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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 9 maggio 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    i recenti eventi geopolitici hanno inciso notevolmente sui prezzi dell'energia, dei prodotti alimentari e dei materiali da costruzione e hanno inoltre causato carenze nelle catene di approvvigionamento mondiali, provocando un aumento dell'inflazione oltre che generare nuove sfide, tra cui il rischio di povertà energetica e un incremento del costo della vita. Tali sviluppi hanno avuto un impatto diretto sulla capacità di attuare le misure dei piani per la ripresa e la resilienza dei vari Stati europei, per i quali si sono rese necessarie risposte urgenti e concrete valide per fronteggiare tali sfide;

    nella dichiarazione di Versailles del 10 e 11 marzo 2022, i Capi di Stato e di Governo hanno invitato la Commissione europea a proporre entro la fine di maggio dello stesso anno un piano REPowerEU, volto ad eliminare gradualmente la dipendenza dell'Unione dalle importazioni di combustibili fossili russi, invito poi ribadito nelle conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022;

    tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto ben prima del 2030, secondo modalità che garantiscano la coerenza con il Green Deal europeo e con gli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050 sanciti dal Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio;

    a seguito dell'adozione del Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza, gli eventi geopolitici senza precedenti provocati dalla guerra di aggressione da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina e l'aggravarsi delle conseguenze dirette e indirette della crisi COVID-19, hanno avuto ripercussioni considerevoli sulla sua popolazione europea nonché sulla coesione economica, sociale e territoriale della stessa Unione;

    è più che mai evidente che per una ripresa efficace, sostenibile e inclusiva siano indispensabili la sicurezza e indipendenza energetica essendo queste tra i principali fattori che contribuiscono alla resilienza dell'economia di uno Stato;

    il 28 febbraio 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione il Regolamento UE 2023/435 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 febbraio 2023 che modifica il Regolamento UE 2021/241 per quanto riguarda l'inserimento di capitoli dedicati al piano RepowerEU nei Piani per la Ripresa e la Resilienza e che modifica i Regolamenti (UE) n. 1303 del 2013, (UE) 2021/1060 e (UE) 2021/1755, e la direttiva 2003/87/CE;

    nell'elaborazione dei piani per la ripresa e la resilienza e dei capitoli dedicati al piano 1, gli Stati membri sono chiamati a coordinare le loro politiche economiche in modo da conseguire gli obiettivi in materia di coesione economica, sociale e territoriale di cui all'articolo 174 del trattato;

    il Regolamento, tenendo conto del Green Deal europeo quale strategia di crescita sostenibile dell'Europa e dell'importanza di far fronte ai cambiamenti climatici in linea con l'impegno dell'Unione di attuare l'accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, contribuirà all'integrazione delle azioni per il clima e della sostenibilità ambientale e al conseguimento dell'obiettivo globale di dedicare il 30 per cento della spesa di bilancio dell'Unione al sostegno degli obiettivi climatici;

    a tal fine, le misure sostenute dal dispositivo e incluse nei piani per la ripresa e la resilienza degli Stati membri devono contribuire alla transizione verde, compresa la biodiversità e ad affrontare le sfide che ne derivano, oltre che determinare un importo corrispondente ad almeno il 37 per cento della dotazione totale del piano per la ripresa e la resilienza e ad almeno il 37 per cento dei costi totali stimati delle misure incluse nel capitolo dedicato al piano REPowerEU, sulla base della metodologia di controllo del clima di cui all'allegato VI del Regolamento (UE) 2021/241;

    al fine di ottimizzare la complementarità e la coesione delle azioni intraprese dagli Stati per promuovere l'indipendenza, la sicurezza e la sostenibilità dell'approvvigionamento energetico dell'Unione, è stato introdotto nel piano per la ripresa e la resilienza un apposito capitolo dedicato al piano REPowerEU;

    si prevede che l'eliminazione graduale della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili russi, oltre ad una riduzione della dipendenza energetica complessiva dell'Unione, deve contribuire ad aumentarne e rafforzarne l'autonomia strategica, senza aumentare eccessivamente la sua dipendenza dalle importazioni di materie prime da paesi terzi;

    i capitoli dedicati al piano REPowerEU devono tra l'altro contribuire ad aumentare la quota di energie sostenibili e rinnovabili e ad affrontare le strozzature delle infrastrutture energetiche diversificando l'approvvigionamento, allo stesso tempo abbandonando le importazioni dalla Russia, per far fronte alle nuove minacce geopolitiche, senza compromettere il contributo a lungo termine alla transizione verde;

    gli investimenti non sono destinati solamente alle infrastrutture e alle tecnologie che da soli non sarebbero sufficienti a garantire una riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, ma anche alla riqualificazione e al miglioramento delle competenze delle persone, al fine di dotare la forza lavoro di ulteriori competenze verdi, nonché alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni innovative legate alla transizione ecologica e alle tecnologie digitali, per garantire che nessuno sia lasciato indietro durante tale transizione;

    uno dei principali ostacoli alla diffusione delle energie rinnovabili è rappresentata dall'eccessiva durata delle procedure amministrative: tali ostacoli comprendono la complessità delle norme applicabili per la selezione dei siti e le autorizzazioni amministrative per i progetti, la complessità e la durata della loro valutazione di impatto ambientale, i problemi di connessione alla rete e i vincoli di personale delle autorità che rilasciano le autorizzazioni o dei gestori di rete;

    alla luce di queste nuove sfide è stato opportuno pertanto modificare di conseguenza i regolamenti (UE) 2021/241, (UE) n. 1303/2013, (UE) 2021/1060 e (UE) 2021/1755, e la direttiva 2003/87/CE;

    difatti con il Regolamento del febbraio 2023 (RepowerEU nei Pnrr) sono stati messi a disposizione ulteriori 20 miliardi di euro (per l'Italia 2,76 miliardi), provenienti dal Fondo per l'innovazione (60 per cento) e dall'anticipazione delle quote ETS (40 per cento), al fine di finanziare riforme e investimenti nel capitolo dedicato al piano RepowerEU. Tali iniziative dovranno contribuire al conseguimento di almeno uno degli obiettivi seguenti: miglioramento delle infrastrutture e degli impianti energetici, promozione dell'efficienza energetica, decarbonizzazione dell'industria, aumento della produzione e della diffusione del biometano sostenibile e dell'idrogeno rinnovabile e accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili, contrasto della povertà energetica, incentivazione della riduzione della domanda di energia, contrasto delle strozzature interne e transfrontaliere nella trasmissione e nella distribuzione di energia, riqualificazione accelerata della forza lavoro, sostegno delle catene del valore relative alle materie prime e tecnologie critiche connesse alla transizione verde;

    con la Comunicazione 2023/C 80/01 della Commissione europea (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 80 del 3 marzo) sono stati forniti gli orientamenti e la procedura per la modifica dei Pnrr e le modalità di preparazione dei capitoli REPowerEU;

    il dispositivo per la ripresa e la resilienza con la sua nuova componente REPowerEU servirà anche a rafforzare la competitività dell'industria dell'UE ed offrirà notevoli possibilità di finanziamenti supplementari per accelerare la transizione dell'industria dell'Unione verso tecnologie a zero o a basse emissioni di carbonio nel cammino verso l'azzeramento delle emissioni nette, nonché per stimolare gli investimenti in nuove capacità di produzione per le tecnologie pulite;

    a febbraio si è tenuta la Cabina di Regia del Pnrr con Ministeri competenti e le società partecipate Eni, Enel, Snam e Terna per avviare un confronto sul nuovo capitolo da inserire nel Pnrr relativo al RepowerEU, il Piano europeo per fronteggiare le difficoltà del mercato energetico globale causate dalla guerra in Ucraina;

    la riunione si è svolta alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, del Ministro per il Pnrr, le politiche di coesione e il Sud, Raffaele Fitto e tutti i ministri competenti;

    il Presidente Meloni nel corso della riunione ha affermato che «il nuovo piano consentirà all'Italia di dare un forte contributo alla realizzazione del "Piano Mattei" al fine di consolidare il processo di diversificazione delle forniture verso una totale eliminazione del gas russo e per far diventare l'Italia un hub energetico del Mediterraneo per tutta l'Europa in un proficuo rapporto di cooperazione soprattutto con i paesi africani»;

    in questa prospettiva, i rappresentanti di Eni, Enel, Snam e Terna sono attori importanti per proporre «pochi, necessari e fattibili» progetti legati alla transizione energetica da inserire nel Pnrr rivisitato;

    in esito all'accordo raggiunto con il Consiglio dell'Unione europea a metà aprile è stato approvato in via definitiva il Regolamento che istituisce un nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), parte del pacchetto legislativo «Fit for 55»; si vuole così ridurre il rischio di delocalizzazione delle produzioni che richiedono elevate emissioni verso Paesi con politiche ambientali meno rigorose; secondo la proposta, gli operatori commerciali europei che importano merci prodotte in Paesi con normative climatiche meno ambiziose dell'UE sono obbligati ad acquisire un numero di «certificati CBAM» proporzionato alle emissioni rilasciate dagli impianti ubicati fuori dall'UE; la misura, che deve difendere la competitività delle imprese europee chiamate a rispettare i nuovi obiettivi UE climatico-ambientali, sarà introdotta dal 2026 in alcuni specifici settori, quali acciaio, cemento, alluminio e fertilizzanti;

    a marzo 2023, la Commissione europea ha presentato proposte per ridurre le emissioni nocive anche dei veicoli pesanti: del 45 per cento entro il 2030, del 65 per cento entro il 2035 e del 90 per cento entro il 2040, rispetto ai dati del 2019; nel contempo, Bruxelles vuole che dal 2030 in poi tutti gli autobus circolanti nelle città europee siano a zero-emissioni. Il regolamento deve ora essere discusso tra Parlamento e Consiglio;

    nuove proposte comunitarie sugli imballaggi e le emissioni industriali saranno a breve oggetto di negoziati tra Parlamento e Consiglio;

    lo scorso 30 marzo 2023 si è raggiunto un accordo fra i co-legislatori (sarà votato prossimamente sia in plenaria del Parlamento europeo che al Consiglio dell'Unione europea su un testo condiviso relativo la modifica della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili RED (Renewable Energy Directive), in vigore dal dicembre 2018 e che fissa a livello di UE l'obiettivo di una quota di energia rinnovabile pari al 32 per cento del consumo totale di energia dell'Unione entro il 2030. Tra i punti salienti della proposta di accordo vi è la quota di energie rinnovabili nel consumo energetico complessivo dell'UE che viene innalzata al 42,5 per cento entro il 2030, vi sono anche sotto-obiettivi settoriali più ambiziosi riguardanti trasporti, industria, edifici, teleriscaldamento e teleraffrescamento allo scopo di accelerare l'integrazione delle energie rinnovabili nei settori in cui è stata più lenta, inoltre, la previsione di procedure di autorizzazione accelerate per i progetti in materia di energie rinnovabili;

    sempre lo scorso 10 marzo 2023 si è raggiunto un accordo fra i co-legislatori (sarà votato prossimamente sia in plenaria del Parlamento europeo che al Consiglio UE) su un testo condiviso relativo la modifica della direttiva sull'efficienza energetica EED (Energy Efficiency Directive), in vigore dal dicembre 2018 e che stabilisce un obiettivo di riduzione del consumo di energia sia primaria che finale del 32,5 per cento entro il 2030 a livello dell'UE rispetto alle previsioni di consumo energetico per il 2030 formulate nel 2007. Tra i punti salienti della proposta di accordo, gli Stati membri devono garantire collettivamente una riduzione del consumo finale di energia dell'11,7 per cento entro il 2030, rispetto alle stime del 2020 relative alla fine del decennio, nonché l'obbligo specifico per il settore pubblico di conseguire una riduzione annuale del consumo energetico dell'1,9 per cento, che può escludere i trasporti pubblici;

    sotto questo aspetto è necessario tener conto dei costi e degli impatti della transizione: secondo un recente Studio Cnr-Aspo («Verso un sistema energetico italiano basato sulle fonti rinnovabili») sul sistema elettrico italiano, lo sbilanciamento stagionale tra generazione rinnovabile e consumi non potrà essere risolto solo con un massiccio ricorso a un aumento del 150 per cento del parco rinnovabili installato: saranno necessari accumuli per 480 GWh di breve periodo e per 30 TWh stagionali con tecnologie power-to-gas) le quali consentono consente di immagazzinare l'elettricità in esubero prodotta da centrali solari, eoliche o idrauliche) sotto forma di metano sintetico o idrogeno. Ma soprattutto sarà necessario un drastico ridimensionamento dei consumi;

    l'intermittenza delle fonti rinnovabili principali (l'eolico produce mediamente per 1.800 ore l'anno e il fotovoltaico tra 1.300 e 1.400 ore, su un totale annuale di 8.760 ore) dovrebbe essere coperta in gran parte con accumuli in batteria, che, con la tecnologia attuale, richiederebbe 650 grammi di litio per ogni italiano: una quantità molte volte superiore all'attuale produzione mondiale;

    a tutto questo si dovranno aggiungere l'adeguamento della rete elettrica e la realizzazione delle infrastrutture necessarie al trasporto e stoccaggio di metano, idrogeno e CO2; la transizione comporterà nei prossimi decenni la realizzazione e gestione di una grande infrastruttura energetica;

    giovedì 20 aprile 2023 giorno dell'approvazione definitiva in Parlamento del decreto-legge n. 13 del 2023 (decreto Pnrr), il Ministro Fitto ha riunito la Cabina di regia Pnrr volta a rafforzare e valorizzare il dialogo con il mondo partenariale. Il Ministro, dopo aver chiesto ai rappresentanti di imprese e sindacati di fornire contributi e suggerimenti utili alla discussione, ha tracciato roadmap e tempistiche per i prossimi mesi: «Stiamo lavorando intensamente per verificare gli interventi e gli eventuali correttivi sia sul capitolo del REPowerEU sia sull'intero Piano. Riteniamo doveroso farlo subito anche con il vostro coinvolgimento»;

    secondo l'Energy Import Dependency di Eurostat, indicatore che misura la dipendenza energetica dei paesi europei dalle importazioni, l'Italia nel 2020 ha registrato un valore di 73 punti percentuali sui consumi finali di un valore decisamente superiore alla media europea (58 per cento); tale elevato valore di dipendenza energetica del nostro Paese è comunque in costante diminuzione dal 2006 grazie all'aumento del ruolo delle fonti rinnovabili nel bilancio energetico nazionale;

    la transizione basata sull'elettrificazione dei consumi (con veicoli elettrici, pompe di calore, batterie, celle a combustibile) con maggiore produzione decentrata di energia da rinnovabili (con pannelli fotovoltaici e turbine eoliche) accrescerà la domanda e il ruolo dei minerali critici e delle terre rare, come riportato dal rapporto dell'IEA «The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions») e cambierà la geopolitica europea e mondiale. Il passaggio ad un considerato "sistema energetico pulito", determinerà un significativo fabbisogno di rame, litio, nichel, manganese, cobalto, grafite, zinco e terre rare, la cui estrazione spesso crea danni all'ambiente, e dunque lo spostamento del baricentro della geopolitica verso paesi che detengono gran parte delle concessioni minerarie;

    il paradigma dello sviluppo sostenibile, come dichiarato dall'ONU con gli obiettivi dell'Agenda al 2030, si fonda sul concetto di uno sviluppo che sappia coniugare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale,

impegna il Governo:

1) a sostenere il processo di diversificazione dell'approvvigionamento energetico, che permetta di raggiungere una costante diffusione delle energie rinnovabili che gradualmente sostituiscano i combustibili fossili nelle case, nell'industria e nella generazione di energia elettrica;

2) a proseguire con i piani di realizzazione del cosiddetto «Piano Mattei», allo scopo di rafforzare il processo di diversificazione delle forniture che renda l'Italia un hub energetico nel Mediterraneo, in grado di instaurare un proficuo rapporto di cooperazione e sviluppo con i paesi africani;

3) a sostenere nella transizione energetica ed ecologica un modello di sviluppo che sia in grado di garantire la salvaguardia dell'ambiente, dell'individuo e dell'economia, di perseguire la neutralità climatica assicurando il principio della neutralità tecnologica nei settori elettrico, termico e dei trasporti, e, infine, di promuovere e sostenere processi sostenibili e certificati, che adottano i principi del Life Cycle Assessment (LCA) per la valutazione dell'impronta carbonica di prodotti e servizi;

4) a sostenere per la generazione elettrica, considerato il progressivo aumento della elettrificazione dei consumi (mobilità elettrica, pompe di calore per il riscaldamento), la diffusione di tecnologie a bassissima intensità carbonica, con particolare riferimento a quelle programmabili fondamentali per garantire la sicurezza del sistema energetico;

