila del 2017 ai 730 mila del 2020, una riduzione non dovuta certo ad una diminuzione delle patologie mentali, anzi, i problemi di salute mentale risultano in crescita costante e il Covid ha ulteriormente incrementati;

    in tale contesto non stupisce che gli italiani abbiano le idee chiarissime sulle priorità del Servizio sanitario nazionale, secondo il Censis, nel suo 56° Rapporto, il 50,9 per cento dei cittadini ha indicato l'aumento del numero di medici di medicina generale, il 46,7 generale la modernizzazione di tecnologie e attrezzature diagnostiche per accertamenti, il 45,3 per cento l'attivazione o il potenziamento dei servizi sul territorio, come le case della salute, il 39,6 per cento più posti letto negli ospedali, il 34 per cento l'attivazione dell'assistenza domiciliare digitale (teleconsulto, teleassistenza), per il 93,7 per cento degli italiani la spesa pubblica per la ricerca in salute e sanità è un investimento, non un costo;

    la medicina di genere nasce dall'idea che le differenze tra uomini e donne in termini di salute siano legate non solo alla loro caratterizzazione biologica e alla funzione riproduttiva, ma anche a fattori ambientali, sociali, culturali e relazionali definiti dal termine «genere». L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definisce il «genere» come il risultato di criteri costruiti su parametri sociali circa il comportamento, le azioni e i ruoli attribuiti ad un sesso e come elemento portante per la promozione della salute;

    la medicina di genere risponde al bisogno di una rivalutazione dell'approccio medico-scientifico in un'ottica di genere per migliorare non solo le conoscenze sui diversi aspetti alla base delle differenze di genere, ma anche l'adeguatezza dell'intervento sulla salute questa è da attivare e sostenere in via prioritaria, in quanto la valenza applicativa è stata già comprovata da evidenze cliniche, supportate dalla ricerca. Presso l'Istituto superiore di sanità è stato costituito un Osservatorio dedicato alla medicina di genere al fine di fornire al Ministro della salute i dati da comunicare annualmente alle Camere;

    l'articolo 3 della legge n. 3 del 2018 dispone l'applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale; il Ministro della salute in ottemperanza alla disposizione di legge, il 13 giugno 2019, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, è stato chiamato ad adottare con proprio decreto il piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante: divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire in modo omogeneo sul territorio nazionale la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale. Il piano, quindi, indica gli obiettivi strategici, gli attori coinvolti e le azioni previste nelle quattro aree d'intervento indicate dalla legge: percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ricerca e innovazione; formazione; comunicazione;

    il tema della mancata integrazione tra l'ambito sanitario e quello sociale, tra ospedale e territorio, questa diffusa sconnessione e la carenza di risorse strumentali e professionali, nonché la frammentarietà della rete e dell'offerta di servizi che da tempo segnano il dibattito sull'appropriatezza del welfare territoriale, sono diventate questioni ancor più evidenti nella drammatica emergenza legata alla pandemia da COVID-19;

    l'emergenza sanitaria legata alla pandemia ha posto ancor più in evidenza come la salute di territorio abbia bisogno di una profonda riorganizzazione, nell'ottica di un sistema integrato che metta al centro le persone e le comunità, attraverso la promozione dei servizi sanitari e sociosanitari di prossimità nella logica del lavoro di rete dei presidi territoriali;

    devono essere programmate risorse aggiuntive per lo sviluppo della rete territoriale finalizzata principalmente alla prevenzione e alla deospedalizzazione e a garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale l'appropriatezza delle prestazioni. Occorre investire oggi sul personale, sull'assistenza domiciliare e territoriale, nella consapevolezza che questi ambiti possono davvero consentire nel prossimo futuro importanti risparmi al Servizio sanitario nazionale, oltre che evidenti benefici alla collettività e un ritorno occupazionale indispensabile;

    una delle conseguenze di politiche che continuano da anni a puntare al blocco dei contratti e del turnover è quello di dequalificare il lavoro, visto sempre più come opportunità di risparmio e non come investimento e occasione di miglioramento della qualità dei servizi socio-sanitari erogati;

    sul futuro del Servizio sanitario nazionale, come espresso dalla legge 833 del 1978, si inserisce la proposta del Governo sull'autonomia differenziata; considerando che il diritto alla tutela della salute oggi è nei fatti condizionato da disuguaglianze e iniquità tra i 21 sistemi sanitari delle regioni e province autonome, una autonomia differenziata come proposta dal Governo inevitabilmente è destinata ad amplificare le diseguaglianze di un Ssn, oggi universalistico, senza un contestuale reale capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle regioni. Il regionalismo differenziato rischia di legittimare e sancire definitivamente nonché normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute che deve essere assicurato uniformemente sull'intero territorio nazionale e questo dovrebbe essere l'obiettivo prioritario;

    i provvedimenti varati per fronteggiare per assicurare la continuità produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, che attraverso le attività hanno provocato e provocano danni alla vita e alla salute di cittadini e lavoratori oltre che devastazione ambientale ampiamente documentati sin dagli anni '70, hanno garantito la continuità produttiva, ma non la salute dei cittadini, in particolare dei minori, dei lavoratori e la tutela dell'ambiente, così come documentato da tutti gli studi ad oggi pubblicati; operando nel suo complesso un evidente sbilanciamento nella tutela del diritto costituzionalmente tutelato della salute,

impegna il Governo:

1) a garantire che il Servizio sanitario nazionale pubblico e universalistico sia tale in piena attuazione della legge n. 833 del 1978 nonché dell'articolo 32 della Costituzione, in particolare adottando iniziative volte a prevedere un finanziamento del Fondo sanitario nazionale in linea con la media delle risorse stanziate dai Paesi dell'Unione europea, assicurando un livello di risorse che garantiscano l'effettiva erogazione dei livelli essenziali di assistenza uniforme su tutto il territorio nazionale e la loro ulteriore implementazione;

2) a recedere dall'intervento normativo in materia di autonomia differenziata e al contempo ad assumere tutte le iniziative necessarie, anche di aumento delle risorse economiche, al fine di garantire uniformità dei livelli delle prestazioni e universalità al diritto alla salute in coerenza con il dettato costituzionale;

3) ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza, ampliando le patologie riconosciute, assicurando progetti di assistenza individualizzati, ad esempio inserendo nei Lea i percorsi riabilitativi per malati oncologici e l'adozione del nomenclatore tariffario;

4) ad individuare le necessarie risorse da destinare al rinnovo del contratto nazionale di lavoro del personale sanitario anni 2022-2024;

5) ad adottare iniziative volte a destinare risorse adeguate finalizzate alla piena attuazione della Missione 6 del PNRR per garantire l'assistenza territoriale, nonché la spesa di personale dipendente da assumere nelle case e negli ospedali di comunità, da reclutare anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente;

6) a completare l'informatizzazione del Sistema sanitario nazionale, entro la scadenza per l'attuazione dell'Agenda digitale fissata per il 2026 tenuto conto che dei 13 miliardi di euro destinati alla digitalizzazione e la connettività, 6,74 sono destinati alla pubblica amministrazione, attuando su tutto il territorio nazionale il fascicolo sanitario elettronico, le ricette digitali, la dematerializzazione di referti e cartelle cliniche, le prenotazioni e i pagamenti on-line;

7) ad adottare tutte le iniziative necessarie a limitare al massimo il ricorso all'intramoenia, attuando quanto previsto dalla normativa in materia che dal 2007 prevede infatti il progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, per impedire che l'attività intramuraria sia derivante da una carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale, con ricadute dei costi sui cittadini e sulla sanità pubblica;

8) ad assumere iniziative che contrastino il ricorso ai cosiddetti medici a gettone attraverso cooperative per i servizi ospedalieri che le aziende sanitarie locali non sono in grado di soddisfare con particolare riferimento ai pronto soccorso, in quanto l'uso distorto delle esternalizzazioni non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta gravi criticità in termini di sicurezza, continuità e qualità delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia per la ridotta fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche;

9) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, per compensare le attuali disuguaglianze assistenziali territoriali e colmare la distanza tra i tradizionali luoghi di cura e la quotidianità dell'assistito, rafforzando la rete sanitaria e sociosanitaria nel territorio con migliori servizi di assistenza primaria e con una più stretta collaborazione con il terzo settore e, più in generale, con l'intera collettività;

10) ad adottare le iniziative di competenza perché la riorganizzazione della rete di medicina territoriale favorisca, attraverso l'azione congiunta delle diverse figure disciplinari e professionali (Mmg, Pls, infermieri, specialisti ambulatoriali, operatori sociali, e altro), un modello integrato che tenga conto non solo delle dimensioni di assistenza e cura prettamente medica, ma anche delle dimensioni sociali e contestuali della persona;

11) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire che la rete ospedaliera sia affiancata da un reale e convinto sviluppo dell'assistenza territoriale, affinché avvenga in presenza di una contemporanea maggiore offerta a garanzia dei livelli di assistenza sociosanitaria distrettuale, centri aperti 24 ore su 24, assistenza domiciliare integrata, residenziale, semiresidenziale ed altro;

12) ad adottare iniziative di competenza e a reperire le risorse necessarie per assicurare adeguata dotazione di personale sanitario alle nuove strutture della rete di medicina territoriale, favorendo la stabilizzazione del personale già operante ed evitando l'esternalizzazione dei servizi socio-sanitari che i presidi sono chiamati a garantire;

13) al fine di garantire la piena erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ad avviare le opportune iniziative volte a concludere il graduale percorso di stabilizzazione del personale precario degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale;

14) a individuare risorse economiche adeguate per la formazione periodica dei medici e del personale sanitario, programmando e ridefinendo percorsi formativi in relazione ai fabbisogni attuali e futuri di professionalità mediche e sanitarie, nonché alle tipologie di fabbisogni di assistenza alla popolazione, in particolare incrementando e valorizzando le figure professionali che operano nella prevenzione e a livello territoriale;

15) a sostenere, per quanto di competenza, l'approccio clinico che caratterizza la medicina di genere interdisciplinare e trasversale in riferimento ad ogni branca e specialità, ma soprattutto pluridimensionale, secondo una visione globale del concetto di salute, attraverso l'erogazione di cure appropriate con la presa in carico della «persona» malata, tenuto conto delle caratteristiche biologiche e cliniche della malattia, anche sulla base di tutti i fattori personali, culturali e sociali che ne caratterizzano il «vissuto» ed in particolare ad assumere altresì iniziative appropriate per eliminare le discriminazioni verso le donne nel campo delle cure sanitarie ed in tale contesto a: a) riconoscere il genere come determinante fondamentale di salute, b) eliminare le disuguaglianze di genere in campo sanitario, c) fornire indicazioni sull'interfaccia farmaci/dispositivi medici e differenze di genere, d) ridurre i rischi lavoro-correlati sulla salute delle donne, e) garantire, nelle sperimentazioni cliniche di farmaci e dispositivi medici, una rappresentanza paritetica delle donne, ancora classificate come sottogruppo demografico;

16) ad adottare le iniziative di competenza volte a istituire l'Agenzia nazionale per la salute mentale, come proposto dalla Società di neuropsicofarmacologia, dalla Società italiana di psichiatria, dalla Società di neuropsichiatria infantile e dalla Federazione dei dipartimenti delle dipendenze, allo scopo di coordinare le risorse e indirizzarle in maniera adeguata secondo criteri di evidenza scientifica, omogenei da applicare in tutte le regioni in maniera uniforme i protocolli diagnostico-terapeutici anche sostenendo e avviando campagne capillari per affermare il concetto di prevenzione in tutta la popolazione;

17) ad assumere iniziative ed individuare adeguate risorse economiche per la completa e uniforme, sul territorio nazionale, attuazione della legge 29 luglio 1975, n. 405 che ha istituito i consultori come servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione nell'ambito della salute della donna e dell'età evolutiva tenuto conto che nella maggior parte dei consultori, essenziali per l'attuazione della legge 194, vede la mancanza di strumenti e carenza di personale;

