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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 1 febbraio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    in linea con gli obiettivi del Green Deal e con l'impegno ad affrontare i problemi legati al clima e all'ambiente, puntando alla riduzione entro il 2030 delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, a luglio 2021 è stato presentato il cosiddetto pacchetto «Fit for 55» che, in base a nuovi e più ambiziosi obiettivi di riduzione, vincola il sistema energetico del nostro Paese al raggiungimento al 2030 di almeno il 72 per cento della generazione elettrica da fonti rinnovabili, fino a livelli prossimi al 95-100 per cento nel 2050;

    al fine di favorire gli investimenti sostenibili, il 12 luglio 2020 è entrato in vigore il regolamento (Ue) 2020/852, che ha introdotto nel sistema normativo europeo la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, all'interno del quale la Commissione europea ha previsto condizioni molto rigide per gli investimenti privati nel settore del nucleare, ammettendo unicamente soluzioni progettuali che dimostrino di avere adeguate risorse finanziare per il decommissioning ed essere dotati di impianti di smaltimento dei rifiuti a bassa attività già operativi e di un piano dettagliato per rendere operativa, entro il 2050, una soluzione per le scorie ad alta radioattività. Il relativo regolamento delegato (Ue) 2022/1214 della Commissione europea del 9 marzo 2022, entrato in vigore il 4 agosto 2022 e applicabile dal 1° gennaio 2023, contiene i criteri di vaglio tecnico per il gas e il nucleare nell'ambito del sistema di classificazione Ue degli investimenti considerati sostenibili;

    il 19 gennaio 2023, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, nel corso della quarta edizione dell'evento «La Ripartenza» a Milano ha dichiarato che «Dobbiamo prendere in seria considerazione il nucleare di quarta generazione che dà dei margini di sicurezza maggiore e che può essere il futuro del nostro Paese fino a poi arrivare alla fusione. Nel medio lungo periodo non l'Italia o la Ue, ma il mondo deve trovare forme di energia più avanzate. Si ragiona di fissione di quarta generazione. Dobbiamo ripensare al nucleare di quarta generazione, non è il tema del referendum che riguardava prima e seconda generazione»;

    il problema dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decommissioning è di grande attualità nel nostro Paese e ancora non si è pervenuti a una soluzione concreta per il loro smaltimento: l'iter per arrivare all'individuazione del sito idoneo a ospitare il deposito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, come richiesto dalla direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo, è ancora in corso e al momento nella fase più delicata di localizzazione;

    rifiuti e scorie degli impianti nucleari (chiusi definitivamente dal 1990) sono in parte dislocati sul territorio nazionale, in 19 siti temporanei, e in parte collocati all'estero, prossimi a tornare in Italia una volta riprocessati;

    nella risposta all'atto di sindacato ispettivo numero 5-00116 il Ministro interrogato ha confermato l'impegno a «promuovere l'efficace svolgimento delle attività previste dalla normativa, al fine di pubblicare ufficialmente la CNAI nel termine previsto.»;

    il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di conservare in assoluta sicurezza i materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività;

    i reattori attualmente esistenti, di seconda e terza generazione, sono stati costruiti in prevalenza negli anni '80 e '90, come l'impianto di Montalto di Castro e il noto reattore di Fukushima in Giappone. A partire dal 2000 sono stati progettati soprattutto reattori di terza generazione, come gli Ap1000 negli Stati Uniti, Vver-1200 in Russia, gli Epr francesi;

    nel 2001 il Generation IV international forum (Gif), a cui hanno aderito Australia, Canada, Cina, Euratom, Francia, Giappone, Russia, Sud Africa, Corea del Sud, Svizzera, Regno Unito, ha coniato il concetto di «nucleare di 4ª generazione», tecnologia che sfrutta l'energia ricavabile dalla scissione di atomi, a tutt'oggi non abbastanza matura per consentire un utilizzo industriale e per garantire condizioni di sicurezza, soprattutto nel caso dei reattori di tipo «fast-breeder». Va infatti rilevato che l'unico impianto dimostrativo di 4ª generazione al mondo su scala industriale si trova a Shidaowan, nella provincia di Shandong, collegato alla rete e messo in funzione solo a dicembre 2021;

    le attività di ricerca e sviluppo relative ai summenzionati reattori di quarta generazione non sono pertanto ancora un'opzione praticabile e non si dispone di dati sufficienti per valutarne con previsione attendibile gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute. Non sono infatti disponibili i criteri di vaglio tecnico di cui all'articolo 19, paragrafo 5, del regolamento (Ue) 2020/852, tali da garantire gli standard più elevati di sicurezza nucleare, radioprotezione e gestione dei rifiuti radioattivi;

    quanto alle tecnologie a fusione, attualmente il reattore più avanzato è ITER, in fase di costruzione a Cadarache, nel sud della Francia, sostenuto e finanziato da Unione europea, Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, India, Giappone e Russia, sospeso il 1° marzo 2022 dall'autorità francese per la sicurezza nucleare (Asn), che ha mosso rilievi sull'affidabilità del modello e sul rischio di esposizione alle radiazioni per il personale. Nelle previsioni più ottimistiche i risultati delle attuali sperimentazioni vedranno la luce non prima di 30 anni;

    a luglio 2022, il Consorzio EUROfusion, di cui fanno parte 21 organizzazioni italiane coordinate da ENEA, ha annunciato l'avvio della progettazione ingegneristica della prima centrale dimostrativa a fusione (il Demonstration Fusion Power Reactor), che verrà ultimata intorno alla metà del secolo e sarà il successore del menzionato impianto sperimentale ITER;

    secondo quanto emerso dal rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia (IEA) dedicato all'energia nucleare, pubblicato a giugno 2022, il costo medio di produzione di elettricità di un impianto nella sua durata di vita (LCOE, levelised cost of energy) è nettamente a favore del fotovoltaico, che è sceso dell'85 per cento negli ultimi 10 anni, con ulteriore futura decrescita nella prospettiva della progressiva espansione della tecnologia;

    solo l'eolico onshore si avvicina a competere con il fotovoltaico e nei prossimi anni lo farà anche l'eolico offshore. Per arrivare a competere con le rinnovabili, il nucleare dovrebbe arrivare a un LCOE di «40-80 USD/MWh (dollari per MegaWatt/Ora), compresi i costi di smantellamento e gestione dei rifiuti»;

    anche le stime di Lazard, autorevole istituzione finanziaria, confermano che la nuova capacità nucleare richiede investimenti, soprattutto nella fase iniziale, molto più alti e tempi lunghi per la messa in funzione rispetto a quelli richiesti per le fonti rinnovabili, pari ad almeno quattro volte tanto, a parità di energia generata. Inoltre, i costi del nucleare seguono una tendenza all'aumento, mentre quelli delle rinnovabili sono in continua diminuzione, soprattutto in una prospettiva di ulteriore crescita del settore tracciata dagli impegni assunti nell'ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (Cop 26);

    a tale riguardo, rileva menzionare che il reattore nucleare OL3 della centrale finlandese di Olkiluoto, costruito dal gruppo francese Areva e dalla tedesca Siemens Ag, ha accumulato tredici anni di ritardo dalla data prevista per la sua entrata in funzione, con un costo triplicato rispetto ai 3 miliardi di euro originari stimati nel 2005. Analoga sorte ha avuto il reattore Epr di Flamanville, in Normandia, iniziato nel 2007 e atteso per il 2023, dopo rallentamenti che, anche in questo caso, hanno fatto registrare un ritardo di undici anni, con costi che sono quadruplicati, passando da 3,3 miliardi di euro a 12,7 miliardi;

    anche con riferimento agli Small modular reactors (SMR), reattori da circa 300 MW di potenza, molto più piccoli rispetto a quelli tradizionali, si tratta di tecnologie ancora non disponibili sul mercato e che, da uno studio messo a punto e pubblicato sulla rivista PNAS, non avrebbero meno problemi di produzione e gestione delle scorie prodotte rispetto ai reattori ad acqua pressurizzata tradizionali; come rilevato da diverse agenzie indipendenti (IEA, IRENA) e istituzioni pubbliche (Commissione europea, IPCC) l'elettrificazione dei consumi e l'efficientamento energetico rimangono le soluzioni più efficaci e in linea con gli obiettivi della decarbonizzazione;

    risulta, inoltre, di tutta evidenza che tornare a investire nella tecnologia nucleare comporti un costo economico per i cittadini che si allontana dai meccanismi di partecipazione alla produzione di energia su base democratica, riconosciuti a livello europeo con l'adozione del Clean energy package, e implica un ridimensionamento del ruolo, riconosciuto ai consumatori, di protagonisti del processo di transizione energetica e quindi di prosumer, ossia di coloro che autoproducono e autoconsumano energia, nell'ottica di ottenere i vantaggi economici legati alla riduzione dei costi delle componenti variabili della propria bolletta (quota energia, oneri di rete e relative imposte) e della quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera, nonché della dipendenza dalle forniture dei Paesi esteri. Inoltre, le comunità di energia rinnovabile contribuiscono a incrementare il senso di appartenenza al territorio, anche come forma di integrazione economica, e accrescono la partecipazione e la responsabilità dei vari soci-utenti nella gestione ottimizzata dei consumi energetici;

    è pertanto necessario che le risorse economiche del nostro Paese non siano distratte dallo sviluppo delle fonti rinnovabili, tecnologie già mature, capaci, altresì, di dar vita a nuove prospettive di sviluppo, anche sotto il profilo imprenditoriale, di creare nuove competenze e di incrementare i livelli occupazionali lungo tutta la filiera e l'indotto legato al settore;

    va poi ricordato che la produzione di energia nucleare è stata oggetto di due referendum abrogativi, rispettivamente del 1987 e del 2011, con i quali è stata decretata la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare nel nostro Paese, senza operare distinguo sulla tecnologia utilizzata a tal fine;

    nel nostro Paese, dove i target del PNIEC devono essere rivisti al rialzo, come indicato nel Piano per la Transizione Ecologica (PTE), è richiesto un incremento del 72 per cento di fonti rinnovabili nella generazione elettrica e l'installazione di circa 70 GW di ulteriori centrali elettriche rinnovabili entro il 2030;

    a seguito degli attacchi russi all'impianto di Zaporizhzhia e all'installazione nucleare subcritica di Kharkiv il Gruppo dei Regolatori europei in materia di Sicurezza Nucleare ha espresso forte preoccupazione per la sicurezza di diversi reattori di ricerca e per i siti ove sono impiegate sorgenti radioattive ad alta attività;

    nel contesto di uno scenario geopolitico instabile, il potenziale pericolo connesso alla presenza di centrali nucleari non può essere trascurato. Lo stesso Governo italiano è stato indotto ad accelerare sulla stesura del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2022, teso ad individuare e disciplinare le misure necessarie per fronteggiare gli incidenti che avvengono in impianti nucleari collocati in Paesi esteri e che potrebbero richiedere azioni di intervento coordinate a livello nazionale;

    in occasione della Cop27 di Sharm el-Sheikh, il Ministro per l'ambiente e la sicurezza energetica Pichetto Fratin ha espresso posizioni di apertura al nucleare di quarta generazione lasciando desumere quale sarà la posizione italiana su tale tema nell'ambito delle politiche internazionali in materia di energia;

    dal 19 al 21 maggio 2023 si terrà il vertice del G7 in Giappone, seguito, nel mese di luglio, da quello della Nato a Vilnius. Il vertice si terrà a Hiroshima, città simbolo del disarmo nucleare, dove tra i temi prioritari dell'agenda globale avrà un ruolo decisivo anche quello della sicurezza energetica,

impegna il Governo:

1) a proseguire nel percorso delineato dalla road map per la transizione ecologica europea, ad oggi orientata su energie rinnovabili ed efficienza energetica, settori nei quali ogni Stato membro ha assunto impegni progressivi al 2030 e al 2050 e sui quali la convergenza tecnologica favorisce economie di scala e lo sviluppo di una supply chain europea;

2) a fornire al Parlamento un quadro puntuale circa la posizione che l'Italia intende assumere nel G7 di Hiroshima con riferimento al ruolo dell'energia nucleare nel mix energetico nazionale, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, considerato che tale tecnologia non è compatibile con le tempistiche e gli obiettivi della decarbonizzazione al 2030 e al 2050 e con le prospettive di più ampio e efficace sviluppo delle fonti rinnovabili;

3) ad adottare iniziative per assicurare il rispetto delle tempistiche per l'individuazione del deposito unico nazionale entro dicembre 2023, e garantire, in applicazione della disposizione di cui all'articolo 17 del regolamento (Ue) 2020/852, la messa in sicurezza, la completa bonifica e il ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale dove sono attualmente collocati i rifiuti radioattivi;

4) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad imprimere un maggior impulso nell'individuazione e nella perimetrazione di aree idonee destinate alle installazioni di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari ai nuovi target individuati tramite la prossima revisione del Piano Nazionale Integrato per l'energia e il clima;

