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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 23 maggio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la gestione efficiente delle risorse e la transizione verso un'economia circolare sono oggi al centro del dibattito sullo sviluppo sostenibile. A livello mondiale l'aumento della popolazione, la legittima aspirazione al miglioramento delle condizioni di vita e fenomeni come i cambiamenti climatici sono radicalmente interconnessi alla reperibilità delle risorse, alla gestione dei rifiuti, all'approvvigionamento delle acque e alla disponibilità alimentare; tali dinamiche si riflettono direttamente anche sul nostro Paese che, seppur abbia sviluppato una grande tradizione di uso efficiente delle risorse e dell'energia data la propria carenza di risorse naturali, necessita di assicurare stabili e sicure fonti di approvvigionamento al proprio sistema produttivo; è pertanto fondamentale ottimizzare la gestione del territorio e del capitale naturale il cui degrado mette a rischio l'esistenza dei servizi ecosistemici che costituiscono prezioso patrimonio e sono necessari al sostentamento della vita sociale e produttiva;

    negli ultimi anni si è affermata l'esigenza di implementare, a livello globale, lo sviluppo di una «economia circolare» che – in base alla definizione coniata dalla Ellen MacArthur Foundation, un autorevole ente indipendente nato nel 2010 – è «un'economia pensata per potersi rigenerare da sola: in un'economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera»; l'economia circolare è dunque un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo il più possibile gli sprechi; il modello economico lineare «take-make-dispose» si basa sull'accessibilità di grandi quantità di risorse ed energia ed è sempre meno adatto ad un mondo che vede progressivamente aumentare la scarsità delle proprie risorse; le iniziative a sostegno dell'efficienza – che lavorano per la riduzione delle risorse e dell'energia fossile consumata per unità di produzione – da sole possono ritardare la crisi del modello economico, ma non sono sufficienti a risolvere i problemi dati dalla natura finita degli stock; si pone quindi come necessaria la transizione dal modello lineare ad un modello circolare, che nella considerazione di tutte le fasi – dalla progettazione, alla produzione, al consumo, fino alla destinazione a fine vita – sappia cogliere ogni opportunità di limitare l'apporto di materia ed energia in ingresso e di minimizzare scarti e perdite, ponendo attenzione alla prevenzione delle esternalità ambientali negative e alla realizzazione di nuovo valore sociale e territoriale;

    l'economia circolare è parte del percorso verso un più sostenibile – e necessario – modello di sviluppo economico quale quello della «Green economy», che viene riconosciuta come un modello da applicare a tutti i settori della produzione di beni e servizi, oltre che per la conservazione e l'utilizzo sostenibile delle risorse naturali;

    l'economia circolare si focalizza sulla chiusura dei cicli delle risorse attraverso: l'uso più efficiente delle risorse e la minimizzazione delle perdite lungo tutto il loro ciclo di vita, l'ecoprogettazione, la sostituzione, ove possibile, con flussi di risorse rinnovabili o materiali riciclati, l'estensione della vita dei prodotti, la riduzione dei consumi, anche attraverso l'accesso ad essi e la condivisione piuttosto che il possesso, il riuso di componenti, la minimizzazione dei rifiuti e un livello di riciclo che assicuri/preservi la qualità del flusso, apportando benefici ambientali, economici e sociali;

    la transizione verso un modello di economia circolare richiede innovazioni tecnologiche, di prodotto e di processo, ma anche nuovi business model, percorsi di innovazione sociale, seguendo un approccio olistico per attuare una innovazione sostenibile di sistema;

    elemento di riferimento dell'economia circolare è il capitale naturale, che riguarda le funzionalità degli ecosistemi da cui la vita umana dipende e fornisce risorse naturali e materie prime per l'economia e lo sviluppo umano;

    il capitale naturale include l'intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l'uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell'ambiente stesso da cui sono generati;

    il capitale naturale è una grandezza di stock e quindi è identificabile con il valore fisico o monetario dell'insieme di elementi che lo compongono in un dato momento;

    in base all'approccio ecosistemico promosso dalla Convenzione sulla diversità biologica il capitale naturale viene suddiviso in componenti biotiche e componenti abiotiche: tra le componenti biotiche si annoverano tutti gli ecosistemi terrestri e marini, con la flora e la fauna in essi contenuti (biodiversità), mentre sono componenti abiotiche i minerali, i metalli, i combustibili fossili, ma anche l'aria, il vento o l'energia solare; è essenziale anche sottolineare che, mentre quasi tutte le componenti biotiche sono rinnovabili, le componenti abiotiche possono essere sia non-rinnovabili (minerali, energia da combustibili fossili) sia rinnovabili (energia solare);

    una differente classificazione delle componenti può essere fatta in base alla fonte: suolo (foreste, flora e fauna, microbi del suolo, ecc.); sottosuolo (minerali, combustibili fossili); acqua (fiumi, laghi, oceani, falde sotterranee, e la flora e la fauna marine); atmosfera (aria ed elementi del clima);

    in ogni caso, attraverso l'economia circolare bisogna individuare modelli produttivi e di consumo che consentano di fare ricorso esclusivamente alle risorse derivanti dalla capacità rigenerativa del sistema, evitando così di intaccare il capitale naturale, determinando – come conseguenza – una progressiva riduzione di quella capacità rigenerativa;

    lo stock di capitale naturale, se opportunamente gestito e conservato, mantiene la sua dimensione di vitalità, nel suo stato dinamico ed evolutivo e continua a fornire servizi ecosistemici per le generazioni odierne e per quelle del futuro;

    allo stato attuale il consumo globale di risorse supera di gran lunga la capacità rigenerativa del pianeta e, secondo i calcoli del Global Footprint Network – think tank internazionale impegnato a promuovere la sostenibilità attraverso – nel 2023 cadrà il 27 luglio il cosiddetto «Overshoot Day», ossia la data in cui l'umanità avrà sfruttato l'intera capacità rigenerativa del pianeta, portando inevitabilmente nei giorni successivi ad erodere il capitale naturale residuo;

    l'attuale trend della crescita demografica porterà la popolazione mondiale ad oltre 9 miliardi di persone, che, accompagnata al progresso economico dei paesi in via di sviluppo, determinerà un ulteriore incremento della domanda di risorse naturali, in particolare di materie prime; tale tendenza determinerà anche un aumento degli impatti ambientali e climatici qualora non si adottino politiche e misure per un uso più efficiente delle risorse; in questo contesto, la diffusione di un nuovo modello «circolare» di produzione e consumo costituisce un elemento di importanza strategica per raggiungere gli obiettivi globali di sostenibilità;

    l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici rappresentano due fondamentali contributi per guidare la transizione verso un modello di sviluppo economico che abbia come obiettivo non solo redditività e profitto, ma anche progresso sociale e salvaguardia dell'ambiente; in questo contesto, un aspetto cruciale è quello della più razionale e sostenibile gestione delle risorse naturali, sempre più sotto pressione a causa della crescente popolazione, dell'aumento di domanda di materie prime e dell'aumento delle diseguaglianze anche nelle nazioni meno ricche; a tal fine è necessario agire su due fronti: da un lato bisogna gestire le risorse in modo più efficiente, ovvero aumentandone la produttività nei processi di produzione e consumo, riducendo gli sprechi, mantenendo il più possibile il valore dei prodotti e dei materiali; dall'altro lato occorre evitare che tutto ciò che ancora intrinsecamente possiede una residua utilità non venga smaltito in discarica ma sia recuperato e reintrodotto nel sistema economico; questi due aspetti costituiscono l'essenza dell'economia circolare, che mira, attraverso l'innovazione tecnologica e una migliore gestione dei rifiuti, a rendere le attività economiche più efficienti e meno impattanti per l'ambiente;

    con il Green Deal europeo, la Commissione europea ha portato al centro delle politiche comunitarie anche l'economia circolare dando un ulteriore impulso verso quel passaggio dall'economia lineare ad un sistema di consumi e di produzione circolare, dove il rifiuto sempre più deve essere minimizzato e valorizzato in modo intelligente ed efficiente;

    il Green Deal europeo è un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l'Unione europea sulla strada di una transizione ecologica con l'obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050; per realizzare questo obiettivo, sarà necessaria una trasformazione della società e dell'economia dell'Europa, che dovrà essere efficiente in termini di costi, moderna, competitiva ed equa;

    la strategia mette in evidenza la necessità di un approccio olistico e intersettoriale per invertire il degrado climatico e ambientale e garantire la sostenibilità della nostra società e rappresenta un'opportunità per una crescita economica sostenibile, la creazione di nuovi posti di lavoro e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini;

    la comunicazione sul Green Deal comprende iniziative riguardanti clima, ambiente, energia, trasporti, industria, agricoltura e finanza sostenibile, tutti settori fortemente interconnessi; essa delinea una nuova visione dell'economia e dello sviluppo fondata sulla sostenibilità;

    per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 anche l'attuale sistema alimentare dell'UE deve orientarsi verso un modello più sostenibile; oltre alla sicurezza dell'approvvigionamento alimentare e alla sicurezza degli alimenti, con la strategia «from farm to fork» si mira a garantire alimenti nutrienti, in quantità sufficiente e a prezzi accessibili entro i limiti dei pianeta, promuovere la sostenibilità della produzione alimentare e a promuovere un consumo alimentare e regimi alimentari sani più sostenibili;

    in questo quadro, l'UE affida all'industria europea un ruolo chiave nella transizione verso la neutralità climatica come motore di cambiamento, innovazione e crescita; la strategia industriale europea mira a rafforzare la resilienza e a promuovere la competitività dell'Europa e si prefigge di consentire all'industria europea di guidare la trasformazione verde e digitale e di diventare la forza trainante a livello globale nel passaggio alla neutralità climatica e alla digitalizzazione;

    la dissociazione della crescita economica dall'uso delle risorse e il passaggio a sistemi circolari di produzione e consumo sono fondamentali per conseguire la neutralità climatica dell'UE entro il 2050. Nel marzo 2020, la Commissione ha presentato un nuovo Piano d'azione per l'economia circolare, su cui il Consiglio ha adottato conclusioni nel dicembre 2020;

    l'Unione europea ha avviato alcune iniziative strategiche per la transizione verso un'economia di tipo circolare; in particolare si segnalano la piattaforma European Circular Economy Stakeholder Platform (Ecesp), creata nel 2017 a seguito delle raccomandazioni formulate dal Comitato economico e sociale europeo (Cese) nel parere in merito al pacchetto sull'economia circolare, e la Strategic Reaserch and Innovation Agend, istituita nel 2015, per rispondere all'urgente necessità di una ricerca ambiziosa, che consenta di sostenere le città europee nella loro transizione verso un futuro, massimizzando la loro sostenibilità, resilienza e vivibilità;

    il 6 dicembre 2020 è stata approvata dall'Environmental Protection Agencies Network la Carta di Bellagio che rappresenta un sistema per misurare a livello europeo la qualità e i progressi dell'economia circolare; tale monitoraggio contribuisce agli obiettivi del Nuovo piano d'azione europeo per l'economia circolare, una parte centrale del Green Deal, che richiede schemi precisi per valutare gli avanzamenti europei nel campo della circular economy; la Carta indica sette principi che catturano gli elementi essenziali di un quadro di monitoraggio per la transizione verso un'economia circolare: monitorare la transizione verso l'economia circolare; definire gruppi di indicatori; seguire i criteri di selezione degli indicatori; sfruttare l'ampia gamma di dati e fonti di informazioni; garantire il monitoraggio multilivello; consentire di misurare i progressi verso gli obiettivi; garantire visibilità e chiarezza;

    il nuovo Piano d'azione per l'economia circolare (Ceap – COM/2020/98), adottato l'11 marzo 2020, indica un'ampia gamma di misure volte a dissociare la crescita economica dall'uso delle risorse e contribuire in modo significativo al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Insieme alla nuova strategia industriale, l'obiettivo del piano d'azione è di modernizzare e rendere l'economia dell'UE adatta a sostenere un futuro verde e inclusivo, rafforzare l'uso efficiente delle risorse e la competitività a lungo termine, proteggendo al contempo l'ambiente;

    il nuovo Piano europeo, al pari del precedente datato 2015, prevede misure legislative e non, per l'intero ciclo dei prodotti, dalla progettazione al riciclo, con l'obiettivo di ridurre l'impronta complessiva della produzione e del consumo dell'Unione europea e contribuire in tal modo al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal. Considerando infatti che la metà delle emissioni deriva dall'estrazione e lavorazione delle risorse, il nuovo piano indirizza in maniera specifica i settori ad alta intensità di risorse quali: elettronica e ICT; batterie e veicoli; imballaggio; plastica; tessile; costruzione e alimentare, il nuovo Piano di azione sull'economia circolare segna la strada di una rivoluzione industriale con il passaggio da un paradigma lineare a un modello basato sulla riduzione di nuova materia impiegata, sulla durabilità dei prodotti, sul loro riuso e riciclo;

    secondo alcune stime, l'economia circolare potrebbe comportare – insieme allo sviluppo della bioeconomia rigenerativa – un risparmio di emissioni di gas serra pari al 45 per cento da ottenersi attraverso il ricorso all'ecoprogettazione, l'aumento dell'efficienza nella produzione e la minimizzazione della produzione dei rifiuti;

    questa transizione – complessa ma possibile nel medio-lungo periodo – ha molti vantaggi: contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, ridurre al minimo il consumo di risorse non rinnovabili come le materie prime e aumentare l'efficienza e la salubrità dei processi produttivi;

    il Piano fornisce il quadro di riferimento strategico, caratterizzato da misure volte a garantire la progettazione di prodotti sostenibili, orientare produttori e consumatori verso scelte più sostenibili, valorizzare la circolarità dei processi produttivi (con particolare riferimento ai settori che utilizzano più risorse: elettronica e ICT, batterie e veicoli, imballaggi, materie plastiche, tessili, edilizia e costruzioni, alimentare);

    in Europa, l'economia circolare ha generato 4 milioni di posti di lavoro dal 2012 al 2018, che possono essere aumentati ulteriormente utilizzando come leva finanziaria il fondo sociale europeo plus, il fondo della politica di coesione, il fondo per la Just transition, InvestEU e fondi collegati al Green Deal, e altre iniziative dedicate alle città, come la Circular Cities e l'Intelligent cities challenge;

    la strada per compiere un cambiamento di tale portata è ancora lunga; secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, l'uso complessivo delle risorse nazionali nell'economia dei 28 Stati membri dell'UE è diminuito del 9 per cento nell'ultimo quindicennio, mentre la produttività delle risorse è migliorata; se si considera l'uso circolare dei materiali (Circular Material Use, CMU) si osserva un lento ma costante aumento dal 2004 al 2016 che va dall'8 per cento al 12 per cento una tendenza che risulta più spinta per i metalli e i minerali metallici e meno rapida per le biomasse e i materiali a energia fossile; in considerazione della scarsità delle materie prime nel continente, il ruolo del riuso e del riciclaggio diventa cruciale anche in termini di sicurezza;

    malgrado ciò, l'Europa continua a generare una crescente quantità di rifiuti, e i progressi nelle pratiche circolari come il riciclaggio e la prevenzione sono ancora troppo lenti; i rifiuti (esclusi i principali rifiuti minerali) generati per abitante sono leggermente aumentati a 1,8 tonnellate pro capite nel 2016; questa media nasconde grandi differenze tra i Paesi, che vanno da meno di una a più di tre tonnellate pro capite; la generazione di rifiuti urbani, che rappresenta circa il 10 per cento del totale dei rifiuti, è diminuita tra il 2007 e il 2013 nell'UE-28, ma è di nuovo in aumento dal 2013; nel complesso, le grandi quantità di risorse usate e di rifiuti generati e il contributo piuttosto basso dei materiali riciclati alla domanda di materiali dell'economia indicano che «l'Europa è ancora lontana dall'obiettivo di diventare un'economia circolare»;

    la Commissione europea ha recentemente diffuso la proposta per una legge europea sulle materie prime critiche – Critical Raw Material Act – il cui obiettivo è quello di «garantire catene di approvvigionamento sicure e sostenibili per il futuro verde e digitale dell'Unione europea»;

    per materie prime critiche si intendono quelle non alimentari non energetiche i cui problemi di approvvigionamento, di carattere politico, commerciale e ambientale, rendono prioritario un cambio di strategia economica e un forte aggiornamento tecnologico;

    nei vari documenti pubblicati dalla Commissione europea, si sottolinea fortemente il ruolo cardine delle materie prime critiche (Critical Raw Materials, CRMs) per realizzare un'economia circolare e competitiva;

    a partire dal 2011, ogni tre anni, viene stilata ed aggiornata la lista di CRMs a livello europeo, al fine di promuovere ricerca e innovazione, condurre trattative commerciali e attuare l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile; ad oggi sono 30 le CRMs individuate;

    a seguito della transizione ecologica e digitale in atto, la domanda delle materie prime critiche è in costante aumento, come la richiesta di terre rare che potrebbe decuplicare entro il 2050; analoghi trend si registrano per i materiali come litio, cobalto e grafite, fondamentali per la produzione degli attuali sistemi di accumulo dell'energia;

    il nuovo piano d'azione per le materie prime critiche (2020) ha identificato le sfide in atto proponendo strategie per diversificare l'approvvigionamento da fonti primarie e secondarie, incrementandone la sostenibilità ambientale e sociale, e per migliorare l'efficienza delle risorse e la circolarità, attraverso una serie di interventi da attuare dagli Stati membri entro il 2025;

    in quest'ottica sono state avviate alcune forme di cooperazione, come la European Raw Materials Alliance (ERMA), di cui il MiTE e il MISE sono parte dai primi mesi del 2022, la European Battery Alliance (EBA) e l'EIT (European Institute of Innovation and Technology) RawMaterials, il più grande consorzio nel settore delle materie prime – non solo critiche – a livello mondiale;

    nel quadro del piano d'azione per l'economia circolare il 30 marzo 2022 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte sulla sostenibilità dei prodotti Ecodesign, con l'obiettivo di contribuire alla trasformazione dell'economia europea da un modello essenzialmente lineare (take-make-use-dispose) in un modello pienamente circolare;

    nel contesto dell'attuale crisi internazionale, l'auspicio dell'esecutivo UE è che tali proposte possano, inoltre, alleviare la dipendenza della nostra economia da energia e risorse provenienti da Paesi terzi, rendendola quindi più resiliente agli shock esterni; entro il 2030 il nuovo quadro potrà, infatti, assicurare, secondo le stime della Commissione, un risparmio di 132 Mtep di energia primaria, pari a circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale, quasi equivalenti all'importazione di gas russo nell'UE; fulcro del pacchetto è l'iniziativa sulla sostenibilità dei prodotti; la proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile di prodotti sostenibili muove dalla constatazione che il modo in cui un prodotto è progettato determina fino all'80 per cento del suo impatto ambientale;

    in linea con il piano d'azione per l'economia circolare del marzo 2020 la Commissione europea ha di recente adottato una proposta di regolamento (COM (2022)672), che istituisce un quadro efficace di certificazione volta ad incentivare la diffusione degli assorbimenti e aumentare la circolarità del carbonio, nel pieno rispetto degli obiettivi di biodiversità e inquinamento zero. Gli obiettivi principali che l'iniziativa intende perseguire sono quelli di garantire l'elevata qualità degli assorbimenti di carbonio nel contesto europeo e istituire un sistema di governance per le certificazioni finalizzato a evitare l'ecologismo di facciata;