5) ad adottare una strategia per una politica nazionale delle materie prime, con particolare riferimento a quelle critiche e alle terre rare, in grado anche di rilanciare l'industria estrattiva nel territorio nazionale;

6) a utilizzare le risorse del Capitolo del REpowerEU, al fine di sostenere un processo graduale di riqualificazione energetica degli edifici, che tenga il più possibile in considerazione le ipotesi di esoneri e di eccezioni in grado di tutelare le peculiarità della realtà immobiliare italiana, costituita da numerosi centri storici dall'alto valore artistico e culturale;

7) a promuovere la diffusione degli interventi di efficienza energetica nella pubblica amministrazione e nel privato, nel residenziale, nel terziario e nell'industria, attraverso la revisione ed il potenziamento dei meccanismi di incentivazione esistenti come il Conto Termico e quello dei Certificati Bianchi;

8) a proseguire, nell'ambito della cabina di regia, il confronto già avviato con il mondo del partenariato economico-sociale, al fine di promuoverne un sempre maggiore coinvolgimento anche nell'attuazione del REpowerEU;

9) in coerenza con la direttiva UE 2022/542 del Consiglio europeo, dello scorso 5 aprile 2022, cosiddetta «fiscalità green», a valutare l'applicazione di misure fiscali per favorire il risparmio energetico e la riduzione dell'uso dei combustibili fossili, come interventi ad hoc per sostenere il teleriscaldamento e favorire l'utilizzo di biometano;

10) a individuare nell'ambito del Capitolo RepowerEU misure per la riqualificazione e il miglioramento delle competenze professionali, al fine di dotare la forza lavoro di ulteriori abilità in materia ecologica, nonché misure per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative legate alla transizione verde e alle tecnologie digitali ad essa funzionali;

11) a proseguire ulteriormente nel processo di semplificazione al fine di consentire il rispetto dei traguardi temporali che si impongono per la transizione e che dovrebbero essere considerati prevalenti;

12) a prevedere, in sede di revisione del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) un adeguata valutazione dei processi di transizione, sia in termini di costi che di impatti sui cittadini e sulle imprese, nonché la fissazione di step compatibili con il sistema economico-sociale nazionale, valutando la possibilità di escludere sia pure in un quadro generale di efficientamento, ipotesi di ridimensionamento dei consumi energetici superiori a quanto sarà fissato in sede UE;

13) a valutare l'utilizzo di un sistema di premialità per le imprese che, attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie, contribuiscono a favorire una rapida trasformazione del sistema energetico.
(1-00135) «Caramanna, Andreuzza, Rossello, Semenzato, Zucconi, Giglio Vigna, Cattaneo, Antoniozzi, Gusmeroli, Battilocchio, Colombo, Candiani, Squeri, Comba, Barabotti, Giovine, Cecchetti, Maerna, Di Mattina, Pietrella, Toccalini, Schiano Di Visconti».


   La Camera,

   premesso che:

    in Italia la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è ferma al 51,3 per cento. Il divario di genere nei tassi di occupazione resta tra i più alti d'Europa (quasi 19 punti contro una media europea di circa 10), benché il livello di istruzione femminile sia mediamente più elevato;

    anche quando le donne lavorano, a parità di mansione, guadagnano cifre inferiori ai colleghi uomini, soprattutto nel privato, e ciò dipende anche dalla ampia diffusione tra le lavoratrici di contratti a tempo parziale: sul totale delle donne che hanno un'occupazione quasi un terzo ha un contratto con un montante di ore ridotto;

    le difficoltà che caratterizzano la realtà lavorativa delle donne – difficile accesso, carriere discontinue, stipendi bassi, un modesto accumulo di contributi pensionistici – incidono inevitabilmente anche sui trattamenti previdenziali;

    i dati dell'Osservatorio dell'Inps sui flussi di pensione, per il 2022, attestano che le donne percepiscono un assegno previdenziale più basso del 30 per cento rispetto a quello degli uomini: in media gli uomini ricevono 1.381 euro, contro i 976 euro delle donne, con una differenza del 29,32 per cento. Ciò prendendo in considerazione i diversi trattamenti pensionistici: di vecchiaia, anticipati, di invalidità e superstiti;

    i dati riferiscono, inoltre, che nel 2022 il numero di donne andate in pensione è più alto di quello degli uomini: sulle 779.791 nuove pensioni erogate dall'Inps, le donne sono 437.596 mentre gli uomini 342.195;

    al riguardo, nel 2022, rispetto all'anno precedente, sono aumentate del 15,4 per cento le pensioni riconosciute con il regime cosiddetto Opzione Donna, raggiungendo la liquidazione di 23.812 posizioni previdenziali;

    l'istituto «opzione donna», si rammenta, è stato introdotto nel nostro ordinamento in via sperimentale fino al 2015, dalla cosiddetta Riforma Maroni (articolo 1, comma 9, legge 23 agosto 2004, n. 243) allo scopo di riconoscere la facoltà per le sole lavoratrici di poter andare in pensione con requisiti ridotti rispetto a quelli previsti per la pensione di vecchiaia ordinaria, ma con la pensione calcolata secondo il sistema contributivo. Tale facoltà ha trovato conferma nel cosiddetto «decreto salva-Italia» (articolo 24, comma 14, decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011) ed è stata oggetto di proroga in successivi provvedimenti normativi, essendo stata ben accolta da centinaia di donne, trattandosi di un'importante via d'uscita anticipata, in specie dal 2021 in poi, ovverosia dopo che la riforma Fornero ha previsto un drastico innalzamento dei requisiti per le lavoratrici dipendenti e autonome;

    nel 2022 sono state 8.833 le donne che si sono avvalse di questo regime prima dei 59 anni d'età, ricevendo assegni pensionistici, per quasi la metà, inferiori a 500 euro. Come noto, infatti, l'accesso anticipato alla pensione con Opzione Donna, impone il calcolo dei trattamenti in base alle regole del sistema contributivo. Di conseguenza oltre la metà degli assegni liquidati (12.298) è inferiore a 500 euro al mese e l'88,75 per cento è inferiore a mille euro;

    il comma 292 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel prorogare il regime sperimentale in questione, ha modificato i requisiti anagrafici e soggettivi per accedere a Opzione donna riconoscendo al possibilità di farne domanda, sempre secondo il metodo contributivo, alle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2022 un'anzianità contributiva di almeno a 35 anni, un'età anagrafica di almeno 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni) e che siano in possesso di specifici requisiti;

    nel caso di lavoratrici licenziate o dipendenti in imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale, il requisito anagrafico è ridotto a 58 anni. Al predetto requisito anagrafico, richiesto per l'accesso al pensionamento in esame, non si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita prevista dalla normativa vigente;

    per poter presentare la domanda di accesso a Opzione Donna le lavoratrici devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:

     1) prestare assistenza al momento della richiesta di pensione anticipata e da almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 104 del 1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni d'età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;

     2) avere un'accertata riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74 per cento per il riconoscimento dell'invalidità civile;

     3) essere una lavoratrice licenziata o dipendente da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa;

    la platea di accesso a Opzione Donna è stata quindi limitata in considerazione di particolare condizioni soggettive, come previsto per altri istituti previdenziali come l'anticipo pensionistico, cosiddetto Ape sociale;

    gli interventi normativi in materia pensionistica degli ultimi vent'anni sono stati rivolti verso un'equiparazione dei requisiti pensionistici di vecchiaia fra uomini e donne, quando invece permangono sostanziali differenze fra i due generi nel mercato del lavoro, nei percorsi professionali e, soprattutto, nella distribuzione dei carichi familiari; molte lavoratrici «over 55» svolgono contemporaneamente all'attività lavorativa, compiti in qualità di madri, di nonne e di figli di genitori anziani, per esse – dunque – il conseguimento della pensione rappresenta un traguardo per poter svolgere in maniera più serena tali compiti altrettanto fondamentali nella nostra società,

impegna il Governo:

1) ad assumere specifiche iniziative volte a contrastare il divario pensionistico di genere, attestato dai dati sull'andamento delle pensioni erogate dall'Inps;

2) ad individuare, nel prosieguo dell'azione di Governo e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, forme di flessibilità di accesso per le donne al trattamento pensionistico e/o di anticipo pensionistico;

3) a studiare formule innovative che permettano di anticipare la decorrenza della pensione, ma consentendo di integrarla con una più ridotta prestazione lavorativa, facilitando l'integrazione con i tempi di vita e di cura.
(1-00136) «Rizzetto, Giaccone, Tenerini, Cavo, Schifone, Nisini, Tassinari, Semenzato, Malagola, Caparvi, Polidori, Coppo, Giagoni, Giovine, Mascaretti, Volpi, Zurzolo».

Risoluzione in Commissione:


   La II Commissione,

   premesso che:

    i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e n. 156, di attuazione della legge delega 14 settembre 2011, n. 148 hanno riformato il sistema della geografia giudiziaria, in un'ottica di risparmio di spesa e incremento di efficienza, in modo da ridurre complessivamente gli uffici giudiziari nel territorio italiano. Ciò ha comportato di fatto un «taglio» dei tribunali minori e la soppressione delle sedi distaccate, a favore dell'accentramento dell'amministrazione della giustizia;

    i princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega hanno riguardato la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari, attraverso il trasferimento di territori di un circondario a circondari limitrofi. Tuttavia, a tal fine, il Governo avrebbe dovuto tenere conto di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendessero alcuni parametri: estensione del territorio, numero degli abitanti, carichi di lavoro, indice delle sopravvenienze, specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, presenza di criminalità organizzata. Invece, le riforme sin qui adottate in materia si sono tradotte solo in un aumento dei costi per i cittadini, in un'accentuata assenza dello Stato, in particolare in territori fortemente contaminati dalla criminalità organizzata, e in una notevole concentrazione dei carichi giudiziari nei nuovi poli competenti, accresciuta in particolar modo dal periodo di sospensione dettato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19;

    occorre incrementare i criteri di selezione e rivalutare quelli preesistenti, al fine di ridefinire l'assetto territoriale degli uffici giudiziari nel rispetto delle esigenze oggettive dei territori e di princìpi e criteri direttivi finora non presi in considerazione, ma ritenuti necessari e imprescindibili. Tra questi, non può non tenersi conto della distanza tra l'ufficio giudiziario accorpante e quello accorpato, in termini non solo di misurazione chilometrica della distanza tra i due uffici, ma anche di percorribilità del tragitto dal punto di vista dei servizi infrastrutturali e viari e di collegamento pubblico;

    del pari, appare opportuna una riorganizzazione che tenga in considerazione prioritariamente i comuni che ospitano istituti penitenziari di massima sicurezza e per i quali sarebbe necessario un presidio di giustizia prossimo e facilmente raggiungibile per agevolare soprattutto le traduzioni dei detenuti stessi;

    un altro criterio che dovrebbe orientare il legislatore nella riorganizzazione degli uffici giudiziari è quello del numero di abitanti residenti nel comune «spogliato» dell'ufficio in quanto, seppure il dato numerico in riferimento al bacino di utenza risulti essere comprensibile, è altrettanto indispensabile che enti locali con un alto tasso di popolazione possano contare su un presidio di giustizia al loro interno;

    inoltre appare opportuno assicurare la presenza dello Stato tramite presìdi di giustizia nei contesti territoriali provinciali particolarmente estesi e maggiormente colpiti da emergenze di carattere criminale, in particolare di criminalità organizzata;

    sebbene obiettivi specifici della riforma fossero i risparmi di spesa e il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario, ogni possibile intervento non può prescindere dall'esigenza di tenere in considerazione il diritto di accedere alla giustizia, quale diritto fondamentale di ogni individuo, insopprimibile in uno Stato democratico. Qualsiasi riforma del settore non può essere fatta a discapito dei diritti costituzionalmente garantiti, per la stessa permanenza dello Stato di diritto, dagli articoli 2, 3, 4, 5, 13, 16, 24, 25, 111, 112 e 113 della Costituzione. Pertanto, i criteri di riordino devono sì essere funzionali all'immediato risparmio di spesa per il bilancio dello Stato, ma non arrecare allo stesso danni nel medio e lungo periodo;

    deve ritenersi in contrasto con lo spirito della Costituzione qualsiasi riforma legislativa che allontani il giudice dal cittadino oltre la misura che gli consente di essere agevolmente e personalmente interpellato. La Costituzione richiede che la giustizia sia amministrata «a misura d'uomo», abbastanza vicino ai cittadini perché questi possano raggiungere la sede del tribunale dalla loro abitazione con «limitati sacrifici» (Corte costituzionale n. 59 del 23 marzo 2016),

impegna il Governo

ad adottare, con il primo provvedimento utile, le iniziative di competenza volte ad una revisione della riforma della geografia giudiziaria, secondo criteri e princìpi direttivi che guardino all'estensione del territorio, al numero degli abitanti, ai carichi di lavoro, all'indice delle sopravvenienze, alla specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e alla presenza di criminalità organizzata, al fine di garantire il pieno diritto di accesso alla giustizia in tutto il territorio nazionale, e colmare le discrepanze ingiustificate tra i diversi distretti di Corti d'appello.
(7-00100) «D'Orso, Scutellà, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   ASCARI, CARMINA, CAFIERO DE RAHO, PAVANELLI, MARIANNA RICCIARDI, DI LAURO, QUARTINI, GUBITOSA, AIELLO, PELLEGRINI, MORFINO, APPENDINO, CARAMIELLO, AMATO, CHERCHI, D'ORSO, GIULIANO, ILARIA FONTANA, L'ABBATE, RAFFA, ALIFANO, DONNO, TORTO, AURIEMMA, CANTONE, RICCARDO RICCIARDI, BRUNO, SCUTELLÀ e TUCCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si è appreso da fonti di stampa della recente nomina a commissario delegato per lo stato di emergenza per i migranti di Valerio Valenti;

   Valerio Valenti, chiamato a gennaio dal Ministro dell'interno Piantedosi a dirigere il Dipartimento libertà civili e immigrazione, è stato capo della segreteria politica dell'ex sottosegretario all'interno, Antonio D'Alì, condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa;

   pur non essendo coinvolto in alcun procedimento penale, si apprende che il nome di Valerio Valenti sia stato inserito all'interno degli atti di indagine a carico di Antonio D'Alì;

   nello specifico, nel provvedimento di applicazione della misura di prevenzione disposta dal Tribunale di Trapani nei confronti dell'ex sottosegretario all'interno nel 2018, si legge che quest'ultimo esercitasse «indebite interferenze tramite il dottor Valenti»;

   fermo restando il caposaldo del principio costituzionalmente sancito della presunzioni di non colpevolezza, tale designazione appare agli interroganti certamente non condivisibile e censurabile per ovvie ragioni di opportunità politica, alla luce degli stretti rapporti intercorrenti tra il Valenti e soggetti condannati in via definitiva per concorso esterno alla mafia –:

   se e quali criteri siano stati utilizzati nella nomina a commissario delegato per lo stato di emergenza per i migranti di Valerio Valenti;

   per quali ragioni si sia preferita la sua nomina piuttosto che un'altra anche e soprattutto viste le ragioni di inopportunità politica esposte in premessa;

   se e quali iniziative di competenza il Governo ritenga opportuno adottare in relazione ai fatti esposti in premessa.
(4-00969)

AFFARI EUROPEI, SUD, POLITICHE DI COESIONE E PNRR

Interrogazioni a risposta immediata:


   BORRELLI. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito della proposta di riforma governativa che definisce i principi per l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme di autonomia, l'articolo 1, commi 791 e seguenti, della legge n. 197 del 2022 affida ad una cabina di regia il compito di determinare i livelli essenziali delle prestazioni, ai fini della completa attuazione del cosiddetto regionalismo differenziato di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

   il suddetto organismo è chiamato a conseguire entro il mese di giugno 2023, una serie di obiettivi, tra i quali:

    a) la ricognizione della normativa statale in ognuna delle materie di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e la ricognizione della relativa spesa storica a carattere permanente dell'ultimo triennio, sostenuta dallo Stato in ciascuna regione;

    b) l'individuazione delle materie riferibili ai livelli essenziali delle prestazioni, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard;

    c) la determinazione, con l'ausilio di Sose spa, Istat e Cinsedo, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente, dei livelli essenziali delle prestazioni;

   il procedimento di ricognizione e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dovrà avvenire ad invarianza finanziaria, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e in coerenza con i relativi obiettivi programmati;

   il 23 novembre 2022, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, nel rispondere alla Camera dei deputati ad un'interrogazione a risposta immediata dichiarava testualmente: «In base alle ipotesi di lavoro predisposte dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il criterio della spesa storica già sostenuta per le funzioni attribuite in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione non altera, anche ove applicato in via transitoria, fino alla compiuta determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i livelli essenziali delle prestazioni, la distribuzione delle risorse per le altre regioni o aree del Paese, né incide sui fondi perequativi. Nessuna regione potrà ricevere meno risorse rispetto a quelle attuali, nessuna regione potrà riceverne di più»;

   sotto il profilo finanziario, come confermato dal Governo, resisterebbe ancora, nel trasferimento delle risorse economiche alle singole regioni, il criterio della spesa storica, disattendendo ad avviso dell'interrogante, in tal modo, qualsiasi prospettiva di riallineamento tra il Nord e il resto del Paese, in comparti cruciali come la sanità e l'istruzione –:

   come intenda procedere, per quanto di competenza, per evitare che l'autonomia differenziata come delineata dal Governo, anteponendo il criterio della spesa storica alla determinazione del livelli essenziali delle prestazioni, acuisca il divario tra il Nord e il Sud del Paese.
(3-00382)