5) a sostenere la ricerca verso soluzioni tecnologiche innovative, che consentano di ottimizzare lo sfruttamento delle medesime fonti e dei sistemi di accumulo, nonché a proseguire nella ricerca tecnologica per lo sviluppo dell'energia da fusione, in particolare sul confinamento magnetico, anche nell'ambito dei programmi di collaborazione con istituti e università, anche a livello internazionale;

6) a proseguire nel percorso di semplificazione delle procedure autorizzatone per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, attraverso l'indicazione di regole chiare per gli enti locali e per gli operatori, in linea con i principi e i criteri eventualmente individuati dalle regioni per la loro corretta installazione sulle superfici e sulle aree ritenute idonee, per una migliore integrazione nel territorio;

7) ad incoraggiare una maggiore diffusione delle comunità energetiche rinnovabili (CER) sul territorio nazionale attraverso la rapida adozione dei relativi decreti attuativi, nonché ad accelerare sulla pubblicazione dei bandi PNRR per la concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione delle stesse nei piccoli comuni, anche al fine di ridurre il costo dell'energia elettrica per famiglie e imprese, e migliorare la competitività di queste ultime attraverso il rilancio della filiera coinvolta e una minore esposizione a costanti fluttuazioni dei prezzi;

8) ad adottare una politica energetica che non si limiti alla mera sostituzione delle fonti maggiormente inquinanti con altre a minore livello emissivo e climalterante, ma che sia orientata alla riduzione del fabbisogno energetico attraverso misure di razionalizzazione nei settori maggiormente energivori, come quello dei trasporti e della mobilità che – in base ai dati del GSE – incidono per il 34,5 per cento dei consumi energetici complessivi del Paese, e misure di efficientamento e risparmio, come nel settore edilizio, sul quale recentemente la Commissione europea ha varato la direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia (EPBD), con la quale si intende delineare strumenti ad hoc per raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050.
(1-00056) «Sergio Costa, Pavanelli, Ilaria Fontana, L'Abbate, Appendino, Cappelletti, Morfino, Santillo, Todde».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,

   premesso che:

    in sede europea è in corso l'esame di un progetto di direttiva sull'efficienza energetica nell'edilizia (Com (2021) 802 final), proposta dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021, che fa parte delle misure da adottare nell'ambito del «Fit for 55», al fine di raggiungere gli obiettivi di efficientamento energetico e decarbonizzazione fissati a livello europeo;

    l'elemento centrale della direttiva è l'introduzione di standard minimi di prestazione energetica per gli edifici, con l'introduzione di obblighi di riqualificazione per migliorarne il rendimento energetico. Ogni Stato membro dovrà stabilire la propria strategia a lungo termine nell'ambito di un Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, per sostenere la modernizzazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati, in vista dell'obiettivo della neutralità climatica al 2050;

    per quanto riguarda l'esame del Consiglio europeo, la Presidenza ceca ha promosso un testo di compromesso su cui, il 25 ottobre 2022, il Consiglio dei ministri UE dell'energia ha definito un orientamento generale;

    l'azione italiana, portata avanti dal precedente Esecutivo per tutto il 2022, si è concentrata principalmente intorno agli standard minimi di prestazione energetica degli edifici (articolo 9). In merito alle posizioni negoziali, da un lato, Italia, Cipro, Grecia, Malta, Spagna e altri avevano chiesto un timing di adeguamento flessibile per avere un parco immobiliare compatibile con la neutralità climatica nel 2050. Dall'altro lato, Germania, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo avevano chiesto target e tempistiche più stringenti;

    il compromesso finale raggiunto ha consentito, in primis, di rivedere le tempistiche di adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici, in modo da renderle più graduali e meno stringenti, e di garantire, inoltre, la possibilità di esenzione per alcune categorie;

    rispetto al testo iniziale proposto dalla Commissione, che stabiliva target unici per tutte le tipologie di immobili al 2030, il testo avallato dal Consiglio europeo prevede che solo gli edifici residenziali di nuova costruzione dovranno essere ad emissioni zero entro il 2030. Per gli edifici residenziali esistenti la deadline per il raggiungimento del target è il 2050, inoltre sono previste delle esenzioni per alcune tipologie di edifici, tra cui gli edifici storici, i luoghi di culto e gli edifici utilizzati a scopi di difesa;

    il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica ha annunciato una serie di osservazioni critiche a nome del Governo italiano, in vista delle successive valutazioni che si faranno in sede europea e collegando la posizione finale dell'Italia al confronto sulle propose che l'Italia farà a tutela della casa degli italiani e degli europei;

    il Parlamento europeo dovrebbe approvare la sua posizione negoziale sulla direttiva in oggetto nella plenaria di metà marzo, dopo l'esame della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia Itre che dovrebbe concludersi il 9 febbraio 2023; successivamente all'adozione della posizione del Parlamento, potranno partire i negoziati interistituzionali fra Parlamento e Consiglio europeo al fine di raggiungere un compromesso su un testo condiviso;

    il contenuto della proposta di direttiva avrebbe un notevole impatto sul parco immobiliare italiano che consta di oltre 9 milioni di edifici residenziali. L'Italia è un Paese a proprietà immobiliare diffusa, sia per la tradizionale predisposizione ad abitare in una casa di proprietà, sia per la forte spinta ad investire nel settore immobiliare i risparmi; inoltre, il patrimonio edilizio italiano è molto risalente nel tempo ed è in grande parte dislocato in contesti peculiari, sia dal punto di vista della conformazione orografica, come i piccoli borghi montani, sia dal punto di vista dei vincoli paesaggistici ed ambientali, come i centri storici. Infine, nel nostro territorio, la maggior parte dei complessi edilizi è costituita da condomìni, la cui complessa gestione potrebbe comportare ritardi nel raggiungimento dei target della direttiva,

impegnano il Governo

a rappresentare, in sede europea, nel corso dei negoziati, le peculiarità dell'Italia, di modo che si consenta al nostro Paese di avere la necessaria flessibilità per raggiungere obiettivi di risparmio energetico più confacenti alle proprie caratteristiche rispetto a quelli prospettati, in considerazione sia della natura diffusa della proprietà edilizia, sia del fatto che una parte rilevante del nostro patrimonio edilizio è collocato nei centri storici, condizioni che rendono più complessi e costosi gli interventi di efficientamento.
(7-00045) «Cortelazzo, Squeri, Battistoni, Casasco, Mazzetti, Polidori».


   La IX Commissione,

   premesso che:

    i servizi di trasporto passeggeri di media e lunga percorrenza sono articolati in:

     a) servizi a mercato: svolti in autonomia commerciale, il cui rischio d'impresa è a carico di Trenitalia. In questi servizi sono compresi i cosiddetti treni Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca;

     b) servizio universale: regolato dal contratto relativo ai servizi di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico, per il quale Trenitalia riceve un corrispettivo dallo Stato al fine di garantire il trasporto sul territorio nazionale. In questo servizio sono compresi i cosiddetti treni intercity giorno e intercity notte;

    i servizi di trasporto ferroviario di interesse nazionale (passeggeri e merci) da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico sono regolati con contratti di servizio (articolo 38 della legge n. 166 del 2002, modificato dall'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 159 del 2007);

    l'affidamento del servizio deve avvenire da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel rispetto della normativa europea: si tratta in particolare del regolamento (UE) 1370/2007 che disciplina i servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che, nella sua formulazione originaria, non prevedeva l'obbligo di espletamento di una gara per il servizio pubblico di trasporto per ferrovia; si prevede infatti la possibilità, all'articolo 5, di procedere con affidamento diretto, se non vietato dalle legislazioni nazionali. Tale disposizione sarà applicabile fino al 25 dicembre 2023. Dopo tale data l'affidamento del servizio dovrà seguire le regole stabilite dal regolamento 14 dicembre 2016, n. 2016/2338, che ha modificato il regolamento (UE) 1370/2007. Tuttavia, in considerazione di un'esplicita eccezione prevista per la fase di transizione al nuovo regime, il vigente contratto di servizio potrà restare in vigore fino al 2026;

    in base alla legge n. 166 del 2002, i contratti di servizio devono avere durata non inferiore a cinque anni, con possibilità di revisioni annuali delle caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi senza necessità di procedere a modifiche contrattuali. Sono stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'impresa ferroviaria individuata sulla base della vigente normativa di settore, previa acquisizione del parere del Cipe sullo schema di contratto proposto dall'amministrazione;

    il 19 gennaio 2017 è stato definito tra Trenitalia e i Ministeri competenti il nuovo contratto di servizio 2017-2026 di durata decennale, per il trasporto passeggeri di interesse nazionale, che è sottoposto a regime di obbligo di servizio pubblico per garantire il diritto alla mobilità. Il nuovo contratto ha durata decennale, anziché quinquennale come il precedente, scaduto nel 2014 e prorogato negli ultimi due anni, ed è relativo al «servizio ferroviario universale». Il contratto comprende il network degli intercity che garantiscono i collegamenti di media/lunga percorrenza tra medi e grandi centri urbani: gli intercity giorno e gli intercity notte. Il contratto di servizio (Cds) a media e lunga percorrenza 2017-2026 vede tra gli obiettivi principali il mantenimento di tutti collegamenti ferroviari precedentemente in essere con incremento di oltre 1,8 milioni di treni/chilometro, servizi aggiuntivi a bordo treno, rinnovo e sostituzione del vecchio materiale rotabile Ic nel corso dei primi tre anni di validità del Cds;

    attraverso l'approvazione del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023, ai commi 681-682, introdotti nel corso dell'esame in sede referente, si reintroduce il parere parlamentare sui contratti di servizio con società del gruppo Ferrovie dello Stato, abrogando altresì la disposizione che aveva soppresso tale parere parlamentare;

    con riferimento alla modalità ferroviaria, la programmazione di medio-lungo termine definita prima nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e poi nell'allegato al Documento di economia e finanza 2021, prevede lo sviluppo di sistemi integrati di trasporto a lunga percorrenza e locale per una mobilità sostenibile, anche per conseguire gli obiettivi generali di: a) ridurre le disuguaglianze territoriali in termini di dotazione infrastrutturale e di servizi di mobilità, basandosi, tra l'altro, su criteri di accessibilità territoriale ed equità; b) ridurre le emissioni di gas climalteranti e l'inquinamento, in particolar modo nelle città, e procedere nel percorso della decarbonizzazione e della transizione ecologica che vede il trasporto ferroviario svolgere un ruolo centrale;

    i treni intercity giorno collegano circa 200 città. In particolare, i treni intercity giorno circolano con un sistema cadenzato:

     a) linea tirrenica Nord: collegamenti tra alcune città del Nord Italia (Torino-Milano-Genova-Ventimiglia) con le principali località della costa ligure/toscana fino a Roma, Napoli e Salerno;

     b) linea tirrenica Sud: da Roma collegamenti con Calabria e Sicilia, servendo i centri minori della costa Meridionale;

     c) linea adriatica: collegamenti da Milano/Bologna verso la riviera adriatica fino a Bari, Lecce e Taranto. Sono, inoltre, presenti collegamenti da Roma verso Trieste, Perugia/Ancona, Taranto, Bari, Firenze e Salerno, nonché da Terni a Milano e sulla linea ionica;

    i collegamenti intercity notte consentono invece spostamenti su lunghe distanze e offrono al passeggero la sistemazione in cabine letto o cuccette, nonché in posti a sedere per favorire anche gli spostamenti a breve raggio;

    i dati di traffico degli ultimi anni mostrano un interesse particolare da parte dei passeggeri verso questo tipo di mobilità. Di fatti uno sviluppo organico dell'offerta ferroviaria può rappresentare un volano di crescita per il turismo e il ciclo turismo;

    alcuni Paesi europei stanno iniziando a vietare per legge i voli nazionali a corto raggio ritenuti eccessivamente dannosi per l'ambiente e facilmente sostituibili dall'offerta ferroviaria. Il Parlamento francese, ad esempio, ha deciso che i voli nazionali andranno limitati alle sole tratte più lunghe delle due ore per evitare le emissioni di gas serra causate dalle tratte di breve durata;

    si segnala, tuttavia che il servizio universale giorno è deficitario ed in diretta concorrenza su molte direttrici con il servizio frecce a mercato o con i servizi legati al trasporto regionale sovvenzionato. L'offerta a bordo inoltre risulta, specie in alcune tratte di maggiore percorrenza, ancora estremamente deficitaria e assolutamente non in linea con gli standard dei servizi offerti sulla rete Av;

    le direttrici Ic (intercity) e Rv (regionale veloce) si trovano spesso in sovrapposizione funzionale e potrebbero essere proficuamente integrate per sviluppare una offerta al viaggiatore migliorata ed integrata con i livelli superiori ed inferiori, grazie alle coincidenze sistematiche nei nodi principali con i servizi Av ed internazionali, ed i servizi regionali e suburbani, grazie al cadenzamento integrale dei servizi a 120'-60'-30' a seconda del traffico attuale e potenziale;