18) ad adottare iniziative di competenza volte a garantire l'integrale attuazione della legge n. 194 del 1978 uniformemente su tutto il territorio nazionale assicurando alle donne il ricorso alla interruzione volontaria della gravidanza, affrontando e superando in particolare le criticità dovute all'assenza diffusa di personale sanitario non obiettore, tenuto conto della rilevanza della percentuale di medici obiettori;

19) a inviare alle competenti commissioni parlamentari con cadenza annuale una relazione dettagliata sulle azioni di promozione e di sostegno della medicina di genere attuate nel territorio nazionale, in particolare riguardo al piano sulla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, sulla formazione e pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengono conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di verificare la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale;

20) a garantire che gli interventi finalizzati ad assicurare la continuità produttiva degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale siano prioritariamente finalizzati alla tutela della salute dei cittadini, in particolare dei minori, dei lavoratori e alla tutela dell'ambiente.
(1-00069) «Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    ogni anno, il quarto sabato del mese di novembre, in Ucraina si commemorano le vittime dell'Holodomor, lo «sterminio per fame» di milioni di ucraini;

    il termine Holodomor proviene dalla espressione ucraina moryty holodom, dalla combinazione delle parole ucraine holod (carestia) e moryty (uccidere), a indicare la volontà di infliggere la morte per fame;

    anche a seguito della collettivizzazione agraria attuata dal dittatore sovietico Stalin – al fine di liquidare anche i kulaki, ossia i contadini più agiati, come coltivatori diretti e piccoli proprietari terrieri – la carestia cominciò a manifestarsi già nel 1932;

    tale situazione fu volutamente e ulteriormente aggravata da una dura politica di requisizione del raccolto e di gravi limitazioni alla mobilità per coloro che intendevano spostarsi verso la città in cerca di cibo, associata alla deportazione massiccia dei kulaki, che comportò un ulteriore drastico calo della produzione e innescando rivolte contadine in varie zone dell'Ucraina;

    l'Holodomor determinò, nel periodo gennaio-giugno 1933 circa quattro milioni di vittime rispetto alle 200.000 del 1932, distruggendo una parte significativa della popolazione della Repubblica sovietica ucraina. Si stima che un quarto della popolazione rurale, tra uomini, donne e bambini sia stata sterminata;

    l'Holodomor pertanto ebbe luogo in un contesto dominato dalla volontà di Stalin di punire con la fame e con il terrore un certo numero di gruppi nazionali ed etnico-sociali ritenuti pericolosi o potenzialmente tali e che, come tutti gli indicatori quantitativi dimostrano, tanto la punizione che il terrore toccarono, per le ragioni precedentemente elencate, il loro culmine in Ucraina, dove si trasformarono in un fenomeno qualitativamente differente da una pur tragica carestia;

    il 29 novembre 2006 il Presidente ucraino ha firmato la legge votata dalla Verchovna Rada (Parlamento ucraino) che definisce l'Holodomor un evento provocato da precise e deliberate scelte politiche, riconoscendo il quarto sabato di novembre Giorno del ricordo per commemorarne le vittime. Nel 2008 è stato aperto in Ucraina il Museo nazionale del Genocidio dell'Holodomor;

    nel recente G20 svoltosi a Bali, il presidente dell'Ucraina, intervenendo in videocollegamento, ha proposto di estendere sine die l'accordo che consente le esportazioni del grano ucraino. Un annuncio che arriva proprio in concomitanza dell'anniversario dell'Holodomor;

    come recita la Risoluzione 2019/2819(RSP) del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa «la memoria delle vittime dei regimi totalitari, il riconoscimento del retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo, nonché la sensibilizzazione a tale riguardo, sono di vitale importanza per l'unità dell'Europa e dei suoi cittadini e per costruire la resilienza europea alle moderne minacce esterne»;

    il ricordo del tragico passato che accomuna gli europei è strumento concreto per onorare le vittime e avviare un reale percorso di riappacificazione basato su verità oggettive e incontrovertibili;

    in tale prospettiva anche il riconoscimento dell'Holodomor come genocidio è elemento fondamentale dell'identità nazionale ucraina dopo lo scioglimento dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, un'identità basata sulla sofferenza e che ha perciò respinto possibili derive oppressive e favorito l'affermarsi dei valori dello Stato di Diritto, della democrazia e dell'aspirazione a entrare a far parte dell'Unione europea;

    nel corso degli anni, numerosi sono stati gli atti adottati da diversi organismi, al duplice fine di rendere noto all'opinione pubblica quanto successo al popolo ucraino nello scorso secolo per volontà del dittatore comunista Stalin e di sottrarre l'Holodomor all'inevitabile oblio. Nello specifico è opportuno evidenziare i seguenti:

     a) la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, che mette al bando il genocidio e obbliga gli Stati ad implementare l'applicazione di tale divieto;

     b) la legge ucraina concernente «l'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina», adottata il 28 novembre 2006 che commemora ufficialmente il genocidio subito dal popolo ucraino;

     c) la raccomandazione del Parlamento europeo del 20 novembre 2007 destinata al Consiglio sul riconoscimento dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932 in Ucraina, come genocidio contro il popolo ucraino;

     d) la risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2008 sulla commemorazione dell'Holodomor, la carestia artificiale del 1932-1933 in Ucraina che ha riconosciuto «l'Holodomor quale spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l'umanità»;

     e) la Dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo del 21 novembre 2007, che ha segnato l'inizio della commemorazione del 75° anniversario della grande carestia Holodomor in Ucraina;

     f) la Dichiarazione finale e le raccomandazioni della decima riunione del comitato parlamentare di cooperazione Unione europea-Ucraina, adottate il 27 febbraio 2008, che riconoscono l'Holodomor come spaventoso genocidio ai danni degli ucraini e contro l'umanità e che condannano tali atti connotati dall'annientamento di massa e dalla violazione dei diritti umani;

     g) la «Risoluzione sull'Holodomor del 1932-1933 in Ucraina» approvata dall'assemblea parlamentare dell'OSCE nella sessione annuale di Astana del 29 giugno-3 luglio 2008 e trasmessa alla Camera dei deputati il 24 luglio 2008;

     h) la Dichiarazione comune di condanna resa durante la 58a sessione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in occasione del 70° anniversario dell'Holodomor in Ucraina, sostenuta da 63 Stati, inclusi tutti gli Stati membri dell'allora Unione europea a 25;

    la molteplicità degli atti sopracitati e adottati a livello internazionale, rende evidente la necessità di promuovere ogni opportuna iniziativa al fine di non dimenticare il genocidio subito dal popolo ucraino,

impegna il Governo

a riconoscere ufficialmente e con ogni atto di competenza l'Holodomor come genocidio, adottando ogni conseguente iniziativa, d'intesa con il Parlamento della Repubblica italiana e con le istituzioni multilaterali di cui l'Italia è parte, per la promozione in Italia e all'estero della consapevolezza e del ricordo di quella tragedia.
(7-00049) «Tremonti, Foti, Calovini, Caiata, Gardini, Di Giuseppe, Loperfido, Mura, Pozzolo».


   La X Commissione,

   premesso che:

    il comparto del commercio al dettaglio di carburanti per autotrazione contribuisce, annualmente, al bilancio dello Stato con circa quarantacinque miliardi di euro e fornisce lavoro a circa 80 mila persone suddivise fra titolari, collaboratori e dipendenti, presso più di ventiduemila impianti nella rete ordinaria e circa cinquecentocinque aree di servizio autostradali;

    si tratta di un segmento caratterizzato da un'estrema variabilità e complessità di rapporti tra titolari degli impianti e delle aziende che costituiscono i servizi, nonché da una molteplicità di strutture societarie aziendali. Nel nostro Paese, infatti, il settore si presenta notevolmente parcellizzato, con una diffusione di impianti di limitate dimensioni, spesso a conduzione familiare, localizzati con estrema capillarità sul territorio nazionale rispetto a quanto avviene nel resto dell'UE;

    il progressivo abbandono del mercato italiano da parte delle compagnie internazionali del petrolio, fenomeno che ha caratterizzato il mercato negli ultimi anni, ha poi, in alcuni casi, avuto conseguenze negative nei rapporti tra i gestori degli impianti e le società che hanno acquisito i rami aziendali;

    i dati di fine 2022 evidenziano come il 60 per cento del mercato sia in mano ad oltre 1000 operatori privati e, di tutti gli impianti della rete italiana, il 50 per cento risulta essere di proprietà di aziende petrolifere integrate, il 32 per cento di proprietà di soggetti non integrati (retisti e parte della grande distribuzione organizzata) che espongono i marchi delle grandi compagnie petrolifere integrate e, infine, per circa il 18 per cento (quasi 3800 punti vendita) delle cosiddette pompe bianche o no logo, cioè di soggetti che espongono il proprio marchio rifornendosi autonomamente nel mercato cosiddetto extra-rete. Inoltre, per il 40 per cento si tratta di impianti obsoleti, con più di 40 anni. Il numero di impianti, poi, risulta pari a circa il doppio rispetto a quelli di Francia e Spagna e pari al triplo rispetto al Regno Unito, ma con erogati che sono meno della metà (circa 1.300 mc di erogato medio italiano). Anche le cosiddette attività non-oil sono molto meno diffuse che nel resto d'Europa (poco più del 20 per cento dei punti vendita italiani ha attività commerciali integrative contro il 90 per cento di Gran Bretagna e Germania, e il 75 per cento di Francia e Spagna);

    come ampiamente denunciato, anche in più occasioni, dalle federazioni di categoria dei gestori, già da alcuni anni il settore presenta numerose problematiche i cui fattori di criticità, che rischiano di aggravare le condizioni economiche ed occupazionali degli operatori, riguardano:

     la mancata razionalizzazione e il mancato ammodernamento della rete distributiva hanno, di fatto, frammentato l'offerta e diminuito l'efficienza;

     il crollo della marginalità dei punti vendita nonché il sottodimensionamento dell'erogato medio (500 mila litri l'anno erogato dal 30 per cento degli impianti, assai lontano dalla media europea) rendono insostenibili economicamente le gestioni;

     va rilevata la vetustà della rete, con circa 7/8 mila impianti da chiudere per incompatibilità tecnico strutturali e ambientali, di cui un migliaio ubicati in luoghi pericolosi a discapito della sicurezza ambientale e dell'incolumità dei centri abitati;

     si segnala il fenomeno dilagante dell'illecita commercializzazione dei prodotti, sia attraverso l'utilizzo diretto degli stessi in completa evasione dell'accisa e dell'IVA, che mediante l'immissione fraudolenta nella rete di distribuzione a prezzi sottocosto in virtù di articolati meccanismi di frode all'IVA, che hanno arrecato gravi distorsioni del mercato e alterato la corretta concorrenza, con ricadute negative sui consumatori (dubbia qualità dei carburanti, possibili implicazioni penali connesse all'acquisto di carburanti derivanti da cessioni fraudolente), sulle casse dello Stato (danno erariale), nonché sulla tutela della legalità;

     l'elusione sia della normativa specifica di settore che di quella giuslavoristica, previdenziale, assistenziale, di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, si è riverberata negativamente sulla tutela dei lavoratori del settore e sull'attività d'impresa. Risulta, infatti, frequente il ricorso a strumenti contrattuali di dubbia legittimità per l'esercizio concreto e la conduzione degli impianti di vendita al dettaglio di carburanti, contenenti formule che, seppur in linea con l'impianto normativo vigente (contratto di appalto, contratto di associazione in partecipazione e similari), appaiono solo formalmente legittime ma che, de facto, eludono disposizioni legislative cogenti nell'ambito proprio della distribuzione carburanti – intesa anche come servizio pubblico essenziale – con riguardo alla regolamentazione del lavoro autonomo e subordinato e connesse tutele e adempimenti previdenziali;

     non può sottacersi l'ingresso della criminalità organizzata nella gestione della rete distributiva e nella commercializzazione dei prodotti;