   D'ALESSIO, CASTIGLIONE, DE MONTE, GADDA, RUFFINO e SOTTANELLI. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   i cosiddetti «Cis» (contratti istituzionali di sviluppo) sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturali, funzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese;

   il 23 maggio 2022 si è tenuto, presso la sede della provincia di Salerno, il «pre-tavolo» finalizzato a dare il via all'iter per la sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo denominato «Grande Salerno»;

   il territorio interessato dal «patto», pur avendo grandi potenzialità, sconta un gap comune a molte aree del Sud Italia in materia di infrastrutture, valorizzazione delle risorse esistenti e sviluppo occupazionale;

   il termine per la presentazione delle proposte progettuali da parte dei comuni e di altri enti del territorio era il 1° agosto 2022;

   l'adesione dei comuni e degli enti pubblici al suddetto bando è stata importante, con circa 250 progetti proposti alla valutazione tecnica per un totale di circa un miliardo di euro;

   l'istruttoria tecnica si è conclusa a settembre 2022 per dare avvio alla fase di concertazione con le amministrazioni, con una previsione di impegno a valere sul Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 di 250 milioni di euro;

   il 20 ottobre 2022 il Ministro pro tempore per il Sud e la coesione territoriale ha informato la regione Campania degli esiti dell'istruttoria per dare avvio alla fase di concertazione, ma da allora non vi sono stati passi in avanti;

   a quanto risulta, sono in stallo anche altri contratti istituzionali di sviluppo, quali quello di Taranto, per cui si attende la convocazione del tavolo istituzionale, così come quello di Brindisi-Lecce e il Cis Area sisma, nonché – al di fuori dei contratti istituzionali di sviluppo ma nella competenza del Ministro interrogato – i lavori della cabina di regia su Bagnoli e la riqualificazione dell'area delle baraccopoli di Messina;

   dato il congruo periodo intercorso dall'insediamento del nuovo Governo, non vanno deluse le aspettative dei cittadini rispetto a progetti che hanno il merito di accorciare i tempi e il divario territoriale esistente tra le aree del Paese e va tenuto in considerazione l'impegno degli enti locali nella redazione delle proposte progettuali, onde evitare di alimentare l'insoddisfazione e la distanza nei confronti delle istituzioni centrali –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per sbloccare i contratti istituzionali di sviluppo attualmente fermi, con particolare riferimento al Cis «Grande Salerno», affinché si giunga celermente alla successiva fase della definizione del numero degli interventi immediatamente finanziabili e alla conseguente sottoscrizione del contratto.
(3-00383)

CULTURA

Interrogazioni a risposta orale:


   AURIEMMA, PENZA e AMATO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, sorge, su un'elevazione che domina l'entrata della valle di Suessola, il Castello di Matinale conosciuto anche come Castello di Rudovaco; la sua costruzione è attribuita a Tommaso II d'Aquino, conte di Acerra, in occasione della nozze con Margherita di Svevia, figlia illegittima di Federico II, avvenuta nel 1247. Il castello fu edificato su un'antica roccaforte di epoca longobarda del IX secolo, opera di Rudovaco, che passò alla sua morte al conte di Acerra, Cullezio. Nel corso della sua storia il castello ha ospitato i re di Sicilia Guglielmo il Malo (1131-1166) e Manfredi di Svevia (1232-1266), quest'ultimo proprio a Cancello ricevette le «chiavi del Regno». Nel 1799 il generale francese Jean Etienne Championnet vi stabilì il proprio quartier generale e in quello stesso periodo fu annoverato dal Lavigny tra le opere d'interesse artistico nell'elenco preparato per l'arrivo di Giuseppe Bonaparte. Nel 1943 il castello fu sede dei comandi della quinta e della settima armata delle truppe alleate;

   il castello si presenta con un impianto planimetrico quadrato, con quattro torri angolari più una quinta mediana a guardia di una «pusterla» (porta secondaria posteriore). Queste sono orientate verso i punti cardinali con uno scarto di 23°, cosa che fa in modo che nel giorno del solstizio d'estate il sole sorga proprio sulla facciata sud-est, in asse col portale ogivale, realizzato in blocchi di calcare e «chiave d'arco» in granito;

   come sottolineato dallo scrittore Aniello Renga in un suo articolo su «Il Mattino» del 5 gennaio 2023 «è l'ultimo e unico castello di Federico II rimasto intatto in tutta la Campania»;

   la Fondazione Napoli 99 ha finanziato negli anni tra il 2004 e il 2006 un progetto esecutivo di restauro del castello, che ricevette l'approvazione dalla Soprintendenza con anche la possibilità di uno stralcio iniziale del restauro. Tale progetto riuscì ad attirare l'attenzione dei finanziamenti statali, con l'attribuzione di fondi provenienti dall'otto per mille nel 2006 che si rivelarono insufficienti, infatti la stima per l'intera progettazione e la realizzazione di un polo museale fu stimata in quasi 2 milioni mentre il finanziamento dell'otto per mille era pari a 150 mila euro; oggi l'area, nonostante si presenti con cartelli che evidenziano il rischio di crollo del bene summenzionato, è altamente frequentata da avventori, biker e cittadini, cosa che evidenzia l'alto interesse pubblico del castello e del sito che presenta una vasta vegetazione e scorci paesaggistici –:

   quali iniziative di competenza, incluse eventuali ispezioni, si intendano adottare al fine di tutelare il bene già gravemente danneggiato;

   se, utilizzando anche i fondi del PNRR, in concerto con gli enti locali e le associazioni interessate, si intenda recuperare e mettere a sistema il bene recuperando anche l'intera area circostante.
(3-00375)


   ZANELLA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la manutenzione dei beni culturali edificati nel Paese, si rivela strumento fondamentale per perseguire lo stato di conservazione del nostro patrimonio storico e artistico, prevedendo e contrastando la perdita o il danneggiamento dello stesso;

   da quanto si apprende da organi di stampa, il celebre Caffè Pedrocchi tra i locali più prestigiosi d'Europa, nel cuore del centro storico della città di Padova, già parzialmente inagibile, nelle ultime settimane sarebbe stato transennato a seguito del distacco di parte delle cornici del soffitto della loggia nord, a causa di possibili infiltrazioni;

   l'imponente monumento equestre al Gattamelata, capolavoro rinascimentale di Donatello che si erge sul sagrato della basilica di sant'Antonio a Padova, oggetto di un progetto di studio, valorizzazione e salvaguardia, di cui si ignorano ancora tempi e modalità di intervento, sarebbe stato «ingabbiato» da una struttura pubblicitaria riportante lo sponsor che sostiene i lavori, con effetto fortemente impattante nel contesto paesaggistico cittadino e in un luogo dove peraltro sarebbe vietata l'affissione di cartelloni pubblicitari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti richiamati in premessa, se non ritenga di dovere, con la massima urgenza, adottare le iniziative di competenza per verificare la manutenzione e la conservazione del patrimonio artistico e culturale del Paese e in particolare dei beni storici e artistici della città di Padova e se sia in grado di chiarire secondo quali procedure d'intervento e in quali tempi il monumento al Gattamelata potrà tornare ad essere liberamente ammirato in tutta la sua straordinaria bellezza.
(3-00378)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLINARI, SASSO, LATINI e MIELE. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con l'introduzione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con decreto legislativo n. 42 del 2004, si è provveduto anche a definire la figura professionale del restauratore, la sua formazione, i requisiti minimi per l'inserimento nell'apposito elenco tenuto presso il Ministero per la cultura;

   il restauratore di beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici è «il professionista che definisce lo stato di conservazione e mette in atto un complesso di azioni dirette e indirette per limitare i processi di degrado dei materiali costitutivi dei beni e assicurarne la conservazione, salvaguardandone il valore culturale» la cui formazione accademica è dettagliata agli articoli 9-bis, 29 e 182 del citato decreto;

   ai sensi dell'articolo 29, comma 7, del medesimo decreto, è stato poi predisposto, con decreto ministeriale n. 86 del 2009, il Regolamento concernente la definizione dei profili di competenza dei restauratori che sono ben 12 (Materiali lapidei, musivi e derivati; Superfici decorate dell'architettura; Manufatti dipinti su supporto ligneo o tessile; Manufatti scolpiti in legno, arredi e strutture lignee; Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti; Materiali e manufatti tessili organici e pelle; Materiali e manufatti ceramici e vitrei; Materiali e manufatti in metallo e leghe; Materiale librario e archivistico e manufatti cartacei e pergamenacei; Materiale fotografico, cinematografico e digitale; Strumenti musicali; Strumentazioni e strumenti scientifici e tecnici);

   sulla scorta di questa definizione, la cartapesta, che per lungo tempo è stata considerata arte minore confinata in un ambito popolare-devozionale e su cui spesso chi interveniva non era specializzato e non aveva competenze di conservazione e di restauro, ora è considerata fra il «materiale librario e archivistico e manufatti cartacei e pergamenacei»;

   giova sottolineare che, invece, per operare su questo materiale oltre a conoscerne la valenza storico-artistica, è necessario riconoscerlo come un genere proprio della scultura, al pari di quella lignea e lapidea, su cui si potrà intervenire con materiali e metodologie proprie del restauro del materiale cartaceo, perfettamente compatibili con la cartapesta sia sotto il profilo materico che filologico;

   sebbene accomunate dal materiale da trattare, bisogna far attenzione a non confondere le competenze di chi si occupa del restauro dei manoscritti e dei libri, con quelle di chi si dedica al restauro delle opere d'arte su carta e delle arti applicate su supporto cartaceo. Anche se, indubbiamente, l'esperienza più lunga del restauro del libro e dei documenti ha positivamente influenzato il progresso delle tecniche di restauro delle opere d'arte non si può prescindere da una profonda conoscenza del restauro di superfici decorate dell'architettura e manufatti dipinti su supporto ligneo o tessile;

   accade dunque che professionisti in possesso delle competenze per il restauro di sculture, dipinti su legno o tela o superfici decorate non possano ricevere incarichi per il restauro di opere in cartapesta cui sono chiamati unicamente i restauratori di libri benché non abbiano la formazione necessaria per lavorare su questo prodotto che è ben altro che carta: è struttura lignea, preparazione di carta macerata unita a colla di farina, stesura di tele e colla animale, preparazione con gesso di Bologna e colla di coniglio, policromia –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia risolto questo evidente problema interpretativo ovvero se non ritenga necessario sanare i casi come quello in premessa al fine sia di tutelare l'arte, la professionalità e l'attività dei restauratori di cartapesta sia di assicurare un intervento di restauro adeguato alle opere in cartapesta.
(4-00966)


   RUBANO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   con interrogazione n. 4-00131 l'interrogante ha chiesto al Ministro della cultura l'opportunità di «riconsiderare il regime vincolistico paesaggistico ambientale apposto sul comune di Dugenta» in provincia di Benevento;

   nella risposta scritta all'interrogazione citata, si è fatto presente all'interrogante che «il territorio del comune di Dugenta è parte del più ampio complesso di interesse paesistico denominato "Gruppo Montuoso del Taburno"», costituisce «patrimonio ambientale di particolare interesse per l'incomparabile suggestività e valore estetico ed è compreso in gran parte nel demanio statale»;

   si fa presente che il territorio del comune di Dugenta non fa parte del più ampio complesso di interesse paesistico denominato «Gruppo Montuoso del Taburno» – il cui territorio è coincidente con la perimetrazione dei comuni che fanno parte della Comunità Montana del Taburno – e che non rientra nella delimitazione delle aree protette del parco regionale del Taburno – Camposauro e dei SIC «Camposauro» (IT8020007) e «Massiccio del Taburno» (IT8020008) inquadrati in rete Natura 2000;

   il massiccio calcareo isolato dell'Appennino campano denominato «Taburno-Camposauro» si trova interamente in provincia di Benevento, in Campania, raggiunge l'altezza massima di 1394 metri sul livello del mare con la vetta del monte Taburno, ricadente nel comune di Bonea ed è costituito in sostanza da due blocchi calcarei separati dalla depressione tettonica di Piana di Prata (circa 1016 metri sul livello del mare) mentre il territorio del comune di Dugenta presenta una conformazione territoriale del tutto pianeggiante ed è situato a 55 metri sul livello del mare, non ha mai fatto parte della Comunità Montana del Taburno;

   nonostante il territorio del comune di Dugenta non presenti caratteristiche assoggettabili a vincoli ambientali ai sensi del decreto ministeriale 21 settembre 1984 (cosiddetto Decreto Galasso), nel 1985, con successivo decreto, è stato inserito nell'elenco dei territori sottoposti a vincolo ambientale ai sensi del decreto ministeriale 28 marzo 1985 e successive modificazioni ed integrazioni sulla base di indicazioni della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio (SABAP) per le province di Caserta e Benevento;

   il territorio di Dugenta non fruisce dei requisiti posti alla base del provvedimento vincolistico del decreto ministeriale 28 marzo del 1985 in quanto non presenta punti di particolare interesse paesaggistico di incomparabile suggestività e valore estetico, non è incluso nella foresta Demaniale del Taburno per ragioni orografiche, e non sono presenti quadri naturali e caratteri di cospicua bellezza panoramica; il vincolo paesistico venne applicato mediante un inquadramento planimetrico del territorio interessato dal massiccio del monte Taburno e del Monte Camposauro, senza una reale conoscenza dei luoghi e senza che il comune di Dugenta all'epoca, potesse contestare l'apposizione del vincolo stesso. I comuni limitrofi, infatti, che presentano le stesse caratteristiche paesaggistico-ambientali, inizialmente furono anch'essi inclusi nella perimetrazione ma ne vennero, infine, esclusi –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al fine di esaminare nuovamente la questione posta in premessa e di avviare un ulteriore approfondimento della tematica alla luce delle argomentazioni esposte, anche coinvolgendo le parti istituzionali responsabili del Piano paesaggistico regionale, al fine di valutare l'estromissione del comune di Dugenta dall'area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale considerata l'assenza dei necessari requisiti previsti dal decreto ministeriale del 21 settembre 1984 per dichiarare tale vincolo.
(4-00970)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO, AMATO e QUARTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, recante «Disposizioni in materia di potenziamento dell'assistenza a tutela della salute mentale e dell'assistenza psicologica e psicoterapica», ha introdotto alcune misure di contrasto al disagio psicologico, tra cui anche «un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi. Il contributo è stabilito nell'importo massimo di 600 euro per persona ed è parametrato alle diverse fasce dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di sostenere le persone con ISEE più basso. Il contributo non spetta alle persone con ISEE superiore a 50.000 euro»;

   tale norma è stata poi oggetto di modifica da parte della legge 29 dicembre 2022, n. 197, legge di bilancio per il 2023, articolo 1, comma 538, che ha esteso la misura anche agli anni 2023 e 2024 e incrementato l'importo da 600 a 1.500 euro, anche se con fondi nettamente inferiori rispetto alla formulazione originaria;

   tale normativa, che si aggiunge a quanto fatto negli anni passati per contrastare il grave diffondersi del disagio mentale anche a seguito degli effetti della pandemia da COVID-19, anche se costituisce una misura estemporanea ed emergenziale che non può risolvere o comunque attenuare la gravità del problema in maniera strutturale, ha comunque rappresentato uno strumento importante per dare le dovute cure ai soggetti persone in stato di bisogno;

   il contributo dovrebbe essere erogato una tantum dall'INPS ma, come denunciato in un articolo de La Stampa del 1° marzo 2023, ad oltre due mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio «non è ancora nota la data a partire da cui si potranno presentare le domande per accedere, né in che tempi sarà possibile compilare la richiesta»;

   quanto accaduto di fatto sta vanificando la portata della norma, soprattutto in virtù del fatto che si tratta di una norma con un orizzonte temporale piuttosto limitato;

   inoltre, il budget destinato a questo strumento è molto ridotto: infatti sono stati destinati solo 5 milioni per l'anno 2023 e 8 milioni per l'anno 2024, contro i 25 milioni che erano stati previsti per l'anno 2022; una riduzione di risorse che potrà essere gestita solo, con una riduzione delle domande di accesso, spiegando quindi un ritardo che probabilmente comprimerà il numero di utenti che accederanno al servizio e il numero di sedute con gli specialisti –:

   per quali ragioni la norma di cui al decreto-legge n. 228 del 2021, articolo 1-quater, così come modificata dalla legge n. 197 del 2022, articolo 1, comma 538, non trovi ancora attuazione e, in particolare, quali siano gli ostacoli che impediscono l'erogazione tramite l'INPS.
(3-00381)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOVECCHIO e FENU. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 4, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16 è stata abrogata l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica istituita dall'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, e successivamente modificata dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 26 del 2 febbraio 2007;

   la Corte di Cassazione ha dichiarato l'incompatibilità dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica (Cassazione Civile 15198/2019; Cassazione Civile 27099/2019) sottolineando l'incoerenza tra il tributo addizionale e l'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio. In particolare, la norma europea permette agli Stati membri dell'Ue di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette ma solo a condizione che le stesse abbiano «finalità specifiche» e siano rispettati vincoli particolari in relazione alla determinazione della base imponibile, del calcolo, dell'esigibilità e del controllo dell'imposta;

   nei casi di addebito delle accise in bolletta, i consumatori, per ottenere il rimborso, devono presentare la richiesta unicamente nei confronti dei fornitori di elettricità che a loro volta possono avanzare istanza di rimborso all'amministrazione finanziaria solo successivamente a una sentenza del giudice ordinario civile;