    l'articolo 12 del contratto di servizio passeggeri 2017-2026 disciplina la revisione del contratto stesso. Al comma 12.1 è previsto che entro e non oltre il mese di marzo 2020, le parti (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Trenitalia spa) avrebbero dovuto avviare le procedure per la revisione dell'offerta, con particolare riferimento al programma degli investimenti per il materiale rotabile e delle condizioni di equilibrio economico-finanziario del contratto per il periodo 2022-2026. Il comma 12.2 prevedeva che la società trasmetterà ai Ministeri, entro e non oltre il mese di maggio 2020, una relazione in cui vengono indicati: i dati preconsuntivi per il periodo 2017-2020; i dati previsti per il periodo successivo insieme alla proposta di aggiornamento degli equilibri contrattuali: i dati annuali a consuntivo relativi al primo periodo contrattuale e la previsione per il successivo periodo contrattuale. Entro il mese di giugno 2020, (comma 12.3), i Ministeri avrebbero dovuto inviare le proprie controdeduzioni e, se del caso, avviano un contraddittorio;

    ad oggi, l'aggiornamento del contratto non è stato sottoscritto e si sarebbe dovuto fare entro l'anno 2021;

    la delibera dell'Autorità di regolazione dei trasporti (Art) n. 16 dell'8 febbraio 2018 rivede le «condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto passeggeri per ferrovia, nazionali e locali, connotati da oneri servizio pubblico», toccando diversi punti basilari come gli indicatori e i livelli minimi di regolarità e puntualità del servizio, di pulizia e comfort del materiale rotabile e altro (misura 4 punti 7, 8, 9, 10; misura 5 punti 1, 2, 3, 4; misura 10). La stessa Art ha espressamente previsto che le misure si applicano sia ai contratti affidati direttamente che ai contratti stipulati in data precedente a quella di entrata in vigore dell'atto regolatorio;

    va considerata la risoluzione approvata in IX Commissione n. 7-00488 che, tra i vari punti prevedeva: il potenziamento del meccanismo di rilevazione della qualità e del grado di soddisfazione del passeggero, la destinazione delle risorse relative alle penali applicate alla società, al miglioramento della qualità del servizio offerto, all'incremento dei collegamenti o all'applicazione di agevolazioni tariffarie nelle tratte che presentano le maggiori criticità; un tavolo tecnico tra i Ministeri vigilanti, la società, le associazioni di consumatori o di categoria maggiormente rappresentative nel settore dei trasporti, al fine di migliorare il servizio, ad aumentare l'offerta dei collegamenti, ad aumentare l'offerta dei servizi aggiuntivi a bordo,

impegna il Governo

   ad adottare le iniziative di competenza al fine di concludere quanto prima l'aggiornamento del contratto di servizio in essere, già ampiamente fuori tempo rispetto a quanto previsto dal contratto stesso, e, nell'ambito del nuovo contratto, che dovrà essere sottoscritto attraverso una procedura di evidenza pubblica, a valutare l'opportunità di:

    a) istituire un tavolo tecnico tra i Ministeri competenti, le regioni, le imprese ferroviarie e le associazioni dei consumatori;

    b) dividere il servizio in lotti (direttrici o regioni contigue) nonché l'organizzazione di un servizio che integri l'offerta intercity con quella dei servizi interregionali;

    c) prevedere che la proprietà dei mezzi rotabili (locomotori e carrozze) sia pubblica, in capo al Ministero o società controllata, come previsto per la proprietà dei treni che verranno acquistati con i 200 milioni di euro stanziati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e destinati al servizio universale di media/lunga percorrenza;

    d) prevedere standard qualitativi similari a quelli attualmente proposti nel servizio Av ossia, Wi-Fi, spazio bagagli adeguato, spazio ristorazione, spazio bici aumentato, spazio bimbi, abbattimento delle barriere architettoniche;

    e) attivare misure volte al potenziamento del meccanismo di rilevazione della qualità e del grado di soddisfazione, al fine di registrare sistematicamente le peculiarità e le criticità delle diverse aree del Paese, nonché per quanto concerne la regolazione delle sanzioni in essere;

    f) stanziare risorse volte a incentivare l'acquisto di nuovi treni che possano garantire una velocità media di 200 chilometri orari e un'alimentazione a 3 kv e 25 kv;

    g) incrementare e ampliare l'offerta commerciale con l'utilizzo di treni a doppia composizione per raggiungere più destinazioni riducendo i costi e integrare gli Icn con un apposito numero di posti a sedere per aumentare l'offerta;

    h) aumentare l'offerta degli intercity notte sfruttando la dorsale Av Torino-Salerno;

    i) incentivare il servizio anche nell'ottica dell'offerta turistica, a supporto del cicloturismo e delle connessioni con gli aeroporti;

    l) continuare nel perseguimento dell'obiettivo di velocizzazione delle manovre di imbarco/sbarco dei treni sullo Stretto di Messina, al fine di migliorare i tempi di percorrenza e la qualità del servizio, nonché il rinnovo strategico della flotta navale attuale e delle stazioni ferroviarie e marittime.
(7-00044) «Iaria, Fede, Traversi, Cantone».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SANZO, PORTA, TONI RICCIARDI e CARÈ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la rivoluzione digitale ha determinato una evoluzione del rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione arrivando anche alla creazione del «Sistema Pubblico d'identità Digitale» (SPID), attraverso il quale i cittadini possono accedere, tramite la propria identità digitale, ai servizi della pubblica amministrazione;

   SPID è l'identità digitale pubblica composta da credenziali personali e viene rilasciata dai Gestori di Identità Digitale (Identity Provider), i quali sono soggetti privati accreditati da AgID che ne definisce i criteri operativi;

   circa sei milioni di italiani sono residenti all'estero ed iscritti all'Aire. Tali connazionali hanno ripetutamente manifestato difficoltà nell'ottenimento dello SPID vedendosi, quindi, precluso l'accesso ai servizi in rete della pubblica amministrazione, come quelli dell'INPS;

   lo Spid era indicato come obbligatorio dal 1° gennaio 2023 per poter accedere ai servizi della pubblica amministrazione, tra cui al portale Fast It. Mentre chi era già in possesso di credenziali per l'accesso ai portali informatici, diverse da SPID e CIE, avrebbe potuto utilizzarle solo fino al 31 marzo 2023. Attualmente, il decreto di «Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi» all'esame del Senato della Repubblica, all'articolo 13, comma 1, in relazione ai servizi in rete del Maeci per i connazionali all'estero, dispone la proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023, del termine per il rilascio di credenziali per l'identificazione e l'accesso dei connazionali ai servizi in rete a loro riservati diverse da SPID, CIE e CNS, prorogando anche le credenziali già rilasciate e non scadute dal 31 marzo 2023 al 31 marzo 2024;

   molti Gestori di Identità Digitale non ancora effettuano l'invio dei messaggi di verifica sui telefoni cellulari esteri e quindi non è possibile rivolgersi a loro per ottenere lo SPID;

   secondo il Codice dell'amministrazione digitale, «Le pubbliche amministrazioni nell'organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto del principio di eguaglianza e di non discriminazione...»;

   è importante che gli iscritti (Aire) abbiamo pari opportunità nell'accedere ai servizi che la PA offre ai cittadini italiani, anche con riferimento ai costi del servizio, e quindi sia consentito di ottenere gli strumenti di accesso alla PA, lo SPID nella fattispecie, con facilità evitando di richiedere la produzione del codice fiscale, da richiedere in consolato con tempi considerevoli di attesa e conseguente aumento del carico di lavoro per gli uffici già in carenza di organico, peraltro già contenuto nel chip del passaporto elettronico;

   l'implementazione delle iniziative progettuali di trasformazione digitale della PA possono implicare l'accesso ai servizi digitali anche per gli iscritti Aire e pertanto è importante che vi sia una adeguata campagna informativa all'estero promossa dai consolati verso i nostri connazionali, valutando la possibilità di coinvolgere altri soggetti collegati con la Comunità italiana all'estero, come Comites, patronati, stampa;

   è importante che lo Stato garantisca a tutti i propri cittadini la cittadinanza amministrativa come si profila con le nuove applicazioni digitali, eque ed inclusive, prevedendo allo stesso modo l'accesso effettivo per tutti –:

   se non ritengano necessario adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze:

    a) per facilitare l'accesso al Sistema pubblico d'identità digitale (SPID), anche in maniera gratuita, per tutti i cittadini italiani iscritti all'Aire, richiedendo, come requisito per l'esercizio da parte di tutti i Gestori di identità digitale la garanzia della piena ricezione e invio dei messaggi ai cellulari esteri;

    b) per eliminare la richiesta dell'esibizione del codice fiscale per l'ottenimento dello SPID, in modo da eliminare il sovraccarico di lavoro ai consolati;

    c) per attivare delle modalità di informazione e delle forme di assistenza agli iscritti Aire per ottenere lo SPID;

    d) per implementare il principio del once only, le novità introdotte con la cooperazione applicativa tecnologica e l'interoperabilità delle banche dati.
(4-00381)


   PANIZZUT, LAZZARINI, LOIZZO e MATONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con provvedimenti in data 15 dicembre 2022, il Garante per la protezione dei dati personali ha irrogato nei confronti di tre aziende sanitarie della regione autonoma Friuli Venezia Giulia una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 55.000,00 ciascuna, a fronte di una presunta «illiceità» nel trattamento dei dati personali da queste gestiti nel corso dell'emergenza COVID-19;

   in particolare, il Garante ha sanzionato le suddette aziende sanitarie perché avrebbero «elaborato i dati presenti nelle banche dati aziendali allo scopo di attivare nei confronti degli assistiti opportuni interventi di medicina di iniziativa e individuare per tempo i percorsi diagnostici e terapeutici più idonei», in assenza, tra l'altro, di una «idonea base normativa», (in questi termini, si veda la nota stampa pubblicata sul sito istituzionale del Garante);

   come ha rilevato la regione e con essa lo stesso Presidente regionale della Federazione dei medici chirurghi e degli odontoiatri, il trattamento oggetto di contestazione risaliva alle fasi più critiche della pandemia e si poneva la finalità di tutelare la salute dei soggetti fragili, affinché – visto l'aumentato rischio comportato dal Covid – potessero essere invitati per tempo a sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica;

   a quanto risulta, le aziende sanitarie non avrebbero fatto altro che trasmettere una lista di pazienti ritenuti fragili ai medici di medicina generale (mmg), circoscrivendo peraltro il trattamento ai soli assistiti che avevano già espresso lo specifico consenso alla comunicazione dei propri dati ai mmg stessi;

   il trattamento troverebbe quindi il proprio fondamento giuridico nel consenso fornito dall'interessato in ordine alla visibilità dei propri dati da parte del medico di medicina generale. Tant'è che non sono pervenute al Garante segnalazioni o reclami da parte di specifici interessati in relazione alla questione esaminata;

   secondo quanto rilevato dallo stesso Garante, inoltre, i dati trattati sono stati pseudonimizzati nel corso del procedimento attraverso l'apposizione di codici numerici casuali elaborati dall'Agenzia regionale di coordinamento alla salute;

   provvedimenti del tipo di quelli qui in esame – attualmente oggetto di impugnazione – rischiano di trasformare la prudenza in esasperazione, punendo paradossalmente le aziende sanitarie che hanno tentato, con i mezzi a disposizione, di tutelare al meglio la salute dei propri assistiti in un contesto di grave emergenza sanitaria –:

   se non ritengano di adottare iniziative di carattere normativo al fine di assicurare un adeguato bilanciamento degli interessi coinvolti in vicende quale quella di cui in premessa, in maniera tale da scongiurare, di conseguenza, eventuali sanzioni e prevenire l'aggravio della burocrazia alla quale sono sottoposte le aziende sanitarie.
(4-00382)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   PORTA, DI SANZO, TONI RICCIARDI e CARÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, la retribuzione annua base degli impiegati a contratto di cui all'articolo 152 è suscettibile di revisione in relazione al mutare del costo della vita, delle retribuzioni, corrisposte nella stessa sede da altre rappresentanze, nonché delle condizioni del mercato del lavoro locale;

   malgrado la ratio della norma sia chiara, questa viene disattesa in ragione sia della discrezionalità in materia esercitata dall'amministrazione, sia dell'inconsistenza delle risorse annualmente autorizzate, per far fronte agli adeguamenti sopra menzionati;

   nello specifico, le risorse per il riadeguamento stipendiale non sono stanziate in maniera automatica poiché il capitolo di spesa non è obbligatorio, ma sono aggiornate annualmente attraverso emendamenti, pertanto si tratta di un finanziamento variabile che è suscettibile della discrezionalità politico-amministrativa;

   in occasione dell'ultima legge di bilancio è stata autorizzata la spesa di appena 500.000 euro, metà di quanto stanziato per l'anno 2022. Tale cifra risulta assolutamente inadeguata per far fronte alle richieste di incremento stipendiale, attualmente sottoposte dalle sedi estere: per dimostrare quella che agli interroganti pare una assurda proporzione tra numero di contrattisti e risorse disponibili, si evidenzia che una loro distribuzione su 3150 unità di personale equivarrebbe ad un aumento di circa 13 euro pro capite;

   attualmente risulta agli interroganti che nelle prime due settimane del 2023 la Direzione Generale per le risorse e l'innovazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sia stata destinataria di 30 richieste ufficiali di adeguamento da parte dei capi missione a cui si aggiungeranno almeno altre 40 nel corso dei prossimi mesi;

   ad aggravare il quadro delineato, si aggiungono le criticità economico-politiche dell'ultimo anno che hanno determinato una spirale inflazionistica che sta mettendo a dura prova la qualità della vita ed il potere di acquisto dei nostri contrattisti, in particolare quelli che percepiscono lo stipendio in euro, che in ragione dell'imperante deprezzamento, assistono ad una decurtazione retributiva che arriva anche al 35 per cento;

   tutto ciò stride con il ruolo fondamentale da essi svolto nelle sedi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dove la penuria di AAFF porta ad un sovramansionamento di quello a contratto ed un incremento della mole di lavoro, con conseguenze deleterie in termini di qualità e di efficienza dei servizi destinati ai connazionali e alle imprese, in controtendenza rispetto agli auspici di questo Governo –:

   se non si ritenga urgente adottare iniziative di competenza volte a prevedere un incremento delle risorse di cui in premessa al fine di consentire riadeguamenti retributivi e dare «ossigeno» ai lavoratori a contratto delle sedi estere.
(5-00335)