    tra il 2020 e il 2021, le forti e prolungate contrazioni negli erogati causate dalla pandemia hanno accelerato e ulteriormente acutizzato i problemi del segmento, che ha subito, solo nel primo anno di emergenza sanitaria, un vero e proprio tracollo con perdite di erogato e fatturato superiore al 40 per cento sulla viabilità ordinaria e di circa il 70 per cento su quella autostradale, oltre all'esposizione di migliaia di impianti al rischio del fallimento;

    la frammentazione del comparto in tante decine di migliaia di piccole imprese di gestione pone le organizzazioni rappresentative di queste ultime (e degli addetti impiegati) in una posizione di svantaggio nella contrattazione e nella conclusione di accordi, soprattutto sotto i profili della competitività, della profittabilità e della remunerazione sia delle imprese che degli addetti alla distribuzione finale;

    la sfida della transizione ecologica nonché l'evoluzione del mercato europeo in termini di decarbonizzazione e trasformazione richiedono che la rete distributiva del futuro sia riconvertita verso nuove esigenze di mobilità low carbon o carbon free e pertanto sia in grado di offrire agli utenti servizi di qualità, ambientalmente sostenibili, in cui i nuovi carburanti alternativi siano integrati nella rete medesima, siano implementati servizi alla mobilità da energie rinnovabili e strumenti digitali dei pagamenti, di intelligenza artificiale, gestione smart dei dati ai fini di una maggiore trasparenza e di un proficuo contrasto all'evasione fiscale;

    quanto sopra, richiede l'istituzione di un tavolo tecnico di confronto con le organizzazioni dei gestori e con tutta la filiera presso il Ministero competente, di supporto all'osservatorio permanente, per l'analisi e lo studio delle problematiche strutturali e congiunturali del settore, al fine di risolvere e gestire le criticità afferenti il comparto, soprattutto sul piano della competitività per le imprese e le micro-imprese che vi operano, anche attraverso la raccolta e l'aggiornamento delle informazioni sulla rete distributiva in una banca dati informatizzata,

impegna il Governo

ad assumere, per quanto di competenza, iniziative urgenti in grado di contrastare le numerose e articolate criticità afferenti il comparto, ed esposte in premessa, volte:

  a) a promuovere un processo di riforma del settore orientato alla razionalizzazione e all'ammodernamento della rete distributiva nazionale, in linea con un progetto di politica industriale teso all'efficienza complessiva della rete, all'incremento anche qualitativo dei servizi resi all'utenza nonché alla snellezza, alla trasparenza e alla tutela della concorrenza mediante la chiusura degli impianti obsoleti ed inefficienti, con conseguente erogazione di indennizzi per la relative bonifiche ambientali secondo procedure, tempi e costi certi e ottimizzati;

  b) a contrastare l'evasione, la contraffazione, la concorrenza sleale e l'illegalità mediante l'applicazione delle norme di contrasto già esistenti nonché un'adeguata attività di prevenzione, attuata con la cooperazione fra i diversi attori della filiera (istituzioni, associazioni imprenditoriali, gestori e autorità e forze di controllo preposte), anche attraverso l'uso di nuove tecnologie di controllo e tracciamento del carburante, dalla sua produzione fino alla commercializzazione;

  c) ad individuare gli impianti attivi da almeno 30 giorni e non ancora registrati, salvo i casi di forza maggiore o di impedimento non imputabile all'esercente, all'osservatorio prezzi di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico 15 ottobre 2010 tramite i dati di cui all'anagrafe degli impianti di distribuzione dei carburanti di cui all'articolo 1, comma 100, della legge 7 agosto 2017 n. 124, al fine di disporre, a seguito di segnalazione alle autorità di vigilanza, la sospensione dell'attività per un periodo non inferiore a 90 giorni e non superiore a 150 giorni;

  d) ad elevare i livelli di tutela e di protezione delle condizioni lavorative e dell'esercizio di impresa degli operatori del settore mediante la tipizzazione di nuovi modelli contrattuali di valorizzazione dell'imprenditorialità dei gestori nonché attraverso azioni di verifica e contrasto all'elusione dell'obbligo di contrattualistica, in materia di lavoro e previdenza sociale, basati su meccanismi di penalità e/o sanzioni per inadempienze relative ad accordi collettivi o utilizzo di tipologie contrattuali non contemplate dalla normativa vigente;

  e) a ridurre il fabbisogno annuo di energia primaria e di estendere l'offerta agli utenti di servizi di qualità e ambientalmente sostenibili, ad introdurre detrazioni fiscali ad hoc per la riconversione dei vari punti di distribuzione verso nuovi servizi alla mobilità low carbon e da energie rinnovabili; l'installazione di sistemi di monitoraggio dei consumi energetici; di sistemi intelligenti di gestione degli impianti di illuminazione indoor e outdoor in grado di regolare l'intensità luminosa dei punti vendita in funzione dell'ora, delle condizioni meteorologiche, della presenza o meno di veicoli; la sostituzione di sistemi di raffrescamento, di riscaldamento e di apparecchiature elettriche obsolete con nuovi impianti ad alta efficienza energetica, nonché l'implementazione di nuove modalità di pagamento digitale, anche via app;

  f) ad istituire un tavolo tecnico di confronto con le organizzazioni dei gestori e con tutta la filiera presso il Ministero competente, di supporto all'osservatorio permanente, per l'analisi e lo studio delle problematiche strutturali e congiunturali del settore, al fine di risolvere e gestire le criticità afferenti la competitività per le imprese e le micro-imprese che vi operano, anche attraverso la raccolta e l'aggiornamento delle informazioni sulla rete distributiva in una banca dati informatizzata;

  g) a estendere anche al settore della commercializzazione al dettaglio di carburanti le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218, recante la disciplina delle vendite sottocosto a norma dell'articolo 15, comma 8, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
(7-00050) «Appendino, Pavanelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   SCERRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro per la protezione civile e le politiche del mare. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni del 9 e 10 febbraio 2023 la Sicilia è stata colpita da un'ondata di maltempo che ha interessato soprattutto i comuni della costa orientale, provocando ingenti danni e all'agricoltura e alle attività commerciali;

   da articoli di stampa locale si apprende, inoltre, che le impetuose mareggiate hanno provocato criticità sia al patrimonio pubblico che privato, interessando assi viari di fondamentale importanza, porti, moli e infrastrutture ferroviarie e anche muri di contenimento e abitazioni private;

   tra Siracusa ed altri comuni della provincia, a causa delle incessanti piogge numerosi abitanti si sono ritrovati senza utenze elettriche e, purtroppo, alcuni con le abitazioni allagate e sfollati;

   nel ragusano la rottura degli argini del fiume Ippari ha creato allarme per la diga Santa Rosalia e Dirillo che ha raggiunto volumi preoccupanti e numerosi tratti di strada sono risultati impercorribili anche a causa della presenza di alberi sulla carreggiata, stessa situazione con lo straripamento, nel territorio di Carlentini, del fiume san Leonardo;

   la situazione generale è risultata critica al punto da indurre la deputazione regionale dei territori a richiedere lo stato di calamità naturale al Governo regionale –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda porre in essere al fine di fronteggiare l'attuale stato di emergenza, anche infrastrutturale, in cui versa tutto il territorio siciliano interessato dal nubifragio del 9 e 10 febbraio 2023;

   se non ritenga opportuno attivare immediatamente tutte le procedure del caso per sostenere l'immediata ripresa delle attività economiche colpite dagli eventi climatici avversi, anche eventualmente valutando la possibilità di dichiarare l'esistenza del carattere emergenziale degli eventi calamitosi verificatasi nella Regione Siciliana.
(3-00179)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   CHERCHI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   ogni anno milioni di animali, tra cui cavalli, polli, conigli, maiali, bovini, sono costretti a estenuanti viaggi senza ritorno, impossibilitati nei movimenti, sottoposti al caldo torrido o al freddo e durante i quali molte creature muoiono tra atroci sofferenze. Solo i più fortunati, o forse solo i più forti, arrivano vivi a destinazione, dove comunque troveranno la morte ad attenderli;

   tale crudeltà, oramai inaccettabile in un paese che si reputa civile, è stata oggetto di attenzione da parte della Commissione d'inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto (Anit), incardinata presso il Parlamento europeo, la quale ha chiesto alla Commissione europea e al Consiglio dell'Unione europea di tener conto di quanto esposto durante la discussione sulla revisione del Regolamento (CE) n. 1/2005 adottato dal Consiglio dell'Unione europea il 22 dicembre 2004 in merito al trasporto di animali vivi;

   secondo le raccomandazioni pubblicate il 7 settembre 2022 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e consegnate alla Commissione europea nell'ambito di una serie di cinque pareri scientifici volti a coadiuvare la revisione in corso della legislazione, al fine di migliorare il benessere degli animali d'allevamento durante il trasporto sarebbe auspicabile ridurre al minimo i tempi di viaggio, abbassare le temperature massime all'interno del veicolo e adottare soglie di tolleranza minime per lo spazio riservato agli animali. Infatti, secondo l'Efsa, «le buone pratiche per il benessere degli animali non solo riducono inutili sofferenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani. Si tratta di un elemento cardine per la sicurezza della filiera degli alimenti, considerati gli stretti nessi tra il benessere degli animali, la loro salute e le malattie veicolate da alimenti, in linea con il principio di salute unica globale»;

   durante l'ultimo Consiglio agricoltura e pesca dell'Unione europea (Agrifish) del 30 gennaio 2023, all'ordine del giorno era prevista la discussione di una nota informativa fornita dalla delegazione portoghese e sostenuta da altri Stati membri dell'UE che si posizionava in contrasto con le sopracitate raccomandazioni dell'Efsa e con lo scenario delineatosi durante la riunione dell'Agrifish di luglio 2022, quando tredici Stati membri avevano proposto, tra le varie, il passaggio al commercio di carni e carcasse in modo da garantire l'osservanza delle leggi a tutela del benessere animale;

   tale documento è stato fortemente contrastato da molti Paesi, quali Austria, Germania, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo, i quali hanno chiesto un totale divieto di esportazione degli animali vivi;

   tuttavia, in tale occasione, il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha scelto di sostenere il documento portoghese, nel quale si afferma che: «L'obiettivo della revisione del Regolamento dovrebbe essere quello di continuare a facilitare il commercio intracomunitario e l'esportazione di animali vivi, senza concentrarsi su misure volte a vietare o limitare alcuni tipi di trasporto» –:

   se la presa di posizione condivisa dal Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, e quindi dell'Italia, sia fondata su solide basi scientifiche o sia semplicemente frutto di un orientamento ideologico di partito;

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano in possesso dei resoconti attestanti gli abusi e le illegalità eventualmente perpetrate, redatti dalle forze dell'ordine impegnate nei controlli su strada dei mezzi adibiti al trasporto di animali vivi;

   in che modo il Governo intenda superare le contraddizioni sovraesposte e di quali strumenti voglia avvalersi per tutelare il benessere degli animali durante il trasporto, così come sancito dalla Costituzione e alla luce delle richieste provenienti dall'Unione europea.
(3-00178)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazioni a risposta orale:


   SQUERI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'evoluzione dei modelli economici e industriali a livello globale ha evidenziato come negli ultimi anni, con una previsione di ancor più ampia crescita nel futuro, l'importanza cruciale di alcuni materiali e minerali metallici, ormai necessari in numerose filiere strategiche;

   tali materiali – come rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono infatti essenziali, tra gli altri, per realizzare componenti tecnologiche, batterie e semiconduttori;

   a oggi, la quasi totalità dell'approvvigionamento di questi materiali si basa sull'importazione da Paesi extra-europei, dove da anni si è ritenuto opportuno e strategico investire nell'esplorazione e nell'estrazione, nonostante a livello europeo sia stata più volte ribadita l'intenzione di esplorare nuove frontiere industriali, come a esempio quella delle batterie tramite la European Battery Alliance;

   proseguire nel confidare quasi esclusivamente sull'approvvigionamento extraeuropeo porterebbe a ripetere l'errore, purtroppo già riscontrato nel corso degli ultimi anni, in cui, complice anche la pandemia globale, l'economia italiana ed europea sono state gravate dall'aumento del costo dei materiali e da una generale carenza di materie prime critiche, con conseguenze estremamente negative sulla nostra industria. Questa dipendenza risulta ancora più preoccupante se prendiamo in considerazione i fattori di instabilità dal punto di vista geopolitico presenti e potenziali;

   l'Unione europea si trova infatti esposta a vulnerabilità e strozzature lungo la catena di approvvigionamento: la Cina garantisce il 98 per cento della fornitura dell'UE di elementi delle terre rare, mentre la Turchia assicura il 98 per cento dell'approvvigionamento di borato e il Sudafrica il 71 per cento del fabbisogno di platino. Questa situazione è stata recentemente affrontata tramite la Strategia europea per le materie prime critiche, documento programmatico in cui si auspica una diversificazione delle fonti di approvvigionamento di materie prime critiche tale da ridurre la dipendenza dai Paesi terzi;

   l'attività estrattiva di metalli base e metalli preziosi, che ha visto fino a 25 miniere in funzione, è sospesa in Italia da oltre trent'anni a causa di considerazioni di carattere economico al tempo valide. Tuttavia, l'evoluzione tecnologica e la rinnovata importanza di tali materiali – grazie ai nuovi usi che hanno nell'industria moderna – hanno completamente cambiato i presupposti economici di un'eventuale attività mineraria nel nostro Paese. Inoltre, da nuove attività di ricerca e studi, come evidenziato anche dalla stessa Ispra, si evince che il territorio italiano possiede una rilevante potenzialità estrattiva per quanto riguarda alcuni materiali strategici per lo sviluppo dell'industria italiana;

   negli ultimi anni è incrementata l'attenzione di attori economici nazionali e internazionali verso la ripresa dell'attività estrattiva in Italia, che contribuirebbe a inedite forme di approvvigionamento interno di materiali critici, oltre alla creazione di posti di lavoro e all'incentivazione di investimenti diretti nel nostro Paese;

   l'impianto normativo che regola l'attività estrattiva in Italia non tiene in considerazione la strategicità di questo tipo di attività, prevedendo un complesso sistema burocratico e normativo dai tempi incerti che risulta essere un fattore disincentivante tale da non poter essere ignorato se vi è l'intenzione di ridurre la dipendenza dell'Italia e dell'Europa dai Paesi terzi –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla ripresa delle attività estrattive minerali metallici e delle terre rare in Italia, nonché più in generale in merito al rilancio della politica mineraria del nostro Paese e quali siano le iniziative, anche da un punto di vista normativo, per permettere la messa a terra di investimenti mirati a riattivare la produzione delle materie prime necessarie ai processi di transizione ecologica e digitale e allo stesso tempo a creare nuovi posti di lavoro nel nostro Paese.
(3-00177)


   PAVANELLI, FEDE e ONORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Green Deal europeo prevede l'impegno dell'Unione nel raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 attraverso la decarbonizzazione di tutti i settori dell'economia;

   il metano, secondariamente soltanto all'anidride carbonica, influisce sui cambiamenti climatici ed è responsabile per un terzo del riscaldamento climatico odierno;

   per effetto delle sue proprietà, esso ha una permanenza nell'atmosfera inferiore a quella dell'anidride carbonica, rispetto alla quale, tuttavia, detiene un potenziale di riscaldamento globale pari a 28 volte in 100 anni. Vieppiù, il metano concorre alla formazione di ozono, potente inquinante atmosferico;

   dal monitoraggio effettuato ad ottobre 2022 nell'ambito campagna di informazione sensibilizzazione «C'è puzza di gas» di Legambiente è emersa la presenza di emissioni in atmosfera di metano in diversi siti della filiera del gas fossile e del petrolio italiani;

   in particolare, con riferimento a 25 impianti monitorati tra Sicilia e Basilicata, in 13 sono state individuate significative emissioni di metano. Di questi, si evidenziano 15 casi di rilasci diretti (venting) e 68 perdite;

   sempre secondo il citato monitoraggio, le perdite sarebbero state individuate in prossimità dei diversi componenti delle infrastrutture come bulloni, valvole, giunture, connettori e contatori e sarebbero addebitabili a carenze manutentive;

   è in corso l'iter relativo alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore dell'energia e che modifica il regolamento (UE) 2019/942. In particolare, gli obiettivi specifici di tale atto riguardano:

    i) il miglioramento dell'esattezza delle informazioni sulle fonti principali di emissioni di metano associate all'energia prodotta e consumata all'interno dell'UE;

    ii) un'efficace riduzione delle emissioni di metano lungo la catena di approvvigionamento energetico nell'UE;

    iii) l'ampliamento delle informazioni a disposizione necessarie per fornire incentivi alla riduzione delle emissioni di metano legate all'energia fossile importata nell'UE;

   l'attuale normativa nazionale di settore non prevede adeguati strumenti che impongano un monitoraggio costante delle infrastrutture della filiera del gas fossile. Tale carenza determina un aggravamento delle procedure di identificazione e di quantificazione delle fughe. Inoltre, l'assenza di previsioni di contrasto del fenomeno impedisce l'instaurazione di un sistema penalizzante per le emissioni, e, conseguentemente per lo spreco, di gas fossile;

   le perdite di gas, e, più in generale, la combustione di gas fossili hanno effetti diretti negativi sulla salute provocando un elevato rischio sanitario secondo quanto emerge dal rapporto «False fix: the hidden health impacts of Europe's fossil gas dependency» realizzato da HEAL, ISDE e ReCommon;

   attualmente, l'Italia risulta in cima alla lista per quanto riguarda l'impatto sulla salute delle centrali a gas, che coprono tuttora la metà del fabbisogno elettrico del Paese –:

   se non intenda, in ragione degli impegni assunti dall'Italia in sede eurounitaria nell'ottica della neutralità climatica dell'Europa, nonché al fine di garantire la salute dei cittadini, porre in essere ogni iniziativa urgente finalizzata monitorare, controllare e manutenere gli impianti fossili con l'obiettivo di ridurre e azzerare le emissioni di metano.
(3-00180)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   LAMPIS, MATTIA, BENVENUTI GOSTOLI, DEIDDA, FOTI, IAIA, MILANI, MURA, POLO, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la regione autonoma della Sardegna, con nota del 22 novembre 2021 dell'Assessorato difesa ambiente-servizio tutela dell'atmosfera e del territorio, ha richiesto dei chiarimenti interpretativi in merito alle soluzioni prospettate per la realizzazione delle prove di pompaggio propedeutiche alla definizione dell'intervento di messa in sicurezza e bonifica della falda nell'area mineraria dismessa di Montevecchio Ponente che interessa le giurisdizioni territoriali dei comuni di Arbus e Guspini;

   innanzi alla mancata risposta, l'ente regionale ha sollecitato il Ministero dell'ambiente e della transizione ecologica con ulteriori note inviate nel corso dell'anno 2022;

   il medesimo ente considera come esigenza non ulteriormente differibile quella contenuta nella richiesta, perché utile e necessaria ad ottenere un pronunciamento del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica al fine di poter dar seguito alla progettazione del predetto intervento ricadente nel territorio delle aree minerarie dismesse del SIN sulcis iglesiente guspinese –:

   quali indicazioni intenda fornire con riferimento alla progettazione operativa degli interventi di bonifica, messa in sicurezza e mitigazione del rischio ambientale della macro area di Montevecchio Ponente, da effettuarsi anche mediante prove di applicazione di interventi di bonifica, e con quali tempi si intenda comunicare alla regione autonoma della Sardegna le risultanze.
(5-00392)


   ILARIA FONTANA, PAVANELLI, SERGIO COSTA, L'ABBATE, MORFINO e SANTILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a giugno 2022 il Consiglio Ue, ai fini del conseguimento dell'obiettivo generale di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto al livelli del 1990, ha concordato di fissare l'obiettivo vincolante del 40 per cento di energia da fonti rinnovabili nel mix energetico complessivo entro la medesima data, impegnando gli Stati membri ad aumentare i contributi nazionali stabiliti nei loro piani nazionali integrati per l'energia e il clima, da aggiornare nel 2023 e nel 2024;

   è ormai un dato acquisito che la promozione delle energie rinnovabili e l'efficienza energetica costituiscano elementi trainanti ed essenziali della decarbonizzazione e della transizione climatica. La produzione e l'uso dell'energia rappresentano infatti il 75 per cento delle emissioni a livello europeo;

   il perseguimento dei predetti obiettivi impone tuttavia un'accelerazione e semplificazione delle procedure autorizzative necessarie per l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili e per la realizzazione di comunità energetiche rinnovabili (Cer), quali vettori chiave della transizione energetica e del contrasto ai cambiamenti climatici;

   studi scientifici mostrano che quando viene installato un sistema ibrido o multi-energia ottimale, le emissioni di gas serra possono essere ridotte del 37,6-84 per cento a seconda del sistema di riferimento e delle tecnologie utilizzate;

   gli obiettivi più ambiziosi fissati a livello europeo richiedono tuttavia la sollecita adozione dei decreti attuativi sugli incentivi volti a promuovere la realizzazione delle Cer e l'autoconsumo, come previsto dal decreto legislativo n. 199 del 2021, che recepisce la direttiva Red II, peraltro già in fase di revisione;

   nella risposta all'interrogazione 5-00207 del 12 gennaio 2023 veniva preannunciata come ormai prossima l'emanazione del decreto di incentivazione delle configurazioni che utilizzano la rete elettrica di distribuzione per la condivisione dell'energia, con l'obiettivo di dare pieno impulso a fenomeni di condivisione di energia rinnovabile, mediante la realizzazione di impianti inseriti in comunità energetiche, sistemi di autoconsumo collettivo e individuale, e favorendo dinamiche di realizzazione degli impianti con processi partecipativi dei territori e con logica bottom-up –:

   se, il Ministro interrogato, intenda chiarire quali siano le effettive tempistiche previste per l'adozione dei decreti attuativi sulle comunità energetiche rinnovabili e per l'individuazione delle nuove aree idonee per la realizzazione di impianti alimentati da energie rinnovabili al fine di dare concreta attuazione al decreto legislativo n. 199 del 2021 ed accelerare il processo di transizione ecologica.
(5-00393)


   BRAGA, SIMIANI, CURTI, DI SANZO e FERRARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   con il recepimento della direttiva dell'Unione europea Red II, l'Italia ha compiuto un passo in avanti nel campo delle cosiddette comunità energetiche rinnovabili (Cer), un modello innovativo di gestione dell'energia già ampiamente diffuso in altre aree europee. Si tratta di un'associazione composta da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati, i quali scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l'autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione: una forma energetica collaborativa nata per favorire la gestione congiunta e ridurre la dipendenza energetica;

   in Italia le comunità energetiche faticano però a diffondersi. Nonostante siano una soluzione utile e concreta per contrastare il caro bollette, l'emergenza climatica e la povertà energetica, sono, infatti, pochissime quelle realmente attive o che stanno ricevendo gli incentivi statali erogati dal Gestore dei servizi elettrici (Gse). A pesare sul loro avvio si contano: lungaggini burocratiche, la mancanza degli incentivi da parte del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il ritardo di Arera sull'emanazione delle regole attuative, che si uniscono alle difficoltà nel ricevere le informazioni necessarie a identificare l'ambito di sviluppo delle Cer, così come le registrazioni e il ricevimento degli incentivi o i preventivi onerosi per allacci alla rete;

   in particolare, la norma contenuta nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021 che indicava 180 giorni per aggiornare i meccanismi di incentivazione, ovvero entro maggio 2022, risulta ad oggi disattesa;

   sino all'adozione di tali provvedimenti, continua quindi ad applicarsi la disciplina sperimentale e transitoria di cui all'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 che prevede che i consumatori finali e/o produttori di energia possano associarsi per «condividere» l'energia elettrica localmente prodotta da nuovi impianti alimentati da fonte rinnovabile di piccola taglia con riferimento a nuovi impianti alimentati a fonti di energia rinnovabili (Fer) con potenza complessiva non superiore ai 200 kilowatt entrati in esercizio a partire dal 1° marzo 2020 e fino al 12 febbraio 2022 (intesi i 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021 di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 Red II) –:

   in considerazione del ruolo strategico svolto dalle energie rinnovabili per il contrasto ai cambiamenti climatici, quando il Ministro interrogato intenda adottare i citati provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 199 del 2021 riguardanti la disciplina dell'autoconsumo e delle comunità energetiche, essendo i termini previsti dallo stesso già ampiamente scaduti.
(5-00394)