   è di tutta evidenza che il processo civile sia particolarmente oneroso sia per i fornitori di energia elettrica sia per il sistema della giustizia ordinaria e tributaria nonché per gli stessi consumatori. È necessario inoltre sottolineare che il fornitore di energia elettrica è obbligato a difendersi e costituirsi in giudizio ottenendo una sentenza di condanna a proprio carico passata in giudicato al fine di poter richiedere, all'Erario o alle province, il rimborso di quanto corrisposto ai consumatori. Infatti, solo dopo questo passaggio, il fornitore può presentare alle province e all'Agenzia delle dogane istanza di rimborso e avviare un ulteriore giudizio per ottenere il riconoscimento del proprio credito;

   con riferimento al contenzioso tributario, nel caso di clienti che presentano più pod, è necessario precisare che deve essere incardinato di fronte alla Corte di giustizia tributaria della provincia competente e quindi nella provincia dove sono localizzati i pod. Ciò potrebbe comportare che, per un'unica richiesta di rimborso attuata in sede civilistica da parte di clienti multipod, si possano instaurare molteplici contenziosi in sede tributaria;

   infine si segnala che in caso di addizionale provinciale versata direttamente alle province per utenze inferiori a 200 kw, attualmente, l'Agenzia delle dogane si sta dichiarando incompetente in quanto il tributo è stato incamerato direttamente alle province. Le province a loro volta invece, stanno negando il diritto al rimborso per carenza di legittimazione passiva sulla base della considerazione che l'addizionale provinciale ha natura erariale in quanto tributo gestito e amministrato dallo Stato –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno, al fine di poter semplificare le procedure di rimborso, adottare iniziative, anche normative, volte a consentire al consumatore finale di attivare direttamente la richiesta di rimborso nei confronti delle province e dell'Agenzia delle dogane.
(5-00811)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANASSI e SERRACCHIANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro interrogato ha più volte richiamato l'importanza degli investimenti sul carcere e sulle misure alternative alla esecuzione in carcere, nonché sulla giustizia riparativa;

   tuttavia, le significative riduzioni di spesa operate dalla manovra di bilancio nonché l'assenza pressoché totale di iniziativa in tal senso appaiono suscettibili di incidere pesantemente sulla tenuta di un sistema oggettivamente fragile, interrompendo il difficile percorso di risanamento avviato negli ultimi anni;

   la legge di bilancio per il 2023, legge del 29 dicembre 2022, n. 197, comma 856 dell'articolo 1, frutto dell'approvazione di un emendamento del Partito democratico, istituisce nello stato di previsione del Ministero della giustizia un Fondo, con dotazione di 4 milioni di euro per il 2023 e a 5 milioni di euro per il 2024 e 2025, destinato al finanziamento di progetti volti al recupero e al reinserimento dei detenuti e dei condannati, anche mediante l'attivazione di percorsi di inclusione lavorativi e formativi, anche in collaborazione con le istituzioni coinvolte, con le scuole e le università nonché con i soggetti associativi del Terzo settore, all'assistenza ai detenuti, agli internati e alle persone sottoposte a misure alternative alla detenzione o soggette a sanzioni di comunità e alle loro famiglie, contenenti iniziative educative, culturali e ricreative, alla cura e all'assistenza sanitaria e psichiatrica, in collaborazione con le regioni, al recupero dei soggetti tossicodipendenti o assuntori abituali di sostanze stupefacenti o psicotrope o alcoliche, nonché all'integrazione degli stranieri sottoposti ad esecuzione penale, alla loro cura e assistenza sanitaria;

   si trova traccia di questo stanziamento in un passaggio contenuto nel «Piano Integrato di Attività e Organizzazione per il triennio 2023-2025», di cui all'articolo 6 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, redatto dal Gabinetto del Ministro della giustizia, dove si parla della definizione di un piano per l'incremento delle attività di recupero e reinserimento socio-lavorativo delle persone in esecuzione penale, anche attraverso l'utilizzo integrato del fondo ad hoc istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia dall'articolo 1 comma 856 della legge di bilancio per il 2023, degli stanziamenti della Cassa delle Ammende e dei fondi strutturali e di investimento europei –:

   a che punto sia lo stato di attuazione della norma, considerato che la legge n. 197 del 2022 prevedeva che il decreto attuativo del Ministero della giustizia necessario alla ripartizione dei fondi dovesse essere emanato entro trenta giorni dall'approvazione della legge.
(5-00810)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORATTINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Ufficio del giudice di pace di Mantova rischia la paralisi: 8 sono i dipendenti previsti in pianta organica dei quali, però, solo 4 sono effettivamente presenti;

   per la figura del Funzionario giudiziario e del cancelliere la scopertura del 100 per cento e a breve sarà così anche per la figura dell'assistente giudiziario;

   la carenza di personale sta comportando un aumento dei carichi di lavoro per il personale in servizio, si parla di centinaia di procedimenti penali e di procedimenti nel contenzioso civile;

   si tratta di lavoratrici e di lavoratori che fino ad oggi hanno garantito la corretta erogazione dei servizi solo grazie al loro impegno, alla loro professionalità e al loro senso di responsabilità ma che, in considerazione delle novità introdotte dalla riforma cosiddetta «Cartabia», che incrementa i limiti della competenza per valore delle cause di competenza del giudice di pace da 5.000,00 a 10.000,00 euro per le liti relative a beni mobili e da 20.000,00 a 25.000,00 euro per le controversie in materia di risarcimento dei danni da circolazione di veicoli e natanti, vedranno il loro carico di lavoro subire un ulteriore aumento del carico di lavoro, con conseguenze che incideranno si sull'efficienza e sulla produttività dell'Ufficio, ma anche su tutto il tessuto socio-economico del territorio –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di colmare la gravissima carenza di personale negli uffici del giudice di pace di Mantova, anche predisponendo una massiccia campagna di assunzioni, di riqualificazione del personale e di stabilizzazione dei precari da destinare anche agli Uffici giudiziari della città, incluso l'Ufficio del giudice di pace, nonché se non ritenga, per quanto di competenza, di dover mettere in campo specifiche iniziative per garantire la salute, la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e garantire tempi ragionevoli per la giustizia.
(4-00965)


   ZINZI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante conosce personalmente le vicende della signora C.M. che vive a Napoli, mamma di G., bambina di 9 anni. Con decreto 18 marzo 2019, a seguito di procedimento ex articolo 709-ter codice civile, la minore viene affidata condivisamente ad entrambi i genitori con residenza privilegiata presso la madre, a Napoli;

   a seguito di continui ed immotivati ricorsi del padre, con decreto 7 giugno 2021 NRG 3288/2020, il Collegio nomina un curatore della minore (sebbene non previsto), ed in via provvisoria, modificando immotivatamente il precedente assetto, dispone l'affido esclusivo temporaneo della minore al padre con collocazione in Torino dov'era in procinto di trasferirsi;

   il Collegio decreta per la bambina un percorso psicologico, padre e curatore dovranno individuare un professionista in Torino cui affidare la minore. Nonostante per la minore fosse già predisposto trasferimento, cambio di residenza, e iscrizione a scuola a Torino, il curatore nominato è residente e lavora a Napoli;

   l'interrogante, che segue le varie fasi del procedimento ritiene che in questa vicenda, si registrino gravi e preoccupanti anomalie:

    1) la madre ha denunciato violenze subite (codice rosso) dall'ex compagno, e interrogata dal pubblico ministero, ma nulla di ciò viene preso in considerazione;

    2) non aver condiviso le conclusioni della CTU ma aver assunto quelle della CTP del padre, non verificando la veridicità di quanto affermato in essa; mai considerate le richieste di ascolto della minore e ignorata persino la relazione della psicologa che dopo mesi di osservazione scrive che «la bambina sta male e ha bisogno di più quotidianità con la madre»;

    3) pubblico ministero e consulente tecnico d'ufficio favorevoli all'affido condiviso, con residenza presso la madre ma il parere del pubblico ministero risulta sparito dal fascicolo e ritrovato dai legali in cancelleria diverso tempo dopo la decisione del giudice sezione civile;

    4) i provvedimenti sono sempre provvisori da 3 anni (su ricorso padre ex 709-ter – d'urgenza) per evitare la reclamabilità in corte di Appello;

    5) G. iscritta a gennaio 2023 alle scuole medie a Torino, con provvedimento del tribunale e senza che la madre ne fosse informata;

    6) da diversi mesi G. sta male, se lo scrive addosso con i pennarelli, ha attacchi di ansia, disturbi psicosomatici, gli insegnanti chiamano allarmati dalla scuola, tanto da essere affidata dal tribunale ad un neuropsichiatra infantile a giugno 2022 e ad oggi ancora non nominato;

    7) la minore ha consegnato a due educatrici biglietti sui quali scrive di stare male e voler tornare dalla mamma chiedendo che gli stessi siano letti lontano dalla casa del padre e nessuno ne fa menzione sebbene confermato dalle stesse e dall'assistente sociale con evidenze sostanziali;

   a giudizio dell'interrogante, si è in presenza di palese violazione del superiore interesse della minore, nonché del diritto di quest'ultima ad essere ascoltata e tutelata, imponendole l'allontanamento immotivato da una genitrice che non si è macchiata di nessun reato, non si è mai dimostrata pericolosa verso terzi, o incapace di provvedere più che adeguatamente alla figlia, costringendo la minore ad un cambio di vita traumatico e lesivo del suo equilibrio psicofisico ed inficiandone una crescita sana e serena –:

   se, considerata l'estrema urgenza e gravità della vicenda, si ritenga opportuno promuovere un'iniziativa ispettiva sia in relazione al procedimento che ha comportato l'allontanamento improvviso della minore dalla madre e dal contesto familiare, che in relazione all'operato degli uffici giudiziari che si sono occupati del caso;

   quali iniziative si intenda intraprendere per dare piena applicazione al principio dell'affido condiviso realizzato attraverso provvedimenti graduali e fattibili che non ledano l'equilibrio psicofisico del minore.
(4-00967)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LAI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:

   il Sulcis Iglesiente è una provincia caratterizzata da un'elevata percentuale di anziani, pochi giovani laureati, alto tasso di disoccupazione giovanile (35,7 per cento), basso reddito pro capite più basso tra le province sarde e italiane;

   la Commissione europea ha individuato tale territorio come beneficiario del «Just Transition Fund» insieme alla città di Taranto per la presenza delle acciaierie;

   dopo la conferma della chiusura della linea del piombo della Portovesme srl a partire da novembre, con conseguente cassa integrazione per oltre 1000 occupati diretti ed indiretti, e della fonderia di San Gavino appartenente alla stessa società, sarebbero, ma non se ne conoscono gli esiti, stati avviati studi per riconvertire tali linee produttive con materiali più richiesti sul mercato mondiale, in particolare nichel e litio, utili per la realizzazione di moderni accumulatori elettrici (batterie);

   la Commissione europea ha richiesto, per l'attivazione del fondo per i lavoratori, la predisposizione dei Piani territoriali, che stanno per essere formalmente trasmessi alla Commissione nella loro versione definitiva dalle autorità italiane e dovrebbero essere adottati a stretto giro, insieme al programma JTF;

   in merito è intervenuta la commissaria per la Coesione, Elisa Ferreira, secondo la quale l'Esecutivo von der Leyen, insieme alle autorità italiane, «sta facendo tutto il possibile per portare a termine i negoziati sul programma del Fondo per una transizione giusta (JTF), al fine di giungere alla sua adozione e avviarne l'attuazione»;

   «prima di adottare – ha affermato la Ferreira – la decisione che approva il programma del JTF, la Commissione verificherà se il principio di partenariato sia stato debitamente preso in considerazione, in linea con l'articolo 8 del regolamento (UE) 2021/1060 ovvero si verificherà che il partenariato previsto associ le parti economiche e sociali più pertinenti, comprese le organizzazioni sindacali, nonché gli organismi pertinenti che rappresentano la società civile, quali i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi incaricati di promuovere l'inclusione sociale e i diritti fondamentali. La Commissione verificherà inoltre che tali partner siano effettivamente coinvolti nella preparazione, nell'attuazione e nella valutazione del programma, anche mediante la partecipazione al comitato di sorveglianza a norma dell'articolo 39 del regolamento (UE) 2021/1060»;

   non si hanno ad oggi notizie circa i piani territoriali predisposti dalla regione Sardegna e riguardanti il Sulcis Iglesiente, mentre sarebbe convocata per il 15-16 maggio 2023 la cabina di regia nazionale del Just Transition Fund –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   a che punto siano i piani territoriali richiesti per il «Just Transition Fund»;

   se siano stati predisposti e consegnati dalla regione Sardegna i piani territoriali per il Sulcis necessari per il «Just Transition Fund».
(5-00812)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   FOTI, MESSINA, GARDINI, ANTONIOZZI, RUSPANDINI, MONTARULI, AMICH, BALDELLI, CANGIANO, DEIDDA, FRIJIA, LONGI, RAIMONDO, GAETANA RUSSO e LAMPIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2023 un guasto alla linea elettrica di alimentazione, avvenuto tra Roma Tiburtina e Settebagni prontamente risolto dai tecnici di Rete ferroviaria italiana, ha avuto un grande impatto sulla tabella di marcia di varie corse dei treni, causando tuttavia parecchi problemi ai viaggiatori, sia in direzione nord che in direzione sud, coinvolgendo, in particolare, la linea Roma-Milano;

   l'episodio ripropone un aspetto importante, che riguarda il sistema della rete infrastrutturale ferroviaria nazionale obsoleta, oramai satura anche per l'aumento record di traffico passeggeri, che sconta una carenza di investimenti che si protrae da decenni e nelle aree chiave geografiche del Paese, opera al limite della capacità, anche e soprattutto a giudizio degli interroganti a causa dei Governi di sinistra del passato e degli oramai noti ambientalisti da salotto, contrari ad ogni forma di ammodernamento e di sviluppo anche in tema di trasporti e infrastrutture ferroviarie;

   gli interroganti, al riguardo, evidenziano, al contrario, come lo sviluppo infrastrutturale e dei collegamenti nel settore dei trasporti rappresenti una leva fondamentale per la crescita dell'Italia, in grado di attivare e attrarre investimenti in tutti i settori dell'economia nazionale, con importanti effetti diretti anche sul numero degli occupati;

   secondo quanto risulta da un'indagine del centro studi Divulga, che ha incrociato i dati dei più autorevoli istituti di ricerca nazionali e internazionali per analizzare come il gap logistico e di trasporti incida in maniera significativa sull'economia italiana, il ritardo infrastrutturale dell'Italia è costato nel 2022 oltre 77 miliardi di euro di mancate esportazioni, pari al 15 per cento del valore complessivo dell'export nazionale, colpendo tutti i settori più importanti del made in Italy;

   la presente iniziativa del Gruppo di Fratelli d'Italia rappresenta, pertanto, l'occasione per ribadire la nostra convinzione che il potenziamento e l'ammodernamento delle opere di collegamento infrastrutturali, sia stradali, ferroviarie oltre che marittime, rappresenta un'azione strategica e fondamentale per il ruolo del Governo Meloni, orientato verso una visione innovativa di sviluppo che guarda al futuro del Paese in un'ottica di «resilienza trasformativa», in grado di garantire crescita alle imprese e nuova occupazione –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere, al fine di incrementare le politiche di sviluppo infrastrutturale del Paese e dei collegamenti ferroviari in particolare, alla luce dei recenti guasti avvenuti lungo alcune tratte della rete ferroviaria nazionale, le cui carenze e i mancati investimenti adeguati hanno evidentemente a giudizio degli interroganti responsabilità imputabili a scelte politiche adottate nel recente passato.
(3-00384)