    nel caso del sequestro del carbonio nei suoli agricoli, il quadro di certificazione avrebbe anche l'effetto di incoraggiare la diffusione di attività di assorbimento del carbonio che producano co-benefici per la biodiversità, realizzando gli obiettivi di ripristino della natura;

    a livello nazionale l'Italia si è dotata dei seguenti strumenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità definiti a livello internazionale ed europeo;

    la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS), adottata con delibera Cipe n. 108 del 22 dicembre 2017, ha trasposto a livello interno i principi dell'Agenda 2030 e i suoi Sustainable Development Goals (SDGs) e rappresenta il quadro programmatico di riferimento per l'elaborazione, il monitoraggio e la valutazione integrata delle politiche che ad essa afferiscono;

    la SNSvS riconosce e richiama la Strategia nazionale per l'economia circolare e ne potenzia la portata e il valore trasversale e trasformativo;

    ruolo strategico nella transizione verso questo nuovo modello economico circolare è attribuito alle città, luoghi nei quali vive oltre la metà della popolazione mondiale, una cifra che dovrebbe aumentare a due terzi entro il 2050; il ruolo delle città e dei territori come principali nodi per l'attuazione dell'Agenda 2030 e per il raggiungimento dell'insieme degli SDGs a questa collegati sta infatti ricevendo crescente attenzione a livello internazionale e nazionale; investire, quindi, nella loro trasformazione è essenziale per raggiungere una maggiore sostenibilità ed efficienza nell'utilizzo delle risorse e traguardare gli obiettivi in materia di economia circolare;

    a tal fine, l'Italia ha attivato un insieme di azioni, su iniziativa del Mite e in base all'articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006 finalizzate a costruire quadri di riferimento per le politiche pubbliche a livello regionale, di provincia autonoma e a livello metropolitano, in attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile;

    dal 2010 anche l'Italia si è dotata di una Strategia nazionale per la biodiversità (Snb), la cui elaborazione si colloca nell'ambito degli impegni assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione sulla diversità biologica (Convention on Biological Diversity - CBD, Rio de Janeiro 1992) avvenuta con la legge n. 124 del 14 febbraio 1994;

    la Snb rappresenta lo strumento attraverso il quale l'Italia intende contribuire all'obiettivo internazionale di garantire che entro il 2050 tutti gli ecosistemi del pianeta siano ripristinati, resilienti e adeguatamente protetti;

    la Snb prevede l'identificazione di una serie di obiettivi specifici che rappresentano la declinazione su scala nazionale delle priorità europee e degli impegni definiti in ambito internazionale, declinati all'interno di alcuni ambiti tematici di intervento, tra le quali aree protette, agricoltura, foreste, acque interne, mare; per ciascun obiettivo vengono individuate azioni specifiche e indicatori sviluppati appositamente per verificarne il raggiungimento;

    per ottenere il raggiungimento degli obiettivi di conservazione della biodiversità e di recupero funzionale e strutturale degli ecosistemi sarà necessario integrare tali obiettivi nella politica agricola – in stretta connessione con la Strategia Farm to Fork –, forestale e della pesca, nelle politiche in materia di lotta e adattamento al cambiamento climatico, di sviluppo sostenibile e dell'economia circolare, nonché nella pianificazione territoriale. Sfide che richiederanno un'ampia condivisione ed un efficace azione di governance;

    Il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec), in linea con gli Accordi di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, attua il regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima e prevede i seguenti obiettivi: una percentuale di energia da Fer nei consumi finali lordi di energia pari al 30 per cento, in linea con gli obiettivi previsti per il nostro Paese dalla UE; una quota di energia da Fer nei consumi finali lordi di energia nei trasporti del 22 per cento a fronte del 14 per cento previsto dalla UE; una riduzione dei consumi di energia primaria del 43 per cento a fronte di un obiettivo UE del 32,5 per cento; la riduzione dei «gas serra», rispetto al 2005, con un obiettivo per tutti i settori non ETS del 33 per cento;

    inoltre gli obiettivi delineati nel Pniec al 2030 sono destinati ad essere rivisti ulteriormente al rialzo, in ragione dei più ambiziosi target delineati in sede europea con il «Green Deal Europeo» (COM (2019) 640 final) che punta ad un più ambizioso obiettivo di riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, e nel medio lungo termine, alla trasformazione dell'UE in un'economia competitiva e contestualmente efficiente sotto il profilo delle risorse, che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra;

    la neutralità climatica nell'UE entro il 2050 e l'obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030 hanno costituito il riferimento per l'elaborazione degli investimenti e delle riforme in materia di Transizione verde contenuti nei Piani nazionali di ripresa e resilienza, figurando tra i principi fondamentali base enunciati dalla Commissione UE nella Strategia annuale della crescita sostenibile – SNCS 2021 (COM(2020) 575 final);

    il Pnrr profila, dunque, un futuro aggiornamento degli obiettivi sia del Pniec e della strategia di lungo termine per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, per riflettere i mutamenti nel frattempo intervenuti in sede europea;

    nelle more dell'aggiornamento degli obiettivi del Pniec e della strategia di lungo termine – legato al Pacchetto legislativo europeo «Fit for 55» – è stato adottato il Piano per la transizione ecologica (Pte), che fornisce, un quadro delle politiche ambientali ed energetiche integrato con gli obiettivi già delineati nel Pnrr, con l'indicazione di un nuovo obiettivo nazionale di riduzioni emissioni climalteranti al 2030;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – coerente con gli obiettivi delineati dal Green deal – prevede che un minimo del 37 per cento della spesa per investimenti e riforme programmata nel Pnrr debba sostenere gli obiettivi climatici e che tutti gli investimenti e le riforme previste debbano rispettare il principio del «Do no significant harm (DNSH)», «non arrecare danni significativi» all'ambiente;

    il Pnrr prevede specifiche misure riguardanti l'economia circolare, con particolare riferimento all'esigenza di migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento dei rifiuti, colmando il divario tra regioni del nord e quelle del centro-sud e realizzando progetti innovativi per filiere strategiche, quali rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), industria della carta e del cartone, tessile e riciclo meccanico e chimico delle plastiche; inoltre sono previste misure per colmare il divario territoriale in materia di efficacia della raccolta differenziata e di presenza di discariche irregolari;

    il Piano per la transizione ecologica (Pte), previsto dall'articolo 57-bis del Testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), individua le azioni, le misure, le fonti di finanziamento, il relativo cronoprogramma, al fine di coordinare le politiche in materia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, risorse idriche, qualità dell'aria, economia circolare, bioeconomia circolare e fiscalità ambientale, compresi i sussidi ambientali e la finanza climatica e sostenibile;

    il Piano è articolato in 5 macro obiettivi: neutralità climatica; azzeramento dell'inquinamento; adattamento ai cambiamenti climatici; ripristino della biodiversità; transizione verso economia circolare e bioeconomia;

    il Piano d'azione della strategia italiana sulla bioeconomia è finalizzato: alla promozione delle politiche, standard, etichettature dei prodotti biobased e interventi e incentivi orientati al mercato emergente; all'avvio di progetti pilota a livello locale per sostenere la bioeconomia nazionale nel settore agroalimentare, materiali biobased, forestale, marino e marittimo, nelle aree rurali, costiere e urbane; alla valorizzazione della conoscenza, la tutela e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi nazionali, nonché i servizi ecosistemici al fine di accrescere l'adattamento ai cambiamenti climatici; alla promozione della consapevolezza, della formazione e dell'imprenditorialità nel campo della bioeconomia; a tal fine il Governo italiano ha lanciato e successivamente aggiornato una strategia nazionale di bioeconomia e istituito un gruppo nazionale di coordinamento della bioeconomia;

    la strategia UE per una crescita blu (blue economy) guarda all'acquacoltura come a un settore in grado di stimolare la crescita economica in Europa e nel Mediterraneo, e anche la riforma della politica comune sulla pesca promuove il settore, anche attraverso la strategia nazionale adottata dall'Italia; l'acquacoltura svolge una chiara funzione nello sviluppo di un'economia blu climaticamente neutra, sostenibile e produttiva, e consente la produzione efficiente di cibi nutrienti e sani, proponendo prodotti a scarsa impronta ambientale; tenendo conto della strategia per una crescita blu, del Green Deal, della strategia Farm to Fork e della Missione Oceano dell'UE, è importante sprigionare il potenziale dell'acquacoltura in Europa e nella regione del Mediterraneo;

    l'acquacoltura italiana fornisce annualmente 150.000 tonnellate di prodotti acquatici allevati in 800 siti situati in acque interne, di transizione e costiere. Gran parte della produzione italiana consiste in molluschi (66 per cento della produzione, 55 per cento del valore), riconosciuti come valido strumento di biorisanamento e di creazione di servizi ecosistemici aventi effetti benefici sugli habitat di transizione e marini;

    il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti – decreto ministeriale n. 257 del 24 giugno 2022 – costituisce uno strumento strategico di indirizzo per le regioni e le province autonome nella pianificazione della gestione dei rifiuti; tale strumento è previsto e definito dall'articolo 198-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le regioni e le province autonome si attengono nell'elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti; l'obiettivo è quello di superare l'insufficiente capacità di pianificazione da parte delle regioni attraverso i seguenti criteri di priorità: sostenibilità nell'uso delle risorse e riduzione degli impatti ambientali negativi del ciclo dei rifiuti; progressivo riequilibrio dei divari socio-economici, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti; sviluppo dei comportamenti virtuosi degli attori economici e dei cittadini per la riduzione e la valorizzazione dei rifiuti; promozione di un ciclo dei rifiuti che contribuisca al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica;

    la Strategia nazionale per l'economia circolare (SEC) – decreto ministeriale n. 259 del 24 giugno 2022 – è un documento programmatico, all'interno del quale sono individuate le azioni, gli obiettivi e le misure che si intendono perseguire nella definizione delle politiche istituzionali volte ad assicurare un'effettiva transizione verso un'economia di tipo circolare; ad essa è demandato il compito di definire i nuovi strumenti amministrativi e fiscali per potenziare il mercato delle materie prime seconde, affinché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi rispetto alle materie prime vergini; a tal fine, la Strategia agisce sulla catena di acquisto dei materiali (criteri ambientali minimi per gli acquisti verdi nella pubblica amministrazione), sui criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), sulla responsabilità estesa del produttore e sul ruolo del consumatore, sulla diffusione di pratiche di condivisione e di «prodotto come servizio»; la Strategia, infine, costituisce uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica e definisce una roadmap di azioni e di target misurabili da qui al 2035;

    gli obiettivi da perseguire per il concreto conseguimento di un modello economico improntato alla circolarità sono numerosi e caratterizzati da una spiccata ambizione; nello specifico le principali misure necessarie sono le seguenti:

     adozione di sistemi di gestione finalizzati alla qualificazione di processi e prodotti per favorire la diffusione di nuove abitudini produttive e di consumo e per orientare il mercato verso scelte ecosostenibili;

     adozione di modelli di business che trasformino il modello produttivo caratterizzato dai seguenti requisiti: filiera circolare ab origine; recupero e riciclo dei materiali; estensione della vita del prodotto; piattaforma di condivisione; prodotto come servizio;

     adozione di forme di simbiosi industriale, in modo da creare un sistema integrato per condividere le risorse secondo un approccio di tipo cooperativo e che consenta di un costante flusso delle risorse tra i vari settori produttivi, dove gli «scarti» di alcuni possono diventare «prodotti» di altri, riducendo al minimo gli sprechi;

     piena attuazione della direttiva 2018/851/UE che ha ulteriormente implementato il quadro normativo di riferimento per la responsabilità estesa del produttore, che si deve impegnare a creare un prodotto di lunga durata e il cui fine vita non debba essere un problema da gestire, ma una risorsa da riutilizzare;

     elaborazione di un piano nazionale di educazione e comunicazione ambientale, in modo da informare e sensibilizzare i cittadini e ad orientarli verso nuovi – e più sostenibili – modelli di consumo;

     implementazione del Green Public Procurement, lo strumento individuato dalla commissione europea per incentivare lo sviluppo delle filiere circolari e favorire il mercato di prodotti riciclabili e servizi a ridotto impatto ambientale, attraverso la leva della domanda pubblica, che permette di orientare in modo virtuoso l'intero mercato; in questa ottica rientrano i decreti sui criteri ambientali minimi, di competenza del Ministero dell'ambiente, che riguardano specifici settori;

     prevenzione della produzione dei rifiuti, partendo dalla progettazione «sostenibile» del prodotto (ecodesign), che deve basarsi su un approccio di Life Cycle Thinking, ovvero mediante analisi e valutazioni che tengano conto degli impatti generati lungo tutto l'intero ciclo di vita del prodotto e del servizio;

     promozione del diritto al riutilizzo ed alla riparazione, attraverso una riorganizzazione dei processi produttivi e di consumo che punti a minimizzare gli scarti di produzione, estendendo il ciclo di vita dei materiali ed eliminando ogni meccanismo di obsolescenza programmata;

     piena attuazione alla disciplina di cui all'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di cessazione della qualifica rifiuto (End of Waste), al fine di consentire – nel pieno rispetto della tutela dell'ambiente e della salute – il recupero di beni giunti al termine del proprio ciclo di vita o di materiali di scarto di processi produttivi, per i quali sia possibile il reimpiego in altri processi produttivi, previa individuazione dei necessari requisiti;

     promozione e sviluppo di misure finalizzate alla valorizzazione e tutela della biodiversità, nell'ottica della salvaguardia del capitale naturale, con particolare attenzione allo stop del consumo di suolo, ad un suo uso efficiente ed all'accelerazione dei processi di bonifica e riconversione dei siti di interesse nazionale in modo da restituire alla collettività intere porzioni di territorio, su cui avviare progetti di economia circolare;

     trasformazione in ottica circolare della «Blue Economy», in considerazione del fatto che l'economia del mare rappresenta una parte fondamentale dell'intero sistema produttivo e che ha un consistente margine di miglioramento in termini di sostenibilità;

     adozione di adeguate misure di finanza e fiscalità ambientale in coerenza con il Regolamento Europeo sulla tassonomia, che consentano di privilegiare e sostenere le imprese che investono su modelli produttivi orientati verso mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, uso sostenibile e tutela delle risorse idriche, transizione verso l'economia circolare, riduzione dell'inquinamento, protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi;

     adozione di misure volte a contrastare il fenomeno noto come Greenwashing al fine di tutelare i consumatori e le imprese da pratiche scorrette e ingannevoli tali da occultare l'impatto ambientale negativo di prodotti e servizi, in linea con gli impegni del Green Deal europeo e con le proposte di direttiva della Commissione europea, cosiddetto Right To repair e Green Claims Directive, nell'ambito del «Primo pacchetto sull'economia circolare»;

     piena attuazione alla strategia sulla bioeconomia in tutti i suoi settori, da quello agroalimentare a quello biobased, forestale e marino-marittimo, nonché a livello urbano, anche mediante l'implementazione di idonei indicatori che ne consentano il monitoraggio nelle fasi di sviluppo;

     ad adottare apposite misure di sostegno, anche finanziario, per l'implementazione di progetti territoriali volti ad accrescere l'efficacia delle iniziative di redistribuzione di prodotti alimentari eccedenti, lungo tutte le fasi di produzione, trasformazione e somministrazione, nonché promuovere forme innovative di consumo responsabile e di condivisione delle eccedenze alimentari (foodsharing), anche attraverso la collaborazione di prossimità tra operatori del settore alimentare, e campagne di comunicazione, informazione, sensibilizzazione, educazione sull'importanza di ridurre lo spreco alimentare, per un pieno recepimento delle finalità di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a creare le condizioni per un mercato delle materie prime seconde, in sostituzione delle materie prime tradizionali, competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi, agendo sulla normazione dei materiali e sui criteri per togliere la qualifica di rifiuto ai materiali («End of Waste»);

2) a predisporre un'interlocuzione a livello europeo per il riconoscimento delle materie prime secondarie prodotte in Italia;

3) a rafforzare e consolidare il principio di responsabilità estesa del produttore – estendendone l'applicazione a nuovi settori come il tessile, costruzioni, arredo, veicoli, alimentare e farmaceutico – affinché il produttore si faccia carico del destino finale del prodotto, così come il principio del «Chi inquina paga» (es. raccolta selettiva, deposito cauzionale per il riciclo, pay-per-use, pay-as-you-throw);

4) a rafforzare le azioni mirate a realizzare la circolarità sin dal concepimento del prodotto (ecodesign sistemico, estensione della durata dei prodotti, riparabilità e riuso, e altro), in particolar modo recependo con attenzione le normative europee in materia di eco-design e prodotti sostenibili, di corretta informazione e responsabilizzazione dei consumatori, di circolarità per i prodotti tessili e da costruzione;

5) a sviluppare e diffondere metodi e modelli di valutazione del ciclo di vita dei prodotti/servizi e dei sistemi di gestione dei rifiuti e dei relativi effetti ambientali complessivi;

6) a rafforzare il riciclo con il recupero dei ritardi territoriali nella raccolta differenziata, il miglioramento della raccolta dei Raee e a ottimizzare la tracciabilità dei flussi di rifiuti;

7) ad adottare iniziative di competenza volte a migliorare e modificare, implementandone l'ambizione, la proposta del regolamento imballaggi, in particolar modo attraverso la progressiva diffusione di sistemi di deposito cauzionale per gli imballaggi in plastica e metallo;

8) ad adottare iniziative volte a realizzare i progetti per l'economia circolare finanziati col Pnrr e orientare maggiormente l'utilizzo del credito di imposta previsto da Transizione 4.0 e le misure di fiscalità in direzione della circolarità;

9) a supportare la ricerca applicata per sviluppare l'economia circolare delle materie prime critiche – tra le quali cobalto, litio, fosforo, alluminio – necessarie per la transizione energetica e digitale;

10) a rafforzare le misure di circolarità nella prevenzione della produzione dei rifiuti (nuovo programma nazionale di prevenzione e avvio di progetti di simbiosi industriale);

11) promuovere la formazione di figure con adeguate competenze nell'ambito pubblico e privato in materia di economia circolare come volano di sviluppo dell'occupazione giovanile e femminile;

12) a prevedere strumenti e servizi per supportare le imprese, piccole e medie imprese e settore commerciale, nell'implementazione di tecnologie, metodologie e approcci finalizzati al miglioramento dei processi ed alla gestione efficiente e sostenibile dei prodotti;

13) ad adottare le iniziative di competenza volte a creare le condizioni per un mercato dei «sottoprodotti» in termini di maggiore certezza nel riconoscimento, disponibilità, agendo sulla normazione per determinate filiere (ad esempio residui e sottoprodotti di origine agricola) e sulla rivitalizzazione della piattaforma di scambio dei sottoprodotti, per supportare concretamente gli operatori nella realizzazione piena della simbiosi industriale anche nell'ambito della bioeconomia;

14) ad adottare iniziative volte a sviluppare una fiscalità favorevole alla transizione verso l'economia circolare, da realizzarsi sia con la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi all'ambiente, destinando – per i settori di riferimento – le relative risorse all'incentivazione di processi produttivi e beni con minore impatto ambientale, in coerenza con le indicazioni del catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, sia con forme positive di incentivazione delle attività di riparazione dei beni, sia per una loro progettazione più sostenibile;

15) a porre le condizioni per l'estensione della durata del prodotto attraverso una sua progettazione ispirata ai principi di modularità e riparabilità, seguendo la direzione tracciata dalle proposte commerciali di condivisione (sharing), di noleggio (pay per use) e di leasing che indicano lo spostamento dalla proprietà individuale del bene alla sua fruizione come servizio;