   ZINZI e FURGIUELE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il Sito di interesse nazionale (Sin) di «Crotone-Cassano-Cerchiara» è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale ai sensi del decreto ministeriale del 26 novembre 2002; l'area perimetrata a terra (riferita al solo sito di Crotone) è pari a circa 530 ettari, mentre l'area a mare è di circa 1.469 ettari (comprensivi di 132 ettari di area portuale);

   l'area di criticità comprende tre zone industriali dismesse, l'ex Pertusola, l'ex Fosfotec e l'ex Agricoltura (di competenza Syndial, controllata Eni) e cinque discariche (una di competenza pubblica e quattro di competenza Syndial);

   nel 2019 venne stipulato il Progetto operativo di bonifica (Pob) fase 2 che prevedeva, da parte di Eni, l'asporto e il trasferimento, fuori dalla regione Calabria, di tutti i rifiuti della bonifica, pericolosi per la salute pubblica;

   nonostante tale accordo, Eni proponeva, invece, in un secondo momento, di «tombare» una parte dei rifiuti nel sito trasferendo il resto a distanza di pochi chilometri, ovvero in una discarica privata detta Columbra, adiacente a zone abitate;

   il giorno 9 febbraio 2023 si è svolta la conferenza di servizi istruttoria, riguardo la «Variante al Pob fase 2 realizzazione di una discarica di scopo per rifiuti Tenorm con amianto derivante dalle operazioni di bonifica della discarica ex Fosfotec “Farina-Trappeto” all'interno del sito Eni Rewind di Crotone»;

   la conclusione, positiva per la città e per il territorio, al termine della conferenza, è stata la dichiarazione di improcedibilità alla istanza di variante al Pob fase 2 presentata da Eni alla luce della conferma del vincolo contenuto nel decreto di approvazione dello stesso Pob 2 che prevede l'obbligo di conferire i rifiuti in siti fuori regione;

   come si apprende da notizie stampa il 22 settembre 2022, il Prefetto di Crotone dottoressa Ippolito è stata nominata commissario per la bonifica del Sin Crotone, anche ai fini della gestione 72 milioni di euro versati da Syndial al Governo dopo una sentenza del tribunale civile di Milano che ha accolto la richiesta di risarcimento della Presidenza del Consiglio del ministri; l'ufficializzazione della nomina richiede il nulla osta del Ministero dell'interno che non risulta ancora effettivo –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per garantire comunque la nomina ufficiale di un commissario e permettere l'avvio delle procedure di bonifica, indispensabile per il territorio di Crotone e la salute pubblica.
(5-00395)


   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   gli ultimi due report dell'intergovernamental panel on climate change (IPCC) su mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, forniscono un bilancio catastrofico dei progressi fatti fino a oggi per contrastare gli impatti dei cambiamenti climatici in atto, sottolineando che per evitare una crescente perdita di vite umane, biodiversità e infrastrutture, è necessaria un'azione ambiziosa e accelerata per l'adattamento al cambiamento climatico e, allo stesso tempo, ridurre rapidamente e profondamente le emissioni di gas serra;

   i due documenti pongono in evidenza inoltre la forte connessione tra crisi climatiche e disuguaglianze nel mondo, mostrando come i cambiamenti climatici indotti dall'uomo, abbiano impatti più gravi sulle persone ed ecosistemi con minori possibilità di farvi fronte;

   come evidenziato in una recente pubblicazione di Save the Children i cambiamenti climatici agiscono come moltiplicatore di minacce e colpiscono, prima e in maniera maggiore, i bambini e le bambine, in particolare i più vulnerabili e indifesi, quelli che vivono in povertà, in contesti caratterizzati da presenza di conflitti armati e sociali o in aree a rischio emergenza alimentare o catastrofi e che subiscono discriminazioni basate su genere, disabilità, origine indigena o situazione di sfollamento;

   si stima che nel mondo l'80 per cento dei bambini sia colpito da almeno un evento climatico estremo all'anno e che 774 milioni di minori subiscono le conseguenze del duplice impatto di povertà e rischio climatico;

   a fronte di questo scenario è fondamentale agire tempestivamente e considerare la lotta al cambiamento climatico una priorità non più differibile;

   a seguito delle dimissioni del Ministro plenipotenziario Modiano, si rende necessaria e urgente la nomina di un inviato speciale per il clima che permetterebbe di rafforzare la leadership dell'Italia nella lotta al cambiamento climatico e di tenere alto il livello di priorità nell'agenda di Governo, così da creare una visione e una politica climatica coerente e integrata tra Ministeri. Tale nomina consentirebbe, inoltre, all'Italia di esercitare un ruolo rilevante nella diplomazia climatica a livello internazionale, quali l'UN climate Summit 2023, G7, G20 e COP28, anche alla luce della maggiore vulnerabilità ambientale, sociale ed economica del nostro paese -:

   quali siano le intenzioni e le tempistiche rispetto all'auspicata nomina di un nuovo inviato speciale per il clima e se il Ministro, per quanto di competenza, intenda chiarirne l'inquadramento nell'articolazione istituzionale.
(5-00396)


   CORTELAZZO, SQUERI, BATTISTONI e MAZZETTI. – Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'evoluzione dei modelli economici e industriali ha evidenziato l'importanza cruciale di alcuni materiali, ormai necessari in numerose filiere strategiche. Tali materiali – come rame, grafite, nichel, litio, silicio, manganese, titanio, cobalto e le altre terre rare – sono essenziali, per realizzare componenti tecnologiche, batterie e semiconduttori;

   questa situazione è stata recentemente affrontata tramite la Strategia europea per le materie prime critiche, documento programmatico in cui si auspica una diversificazione delle fonti di approvvigionamento e ove possibile l'autoproduzione, tali da ridurre la dipendenza dai Paesi terzi, anche in considerazione dei fattori di instabilità geopolitici presenti e potenziali;

   l'attività estrattiva è praticamente assente in Italia da oltre trent'anni per ragioni di impatto ambientale e di carattere economico al tempo valide. Tuttavia, l'evoluzione tecnologica volta a ridurre, e in alcuni casi azzerare, gli effetti sull'ambiente e la rinnovata importanza di tali materiali hanno completamente cambiato i presupposti un'eventuale attività mineraria nel nostro Paese;

   l'impianto normativo che regola l'attività estrattiva in Italia non tiene in considerazione la strategicità di questo tipo di attività e risulta essere un fattore disincentivante:

   in particolare sono problematiche le ricerche minerarie in aree a valenza ambientale anche nei casi in cui appaiono assicurate tutte le garanzie ambientali. Casi specifici la ricerca di titanio nell'area Parco del Beigua in Liguria o di zinco nell'area Parco Regionale delle Orobie Bergamasche –:

   quali iniziative intenda assumerà per coniugare la tutela dell'ambiente con lo sviluppo delle politiche minerarie con riferimento in particolare ai minerali metallici e non e delle terre rare, necessari ai processi di transizione ecologica.
(5-00397)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime, il comune di Milano ha dovuto ricorrere a misure straordinarie per garantire la provvisione di servizi, inclusa la riduzione di alcune voci di spesa;

   a causa della riduzione dei fondi disponibili, il comune può attualmente garantire solamente i centri estivi (ovvero centri di vacanza diurni, organizzati presso le sedi scolastiche dotate di spazi all'aperto per attività ludiche, sportive e di intrattenimento, durante la pausa scolastica estiva) per i bambini degli asili nido e delle scuole materne, mentre non vi sono i fondi necessari per istituire anche i bandi di gara per i centri estivi per gli studenti delle scuole elementari;

   i posti disponibili per centri estivi per gli studenti delle scuole elementari offerti nell'estate del 2022 ammontavano a 3200, e non erano comunque sufficienti a coprire la domanda dei cittadini milanesi;

   i centri estivi per gli studenti delle scuole elementari a prezzi calmierati sono un servizio cruciale per migliaia di famiglie, per aiutare economicamente i genitori a gestire i propri figli durante la pausa scolastica estiva;

   in un contesto di crisi della natalità, ogni misura che supporta i genitori diviene ancor più importante, anche per garantire più occupazione femminile, in quanto è statisticamente più probabile che sia la madre a lasciare il lavoro per occuparsi dei figli quando non vi sono altri modi per farlo;

   il comune di Milano ha esigenza di annunciare i bandi di gara entro aprile, oppure sarà impossibile erogare il servizio, e si stima che siano necessari 3 milioni di euro per garantire i 3200 posti –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per supportare il comune di Milano nel garantire i servizi dei centri estivi per i bambini delle scuole elementari, e se intenda erogare i fondi necessari.
(5-00398)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato sul quotidiano «Domani» il 14 febbraio 2023 si apprende che fino al 23 dicembre 2022 i detenuti sottoposti al regime del 41-bis che avevano possibilità di comunicare con il detenuto Alfredo Cospito, sottoposto al medesimo regime, erano considerati di scarso spessore criminale o, comunque, non costituenti più un pericolo attuale;

   successivamente, questo gruppo di socialità nel quale era inserito Alfredo Cospito è stato modificato. I precedenti detenuti, appartenenti a quel gruppo, sono stati sostituiti da tre boss considerati di alto livello nella gerarchia criminale e tuttora pericolosi;

   le frasi estrapolate dai colloqui e riportate nella relazione del Dap i cui contenuti sono stati letti in Aula alla Camera dal deputato Donzelli si riferiscono esclusivamente a quest'ultimo gruppo di socialità;

   di conseguenza, i contatti e i rapporti più intensi tra il detenuto Cospito e i mafiosi avvengono solo con il cambio del gruppo di socialità, dopo il 23 dicembre 2022, secondo quanto sostenuto dal professor Luigi Manconi nel citato articolo pubblicato su Domani;

   a parere dell'interrogante, è legittimo domandarsi chi abbia deciso la sostituzione dei componenti il gruppo di socialità in cui si trovava Cospito e per quali motivi, dal momento che appare singolare la coincidenza temporale tra il suddetto cambio, l'inizio degli ascolti e delle trascrizioni delle conversazioni e la loro successiva «rivelazione» –:

   se il Ministro interrogato non intenda acquisire dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ogni elemento utile a chiarire chi ha deciso di inserire il detenuto Alfredo Cospito in un nuovo gruppo di socialità, diverso dal precedente, e per quali motivi si è deciso di affiancare a Cospito tre boss della criminalità organizzata considerati attivi e attualmente pericolosi, in sostituzione dei precedenti che sembrerebbe non costituissero più un pericolo particolarmente grave e attuale.
(4-00478)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nella rubrica settimanale su Radio Leopolda del 2 febbraio 2023, l'ex deputata radicale Rita Bernardini ha intervistato l'avvocato del foro di Catania Giorgio Antoci e la signora Katiuscia Randazzo sulla vicenda del marito di quest'ultima, Antonio Tomaselio, malato terminale di cancro, detenuto in regime di 41-bis dell'ordinamento penitenziario presso il reparto ospedaliero di medicina protetta dell'ospedale San Paolo di Milano;

   il detenuto, ristretto in fase cautelare, risulta affetto 1) da adenocarcinoma del polmone destro con plurime metastasi polmonari bilaterali, surrenali, cerebrali, con diffusione linfangitica tumorale e versamento pleurico consensuale, plurime metastasi linfonodali ilari destre e mediastiniche 2) da seri problemi cardiaci da fibrillazione atriale che possono provocare la morte improvvisa;

   a quel che emerge dall'intervista, la struttura di medicina protetta del San Paolo di Milano, anche a causa dei posti limitati, è struttura di ricovero temporaneo; risulta invece che il Tomaselli sia ivi ricoverato ininterrottamente da oltre sette mesi e che lì sia destinato a morire;