   BALDINO, ILARIA FONTANA, IARIA, L'ABBATE, CANTONE, MORFINO, FEDE, SANTILLO, TRAVERSI e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 3 maggio 2023, durante una giornata particolarmente piovosa che ha provocato la piena del Fiume Trionto, è collassata la campata centrale del viadotto Ortiano 2, lungo la strada statale 177 Dir «di Longobucco» dal chilometro 6,500 nel comune di Longobucco, in provincia di Cosenza;

   la strada, nota anche come strada Sila-mare, è un'infrastruttura strategica per l'area dello Ionio cosentino, in quanto, una volta ultimata, consentirà di collegare in sicurezza e in tempi brevi le aree interne dell'altopiano silano con la fascia costiera ionica cosentina;

   la costruzione dell'opera, con una spesa complessiva ad oggi di circa 100 milioni di euro, è stata avviata negli anni '90 con l'esecuzione di un primo lotto di lavori a valle dell'abitato di Longobucco; sono stati successivamente realizzati il secondo e il terzo lotto e, successivamente, con l'accordo di programma 2002-2006: «Sistema delle infrastrutture di trasporto», il primo stralcio dell'originario progetto del IV lotto, garantendo la viabilità fino al ponte sul Trionto posto in località Destro; pertanto, solo 11 dei 25 chilometri totali sono percorribili e risulterebbero aperti al traffico dal 2015;

   è in via di completamento il IV lotto-II stralcio, finanziato con risorse del Fondo di sviluppo e coesione 2007/2013 di cui alla delibera Cipe n. 62 del 3 agosto 2011, lungo circa sei chilometri, che dalla località Destro giunge al ponte di Cropalati; la consegna dei lavori di questo lotto era prevista per il 2018 poi via via prorogata fino ai giorni nostri; da Cropalati, poi, deve essere ultimato il V lotto, quello finale, per arrivare a Mirto Crosia e ricongiungersi alla strada statale 106 ionica; il progetto per questo ultimo tratto è stato affidato ad Anas, individuato come soggetto attuatore, e il costo è di 21,80 milioni di euro;

   Anas, nel ruolo di gestore della rete stradale e autostradale di interesse nazionale, è tenuta a garantire la viabilità e la sicurezza della rete;

   l'allegato infrastrutture al documento di economia e finanza, recentemente approvato, non senza difficoltà dalla maggioranza, sottolinea l'esigenza di perseguire la finalità costituzionale di ridurre il divario economico, sociale e territoriale tra le diverse aree del Paese –:

   se non ritenga, alla luce delle gravità di quanto accaduto, di riconsiderare le priorità del proprio Dicastero, privilegiando gli investimenti nel ripristino e nel miglioramento delle infrastrutture esistenti nel Sud del Paese rispetto al finanziamento di alcune grandi opere prive delle opportune informazioni circa la loro sostenibilità economico-finanziaria e carenti di un adeguato studio sul rapporto tra costi e benefici.
(3-00385)


   MOLINARI, MACCANTI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dotarsi di infrastrutture di collegamento della rete ferroviaria efficienti, che consentano di mobilitare tonnellate di merci e milioni di persone ogni giorno su tutto il territorio, è di primaria importanza per l'economia di un Paese;

   nelle scorse settimane si sono verificati alcuni deragliamenti di treni che, pur in assenza di feriti, hanno causato disagi dovuti ai ritardi sulla circolazione ferroviaria di alcune zone del Paese;

   le interruzioni testimoniano, in particolare, l'assenza di linee alternative del sistema di trasporto Nord-Sud Italia a fronte di imprevisti che potrebbero verificarsi sulle linee principali;

   appare evidente che il settore del trasporto ferroviario italiano presenti alcune criticità e che incidenti di questo tipo sono per lo più dovuti alla carenza di manutenzione degli impianti di circolazione, spesso obsoleti;

   i disagi, oltre a ripercuotersi su tutti gli utenti, in particolare sui pendolari che regolarmente pagano il titolo di viaggio, rischiano di ledere l'immagine del trasporto pubblico italiano all'estero in concomitanza con l'apertura della stagione estiva, che rappresenta un'opportunità irrinunciabile per il rilancio dell'economia nazionale;

   nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è previsto lo stanziamento di 24,7 miliardi di euro per le infrastrutture ferroviarie, in particolare su linee ad alta velocità e sull'acquisto di nuovo materiale rotabile per i treni pendolari, e ulteriori risorse per questo settore sono stanziate nel Piano nazionale complementare, per un totale di oltre 36 miliardi di euro –:

   alla luce delle problematiche esposte in premessa, quali investimenti siano programmati e quali ulteriori iniziative intenda adottare per migliorare l'efficienza della rete ferroviaria.
(3-00386)

Interrogazione a risposta orale:


   TASSINARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nei primi giorni del mese di maggio nelle province di Bologna e Ravenna si sono registrati picchi pluviometrici superiori anche ai 150 millimetri, con punte prossime ai 200 millimetri. In pratica in due giorni sulle pianure tra Bologna e Faenza è caduta circa il doppio della pioggia che dovrebbe cadere nell'intero mese di maggio;

   l'evento è costato 2 morti, centinaia di sfollati e danni economici ancora da quantificare. Oltre 300 sono stati i Vigili del fuoco al lavoro, con rinforzi provenienti da Lombardia e Toscana e più di 1.000 gli interventi effettuati, nelle province di Ravenna, Bologna e Forlì-Cesena;

   su richiesta del Presidente della regione Bonaccini il 4 maggio 2023 il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale della durata di 12 mesi e uno stanziamento di 10 milioni di euro per i primi interventi, in attesa della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento;

   dalla stampa si apprende che tra il 2020 e il 2022, nella consiliatura nella quale Stefano Bonaccini era presidente regionale ed Elly Schlein vice presidente, la regione abbia dovuto restituire al Ministero delle infrastrutture 55,2 milioni di euro su 71,9 complessivamente destinati al dissesto idrogeologico e alla regimazione dei corsi d'acqua, per l'incapacità di spenderli nei tempi previsti;

   stando a quanto scritto da Open, che ha verificato i rapporti della Corte dei conti, nell'elenco degli interventi previsti nei finanziamenti restituiti c'erano opere di manutenzione di gran parte dei corsi d'acqua esondati:

    «la manutenzione ordinaria per la sistemazione della rete idrografica del bacino Lamone»;

    «i lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana tratti saltuari nei corsi d'acqua dei bacini del torrente Idice e del torrente Sillaro»;

    «gli interventi urgenti d'emergenza nei corsi d'acqua dei bacini del torrente Idice», quelli «d'emergenza nei corsi d'acqua dei bacini del torrente Sillaro»;

    i «Lavori di sfalcio, taglio vegetazione riprofilatura e ripristino sponde in frana in tratti saltuari dei torrenti Idice, Savena, Sillaro, Quaderna, Gaiana e Fossatone»;

    i «Lavori di Manutenzione del torrente Ravone»;

   la regione ha fatto sapere i fondi restituiti non hanno nulla a che fare con la sicurezza idraulica e la prevenzione del dissesto trattandosi di risorse per la navigazione sul Po, e del sistema idroviario Padano. E inoltre che, «tali risorse risultano già recuperate e tuttora nella disponibilità della Regione grazie ad un accordo con il Ministero» –:

   di quali informazioni ulteriori disponga il Ministro interrogato sulla vicenda relativa alla destinazione e al mancato utilizzo dei fondi individuati in premessa e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per evitare che le risorse destinate al dissesto idrogeologico e alla regimazione dei corsi d'acqua vengano spese prima degli eventi alluvionali e non dopo.
(3-00379)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   TENERINI, TASSINARI, BARELLI, BATTILOCCHIO e D'ATTIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il quadro d'insieme del mercato del lavoro italiano risulta particolarmente complesso, scontando dal passato dati sull'occupazione preoccupanti, soprattutto in riferimento alle giovani generazioni;

   il report Istat relativo a occupati e disoccupati pubblicato il 3 maggio 2023 registra variazioni incoraggianti, fotografando nel mese di marzo 2023 un aumento degli occupati rispetto al mese precedente e una corrispondente diminuzione del tasso di disoccupazione;

   tra gli indicatori da monitorare appare assai rilevante quello relativo al numero di inattivi, cresciuto significativamente negli ultimi anni quale vero e proprio allarme occupazionale;

   la tendenza positiva rilevata dall'Istat nel primo trimestre del 2023 appare confermata anche in riferimento agli inattivi, di cui emergono dati favorevoli sia su base annua, sia nel confronto tra il primo trimestre del 2023 e l'ultimo trimestre del 2022. Confrontando i due trimestri si osserva un incremento dello 0,6 per cento delle persone in cerca di lavoro e, al contempo, una diminuzione degli inattivi intorno all'1 per cento;

   la situazione dei cosiddetti «neet», ovvero i soggetti che non lavorano e non sono inseriti in corsi di studi o di formazione, merita particolare attenzione, anche tramite interventi che aiutino a rendere strutturale il suddetto trend occupazionale favorevole;

   è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il 4 maggio 2023, il decreto-legge n. 48 del 2023 in materia di lavoro –:

   quali iniziative, anche normative, abbia già intrapreso o intenda assumere al fine di incrementare ulteriormente i livelli occupazionali, combattere la disoccupazione giovanile e favorire l'attivazione dei soggetti cosiddetti neet.
(3-00387)


   LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la componente 1 della missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto il programma «Garanzia occupabilità dei lavoratori» (Gol), per riqualificare i servizi di politica attiva del lavoro;

   il programma appena citato dispone di una dotazione di 4,4 miliardi di euro di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e di 500 milioni di euro del pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa (React-EU), con l'obiettivo di coinvolgere 3 milioni di beneficiari entro il 2025, di cui 800.000 in attività formative;

   l'attuazione del programma è realizzata dalle regioni e dalle province autonome sulla base dei piani regionali approvati dall'Agenzia nazionale politiche attive lavoro (Anpal), ente pubblico operante sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

   le recenti modifiche al cosiddetto «reddito di cittadinanza», introdotte dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025», e dal decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante «Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro», rendono necessarie azioni più efficaci per reinserire nel mercato del lavoro le persone disoccupate considerate «occupabili»;

   secondo i dati pubblicati nell'ultima «Nota di monitoraggio Gol» disponibile, aggiornati al 31 marzo 2023, il tasso di occupazione a 150 giorni dall'ingresso nel programma – relativo ai nuovi rapporti di lavoro – è pari al 21,6 per cento, equivalente a 92.760 persone;

   a livello regionale si osservano divari rilevanti, con valori al di sotto del 20 per cento in alcune regioni del Mezzogiorno, tra cui Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania, e valori vicini al 30 per cento in molte regioni del Centro-Nord, fino ad arrivare al 35,7 per cento in Friuli Venezia Giulia e al 44,5 per cento nella provincia autonoma di Bolzano –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per favorire l'attuazione del programma «Garanzia occupabilità dei lavoratori» (Gol) e il raggiungimento dei propri obiettivi e traguardi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare nelle regioni che presentano tassi di disoccupazione superiori alla media nazionale.
(3-00388)


   SCOTTO, BRAGA, LAUS, GUERRA, FOSSI, GRIBAUDO, SARRACINO, FERRARI, GHIO, FORNARO e CASU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   sempre più frequenti sono le pronunce dei tribunali, da ultimo quello di Milano sul caso di una lavoratrice della società di vigilanza Civis, che dichiarano l'illegittimità di retribuzioni che, violando l'articolo 36 della Costituzione, non assicurano un'esistenza libera e dignitosa per i lavoratori;

   il Governo ha affrontato il tema del potere di acquisto dei lavoratori solo con misure di carattere fiscale, motivando tale orientamento con l'esigenza di contribuire alla moderazione della crescita salariale, per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi;

   l'ulteriore intervento di tagli del cuneo contributivo, alla luce delle disponibilità finanziarie e degli effetti fiscali, produrrà un incremento medio delle retribuzioni di gran lunga inferiore rispetto al solo andamento dell'inflazione;

   secondo gli economisti della Banca centrale europea, non sarebbe in corso alcuna pericolosa spirale salari-prezzi, tanto più nel caso italiano, ma ad alimentare la corsa dei prezzi innescata da ripresa post Covid e dalla guerra in Ucraina il fattore più incisivo sono i profitti nell'eurozona;

   alla proposta del Partito democratico di introdurre il salario minimo e una norma sulla rappresentatività delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, con la conseguente estensione erga omnes dei contratti stipulati dalle medesime organizzazioni, la maggioranza ha saputo contrapporre solo un diniego aprioristico;

   uno dei fattori che maggiormente condizionano l'adeguatezza delle retribuzioni, soprattutto alla luce dell'impennata dei prezzi al consumo, è rappresentato dal mancato rinnovo dei contratti collettivi che, in alcuni casi, risultano scaduti da molti anni;

   anche nel decreto-legge n. 48 del 2023, nonostante l'ampiezza del provvedimento, della questione dei rinnovi dei contratti collettivi non vi è traccia e non vi sono misure volte a indurre le parti sociali a sbloccare la situazione, soprattutto in particolari settori;

   secondo il Cnel, nel 2022, sui 955 contratti collettivi allora vigenti, ne risultavano scaduti ben 591, pari a 6,8 milioni di lavoratori;

   il prolungato mancato rinnovo dei contratti costituisce un'ingiustificabile forma di squilibrio nella distribuzione della ricchezza prodotta, a tutto svantaggio dei lavoratori, soprattutto in una fase di forte pressione sui prezzi, mancando per di più ogni forma di adeguamento di salari e stipendi all'inflazione –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di favorire il rinnovo dei contratti collettivi scaduti, anche attraverso la previsione di apposite misure di premialità laddove il rinnovo intervenga entro la scadenza o di penalizzazione nel caso in cui il rinnovo si protragga oltre i termini fisiologici.
(3-00389)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DI LAURO, AMATO e QUARTINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2022, è entrato in vigore il decreto del Ministero della salute 30 settembre 2021 «Gestione e funzionamento dell'anagrafe degli equini», di concerto con il Ministro delle politiche agricole, il quale introduce il passaggio di gestione dell'anagrafe equina dall'Aia, associazione allevatori italiani, al Ministero della salute, garantendo maggiore trasparenza nell'identificazione degli animali;

   al momento della registrazione all'anagrafe è necessario specificare se l'animale è «dpa» – destinato alla produzione di alimenti – o meno; lo status «non dpa» non è reversibile in quanto su codesti esemplari è consentita la somministrazione di farmaci che potrebbero irrimediabilmente compromettere la salubrità delle carni destinate al consumo umano;

   nonostante ciò, sempre più spesso la cronaca ci ricorda di quanto sia facile non solo eludere i controlli, ma anche perpetrare reati a danno degli animali e a discapito della salute pubblica;

   secondo dati esposti qualche anno fa dalla Federazione degli Ordini dei Veterinari Italiani, solo il 10-15 per cento (https://www.horseprotection.it) cavalli macellati provengono da appositi allevamenti, cioè vengono fatti nascere e crescere per questo scopo; il rischio è che una buona parte di cavalli macellati provenga dall'ippica e dagli sport equestri: cavalli a «fine carriera» che non sono ormai più performanti, oppure cavalli utilizzati in maneggi, scuole di equitazione e per passeggiate turistiche finché non più utili;

   nel 2021, grazie all'attività dei Nas dei carabinieri di Bari, sono stati scoperti 21 passaporti veterinari appartenenti ad equidi già macellati e le cui carni erano già state immesse nella filiera alimentare, che venivano costantemente riciclati per accompagnare altrettanti equidi al macello; al momento della scoperta, 12 erano già stati macellati, 3 sono morti e altri 9 sono stati salvati grazie ad un provvedimento di sequestro: dalle indagini sembra che gli animali venissero importati dall'Est Europa, ma in assenza di documenti non possiamo averne certezza;

   nel gennaio 2021, i Nas di Parma hanno salvato 4 cavalle registrate come «non dpa» in Francia che, grazie a continui passaggi di proprietà tra allevatori di bestiame, erano finite a Correggio per essere macellate, anche in questo caso con passaporti falsificati e per tali motivi la Procura di Novara era intervenuta con fermezza, affidando gli animali ad associazioni animaliste;

   come dichiarato in un comunicato stampa del Ministero della salute, il 28 febbraio 2022 in un mattatoio di Bari si è proceduto ad un sequestro che ha coinvolto 16 puledri e un cavallo, provenienti da un'azienda di Foggia e privi di qualsivoglia documento veterinario (https://www.salute.gov.it);