16) a potenziare ricerca e sviluppo nel settore dell'eco-efficienza, migliorare la tracciabilità dei beni e risorse nel loro ciclo di vita, così come integrare e rafforzare gli indicatori per misurare il grado di circolarità dell'economia secondo le metodologie del Life Cycle Assessment, il Carbon Footprint e in una logica di valutazione dell'economicità di processo, attraverso i Key performance indicators (Kpi) che permettono di considerare in modo unitario le fasi chiave dell'economia circolare: acquisto, produzione, logistica, vendita, uso e fine vita;

17) a progettare nuovi programmi di educazione al consumo e di formazione interdisciplinare per la figura di esperto di economia circolare, con il parallelo sviluppo di impianti e accordi pubblico-privato per lo sviluppo imprenditoriale in questo nuovo settore;

18) adottare ogni iniziativa utile per garantire la chiusura del ciclo, sia nella catena del valore dei prodotti, sia nei processi produttivi;

19) ad adottare iniziative di competenza volte a potenziare lo sviluppo di prodotti e imballaggi a minore contenuto di sostanze pericolose quali piombo, cadmio, mercurio, cromo esavalente, e altro;

20) ad adottare iniziative di competenza volte a supportare sistemi di etichettatura che permettano di fornire al consumatore corrette informazioni relative al materiale di cui sono composti i prodotti e i loro imballaggi, fornendo altresì il dato percentuale delle materie provenienti dal riciclo;

21) ad adottare idonee iniziative di competenza volte a prevenire e contrastare il cosiddetto fenomeno del Greenwashing, anche assumendo posizioni chiare nelle competenti sedi europee in ordine al divieto di dichiarazioni e pratiche scorrette e ingannevoli sulla sostenibilità di prodotti e servizi offerti sul mercato, al fine di fornire idonei strumenti di tutela per i consumatori e le imprese, in linea con gli impegni del Green Deal europeo;

22) ad adottare iniziative volte a supportare, con adeguate misure di incentivazione fiscale di natura strutturale, una maggiore diffusione negli esercizi commerciali di appositi spazi dedicati alla vendita di prodotti alimentari e detergenti, sfusi o alla spina – cosiddetti «Green corner» –, o per l'apertura di nuovi negozi che prevedano la vendita di tali prodotti;

23) a prevenire e ridurre l'incidenza di microplastiche nell'ambiente e negli ecosistemi (in particolare nell'ambiente acquatico e negli ecosistemi marini) e di conseguenza sulla salute umana, attraverso un monitoraggio costante e sistematico, anche verificando per quanto di competenza, l'attuazione delle disposizioni che recano misure sanzionatorie per condotte illecite, così da prevenire e ridurre la formazione di rifiuti in plastica e la loro dispersione nell'ambiente;

24) ad adottare iniziative volte a supportare, con adeguate misure fiscali, l'introduzione di meccanismi premiali (tra cui, a titolo esemplificativo, la riduzione della tariffa comunale sui rifiuti) a favore degli operatori economici che donano le proprie eccedenze alimentari, anziché destinarle a rifiuto, e che collaborano a forme innovative di consumo responsabile e di condivisione delle eccedenze alimentari (foodsharing), anche attraverso campagne di comunicazione, informazione, sensibilizzazione ed educazione ad hoc, per la diffusione dei principi di consumo responsabile e di riduzione degli sprechi;

25) ad adottare iniziative volte ad incrementare l'utilizzo dell'acqua reflua in agricoltura, quale misura efficiente per contrastare il cambiamento climatico, per prevenire e gestire la scarsità idrica, nonché per garantire la sicurezza e la sostenibilità della risorsa agricola, nell'ottica di un sistema di economia circolare.
(1-00142) «L'Abbate, Francesco Silvestri, Sergio Costa, Ilaria Fontana, Pavanelli, Appendino, Cappelletti, Morfino, Santillo, Todde».

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,

   premesso che:

    la situazione delle motorizzazioni civili di tutta Italia è ormai da tempo critica, a causa della grave carenza di personale di cui soffrono gli uffici sul territorio;

    in particolare, il numero di addetti agli esami per il conseguimento delle patenti di guida e di addetti per la gestione in back office del Documento unico di circolazione è insufficiente ai fini di soddisfare la domanda esistente;

    i ritardi nelle procedure e l'allungamento dei tempi di attesa stanno causando disagi notevoli, sia agli uffici delle motorizzazioni, sia ai cittadini, che si vedono privati di servizi essenziali. I danni causati da questa situazione vanno inoltre a danno delle autoscuole e dei lavoratori del settore, che si trovano ad affrontare importanti criticità relative al mantenimento dell'attività e dell'impiego;

    lo scenario esposto rischia inoltre di essere ulteriormente peggiorato dal prossimo pensionamento di diversi addetti ai lavori, che ridurrà ulteriormente la forza lavoro delle motorizzazioni;

    a fronte di numerose sollecitazioni degli operatori del settore e anche del Parlamento, mediante la reiterata presentazione di atti di sindacato ispettivo sul tema, la situazione non è migliorata e tardano decisioni che possano risolvere le criticità esposte;

    dunque, l'innesto di professionalità esterne all'interno delle procedure di revisione periodica dei veicoli pesanti rappresenta un'importante risorsa per recuperare livelli di servizio adeguati alle esigenze della domanda in tutte le funzioni della motorizzazione erogate sul territorio, a beneficio dei cittadini e delle imprese;

    con il decreto ministeriale 15 novembre 2021, n. 446 si è dato avvio al processo di attuazione delle novellate disposizioni recate dall'articolo 80 del codice della strada, che prevede al comma 8 che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di assicurare il rispetto dei termini previsti per le revisioni periodiche dei cosiddetti «veicoli pesanti» possa affidare in concessione quinquennale le suddette revisioni ad imprese di autoriparazione che svolgono la propria attività nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista, ad imprese che, esercendo in prevalenza attività di commercio di veicoli, esercitino altresì, con carattere strumentale o accessorio, l'attività di autoriparazione e che possano essere altresì affidate in concessione ai consorzi e alle società consortili, anche in forma di cooperativa;

    con circolare del 20 dicembre 2022, la direzione generale per la motorizzazione civile ha disposto che a partire dal 1° febbraio 2023, anche nelle more del rilascio in esercizio di un applicativo dedicato, le direzioni territoriali, in quanto organismi di supervisione, anche avvalendosi dei direttori degli uffici e delle sezioni a questi afferenti, potranno autorizzare sedute di revisione presso centri autorizzati ex legge n. 870 del 1986 designando, per l'esercizio delle funzioni tecniche connesse, un ispettore autorizzato regolarmente iscritto al Rui;

    alcune direzioni generali territoriali hanno emanato direttive volte a specificare che la presenza di ispettori autorizzati non dovrà in nessun modo inficiare l'operatività in conto privato del personale dell'amministrazione in ragione della disponibilità fornita, affermando dunque una sorta di «diritto di precedenza» dei dipendenti dell'amministrazione pubblica rispetto ai soggetti privati autorizzati;

    oltre alla necessità di risolvere le problematiche organizzative legate ad alcuni uffici territoriali della motorizzazione, che determinano una preoccupante dilatazione dei tempi nell'esercizio delle revisioni di propria attribuzione, tale previsione contenuta nelle circolari della direzione generale e delle direzioni territoriali, ha generato confusione sia presso il personale dell'amministrazione sia presso i privati autorizzati, occorre dunque riordinare una disciplina che vede operare insieme diversi soggetti, pubblici e privati;

    in questa situazione è stato proclamato uno stato di agitazione nazionale che ha interessato il personale tecnico di vari uffici della motorizzazione civile, in relazione alla correlata introduzione della figura dei cosiddetti «ispettori autorizzati»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare le iniziative necessarie a porre fine alla carenza di organico che affligge gli uffici delle motorizzazioni civili di tutta Italia;

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative per definire soluzioni temporanee atte a smaltire il cronico arretrato degli uffici delle motorizzazioni civili, specie per quanto concerne gli esami di guida, eventualmente coinvolgendo personale qualificato proveniente da altre istituzioni;

   a valutare l'opportunità di avviare un percorso di seria riforma della disciplina vigente in materia di organizzazione, funzionamento, personale e compiti della direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative volte a superare gli ostacoli alla piena attuazione della disciplina che prevede la facoltà di affidare in concessione a soggetti privati le revisioni dei cosiddetti «veicoli pesanti».
(7-00104) «Maccanti, Dara, Furgiuele, Marchetti, Pretto».


   La X Commissione,

   premesso che:

    il mercato della distribuzione di carburanti gioca un ruolo strategico per l'economia nazionale, con un valore che si aggira sui 45 miliardi di euro all'anno di fatturato complessivo e che ingloba circa 80 mila lavoratori fra titolari, collaboratori e dipendenti, occupati presso oltre 22 mila impianti nella rete ordinaria e circa 450 aree di servizio autostradali;

    lo stesso presenta numerose criticità che si stanno, ormai da tempo, riverberando su tutto il comparto con una perdita di oltre il 50 per cento della redditività, anche per effetto della diminuzione delle vendite e dei margini operativi;

    tra il 2018 ed il 2019 si sono manifestati in tutta la loro drammaticità gli effetti della crisi del settore che, negli ultimi anni, ha registrato l'uscita dal mercato e/o la cessione degli asset della distribuzione di importanti gruppi petroliferi (Shell, Esso, Total), accelerando i processi di fusione tra marchi (ad esempio, Italiana Petroli) e un passaggio repentino da una logica industriale a logiche meramente finanziarie e talvolta speculative, spesso in mano a banche o fondi;

    già in sé il singolo dato del progressivo abbandono del mercato da parte dell'industria petrolifera dovrebbe essere sufficiente a rappresentare il livello di crisi in cui versa il settore;

    le ragioni di questa crisi sono molteplici: una rete distributiva estremamente frammentata e inefficiente, oltreché insicura in alcuni casi dal punto di vista ambientale; estrema parcellizzazione della proprietà dei punti vendita e riduzione della capacità di controllo e verifica sia degli operatori che della qualità dei prodotti commercializzati; il dilagare di comportamenti illegali nella commercializzazione di prodotti attraverso l'esenzione di imposta e accise, ingresso diretto della criminalità organizzata nella gestione della rete distributiva e commercializzazione di detti prodotti;

    come ampiamente denunciato anche dalle federazioni di categoria dei gestori, negli ultimi anni, si è verificata una sensibile contrazione degli investimenti da parte degli operatori di settore, mentre la mancata razionalizzazione della rete distributiva (tanto in rete ordinaria che autostradale) ha determinato una massiccia frammentazione dell'offerta e un crollo della efficienza, con oltre il 30 per cento degli impianti ad erogato inferiore a 500 mila litri l'anno, e un conseguente crollo della marginalità e della sostenibilità economica dei punti vendita;

    si è infatti stimato che circa 7/8 mila impianti sono quelli che andrebbero ulteriormente chiusi per inefficienza e che restano tuttavia aperti per gli alti costi di chiusura principalmente dovuti alle operazioni di messa in sicurezza e bonifica dei suoli e delle acque sotterranee per le aree di sedime i di pertinenza dei punti vendita carburanti;

    migliaia di impianti risultano ubicati in luoghi che non possono essere più considerati idonei sulla base delle vigenti normative in materia di sicurezza stradale o ambientale;

    sono state segnalate violazioni della normativa sulla tutela del lavoro, favorite da una disciplina che demanda alla contrattazione delle parti la remunerazione dei gestori sulla base di una complessa cornice normativa (decreto legislativo n. 32 del 1998, legge n. 57 del 2001, legge n. 27 del 2012) che tuttavia non offre, sia perché in parte superata, sia perché oggetto di ampi spazi di elusione, sufficienti tutele alle imprese e ai lavoratori del settore;

    la frammentazione del comparto in tanti operatori di limitate dimensioni rispetto alle tradizionali compagnie petrolifere ha drasticamente penalizzato la praticabilità per le organizzazioni rappresentative dei gestori di concludere accordi, rendendo necessaria una integrazione del quadro normativo vigente con una contrattazione che definisca ruolo, funzione e condizioni di competitività, profittabilità e remunerazione delle imprese e del lavoro degli addetti alla distribuzione finale;

    le decine di migliaia di piccole imprese di gestione e di addetti che vengono impiegati sulla rete possono divenire, in un tale contesto, soggetti potenzialmente più esposti sia a subire le dirette conseguenze (in termini tanto di precarietà contrattuale che di dipendenza economica) sia, per analoghe medesime motivazioni, ad essere potenzialmente assorbiti dall'illegalità;

    le attività di distribuzione carbolubrificanti e quelle commerciali e ristorative, inoltre, costituiscono oggetto di concessione da parte del gestore della rete sotto forma di onerose royalty a essi versati dagli affidatari del servizio sia sui volumi erogati che sui valori delle vendite;

    le royalty rendono economicamente insostenibile la gestione del servizio per le piccole e medie imprese operanti nella rete distributiva, soprattutto quelle localizzate in aree economicamente non remunerative che scontano la diminuzione costante dei relativi margini di profitto;

    da ultimo col decreto sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti di gennaio 2023 e la nuova normativa si è previsto che vi sia anche rafforzamento dei poteri del Garante dei prezzi nonché l'istituzione di una commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi che avrà il compito di coadiuvare il Garante nella sua attività e «monitorare la dinamica dei prezzi dei beni di largo consumo derivanti dall'andamento dei costi dei prodotti energetici e delle materie prime sui mercati internazionali» e, nel caso in cui, dalle indagini condotte dalla commissione, dovessero emergere fenomeni speculativi, il Garante dovrà informare il Ministro delle imprese e del made in Italy al fine di avviare l'adozione delle misure correttive ritenute opportune,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative urgenti in grado di contrastare le numerose e articolate criticità che sta affrontando il settore della distribuzione dei carburanti, i cui fattori di debolezza rischiano di aggravare le condizioni economiche e occupazionali degli operatori;

   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte:

    a) alla razionalizzazione e all'ammodernamento della rete distributiva, con una revisione del piano e degli indirizzi di ristrutturazione, favorendo la chiusura dei punti vendita obsoleti e inefficienti, accompagnata dall'erogazione di indennizzi per la bonifica ambientale e per l'effettivo e definitivo loro smantellamento;

    b) a prevedere, a fronte delle misure adottate per le finalità di cui alla lettera a), l'introduzione di misure volte ad assicurare, da parte dei titolari dei punti vendita carburanti, l'adozione di ogni necessario accorgimento volto a garantire la massima sicurezza ambientale dei suoli e delle acque sotterranee delle aree di sedime o di pertinenza dei punti vendita carburanti anche al fine di prevenire possibili situazioni di pericolo ambientale;

    c) a elevare i livelli di tutela e protezione delle condizioni lavorative e dell'esercizio di impresa degli operatori del settore, al fine di evitare situazioni di diffusa illegalità derivanti da ipotesi di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra i titolari degli impianti/fornitori e i gestori degli impianti, ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

    d) ad incentivare, a fronte della chiusura degli impianti non idonei sulla base delle vigenti normative in materia di sicurezza stradale o ambientale, lo sviluppò di iniziative volte alla riconversione tecnologica necessaria ad ammodernare la rete distributiva, attraverso la progressiva implementazione dei servizi alla mobilità da energie rinnovabili e alla distribuzione di prodotti energetici ad alta sostenibilità ambientale;

    e) a favorire, anche mediante accordi di partenariato pubblico-privato prioritariamente attraverso i centri di ricerca universitari, lo sviluppo di prodotti energetici ad alta sostenibilità ambientale destinati alla mobilità;

    f) ad adottare, tramite le strutture del Ministero delle imprese e del made in Italy e del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, procedure di verifica e controllo per accertare violazioni della normativa di settore;

    g) a contrastare l'elusione dell'obbligo di contrattualistica previsto dalla normativa di settore per tutti i titolari di autorizzazione introducendo meccanismi di penalità e/o sanzioni per inadempienze relative ad accordi collettivi o per l'utilizzo di tipologie contrattuali non previste dalla normativa, nonché regolamentando i trattamenti minimi delle gestioni in caso di inosservanza della contrattazione;

    h) a prevedere, nella definizione per i gestori delle eque condizioni per competere relative all'accesso ai prezzi di cessione dei prodotti dai fornitori, già previste dalla normativa di settore e specificamente al citato articolo 17 della legge 24 marzo 2012, n. 27, il criterio della sostenibilità economica delle imprese finali di distribuzione;

    i) a rendere sempre più stringente l'attività di sorveglianza dei prezzi praticati anche a seguito del recente rafforzamento dei poteri del Garante dei prezzi e dell'istituzione di una commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi;

    l) a estendere anche al settore dei carburanti la normativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218, recante la disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell'articolo 15, comma 8, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;

    m) a favorire lo sviluppo di tipologie contrattuali aggiuntive, che, consentendo alle imprese finali della distribuzione di determinare il prezzo finale al consumatore, possano garantire al cliente, tramite una vera concorrenza dei prezzi, la scelta più conveniente presso l'intero complesso della rete distributiva, nel rispetto del principio dell'assicurazione di condizioni di accesso uniformi al prezzo di beni e servizi;

    n) a contrastare l'evasione, la contraffazione e i fenomeni di concorrenza sleale esistenti mediante uso di nuove tecnologie nel controllo e nel tracciamento del carburante in tutte le fasi della filiera dalla produzione, stoccaggio, trasporto fino alla commercializzazione con il coordinamento e la pianificazione a livello centrale delle autorità e forze di controllo preposte, introducendo altresì automatismi nel monitoraggio dei quantitativi di prodotto erogati dai diversi punti vendita e nelle comunicazioni della variazione di prezzo, in continuo durante le 24 ore;

    o) a favorire l'attività di contrasto del fenomeno dell'illegalità nel settore dei carburanti, con particolare riferimento all'utilizzo di strumenti di misurazione quali-quantitativi per i depositi fiscali nonché per l'ammodernamento della strumentazione in uso della Guardia di finanza;

    p) a rafforzare le misure previste a tutela dei consumatori istituendo un albo di imprese certificate che, sulla base di specifici requisiti individuati con apposito regolamento del Ministero delle imprese e del made in Italy, siano in possesso di rating di legalità di cui al decreto interministeriale del 20 febbraio 2014 n. 57 che disciplina il rating di legalità in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5-ter, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, siano legittimate a operare nel settore delle utilities della telefonia, dei servizi idrici e dell'energia (gas, elettricità e distribuzione dei carburanti);

    q) ad assicurare, sulla base delle misure adottate per la razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti il rispetto di criteri di accessibilità mediante l'introduzione di misure volte a favorire l'abbattimento delle barriere architettoniche degli impianti al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità e all'accessibilità da parte delle persone con disabilità che si recano presso detti impianti;

    r) ad adottare provvedimenti urgenti al fine di adeguare l'articolo 1, commi 102,112 e 113 della legge 4 agosto 2017, n. 124 per integrare la previsione delle incompatibilità non più solo in relazione agli aspetti attinenti alla sicurezza della circolazione stradale, ma anche in relazione ai criteri per l'eliminazione delle barriere architettoniche al fine del rispetto delle previsioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996, n. 503;