   ONORI e LOMUTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la costante violazione dei diritti umani in Iran, ormai da decenni, rappresenta una drammatica realtà. La situazione, purtroppo, non accenna a migliorare. Le esecuzioni in Iran sarebbero, infatti, addirittura aumentate nella prima metà del 2022, raddoppiando il totale di quelle effettuate nello stesso periodo del 2021. Iran Human Rights (Ihr), ha dichiarato che da gennaio a giugno 2022 sono state eseguite almeno 251 esecuzioni, rispetto alle 117 della prima metà del 2021;

   a settembre 2022, il malcontento popolare è deflagrato nel Paese, in seguito alla morte della studentessa ventiduenne Mahsa Amini, arrestata il 13 settembre a causa del suo velo, a quanto pare non indossato correttamente. L'evento ha scatenato la rabbia della popolazione, esasperata da decenni di repressione in ambito sociale così come dal deterioramento del tessuto economico e produttivo, a seguito del quale importanti forme di dissenso e disordini interessano ormai da mesi le maggiori città iraniane;

   il 6 novembre 2022, 227 deputati sui 290 che compongono il Parlamento iraniano hanno sottoscritto un documento in cui si invoca la pena di morte per chi osa manifestare contro il regime;

   sono già state eseguite quattro pene capitali e decine di persone, tra cui tre minorenni, rischiano l'esecuzione in relazione alle proteste in corso in Iran;

   tuttavia, continua la mobilitazione degli iraniani in diverse città del mondo, alle cui voci si uniscono ogni volta migliaia di cittadini, così come lo sdegno della comunità internazionale;

   molti parlamentari, tra i quali gli interroganti, hanno partecipato a iniziative volte a manifestare l'indignazione per la tragica situazione esposta, in nome della lotta per i diritti umani e la dignità –:

   se e quali iniziative urgenti intenda intraprendere, nelle opportune sedi internazionali, al fine di bloccare l'esecuzione delle sentenze di condanna a morte emesse nei confronti dei manifestanti arrestati, nonché di farsi promotore di azioni coordinate da parte degli ambasciatori in Iran dei 27 Stati membri al fine di ottenere la possibilità di accesso e visita a carceri e tribunali per monitorare le reali condizioni dei manifestanti condannati a morte, ingiustamente detenuti.
(5-00336)


   FORMENTINI, BILLI, COIN e CRIPPA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la città portuale di Tangeri è un polo emergente dell'economia marocchina, dotato di un grande porto, Tanger Med, in via di ulteriore potenziamento, circondato da una zona franca e collegato ad una rete ferroviaria moderna atta a movimentare merci e persone;

   il Tanger Med Port Complex collega già il Marocco a 77 paesi e 186 altri porti, circostanza che lo rende appetibile per qualsiasi investitore italiano sia interessato ad allargare i propri mercati, specialmente in Africa occidentale ed America del Sud;

   opererebbero nella zona di Tangeri oltre novecento società, la metà delle quali europee;

   l'Italia ha istituito in Marocco due Consolati generali, che si trovano rispettivamente a Rabat, con competenza circoscritta alla regione della capitale, e Casablanca, la cui area di responsabilità si estende a tutto il resto del Paese;

   esistono altresì consolati onorari ad Agadir, Marrakech e Fes, mentre ad Essaouira, Fkih Ben Salah, Nador e nella stessa Tangeri sono presenti solo corrispondenti consolari, che non possono svolgere alcuna funzione amministrativa;

   tale circostanza svantaggia le imprese italiane presenti nella regione di Tangeri e quelle interessate ad insediarvisi rispetto alle loro concorrenti europee;

   a Tangeri lo Stato italiano è proprietario dal 1926 del palazzo delle Istituzioni italiane, un grande complesso immobiliare di oltre 3 ettari di estensione, comprendente lo storico palazzo dell'ex Sultano Moulay Hafid, gioiello di architettura ed artigianato moresco, ed altri ambienti ristrutturabili a costo contenuto ed in grado di ospitare uffici di rango consolare nonché eventi culturali e di promozione economica del made in Italy;

   l'apertura di un terzo Consolato generale d'Italia in Marocco a Tangeri alleggerirebbe inoltre il carico di lavoro gravante su quello di Casablanca –:

   quali ragioni ostino alla creazione di un Consolato generale d'Italia a Tangeri con sede nel palazzo delle Istituzioni italiane.
(5-00337)


   MARROCCO e ORSINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 26 gennaio 2022 l'emittente panaraba di proprietà saudita «Al Arabiya» ha diffuso la notizia che le autorità iraniane hanno emesso una condanna a morte contro una donna incinta di origine curda, accusata di aver dato fuoco a un'immagine del fondatore della Repubblica islamica dell'Iran, Ruhollah Khomeini;

   secondo la televisione la donna rischia una «esecuzione imminente» e il Consiglia per i diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto una «azione urgente» per contrastare tale decisione;

   si tratta dell'ennesima condanna irrogata dalle autorità giudiziarie iraniane nel tentativo di reprimere le proteste contro il Governo che si susseguono dal 16 settembre 2022, giorno del decesso della giovane Masha Amini;

   è ormai troppo alto il tributo di sangue di innocenti che pagano con la vita le proteste contro un regime dispotico e violento che nega anche i diritti umani fondamentali;

   secondo la Ong con sede ad Oslo «Iran Human Rights» che sta monitorando la situazione nel Paese sarebbero ormai più di 110 le persone arrestate in Iran che rischiano di essere condannate a morte o giustiziate, ma il numero potrebbe essere anche maggiore: le autorità di Teheran esercitano infatti pressioni sulle famiglie dei condannati affinché non rendano pubbliche le loro vicende;

   la maggior parte delle persone hanno tra i 20 e i 30 anni e alcuni sono minorenni;

   si stima che dall'inizio del 2022 l'Iran abbia raggiunto il triste primato delle 500 esecuzioni capitali. Si tratta della cifra più alta degli ultimi anni. In tutto il 2021 erano state 372, in tutto il 2020 erano state 284, e 298 nel 2019 –:

   quali iniziative, in sede bilaterale con l'Iran, in sede europea e internazionale intenda mettere in campo per spingere il Governo iraniano a non macchiarsi di un crimine simile.
(5-00338)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLDRINI, AMENDOLA, PORTA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi si è aggravata la tensione fra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda e si è ormai in una guerra aperta per il controllo di tre province congolesi del Nordest (Ituri, Nord Kivu e Sud Kivu), un'area in cui sono presenti ingenti giacimenti di oro, diamanti e coltan, un minerale raro che serve per la costruzione di dispositivi elettronici, perché ha ottime proprietà di conduzione;

   nelle province orientali la situazione della sicurezza è sempre più critica tanto che, recentemente, i ribelli del gruppo M23 si sono scontrati con le truppe governative e le milizie rivali, tagliando una via di collegamento vitale con Goma, la città principale della regione dove c'è anche l'aeroporto delle Nazioni Unite, bloccando così non soltanto i rifornimenti ma anche la circolazione dei mezzi militari e umanitari dell'Onu;

   il 22 febbraio 2021 proprio nel Nord Kivu veniva ucciso in un agguato l'ambasciatore italiano Luca Attanasio, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all'autista congolese Mustapha Milambo;

   la Repubblica Democratica del Congo accusa il Ruanda di voler occupare stabilmente il paese mediante le milizie di M23 – sigla di Mouvement du 23 Mars – un corpo armato irregolare che opera nella provincia del Nord-Kivu, che combatte le autorità centrali di Kinshasa e denuncia, a sua volta, tentativi di «genocidio» contro i tutsi congolesi;

   non solo le autorità della Repubblica Democratica del Congo, ma anche l'Onu e molti osservatori internazionali considerano che M23 sia sostenuto dalle autorità del Ruanda e che ci sia proprio Kigali dietro i ripetuti attacchi del gruppo armato;

   la sera del 24 gennaio 2023 le forze armate del Ruanda hanno aperto il fuoco su un velivolo del Congo accusato di violare il suo spazio aereo. L'Esecutivo di Kinshasa ha replicato che l'aereo, un Sukhoi-25, non ha mai oltrepassato lo spazio aereo nazionale e sarebbe stato colpito nelle vicinanze dello scalo internazionale di Goma;

   l'episodio è l'ultimo capitolo di un'escalation che non si arresta, nonostante il 23 novembre 2022 fosse stato raggiunto in Angola un accordo per il cessate il fuoco e per il ritiro dell'M23 dai territori conquistati;

   gli sfollati interni nella Repubblica Democratica del Congo sono oltre 5,6 milioni, cifra che rende questa la popolazione sfollata più numerosa sul continente africano e una delle più numerose su scala mondiale;

   la Repubblica Democratica del Congo, con i suoi 80 milioni di abitanti, è oggi il Paese con uno dei Pil pro capite più bassi del mondo –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, sia in rapporti bilaterali con i due Paesi, sia nelle relazioni internazionali, con i Paesi dell'Est Africa, di concerto con i partner europei e internazionali, per accelerare i tentativi di pacificazione avviati a livello regionale e internazionale e scongiurare lo scoppio di una guerra su più vasta scala che destabilizzerebbe ulteriormente la regione africana.
(5-00342)