   secondo quanto riferito nell'intervista dall'avvocato Antoci, pende in Cassazione un ricorso perché le condizioni del Tomaselli nel suddetto reparto di medicina protetta costituiscono una limitazione assoluta della libertà che non trova riscontro nelle previsioni dell'ordinamento penitenziario, poiché lesive del combinato disposto degli articoli 10, 41-bis della legge n. 354 del 1975, in quanto il Tomaselli è comunque ristretto intra moenia; ad avviso dell'avvocato Antoci l'assoluta incompatibilità tra la detenzione e il diritto alla salute del detenuto, emerge evidente dalla violazione dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge n. 354 del 1975, il quale, limitando il diritto a permanere all'aperto, lo garantisce nella misura di due ore giornaliere, nonché dall'articolo 10, comma 1, della legge n. 354 del 1975, ove dispone che questo diritto possa essere limitato solo per ragioni di sicurezza e in maniera del tutto temporanea; sul punto rileva il consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione sez. I penale del 28 febbraio 2019, n. 17579) secondo cui la riduzione, e non la completa elisione delle ore d'aria spettanti ai detenuti è ammessa, peraltro, solo in presenza di motivi eccezionali;

   per attestazione degli stessi responsabili del carcere di Opera, il reparto di medicina protetta del San Paolo di Milano non è in grado di garantire ai detenuti ivi ristretti in regime di 41-bis l'ora d'aria, la socialità con altri detenuti, la telefonata mensile con i familiari, i contatti telefonici con i difensori; la moglie di Antonio Tomasello, nel corso dell'intervista, ha dichiarato che suo marito è un sepolto vivo, che ha perso 20 chili per una dieta del tutto inadeguata che non può essere integrata dai familiari, che da più di sette mesi non vede la luce del sole in quanto la minuscola stanza ove è ristretto per 24 ore al giorno è priva di finestre, che non può parlare con nessuno essendogli proibita qualsiasi forma di socialità; pur essendo consapevole dei rischi, riferisce la moglie, il Tomaselli chiede di tornare al 41-bis del carcere di Opera dove, almeno, può usufruire di due ore d'aria e, nei sacrificati passeggi coperti da una rete, vedere il sole, la luce naturale, il cielo –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se si ritenga che la prolungata detenzione del Tomaselli nel reparto di medicina protetta del San Paolo di Milano corrisponda a quanto previsto dall'Ordinamento penitenziario per i detenuti al 41-bis;

   in che tempi l'amministrazione penitenziaria ritenga di poter reperire una struttura sanitaria adeguata che garantisca i diritti umani inalienabili del detenuto in questione;

   se non si ritenga di prevedere un sopralluogo urgente per verificare le condizioni di detenzione presso il reparto di medicina protetta del San Paolo di Milano.
(4-00479)


   D'ORSO, GIULIANO e ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come apparso su alcuni quotidiani e come confermato dalle note del Ministero per la pubblica amministrazione, i ritardi nella predisposizione del Piao (Piano integrato di attività e organizzazione) rischiano di bloccare le assunzioni nella pubblica amministrazione, e in particolare al Ministero della giustizia dove sono bloccate le assunzioni per scorrimento di graduatoria di 340 direttori e 367 cancellieri risultati idonei;

   con un emendamento a firma Movimento 5 Stelle approvato al Senato in sede di discussione del decreto cosiddetto «Milleproroghe», è stata prorogata la validità delle suddette graduatorie;

   con una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri del 10 febbraio 2023, è stato reso noto dal Dipartimento della Funzione Pubblica che «l'iter di predisposizione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, avviato dal Dipartimento della funzione pubblica già dal mese di settembre, è tuttora in corso...» e «che il Ministero della giustizia non ha ancora ultimato la trasmissione della documentazione necessaria ai fini dell'inserimento nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di autorizzazione alle assunzioni e che, allo stato, è in fase di predisposizione il provvedimento di autorizzazione riferito a un primo gruppo di amministrazioni per le quali l'istruttoria è stata definita»;

   si evince quindi, che non sarebbe il Ministero della giustizia a dover attendere l'autorizzazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica ma, al contrario, che sarebbe lo stesso Ministero della giustizia a non aver ancora completato l'attività istruttoria di sua competenza e che nel primo gruppo di amministrazioni autorizzate ad assumere non vi sarebbe il Ministero della giustizia;

   il Ministero della giustizia in risposta a recente interrogazione in Commissione Giustizia tramite il Sottosegretario, aveva invece affermato: «Riguardo alla assunzione dei 689 idonei dalla graduatoria del concorso per cancelliere esperto e dei 340 idonei dalla graduatoria del concorso per direttore, richieste entrambe nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione per il triennio 2022-2024 approvato con decreto ministeriale del 30 giugno 2022 n. 1901, si è ancora in attesa della autorizzazione da parte del competente Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri»;

   questi ritardi risultano intollerabili non solo per le legittime aspettative dei soggetti presenti nelle graduatorie, ma per la situazione critica che gli uffici giudiziari ogni giorno devono vivere viste le gravi scoperture di organico presenti –:

   se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative urgenti per sbloccare immediatamente lo stallo di cui in premessa al fine di assumere per scorrimento di graduatoria i 340 direttori e i 367 cancellieri risultati idonei.
(4-00481)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta orale:


   D'ALFONSO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel nucleo industriale della Val di Sangro insiste lo stabilimento Sevel, oggi FCA Italy, facente parte del gruppo Stellantis. Lo stabilimento ex Sevel è specializzato nella produzione dei seguenti veicoli commerciali leggeri: Ducato, Citroen Jumper, Peugeot Boxer e Opel/Vauxhall Movano;

   il settore dell'automotive rappresenta uno dei settori maggiormente strategici per l'economia nazionale e abruzzese, oltre che per l'area industriale della Val di Sangro con il relativo indotto produttivo. Sono presenti nel territorio sia aziende dell'indotto che aziende di trasformazione del Ducato come la Trigano Van;

   lo stabilimento nel 2021 ospitava oltre 6.000 dipendenti. Lo scorso anno circa 1.000 lavoratori somministrati non sono stati confermati alla scadenza del contratto di lavoro. Ulteriori dipendenti stanno, inoltre, ricevendo offerte da parte dell'azienda come incentivo all'esodo;

   il gruppo Stellantis dal 2019 ha avviato la produzione degli stessi veicoli prodotti nello stabilimento ex Sevel anche nell'ex stabilimento Opel di Gliwice in Polonia. Quest'ultimo è stato ristrutturato per la nuova produzione ed è altamente automatizzato con una capacità produttiva di circa 107.000 furgoni l'anno. Lo stabilimento polacco, oltre a sottrarre la produzione dello stabilimento della Val di Sangro, apre un processo di competizione sia per gli aiuti dello Stato polacco sia per il basso costo di produzione favorito dall'utilizzo di tecnologie di ultima generazione. Nessuna ristrutturazione, al contrario, è stata finora prevista per lo stabilimento ex Sevel, i cui impianti risalgono al 2000;

   la fornitura di semiconduttori è stata rallentata durante il periodo della pandemia e ciò non ha consentito una produzione completa sia dello stabilimento ex Sevel così come nello stabilimento polacco facendo attestare la produzione dei due stabilimenti poco al di sotto dei 250.000 furgoni rispetto ad una capacità produttiva di circa 350.000 furgoni;

   la produzione dello stabilimento ex Sevel, prima della pandemia, si attestava intorno ai 300.000 furgoni di cui il 55 per cento a marchio FCA e il 45 per cento a marchio PSA. Ora la produzione prevista si dovrebbe attestare intorno ai 250.000 furgoni anche se l'anno scorso si sono prodotti 206.000 furgoni;

   nello stabilimento polacco la produzione prevista era di 41.000 furgoni e ne sono stati realizzati meno di 30.000;

   nonostante l'accordo fatto con la Toyota per la produzione di nuovi furgoni, la situazione produttiva per il 2023 sembra essere simile a quella del 2022 per lo stabilimento di Atessa, mentre per lo stabilimento di Gliwice sembrerebbe profilarsi un aumento i volumi produttivi. I volumi Toyota non garantiranno un sensibile aumento delle produzioni, pertanto, sembra che anche per il 2023 i volumi si attesteranno sotto i 250.000 furgoni previsti;

   Stellantis per far fronte a questa situazione produttiva sta pensando di internalizzare alcune attività, spostando il problema occupazionale verso le imprese dell'indotto, che risultano essere una realtà di fondamentale importanza per il territorio della Val di Sangro –:

   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare affinché sia garantita la competitività, la produzione e il mantenimento dei livelli occupazionali nello stabilimento ex Sevel di Atessa, di fondamentale importanza per il territorio della regione Abruzzo, e se, a tal fine, non si ritenga indispensabile richiedere alla Stellantis delucidazioni in merito al piano industriale, agli investimenti e alle produzioni che intende porre in essere con riferimento a tale stabilimento;

   se si intenda istituire, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, un tavolo di confronto permanente, con il coinvolgimento di Stellantis, delle rappresentanze sindacali, delle imprese dell'indotto e delle istituzioni locali, che affronti e risolva le problematiche dello stabilimento ex Sevel e delle imprese dell'indotto presenti nel territorio;

   se, in raccordo con la regione Abruzzo, si intenda attivare percorsi di ammodernamento delle imprese dell'indotto legate al settore dell'automotive con l'obiettivo di valorizzare le professionalità acquisite, favorire la riconversione delle produzioni verso la transizione ecologica e una maggiore apertura al mercato delle forniture in luogo della mono-committenza.
(3-00176)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   PASTORELLA e FARAONE. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 gennaio 2023, in occasione del convegno su «Intelligenza artificiale ed etica, in una società del pluralismo», organizzato dalla Diocesi di Acireale, con il vescovo Antonino Raspanti, il Ministro Urso ha affermato di valutare la possibile creazione di un'Agenzia per l'indirizzo e il controllo dello sviluppo dell'intelligenza artificiale in Italia;

   nel documento «Proposte per una Strategia italiana per l'intelligenza artificiale», elaborato dal Gruppo di esperti del Ministero dello sviluppo economico sull'intelligenza artificiale nel 2020, si prevedeva «di creare una struttura di ricerca e trasferimento tecnologico capace di attrarre talenti di prima classe del "mercato" internazionale e contemporaneamente diventare un faro per lo sviluppo dell'AI in Italia»;

   il 4 settembre 2020 la Presidenza del Consiglio, durante il Governo Conte II, aveva individuato Torino come sede principale per l'I3A; successivamente, con il decreto «Rilancio», è stato istituito a Torino l'Istituto italiano per l'intelligenza artificiale per il settore automotive e dell'aerospazio, con un ambito di competenze dunque più ristretto rispetto a quello inizialmente previsto; i fondi necessari, pari a 20 milioni di euro, sono stati stanziati con il decreto Sostegni-bis ma il progetto è bloccato e non è chiaro se vedrà la luce –:

   se intenda adottare iniziative per dare vita a un'Agenzia per l'intelligenza artificiale che si occupi di sostenere lo sviluppo dell'intelligenza artificiale e di realizzare iniziative di formazione e sensibilizzazione sul tema e in che modo questo collaborerà con l'Istituto italiano per l'intelligenza artificiale che dovrebbe nascere a Torino.
(5-00389)