   pochi mesi fa, l'associazione Animal Equality, organizzazione internazionale per la protezione degli animali, ha lanciato una petizione per chiedere lo Stop alla macellazione di tutti gli equidi sul territorio nazionale raggiungendo centinaia di migliaia di sottoscrizioni (https://animalequality.it) –:

   se non intendano, in considerazione delle circostanze sopra descritte in premessa e in virtù delle normative specifiche vigenti, adottare iniziative al fine di garantire una reale tutela degli equini, anche in considerazione dei limiti imposti, ma facilmente eludibili, dal decreto del Ministero della salute 30 settembre 2021 «Gestione e funzionamento dell'anagrafe degli equini»;

   se ritengano opportuno, alla luce della crescente sensibilità dei cittadini, e preso atto dell'evidente inefficacia dei controlli, di adottare le iniziative di competenza volte al riconoscimento dello status di «animale d'affezione» anche per gli equidi;

   se siano a conoscenza e possano fornire i dati della banca dati nazionale, in merito al numero di esemplari destinati al mattatoio, al numero di esemplari che sono esclusi dal circuito della macellazione, e al numero di cavalli non dpa a fine carriera;

   quali strategie intendano porre in essere nel breve e nel lungo periodo, a tutela dei diritti degli animali e della salute pubblica, con particolare riguardo agli equidi provenienti dall'Est Europa.
(3-00380)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'antibiotico amoxicillina è un farmaco di prima scelta per tutte le più comuni patologie infettive, efficace e ben tollerato con bassi rischi di effetti avversi. Indicata nel trattamento di faringotonsillite di SBEA (streptococco beta emolitico di gruppo A), otite e polmonite batterica, è molto utilizzato quale ausilio di primo intervento in età pediatrica e non solo. Tuttavia, dal mese di novembre 2022, la disponibilità di questo farmaco scarseggia;

   purtroppo, nelle more di questa carenza, risulta all'interrogante che si stiano prescrivendo alternative terapeutiche spesso inappropriate, con conseguenti rischi connessi agli effetti collaterali alle reazioni avverse. Pertanto, le associazioni di pediatri italiani, sotto le sigle ACP, SIP e FIMP, hanno rivolto un appello all'Agenzia Italiana del Farmaco, sollecitando iniziative volte ad affrontare il problema, tra cui la produzione da parte dello Stabilimento chimico militare;

   più specificamente, come evidenziato dalle società scientifiche e culturali pediatriche in oggetto, se a partire dal 2021 la carenza riguardava alcune formulazioni d'uso ospedaliero, come riconosciuto anche da Aifa, da alcuni mesi la carenza a livello territoriale riguarda tutte le formulazioni di amoxicillina. Perciò, si tratta di un grave e serio problema, e non solo per l'attività pediatrica delle cure primarie;

   più specificamente, come dichiarato alla stampa dal presidente dell'Associazione Culturale Pediatri, dottoressa Stefania Manetti: «Ci stiamo adeguando a una carenza sempre più cronica e diffusa, anche durante l'attuale epidemia di infezioni streptococciche che a sua volta ha acuito il problema della scarsa disponibilità e della inappropriatezza prescrittiva, con il rischio di trovarci di fronte a complicanze suppurative sempre più difficili da trattare, come già segnalato da alcuni reparti ospedalieri pediatrici»;

   nel corso dell'evento «C'è carenza di farmaci in Europa? Strategia per il fabbisogno delle materie prime», organizzato dal Centro Studi Americani in collaborazione con Edra, i maggiori esperti del settore farmaceutico hanno evidenziato che per arginare il problema della carenza dei farmaci serve una programmazione nel lungo periodo. In particolare, nel corso del dibattito il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato ha testualmente dichiarato che «Una nazione come l'Italia dovrebbe dotarsi di una strategia per essere indipendente su produzione di princìpi attivi ed eccipienti. È importante investire nella ricerca che al momento è affidata ad altri Paesi. Bisogna creare condizioni favorevoli per cui l'industria farmaceutica che investa in Italia» –:

   quali siano le iniziative intraprese dal Governo, da inizio legislatura, per rendere l'Italia indipendente sotto il profilo della produzione di princìpi attivi ed eccipienti e quali sono le strategie già adottate per creare le condizioni favorevoli affinché l'industria farmaceutica investi in Italia;

   quali siano le iniziative che il Ministro ha già adottato, nei mesi precedenti, per affrontare la carenza di amoxicillina;

   se, al fine di adottare iniziative efficienti affinché si sopperisca alla carenza di farmaci essenziali, il Ministro interrogato condivida l'opportunità di disporre la produzione di amoxicillina presso lo stabilimento chimico farmacologico militare, che annovera una rinomata tradizione nella realizzazione di prodotti farmacologici di primo soccorso;

   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato, nel perimetro delle proprie competenze, intende adottare al fine di garantire, in tempi rapidi, la disponibilità sul mercato dell'amoxicillina;

   se il Ministro interrogato condivida l'opportunità di predisporre un sistema di monitoraggio dei farmaci che dia informazioni trasversali e integrate tra produzione, distribuzione intermedia e farmacie sul territorio.
(5-00809)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAIORANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con riferimento alle liste di attesa per l'effettuazione di esami diagnostici e l'erogazione di prestazioni sanitarie, le strutture ospedaliere della Asl di Taranto soffrono da anni una situazione di criticità che costringe i cittadini del territorio ad aspettare tempi molto lunghi o a rivolgersi alla sanità privata, con costi considerevoli per l'economia delle famiglie;

   la situazione è stata poi aggravata dalla parentesi pandemica che ha ulteriormente allungato i tempi di erogazione di alcune prestazioni;

   si apprende da fonti di stampa che la Asl di Taranto avrebbe presentato un piano di recupero delle prestazioni ospedaliere non eseguite che prevede il recupero di 123.644 prestazioni di specialistica ambulatoriale, che corrispondono a 41.215 ore di lavoro, nonché 3.447 prestazioni in regime di ricovero o day service, per 6.981 ore di lavoro;

   a oggi, tuttavia, la situazione della Asl di Taranto presenta ancora gravi disservizi nell'erogazione delle prestazioni;

   in particolare, i tempi di attesa per il trattamento chirurgico delle patologie oncologiche presso l'Asl di Taranto superano di gran lunga i 30 giorni dalla diagnosi: una tempistica che rischia da una parte di mettere molti pazienti nella condizione non poter più essere operati e dall'altra di rendere inutili tutti gli accertamenti propedeutici all'intervento, che devono, quindi, essere ripetuti con ulteriore aggravio economico per gli utenti e un generale peggioramento della qualità assistenziale offerta;

   in sede di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, cosiddetto Milleproroghe, sono state previste risorse a sostegno delle misure per il recupero e lo smaltimento delle liste di attesa;

   pur rientrando la sanità nelle materie di competenza delle regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, tuttavia il Ministero della salute coordina l'Osservatorio nazionale sulle liste di attesa, il quale monitora i tempi di attesa e le sospensioni delle attività di erogazione, segnala criticità e supporta le regioni;

   tra i compiti dell'Osservatorio vi è, inoltre, quello di monitorare l'andamento degli interventi previsti nel Piano nazionale di Governo delle liste di attesa, quello di fornire indicazioni per uniformare i comportamenti e superare le diseguaglianze;

   all'interrogante risulta, ancora, essere stato attivato presso il Ministero della salute un tavolo di monitoraggio che segue le attività di recupero delle prestazioni non erogate –:

   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda verificare le criticità esposte in premessa che rendono inefficiente il servizio erogato dalle strutture Ospedaliere della Asl di Taranto e quali iniziative di competenza valuti di intraprendere, d'intesa con la regione Puglia, per risolvere una problematica che rappresenta una violazione del diritto alla salute per tanti concittadini.
(4-00964)


   ZANELLA. — Al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il prossimo 20 e 21 maggio 2023 a Milano si terrà «Wish for a baby», presentato nei siti come «primo evento gratuito interamente dedicato alla fertilità e alla genitorialità», una fiera della maternità in provetta e delle tecniche di procreazione assistita che si è già svolta in altre capitali europee, da Amsterdam, Parigi, Berlino, Colonia e Monaco;

   nel 2022 era previsto analogo evento «Un sogno chiamato bébé», che fu annullato in seguito alle proteste di molte associazioni femministe;

   la Gestazione per altri (GPA) ufficialmente non dovrebbe far parte della fiera ma il dubbio è forte se si tiene conto del fatto che alla analoga fiera «Désir d'enfant», che si è svolta a Parigi nel settembre 2021, la Gpa era ampiamente presentata nonostante che la sua pubblicizzazione sia vietata anche in Francia;

   secondo l'organizzazione internazionale Five senses Media Ltd, promotrice dell'evento, l'obiettivo è «quello di fornire informazioni accurate e complete sulle diverse opzioni di genitorialità» (sic!), rivolgendosi a chi ha appena intrapreso il percorso e a chi pensa di aver esaurito tutte le possibilità, far conoscere le più recenti tecniche di fecondazione in vitro, grazie alla presenza di rinomati professionisti, con relatori che discuteranno anche di come scegliere una clinica, dell'adeguatezza di un trattamento all'estero, di come gestire gli aspetti emotivi del trattamento e di come aumentare le possibilità di successo. Sarà possibile avere informazioni su consulenze legali, assicurazioni, ecc.;

   «Wish for a baby» è organizzata in collaborazione con cliniche per la fertilità che dichiaratamente si occupano di surrogacy, cioè di utero in affitto, quali IVF e Babble, che assicurano gravidanze e parti garantiti, nonché banche del seme e di ovuli (disponibilità, sicurezza, varietà e costi inferiori), prenotando una «consulenza personale» durante la fiera per accordarsi, sembrerebbe, anche per una surrogazione di maternità all'estero;

   stupisce come sia possibile che in Italia, dove è vigente la legge n. 40 del 2004 (articolo 12, comma 6) che vieta espressamente la surrogazione di maternità e la sua stessa pubblicità, possa essere organizzata e pubblicizzata una fiera come «Wish for a baby»;

   con tutta evidenza eventi come «Wish for a baby» servono a sostenere ed espandere un nuovo «mercato», senza che preventivamente si sia svolto un dibattito pubblico serio e approfondito sulla sua legittimità, mentre approda a Milano nel silenzio delle istituzioni;

   gli organizzatori dell'evento, utilizzando strumenti tipici del marketing e della pubblicità più accattivante, propongono di fatto una manifestazione con una idea di bambini trasformati in merce e del corpo delle donne in contenitore –:

   se non si ritenga che la Fiera «Wish for a baby» sia un evento il cui fine è l'organizzazione e pubblicizzazione di un mercato globalizzato della maternità, della commercializzazione di gameti e di embrioni e, sembrerebbe, della surrogazione di maternità, in quella che appare all'interrogante come una violazione dell'articolo 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004 e, in tal caso, se non ritenga che questo costituisca una ragione per evitarne lo svolgimento;

   se risulti che la fiera «Wish for a baby» del 20 e 21 maggio 2023 abbia usufruito di sovvenzioni dirette e/o indirette da parte di soggetti pubblici a sostegno dell'evento;

   quali iniziative si intendano assumere per implementare e garantire in modo diffuso ed omogeneo nel territorio nazionale l'accesso all'assistenza pubblica e qualificata, per la diagnosi precoce e cura delle malattie dell'apparato riproduttivo la prevenzione della sterilità, per promuovere, anche attraverso i Consultori familiari, informazione e assistenza riguardo ai problemi di sterilità e infertilità e alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, per informare sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare.
(4-00968)

SPORT E GIOVANI

Interrogazione a risposta orale:


   ZARATTI. — Al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   il 3 ottobre 2022 la AS Roma S.p.A., ha presentato a Roma Capitale, in qualità di soggetto proponente, uno studio di fattibilità per la realizzazione e gestione in Project Financing di un nuovo stadio di calcio in un'area di proprietà del Comune, in località Pietralata, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, comma 304 e 305, e dell'articolo 62 del decreto-legge n. 50 del 2017 convertito con modificazioni dalla legge n. 96 del 2017;

   il progetto per complessivi 153.600 metri cubi, interessa un'area di 16 ettari in località Pietralata, di proprietà di Roma Capitale, destinata dal vigente Piano Regolatore Generale a verde pubblico, per la quale la AS Roma chiede il diritto di superficie per 90 anni, trascorsi i quali l'infrastruttura realizzata verrà ceduta in proprietà a Roma Capitale;

   da quanto si apprende da organi di stampa, il Ministro interrogato avrebbe recentemente dichiarato: «Ogni stadio può e deve diventare una comunità energetica. È quello che stiamo immaginando per lo stadio Olimpico, dando un'indicazione chiara a Sport&Salute che ne è proprietario: immaginare una riqualificazione che passi dalla sostituzione dell'attuale copertura. Uno studio preliminare dimostra che in questo modo, oltre a restituirci un pezzo di visione di Monte Mario e valorizzare l'architettura dello stadio, è possibile produrre l'energia per alimentare tutto il Foro Italico. Con una spesa di 80 milioni di euro, lo faremo nel giro di due anni e sarà più di una dichiarazione d'intenti»;

   la Giunta comunale di Roma Capitale avrebbe recentemente approvato una delibera che formalizza la volontà da parte della città di Roma di ospitare gli Europei di Calcio 2032, con la sottoscrizione dei vari documenti necessari, tra cui l'Host City Agreement, per delineare le finalità e gli strumenti per sostenere nel migliore dei modi l'organizzazione dell'evento. In tale contesto per lo stadio Flaminio sarebbe prevista una ristrutturazione che lo porterebbe ad avere 25 mila posti a sedere al coperto, con un investimento fino a 80 milioni di euro, per la realizzazione di una «cittadella dello sport» che si allarghi fino all'ex galoppatoio di Villa Glori;

   in tale scenario appare del tutto inconcepibile, oltre che insostenibile, pensare di consumare ulteriori 16 ettari di territorio, 7,7 dei quali parte della rete ecologica cittadina, in una città che ne consuma in media 100 ettari l'anno, per la costruzione di un nuovo stadio che oltre a determinare forti ripercussioni sulla rete della viabilità locale in una zona ad alta densità abitativa, non in grado di sostenere i picchi di traffico originati, rappresenta un pesante fattore di disturbo della vicina struttura sanitaria dell'ospedale Sandro Pertini, anche considerando che il sistema trasportistico pubblico locale è totalmente inadeguato per garantire i flussi generati dal nuovo impianto sportivo e che il suo adeguamento, a servizio quasi esclusivo del nuovo stadio, sarebbe a carico del comune di Roma Capitale;

   continuano le forti proteste dei residenti che con la costruzione del nuovo stadio vedrebbero sottratta l'unica area verde del quadrante che rappresenta il solo polmone per decine di migliaia di cittadine e di cittadini romani –:

   se il Ministro interrogato non ritenga che per soddisfare le esigenze sportive delle due principali società di calcio della capitale SS Lazio e AS Roma, le stesse non possano servirsi stabilmente, anche in regime di concessione facendosi carico dei costi di ristrutturazione, delle strutture di cui dispone già la Capitale, senza la realizzazione di nuovi impianti con ulteriore consumo di suolo ed evitando che la città di Roma si trovi con 4 stadi di cui 2 pubblici completamente inutilizzati e quali iniziative intende assumere in tale direzione.
(3-00377)

TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   AURIEMMA, PENZA, MORFINO, AMATO e PAVANELLI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 21 aprile 2023 è stata presentata la nuova strategia di comunicazione del Ministero del turismo e della campagna di promozione dell'Italia nel mondo realizzata in collaborazione con ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo) «Open to Meraviglia». Lo slogan lanciato e l'intera progettazione è frutto del Gruppo Armando Testa, con un investimento previsto del Ministero del turismo per l'intero progetto di 9 milioni di euro;

   tralasciando gli effetti macchiettistici dell'operazione, nelle ore immediatamente successive alla presentazione, la campagna ha scatenato numerose polemiche e critiche, in particolare da addetti del settore. Infatti è stata prontamente riscontrata la mancata registrazione del dominio web col claim della campagna «Open to Meraviglia», che, come riportato dagli organi di stampa, nelle ore seguenti ha portato all'acquisizione del dominio da parte di un'agenzia di marketing privata del portale per soli 4 euro e 99 centesimi;

   inoltre viene evidenziato che le immagini che riprendono la Venere di Botticelli, non siano opera di creazione e rielaborazione ex-novo dell'opera del pittore fiorentino ma semplicemente l'apposizione del volto della Venere su immagini stock in vendita a pochi centesimi. Sempre nella presentazione dello spot, un regista triestino, ha notato come le riprese video che dovrebbero esaltare e promuovere le bellezze del nostro Paese sarebbero in realtà girate in Slovenia con il vino presente proveniente dalla cantina Cotar;

   come riportato da diverse testate, per la traduzione del portale, il Ministero si è affidato con un contratto triennale alla società Almawave, la quale ha fornito un servizio di traduzione automatizzata che nella versione tedesca ha tradotto le stesse città facendo diventare Brindisi in «Toast» (inteso come brindisi alcolico), Fermo in «Stillstand» (arresto, fermata), Cento in «Hundert» (centinaio), Scalea in «Treppe» (scale) o Camerino in «Gardrobe» (guardaroba). Per tale adeguamento sono stati usati i fondi del PNRR messi a disposizione per sviluppare digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo;

   si richiama, in proposito, che il costo dell'operazione è stato di 9 milioni d'euro –:

   se prima dell'affidamento ad una società esterna sia stata valutata la possibilità di avvalersi dei numerosi esperti del turismo già nominati e a disposizione dello stesso Ministero, senza impiego di ulteriori risorse;