    s) ad adottare iniziative progressive di contenimento del costo finale dei prodotti energetici riducendo il peso fiscale delle accise e dell'Iva all'aliquota più bassa oggi consentita dalla normativa europea.
(7-00105) «Zucconi, Caramanna, Antoniozzi, Colombo, Comba, Giovine, Maerna, Pietrella, Schiano Di Visconti, Cavo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   SOTTANELLI e PASTORELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   lo scorso 3 maggio 2023 l'Asl 1 Avezzano Sulmona L'Aquila ha subìto un attacco da parte dei cybercriminali della gang Monti Ransomware, che hanno trafugato oltre 500 gigabyte di dati dai server dell'organizzazione;

   secondo quanto si apprende dalla stampa, attualmente sarebbe esfiltrata sul dark web una enorme mole di dati particolari e informazioni estremamente sensibili, e numerosi cittadini avrebbero ricevuto dagli hacker richieste di riscatto sull'email utilizzata per le prenotazioni sanitarie; intanto, sono già un centinaio i pazienti e i dipendenti che stanno rivolgendo istanze di risarcimento danni nei confronti dell'azienda sanitaria;

   l'Agenzia nazionale per la cybersicurezza ha riconosciuto che si tratta di uno degli attacchi più gravi degli ultimi mesi per la quantità e il tipo di dati coinvolti;

   l'attacco ha causato il blocco della prenotazione e dell'erogazione delle prestazioni sanitarie, con notevoli e tuttora perduranti disagi per i cittadini abruzzesi, che rischia di ripercuotersi anche nelle altre Asl della regione;

   allo stato, la Giunta regionale non ha prospettato soluzioni, né fornito una ricostruzione dettagliata di quanto avvenuto né ai cittadini né nelle sedi istituzionali preposte; i tecnici e i vertici della Asl, coordinati dal direttore generale, Ferdinando Romano, avrebbero costituito una task force di pronto intervento di sicurezza informatica, ma non sono state fornite informazioni sui tempi di ripristino del sistema informatico, mentre non sono certamente rimediabili i danni causati dalla diffusione dei dati, ormai avvenuta, con conseguenze che si protrarranno nel tempo –:

   in attesa dell'esito del lavoro delle autorità chiamate ad investigare ed accertare quanto accaduto (in primis il Garante protezione dati personali e il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche), se si ritenga che si sarebbe potuto evitare quanto accaduto e se, dalle informazioni in proprio possesso, risulti che le infrastrutture informatiche della Asl 1 Avezzano Sulmona L'Aquila fossero protette da misure tecniche e organizzative adeguate volte ad arginare il fenomeno del ransomware;

   quali in particolare siano i piani di disaster recovery, vulnerability assessment e penetration test, assicurazioni per la cyber risk protection, e altre best practices in materia;

   quali iniziative di competenza stia ponendo in essere il Governo per supportare la regione Abruzzo nell'affrontare questa situazione emergenziale e come intenda intervenire per evitare che quanto accaduto possa verificarsi in altre Asl in Italia.
(4-01040)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro delle imprese e del made in Italy – Per sapere – premesso che:

   la proprietà industriale costituisce un mercato in forte crescita nel nostro Paese e rappresenta un settore fondamentale per lo sviluppo delle imprese, nonché un importante volano per promuovere ricerca e innovazione tecnologica;

   secondo i dati dell'Ufficio europeo dei brevetti, nel 2022 e per il quinto anno consecutivo, l'Italia ha registrato una crescita del 10 per cento di richieste di brevetti, posizionandosi all'11esimo posto nella classifica dei primi 50 Paesi per numero di domande di brevetto europeo, marchi europei e design europei;

   la rilevanza del comparto dei brevetti e l'elevato livello di specializzazione richiesto per operare al suo interno dimostrano come, oggi più che mai, la proprietà intellettuale assuma un ruolo chiave nello sviluppo dell'economia europea, considerato che il 45 per cento del relativo Prodotto interno lordo è legato a quest'ultima;

   un'ulteriore conferma della strategicità del settore, tanto a livello nazionale che europeo, è data dall'avvio, a partire dal 1° giugno 2023, della nuova disciplina del brevetto unitario europeo, a seguito dell'Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti (Upca, Unified Patent Court Agreement) e dei Regolamenti dell'Unione europea n. 1257 del 2012 e n. 1260 del 2012 (cosiddetto pacchetto sul brevetto unitario), che hanno modificato i criteri di tutela per i brevetti in vigore e per le future domande di brevetto in ambito europeo, nonché istituito il Tribunale unificato dei brevetti (Tub);

   in questo contesto, il nostro Paese, a seguito della Brexit, ha presentato la propria candidatura individuando la città di Milano come sede idonea ad ospitare la terza divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti;

   l'Italia, infatti, in quanto terzo Paese con maggior numero di brevetti europei validati nell'anno 2012 – preso a riferimento del sistema per attribuire le sedi ex articolo 89 dell'Accordo – è stata individuata come la candidata ideale a subentrare al Regno Unito;

   il 18 maggio 2023 il Ministro Tajani, sulla piattaforma Twitter, ha ufficialmente annunciato di aver concordato con Francia e Germania di istituire a Milano la sezione distaccata della Divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti e che tale intesa verrà formalizzata nel prossimo comitato amministrativo. Lo stesso Ministro afferma che si tratti di «Un risultato importante per l'Italia.»; tuttavia, come si apprende da autorevoli fonti di stampa, le competenze della citata sede di Milano risultano notevolmente ridimensionate rispetto a quelle originariamente previste per la sede di Londra: i farmaci con SPC restano, quindi, a Parigi e la chimica e metallurgia a Monaco;

   l'annuncio del Ministro Tajani è arrivato dopo la decisione del Praesidium, pubblicata sul sito del Tribunale unificato dei brevetti, in cui il capoluogo lombardo non risulta menzionato in merito alla riassegnazione delle competenze a partire dal prossimo mese e che, causa Brexit, le competenze assegnate inizialmente a Londra passano provvisoriamente in parte a Parigi e in parte a Monaco di Baviera, per permettere l'entrata in vigore del sistema il 1° giugno 2023, in attesa della decisione del Comitato amministrativo circa l'assegnazione della sezione vacante della Divisione Centrale –:

   se non si intenda adottare iniziative tempestive affinché tutte le disposizioni dell'Agreement in cui si fa richiamo al Regno Unito vengano intese come riferite all'Italia, in quanto terzo Paese aderente per numero di brevetti, secondo il disposto dall'articolo 87, paragrafo 2, dell'Accordo Upca, con relativa attribuzione dell'intera quota di competenze, al fine di garantire al nostro Paese il pieno diritto nella partecipazione al sistema del patent package nonché una tutela unitaria e uniforme in materia di brevetti.
(2-00157) «Pavanelli, Onori, Appendino, Cappelletti, Lomuti, Todde, Francesco Silvestri».

Interrogazione a risposta orale:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e DE LUCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 1° giugno 2023 entrerà in vigore, dopo più di dieci anni dalla firma, avvenuta il 19 febbraio 2013, l'Accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti (Tub), consentendo l'avvio della nuova disciplina del brevetto unitario europeo;

   in ragione dell'opportunità di rivedere, per effetto della Brexit, l'assegnazione delle controversie originariamente previste per la sezione di Londra della divisione centrale del Tub, la città di Milano, già scelta per la divisione locale in Italia, è stata da tempo ufficialmente candidata ad ospitare la terza sezione della divisione centrale;

   come si apprende dalla comunicazione ufficiale, nella riunione dell'8 maggio 2023, il Praesidium del Tub, in attesa di una decisione definitiva da parte del Comitato di amministrazione sulla creazione di un'altra sezione della divisione centrale, ha deciso che, a partire dal 1° giugno 2023, le azioni pendenti dinanzi alla sezione di Londra relative ai brevetti della sezione Ipc (A) – necessità umane – saranno assegnate alla sede di Parigi, e quelle relative ai brevetti della sezione Ipc (C) – chimica e metallurgia – saranno assegnate alla sezione di Monaco;

   il Governo italiano, attraverso un comunicato del 18 maggio 2023, ha reso noto di aver concordato con Francia e Germania di istituire a Milano una sezione distaccata della divisione centrale del Tub e che tale intesa sarà sottoposta agli altri Stati contraenti del Tub nel corso della prossima riunione del Comitato amministrativo per la sua formalizzazione;

   nel 2022 le domande di brevetti europei giunte all'European Patent Office (Epo) dall'Italia sono state 4.864: si tratta del secondo risultato più alto di sempre, solo leggermente inferiore al record del 2021 (-1,1 per cento), a conferma del costante aumento delle domande, cresciute complessivamente del 10 per cento negli ultimi cinque anni;

   l'Italia, si conferma così all'11° posto nella classifica dei primi 50 paesi per domande di brevetto presentate all'Epo nel 2022, nonché tra i primi posti in UE, mentre otto sono le regioni italiane presenti tra le prime cento europee, e la Lombardia (12° posto) è la regione italiana che registra più domande nel 2022;

   tali dati costituiscono un importante indicatore degli investimenti delle aziende in ricerca e sviluppo e della necessità di assicurare in Italia un'adeguata partecipazione al sistema europeo di protezione della proprietà industriale, evitando il rischio di avere processi all'estero, non in lingua italiana è con un notevole incremento dei costi di difesa;

   nonostante lo sforzo diplomatico portato avanti dai precedenti Governi sin dal 2020 per la candidatura di Milano, all'avvio dell'operatività del Tub non vi è alcuna certezza dell'assegnazione della terza sezione centrale a Milano, per la cui conferma si attende la riunione del Comitato amministrativo, che deve ancora avere luogo; né, tantomeno, c'è notizia dell'assegnazione completa di tutte le controversie originariamente previste per quella di Londra, con particolare riferimento al settore chimico-farmaceutico –:

   quale sia realmente lo stato e la portata effettiva della trattativa e quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda porre in essere per assicurare rapidamente l'assegnazione alla città di Milano della sezione centrale del Tribunale unificato dei brevetti nella pienezza delle competenze, come originariamente previste per la sezione di Londra, scongiurando così il rischio di un ridimensionamento della sua operatività e del suo ruolo.
(3-00420)

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazione a risposta immediata:


   SANTILLO, FRANCESCO SILVESTRI, SCUTELLÀ, ILARIA FONTANA e FENU. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   in materia di «Tutela del territorio e della risorsa idrica» (componente M2C4), il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede lo stanziamento di 15 miliardi di euro, riservando circa 2,49 miliardi di euro agli interventi sul dissesto idrogeologico (investimento 2.1), con l'obiettivo della messa in sicurezza di 1,5 milioni di persone che vivono nelle aree attualmente a rischio idrogeologico;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza riprende l'approccio sistemico introdotto dal cosiddetto piano «ProtegItalia» (con uno stanziamento di 14,3 miliardi di euro dal 2018 al 2030), che prevede la separazione della gestione emergenziale da quella ordinaria, mediante la divisione dell'investimento in due sub-investimenti, rispettivamente, di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, relativo alle misure strutturali e non strutturali nei territori più a rischio (sub-investimento 2.1a), e della Protezione civile, dedicato alle misure in favore delle aree colpite da calamità (sub-investimento 2.1b);

   rispetto al sub-investimento 2.1a, da raggiungere entro il 2023 (traguardo M2C4-10), consistente nell'aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per interventi in materia di gestione e riduzione dei rischi idrogeologici, al fine della completa realizzazione dei predetti interventi entro il 30 marzo 2026, non si è conclusa la relativa procedura;

   la Corte dei conti, nella relazione semestrale sui dati del sistema ReGis, presentata al Parlamento il 28 marzo 2023, ha rilevato profili di criticità in ordine a problematiche di carattere amministrativo-gestionale dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza da risolvere entro i primi mesi del 2023;

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta una sfida epocale e irripetibile per il nostro Paese che comporta grande impegno e responsabilità. Una sfida che è impensabile non cogliere, anche da parte di una forza di opposizione intransigente come il MoVimento 5 Stelle, in quanto travalica le dinamiche di maggioranza e opposizione e mette in gioco la stessa credibilità dell'Italia;

   desta preoccupazione il ritardo accumulato per il pagamento della terza rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tanto più a fronte della riduzione, operata dalla legge di bilancio per il 2023, di oltre il 40 per cento dei fondi per la messa in sicurezza del territorio –:

   quali iniziative di competenza utili, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di garantire il pagamento della terza rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza, compresa la componente M2C4 – investimento 2.1, e quindi il pieno e prioritario impiego delle risorse previste dal Piano nel rispetto del cronoprogramma, nonché di rimediare ai ritardi di questi mesi, in particolare assicurando un'operazione di trasparenza che coinvolga maggiormente il Parlamento e dia conto dell'effettiva programmazione degli interventi a livello emergenziale e strutturale.
(3-00422)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GATTA, NEVI, ARRUZZOLO, CAROPPO, D'ATTIS e DE PALMA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   è stato lanciato un allarme dal settore dell'olio d'oliva in merito alla disponibilità di prodotto, che sarebbe ai minimi termini sia in Italia che all'estero. A seguito della campagna olearia negativa, su cui hanno inciso siccità ed episodi meteo estremi, si rischierebbe di non avere a disposizione la quantità di olio extra vergine sufficiente a rifornire il mercato nei prossimi mesi;

   nella campagna olearia 2022/2023 l'Italia ha registrato una produzione olivicola pari a 208.000 tonnellate, –37 per cento rispetto alle 329.000 tonnellate della campagna precedente. Anche la Spagna, primo produttore mondiale, ha visto quasi dimezzare i propri quantitativi a causa della siccità prolungata, attestandosi sulle 700.000 tonnellate;

   questa contrazione record ha generato l'impennata verso l'alto dei costi della materia prima, cui si sono aggiunti i rincari energetici (+170 per cento), dei concimi (+120 per cento), del vetro (+30 per cento), oltre a quelli del confezionamento;

   stando alle prime previsioni sulla prossima campagna, il quadro è destinato a peggiorare, a causa del perdurare della siccità in buona parte del Mediterraneo. Lo scenario, anche in futuro, sarà segnato dalla scarsità di materia prima e da costi di produzione in ascesa, con ricadute sui consumi;

   la regione Puglia, che rappresenta il 50 per cento della produzione nazionale, ha registrato un calo produttivo del 52 per cento. I fenomeni meteo estremi si sono aggiunti al flagello della Xylella che in 10 anni ha bruciato 22 milioni di piante su un'area di 750 mila ettari, avanzando di 2 chilometri al mese;

   a tre anni dalla pubblicazione del Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia, dotato di 300 milioni di euro, non si registrano progressi né sul contrasto né sugli indennizzi, i quali avrebbero consentito di ricominciare a produrre. A giudizio degli interroganti, l'incapacità della giunta regionale in carica, responsabile nell'espansione originaria del batterio, ha spinto le organizzazioni agricole a chiedere la nomina di un commissario straordinario;

   il settore olivicolo conta in Italia oltre 640 mila aziende, con un patrimonio di 160 milioni di piante, esteso su un milione di ettari e dispone del maggior numero di olii extravergine a denominazione protetta in Europa (42 dop e 6 igp) –:

   quali provvedimenti urgenti di competenza si intendano adottare per affrontare la crisi del settore dell'olio di oliva e per accelerare l'attuazione del Piano straordinario in Puglia e se non ritenga opportuno predisporre un piano strategico nazionale olivicolo, con specifici obiettivi e sostegni, orientato a massimizzare le potenzialità locali e l'efficienza delle imprese di settore.
(3-00424)


   CARLONI, MOLINARI, PIERRO, DAVIDE BERGAMINI, BRUZZONE, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, CANDIANI, CAPARVI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il 21 febbraio 2023 la Commissione europea ha presentato un «Pacchetto di politiche dell'Unione europea», con misure volte a migliorare la sostenibilità e la resilienza del settore della pesca e dell'ecosistema marino nell'Unione europea, comprendente quattro atti volti, tra le altre cose, a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e a diminuire l'impatto dello strascico sugli ecosistemi marini;

   tra questi atti, il cosiddetto «piano d'azione» prevede, da un lato, l'introduzione di una tassa sui carburanti nella revisione della direttiva dell'Unione europea sulla tassazione energetica, dall'altro, la protezione legale del 30 per cento dei nostri mari, di cui un terzo strettamente protetto, e il phasing-out dello strascico su tutte le aree marine protette esistenti e future entro il 2030, con l'adozione di misure nazionali e raccomandazioni congiunte per tutti i siti «Natura 2000» entro marzo 2024;

   il piano andrà a colpire direttamente e pesantemente il settore della pesca a strascico, dove in Italia si contano 2.088 imbarcazioni che sbarcano il 33 per cento del prodotto ittico italiano, per un valore pari al 46 per cento del fatturato totale, e che riforniscono la maggior parte di quanto viene venduto nei mercati ittici;

   per l'Italia il piano significa la rinuncia ai due terzi del pescato nazionale, aggravando ulteriormente una situazione che nel 2022 ha visto arrivare in supermercati e ristoranti del nostro Paese oltre 1 miliardo di chili di prodotto ittico straniero tra fresco e trasformato;

   per quanto riguarda la valutazione di impatto socio-economico il piano contiene l'ormai tradizionale e generica argomentazione che nel medio-lungo termine la ricostituzione degli stock per l'effetto spill-over andrà ad arricchire le aree di pesca;

   è importante prevedere l'ammodernamento delle attività di pesca nella logica della sostenibilità ambientale, che punti alla salvaguardia delle risorse del mare, della diversità biologica e degli equilibri ecologici, ma è altrettanto importante tutelare il lavoro e le prospettive degli operatori e, soprattutto, custodire la risorsa ittica italiana da invasioni di pesce proveniente da Paesi dove le regole di pesca, il lavoro, la sicurezza e l'imposizione fiscale non sono quelle dell'Europa e dell'Italia –:

   quali iniziative, nelle opportune sedi europee, intenda assumere per tutelare i pescatori italiani a strascico, il settore più produttivo della marineria nazionale, dagli impatti del piano d'azione dell'Unione europea.
(3-00425)


   GADDA, DEL BARBA, ENRICO COSTA, GRIPPO, MARATTIN, SOTTANELLI e D'ALESSIO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   i distretti del cibo sono stati istituiti dall'articolo 1, comma 499, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) «al fine di promuovere lo sviluppo territoriale, la coesione e l'inclusione sociale, favorire l'integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale, garantire la sicurezza alimentare, diminuire l'impatto ambientale delle produzioni, ridurre lo spreco alimentare e salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso le attività agricole e agroalimentari»;

   queste finalità coincidono sia con gli obiettivi che il nostro Paese e l'Unione europea intendono perseguire con il Green deal e il Piano nazionale di ripresa e resilienza che con gli obiettivi di Agenda 2030 dell'Onu;

   tra questi, la salvaguardia del territorio, in particolare nelle aree rurali e montane, risulta un'esigenza sempre più avvertita alla luce dei drammatici eventi calamitosi verificatisi in Emilia-Romagna e in altre regioni; è pertanto auspicabile un'integrazione tra gli investimenti pubblici e privati volti a tal fine;

   tra gli interventi di competenza dei distretti per la prevenzione del dissesto idrogeologico rientrano, infatti, quelli di conservazione e ripristino della stabilità dei suoli, delle scarpate, dei ciglioni e dei muretti para terra, nonché il corretto mantenimento dei fossati, dei fossi e delle scoline;

   ad oggi nel Registro nazionale dei distretti del cibo presso il Ministero risultano iscritti 186 distretti del cibo;

   con il decreto-legge n. 59 del 2021 è stata stabilita la ripartizione del Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste sono destinati 1 miliardo e 203 milioni di euro finalizzati ai contratti di filiera e di distretto per i settori agroalimentare, pesca, floricoltura e vivaismo: 200 milioni di euro per l'anno 2021, 300,83 milioni di euro per ciascun anno dal 2022 al 2023, 258,81 milioni di euro per il 2024, 122,5 milioni di euro per il 2025 e 20,33 milioni di euro per il 2026;

   per il nuovo bando sui distretti del cibo sono disponibili 120 milioni di euro, insufficienti rispetto ai distretti riconosciuti;

   il Fondo sviluppo e coesione è già stato utilizzato con successo per i contratti di filiera e di distretto del settore agroalimentare –:

   come si intenda attivare la concertazione territoriale con i soggetti coinvolti, nelle more della pubblicazione del secondo bando sui distretti del cibo, e se si ritenga opportuno adottare iniziative volte a integrare il Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza relativamente alle risorse destinate ai contratti di filiera e di distretto anche tramite il Fondo per lo sviluppo e la coesione, destinando parte delle risorse aggiuntive del prossimo bando a progetti di manutenzione del territorio.
(3-00426)