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA, AMENDOLA, BOLDRINI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   Secondo la «United Nations Conference on Environment and Development, UNCED» di Rio de Janeiro tenutasi nel 1992, l'utilizzo delle risorse forestali deve avvenire senza ledere i principi di conservazione e sviluppo delle stesse foreste, attribuendo la stessa importanza alla protezione dell'ambiente, allo sviluppo economico e a quello sociale. Inoltre, la New York Declaration on Forests, del 23 settembre 2014, oltre a suggerire azioni specifiche tese a implementare la sostenibilità, propone idee per un'azione collaborativa, criteri di sostenibilità per i settori delle materie prime e il riconoscimento dei diritti e lo sviluppo delle opportunità di reddito per le popolazioni indigene;

   la foresta amazzonica è una realtà di interesse internazionale che copre circa la metà del territorio del Brasile. Di conseguenza risulta di fondamentale importanza assicurarne il mantenimento per garantire gli equilibri ambientali sia locali che globali contenendo circa il 10 per cento del patrimonio mondiale di biodiversità. In tale contesto vive anche più della metà della popolazione indigena del Brasile, cioè circa 450 mila persone. Con la Costituzione del 1988, il Brasile ha riconosciuto i diritti fondamentali delle popolazioni indigene, rispettandone l'autonomia sotto i vari punti di vista, mettendo di conseguenza il freno allo sfruttamento predatorio di quel territorio e riconoscendo l'uso esclusivo e il possesso permanente delle terre indigene ai nativi stessi pur rimanendo la proprietà dello Stato federale del Brasile, che può intervenire su tale territorio previa consultazione delle popolazioni interessate;

   nonostante tali riconoscimenti sul piano del diritto, le popolazioni indigene hanno continuato a veder negati i propri diritti e sono in essere vari conflitti tra gli indigeni stessi e le compagnie minerarie interessate allo sfruttamento di un sottosuolo molto ricco oltre alle incursioni dei minatori artigianali che penetrano illegalmente nei territori indigeni alla ricerca di metalli preziosi;

   da notizie stampa, confermate da autorevoli organismi a carattere internazionalistico, durante la presidenza Bolsonaro gli indigeni sarebbero stati flagellati dalla fame a causa delle attività minerarie illegali dei «garimpeiros», nel Roraima. Tale situazione ha portato a malnutrizione e morte, tanto che si calcola che, negli ultimi anni, ogni 60 ore muoia un bambino Yanomami, sotto i 5 anni, per fame e malattie correlate, contando complessivamente ben 570 bambini deceduti. Le attività illecite hanno modificato l'equilibrio ambientale portando ad una catastrofe umanitaria denunciata da varie organizzazioni, soprattutto cattoliche, che hanno portato a provvedimenti inascoltati da parte del Governo Bolsonaro, favorevole allo sfruttamento minerario;

   in questi giorni, data la condizione umanitaria, il nuovo Presidente Lula ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria e la Ministra dell'ambiente ha deciso di attivarsi per cacciare i «garimpeiros» dalle terre indigene che avevano costruito anche ben 40 piste di atterraggio illegali;

   sempre da notizie stampa, come quelle contenute in un ampio e dettagliato reportage della rivista «Reporter Brasil», si rileva che l'oro estratto illegalmente da questi minatori altrettanto illegali sia stato acquistato da un'azienda italiana legata alla lavorazione dell'oro –:

   quali iniziative intendono adottare i Ministri interrogati, ognuno per la propria competenza, affinché vengano implementati gli accordi internazionali in vigore per assicurare la sostenibilità e la tutela delle popolazioni indigene e venga aiutato il popolo Yanomami ad uscire dall'emergenza, nonché al fine di rafforzare la rete di controllo sulla filiera dei prodotti provenienti dall'estero, in maniera che siano chiare ed evidenti le certificazioni richieste sul piano internazionale, per assicurare un Made in Italy che rispetti l'eticità dell'origine dei prodotti secondo norme internazionali universalmente acclarate.
(4-00379)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAVANELLI, ONORI e FEDE. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   per «end of waste» si intende il processo attraverso il quale un rifiuto cessa di essere tale, per mezzo di procedure di recupero, acquisendo lo status di prodotto. Tale concetto trova fondamento normativo all'interno dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 come da ultimo modificato dal decreto-legge n. 101 del 2019;

   la citata norma chiarisce che la procedura di recupero deve soddisfare dei criteri specifici da adottare nel rispetto delle condizioni indicate dalla direttiva 2008/98/CE, mentre ai sensi del comma 2, si prevede che in mancanza di comunitari, si deve fare riferimento ai criteri adottati caso per caso con uno o più decreti del Ministro interrogato, in base alle specifiche tipologie di rifiuto;

   allo stato dei fatti, la normativa applicabile risale ancora al decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 che, tuttavia, non risulta aggiornato ai materiali e ai processi innovativi attualmente utilizzati e in costante sviluppo;

   il perdurante ritardo nell'emanazione dei decreti sull'end of waste ha già determinato e continua a determinare un ingiustificato aggravio economico per le imprese del settore tessile, costrette a sopportare il progressivo aumento degli oneri di smaltimento, con rilevanti conseguenze anche in termini di competitività;

   l'urgenza di adottare un decreto ministeriale relativo all'end of waste dei tessili è stata rilevata altresì dal Cronoprogramma di attuazione delle misure della Strategia nazionale per l'economia circolare del dipartimento per lo sviluppo sostenibile del dicastero interrogato. Oltre al settore tessile, chiamato ad orientarsi verso una maggiore sostenibilità, il documento ritiene imprescindibile l'adozione di appositi decreti attuativi in ambito di end of waste dei rifiuti da costruzione, delle terre di spazzamento stradale, delle plastiche miste, nonché delle pile e degli accumulatori;

   i citati interventi in subjecta materia risultano necessari e urgenti al fine di favorire il processo di transizione verso un'economia circolare, nonché per conseguire il rispetto degli obiettivi prefissati dal Green Deal europeo e più recentemente ribaditi dal piano dell'Ue denominato «Fit for 55»;

   il Ministro dell'ambiente pro tempore, già nel marzo 2021, ha manifestato, con riferimento all'end of waste «la volontà di accelerare notevolmente le attività finalizzate all'adozione degli atti secondari relativi» –:

   quale sia, in concreto, lo stato dell'iter per l'emanazione dei decreti ministeriali in materia di end of waste, a tutela delle imprese del settore, nonché alla luce degli impegni assunti a livello ambientale dall'Italia in sede comunitaria e internazionale.
(5-00340)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ben cinque leggi speciali dal 1973 al ‘95, il Piano morfologico del 1993 e il PALAV del 1995 hanno dettato prescrizioni per il riequilibrio della laguna di Venezia, in particolare per ridurre la portata idraulica delle bocche di porto e dei canali e lasciare fuori dalla laguna navi sempre più grandi incompatibili;

   dopo dieci anni, nel 2003 la Commissione di salvaguardia, dopo mesi di approfondimenti, ha approvato all'unanimità le prescrizioni e le direttive per il progetto di riqualificazione del Canale dei Petroli che, tra l'altro, precisano: a)«Riduzione dell'officiosità (portata idraulica) del canale fin dalla bocca di Malamocco»; b) «Opere rimovibili e sperimentali al prosieguo degli interventi programmati con il piano morfologico del '92-'93»; c) «Marginamenti per la Cassa di colmata B con un intervento maggiormente sensibile e meno impattante con il contesto ambientale»; d) «Le energie anomale ed eccessive dovute alla innaturalità dell'assetto attuale e ai passaggi delle navi vengano ridotte al minimo»; e) «Riduzione dell'invaso del Canale dei Petroli nel primo tratto a una profondità massima 12-13mt»; f) «Le energie anomale non riducibili dovranno comunque essere inglobate nei nuovi assetti in modo da divenire fattori di vivificazione, di rinaturazione e di nuovo equilibrio dinamico»; g) Nel tratto intermedio «sul lato acque libere del Canale, la protezione delle sponde non limiti la funzionalità delle nuove superfici a barena e velma... consentire la circolazione delle acque in corrispondenza dei canali preesistenti in modo da ricevere le onde provocate dalle navi trasformandole da elementi di aggressione ad elementi di vivificazione delle aree lagunari retrostanti»; h) «Lato casse di colmata creare dei chiari interni per costituire piccole casse di espansione per l'onda prodotta dalla nave e rinaturazione progressiva dell'assetto morfologico ed energetico»;

   il 21 dicembre 2022 l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale avviava ad esecuzione, mediante bando di gara con scadenza delle domande di partecipazione al 24 gennaio 2023, un «nuovo progetto», sebbene sostanzialmente il medesimo succitato con una diversa titolazione «Opere di manutenzione e ripristino ... delle casse di colmata A, B, D-E, lato laguna viva»;

   tutto ciò affinché lo Stato con le sue strutture (Provveditorato opere pubbliche, Distretto idrografico, Soprintendenza) e la regione possano riprendere in mano la responsabilità di rispettare e attuare le norme che prescrivono di riequilibrare e riqualificare la laguna portando all'esterno le navi incompatibili con la funzionalità morfologica ed ecosistemica della laguna;

   nonostante ciò, recentemente Italia Nostra, WWF, Ecoistituto del Veneto, Venezia Cambia e Comitato ambientalista Altro Lido, sono stati costretti ad inviare un esposto denuncia al Ministero dell'ambiente, al Comando dei Carabinieri e al NOE, alla Commissione europea e all'Unesco, contro un bando di gara dell'Autorità Portuale per la «protezione e la conservazione delle aree di bordo del canale Malamocco-Marghera», per un valore complessivo di 19 milioni e mezzo di euro, progetto identico già presentato dal Provveditorato, oggi ne è stata cambiata solo l'etichetta, già bloccato dal Ministero dell'ambiente perché privo di valutazione d'impatto ambientale;

   non si tratta di manutenzione ordinaria per garantire la navigazione, ma di oltre 7 chilometri di nuovo marginamento e le cosiddette casse di colmata come previsto dal decreto del 1975 avrebbero dovuto essere tolte per ripristinare la laguna –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di scongiurare, come già fatto precedentemente, interventi invasivi che possano compromettere il Piano morfologico del 1993 e il PALAV del 1995 che hanno dettato prescrizioni per il riequilibrio della laguna di Venezia, in particolare per ridurre la portata idraulica delle bocche di porto e dei canali portuali e lasciando fuori le navi sempre più grandi incompatibili.
(4-00376)


   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende da organi di stampa, su iniziativa del Consorzio di bonifica della Piana di Venafro (Isernia) sarebbe stato siglato un protocollo di intesa tra lo stesso Consorzio di Bonifica e sedici comuni, ricadenti in un vasto territorio delle province di Isernia e Caserta, finalizzato ad estendere l'attuale comprensorio irriguo del consorzio, oggi limitato alla destra orografica del fiume Volturno nel territorio di Venafro, alle pianure di Capriati e Torcino (Caserta);

   detto protocollo d'intesa sarebbe attuato attraverso un progetto strategico che prevede la costruzione di vasche per l'accumulo delle acque pluviali, la realizzazione di una condotta acquedottistica associata alla costruzione di un ponte stradale sul fiume Volturno e altre opere connesse di rilevante impatto ambientale;

   l'area oggetto dell'intervento ricade in parte nella Zona speciale di conservazione – IT8010027) denominata «Fiumi Volturno e Calore Beneventano» e in quella presente nel medio Volturno, per la conservazione della lontra europea (Lutra lutra), entrambi siti della Rete Natura 2000, e quindi il progetto di eventuali nuove infrastrutture deve essere soggetto alla procedura e relativo parere di Valutazione d'incidenza, ricompresa nell'ambito della procedura di Valutazione impatto ambientale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, articolo 5, comma 4;

   le aree ove verrebbero realizzate le nuove infrastrutture previste dal progetto strategico sarebbero interessate inoltre da diversi vincoli paesaggistici derivanti dalla presenza di fiumi, torrenti e corsi d'acqua e di territori ricoperti da foreste e boschi ripariali, oltre che oggetto di specifici vincoli derivanti da dichiarazione d'interesse pubblico a norma dei decreti ministeriali 23 giugno 1975 (Comune di Venafro) e 11 febbraio 1976 (Comune di Pozzilli);

   la localizzazione delle nuove infrastrutture previste risulterebbe in contrasto con il Piano Stralcio di Tutela Ambientale dell'ex Autorità di Bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno, recepito all'interno del sistema di pianificazione dell'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino meridionale che prevede il «Progetto Conservazione Zone Umide – Area Pilota Le Mortine», adottato ai sensi del comma 1 dell'articolo 18 della legge 18 maggio 1989, n. 183 e successivamente approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 aprile 2006 Gazzetta Ufficiale serie generale n. 245 del 20 ottobre 2006;

   la zonizzazione del suddetto Progetto di Conservazione rimanda a specifiche discipline d'uso e divieti volte a tutelare e conservare le zone di alveo di magra o delle relative pertinenze, coincidenti in buona parte con i sistemi naturali o semi-naturali, soggetti a notevole pressione o minaccia antropica –:

   se i Ministri interrogati risultino a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere affinché siano adeguatamente valutati tutti gli impatti su habitat e specie della rete Natura 2000, fortemente minacciati dall'eventuale realizzazione degli interventi oggetto del protocollo d'intesa su iniziativa del Consorzio di bonifica della Piana di Venafro (IS) e sia garantito il rigoroso rispetto delle norme di tutela sui beni e le aree sottoposte a vincolo paesistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
(4-00384)