   BARBAGALLO, BAKKALI, CASU, GHIO e MORASSUT. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale fase di transizione digitale rende le telecomunicazioni indispensabili alla crescita economica e sociale del Paese;

   negli ultimi anni c'è stata una forte crescita della copertura della banda larga e ultralarga, anche se la diffusione, della copertura in tutte le aree del Paese, sia essa a fallimento di mercato totale o parziale, procede ancora a una velocità troppo bassa per garantire a tutti i cittadini la piena fruizione dei servizi di nuova generazione e del diritto all'informazione;

   quindi, i territori dell'Italia viaggiano a velocità diverse, divisi tra le zone urbane e le aree interne in cui c'è un enorme problema di connettività e di copertura di rete che non interessa solo internet ma anche la rete telefonica e addirittura il segnale televisivo; il cosiddetto digital divide non riguarda però solo l'accesso alle infrastrutture: gli studi più recenti sull'intelligenza artificiale (AI) sottolineano come la scarsa dotazione di IoT (Internet of Things) nelle aree interne ha dirette influenze sulla possibilità di adozione del machine learning rendendo impossibile una politica che utilizza i dati per l'emancipazione e la solidarietà;

   numerosi sono gli investimenti per la riduzione del digital divide che lo Stato italiano ha messo in opera, dalla Strategia nazionale per la banda ultra larga per ridurre il digital divide delle aree rurali e portare la connettività a 1 Gbps su tutto il territorio italiano entro il 2026 alle Missioni 1 e 5 del Pnrr oltre che negli interventi attuativi della Politica di coesione dei fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027;

   la programmazione delle risorse pubbliche a favore delle aree in declino socio-economico, aree bianche va sotto il nome e l'egida della Strategia nazionale per le aree interne (Snai) e coinvolge complessivamente 72 ambiti territoriali, che coinvolgono complessivamente 1.077 comuni, classificati come periferici e ultraperiferici, per circa 2.072.718 abitanti;

   al riguardo, il Ministro interrogato, audito presso la IX Commissione, non ha chiarito in che modo, anche utilizzando le risorse disponibili del Pnrr, si possa arrivare alla definizione di un sistema che consenta di risolvere, nei tempi dati e nei tempi più rapidi possibili, il grave digital divide che caratterizza la suddette aree interne –:

   quali iniziative il Governo stia mettendo in campo per sostenere i comuni delle aree interne nel processo di digitalizzazione garantendo a tutti i cittadini il diritto di accedere alla rete internet e ai servizi di nuova generazione.
(5-00390)


   IARIA, CANTONE, FEDE e TRAVERSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   in questi mesi si assiste alla gestione di uno dei dossier di politica industriale più rilevanti per i prossimi anni, ossia quello legato al cablaggio del Paese, cui è direttamente correlato il dossier sulle sorti della vendita di Tim;

   come si rileva anche dai principali organi di stampa è necessario uscire dall'impasse che ancora caratterizza la situazione: uno scenario fluido che dovrebbe rapidamente avere una soluzione;

   il fondo Kkr avrebbe formalizzato il 1° febbraio 2023 una offerta di circa 20 miliardi di euro, il fondo Usa punterebbe alla maggioranza del capitale e alla gestione operativa della Netco, lasciando al Governo italiano la minoranza;

   allo studio ci sarebbe anche una offerta di Cassa depositi e prestiti e di Macquire per dividersi l'infrastruttura e gli investimenti. Il fondo australiano starebbe puntando, di concerto con gli advisor creditr suisse e BofA una proposta alternativa; parrebbe infatti che gli australiani puntino sempre più sull'Italia, ora anche con una sede a Milano;

   una strategia che, a detta dei principali analisti del settore vedrebbero, negli australiani la speranza di rappresentare i player nella partita della rete unica da realizzare con Telecom. Un'opzione che pareva possibile ma che va gestita primariamente a livello europeo evitando con cura gli ostacoli che potrebbero insorgere;

   è noto che Cdp, prima di poter fare un'offerta per la rete Telecom, deve trovare una soluzione per Open Fiber. Il bilancio 2021, chiuso in perdita, mostrava numeri in crescita, sul fronte dei ricavi e dei margini. Il fatturato aveva segnato 380 milioni di euro, in aumento (+45 per cento) rispetto ai circa 261 milioni del 2020. Mentre l'ebitda aveva registrato una crescita del 92 per cento dai circa 79 milioni di euro del 2020 a circa 152 milioni con 1,3 miliardi di investimenti;

   oltre a questo, Open Fiber, che ora ha circa 1.500 dipendenti, ha ricevuto anche i fondi dei bandi di gara fatti da infratel per le aree bianche dove il cablaggio viene fatto non solo con la fibra ottica ma anche tramite la rete Fwa (Fixed wireless Access) oltre ad altri 8 lotti per le aree grigie;

   l'operazione, ossia la creazione di una rete unica tra Telecom e Open Fiber, creerebbe forti sinergie, intorno ai 4-5 miliardi, che rischiano di essere diluite se si allungassero ancora i tempi del progetto –:

   se, alla luce dei fatti esposti in premessa, il controllo pubblico della rete sia ancora una priorità per l'esecutivo.
(5-00391)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSI, SIMIANI e FURFARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento siderurgico Jsw di Piombino si trova in uno stato di prolungata inattività: nonostante l'acquisizione oltre 4 anni fa degli impianti da parte del gruppo indiano Jindal;

   l'accordo sottoscritto il 24 luglio 2018 tra le parti pubbliche e la Jsw Steel Italy srl, dove Jsw si impegnava ad attuare un complesso piano industriale, non è stato infatti mai attuato;

   tale situazione di incertezza potrebbe inficiare il doppio affidamento a Jsw, per un totale di 390 milioni di euro, da parte del gruppo Ferrovie dello Stato. Tale commessa viene infatti considerata fondamentale per il rilancio del sito produttivo (in questo contesto è utile ricordare che Jsw è l'unico produttore nazionale di rotaie);

   nel 2022 sono inoltre emerse indiscrezioni circa la volontà dell'operatore siderurgico Arvedi di acquisire lo stabilimento di Piombino dal gruppo indiano Jindal;

   il 25 gennaio 2023 è stato firmato il verbale per la proroga per ulteriori 12 mesi di cassa integrazione in deroga per 1.428 lavoratori di Jsw Steel Italy a Piombino, per un valore totale di oltre 21 milioni;

   il 7 febbraio 2023 i sindacati hanno incontrato il presidente del gruppo indiano Jsw, Marco Carrai, per fare il punto della situazione e avere aggiornamenti sulla vertenza piombinese. «Il presidente ci ha confermato di avere interlocuzioni continue con il Ministero ed Invitalia e che è arrivato direttamente dall'India Sajjan Jindal l'ok intanto a procedere con il piano di investimenti»: riporta una nota congiunta dei sindacati;

   i sindacati hanno inoltre rimarcato come «non vi sia più nessuna notizia riguardo l'interesse per Piombino del Gruppo Arvedi che, seppure in maniera ufficiosa, si era manifestato nei mesi precedenti», ed hanno espresso preoccupazioni in merito al fatto che a distanza di oltre 4 anni dall'arrivo del gruppo indiano «si continui ad essere in attesa di vedere partire gli investimenti necessari allo stabilimento piombinese»; sempre per le associazioni sindacali «non è certamente sufficiente la proroga della cassa integrazione per ulteriori 12 mesi perché senza investimenti e senza un piano industriale certo si rischia un disastro sociale»;

   ad oggi il piano industriale è stato quindi totalmente disatteso e lo stabilimento si trova in una situazione di grave carenza manutentiva e produttiva, incluso il grave stato di decadimento delle infrastrutture portuali attualmente in concessione demaniale e demaniale marittima;

   in questo contesto va rimarcato come da tempo le istituzioni locali e associazioni sindacali stiano anche denunciando la mancata convocazione, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, del tavolo dei sottoscrittori degli specifici accordi di programma stipulati nel 2014 e nel 2018 per l'area di crisi industriale complessa di Piombino al fine del rilancio dello stabilimento e del territorio, della bonifica dell'area e dello sviluppo infrastrutturale e portuale;

   va inoltre aggiunto che le concessioni demaniali marittime inerenti alle infrastrutture portuali e di altre aree produttive di pertinenza dello stabilimento sono ormai in procinto di scadere e in assenza di un piano industriale valido e condiviso con tutte le Istituzioni non sarà possibile prorogarle o rinnovarle, con la conseguente apertura di un procedimento di incameramento da parte dello Stato di tutti i beni di non facile rimozione –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano conseguentemente urgente ed improrogabile intraprendere iniziative efficaci per risolvere le criticità che impediscono un effettivo rilancio del polo siderurgico di Piombino, promuovendo in tale direzione un tavolo istituzionale con il coinvolgimento delle parti sociali al fine di elaborare e sottoscrivere un nuovo accordo condiviso per il rilancio e la riqualificazione economica, produttiva, occupazionale ed ambientale dello stabilimento;

   se non ritengano inoltre di promuovere un confronto tra Invitalia, Jsw, Arvedi o altri potenziali imprenditori siderurgici interessati, al fine di favorire l'ingresso dello Stato nelle acciaierie di Piombino, quale settore strategico nazionale per la produzione di rotaie.
(5-00388)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GHIRRA e MORASSUT. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Ansfisa – Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali – è stata istituita, all'indomani della tragedia del Ponte Morandi a Genova, con decreto-legge n. 109 del 2018, assorbendo tutte le risorse e le competenze della precedente Ansf – Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, – con il compito di promuovere e garantire la sicurezza sulle infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali e sugli impianti fissi;

   ai sensi del decreto-legge n. 121 del 2021 l'Agenzia ha assorbito anche le competenze in materia di impianti fissi, quali metropolitane, tranvie, filovie, impianti di risalita, prima gestiti da Ustif – Ufficio Trasporti a Impianti Fissi;

   da recenti notizie di stampa nazionali si apprende della prosecuzione dello stato d'agitazione del personale dell'Agenzia, proclamato il 25 novembre 2022 dalle organizzazioni sindacali;

   alla base della protesta, tra le altre cose, vi sarebbe la mancata completa attuazione del disposto normativo, in particolare in relazione alla mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dal decreto-legge n. 121 del 2021 a causa della quale il personale dipendenti ex Ustif, a oltre un anno dal trasferimento disposto ope legis e dopo oltre 16 mesi dalla pubblicazione del provvedimento, attendono ancora di essere inquadrati nei ruoli dell'Agenzia e, a oggi, stanno continuando a operare in forza dell'inquadramento posseduto alle dipendenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prima Mims;

   secondo quanto consta agli interrogati a causa del diverso Ccnl applicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rispetto a quello applicato dall'Ansfisa, tutto il personale di III Area Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non può essere correttamente inquadrato in seno ad Ansfisa se non attraverso un demansionamento;

   a seguito della risoluzione della convenzione del 18 novembre 2009 tra Anas e Strada dei parchi s.p.a. è stata affidata all'Ansfisa la completa sorveglianza ispettiva in materia di sicurezza sull'intera infrastruttura autostradale A24 e A25, tutto questo senza fornire all'Ansfisa adeguati strumenti e incrementi di risorse specialistiche adeguate;

   il personale Ansfisa sta sopperendo a importanti carenze di organico, basti pensare che relativamente alle unità territoriali che svolgono attività sul trasporto rapido di massa e sugli impianti fissi esistono regioni strategiche come il Piemonte o la Sardegna che non hanno assegnato ai propri uffici alcun dipendente;

   inoltre le professionalità già presenti nell'amministrazione non vengono valorizzate: all'atto della costituzione di Ansfisa sarebbe stato impedito ai dipendenti dell'ex Ansf di partecipare all'interpello per 61 posti tra professionisti, funzionari e collaboratori pur in assenza di uno specifico divieto previsto dalla legge; i concorsi banditi nel 2019 in Ansf con riserva del 20 per cento dei posti per gli interni (procedura cosiddetta legge Madia) risultano bloccati e non si ha più notizia del loro percorso; da ultimo, nel 2022 è stato bandito un concorso per 275 posti tra funzionari, collaboratori e professionisti di seconda qualifica e non si è proceduto a riservare alcun posto per il personale interno;

   nella giornata del 24 gennaio 2023 si è svolto il tavolo di conciliazione con i rappresentanti dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'Ansfisa; il Ministero dell'economia e delle finanze, pur invitato, non sarebbe stato presente; il tavolo non ha condotto a una soluzione della vertenza, tanto che le organizzazioni sindacali hanno paventato la possibilità di ricorrere allo sciopero –:

   quali iniziative i Ministri intendano intraprendere per garantire la piena efficienza degli uffici responsabili della sicurezza di tutti gli impianti ferroviari, infrastrutturali stradali e autostradali;

   se non ritengano di adottare iniziative, ciascuno per quanto di competenza, per dare completa attuazione al disposto normativo;

   se non ritengano opportuna l'adozione di un piano straordinario di assunzioni che consenta in tempi rapidi di integrare l'organico con le professionalità mancanti;

   se non intendano adottare iniziative affinché ogni dipendente venga correttamente inquadrato, valorizzando adeguatamente le tante professionalità preesistenti nell'organico.
(4-00475)


   AIELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 197 del 2022, al comma 297 ha stabilito che «Al fine di promuovere l'occupazione giovanile stabile, le disposizioni di cui al comma 10 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020, si applicano anche alle nuove assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023»;

   che la legge n. 178 del 2020 aveva disciplinato speciali misure agevolative volte all'assunzione di giovani che non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età;

   l'incentivo, per promuovere l'occupazione giovanile stabile, comma 10 dell'articolo 1 della legge 178 del 2020, oggi riproposto dal comma 297 della legge 197 del 2022, consiste in uno sgravio contributivo per i datori di lavoro che assumono giovani con meno di 36 anni, sia per nuove assunzioni a tempo indeterminato che per trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato;

   l'incentivo di cui al comma 10 della legge n. 197 del 2020, era riconosciuto per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022;

   l'incentivo di cui al comma 297 della legge 197 del 2022, conferma la formulazione agevolativa applicabile dal periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022, prorogandola a tutto il 31 dicembre 2023;

   l'esonero di cui al comma 10 della n. 178 del 2020 è concesso ai sensi della sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final del 19 marzo 2020, e successive modificazioni; pertanto, esso è soggetto all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In conformità a quanto illustrato, le Autorità italiane hanno notificato, tra le altre, la misura in trattazione alla Commissione europea, la quale ha autorizzato l'esonero di cui all'articolo 1, commi da 10 a 15, della medesima legge, per le assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato effettuate entro il 31 dicembre 2021, con la decisione C(2021) 6827 final del 16 settembre 2021;

   inoltre, la Commissione europea, in data 11 gennaio 2022, con la decisione 6(2022) 171 final, ha prorogato l'applicabilità delle agevolazioni in oggetto al 30 giugno 2022. Di conseguenza, l'esonero ha trovato applicazione in riferimento agli eventi incentivati che si sono verificati nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2022;

   a oggi molti datori di lavoro privati hanno effettuato assunzioni agevolanti nel periodo a far data dal 1° luglio 2022 al 1° dicembre 2022 a fronte della fruizione dei benefici previsti dalla normativa sopra descritta, ma che a causa della mancata autorizzazione della Commissione europea non sono ancora applicabili per tali eventi incentivati;

   l'agevolazione di cui al comma 297 della legge n. 197 del 2022 è soggetta all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, Tfue –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere in raccordo con le Autorità europee al fine di addivenire celermente a una ulteriore decisione che proroghi, in primis, l'applicabilità fino al 31 dicembre 2022 delle agevolazioni di cui comma 10 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e quali iniziative intenda porre in essere per ottenere l'autorizzazione ad applicare anche alle nuove assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 le disposizioni di cui al comma 10 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178.
(4-00476)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SCERRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'endometriosi è una malattia altamente invalidante, ampiamente diffusa tra le donne in età fertile (si stima che in Italia ne siano affette circa 3 milioni), una patologia cronica, che provoca forti ripercussioni sullo stato di salute e sulla qualità di vita della persona che ne è affetta;

   chi ne soffre è sottoposto a dolore cronico ricorrente, per il quale le terapie esistenti sono poche e non prive di effetti collaterali, tra cui gli «analoghi LHRH» – farmaci indicati per inibire completamente l'attività delle ovaie e indurre la menopausa farmacologica – ed i farmaci progestinici;

   la categoria farmaceutica ATCG03DA – che comprende i progestinici – può essere prescritta mediante impegnativa del medico di medicina generale dal 31 ottobre 1995 (essendone autorizzato l'inserimento in PTORS con indicazione specifica per l'endometriosi);

   il PTORS, tuttavia, non prende in considerazione la terapia con «dienogest», farmaco progestinico di nuova generazione ancora previsto a livello nazionale in fascia «C», nonostante sia l'unico progestinico che possiede indicazione unica ed altamente specifica nel trattamento dell'endometriosi;

   in particolare il «dienogest» è una molecola – autorizzata dall'Aifa già dal 2013 – che attenua i sintomi dell'endometriosi, riducendo il dolore, le lesioni nonché gli effetti collaterali che la terapia progestinica normalmente comporta;

   i farmaci a base di «dienogest» (Visanne e generici), pur essendo gli unici progestinici orali con l'indicazione specifica ed esclusiva per il trattamento della patologia in questione, rientrando nell'elenco dei farmaci di fascia «C» sono a totale carico della paziente, anche nei casi di endometriosi al III e IV stadio (codice esenzione 063), unici rientranti nei Livelli essenziali di assistenza (Lea);

   affinché le regioni possano concedere in regime di esenzione la molecola – nei casi di endometriosi al III e IV stadio – è necessario che la stessa venga inserita nell'elenco dei farmaci di fascia «A» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta;

   se e quali iniziative intenda adottare per adeguare gli elenchi dei farmaci di fascia «A», comprendendovi per i casi di endometriosi cronica (III e IV stadio) i trattamenti terapeutici a base di «dienogest».
(3-00181)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICHETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   dopo la Xylella Fastidiosa, oggi si rischia una nuova catastrofe annunciata: la peste suina africana, un virus che colpisce i suidi (cinghiali e maiali) innocuo per l'uomo. Per il momento la malattia pare circoscritta ai cinghiali selvatici presenti in alcune zone del Paese, come Sardegna, Piemonte, Liguria e Lazio;

   se il virus raggiungesse gli allevamenti di maiali presenti in Lombardia e Emilia-Romagna le conseguenze sarebbero disastrose: obbligo di abbattimento di tutti i capi di bestiame e blocco dell'esportazione di prodotti a base di carne suina, tempi di ripresa dell'attività di allevamento e della produzione misurabili in anni, perdite economiche ingenti per il settore e danni di immagine per le Dop e il Made in Italy;

   fra i tanti Paesi che stanno fronteggiando la peste suina africana, due sono riusciti a sconfiggere il virus nel giro di due anni, ossia Belgio e Repubblica Ceca;

   queste esperienze mostrano che si può vincere contro la Psa agendo in fretta e secondo un protocollo ben preciso che prevede limitazioni ferree delle zone infettate e delle zone cuscinetto, all'interno delle quali non deve più essere praticata nessuna attività umana, in quanto le ruote delle auto e le scarpe degli umani possono diffondere il virus fuori dalle zone infettate. All'interno di queste zone, che devono assolutamente essere recintate (il Belgio ha finanziato 300 km di recinti in collaborazione con Francia e Lussemburgo) vanno costituiti dei corridoi chiusi che permettono di abbattere tutti i cinghiali presenti della zona infettata evitando che essi scappino ed infettino altre zone; è poi necessaria l'eliminazione di tutte le carcasse infettate attraverso protocolli rigidi di biosicurezza;

   si tratta di misure drastiche ma necessarie alla sopravvivenza della specie stessa;

   in Italia e stato nominato un commissario nazionale per la Psa, ma non dispone delle necessarie risorse e finora il suo operato non si è rivelato soddisfacente: basti dire che nel giro di un anno l'area interessata dall'infezione è più che raddoppiata;

   il numero di cinghiali abbattuti nelle zone infette è irrisorio; non sono state avviate campagne di sensibilizzazione dei sindaci e dei cittadini, anche su come comportarsi in caso di ritrovamento di una carcassa di cinghiale;

   in Piemonte la Giunta regionale aveva disposto restrizioni per le aree infettate ma è poi tornata sui suoi passi prevedendo ampie deroghe, permettendo ad esempio le competizioni di pesca sportiva, purché si parcheggi sull'asfalto, o il trekking sui sentieri, purché i cittadini cambino e disinfettino le scarpe o le ruote delle biciclette; regole che lasciano ampia discrezionalità e sul cui rispetto è pressoché impossibile vigilare;

   per quanto riguarda la provincia di Roma, il commissario non ha definito un protocollo per bloccare l'infezione; a causa delle note problematiche nella gestione dei rifiuti e della presenza di cinghiali in città, la situazione può facilmente sfuggire di mano, come dimostra il caso dell'esemplare trovato positivo a Roma, che si è probabilmente infettato mangiando rifiuti e scarti di carne infette;

   la gravità della situazione emerge chiaramente dal resoconto della riunione dell'Unità centrale di crisi del 26 gennaio 2023 e dall'intervento dal rappresentante del Cerep –:

   quali urgenti iniziative si intenda porre in essere per scongiurare i gravi rischi che potrebbero derivare dalla diffusione della Peste suina africana.
(4-00477)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLA. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   in Italia soltanto il 28,3 per cento dei cittadini tra i 25 e i 34 anni è in possesso di un titolo di studio terziario (laurea o superiore) contro una media europea del 41,2 per cento secondo i dati Eurostat;

   nel 2020 in Italia soltanto il 22,7 per cento di tutti i laureati aveva una un titolo in discipline STEM, un dato inferiore a quello registrato nel 2019 (24,5 per cento) e al di sotto della media UE (24,9 per cento);

   degli oltre 50 mila giovani che ogni anno lasciano l'Italia per motivi di studio o lavoro, almeno un terzo possiede un titolo di studio terziario (dati ISTAT) e mediamente più di 1.000 sono ricercatori (dati forniti dallo studio «Staying or leaving? Patterns and determinants of Italian researchers' migration» dei ricercatori dell'Università Normale di Pisa L. Nascia, M. Pianta e T. Zacharewicz);

   al contempo, un numero significativo di ricercatori italiani attualmente all'estero manifesta la volontà di rientrare nel Paese di origine per proseguire il percorso di ricerca e insegnamento, riscontrando però gravi difficoltà nel far riconoscere la valenza dei titoli di studio ottenuti in atenei stranieri, a causa delle problematiche legate alla dichiarazione di riconoscimento accademico (cosiddetta «equipollenza»);

   parimenti, qualsiasi ricercatore straniero che desidera trasferirsi in Italia per motivi di studio o di lavoro incontra un gran numero di ostacoli al riconoscimento dei titoli accademici ottenuti all'estero;

   le difficoltà riscontrate riguardano, soprattutto, i titoli di dottorato ma anche gli attestati di laurea triennale e magistrale rilasciati da università straniere e hanno a che fare con il vasto numero di documenti da reperire, gli elevati costi per l'ottenimento e la traduzione dei suddetti documenti, nonché le lunghe tempistiche di elaborazione della procedura da parte degli enti preposti;

   le molte difficoltà riscontrate fanno spesso sì che gli interessati non riescano a partecipare ai concorsi e bandi di loro interesse, scoraggiando gli studenti e i ricercatori italiani e stranieri a rientrare o a trasferirsi nel nostro Paese per studiare o per lavorare, privando l'Italia del loro talento e delle loro potenzialità innovative;

   in aggiunta, va ricordato come il meccanismo per cui è lasciata ai singoli atenei la facoltà di stabilire unilateralmente i criteri di valutazione e rilascio del riconoscimento accademico non fa altro che peggiorare la situazione, rendendola ulteriormente disomogenea –:

   se sia a conoscenza delle difficoltà riportate dai ricercatori italiani e stranieri e quale sia l'intendimento del Governo su questo tema;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di risolvere i problemi legati alla equipollenza, auspicabilmente armonizzando e semplificando le procedure di riconoscimento dei titoli di studio.
(4-00480)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Francesco Silvestri e altri n. 3-00167, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Onori.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Gnassi e altri n. 3-00168, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Amendola.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Foti altri n. 3-00173, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 febbraio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lucaselli.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Tremonti n. 1 -00032 del 29 novembre 2022.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Braga n. 5-00014 dell'8 novembre 2022;

   interrogazione a risposta in Commissione D'Alfonso n. 5-00090 del 2 dicembre 2022.