   VACCARI, FORATTINI, MARINO, ANDREA ROSSI, BAKKALI, DE MARIA, DE MICHELI, GNASSI, MALAVASI, MEROLA, FERRARI, GHIO, FORNARO, CASU e GUERRA. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il territorio dell'Emilia-Romagna, con particolare riferimento alle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna, è stato interessato, a distanza di pochi giorni, da fortissime precipitazioni che hanno determinato esondazioni di fiumi, allagamenti, frane e smottamenti tuttora in corso;

   l'attivazione immediata delle istituzioni regionali e degli enti locali, insieme alla protezione civile, ai vigili del fuoco, alle forze di polizia e a migliaia di volontari, ha evitato che un disastro di immense proporzioni si trasformasse in tragedia per decine di migliaia di persone e per centinaia di allevamenti;

   il settore produttivo più colpito risulta essere quello legato all'attività agricola, visto che l'Emilia-Romagna è al primo posto in Italia nella produzione di frumento e di barbabietole da zucchero e ai primi posti nella produzione di orzo, riso, frutta, vino;

   sono andate distrutte le coltivazioni di pesche, susine, albicocche, ciliegie, pere e ortaggi. L'Emilia-Romagna fornisce, inoltre, oltre un sesto della produzione nazionale di bestiame macellato e circa un sesto del latte; attività che rischiano di essere seriamente compromesse con significative ripercussioni sull'intero comparto agroalimentare nazionale;

   l'alluvione ha devastato oltre 5 mila aziende agricole e allevamenti in una delle aree più agricole d'Italia, con una produzione lorda vendibile della Romagna pari a circa 1,5 miliardi di euro all'anno, che si moltiplica lungo la filiera grazie a un indotto di avanguardia ora fortemente compromesso;

   sono oltre mille le aziende agricole che rischiano di scomparire con i terreni segnati da frane e smottamenti nelle aree interne, ma a preoccupare sono anche i danni alle infrastrutture con strade interrotte e ponti abbattuti, con difficoltà a garantire acqua e cibo, oltre che alle persone, anche agli animali isolati per le interruzioni nel sistema viario;

   il 22 maggio 2023 è stata trasmessa al Governo la dichiarazione congiunta tra la regione Emilia-Romagna e le associazioni di impresa, delle professioni, degli istituti bancari, del terzo settore e le organizzazioni sindacali cofirmatarie del patto per il lavoro e per il clima per «la gestione dell'emergenza, l'assistenza alla popolazione, la ripresa economica e la ricostruzione del territorio emiliano-romagnolo colpito dall'alluvione» –:

   se e quali immediate e concrete iniziative di competenza, anche presso le opportune sedi europee, il Governo intenda assumere per affrontare e accompagnare le perduranti fasi dell'emergenza e della successiva ricostruzione, fino al raggiungimento dell'obiettivo del ripristino di una situazione di normalità, senza che alcun esborso sia a carico di cittadini e imprese interessati dagli eventi alluvionali.
(3-00427)


   BORRELLI, ZANELLA, BONELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la grave alluvione che ha travolto l'Emilia-Romagna, causato da un evento estremo determinato dal cambiamento climatico che alcuni continuano a negare, ha, tra l'altro, letteralmente messo in ginocchio il settore agricolo;

   il settore agricolo è quello tra i più colpiti dal cambiamento climatico e, a parere degli interroganti, dalle irresponsabili scelte di chi in questi decenni ha governato, modificando i corsi dei fiumi, intubando torrenti, cementificando a più non posso, impermeabilizzando i territori, riducendo gli alvei e modificando i corsi dei fiumi; l'Italia non ha un piano energia e clima, di adattamento climatico, di mitigazione del rischio idrogeologo e la legge sul consumo di suolo è un miraggio, in un Paese in cui il 94 per cento del territorio è a rischio idrogeologico;

   il settore agricolo emiliano-romagnolo è già duramente provato, a seguito di quanto verificatosi nelle settimane scorse, da altre precipitazioni anomale e nei mesi scorsi dal fenomeno della siccità, la quale, tra l'altro, ha prodotto l'indurimento dei terreni che ha reso ancora più devastante l'inondazione;

   ad oggi i danni sono incalcolabili e colpiscono un settore produttivo costituito da migliaia di azienda agricole e di trasformazione dei prodotti agricoli, un settore il cui valore produttivo è stimato in 5 miliardi di euro all'anno e che occupa 65.000 persone;

   sono a rischio decine di migliaia di ettari coltivati ad alberi da frutto, il mancato rapido deflusso delle acque potrebbe compromettere la vita delle piante e il loro rinnesto produrrà frutti solo tra anni, richiedendo comunque consistenti investimenti;

   è necessario non solo intervenire con immediati e urgenti interventi in favore del settore agricolo emiliano-romagnolo, ma prevedere un piano pluriennale di sostegno e di ripresa –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare nell'immediato per gli urgenti interventi in favore del settore agricolo emiliano-romagnolo e se non intenda prevedere un piano pluriennale di indennizzi e altre forme di sostegno economico di medio periodo, compresa una moratoria fiscale.
(3-00428)


   FOTI, MESSINA, GARDINI, ANTONIOZZI, RUSPANDINI, CERRETO, CARETTA, ALMICI, CIABURRO, LA PORTA, LA SALANDRA, MALAGUTI, MARCHETTO ALIPRANDI e COLOMBO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   in Emilia-Romagna, una delle aree più agricole d'Italia, l'alluvione ha distrutto oltre cinque mila aziende agricole e allevamenti e un valore di 1,5 miliardi di euro l'anno, ricchezza che si moltiplica nella filiera con un indotto di avanguardia nella trasformazione e distribuzione alimentare, anch'esso fortemente compromesso;

   i danni agricoli maggiori sono nelle province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena, cui si aggiungono quelli alle strutture, come impianti ai frutteti, serre, edifici rurali, stalle, macchinari e attrezzature;

   migliaia di aziende agricole rischiano di scomparire per ulteriori frane e smottamenti. Preoccupanti anche i danni alle infrastrutture con strade interrotte e ponti abbattuti. C'è difficoltà a garantire acqua e cibo a persone e allevamenti, isolati per le interruzioni nel sistema viario. L'efficace soccorso già in atto deve intensificarsi, garantendo acqua e cibo a persone e animali allevati, molti dei quali sono dispersi;

   nelle aree colpite sono a rischio cinquantamila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie di lavorazione e trasformazione, che necessitano di un tempestivo intervento per dare alle zone martoriate dalla pioggia la possibilità di riparare i danni e ripartire velocemente con interventi straordinari finalizzati al salvataggio e alla continuità delle filiere agricole del territorio;

   il Presidente del Consiglio dei ministri, visitando le zone più colpite, ha testimoniato meritoriamente la volontà del Governo di dare «risposte immediate». L'emergenza alluvione è al primo punto del Consiglio dei ministri, programmato con la volontà di attingere a tutti gli strumenti possibili per finanziare la ricostruzione dell'Emilia-Romagna;

   per il settore agroalimentare, il Ministro interrogato ha prontamente annunciato un primo significativo stanziamento di fondi necessari per affrontare le situazioni più urgenti. Ulteriori risorse saranno stanziate con provvedimenti specifici quando sarà certo il bilancio dei danni, che già si prevede nell'ordine dei miliardi di euro;

   appare, inoltre, necessario attuare pragmaticamente un'azione di verifica dello stato di manutenzione del territorio, senza indugiare ulteriormente in pregiudizi che hanno indotto a considerare l'uomo come un avversario dell'ambiente. Tale impostazione ha concausato l'abbandono delle attività di manutenzione, attualmente garantita quasi esclusivamente dagli agricoltori, come la pulizia dei terreni, dei boschi, dell'alveo dei fiumi, grazie ai quali sono stati limitati i danni provocati dagli eventi climatici, perché hanno supplito e colmato le lacune, le mancanze, le omissioni che evidentemente ci sono state nell'azione di prevenzione. Fatti riconducibili anche all'azione inefficace di organi dello Stato e delle pubbliche amministrazioni competenti che hanno fatto propria tale impostazione, quando, al contrario, sarebbe necessario dare grande importanza alle azioni di prevenzione e alla realizzazione di infrastrutture che impediscano o limitino il verificarsi di future inondazioni –:

   quali siano gli interventi e le misure previste dal Governo per proseguire nell'azione a supporto di popolazione, imprenditori, lavoratori, garantendo un'adeguata e strategica ripartizione delle risorse necessarie, in particolare per la ripresa del comparto agricolo.
(3-00429)

Interrogazione a risposta scritta:


   MALAGUTI. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in un vasto territorio della regione Emilia-Romagna in 36 ore è piovuta una quantità d'acqua senza precedenti e che abitualmente potrebbe cadere in sei mesi, con caratteristiche tipiche delle zone tropicali;

   tale situazione ha provocato l'esondazione di 14 fiumi e 19 corsi d'acqua, che hanno allagato città e campagne in alcune provincie, provocando almeno 14 vittime già accertate e migliaia di sfollati;

   secondo un primo rapporto della Coldiretti, vi sono più di 5.000 aziende sott'acqua con danni incalcolabili che mettono a rischio, nell'intera filiera, almeno 50 mila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione, in attesa del deflusso delle acque e del fango;

   in particolare nell'ortofrutta, il lento deflusso dell'acqua rimasta nei frutteti «soffoca» le radici degli alberi fino a farle marcire con il rischio di far scomparire intere piantagioni che impiegheranno 4/5 anni prima di tornare produttive;

   un settore peraltro già duramente provato dal susseguirsi di una serie di eventi calamitosi che ne hanno pesantemente compromesso le produzioni e la stessa sopravvivenza di alcune coltivazioni, nel 2019 con la «cimice asiatica», parassita alloctono proveniente dall'Asia che si è riprodotto in elevatissima quantità, proprio nelle zone dei frutteti, compromettendo i raccolti, poi con il fungo Stemphylium vesicarium che ha trovato nelle intense piogge di fine estate-inizio autunno 2020 le condizioni ideali per svilupparsi con un fatale tandem di maculatura bruna-alternaria, colpendo in particolare il comparto pericolo e distruggendone interi raccolti;

   secondo i dati della Banca d'Italia, pubblicati in un report statistico, si deve inoltre registrare che in marzo i tassi di interesse sui mutui erogati sono aumentati al 4,36 per cento, il doppio rispetto a un anno fa quando erano già in salita, comportando ulteriori consistenti introiti per le banche;

   va considerata la riunione del Governo, annunciata per martedì 23 maggio 2023 e dedicata all'individuazione di misure d'urgenza per fronteggiare la crisi –:

   se si intenda valutare l'adozione di iniziative per l'istituzione di una moratoria per i prossimi dodici mesi, sui mutui di beni immobiliari e strumentali, per le aziende agricole e imprese di lavorazione di prodotti agricoli in Emilia-Romagna, danneggiate dagli eventi alluvionali del mese di maggio.
(4-01044)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, per sapere – premesso che:

   la drammatica alluvione che ha colpito il territorio dell'Emilia-Romagna e parte delle Marche e della Toscana ci ricorda che l'Italia è un Paese fragile, segnato dal dissesto idrogeologico e impreparato ad affrontare la crisi climatica in atto e i fenomeni meteorologici estremi che ne derivano;

   in tal contesto, si è chiusa lo scorso aprile la consultazione pubblica, prevista dalla procedura VAS, del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc);

   con riferimento alle risorse pubbliche destinate negli ultimi anni alla gestione del rischio idrogeologico, nella relazione della Corte dei conti n. 14/2023/G viene ricordato che «lo stanziamento complessivo nel periodo dal 1999 al 2019 ammonta a circa 7 miliardi di euro per un totale di oltre 6.000 progetti finanziati, mentre l'importo complessivo di richieste pervenute nel medesimo periodo – che si può considerare una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell'intero territorio nazionale – risulta pari a 26 miliardi di euro»;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 febbraio 2019 è stato approvato il cosiddetto Piano ProteggItalia con uno stanziamento complessivo di 14,3 miliardi di euro in 12 anni, dal 2018 al 2030;

   in attuazione di tale piano, con la delibera CIPE 24 luglio 2019, n. 35, è stato approvato il piano stralcio relativo agli interventi immediatamente cantierabili individuati dal Ministero dell'ambiente, per 315,1 milioni di euro. Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019 è stato approvato il piano operativo per il dissesto idrogeologico per il 2019, per 361,9 milioni di euro, a carico delle risorse del FSC 2014-2020 stanziate a favore del piano operativo «Ambiente» e dei relativi addendum. Un nuovo piano stralcio è stato adottato nel 2020 per interventi rapidamente attivabili – per oltre 262 milioni per 119 interventi in tutta Italia;

   sullo stato di attuazione del piano «ProteggItalia» è intervenuta la Corte dei conti (deliberazione n. 17/2021/G), ribadendo la necessità di superare le gestioni straordinarie e semplificare i processi verso un rientro ad un regime ordinato di competenze, con una programmazione in via ordinaria della gestione del territorio che, oltre a garantire la progettazione e realizzazione degli interventi, sia guidata da una adeguata pianificazione in coerenza con le direttive 2007/60/CE (cosiddetta «Direttiva alluvioni»), e la direttiva 2000/60/CE (cosiddetta «Direttiva Acque»);

   il PNRR prevede circa 2,49 miliardi di euro per gli interventi sul dissesto idrogeologico, di cui 1,29 miliardi di euro di competenza del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica per progetti in essere finanziati da risorse già esistenti nel bilancio e 1,2 miliardi di euro (comprensivo di 800 milioni di euro di risorse aggiuntive) assegnati al Dipartimento della protezione civile;

   tale investimento è stato suddiviso in due subinvestimenti:

    a) misure strutturali e non strutturali nei territori più a rischio (a cui sono destinati 1.29 milioni di euro), aventi l'obiettivo di portare in sicurezza 1,5 milioni di persone oggi a rischio;

    b) misure in favore delle aree colpite da calamità (a cui sono destinati 1.200 milioni di euro) per il ripristino delle infrastrutture danneggiate e per la riduzione del rischio residuo;

   i 1200 milioni del subinvestimento 2.1.b) sono già stati ripartiti tra le regioni: con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 agosto 2022 gli 800 milioni per i nuovi progetti e, con nota 48239 del 9 novembre 2021, i restanti 400 milioni per progetti già avviati. L'obiettivo di completamento di tali interventi emergenziali è da realizzare entro il 31 dicembre 2025;

   per quanto riguarda il subinvestimento 2.1.a), nella titolarità del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il prossimo traguardo, da raggiungere entro il 31 dicembre 2023 (Traguardo M2C4-10), consiste nell'aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per interventi in materia di gestione e riduzione dei rischi idrogeologici;

   sempre in ambito PNRR, l'investimento 2.2 (M2C4), di titolarità del Ministero dell'interno, stanzia 6 miliardi per la tutela del territorio e della risorsa idrica per finanziare un insieme eterogeneo di interventi (di portata piccola e media) da effettuare nelle aree urbane;

   la missione M2C4.1-I.1.1-8-9 stanzia 500 milioni di euro per la realizzazione di un sistema avanzato di monitoraggio e previsione che consenta di individuare e prevenire i rischi sul territorio;

   va evidenziato come la limitatezza delle risorse per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico rispetto al fabbisogno chiama in causa la necessità di definire a monte più chiaramente gli interventi prioritari, distinguendo l'emergenza e l'urgenza dalle indispensabili misure di prevenzione e manutenzione;

   un'importante azione propedeutica alle azioni di mitigazione del rischio idrogeologico viene svolta dalla pianificazione di bacino attuata dalle Autorità di bacino distrettuali, che forniscono gli strumenti conoscitivi, tecnico-operativi e prescrittivi, per garantire la difesa del suolo e delle risorse idriche sul territorio nazionale;

   la legge di bilancio 2023 ha tagliato il 40 per cento dei Fondi assegnati annualmente all'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, comportando l'azzeramento degli stanziamenti per gli studi sul territorio, i servizi specialistici e le convenzioni scientifiche necessari per l'attività istituzionale di pianificazione, oltre a non rendere sostenibile la spesa per l'ordinaria gestione dell'Ente –:

   entro quale data intenda approvare il Pnacc e quali siano i tempi della successiva attuazione;

   quale sia lo stato di attuazione del Piano ProteggItalia in relazione alle risorse spese, impegnate o ancora da destinare ad interventi da programmare con le regioni e se i progetti finanziati con i 2 piani stralcio citati in premessa siano stati realizzati;

   quale sia lo stato di attuazione delle misure PNRR sul dissesto di titolarità del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (M2C4 subinvestimento 2.1.a), al fine di rispettare il termine del 31 dicembre 2023 per l'aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per interventi in materia di gestione e riduzione dei rischi idrogeologici;

   se intenda adottare iniziative di competenza per ripristinare le risorse tagliate dalla legge di bilancio 2023 all'Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, anche alla luce dell'importante ruolo svolto in materia di sicurezza idrogeologica.
(2-00158) «Braga, Simiani, Vaccari, Curti, Di Sanzo, Ferrari, Morassut».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   RUFFINO e BENZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   la grave crisi energetica ancora in essere dimostra che un grande Paese industriale deve possedere un sistema energetico affidabile, stabile, con tecnologie e fornitori diversificati all'interno di una strategia di decarbonizzazione razionale, basata su valutazioni tecnico-economiche e non ideologiche;

   per questo è necessario e urgente ridefinire la strategia energetica nazionale, in modo da individuare il mix ottimale tra fonti e tecnologie low carbon incluse nella tassonomia europea: rinnovabili, nucleare della migliore generazione oggi disponibile e, in fase transitoria, gas naturale, con cattura e sequestro della CO2 emessa;