   GHIRRA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza climatica globale comporta la necessità di scelte di politiche eco-sostenibili e, fra queste, di ridurre l'uso dei combustibili fossili;

   dal 2016 è vincolante per l'Italia l'Accordo sul clima di Parigi, che si propone di contenere l'incremento della temperatura media globale sotto i 2 °C al di sopra dei livelli pre-industriali e a limitare tale incremento a 1,5 °C;

   secondo i dati diffusi dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, la riduzione delle emissioni di Co2 ottenuta attraverso la sostituzione dei combustibili con il solo metano è comunque insufficiente al raggiungimento degli obiettivi previsti dall'Accordo sul clima; peraltro il metano è esso stesso un gas climalterante la cui combustione inquina e genera conseguenze sanitarie tangibili;

   da notizie di stampa si apprende di un accordo del Governo con l'Algeria per lo studio e la realizzazione del gasdotto Galsi, che dovrebbe trasportare, oltre al metano, idrogeno, ammoniaca ed elettricità;

   l'idrogeno può offrire un contributo per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2050, ma il processo di «estrazione» comporta il consumo di energia e ingenti emissioni di anidride carbonica;

   per ridurre il gap energetico sofferto dalla Sardegna a causa dell'insularità, da decenni si discute di metanizzazione e, in particolare di recente, della realizzazione di un metanodotto, i cui scavi comprometterebbero attività economiche agricole e aree di rilevanza ambientale e archeologica;

   il progetto prevede, oltre le reti cittadine, 5 depositi costieri, da cui il metano sarà trasportato su gomma in 38 bacini dislocati nell'isola attraverso l'unica arteria che garantisce i collegamenti tra il nord e il sud Sardegna, e un rigassificatore previsto a 300 metri dalle abitazioni del villaggio pescatori di Giorgino (Cagliari), nonché a 200 metri dall'importante svincolo della SS 195 Litoranea, esponendo a un elevato rischio i residenti e il delicato contesto ambientale della laguna di Santa Gilla;

   investire su questa megastruttura comporta necessariamente la sottrazione di risorse alla programmazione sostenibile delle energie rinnovabili;

   l'acquisto del metano e il suo trasporto sono determinati da contratti di approvvigionamento rigidi che, una volta stipulati, hanno dei vincoli che non rispondono alle esigenze della transizione;

   l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente ha, inoltre, stabilito di attribuire alla Sardegna un ambito unico, eliminando l'ipotesi della tariffa agevolata, laddove il Patto per la Sardegna parlava di meccanismi di compensazione per i consumatori domestici dell'isola;

   difformemente da quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 6, comma 2, e articolo 7, commi 1 e 2, e dalla Direttiva 2001/42/CE, il programma di metanizzazione non è stato sottoposto a Valutazione ambientale strategica (Vas), come invece richiesto anche dal Servizio valutazioni ambientali della regione Sardegna a conclusione del procedimento di Vas del Pears –:

   se non ritenga opportuno diffondere il contenuto dell'accordo siglato dal Governo con l'Algeria e se ritenga il progetto Galsi, dipendente da fonti energetiche algerine, un'opera opportuna all'interno dell'attuale contesto geopolitico internazionale;

   se ritenga che le riserve di gas algerine possano garantire l'approvvigionamento anche in funzione delle tempistiche di realizzazione del metanodotto;

   se si ritenga opportuno realizzare il terminal Gnl previsto a Giorgino (Cagliari);

   se risulti quali saranno i costi e le tariffe previste per la Sardegna, al fine di colmare il divario energetico con le altre regioni italiane;

   se non ritenga più utile impiegare le ingenti risorse che comporterà la realizzazione dell'opera per investimenti diretti al settore delle energie rinnovabili, a sostegno di una nuova economia, che garantisca occupazione anche in funzione degli obiettivi dall'Agenda europea sui cambiamenti climatici.
(4-00385)

CULTURA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CONGEDO. — Al Ministro della cultura, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il comparto dei parchi tematici rappresenta un settore che attualmente accoglie oltre 20 milioni di visitatori, con un volume d'affari di oltre 400 milioni di euro e raggiunge i 2 miliardi di euro attraverso l'indotto, generato dai fornitori, dai pacchetti turistici e dalle ricadute sulle attività economiche nel territorio;

   al riguardo, l'interrogante evidenzia come l'industria dei parchi di divertimento, nella sostanza, rientra all'interno del settore turistico, considerato che alcuni di essi rappresentano vere e proprie destinazioni, con alberghi interni, mentre altri intermediano attraverso operatori turistici interni, attraverso circa 1,5 milioni di pernottamenti, contribuendo favorevolmente allo sviluppo dell'economia territoriale, sia a livello economico, che occupazionale;

   l'industria dei parchi di divertimento a tal fine ha richiesto da diverso tempo l'inserimento tra le imprese turistiche di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (considerato che attualmente le imprese del settore fanno riferimento al Ministero della cultura, in quanto ricomprese nel settore dello «spettacolo viaggiante»);

   sul piano formale, l'inserimento dei parchi di divertimento tra le imprese turistiche, rileva ancora l'interrogante, non sottrae automaticamente la competenza sul settore nei riguardi del Ministro della cultura, valutato che nei parchi di divertimento si realizzano centinaia di spettacoli all'anno, elaborati da autori, registi e artisti professionisti (anche se questi fanno da corollario all'esperienza offerta); inoltre l'inserimento tra le imprese turistiche, consentirebbe anche ai parchi di divertimento di accedere ai progetti europei e ai bandi regionali per lo sviluppo turistico;

   l'interrogante evidenzia altresì un ulteriore aspetto che (stante il quadro normativo attuale) penalizza il settore dei parchi di divertimento, rappresentato dall'esclusione dei benefici del regime di favore, previsto per le imprese energivore, il cui mancato inserimento costituisce un problema che riguarda in generale tutte le imprese turistiche che rientrano nel requisito del consumo minimo di 1 Gigawatt come media triennale;

   nel nostro Paese numerosi parchi divertimento superano, infatti, il limite minimo di consumo di circa 10-20 volte, ma non possono essere considerate imprese energivore e fruire delle specifiche agevolazioni perché il codice Nace (l'equivalente europeo dei codici Ateco) non è inserito in una specifica comunicazione della Commissione europea (peraltro nella filiera dei servizi turistici nella stessa situazione si trovano anche i gestori di impianti di risalita);

   il settore dei servizi turistici, come i parchi di divertimento e gli impianti di risalita, dimostrano invece numeri in linea con il manifatturiero, quanto a incidenza sul Pil e rappresentano una vera e propria industria in grado di produrre valore e occupazione;

   le suesposte osservazioni, a parere dell'interrogante, evidenziano pertanto un quadro complessivamente ambiguo e penalizzante nei confronti degli operatori dei parchi di divertimento, il cui comparto si configura come impresa turistica, sebbene non abbia ancora ottenuto il riconoscimento a livello normativo;

   a tal fine, risulta conseguentemente necessario, a giudizio dell'interrogante, comprendere le motivazioni per le quali l'inserimento dei parchi divertimento tra le imprese turistiche non sia attualmente contemplato in relazione alle suesposte osservazioni –:

   quali valutazioni di competenza i Ministri interrogati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;

   se condividano le criticità in precedenza richiamate, in relazione alla valenza turistica dei parchi permanenti italiani;

   in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano intraprendere, affinché i parchi di divertimento rientrino tra le imprese turistiche ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1 dell'allegato al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79.
(5-00334)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   ai fini della verifica della dimensione aziendale di un'impresa è necessario fare riferimento alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, nonché all'Allegato I del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione;

   dal combinato disposto delle suddette disposizioni sono considerate «grandi imprese» tutte quelle con più di 250 occupati e un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro;

   la soglia dimensionale è indispensabile per individuare l'ambito soggettivo di applicazione di agevolazioni fiscali, misure di sostegno, crediti d'imposta, ammortamenti, aiuti di Stato, eccetera, pertanto qualsiasi ipotesi di futura revisione della tassazione delle imprese (Ires, Irap) non può prescindere dalla stessa;

   stessa verifica è indispensabile con riferimento ad una futura revisione, a fini redistributivi, della tassazione sui redditi di contribuenti appartenenti alla macrotipologia dei «grandi contribuenti» la cui soglia di riferimento è un volume d'affari, ricavi o compensi superiori a 100 milioni di euro;

   all'interno della tipologia dei grandi contribuenti sopra descritta, vi è la sottocategoria delle «imprese di più rilevante dimensione», ossia quelle che nell'anno d'imposta considerato presentano un volume d'affari o ricavi non inferiore a centocinquanta milioni di euro, una definizione, quindi, che si disallinea e si discosta da quella di «grandi imprese» dettata dalla sopracitata normativa europea che prende a riferimento il fatturato annuo o il bilancio annuo superiore, rispettivamente, a 50 milioni di euro e a 43 milioni di euro;

   secondo l'Istat (in «Nuovi sviluppi nella misurazione della dimensione di impresa» – 2022) le imprese con oltre 250 addetti contribuiscono al fatturato totale nazionale per quasi il 32 per cento del valore complessivo. Tali performances delle grandi imprese sono connesse alla loro possibilità di conseguire economie interne di scala o di varietà rese crescenti dai continui miglioramenti nell'organizzazione scientifica del lavoro, alla capacità di operare in presenza di configurazioni di mercato oligopolistiche e di fungere da luogo di incontro tra capitale e scienza/tecnologia. Altro fattore di resilienza delle imprese è rappresentato dall'internalizzazione quasi sempre appannaggio di quelle di grandi dimensioni per le quali la capacità di intercettare la domanda estera rappresenti un elemento di tenuta nei periodi di stagnazione o di contrazione ciclica;

   a fronte di una crisi tanto improvvisa quanto severa e pervasiva, come quella generata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, il sistema economico-produttivo ha reagito in modo molto differenziato registrando per alcune grandi imprese, senza particolari meriti produttivi, livelli di utili da capogiro, anche beneficiando della domanda eccezionale dei loro beni e servizi causata dalla pandemia, e applicando incrementi talvolta ingiustificati dei prezzi;

   l'analisi dei redditi sugli ultimi dati diramati dal Ministero dell'economia e delle finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi 2021 conferma che, come nel 2019, solo il 5 per cento dei dichiaranti guadagna più di 55.000 euro annui, segno che la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi contribuenti. Una disparità che rischia di cristallizzarsi, a scapito dell'uguaglianza di opportunità;

   confrontando il vertice della piramide della ricchezza con i decili più poveri rappresentata nel rapporto «Time to care» di Oxfam del 2019, il patrimonio del 5 per cento più ricco degli italiani (titolare del 41 per cento della ricchezza nazionale netta) è superiore a tutta la ricchezza detenuta dall'80 per cento più povero;

   anche riforme di carattere redistributivo dei redditi non possono prescindere dalla conoscenza, sulla base dei dati relativi alle dichiarazioni fiscali, della esatta distribuzione della ricchezza, mobiliare ed immobiliare, inclusa quella che si cristallizza nel tempo in chiave dinastica in seguito ad eredità o lasciti –:

   quali siano, sulla base della elaborazione dei dati di dichiarazioni fiscali riferite all'anno d'imposta 2021 in suo possesso, i maggiori contribuenti aggregati per reddito, compensi, ricavi, fatturato e volume di affari.
(4-00383)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   durante la seduta antimeridiana della Camera dei deputati del giorno 31 gennaio 2023, in costanza dell'esame della proposta di legge C. 303-A concernente l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e in occasione della dichiarazione di voto sull'articolo 1 della citata proposta di legge, il deputato Donzelli, nel corso del suo intervento, ha citato alcuni eventi;

   in particolare l'onorevole Donzelli citava alcuni documenti che sarebbero presenti presso il Ministero della giustizia, nei quali vi sarebbero informazioni secondo le quali il detenuto Cospito era riuscito ad avere un confronto, mentre era in fase di passaggio da un ramo all'altro del penitenziario nel quale era recluso, con Francesco Presta, boss della 'ndrangheta cosentina e parafrasava nel dettaglio lo scambio di battute che sarebbe intercorso fra i due, menzionando anche la data nella quale tale colloquio avrebbe avuto luogo;

   nello stesso modo e nel corso del medesimo intervento, sempre il deputato Donzelli citava dettagliatamente altri scambi di battute che il detenuto Cospito aveva avuto il 12 gennaio 2023 con Francesco Di Maio, esponente del clan dei casalesi, anche in questo caso riportando le esatte frasi pronunciate, tutte tese al tentativo dell'alleggerimento dei regimi carcerari –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di come il parlamentare Donzelli sia venuto in possesso di documenti e informazioni che sarebbero a disposizione del Ministro della giustizia, quale procedura di accesso agli atti sia stata seguita, se vi sia traccia amministrativa della richiesta eventualmente posta in essere dal richiedente, chi avesse la disponibilità e la custodia di tali documenti e se quelle informazioni e quegli atti siano realmente a disposizione di tutti i cittadini, ovvero siano nella esclusiva disponibilità del Ministro guardasigilli.
(2-00067) «Boschi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE BERTOLDI e DONDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i chiarimenti forniti dalla circolare del 19 gennaio 2023 del Ministero interrogato sui requisiti di accesso al nuovo albo nazionale dei gestori delle crisi d'impresa e dell'insolvenza, che prevedono la formazione accompagnata dal tirocinio obbligatorio di sei mesi e l'esclusione dei corsi per il sovraindebitamento, nonché la composizione negoziata, non convincono i professionisti, in particolare i commercialisti e gli avvocati, alla luce delle molteplici proroghe del codice della crisi e dei ritardi della disciplina attuativa dell'albo;

   secondo quanto risulta dalla suesposta circolare, il quadriennio nel quale bisogna aver ricevuto i due incarichi, (che consentono l'accesso all'albo alternativo a quello costituito dal tirocinio e dalla formazione) parte dal 17 marzo 2015, e va sino al 16 marzo 2019; dal prossimo 1° aprile 2023, tutte le nomine nelle procedure previste dal codice (curatori, commissari giudiziali, liquidatori) dovranno pertanto attingere all'albo nazionale e non più agli elenchi territoriali tenuti dai tribunali;

   il suesposto quadro regolatorio, a giudizio del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili Elbano de Nuccio, rischia di determinare un vuoto all'interno del suesposto albo, non garantendo una corretta rotazione dei professionisti, sollecitando al riguardo, la necessità di introdurre correttivi sul periodo degli incarichi, la formazione e il tirocinio;

   a tal fine, il Cndcec ha inviato una serie di osservazioni al Ministero interrogato, in cui si chiede di eliminare l'indicazione degli ultimi quattro anni, reputata insensata dalle proroghe dell'operatività del codice, rilevando inoltre la necessità di considerare validi tutti gli incarichi ricevuti fino al 2022, anche al fine di superare l'impasse del tirocinio;

   al riguardo, gli interroganti evidenziano come il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, (in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155) introdotto con il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, dopo molteplici rinvii, sia entrato in vigore il 15 luglio 2022, mentre il decreto di regolamentazione dell'albo avrebbe dovuto essere varato entro il 30 giugno 2022, sebbene abbia visto la luce solo il 30 dicembre 2022;

   i suesposti slittamenti hanno determinato una serie di difficoltà, anche a parere del Consiglio nazionale forense, che al riguardo ha evidenziato l'esigenza di prevedere una sanatoria, sia per gli incarichi che per il tirocinio; a tal proposito il tirocinio di sei mesi è previsto dall'articolo 356 del codice della crisi, tramite un rinvio al decreto ministeriale n. 202 del 2014, come confermato dalla circolare ministeriale suesposta; tuttavia i commercialisti ribadiscono come sia il predetto decreto ministeriale, a stabilire una deroga nei loro riguardi, in coerenza con il fatto che già svolgono un tirocinio di 18 mesi per accedere alla professione, mentre secondo la circolare ministeriale, invece, la deroga non si applica in quanto non espressamente richiamata dall'articolo 356 suesposto;

   le suesposte e articolate osservazioni, a parere degli interroganti, in relazione al contenuto della circolare del Ministero interrogato, evidenziano alcuni profili di criticità, in quanto confermano la mancanza di importanti elementi normativi, che determinano un'interpretazione letterale che fa divenire irragionevole la circolare medesima –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, e in particolare se condivida le criticità evidenziate dal presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, in relazione all'esigenza d'introdurre correttivi sui tirocini, la formazione e il periodo degli incarichi, anche con riferimento all'emanazione tardiva dei decreti attuativi e delle circolari interpretative che rendono la normativa oramai superata;

   in caso affermativo, quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di riconsiderare il contenuto della circolare ministeriale del 19 gennaio 2023, nel senso di quanto riportato nella premessa.
(5-00339)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e FOSSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento G&W Electric di Foggia, realtà attiva sul territorio da 50 anni, rilevato dalla società americana solo nel 2019 dal gruppo Tozzi;

   la società opera nel settore della progettazione, produzione e commercializzazione di quadri elettrici, di apparecchiature elettriche in generale e di prodotti affini, applica il Contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori addetti all'industria metalmeccanica privata e alla installazione di impianti nonché il Contratto collettivo nazionale di lavoro per dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi;

   nella giornata di mercoledì 18 gennaio, la direzione aziendale ha convocato le rappresentanze sindacali per comunicare l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per 114 lavoratori poiché – a detta dell'azienda – pare che la situazione economico-finanziaria della società, che è sempre stata di altissima gravità e che «gli alti costi di produzione, acuiti a lor dire dalla pandemia e dalla crisi energetica, sono divenuti nel tempo insostenibili»;

   la decisione di attivare la procedura è stata assunta con la deliberazione dei soci della G&W, adottata dall'Assemblea in data 17 gennaio 2023, di porre la società in stato di liquidazione per perdite ai fini del suo scioglimento, deliberazione attualmente in corso di iscrizione nell'Ufficio del Registro delle Imprese. La società, pertanto, compirà tutti gli atti utili ai fini della sua liquidazione e della cessazione delle sue attività, a cui le chiusure delle Unità Produttive di Foggia di Peschiera Borromeo;

   G&W è stata costituita il 1° agosto 2019 per acquisire, in data 24 settembre 2019, l'azienda della società Tozzi Electrical Equipment Spa, avente ad oggetto la produzione e commercializzazione di quadri ed apparecchi elettrici di bassa e media tensione, nonché di sottrazioni modulati;

   al tempo dell'acquisizione, G&W confidava che le operazioni delle Unità locali di Foggia, Piacenza e Milano San Donato, poi sostituite dalla Unità locale di Peschiera Borromeo, potessero essere ampliate e potenziate;

   tuttavia sin dai primi mesi di attività, i prodotti dell'azienda acquisita richiedevano inaspettatamente una notevole rielaborazione e numerose verifiche prima di poter essere immessi sul mercato;

   l'emergenza sanitaria da COVID-19 prima e la crisi aperta dall'invasione russa all'Ucraina hanno creato un combinato disposto che – a detta della società – ha generato un'insostenibilità finanziaria e una prospettiva negativa per gli anni futuri;

   la situazione economica e finanziaria della società è sempre stata di altissima gravità, nonostante notevoli investimenti da parte del Socio Unico, nel triennio 2019-2021 sono state registrate perdite ingenti;

   in merito a ciò le organizzazioni sindacali sono a conoscenza che, «la recedente proprietà aveva già contratto una situazione debitoria importante dalla quale, nonostante i tentativi di risanamento ed i sostanziosi investimenti della nuova società, pare non esserci stata altra via d'uscita». Inoltre, sempre a detta della società americana, «le ingenti perdite registrate fino ad oggi non hanno potuto evitare la cessazione dell'attività»;

   ciononostante, durante i vari incontri sindacali susseguitisi negli ultimi anni, l'azienda non ha mai esternato particolari preoccupazioni circa l'andamento produttivo o economico societari. Al contrario, i vertici aziendali hanno sempre dato buone prospettive di crescita alle rappresentanze sindacali, dovute anche ad un bacino considerevole di commesse ed a previsioni di crescita per il comparto elettrico che avverrà nei prossimi anni in Italia, ma anche in Europa;

   appresa, quindi, la notizia, le rappresentanze sindacali hanno prontamente convocato un'assemblea con le lavoratrici ed i lavoratori per spiegare quanto stesse accadendo;

   il grave atto perpetrato a danno delle lavoratrici e dei lavoratori di Capitanata, cade come un fulmine a ciel sereno sulle tante famiglie che per anni hanno potuto contare sulla solidità di una realtà virtuosa come quella di G&W;

   la messa in liquidazione della società comunicata alle segreterie territoriali di Fim, Fiom e Uilm attraverso l'Associazione datoriale proprio mentre si attendeva l'incontro programmato per discutere dell'andamento aziendale, nonché delle questioni ancora aperte come il rinnovo dei lavoratori somministrati è un atto che mette a dura prova il tessuto sociale ed industriale del territorio di Foggia, già fortemente martoriato sul piano occupazionale –:

   quali iniziative – per quanto di competenza – si intenda intraprendere, e se non si ritenga necessaria e doverosa la costituzione immediata di un tavolo di crisi che coinvolga la regione, la proprietà e le organizzazioni sindacali in modo da trovare soluzioni utili a garantire la tenuta occupazionale dello stabilimento.
(4-00375)


   PICCOLOTTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2023 è l'ultimo giorno di cassa integrazione per i 113 lavoratori della Baritech;

   l'azienda ha comunicato che non intende chiedere un'ulteriore proroga degli ammortizzatori sociali, lasciando di fatto tutti i dipendenti senza occupazione e senza prospettive;

   già dall'agosto 2022 un gruppo di imprenditori aveva presentato, prima a Baritech e poi alla task-force regionale, un piano di reindustrializzazione che non solo avrebbe permesso di acquisire lo stabilimento e salvaguardare tutti i lavoratori ma avrebbe addirittura consentito l'assunzione di altre settanta persone, arrivando a contare 185 posti di lavoro in tutto;

   secondo fonti sindacali riportate dal quotidiano L'Edicola del Sud Bari del 30 gennaio 2023, il piano di reindustrializzazione proposto per la Baritech sarebbe stato credibile e concreto, con tanto di investimenti già pianificati e ingenti disponibilità bancarie e avrebbe trasformato la ex Baritech in un nuovo polo regionale per la logistica e lo smistamento dei farmaci;

   ad oggi non sono ancora chiare le cause per le quali la suddetta proposta si sia arenata ed occorre compiere ogni sforzo, anche a livello nazionale, affinché si concretizzi;

   a parere dell'interrogante occorre un intervento deciso da parte dei Ministri interrogati affinché Baritech chieda una proroga degli ammortizzatori sociali così da ottenere il tempo necessario per evitare che l'unica proposta di reindustrializzazione rimasta in campo tramonti definitivamente;

   è inaccettabile che Baritech, dopo aver ricevuto commesse per più di 80 milioni di euro da parte di enti pubblici e privati, non voglia farsi carico della richiesta di ulteriore cassa integrazione, così come è altrettanto inaccettabile quanto comunicato dalla Baritech ai lavoratori di essere comunque nell'impossibilità di poter pagare i trattamenti di fine rapporto dovuti in quanto l'azienda sarebbe in crisi di liquidità –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati affinché la Baritech proroghi la cassa integrazione, richiamando la stessa agli impegni assunti nei confronti del territorio in cui opera e dei 113 dipendenti scongiurando così il loro imminente licenziamento;

   se, anche alla luce di quanto esposto in premessa, non intendano aprire un tavolo di crisi nazionale che coinvolga l'azienda, la regione, gli enti locali e le parti sociali per verificare la possibilità che il piano di reindustrializzazione presentato ad agosto 2022 da un gruppo di imprenditori intenzionati a rilanciare lo stabilimento possa attuarsi e concretizzarsi garantendo così un futuro produttivo e occupazionale dello stabilimento barese.
(4-00377)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, CUPERLO, MAURI e ROGGIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, all'inizio di dicembre 2022, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia firmato un accordo con il Ministero della giustizia per terminare i lavori presso il carcere minorile di Milano, Cesare Beccaria, entro aprile 2023;

   difatti, riguardo alla ristrutturazione del complesso, il primo lotto è stato ultimato in ben quindici anni, il secondo è in ristrutturazione dal 2018 e ha subìto anche i rallentamenti provocati dalle conseguenze del Covid, e ne manca ancora un ultimo lotto;

   in seguito all'episodio di fine anno, quando 7 ragazzi detenuti nell'istituto sono evasi, approfittando delle strutture di alcuni lavori in corso, anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha dichiarato che: «non c'è proprio più spazio per chiacchiere o affermazioni generiche di “sconcerto”. Il Beccaria era un carcere modello. Lo era nel passato, in un passato ormai remoto. Da quasi vent'anni non c'è un Direttore, e ce la si è cavata con dei “facente funzione”. Da una quindicina d'anni ci sono lavori in corso, che non finiscono mai. Questa è la situazione. Chi si vuole scandalizzare per l'accaduto è libero di farlo. Ma la realtà va guardata in faccia»;

   Daniele Nahum e Alessandro Giungi, presidente e vice presidente della sottocommissione carceri del comune di Milano, dopo avere effettuato una visita ispettiva all'interno del penitenziario, hanno segnalato numerose criticità: non è stata ancora ripristinata la zona delle celle interessate dall'incendio scoppiato dopo Natale – durante una mini-rivolta, era stato dato fuoco ad alcuni materassi all'interno di alcune celle –; la chiusura, da anni, del centro di prima accoglienza situato a fianco dell'istituto, che avrebbe la funzione di far trascorrere in un luogo non detentivo un minore arrestato, finché l'autorità giudiziaria non decida la sua effettiva collocazione, e la cronica carenza di personale, acuita dalle giornate di festa, sia negli spazi relativi al cortile che in quello delle sezioni detentive –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per procedere ai promessi lavori di sistemazione e di ristrutturazione dell'istituto, così da consentire condizioni detentive più adeguate ed evitare che i ragazzi, residenti a Milano o comunque in Lombardia, vengano portati in altri istituti distanti anche mille chilometri da dove risiedono.
(5-00333)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come noto, con la riforma degli enti locali introdotta con la legge n. 56 del 2014, il presidente della provincia è divenuto un organo elettivo di secondo grado, eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia con voto ponderato in base a un indice elaborato sulla base del numero di abitanti dei rispettivi enti;

   tale modalità di elezione suscita perplessità in ordine agli effetti che determina, che a volte travalicano la normale competizione politica tra i partiti; non è un caso che in Parlamento la gran parte dei partiti abbia depositato disegni di legge di modifica di tale sistema di elezione per un ritorno al suffragio universale e diretto;

   da ultimo, l'elezione del presidente della provincia di Teramo del 29 gennaio 2023 ha suscitato molto clamore sulla stampa locale; in base a dinamiche difficilmente comprensibili e al di fuori di logiche partitiche e programmatiche, infatti, alcuni sindaci e consiglieri comunali dei comuni maggiori (decisivi per la vittoria) hanno votato un candidato diverso da quello pubblicamente sostenuto fino al giorno precedente il voto, determinando così la vittoria del nuovo presidente, avvenuta con uno stacco minimo –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative al fine di modificare la disciplina attualmente vigente al fine di garantire maggiore trasparenza nell'elezione dei presidenti di provincia.
(4-00378)