   è altrettanto urgente un riassetto normativo che definisca i criteri per l'individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti e delle infrastrutture necessarie, le procedure di autorizzazione, le modalità di remunerazione che valorizzino le caratteristiche ed i profili di generazione, premiando le tecnologie che hanno un minore impatto sui costi di sistema e, infine, un organismo indipendente di programmazione strategica, che individui priorità e programmi di sviluppo della capacità da installare, inclusa la loro distribuzione regionale;

   per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi, il processo di localizzazione del deposito nazionale di superficie è in oggettivo ritardo; tuttavia, la pubblicazione della Carta delle aree idonee e la localizzazione e costruzione del deposito richiede che il soggetto attuatore goda della fiducia delle popolazioni interessate con le quali dovrà intensamente interloquire, caratteristica che purtroppo non può essere riconosciuta a Sogin; a tal proposito, il decreto-legge n. 73 del 2022 ha disposto il commissariamento, prendendo atto delle evidenti criticità gestionali della società, sotto gli occhi di tutti da molti anni, che hanno prodotto enormi ritardi in tutte le attività di smantellamento, molte delle quali sono in siti contigui alle aree idonee per il deposito;

   il Ministro interrogato ha recentemente affermato che il deposito nazionale delle scorie nucleari, che il Paese attende da oltre quarant'anni, avrà un'estensione di circa 150 ettari e ci sono diversi comuni candidati ad ospitarlo, ma che tuttavia in attesa di «un supplemento di istruttoria»;

   oltretutto, la Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), inviata al Ministero ormai più di un anno fa, non è ancora stata resa pubblica –:

   quali siano i motivi dei ritardi nella pubblicazione della Cnai nell'individuazione delle aree effettivamente più idonee ad ospitare il deposito e quali tempistiche ci si aspetti per la posa della prima pietra di un'opera di cui il Paese soffre la mancanza da ormai troppo tempo.
(5-00894)


   BONELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 22 febbraio 2023 Acciaierie d'Italia s.p.a. ha presentato al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (Mase) istanza di riesame con valenza di rinnovo dell'Aia n. DVA-DEC-2011-450 del 4 agosto 2011 n. DVA-DEC-2012-547 del 26 ottobre 2012, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017, relativa alle attività dello stabilimento siderurgico di interesse strategico nazionale Acciaierie d'Italia s.p.a. (ex ILVA), in scadenza il prossimo 23 agosto 2023;

   con nota del 15 marzo 2023 lo stesso Mase chiedeva ad Acciaierie d'Italia s.p.a. di perfezionare l'istanza di riesame, corredandola dei dati e di tutta la documentazione conforme alla normativa in materia, motivando e circoscrivendo le esigenze di riservatezza per le quali numerosi allegati all'istanza sono stati esclusi ai fini dell'accessibilità al pubblico;

   in nessuna delle precedenti procedure di Aia sono stati sottratti all'accessibilità pubblica documenti per presunte esigenze di riservatezza;

   il gestore dello stabilimento siderurgico intenderebbe elevare gli attuali livelli produttivi, passando dall'attuale livello inferiore ai 4 milioni di tonnellate annue, agli oltre 8 milioni e per quanto riguarda la produzione di carbon coke, alla sostanziale triplicazione rispetto alla produzione del 2021, mantenendo la stessa tecnologia a ciclo integrato che prevede l'utilizzo del carbone, mediante la riattivazione dell'altoforno 5 (AFO/5) attualmente non in esercizio e delle batterie di forni 3, 4,10 e 11 attualmente ferme;

   il 7 dicembre 2022 il Ministro interrogato dichiarava in Commissione al Senato: «La transizione ecologica del siderurgico verso la progressiva decarbonizzazione del processo produttivo, mediante il graduale utilizzo dell'idrogeno (in sostituzione del carbon fossile) e la realizzazione di un forno elettrico, inserita anche nel Pnrr, sarà graduale e richiede tempi lunghi»;

   la Valutazione del danno sanitario (Vds) e la Valutazione integrata di impatto sanitario e ambientale (Viias) portano a valutazioni predittive di rischio sanitario «inaccettabile» nel quartiere Tamburi, stanti gli attuali livelli produttivi dello stabilimento –:

   se il Ministro non intenda adottare le iniziative di competenza volte a disporre la sospensione del rinnovo dell'Aia, che prevede tra l'altro la previsione della messa in esercizio dell'altoforno 5 e delle batterie di forni, portando al sostanziale raddoppio degli attuali livelli produttivi nello stabilimento di Taranto e del relativo incremento degli inquinanti, fino a che non sia resa pubblica una nuova valutazione predittiva del danno sanitario relativa ai nuovi livelli produttivi dello stabilimento, con valutazione di rischio sanitario accettabile.
(5-00895)


   ILARIA FONTANA, SERGIO COSTA, L'ABBATE, MORFINO, SANTILLO e ASCARI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta nei giorni scorsi in Emilia-Romagna ha causato 14 vittime, oltre 26 mila sfollati nonché danni enormi alle abitazioni, alle infrastrutture, al settore produttivo, agricolo e turistico;

   l'estrema fragilità del territorio è stata ulteriormente aggravata dall'intensità degli eventi atmosferici determinando oltre 300 fenomeni franosi e la chiusura di circa 500 strade;

   tutto il territorio italiano è segnato dal dissesto idrogeologico e la crisi climatica causa l'aumento dell'intensità e della frequenza dei fenomeni meteorologici estremi;

   al netto dell'esigenza di pianificare, programmare e realizzare gli interventi di prevenzione, adattamento e messa in sicurezza del territorio per mitigare le conseguenze degli eventi atmosferici è urgente e necessario avviare una politica di governo del territorio diretta ad impedire ulteriore consumo e impermeabilizzazione del suolo;

   secondo l'ultimo rapporto del Sistema nazionale di protezione ambientale, il consumo di suolo in Italia, non solo non sta diminuendo, ma nel 2021 è ripreso a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo per un totale di 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo che lo stesso rapporto ha definito «non sostenibile» e imputabile anche all'«assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell'attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale»;

   in un quadro già preoccupante, con una copertura artificiale di suolo pari al 7,13 per cento a livello nazionale, a fronte di una media UE del 4,2 per cento, l'Emilia-Romagna occupa la quarta posizione tra le regioni italiane per consumo di suolo, con oltre 200 mila ettari per una percentuale dell'8,9; dato che non tende a diminuire, considerato che solo nel periodo 2020-2021 sono stati impermeabilizzati ulteriori 658 ettari;

   la tragedia che sta vivendo in queste ore la popolazione della regione Emilia-Romagna conferma l'esigenza di approvare in tempi rapidi una normativa sul consumo di suolo, che sia coerente con gli obiettivi di sostenibilità dell'Agenda 2030 che, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero un saldo negativo di consumo di suolo;

   è doveroso garantire il mantenimento dell'obiettivo di «consumo di suolo netto zero al 2030» previsto dal Piano per la transizione ecologica, che comporterà nei prossimi anni la realizzazione di interventi di demolizione, deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione –:

   se intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative volte a promuovere e sostenere l'adozione di una disciplina organica sul governo del territorio finalizzata ad arrestare il consumo di suolo in tutto il territorio nazionale o, in subordine, se non intenda adottare iniziative volte a promuovere un'immediata moratoria del consumo di suolo nelle more della completa realizzazione degli interventi programmati di prevenzione del dissesto idrogeologico.
(5-00896)


   SIMIANI e BONAFÈ. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   è atteso da anni l'adeguamento dello svincolo di Scandicci (Fi), che permetta un nuovo collegamento dall'autostrada A1 Napoli-Milano alla strada di grande comunicazione Firenze-Pisa-Livorno (denominata Fi-Pi-Li);

   attualmente, fa progettazione definitiva è stata completata ed è stata sottoposta alla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientate (Via);

   il 23 marzo 2022 il Mite ha dato il via libera alla procedibilità dell'istanza, richiedendo l'espressione dei pareri da parte degli enti competenti;

   il 22 aprile 2022 la Direzione generale archeologica belle arti e paesaggio del Ministero dei beni culturali ha trasmesso il proprio parere al Mite, escludendo l'assoggettamento a Via, pur prevedendo alcune prescrizioni;

   il 24 maggio 2022 la regione Toscana ha rilasciato alcune osservazioni su tale progetto di Aspi;

   a seguito del parere della regione Toscana e nell'attesa del riscontro da parte del Mite sulle osservazioni dei Ministero dei beni culturali, nel mese di luglio 2022 si è svolto un incontro tra regione Toscana e progettisti Aspi per discutere e chiarire preventivamente alcune questioni evidenziate nell'ambito delle prescrizioni stesse;

   nell'attesa di un riscontro ufficiale parte del Mase sulla procedura Via, sono state avviate le verifiche ai sensi del decreto legislativo n. 35 del 2011 relative alla sicurezza stradale;

   secondo l'attuale programma dei lavori, la chiusura del procedimento per la verifica all'assoggettabilità alla Via, inizialmente prevista per il mese di giugno 2022, è stata posticipata al 15 maggio 2023;

   l'attuale riesame della tempistica di realizzazione del nuovo svincolo di Scandicci prevede inoltre lo sviluppo della progettazione esecutiva nel mese di novembre 2024; l'affidamento definitivo dei lavori entro il mese di novembre 2025 ed il termine dei lavori entro il mese di novembre 2027;

   appare evidente agli interroganti come i ritardi da parte del Mase sul riscontro ufficiale rispetto alla procedura Via abbiano già posticipato l'iter di esecuzione dei lavori e conseguentemente la realizzazione di una infrastruttura necessaria per diversificare e snellire gli attuali flussi di traffico e ridurre i tempi di percorribilità della viabilità locale;

   la diversificazione di tali flussi garantirà conseguentemente benefìci anche alla sicurezza stradale ed all'ambiente con la riduzione della concentrazione di emissioni nocive –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere al fine di ufficializzare la non assoggettabilità alla Via in tempi certi e brevi e permettere conseguentemente la realizzazione del nuovo svincolo di Scandicci entro il mese di novembre 2027.
(5-00897)


   BENVENUTO, ZINZI, BOF, MONTEMAGNI e PIZZIMENTI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, ha dato attuazione nell'ordinamento italiano alla Direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) con il quale è stato integrato il sistema di responsabilità estesa del produttore per il settore;

   il decreto definisce, tra l'altro, requisiti e obblighi in capo ai sistemi di gestione dei produttori, ovvero ai consorzi e ai sistemi individuali, che operano nella gestione dei processi di raccolta e avvio a trattamento dei rifiuti; inoltre, prevede, all'articolo 10, commi 10-bis e 10-ter che ciascun, consorzio debba, per poter operare, rappresentare una quota minima di mercato di Aee almeno superiore al 3 per cento in almeno un raggruppamento Raee, ossi le macrocategorie di smistamento dei rifiuti a seconda della tipologia e in base alle tecnologie necessarie per il trattamento;

   tale disposizione non deriva da prescrizioni presenti alla direttiva 2012/19/UE, ma è un «unicum» italiano, che si trova ad essere quindi l'unico Paese europeo in cui sono disposte soglie minime di mercato per poter operare nel settore;

   con il decreto ministeriale Mase 20 febbraio 2023, n. 40 (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 20 aprile 2023) i nuovi raggruppamenti Raee, secondo cui il Comitato di vigilanza e controllo sulla gestione Raee, pile e accumulatori, istituito presso il Mase, potrà calcolare le quote di mercato dei singoli sistemi collettivi e definire dunque quali di questi potranno continuare a operare nel sistema;

   la previsione di una simile soglia, che non ha potenziali effetti positivi in considerazione delle peculiari caratteristiche del settore Raee, rappresenta una lesione del principio di libera concorrenza nel mercato e mette a rischio posti di lavoro e investimenti già programmati dai soggetti che si trovano oggi al di sotto del 3 per cento; trattasi infatti di criterio che non valuta in concreto l'efficienza, efficacia ed economicità della gestione, né i livelli di servizio resi alle imprese associate, ma costituisce una mera soglia di sbarramento al mercato –:

   se non ritenga opportuno, per tutelare la concorrenza nel mercato della gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, adottare iniziative volte a intervenire tempestivamente da un punto di vista normativo sulla soglia di sbarramento del 3 per cento relativa alla quota di mercato dei sistemi collettivi di gestione dei Raee, anche abrogando tale disposizione, al fine di consentire ai sistemi collettivi stessi una stabile programmazione gestionale ed economica e non rischiare di disperdere gli investimenti messi in campo in questi anni.
(5-00898)


   MAZZETTI, CORTELAZZO e BATTISTONI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, per opere di bonifica si intendono un complesso di lavori tra cui le opere di difesa dalle acque, di regimazione delle stesse e di manutenzione dei corsi d'acqua. Tale regio decreto, agli articoli 54 e seguenti, norma i consorzi di bonifica, con compiti generali di presidio e di tutela territoriale. Ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, la materia riguardante i consorzi di bonifica rientra tra quelle di competenza delle regioni;

   i consorzi hanno la facoltà d'imporre canoni alle proprietà consorziate. Sia la Corte costituzionale (sentenza n. 188 del 2018) sia la Corte di cassazione (sentenza n. 11801 del 2013) hanno chiarito che, ai fini dell'esazione di un contributo, dall'intervento di bonifica deve derivare un vantaggio diretto e specifico al fondo obbligato al pagamento e non solo un beneficio generico riguardante tutto il territorio di competenza del consorzio;

   in diverse regioni italiane si registrano situazioni caotiche e contraddittorie in materia di contributi ai consorzi di bonifica, in forza di norme regionali che ampliano il loro ambito applicativo. I cittadini obbligati lamentano di dover versare contributi senza alcun beneficio per il fondo oppure in forza della semplice inclusione del loro fondo nel territorio di competenza del consorzio. Le richieste di contributi anche se presentano motivazioni scarse o insufficienti, se non onorate, si trasformano in cartelle esattoriali. Si assiste alla proliferazione di ricorsi e impugnazioni;

   con l'alluvione dei giorni scorsi nella regione Emilia-Romagna si sono rinnovate le accuse ai consorzi di bonifica per la mancata manutenzione dei corsi d'acqua esondati e le polemiche sul riparto delle competenze relative alla manutenzione ordinaria e straordinaria tra consorzi e regione. I cittadini delle aree allagate subiscono la beffa di dover pagare i contributi consortili a fronte di un mancato servizio –:

   se non ritenga di avviare iniziative, per quanto di competenza, volte a introdurre norme quadro in materia di regimazione delle acque interne e di riparto dei compiti tra i vari enti preordinati, adeguando la legislazione statuale di riferimento in materia di contributi ai consorzi di bonifica ai pronunciamenti delle Corti segnalati in premessa, al fine di favorire l'armonizzazione delle normative regionali in materia.
(5-00899)


   MATTIA, FOTI, MILANI, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, FABRIZIO ROSSI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nel 2005, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è stato dichiarato lo stato di emergenza socio-economica-ambientale della valle del fiume Sacco da Colleferro a Supino e un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2010 ha esteso la zona ai comuni da Frosinone a Falvaterra a causa di concentrazioni di β-esaclorocicloesano superiori al livello limite consentito di 0.003 mg/kg;

   lo stato di emergenza è stato prorogato con numerosi provvedimenti fino al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 ottobre 2012;

   è evidente lo stato di contaminazione diffusa per la presenza di attività industriali sia in esercizio sia in disuso, nelle immediate vicinanze del fiume Sacco;

   l'area limitrofa al fiume Sacco è inclusa nei siti di interesse nazionale. L'allora Ministero dell'ambiente ha adottato misure di competenza. Il decreto n. 7 dell'11 gennaio 2013, del Ministero dell'ambiente ha «declassato» il Bacino del Fiume Sacco del Sin a Sir, restituendo il procedimento alla regione Lazio che ha impugnato il provvedimento del Ministero ottenendo l'annullamento, restituendo la competenza della bonifica allo Stato;

   con il decreto ministeriale n. 321 del 2016 è stato nuovamente istituito il Sin «Bacino del Fiume Sacco», per il perdurante stato di emergenza dei comuni del Bacino ideografico del fiume Sacco;

   con decreto direttoriale del 4 agosto 2017, il Ministero dell'ambiente ha approvato le «Linee guida sulle procedure operative ed amministrative per la bonifica del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Bacino dei fiume Sacco», orientando in maniera più efficiente le direttrici di intervento sul territorio;

   nel 2018 è stato sottoscritto il protocollo d'intesa per la bonifica e la reindustrializzazione del sito. Nel 2019 c'è stato l'accordo di programma tra il Ministero dell'ambiente e la regione Lazio per attuare interventi di bonifica per 53 milioni di euro, integrato nel 2022 –:

   se intenda adottare iniziative di competenza per verificare i livelli attuali di inquinamento della zona giungendo a una definizione precisa delle aree all'interno del Sin effettivamente interessate da superamenti dei livelli soglia.
(5-00900)

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA e MORFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9 della Costituzione italiana prevede che la Repubblica tuteli l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni;

   l'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, recentemente modificato dall'articolo 1, comma 447, della legge 29 dicembre 2022 n. 197, prevede che «provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, sentito l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura»;

   l'articolo 19-ter della legge n. 157 del 1992 prevede un piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, di durata quinquennale;

   secondo il comma 3 del citato articolo 19-ter della legge n. 157 del 1992, le attività di contenimento disposte nell'ambito del piano «non costituiscono esercizio di attività venatoria e sono attuate anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto»;

   il piano, attuato a livello regionale, prevede la possibilità di avvalersi anche dei cacciatori iscritti negli ambiti venatori di caccia o nei comprensori alpini, nonché dei proprietari o dei conduttori dei fondi nei quali il piano trova attuazione, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio;

   recentemente la Conferenza Stato-regioni ha sancito l'intesa sullo schema di decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, concernente «Ricostituzione del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale», di cui all'articolo 8 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»;

   le attività del citato piano straordinario, potendo essere svolte in aree protette, devono rispettare quanto previsto dalla direttiva 92/43/CEE (cosiddetta direttiva «Habitat») nonché della direttiva 2009/147/CE circa le zone di protezione speciale (Zps);

   l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, che recepisce la direttiva Habitat, prevede una valutazione di incidenza (VIncA) attraverso la quale è possibile dare ragionevole certezza scientifica che il piano non pregiudicherà l'integrità dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione;

   l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha assorbito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica di cui all'articolo 7 della legge n. 157 del 1992 e quindi opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province nel campo di applicazione della citata legge;

   Ispra riveste inoltre un ruolo primario nella conservazione e gestione della fauna selvatica e il citato piano straordinario può sovrapporsi alle attività di supporto tecnico-scientifico fornite dall'ente nel merito dell'applicazione delle citate direttive europee in materia di biodiversità;

   circa la mancata o erronea applicazione delle direttive comunitarie, l'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede che «La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea» –:

   quali iniziative siano state intraprese per garantire il rispetto delle direttive comunitarie in materia di habitat e biodiversità nell'iter di approvazione del citato piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.
(4-01046)

CULTURA

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 9 della Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela «il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», nonché «l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni»;

   negli ultimi mesi si sono succeduti numerosi atti di vandalismo a monumenti del patrimonio artistico e culturale italiano, a opera dei cosiddetti «eco vandali» animatori del gruppo «Ultima generazione»;

   gli atti di vandalismo hanno colpito diversi monumenti e palazzi, tra cui Palazzo Madama, la Fontana della Barcaccia, la Fontana dei Quattro Fiumi, la Fontana di Trevi a Roma, la statua di Vittorio Emanuele II in Piazza Duomo a Milano e Palazzo Vecchio a Firenze;

   i costi delle operazioni di pulizia delle opere d'arte danneggiate dagli ultimi accadimenti sono stati stimati dagli organi d'informazione in più di 300.000 euro, senza tenere conto dei costi ambientali dovuti principalmente alle risorse idriche impiegate per ripristinare lo stato precedente e il danno d'immagine al settore turistico e dell'ospitalità;

   la necessità di introdurre norme ulteriori per salvaguardare il patrimonio artistico e culturale ha spinto il Consiglio dei ministri ad approvare l'11 aprile 2023 un disegno di legge recante «Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici», attualmente assegnato al Senato della Repubblica;

   in occasione della presentazione al Consiglio dei ministri del disegno di legge citato, il Ministro interrogato ha dichiarato: «Gli attacchi ai monumenti e ai siti artistici producono danni economici alla collettività. Per ripulire occorrono l'intervento di personale altamente specializzato e l'utilizzo di macchinari molto costosi. Chi compie questi atti deve assumersi la responsabilità anche patrimoniale.» –:

   quali ulteriori iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per assicurare la tutela del patrimonio artistico e culturale, scoraggiando iniziative di vandalismo e promuovendo una visione culturale integrale rispettosa del paesaggio e dell'ambiente italiano.
(3-00423)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   DE PALMA, D'ATTIS, CAROPPO, BARELLI e BENIGNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   la legge 5 febbraio 1992, n. 104 ha introdotto importanti disposizioni per l'assistenza e l'integrazione sociale del mondo della disabilità, favorendo anche la rivisitazione in chiave agevolativi di norme a carattere fiscale;

   la tabella A), parte II, punto 31, decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha introdotto l'aliquota Iva agevolata al 4 per cento per l'acquisto specificatamente di mezzi di locomozione per persone diversamente abili;

   con l'articolo 8 della legge 22 dicembre 1997, n. 449, si è disciplinata la detraibilità ai fini IRPEF delle spese di acquisto di beni e strumenti, comprese le autovetture, volti a favorire deambulazione integrità e autosufficienza di persone diversamente abili;

   l'articolo 30, comma 7, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha precisato che le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, competono a tutte le persone alle quali è riconosciuta la condizione dell'articolo 3, comma 3, della citata legge 104 del 1992, e per inciso sia a soggetti non in grado di deambulare sia a soggetti affetti da patologie di tipo psichico o mentale che, pur essendo in grado di muoversi autonomamente, hanno diritto all'indennità di accompagnamento, nonché agli invalidi con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni, a prescindere dall'adattamento del veicolo;

   con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 36 e 37, della legge 27 dicembre 2006 n. 296) sono state introdotte norme antielusive che hanno posto limiti alla fruizione dei benefici fiscali e alla cessione dei veicoli acquistati per i soggetti diversamente abili;

   nello specifico, il comma 36 dell'articolo 1 della suddetta legge ha disposto che le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti. Il successivo comma 37 ha previsto che, in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l'acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due anni dall'acquisto, è dovuta la differenza fra l'imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall'applicazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti –:

   se, nella ipotesi in cui la persona diversamente abile debba sostituire il proprio autoveicolo sul quale insiste l'agevolazione entro il quadriennio per sopraggiunte necessità legate alla patologia o alla propria condizione soggettiva, tale soggetto possa continuare a fruire della stessa agevolazione non rilevando la limitazione ad un unico acquisto per quadriennio in quanto la sostituzione si rende necessaria a garantire mobilità ed inclusione della persona la cui condizione soggettiva risulta incolpevolmente mutata;

   se, ai fini della continuità agevolativa all'interno del quadriennio, nella casistica delle sopraggiunte e mutate condizioni sia compresa anche la sostituzione necessaria del veicolo per il passaggio da mobilità a combustione a mobilità elettrica o ibrida al fine di garantire il trasporto della persona diversamente abile in zone a traffico limitato nei comuni italiani che impongano restrizioni di accesso, attesa la natura inclusiva della norma.
(3-00421)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il progetto «Polis – Case dei servizi di cittadinanza digitale», è un progetto promosso da Poste Italiane spa e finanziato dallo Stato attraverso le risorse del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR;

   nell'ambito del progetto Polis, il 6 aprile 2023 il Ministero della giustizia ha sottoscritto una convenzione con Poste Italiane spa, di concerto con il Ministero delle imprese e del made in Italy, prevedendo un accordo di delega – in via sperimentale in otto comuni – a Poste Italiane di alcune funzioni di volontaria giurisdizione;

   in particolare, le funzioni delegate sarebbero afferenti alla proposizione di ricorso per l'istituzione dell'amministratore di sostegno e all'inoltro del rendiconto dello stato patrimoniale della persona sottoposta ad amministrazione di sostegno o a tutela;

   gli istituti dell'amministrazione di sostegno e della tutela incidono sullo stato delle persone e presuppongono in capo al beneficiario un'incapacità, di natura fisica, psichica o comportamentale, di attendere ordinariamente ai propri interessi;

   la previsione di delegare al personale di Poste Italiane funzioni così delicate comporterebbe il trattamento e la conoscenza di dati estremamente personali e sensibili relativi sia all'istante sia al beneficiario del procedimento, quali ad esempio lo stato di incapacità di persone fisiche, le relative motivazioni che hanno determinato lo status di incapace, i legami familiari dei soggetti dichiarati incapaci nonché relative informazioni sul patrimonio e sul reddito del beneficiario;

   in data 14 aprile 2023 l'interrogante ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-00837 per chiedere delucidazioni sulla predetta convenzione, alla quale il Ministro della giustizia ha risposto che «la convenzione prevede che il cittadino si rechi presso uno sportello postale della spa Poste Italiane, portando il documento di riconoscimento, il codice fiscale e il ricorso per la nomina dell'amministratore di sostegno. L'operatore farà firmare al cittadino l'informativa in materia di privacy e predisporrà il plico contenente la documentazione cartacea, che sarà inviato al Tribunale competente. Il plico verrà inviato mediante il servizio di posta tracciata che consente di ricevere la documentazione entro 3 giorni lavorativi. Analogo procedimento è previsto per il rendiconto che viene periodicamente presentato dall'amministratore di sostegno o dal tutore» e affermando che «risulta evidente che la spa Poste Italiane non effettua alcun trattamento di dati, ma si limita a ricevere la documentazione cartacea e a spedirla all'Ufficio Giudiziario competente»;

   nel frattempo, l'associazione Movimento Forense ha inviato al Garante per la protezione dei dati personali richiesta di accesso ai dati inerenti al progetto Polis, e il Garante ha affermato che «sul tema in argomento si sono avute delle interlocuzioni con il Ministero della giustizia in ordine ad un prospettato progetto di fornitura ai cittadini di taluni servizi tramite gli sportelli di Poste Italiane spa, che al momento sarebbe ancora in fase di valutazione da parte del predetto dicastero e in relazione al quale nessuna “autorizzazione” è stata richiesta al Garante»;

   la convenzione presenta non solo una serie di criticità, come la mancanza di specifiche sulla creazione di «una infrastruttura tecnologica e digitale all'avanguardia» presso gli Uffici postali preposti e la relativa fornitura del servizio, nonché inesattezze come l'errato richiamo, per i profili del trattamento dei dati personali, all'ormai superato decreto legislativo n. 196 del 2003 in luogo del vigente GDPR, ma anche una netta incongruenza rispetto a quanto affermato dal Ministero in termini di trattamento dati in sede di risposta all'interrogante: all'articolo «Riservatezza» della convenzione si prevede infatti che Poste Italiane sia titolare del trattamento –:

   se il Ministro interrogato non intenda chiarire univocamente la sua posizione in merito alla convenzione stipulata dal Ministero con Poste Italiane spa nell'ambito del progetto Polis, con particolare riguardo al tema del trattamento dei dati.
(4-01042)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   a fronte dell'accordo tra ArcelorMittal e Invitalia del 10 dicembre 2020, lo Stato ha fatto ingresso nella società produttrice di acciaio che conta tra i suoi stabilimenti anche quello ex Ilva di Taranto;

   ad oggi, lo stabilimento Acciaierie d'Italia di Taranto conta circa 8200 dipendenti di cui, a causa della produzione attualmente ridotta, circa 3000 in cassa integrazione a rotazione;

   da quanto si apprende da organi di stampa, l'azienda avrebbe comunicato l'aumento della cassa integrazione, malgrado il riavvio dell'altoforno 2, che avrebbe dovuto giustificare una riduzione del ricorso agli ammortizzatori sociali;

   in particolare, fonti sindacali riferiscono che gli impiegati degli staff e gli addetti alle manutenzioni sono passati, nell'arco della settimana, da un giorno a due di cassa e che nel magazzino generale per gli operai la cassa è stata aumentata a più di 2 giorni. Inoltre, risulta aumentata la cassa anche a capisquadra, tecnici e operai delle manutenzioni acciaierie 1 e 2 e Gestione rottami ferrosi, nonché agli addetti ai servizi sicurezza, personale, amministrazione, logistica e per gli impiegati dell'area energia;

   molti di questi dipendenti svolgono importanti funzioni nell'ambito dei lavori di ambientalizzazione, i quali sarebbero oggetto di un preoccupante rallentamento se la notizia dell'aumento della Cigs dovesse trovare conferma;

   tali decisioni, come peraltro sottolineato dalle rappresentanze sindacali, complicano la risoluzione della vertenza che interessa il futuro occupazionale dei dipendenti dell'ex Ilva –:

   se intenda confermare o smentire la notizia riportata in premessa concernente un aumento della cassa integrazione per i lavoratori dell'ex Ilva di Taranto;

   se non ritenga che tale decisione, se confermata, possa causare un grave rallentamento degli indispensabili e urgenti lavori di ambientalizzazione.
(4-01043)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   SOUMAHORO e GIACHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'hotspot di Lampedusa, come noto, è caratterizzato da estreme criticità, soprattutto in riferimento ai minori ivi presenti, cui non può essere di certo garantito il rispetto dei diritti fondamentali;

   dopo gli ultimi sbarchi relativi al periodo pasquale, la struttura era arrivata ad ospitare oltre 1.600 persone, di cui almeno 100 bambini con le famiglie, tra cui molti neonati, e circa 350 minori non accompagnati. Gli spazi dedicati all'accoglienza, i servizi e il personale predisposto evidentemente sono risultati insufficienti e inadeguati, soprattutto considerando che i numeri dei presenti hanno superato di gran lunga la capacità ricettiva del centro e, nonostante i trasferimenti incrementati da inizio maggio per quanto attiene i minori, la situazione è ancora intollerabile;

   in particolare, molte persone, tra cui madri con bambini e minori sotto i 14 anni, sono state costrette a dormire all'aperto su materassi sporchi e logori, senza lenzuola o coperte, in mezzo ai rifiuti, nonché in totale promiscuità con uomini adulti;

   risulta assolutamente carente il supporto sanitario alle persone all'interno dell'hotspot, manca un presidio pediatrico a tutela dei minorenni, con particolare attenzione ai neonati e agli infra-quattordicenni;

   all'interno dell'hotspot non viene peraltro garantita un'adeguata distribuzione di beni di prima necessità, e le condizioni igienico-sanitarie dell'hotspot continuavano a rimanere estremamente critiche, poiché la maggior parte dei bagni risulta inaccessibile, sporca o ostruita, oltre che numericamente insufficiente (e non differenziata per genere);

   una situazione ormai strutturale e che necessita di un intervento urgente, anche per velocizzare il trasferimento dall'hotspot, dove le persone non dovrebbero poter rimanere per più di 48 ore;

   particolarmente lente, poi, risultano essere le procedure amministrative e logistiche di trasferimento delle persone dall'isola;

   esiguo appare il numero di risorse umane deputate a gestire un'adeguata accoglienza delle persone presenti, come anche appare debole il meccanismo di approvvigionamento dei beni essenziali e la loro distribuzione, l'erogazione dei servizi di pulizia e smaltimento dei rifiuti, così come quello di finalizzare il ripristino e il regolare funzionamento della situazione abitativa e dei servizi igienici al fine di rendere il centro pienamente funzionale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere in ordine a quanto riferito in premessa;

   quali iniziative urgenti ritenga di porre in essere soprattutto in riferimento alla presenza dei minori nell'hotspot, cui in particolare risulta impossibile garantire il rispetto dei diritti fondamentali;

   se non ritenga, in particolare, di adottare misure per velocizzare le procedure amministrative e logistiche di trasferimento delle persone dall'isola, dando priorità a minorenni soli e sotto i quattordici anni e nuclei familiari (mamma-bambino), anche attraverso la previsione di navi per trasferimenti giornalieri almeno per tutto il periodo estivo.
(4-01041)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MALAVASI, FURFARO, CIANI, GIRELLI e STUMPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   l'ultima legge di bilancio (legge 25 dicembre 2022 n. 197) ha previsto l'introduzione della misura del reddito alimentare, ovverosia la distribuzione, in via sperimentale per due anni, nelle città metropolitane, di pacchi realizzati con i prodotti invenduti della grande distribuzione alimentare per aiutare le famiglie meno abbienti;

   in particolare, è stato destinato un fondo da 1,5 milioni di euro per il 2023 e di 2 milioni per il 2024, allo scopo di combattere lo spreco di cibo invenduto dalla grande distribuzione e distribuirlo gratuitamente a chi ne ha bisogno;

   la Caritas, nel suo ultimo dossier, descrive un Paese in cui i poveri assoluti sono circa 5,6 milioni di cui 1,4 bambini;

   ogni anno, solo in Italia, si buttano circa 230 mila tonnellate di cibo invenduto, mentre milioni di persone devono affidarsi alle mense o ai pacchi alimentari, perché non possono permettersi di fare la spesa;

   tuttavia, ad oggi, la misura del reddito alimentare, importante sostegno contro la povertà, non è ancora operativa, nonostante siano ampiamente scaduti i 60 giorni previsti dalla legge per varare da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il decreto attuativo con le modalità operative;

   a quanto si apprende da notizie di stampa, al Ministero in questi mesi attraverso la direzione generale competente si sono svolti gli opportuni approfondimenti relativi all'attuazione di tale disposizione;

   dal confronto con il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, titolare del tavolo nazionale per la lotta agli sprechi e l'assistenza alimentare agli indigenti e con le sigle presenti al suddetto tavolo, sarebbero emerse «forti perplessità» sull'applicazione della nuova norma al di fuori delle procedure e dei presupposti disciplinari dalla legge Gadda che ha istituito nel 2006 il banco alimentare;

   il risultato è che il reddito alimentare è fermo, nonostante l'emergenza drammatica che stanno vivendo le famiglie con una crisi economica e sociale che ha pochi precedenti, con il caro energia, l'inflazione e l'aumento delle disuguaglianze;

   si ritiene urgente che i Ministeri competenti lavorino per dare quanto prima attuazione a questa misura che potrebbe dare un aiuto concreto a milioni di persone che ne hanno bisogno –:

   quali siano le criticità che impediscono di varare i decreti attuativi e, ove vi fossero, come si intenda superarle e risolverle nonché quali siano le tempistiche con cui saranno emanati i decreti attuativi.
(4-01045)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'interno per sapere – premesso che:

   le disposizioni anticipate di trattamento, comunemente definite «testamento biologico» o «biotestamento», sono regolamentate dall'articolo 4 della legge n. 219 del 22 dicembre 2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018 nonché, per le modalità attuative, dal decreto ministeriale 10 dicembre 2019, n. 168. La redazione delle DAT può avvenire in diverse forme:

    dal notaio (sia con atto pubblico, sia con scrittura privata in cui la persona scrive autonomamente le proprie volontà e fa autenticare le firme dal notaio), in entrambi i casi il notaio conserva l'originale;

    presso l'ufficio di stato civile del comune di residenza (con scrittura privata) che provvede all'annotazione in un apposito registro, ove istituito;

    presso le strutture sanitarie competenti nelle regioni che abbiano regolamentato la raccolta delle DAT (con scrittura privata);

    presso gli Uffici consolari italiani, per i cittadini italiani all'estero (nell'esercizio delle funzioni notarili). Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare;

   per quanto attiene alle modalità di consegna il medesimo articolo della legge n. 219 del 2017 stabilisce unicamente che le DAT, redatte nelle forme elencate, debbano essere consegnate personalmente dal disponente presso l'ufficio di stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, non prevedendo di fatto altre modalità di consegna;

   anche il decreto ministeriale n. 168 del 2019, all'articolo 6 stabilisce che, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non consentano di redigere le DAT per atto pubblico, per scrittura privata autenticata o per scrittura privata, le DAT possano essere espresse attraverso videoregistrazione o altri dispositivi che permettano alla persona con disabilità di comunicare; tuttavia il predetto decreto ministeriale non dispone forme di consegna diverse da quelle per cui il disponente debba consegnare personalmente le DAT;

   come è evidente, la predetta lacuna pregiudica in modo decisivo il diritto del paziente, se impossibilitato dalle proprie condizioni fisiche a recarsi personalmente presso gli uffici comunali, al rilascio delle dichiarazioni anticipate non prevedendo, allo stato, esplicitamente la normativa l'acquisizione delle DAT presso il domicilio del paziente;

   risulta che per superare tale carenza alcuni comuni abbiano utilizzato quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 all'articolo 3, istituendo, con delibera di Giunta, uffici separati di stato civile presso il domicilio del disponente rendendo così possibile la raccolta delle DAT da parte dell'ufficiale di stato civile stesso –:

   se il Governo sia a conoscenza del problema e se non intenda adottare iniziative di competenza, anche tramite circolare o norma di interpretazione autentica, volte a sanare questo grave vulnus.
(2-00156) «Barzotti, Quartini, Carotenuto, Sportiello, Di Lauro, Marianna Ricciardi, Auriemma».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   CIOCCHETTI, VIETRI, CIANCITTO, LANCELLOTTA, MORGANTE, ROSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la disponibilità di tecnologie sempre più avanzate e la crescita dell'informazione biomedica hanno portato alla nascita di un nuovo approccio all'assistenza sanitaria, in cui le decisioni cliniche risultano dall'integrazione tra l'esperienza del medico e l'utilizzo esplicito delle migliori evidenze scientifiche;

   le società scientifiche internazionali forniscono così informazioni utili circa l'efficacia o meno di determinati trattamenti o interventi, che li riconducono a specifiche classi di raccomandazione e livelli di evidenza. Nonostante la presenza di apposite linee guida, tuttavia, alcuni farmaci fondamentali nella pratica clinica cardiologica possono essere prescritti soltanto da cardiologi specializzati che lavorano per il Sistema sanitario nazionale, previa compilazione dell'apposito piano terapeutico, e non anche da medici specializzati privati;

   per alcune tra le più comuni patologie cardiache, come ad esempio la fibrillazione atriale non valvolare (FANV), infatti, risulta essenziale la prescrizione dei cosiddetti DOAC (ovvero i nuovi anticoagulanti orali), di glifozine e di subcutril/valsartan, farmaci per i quali la prescrizione del piano terapico è esclusivamente a carico del Servizio sanitario nazionale;

   l'attestazione di una patologia cardiaca può avvenire, a tutti gli effetti, anche a seguito di una visita presso un medico specialista privato, il quale ha competenza sia ad eseguire un elettrocardiogramma che ad effettuare una valutazione circa le condizioni cardiologiche del paziente, così come la valutazione dei rischi può essere scongiurata a seguito di un'attenta verifica degli esami del sangue, eseguibili anch'essi presso laboratori privati;

   la fruibilità del Sistema sanitario nazionale in tempi rapidi risulta, oggi, ancora molto difficile e il più delle volte, i pazienti non riescono ad essere visitati in una struttura pubblica e avere il piano terapeutico del farmaco nei tempi necessari;

   appare necessario, pertanto, ampliare le possibilità di prescrizione di sopraddetti farmaci, anche per evitare di gravare ulteriormente sulle liste di attesa del Sistema sanitario nazionale;

   non si comprendono le motivazioni alla base delle limitazioni poste ai cardiologi privati di poter prescrivere i summenzionati farmaci, nonostante il rispetto della conformità alle linee guida approvate dalle società scientifiche internazionali –:

   quali iniziative di competenza il Governo ritenga opportuno assumere al fine di estendere la possibilità che specifici farmaci fondamentali nella pratica clinica cardiologica siano prescritti, nel pieno rispetto delle classi di raccomandazione e dei livelli di evidenza previsti, anche da medici specialisti cardiologi che non lavorano per il Sistema sanitario nazionale.
(5-00888)