   VOLPI e MICHELOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   sempre più spesso gli enti locali sono costretti a ricorrere ad esternalizzare parte dei servizi relativi alla gestione delle entrate tributarie, in particolar modo, i piccoli comuni si avvalgono spesso di società esterne per i servizi di accertamento e riscossione, nella forma della concessione o della prestazione di servizi di supporto alle attività propedeutiche;

   le attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di altre entrate di province e comuni, possono essere gestite solo da soggetti abilitati, in possesso dei requisiti previsti per l'iscrizione all'albo appositamente istituito e gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 53, comma 1, decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

   a quanto risulta agli interroganti, nel corso degli ultimi anni sono state diverse le denunce delle cosiddette «cartelle pazze» inviate da queste società ai contribuenti e successivamente oggetto di annullamento o rettifica, riportanti debiti tributari inesistenti o eccedenti l'importo dovuto, anche in misura considerevole;

   il caso più recente, risalente al giugno 2022, riguarda il comune di Pachino, in provincia di Siracusa, dove a seguito di una denuncia per una cartella esattoriale di 11mila euro intestata a un bambino di 3 anni, la Guardia di finanza ha scoperto oltre 25mila «cartelle pazze», inviate dalla ditta incaricata dal comune, per un danno erariale di più di 6,5 milioni di euro;

   un altro episodio avvenuto nel comune di Sezze in provincia di Latina, ha evidenziato come la società incaricata dal Comune della riscossione dei tributi, che stando a quando dichiarato dalla stessa società avrebbe avuto diritto a un aggio pari al 22 per cento degli incassi derivanti dall'attività accertamento, avrebbe recapitato ai cittadini setini avvisi di accertamento con importi errati e maggiorati;

   stando a quanto si apprende dai mezzi di informazione, analoghe situazioni si sarebbero riscontrate anche nei comuni di Barcellona Pozzo di Gotto, Piana degli Albanesi, Lucca, Marina di Gioiosa Ionica, Bagni di Lucca, Raffadali, Siderno, Siena, Borgetto, Massa Lubrense, Labico, Casal di Principe e Bacoli. In tutti questi episodi la società incaricata dei servizi di accertamento e riscossione avrebbe richiesto un aggio molto più alto del previsto sulla base delle eccessive somme richieste ai cittadini;

   tali condotte, che recano forti disagi ai cittadini colpiti ledendo l'immagine della pubblica amministrazione, determinano rischi di instabilità dei bilanci comunali per l'iscrizione di residui attivi che si rivelano poi inconsistenti e incidono di fatto in maniera pesante sui conti pubblici con conseguente rischio di default per le amministrazioni comunali, spesso coinvolte in importanti e lunghissimi contenziosi;

   il controllo del mantenimento dei requisiti per il permanere nell'albo dei gestori dell'accertamento e della riscossione dei tributi locali deve essere sempre più rigido e frequente dato che tali società, da parte dei cittadini e delle imprese, vengono vissute come un «organo indiretto» della pubblica amministrazione che agiscono come incaricate di un pubblico servizio e non sono, nei loro confronti, assimilabili a semplici prestatori di un servizio per gli enti locali –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali siano le loro considerazioni in merito;

   se non ritengano opportuno, per quanto di competenza, intraprendere un percorso di riforma per quanto concerne la disciplina dell'albo dei soggetti abilitati attraverso una revisione dei requisiti per l'accesso e la permanenza, nonché stabilire un sistema di controlli più rigido delle condotte tenute da tali soggetti nello svolgimento dei servizi affidati, anche attraverso il coinvolgimento delle istituzioni comunali, per evitare che si ripetano situazioni come quelle sopra indicate.
(4-00380)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARZOTTI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   da notizie di stampa, si apprende che presso il cantiere navale di Panzano (Monfalcone) vengono effettuate visite personali di controllo in entrata e in uscita dal luogo di lavoro da parte del personale di sicurezza;

   in merito alle visite personali di controllo, l'articolo 6 dello Statuto dei lavoratori detta una casistica tassativa per la loro liceità;

   in particolare, il predetto articolo stabilisce che laddove le visite personali siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti, le stesse potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori;

   la norma non prevede deroghe diverse, neanche in virtù di contrattazione collettiva, e pone a presidio una sanzione penale per la sua violazione all'articolo 38 dello Statuto dei lavoratori;

   tuttavia, da quanto si apprende a mezzo stampa, l'accordo integrativo siglato a livello nazionale tra Fincantieri e le organizzazioni sindacali del 2016 prevederebbe la possibilità di effettuare visite personali in ingresso al cantiere –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché le condotte descritte, che appaiono in contrasto con la normativa inderogabile di settore, vengano immediatamente interrotte.
(5-00341)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIETRI, CANGIANO, SCHIANO DI VISCONTI, CERRETO, SCHIFONE e GIORGIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da tempo il comitato genitori bambini trapiantati di cuori e trapiantati adulti denuncia una sconsiderata azione di «riorganizzazione» funzionale, molto più vicina a un progressivo smantellamento, del reparto di cardiologia e di terapia intensiva pediatrica dell'ospedale Monaldi di Napoli, che avrebbe negato l'adeguata assistenza pediatrica ai piccoli pazienti e l'erogazione di servizi unici ed essenziali, tanto da portare alla chiusura del centro;

   come si evince da fonti di stampa, nonostante dal 2014 il centro regionale trapianti non erogasse più servizi adeguati, è stata necessaria un'ispezione del Ministero della salute, sollecitata dalle numerose denunce delle associazioni, per portare alla luce la mancanza di sicurezza per la salute dei bambini, in termini organizzativi e di carenza di mezzi e personale, e sospendere le attività del centro trapianti;

   da ultimo, di particolare preoccupazione, la circostanza, denunciata dal comitato, che il centro trapianti opererebbe in mancanza di rinnovo dell'autorizzazione regionale, risalente ad aprile 2019, in deroga agli standard minimi previsti per l'attività;

   la regione Campania, peraltro, non avrebbe mai istituito il tavolo tecnico per il percorso cuore e, conseguentemente, non sarebbero mai stati definiti i Pdta regionali per tale percorso;

   a distanza di un anno dall'adozione da parte dell'Aorn dei Colli della delibera n. 1081 del 2021 in materia di requisiti per lo svolgimento delle attività di trapianto di cuore, «immediatamente eseguibile, per l'urgenza di conformare alle disposizioni di cui all'accordo tra il Governo, le Regioni e le Province di Trento e Bolzano – repertorio Atti n. 16/CRS del 24 gennaio 2018, la materia di svolgimento delle attività di trapianto del cuore» la stessa non sarebbe ancora pienamente esecutiva;

   è inaccettabile che l'unico centro trapiantologico cardiaco pediatrico in Campania e riferimento insostituibile per l'intero Mezzogiorno abbia dovuto sospendere le proprie attività;

   le criticità della rete trapiantologica in Campania e, in particolare, la sospensione delle attività del centro trapianti pediatrico dell'ospedale Monaldi, è l'ennesima dimostrazione delle condizioni drammatiche in cui versa la sanità campana e del serio rischio per la salute dei cittadini, in questo caso addirittura dei bambini –:

   accertata la veridicità e gravità dei fatti esposti in premessa, se e quali immediate iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per garantire la piena legittimità dell'opera del centro trapianti di cuore dell'ospedale Monaldi-Aorn dei Colli di Napoli, verificando, anche nell'ambito del monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Campania, la sussistenza di eventuali responsabilità in materia di programmazione sanitaria e riorganizzazione della rete trapiantologica in Campania.
(5-00343)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAVANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con ordinanza della Presidente della Giunta regionale, 22 ottobre 2020, n. 67, è stata disposta la temporanea e parziale riconfigurazione dello stabilimento ospedaliero di Spoleto come «ospedale regionale dedicato all'emergenza coronavirus». Al contempo, si prevedeva che «al termine dell'emergenza verrà ripristinata la situazione ex ante tenuto anche conto delle indicazioni del redigendo Piano sanitario regionale»;

   l'emanazione di tale provvedimento, dunque, ha determinato la sospensione dell'attività del Punto Nascite dell'Ospedale di Spoleto;

   con il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR 2022-2024) della regione Umbria, in attuazione del decreto legislativo n. 118 del 2021, è stato deliberato l'impegno a completare il ripristino del Punto nascita presente nell'Ospedale San Matteo degli Infermi di Spoleto entro il primo semestre del 2022, provvedendo altresì ad integrare il personale necessario, ripristinando il pieno assetto dell'emergenza urgenza, nonché «attuando tutte le azioni ritenute indispensabili anche in evidenza del fatto che il nosocomio spoletino rappresenta il punto di riferimento di un'ampia zona disagiata»;

   ciò nonostante, a distanza di oltre due anni dalla sospensione, difformemente a quanto disposto dall'ordinanza 67/2020, nonché dal DEFR 2022-2024, il punto nascita di Spoleto non è ancora stato riattivato;

   in data 30 novembre 2022, tramite un comunicato pubblicato sul proprio sito istituzionale, la regione Umbria ha dichiarato di aver presentato al Ministro una richiesta di deroga per i Punti nascita – tra cui quello di Spoleto – inizialmente riferita al 2021, e successivamente estesa anche al 2022. Quest'ultima – sempre secondo il comunicato della regione – è stata respinta dal Comitato percorso nascita del Ministero interrogato che si sarebbe espresso all'unanimità per la definitiva disattivazione del punto nascita di Spoleto;

   quanto affermato nel comunicato – segnatamente, la richiesta di deroga formalizzata dall'Assessorato regionale e il parere del Comitato del percorso nascita regionale – tuttavia, non trova riscontro nella documentazione ostesa a seguito di istanza di accesso agli atti avanzata nel novembre 2022 dal consigliere regionale Thomas De Luca nei confronti della Direzione salute e welfare della regione;

   vieppiù, dalla relazione della USL2 Umbria emerge che la stessa risulta sprovvista in base a quanto definito dal Ministero della salute nel «Protocollo Metodologico per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/annui e in condizioni oro-geografiche difficili (articolo 1 decreto ministeriale 11 novembre del 2015)», di numerosi atti o documenti previsti dalla normativa;

   nel dettaglio, il protocollo attua e definisce le modalità di presentazione delle richieste di deroga da parte delle regioni ai sensi del decreto ministeriale 11 novembre del 2015, costituendo quindi un'effettiva disposizione di legge nel perseguimento di tale procedura;

   a parere dell'interrogante, diverse sono le incongruenze emerse tra il «Parere sulla nuova richiesta da parte della regione Umbria di deroga per il PN di Spoleto» espresso dal Comitato percorso nascita nazionale e la nota diffusa dalla USL2 Umbria in data 06 dicembre del 2022 afferente ai dati di attività del punto nascita dell'ospedale di Spoleto;

   considerato che il mancato espletamento delle indicazioni previste dal protocollo ministeriale, nonché l'assenza dei documenti e delle informazioni essenziali per la predisposizione della richiesta di deroga ha palesemente pregiudicato l'espressione del Comitato percorso nascita nazionale;

   la mancata riattivazione del punto nascite pregiudica l'erogazione di un servizio essenziale per la cittadinanza, dal momento che il nosocomio spoletino rappresenta il punto di riferimento di un'ampia zona disagiata –:

   di quali elementi disponga, il Ministro interrogato, in ordine alle incongruenze segnalate in premessa e se non intenda, tenere in considerazione, nell'ambito dell'espressione del parere del Comitato percorso nascita nazionale, dei dati reali – laddove diversi da quelli comunicati della regione – al fine di garantire il servizio essenziale fornito dal punto nascite di Spoleto.
(4-00374)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Orrico e altri n. 3-00143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Morfino, Carmina.

Cambio di presentatore di una risoluzione.

  Risoluzione in Commissione n. 7-00039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2023, è da intendersi presentata dall'Onorevole Porta, già cofirmatario della stessa.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interrogazione a risposta in Commissione Marrocco n. 5-00310 del 30 gennaio 2023.

Ritiro di una firma da una risoluzione.

  Risoluzione in Commissione Porta e altri n. 7-00039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 gennaio 2023: è stata ritirata la firma del deputato Amendola.