   ZANELLA e GHIRRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emicrania è una grave malattia neurologica che esercita un notevole impatto sulla capacità di un individuo di svolgere le proprie attività quotidiane e, di conseguenza, incide sulla qualità di vita, si conta che in Italia siano circa 6 milioni le persone che ne soffrono;

   per tale motivo, l'Organizzazione mondiale della sanità classifica l'emicrania come una delle malattie più debilitanti, dichiarando inoltre che rappresenta una delle 10 cause primarie di disabilità per uomini e donne;

   la patologia denominata emicrania, e le patologie correlate definite cefalee, comportano un dolore forte, tagliente, disabilitante, che alterano, limitandole grandemente, le funzioni quotidiane della persona;

   anche grazie all'apporto delle associazioni di malati, nella scorsa legislatura è stata approvata la legge n. 81 del 2020, recante «Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale»; che disponeva per l'approvazione dei decreti attuativi il termine di 180 giorni dalla pubblicazione;

   per sollecitarne l'approvazione, nel mese di dicembre 2022 le medesime interroganti si sono rivolte al Ministro interrogato con l'interrogazione a risposta scritta 4-00172, la quale tuttavia è rimasta senza esito;

   con forte ritardo risulta essere stato predisposto uno schema di decreto del Ministero della salute sull'adozione delle «Linee di indirizzo per la realizzazione dei progetti regionali finalizzati a sperimentare metodi innovativi di presa in carico delle persone affette da cefalea primaria cronica»;

   la Conferenza Stato-regioni nella seduta del 22 marzo 2023 ha sancito l'intesa sullo schema di decreto del Ministro della salute di adozione del citato documento, del quale dovrebbe seguire la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo;

   considerata l'attuale formulazione dello schema di decreto di cui è attesa la pubblicazione, gli ampi margini di discrezionalità lasciati alle regioni per la realizzazione dei progetti finalizzati alla presa in carico dei pazienti – alla luce dell'assenza di standard minimi uniformi a livello nazionale – rischiano di non garantire l'omogeneità nella presa in carico dei cittadini, oltre a vanificare l'efficacia dei finanziamenti stanziati per far fronte alla patologia –:

   se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a introdurre le dovute precisazioni tecniche e indicazioni organizzative da dare alle regioni in modo da realizzare la concreta attuazione della legge n. 81 del 2020 in maniera uniforme sul territorio nazionale, anche sostenendo iniziative a livello regionale per colmare il gap ad oggi esistente tra il riconoscimento clinico della malattia e quello istituzionale per l'attribuzione della percentuale di invalidità.
(5-00889)


   STUMPO, FURFARO, GIRELLI, MALAVASI e CIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da diversi mesi manca nelle farmacie l'amoxicillina nelle diverse formulazioni pediatriche;

   si è pensato che si trattasse di un problema temporaneo e invece l'EMA fa sapere che ci sono «ritardi di fabbricazione e i problemi di capacità produttiva hanno generato difficoltà di approvvigionamento che interessano la maggior parte degli Stati membri, ma anche Paesi al di fuori dell'Unione europea.»;

   l'amoxicillina resta il farmaco più utilizzato per la cura dei bambini indicato da tutte le linee, guida (LG), nazionali e internazionali, e dalla lista dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per i farmaci essenziali come l'antibiotico di scelta in prima istanza per il trattamento di tutte le infezioni respiratorie;

   la carenza dell'amoxcillina non risiede in un suo uso eccessivo. Il problema, come riportato in un documento della European paediatric association, nasce molto prima e per ragioni semmai opposte: durante la pandemia da COVID-19, la domanda di amoxicillina è diminuita drasticamente, comportando una riduzione o addirittura un arresto di determinate linee di produzione, che non sono tornate allo stato pre-pandemia;

   inoltre, se le limitazioni della catena di approvvigionamento sono gravi e/o prolungate, rischia di divenire inevitabile uno spostamento delle prescrizioni verso altre classi di antibiotici, come le cefalosporine e i macrolidi, o verso formulazioni per adulti, con la probabilità che anche le scorte di questi antibiotici siano rapidamente esaurite, perpetuando e aggravando la carenza;

   la situazione è seria e grave, e non è tollerabile che l'attività delle cure debba dipendere da logiche di mercato;

   la disponibilità di farmaci dichiarati dall'Oms come essenziali dovrebbe essere garantita non solo nella produzione ma anche nella equa distribuzione. E questo principio deve essere assicurato dalle agenzie regolatorie, nazionali e sovranazionali;

   tale grave carenza potrebbe determinare una situazione in cui le comuni infezioni pediatriche rischiano di diventare «complicate», per l'emergenza di ceppi di batteri sempre più resistenti –:

   quali iniziative urgenti siano previste per evitare che la carenza di un farmaco essenziale per la cura delle principali patologie pediatriche si protragga ancora a lungo con evidenti danni per la salute delle bambine e dei bambini.
(5-00890)


   LOIZZO, PANIZZUT, LAZZARINI e MATONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 24 maggio 2014, la sessantasettesima Assemblea mondiale della sanità indetta dall'OMS ha approvato una risoluzione (WHA 67.9) che riconosce la psoriasi come malattia invalidante, caratterizzata da un significativo impatto psicosociale;

   il Piano nazionale cronicità, approvato con accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 15 settembre 2016, è uno strumento di programmazione che intende contribuire «al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone l'impatto sull'individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale oltre ad assicurare maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini»;

   il Piano, nella seconda parte, individua, sulla base di criteri specifici, un elenco di patologie croniche per le quali «al momento non esistono atti programmatori specifici a livello nazionale» e in molte delle quali rientrano le comorbidità della psoriasi;

   la psoriasi è una malattia cronica con importanti comorbidità che colpisce in Italia oltre 1,5 milioni di persone, mentre in Europa interessa circa 14 milioni di persone e 125 milioni nel mondo;

   la diagnosi della psoriasi è spesso tardiva; è ancora frequente un approccio di tipo biomedico che non tiene conto di quello psicosociale. Soprattutto nelle forme medio-gravi, inoltre, la psoriasi impone una gestione multidisciplinare, per cui è fondamentale implementare modelli di gestione integrata sia sanitaria che sociosanitaria;

   le agenzie e gli interlocutori che si occupano delle criticità che devono affrontare i cittadini italiani nel vedersi riconosciuto il diritto alla salute auspicano – come ha già fatto Salutequità nel suo 6° Report «Il Piano Nazionale della Cronicità per l'Equità» – la revisione e l'aggiornamento del Piano nazionale cronicità –:

   se non ritenga di adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni, per la definizione di un «Percorso assistenziale-tipo» (Pdta) che individui i potenziali «pilastri» dell'assistenza, oltre agli aspetti critici dal punto di vista clinico, organizzativo, operativo e della qualità della vita, dei pazienti con psoriasi e dei relativi caregiver familiari, anche valutando l'inserimento, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili e in occasione delle future procedure di aggiornamento, della voce «MALATTIE DERMATOLOGICHE - PSORIASI», nell'ambito del Piano nazionale della cronicità.
(5-00891)


   BONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Direttore dell'OMS ha dichiarato conclusa la pandemia da COVID-19, riconoscendo la sua trasformazione in endemia, sottolineando però che la minaccia del virus non è finita e invitando i Paesi a transitare verso una fase di gestione di COVID-19 al pari di altre malattie infettive;

   il responsabile della strategia vaccinale dell'EMA ha sostenuto che «le campagne di vaccinazione contro il Covid potrebbero svolgersi principalmente una volta all'anno e all'inizio dell'inverno sul modello di quelle contro l'influenza», confermando l'idea che la vaccinazione contro COVID-19 possa diventare in futuro una prestazione routinaria indirizzata prevalentemente alla fascia più fragile e anziana della popolazione;

   la campagna vaccinale di massa basata su grandi hub è stata efficace per affrontare il picco dell'emergenza, ma deve ora essere rimpiazzata da un nuovo modello che prediliga i presidi territoriali, dai centri vaccinali delle ASL, alle farmacie e agli ambulatori dei medici di medicina generale;

   a differenza della vaccinazione antinfluenzale, che le regioni approcciano con una esperienza pluriennale e per la quale il Ministero della salute pubblica annualmente le linee guida, quella contro COVID-19 rischia di trovare le regioni e gli operatori impreparati;

   Francia, Finlandia, Norvegia, Svezia e Regno Unito hanno già emanato le linee; le autorità sanitarie tedesche hanno comunicato un aggiornamento a breve;

   l'ECDC, nelle sue considerazioni, indirizzate ai Ministri della salute e ai gruppi tecnici consultivi nazionali sulle vaccinazioni, ha suggerito di pianificare una continua erogazione dei vaccini COVID-19, in particolare durante la stagione autunno/inverno, e che i Paesi europei considerino l'ipotesi di condurre una campagna combinata Covid-influenza, che si rivelerebbe più economica ed efficace;

   la dotazione di vaccini contro COVID-19 è aumentata nel tempo e oggi sono a disposizione prodotti con tecnologie e meccanismi d'azione differenti: vaccini a tecnologia a mRNA e vaccini a base proteica adiuvati. Le autorità sanitarie dovrebbero essere messe nella condizione di accedere a tutti i vaccini disponibili e di saper sfruttare al meglio le caratteristiche di quelli ad oggi autorizzati –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di seguire le raccomandazioni dell'ECDC impostando la campagna contro COVID-19 in modo coordinato con le altre campagne vaccinali autunnali e, sul modello di quanto fatto dagli altri Paesi europei, emanando le nuove linee guida sulla vaccinazione COVID-19 per le amministrazioni regionali, garantendo altresì l'accesso alla pluralità di tecnologie disponibili.
(5-00892)


   DI LAURO, MARIANNA RICCIARDI, QUARTINI e SPORTIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni in materia di potenziamento dell'assistenza a tutela della salute mentale e dell'assistenza psicologica e psicoterapica», ha introdotto alcune misure di contrasto al disagio psicologico, tra cui anche «un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi»;

   tale norma è stata poi oggetto di modifica dalla legge di bilancio per il 2023 che all'articolo 1, comma 538, ha stanziato 5 milioni di euro per il 2023 e 8 dal 2024 per rifinanziare il bonus psicologo e il limite di contributo è passato da 600 euro a 1.500 euro;

   le risorse sono quindi sensibilmente ridotte se paragonate ai 25 milioni stanziati nel 2022, comunque appena sufficienti a coprire solo per il 10 per cento delle domande presentate;

   gli investimenti specifici sul benessere psicologico, da ultimo inclusi nella predetta legge di bilancio, tornano dunque ad essere gravemente insufficienti, nonostante l'inversione di tendenza degli anni 2021 e 2022 con lo stanziamento di 38 milioni di euro destinati per il disagio psicologico di bambini e adolescenti, per l'accesso a servizi psicologici delle fasce più deboli, per il potenziamento dei servizi territoriali e ospedalieri di neuropsichiatria infantile e adolescenziale e, infine, per il cosiddetto bonus psicologico e per il potenziamento della rete dei servizi pubblici;

   le predette risorse ancorché insufficienti, denotano peraltro una visione frammentata che occorre assolutamente superare attraverso una visione sistemica della salute mentale e attraverso interventi strutturali, per consentire alle regioni di contare su risorse messe a sistema;

   a 5 mesi dall'annua in vigore della legge di bilancio non ci sono ancora indicazioni su come e quando si potrà fare domanda per il 2023 e il decreto attuativo per la definizione dei criteri e delle modalità per accedere ai beneficio, così come avvenuto per il 2022, non è ancora stato adottato e non sono ancora conosciute le tempistiche –:

   se il decreto attuativo per l'erogazione del cosiddetto bonus psicologico, per l'anno 2023, sia in fase di emanazione così da consentire, anche per l'anno in corso, di poter usufruire delle risorse utili per le sessioni di psicoterapia.
(5-00893)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Foti e altri n. 1-00102, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bisa, Orsini, Bicchielli, Bellomo, Battilocchio, Matone, Marrocco, Morrone. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato «Foti, Bisa, Orsini, Bicchielli, De Corato, Bellomo, Battilocchio, Donzelli, Matone, Marrocco, Messina, Morrone, Antoniozzi, Gardini, Ruspandini, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Caretta, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Filini, Frijia, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, Lampis, Lancellotta, La Porta, La Salandra, Longi, Loperfido, Lucaselli, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Mantovani, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Michelotti, Milani, Mollicone, Montaruli, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Schifone, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Varchi, Vietri, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Girelli e altri n. 1-00141, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 maggio 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonetti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Urzì n. 7-00087, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 85 del 12 aprile 2023.

   Le Commissioni I e XI,

   premesso che:

    il corpo nazionale dei vigili del fuoco è costituito da personale di ruolo, deputato a garantire la generalità degli interventi di soccorso sul territorio, e personale volontario, al quale il legislatore ha affidato un ruolo concorrente e non sostitutivo; una realtà non meno importante per la sicurezza dei cittadini, che in molte occasioni si è rivelata decisiva per la salvezza di tante vite umane;

    in particolare, a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, disciplinante le funzioni e i compiti del corpo nazionale dei vigili del fuoco, il personale volontario è iscritto in appositi elenchi, distinti in due tipologie, rispettivamente per le necessità dei distaccamenti volontari del corpo nazionale dei vigili del fuoco, cosiddetti campanari, e per le necessità delle strutture centrali e periferiche del corpo nazionale cosiddetti discontinui; solo il personale volontario iscritto nell'elenco dei discontinui, può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga, con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione;

    ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, l'elenco relativo al personale discontinuo è ad esaurimento e vi possono confluire i volontari del corpo nazionale che siano iscritti da almeno tre anni negli elenchi in vigore tenuti presso i comandi dei vigili del fuoco e che abbiano effettuato non meno di centoventi giorni di servizio;

    ad oggi, risultano iscritti negli elenchi del personale volontario circa 9.679 unità di cosiddetti campanari, e circa 10.330 unità di cosiddetti discontinui;

    con decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018, è stata avviata dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile una procedura speciale di reclutamento a domanda per la copertura di posti nella qualifica iniziale del ruolo dei vigili del fuoco riservata al solo personale discontinuo (il personale che, alla data del 1° gennaio 2018, risulti iscritto negli elenchi istituiti per le necessità delle strutture centrali e periferiche del corpo nazionale) che sia in possesso di specifici requisiti in termini di anzianità di iscrizione nei predetti elenchi e numero di giorni di servizio effettuato;

    tale procedura speciale ha determinato la formazione di una graduatoria di 8.946 candidati e a oggi risultano assunte dalla suddetta graduatoria solo 751 unità;

    dalla predetta graduatoria è possibile attingere per il 30 per cento delle assunzioni straordinarie nella qualifica di vigile del fuoco; il personale discontinuo, infatti, ha potuto e potrà continuare ad accedere, sempre per il 30 per cento dei posti, alle assunzioni in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali previste da provvedimenti normativi ad hoc, da ultimo dall'articolo 1, comma 662, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023-2025);

    parallelamente al sopra delineato meccanismo delle assunzioni in deroga, sono previsti, a regime, ulteriori e ordinari canali assunzionali disciplinati nel decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, recante l'ordinamento del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, e fondati sul sistema delle riserve dei posti a favore di tutto il personale volontario (sia campanari sia discontinui), pari al 35 per cento nell'ambito del concorso pubblico per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco e al 10 per cento dei posti disponibili in tutti gli altri concorsi di accesso alla qualifica iniziale di tutti i ruoli del corpo nazionale;

    la Commissione europea ha tuttavia avviato una procedura di infrazione (n. 2014/4231) che ha interessato anche il personale volontario discontinuo del corpo nazionale dei vigili del fuoco, il cui rapporto con l'amministrazione deve essere regolato secondo l'istituto giuridico dei contratti di lavoro a tempo indeterminato nel settore pubblico, e non già con le modalità semplificate degli attuali richiami in servizio come regolamentati dalla vigente legislazione nazionale;

    a seguito dell'avvio della procedura d'infrazione, che a breve potrebbe concludersi con una sanzione pesantissima, lo Stato italiano dovrà sanare tutte le criticità e regolarizzare la propria posizione rispetto all'abuso dei contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione;

    appare quindi fondamentale allinearsi alle indicazioni dell'Unione europea eliminando i continui richiami in servizio dei volontari discontinui e procedendo all'assunzione a tempo indeterminato del personale necessario che potrebbe essere attinto dalla graduatoria vigente in esito alla procedura di reclutamento di cui al già citato decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018;

    sarebbe opportuno adottare ulteriori misure che contemperino l'esigenza di porre fine a tale forma di precariato con quella di garantire la professionalità di tutti i discontinui fin qui utilizzati a beneficio della continuità nell'erogazione del servizio di soccorso pubblico e del mantenimento degli attuali standard operativi e dei livelli di efficienza ed efficacia del corpo nazionale dei vigili del fuoco;

    le suddette misure equivarrebbero a investire concretamente nella sicurezza del territorio, sempre più spesso interessato da eventi calamitosi di portata eccezionale,

impegnano il Governo:

  a valutare l'opportunità di:

   a) assumere iniziative di carattere normativo finalizzate al potenziamento delle dotazioni organiche delle qualifiche dei vigili del fuoco e degli operatori con il reclutamento a tempo indeterminato, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, attingendo anche dalla graduatoria del personale discontinuo di cui alla procedura di stabilizzazione indetta con decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018, destinando a tale finalità i risparmi di spesa derivanti dall'interruzione del meccanismo dei richiami in servizio;

   b) promuovere iniziative dirette a favorire il massimo riassorbimento del personale discontinuo utilmente collocato nella graduatoria della procedura di stabilizzazione di cui al citato decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018, tramite:

    la riserva di una quota di assunzioni ordinarie e straordinarie nell'ambito delle pubbliche amministrazioni;

    la riserva di un punteggio premiale nell'ambito dei bandi dei concorsi delle altre pubbliche amministrazioni;

    la riserva di una quota di assunzioni da parte delle amministrazioni comunali per le necessità di costituzione dei nuclei di protezione civile;

    il conferimento alle regioni della facoltà di assumere il suddetto personale discontinuo per il soddisfacimento delle esigenze di protezione civile;

    la previsione di misure premiali per incentivare le assunzioni nell'ambito di aziende private, istituti scolastici e strutture sanitarie, in qualità di addetti antincendio.
(7-00087) «Urzì, Schifone, Vietri».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta in Commissione Ciocchetti n. 5-00418 del 22 febbraio 2023;

  interrogazione a risposta in Commissione Bonafè n. 5-00419 del 22 febbraio 2023;

  interrogazione a risposta in Commissione Di Lauro n. 5-00596 del 23 marzo 2023;

  interrogazione a risposta in Commissione Stumpo n. 5-00803 del 5 maggio 2023;

  interrogazione a risposta orale Di Lauro n. 3-00381 del 9 maggio 2023;

  interrogazione a risposta immediata in Commissione Pavanelli n. 5-00886 del 22 maggio 2023.