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per contenere il danno d'immagine provocato dalla campagna.
(3-00376)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pastorella e altri n. 5-00607, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sottanelli.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'intesa in sede di Conferenza unificata tra Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio del 27 novembre 2014, all'articolo 8, ha definito le case rifugio quali «strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, con l'obiettivo di proteggere le donne e i loro figli e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica»;

   queste case rifugio devono essere strutture idonee a «garantire dignitosamente i servizi di accoglienza [...] garantire l'anonimato e la riservatezza [...] assicurare alloggio e beni primari per la vita quotidiana alle donne che subiscono violenza e ai loro figli [...] assicurare l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento Pari Opportunità nonché l'iscrizione negli appositi registri previsti dalla normativa regionale»;

   la casa rifugio, quali servizi minimi, «garantisce protezione e ospitalità alle donne e ai loro figli minorenni, a titolo gratuito, salvaguardandone l'incolumità fisica e psichica, per i tempi previsti dal percorso personalizzato [...] definisce e attua il progetto personalizzato volto alla fuoriuscita delle donne dalla violenza, provvedendo anche alla cura di eventuali minori a carico, nei tempi e con le modalità condivise con la donna accolta [...] opera in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza [...] deve fornire adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico nei confronti dei figli minori delle donne che subiscono violenza»;

   tutte queste attività, tuttavia, parrebbero messe a rischio dal fatto che la segretezza dell'indirizzo delle case rifugio verrebbe spesso violata, mettendo a repentaglio la vita delle donne e dei minori accolti, oltre a quelle del personale ivi impiegato;

   ciò, secondo quanto risulta all'interrogante, sarebbe causato da questioni burocratiche e amministrative, dovute, ad esempio, alla necessità di fornire indirizzi agli organi giudiziari, ovvero ai servizi sociali o alle strutture scolastiche;

   per quanto riguarda gli organi giudiziari, la violazione è estremamente pericolosa, in quanto gli avvocati di parte, una volta avuto accesso alla documentazione istruttoria, possono venire a conoscenza degli indirizzi delle vittime denuncianti che possono liberamente comunicare ai propri assistiti accusati delle violenze stesse; è evidente che in questo modo, le case rifugio potrebbero trasformarsi da luoghi sicuri a un chiaro bersaglio di vendette e violenza;

   in generale, si evidenzia che si rende necessaria l'adozione di un sistema che possa proteggere in maniera effettiva l'ubicazione delle case rifugio, ad esempio tramite l'adozione di codici alfa numerici quali identificativi delle case, in luogo degli indirizzi fisici, ovvero la possibilità di fornire, quale domiciliazione legale o comunque per il recapito della corrispondenza, gli indirizzi delle sedi centrali delle associazioni riconosciute impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne;

   si rende necessario a questo proposito un proficuo dialogo su questo specifico tema con i soggetti che, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, dell'intesa sopra richiamata, gestiscono le case rifugio –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di rendere effettivamente sicura l'ubicazione delle case rifugio.
(4-00515)

  Risposta. — In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, si rappresenta quanto segue.
  Il tema della tutela delle donne ospiti dei centri antiviolenza e delle case rifugio è una delle priorità del piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, in continuità con il piano strategico 2017-2020.
  Il piano intende consolidare e rilanciare le azioni volte a prevenire e contrastare la violenza maschile sulle donne e ad assicurare un'adeguata protezione delle vittime, coerentemente con quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul.
  A tal fine, il dipartimento per le pari opportunità ha promosso un importante lavoro di revisione dell'intesa del 27 novembre 2014, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bollano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio, prevista dall'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 luglio 2014. La nuova versione dell'Intesa è stata approvata in sede di Conferenza unificata in data 14 settembre 2022 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale del 25 novembre 2022.
  Il testo, elaborato dal dipartimento in stretta sinergia con gli enti locali e le associazioni di riferimento, ha l'obiettivo principale di ridefinire il
set minimo di requisiti dei centri antiviolenza e delle case rifugio.
  Rispetto all'Intesa del 2014, sono stati introdotti numerosi elementi di novità volti a garantire, tra l'altro, una tutela più efficace all'incolumità delle donne ospiti delle case rifugio nonché ai/alle figli/e minorenni. In particolare, anche la protezione della riservatezza e dell'anonimato viene potenziata sotto molteplici punti di vista.
  In primo luogo, all'articolo 8 dell'Intesa viene dettagliata la definizione di casa rifugio, al fine di includere ulteriori tipologie di ospitalità residenziale che prendano in considerazione, soprattutto, il livello di rischio a cui è esposta la donna e la fase in cui si trova nel percorso di fuoriuscita dalla violenza.
  Il diritto alla riservatezza e all'anonimato assume centralità nella nuova Intesa, tanto da essere inserito tra i «servizi minimi» che, ai sensi dell'articolo 11, le case rifugio devono garantire. Tali diritti vengono assicurati non più solo alle donne vittime di violenza, ma anche ai figli e alle figlie minori di queste ultime.
  In tal senso, al comma 5 dell'articolo 11, si specifica che gli incontri tra le vittime e i figli, eventualmente collocati presso altra struttura, debbano avvenire con modalità idonee a garantire condizioni di sicurezza e protezione.
  Altro aspetto rilevante è previsto all'articolo 10 della nuova Intesa che introduce espressamente il divieto di operare nelle case per le avvocate e le psicologhe che, nella loro libera attività professionale, svolgano ruoli a difesa degli uomini accusati e/o condannati per violenza e/o maltrattamenti. Tale preclusione ha la finalità di ridurre il rischio di dispersione di informazioni riguardo l'ubicazione delle donne vittime di violenza e mira a scongiurare possibili punti di contatto tra la vittima e l'autore di violenza.
  Con riferimento ai rapporti tra le case rifugio e i servizi amministrativi degli enti locali, l'Intesa prevede espressamente che debba essere garantita la sicurezza e la protezione delle donne, anche attraverso l'utilizzo di indirizzi fittizi volti ad evitare che le vittime di violenza possano in qualsiasi modo essere rintracciate.
  Anche l'attività di monitoraggio e rilevazione dati operata dalle case rifugio deve, ai sensi dell'articolo 12 della citata Intesa, garantire il rispetto dei princìpi di riservatezza e anonimato.
  Sono quindi numerosi gli elementi di novità introdotti del nuovo testo dell'Intesa che, da un lato, mira a incoraggiare l'inserimento abitativo, lavorativo e l'
empowerment nel percorso di uscita dalla violenza, dall'altro, intende potenziare gli strumenti volti a tutelare l'incolumità delle donne e dei figli assicurando sempre maggiore protezione e riservatezza per le ospiti delle case rifugio.
  In proposito, si evidenzia come con la riforma del processo civile, disposta dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, è stato introdotto un nuovo rito unificato in materia di stato delle persone, minorenni e famiglie, il quale contempla una apposita sezione dedicata ai casi di violenza di genere e domestica. In particolare, quanto all'oggetto dell'interrogazione, è stato previsto espressamente che nell'ambito di tali procedimenti «quando la vittima degli abusi o delle violenze allegate e inserite in collocazione protetta, il giudice, ove opportuno per la sua sicurezza, dispone la secretazione all'indirizzo ove essa dimora» (articolo 473-
bis, 42, quarto comma codice di procedura civile). Sempre al fine di proteggere le vittime di violenza e i minori, poi, si è previsto che nel procedimento in cui siano allegati abusi o violenze «il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti» (articolo 473-bis, 42, secondo comma codice di procedura civile); le parti non sono tenute a comparire personalmente in udienza, e comunque il giudice si astiene dal procedere al tentativo di conciliazione e dall'invitare le parti a rivolgersi ad un mediatore familiare (articolo 473-bis, 42, sesto comma codice di procedura civile); se riscontra la fondatezza delle allegazioni il giudice «adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore», e quando la vittima è inserita in collocazione protetta «il giudice può incaricare i servizi sociali del territorio per l'elaborazione di progetti finalizzati al suo reinserimento sociale e lavorativo». Ad ogni modo, si rappresenta, quale esempio di buona prassi, la decisione del Tribunale per i Minorenni di Napoli, che nell'ottobre 2021, su richiesta del Pubblico Ministero nel quadro di un procedimento ex articoli 330, 333 e 336 del codice civile, ha disposto la secretazione di tutte le informazioni inerenti al cambio di residenza di una donna e dei figli minorenni, ordinando all'ufficiale di Stato civile di secretare e rendere indisponibili per chiunque dette informazioni, se non previa autorizzazione scritta dello stesso Tribunale. Il citato provvedimento è stato adottato anche su segnalazione della divisione anticrimine della Questura di Napoli, che aveva proposto il maltrattante per la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, sottoponendo il medesimo alla misura una volta irrogata.
  In ogni caso su questo specifico tema si assicura la disponibilità al più ampio e costruttivo dialogo con i soggetti che gestiscono le case rifugio.

Il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità: Eugenia Maria Roccella.


   ASCARI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro della cultura, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 8 del 2016 ha provveduto a depenalizzare e trasformare in illeciti amministrativi una serie di reati considerati di minor allarme sociale, con l'obiettivo di deflazionare il sistema penale;

   tra le fattispecie depenalizzate previste nel codice penale è compresa quella degli atti contrari alla pubblica decenza (articolo 726 del codice penale);

   per diversi anni l'articolo 726 è stato utilizzato per sanzionare la pratica del naturismo, ma la sentenza della Corte di cassazione n. 3557 del 2000 afferma che il naturismo non sia assolutamente da considerare indecente, se praticato in luoghi adatti;

   dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 2016, sembrerebbe siano state elevate decine di sanzioni a ignari turisti che si trovavano a prendere il sole nudi in luoghi solitamente frequentati da naturisti;

   risulta, tra gli altri, che il giudice di pace di Cecina abbia accolto un ricorso proposto contro queste sanzioni, annullandole;

   la depenalizzazione degli atti contrari alla pubblica decenza, con trasformazione in illecito amministrativo, ha avuto effetti paradossali sulla pratica naturista;

   precedentemente gli atti contrari alla pubblica decenza erano un reato contravvenzionale, punito con l'ammenda: ricevuta la notizia di reato, il pubblico ministero spesso richiedeva al giudice l'archiviazione;

   attualmente, con la trasformazione in illecito amministrativo, la legge, oltre ad aver considerevolmente alzato la sanzione pecuniaria, ha reso più difficile, per chi colpito dalla sanzione, opporvisi, se non con costi quasi simili alla sanzione stessa per vie delle spese legali da sostenere;

   il numero di naturisti in Europa è attestato intorno ai 20 milioni di praticanti. In Italia, Paese nel quale non esiste una legge che regolamenti il nudismo, i naturisti si stimano siano circa 500.000. Diverse sono in questi anni le regioni che hanno approvato una legge in materia: Emilia-Romagna, Abruzzo, Veneto, Piemonte e Sardegna; in alcuni casi i comuni sono intervenuti con delibere di giunta o di consiglio comunale per individuare spiagge dedicate alla pratica del naturismo, come in Toscana, Sicilia, Veneto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare per evitare che, in sede di applicazione del decreto legislativo n. 8 del 2016 di depenalizzazione di alcuni reati, si sortisca il risultato del tutto paradossale di abbandonare quanto sancito da una giurisprudenza comunemente applicata, oramai favorevole alla cultura naturista, ritornando a sanzionare gravemente pratiche oggi riconosciute come lecite, diffuse e da sostenere, anche per il considerevole indotto economico e turistico in grado di apportare al Paese;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per chiarire modalità e modularità di applicazione delle sanzioni amministrative, riferite agli atti contrari alla pubblica decenza, in maniera da non colpire indebitamente coloro che praticano il naturismo;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche di tipo normativo, al fine di delineare un quadro giuridico volto a garantire l'esercizio della pratica naturista, senza il rischio di sanzioni, nel rispetto della pubblica decenza.
(4-00520)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, premessi brevi cenni sulla depenalizzazione operata con il decreto legislativo n. 8 del 2016 di una serie di fattispecie di reato considerate idonee a destare un minore allarme sociale, si sofferma sulle condotte già incriminate ai sensi dell'articolo 726 del codice penale (atti contrari alla pubblica decenza), in cui è stata fatta rientrare la pratica del naturismo, prima di un importante revirement della Corte di cassazione, in base al quale la stessa si sarebbe dovuta considerare non indecente, ove praticata in luoghi adatti, e segnala che «...dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 2016 sembrerebbe siano state elevate decine di sanzioni a ignari turisti che si trovavano a prendere il sole nudi in luoghi solitamente frequentati da naturisti; risulta, tra gli altri, che il Giudice di Pace di Cecina abbia accolto un ricorso proposto contro queste sanzioni, annullandole...».
  In particolare si domanda al Ministro della giustizia, al Ministro delle imprese e del Made in Italy, al Ministro della cultura e al Ministro del turismo «...quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare per evitare che, in sede di applicazione del decreto legislativo n. 8 del 2016..., si sortisca il risultato del tutto paradossale di abbandonare quanto sancito da una giurisprudenza comunemente applicata, oramai favorevole alla cultura naturista, ritornando a sanzionare gravemente pratiche oggi riconosciute come lecite, diffuse e da sostenere anche per il considerevole indotto economico e turistico in grado di apportare al Paese; quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per chiarire modalità e modularità di applicazione delle sanzioni amministrative, riferite agli atti contrari alla pubblica decenza, in maniera da non colpire indebitamente coloro che praticano il naturismo; quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche di tipo normativo, al fine di delineare un quadro giuridico volto a garantire l'esercizio della pratica naturista, senza il rischio di sanzioni, nel rispetto della pubblica decenza...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in risalto che effettivamente il giudice di pace di Cecina, nella sentenza n. 3 emessa in data 9 gennaio 2019 in sede di giudizio di opposizione avverso due ordinanze ingiunzione emesse dalla prefettura di Livorno ufficio territoriale di Governo per la ritenuta violazione dell'articolo 726 del codice penale accoglieva il ricorso tracciando il seguente percorso motivazionale: «...è circostanza pacifica tra le parti che la spiaggia di Fossa Camilla non sia spiaggia autorizzata per la pratica del naturismo...»; tuttavia, si deve nondimeno «...rilevare che dall'istruttoria documentale e testimoniale espletata risulta confermata la prospettazione dei fatti esposta da parte ricorrente, ovvero che da anni sulla spiaggia di Fossa Camilla si pratica il naturismo e che lo svolgimento di tale attività è fatto noto anche alle Autorità della zona. Le prove hanno anche dimostrato che su innumerevoli siti turistici la spiaggia di Fossa Camilla viene presentata come spiaggia dove poter praticare il naturismo ...Risulta quindi provato che la suddetta situazione abbia indotto i ricorrenti in buona fede e senza dolo e/o colpa a ritenere che Fossa Camilla fosse una spiaggia dove poteva essere praticato il naturismo. E poiché l'articolo 3 comma 1 della legge n. 689 del 1981 prevede che, nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa, ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa, il ricorso deve essere accolto...».
  In merito poi al parametro della proporzionalità della sanzione economica da irrogarsi rispetto alla gravità del fatto commesso, giova segnalare che con la sentenza n. 95 del 2022 la Corte costituzionale – pronunciandosi su di una questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice di pace di Sondrio, avente ad oggetto la conformità dell'articolo 726 del codice penale all'articolo 3 della Costituzione –, all'esito di un articolato ragionamento, ha rimodulato il trattamento sanzionatorio previsto, dichiarando l'articolo 726 del codice penale costituzionalmente illegittimo nella parte in cui puniva gli atti contrari alla pubblica decenza con la sanzione amministrativa pecuniaria «...da euro 5.000 a euro 10.000...» anziché «...da euro 51 a euro 309...». In particolare, muovendo dal consolidato principio in base al quale il canone della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell'illecito si applica anche al di fuori dei confini della responsabilità penale e in particolare nella materia delle sanzioni amministrative a carattere punitivo, la Corte costituzionale ha argomentato l'esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione da irrogarsi e la gravità dell'illecito commesso. In siffatta evenienza, infatti, la compressione del diritto diverrebbe irragionevole e non giustificata (confronta, anche, le sentenze della Corte costituzionale n. 185 del 2021, n. 112 del 2019, n. 212 del 2019, n. 88 del 2019 e n. 22 del 2018).
  Con riferimento all'articolo 726 del codice penale, pur riconoscendo l'ampio margine di discrezionalità di cui gode il legislatore nell'individuare la misura della sanzione correlata a ciascun illecito amministrativo, la Corte costituzionale ha rilevato che la norma non può sconfinare nella manifesta irragionevolezza, come avviene nella ipotesi in cui la scelta sanzionatoria sia macroscopicamente incoerente rispetto ai livelli medi di sanzioni amministrative previste per illeciti di simile o maggiore gravità («...sol che si confronti la sanzione per esso stabilita e quelle comminate, ad esempio, per illeciti amministrativi di assai frequente realizzazione come quelli previsti in materia di circolazione stradale, molti dei quali – lungi dal determinare mera molestia o fastidio nell'occasionale spettatore – espongono a grave pericolo l'incolumità e la vita stessa di altri utenti del traffico. Basti pensare che chi abbia superato con la propria auto di oltre 60 km/h il limite massimo di velocità consentita, magari nel mezzo di un centro abitato, è soggetto oggi a una sanzione amministrativa compresa tra 845 e 3.382 euro. Una tale disparità sanzionatoria non può non ingenerare, in chi risulti colpito da una sanzione così severa, il sentimento di avere subito una ingiustizia. Sentimento che ha le proprie radici proprio nel
vulnus avvertito a quel valore essenziale dell'ordinamento giuridico di un Paese civile, tutelato dall'articolo 3 della Costituzione, e rappresentato dalla coerenza tra le parti di cui si compone...»).
  Appare utile a questo punto riportare alcuni cenni sul rapporto tra l'articolo 726 del codice penale e la pratica del naturismo.
  Giova ricordare in proposito l'orientamento della Corte di cassazione a partire dalla sentenza n. 3557 del 2000, per il quale il nudo integrale, se praticato in luoghi riservati o frequentati solamente o prevalentemente da chi condivide il naturismo, non costituisce reato, poiché non offende la moralità o il pudore di chi osserva; nell'anno 2012 (confronta Cassazione, sentenza n. 28990/2012) la giurisprudenza di legittimità ha confermato la condanna inflitta a un bagnante che mostrava le sue parti intime in una spiaggia non riservata ai nudisti, sul rilievo che l'evolversi dei costumi in tempi recenti non ha portato a ritenere il nudo integrale come inidoneo a turbare la comunità e che lo stesso debba svolgersi in luoghi appositi e dunque con il consenso dei soggetti ivi presenti, così da non ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice.
  Ne consegue che il naturismo può essere regolarmente praticato solo in apposite aree a ciò adibite con provvedimento delle singole amministrazioni locali, che individuano con propri atti i siti in cui tale pratica è liberamente consentita.
  A conferma di ciò, l'articolo 7 del decreto legislativo n. 8 del 2016 individua nel prefetto l'autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione in caso di compimento di atti contrari alla pubblica decenza, ove sorretti dal necessario coefficiente psicologico costituito dal dolo o dalla colpa.

Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 10 febbraio 2021, il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha emanato un decreto ministeriale, al fine di aggiornare il controvalore in denaro del trattamento alimentare del personale militare;

   tale intervento si è reso necessario a causa dell'incremento del costo di mercato delle derrate alimentari, intervenuto nel periodo intercorso tra luglio 2018 e dicembre 2019;

   stando a quanto desumibile dalla nota tecnica allegata al menzionato decreto, il costo per il confezionamento di ciascun pasto per singolo militare ammonterebbe a circa 2,5 euro;

   si tratta di un aumento che ha messo in estrema difficoltà le caserme italiane che, a risorse invariate, non riescono a far fronte all'aumento –:

   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di adeguare tempestivamente il controvalore in denaro del trattamento alimentare del personale militare.
(4-00619)

  Risposta. — A premessa della risposta si rappresenta che la direzione generale di commissariato e di servizi generali della Difesa, dipendente dal segretariato generale della Difesa, ha, come definito dall'articolo 122 del Testo unico dell'ordinamento militare (TUOM), il compito istituzionale di approvvigionare il servizio di vettovagliamento a favore degli enti, distaccamenti, reparti e comandi (EDRC) del Ministero della difesa, mediante l'espletamento di procedure di gara. Nel caso dell'appalto in esame, mediante gara a procedura aperta sopra soglia comunitaria con il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell'articolo 95, comma 2 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice degli appalti), mantenendo un rigido protocollo di controllo del servizio, da parte della stazione appaltante.
  Il servizio di vettovagliamento si basa, nelle diverse tipologie di ristorazione (gestione diretta, gestione mista, gestione indiretta), su un capitolato tecnico con annesse tabelle merceologiche qualitative/quantitative delle derrate alimentari cui le ditte assuntrici del servizio devono attenersi nell'esecuzione del rapporto giuridico contrattuale presso ciascun EDRC.
  In esito all'esperimento di gara il pasto meridiano, si attesta mediamente su euro 4,53 per il
catering completo ed euro 5,16 per il catering veicolato, nel caso in cui i pasti debbano essere trasportati pronti per essere avviati alla somministrazione, senza aver subito processi di deterioramento.
  Per entrambi i suddetti importi euro 3,81 corrispondono al controvalore della «razione viveri ordinaria», come risulta dalla Nota tecnica allegata al decreto interministeriale Difesa/Ministero dell'economia e delle finanze del 2021, di seguito citato.
  Si rappresenta, altresì, che la medesima direzione generale svolge il ruolo di unità coordinatrice delle attività propedeutiche all'emanazione del «Decreto Interministeriale» (Difesa/Ministero dell'economia e delle finanze) relativo alle modalità del servizio di vettovagliamento ed alla determinazione del controvalore della razione viveri ordinaria e degli istituti alimentari accessori, ai sensi dell'articolo 546 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare), con il quale si aggiorna periodicamente il controvalore delle voci costituenti il trattamento alimentare del personale militare, adeguandolo agli indici inflattivi consuntivi.
  Tanto premesso, si osserva che il vigente decreto interministeriale Difesa/Ministero dell'economia e delle finanze con la relativa Nota tecnica, è stato emanato in data 10 febbraio 2021 ed ha regolamentato il controvalore delle razioni viveri e degli altri istituti del trattamento alimentare per gli esercizi 2019 e 2020, definendo altresì per l'anno 2020 e seguenti gli oneri finanziari sui pertinenti capitoli di bilancio, correlati alle varie forme di gestione diretta e indiretta del servizio di vettovagliamento.
  Per quanto riguarda l'anno 2022, è stato avviato, da parte della competente direzione generale, l'
iter della procedura per l'aggiornamento del decreto coordinando i principali attori delle Forze armate e l'Arma dei carabinieri, per i necessari indicatori logistici e coperture finanziarie.
  Al riguardo, si rende noto che, nel mese di gennaio, è stato riaperto il tavolo tecnico di lavoro allo scopo di verificare la necessità di un ulteriore aggiornamento alla luce degli indici inflattivi ufficiali (ISTAT).
  A conclusione delle predetta attività, è stato predisposto il nuovo decreto interministeriale, corredato di nota tecnica e delle relative schede finanziarie, sulla base della variazione dei prezzi al consumo (più precisamente con riferimento all'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività cosiddetta «NIC»), così come rilevata, per il periodo gennaio 2020-dicembre 2022 nell'ambito dei «prodotti alimentari e bevande analcoliche» con un aggiornamento complessivo di +16,38 per cento.
  È
in itinere il processo finalizzato alla sua emanazione.
Il Ministro della difesa: Guido Crosetto.


   CAROTENUTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Mario Paciolla, giovane cittadino italiano, fu trovato morto il 15 luglio 2020 nella sua abitazione a Villa Ferro, località San Vicente di Caguán, nel dipartimento meridionale colombiano di Caquetà;

   Paciolla era in Colombia in qualità di funzionario nell'ambito della seconda missione di verifica delle Nazioni Unite nel dipartimento di Caquetà, impegnato in un progetto di pace interno tra il governo locale e le Farc;

   ad agosto del 2020 sarebbe scaduto il contratto di Paciolla con l'ONU;

   secondo quanto si apprende da varie e autorevoli fonti la mattina del 15 luglio Paciolla avrebbe dovuto essere prelevato dalla sua abitazione dal rappresentante della sicurezza della missione ONU Christian Leonardo Thompson Garzón e da una collega, per portarlo a Florencia, dove avrebbe preso il volo per Bogotà; lì avrebbe trascorso cinque giorni prima della partenza definitiva per l'Italia. Al loro arrivo Mario non diede cenni. La collega, che si sarebbe fatta dare le chiavi dal padrone di casa, è stata mandata a controllare perché Mario non rispondeva più e lo ha ritrovato morto impiccato;

   dopo aver inizialmente trattato la morte come un caso di suicidio, l'ufficio del procuratore distrettuale colombiano aprì un'inchiesta per chiarire la tragica vicenda;

   i genitori di Mario Paciolla hanno raccontato a varie fonti di stampa: «Ci disse che voleva abbandonare la missione nell'immediato. Preparava i documenti necessari. In queste telefonate ha alternato momenti di serenità ad altri di forte timore. Senza giri di parole, ci ha detto che avrebbe portato con sé poche cose, anche se non sarebbe mai più tornato in Colombia, tantomeno con l'ONU»;

   inoltre si apprende che «i genitori di Mario hanno firmato e sporto denuncia, depositata in Colombia, nei confronti di due funzionari delle Nazioni Unite, tra cui lo stesso Thompson, e quattro poliziotti colombiani. La denuncia è per occultamento, alterazione e distruzione di prove. Nel caso dei due funzionari riguarda anche la violazione di domicilio e l'usurpazione di funzioni pubbliche. Dopo due anni la Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione della indagine. I pubblici ministeri romani, dopo aver aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti, non avendo ottenuto elementi concreti a verifica di questa ipotesi, hanno stabilito che la strada più accreditata resta quella del gesto volontario. I legali dei famigliari hanno già depositato l'opposizione alla richiesta di archiviazione, chiedendo la prosecuzione delle indagini preliminari e ora si attende la pronuncia del giudice.» (fonte: www. iltascabile.com del 19 gennaio 2023);

   sulla morte del funzionario delle Nazioni Unite Mario Paciolla in Colombia è stata presentata anche un'interrogazione al Parlamento europeo con richiesta di risposta scritta P-004338/2020 del 22 luglio 2020 al vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza;

   a tutt'oggi non si comprende perché un giovane, descritto da chiunque l'abbia conosciuto come una persona appassionata, vulcanica, vitale e competente, avrebbe deciso di suicidarsi a pochi giorni dal rientro in Italia, con tutte le pratiche per il viaggio già espletate. Finora non sono emersi argomenti solidi che avvalorino tesi di suicidio –:

   di quali ulteriori elementi disponga il Governo con riferimento allo stato e all'eventuale esito delle indagini svolte in Colombia sulla morte del giovane Mario Paciolla;

   quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso e quali ulteriori iniziative intenda intraprendere – in tutte le sedi deputate ed opportune –, anche in accordo con le competenti autorità giudiziarie straniere, per fare piena luce sulle reali cause e sulle circostanze di questa morte violenta tuttora priva di spiegazioni, anche in considerazione dell'importante ruolo ricoperto dal giovane Paciolla nella missione di verifica delle Nazioni Unite che svolgeva in Colombia.
(4-00344)

  Risposta. — Carmine Mario Paciolla è stato trovato senza vita il 15 luglio 2020 nella sua abitazione a San Vincente del Caguán, in Colombia, dove lavorava come cooperante nella missione di verifica ONU dal 20 agosto 2018.
  L'Ambasciata italiana a Bogotà, in stretto raccordo con la Farnesina, ha seguito la vicenda con la massima attenzione, stabilendo e mantenendo nel tempo un costante contatto con i familiari del connazionale e con i loro legali, con la missione di verifica delle Nazioni Unite in Colombia e con tutte le autorità locali competenti.
  Le indagini dell'autorità giudiziaria colombiana sono proseguite per tutta la prima metà del 2022, per poi giungere ad una conclusione alla fine di agosto 2022. Le modalità di rinvenimento del corpo hanno sin da subito indotto la Polizia colombiana a formulare l'ipotesi del suicidio. Anche la procura della Repubblica di Roma ha aperto un fascicolo sulla vicenda e la missione ONU in Colombia ha condotto indagini interne sull'accaduto.
  La Farnesina ha costantemente interessato le autorità coinvolte. Il caso è stato sollevato nel corso di colloqui telefonici con la Ministra degli esteri colombiana e con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE Josep Borrell. La vicenda è stata inoltre affrontata più volte con il Segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres, nel corso di un colloquio telefonico, in occasione dell'apertura della settimana di Alto livello della 75a Assemblea generale dell'ONU e in un incontro a margine della 76a Assemblea generale, per ribadire l'attenzione italiana prestata alla vicenda e la richiesta di collaborazione delle stesse Nazioni Unite per la ricerca della verità.
  In occasione delle consultazioni bilaterali tra Italia e Colombia, il 28 settembre 2021, la Farnesina ha sollevato ulteriormente la vicenda, richiedendo la conferma della cooperazione giudiziaria tra autorità inquirenti.
  Sono state effettivamente intense la collaborazione e l'interlocuzione tra la procura della Repubblica di Roma e la magistratura colombiana, e con l'Ufficio affari legali delle Nazioni Unite (Office of legal affairs, OLA), il quale ha regolarmente riscontrato le quattro richieste di assistenza giudiziaria formulate dall'autorità giudiziaria italiana.
  In particolare, l'attività di cooperazione tra la procura di Roma e l'omologa colombiana si è concretizzata nell'espletamento di varie rogatorie avanzate da parte italiana, risultate tutte evase dalle autorità giudiziarie di Bogotà, oltre che in diverse occasioni di dialogo bilaterale sia in missione in Colombia sia in videoconferenza.
  L'ultima riunione in videoconferenza si è tenuta il 31 agosto 2022, in occasione della quale la procura colombiana ha informato l'omologa italiana di aver assunto la determinazione di archiviare il caso, in quanto a giudizio di Bogotà non sono emersi elementi tali da poter avvalorare l'ipotesi di un evento delittuoso. L'autorità giudiziaria colombiana ha edotto di tali risultanze il legale in loco dei familiari del connazionale e ha al contempo trasmesso copia dell'intera documentazione investigativa alla procura della Repubblica di Roma, la quale, il 19 ottobre 2022, ha richiesto l'archiviazione della vicenda.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Giorgio Silli.


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   l'area del parco dell'Inviolata, nel Comune di Guidonia Montecelio (RM), è stata recentemente oggetto di una proposta di intervento per manutenzione straordinaria di Via dell'Inviolata, strada che attraversa interamente detto Parco. Tale proposta è stata avanzata presso la Città Metropolitana di Roma che aveva assentito, in data 23 febbraio 2021, all'esecuzione di detti lavori;

   con successiva diffida prot. n. MiBACT_SABAP-MET-RM 26/02/2021 – 0001507-A-A01, la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti intimava all'autorità procedente di non dare corso ai lavori approvati in virtù della presenza di un vincolo paesaggistico di cui al decreto ministeriale 16 settembre 2016 di natura paesaggistica ed archeologica ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, precludendo ogni sorta di intervento modificativo dell'assetto dei luoghi e prescrivendo il divieto di realizzare strade carrabili ulteriori nonché di modificare quelle esistenti senza preventivo parere di compatibilità con il vincolo;

   le modalità di intervento previste dal progetto includevano infatti la realizzazione di manto bituminoso di finitura della strada, intervento non conforme e non consentito a quanto previsto dal citato decreto ministeriale di istituzione di vincolo paesaggistico ed archeologico;

   in una successiva proposta di intervento sulla strada in oggetto l'intervento veniva ridefinito e limitato alla sola rimozione dei rifiuti presenti ai lati del primo tratto di Via dell'Inviolata e ripianamenti del fondo stradale senza più prevedere la stesura di manto bituminoso;

   il 4 ottobre 2022, il Ministero della cultura – soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti – ha espresso parere favorevole preventivo ai sensi delle norme del decreto ministeriale del 16 settembre 2016, stabilendo una serie di prescrizioni con nota prot. MIC-SABAP-MET-RM – 04/12/2022 – 0020686-P;

   tra le prescrizioni previste dal parere è richiesto l'uso di riempimento di avvallamenti con materiale naturale escludendo l'uso di materiali cementizi. Ripristinato il fondo stradale in terra battuta, il medesimo dovrà essere coperto da uno strato di materiale inerte livellato;

   alcune narrazioni giornalistiche riportano tale autorizzazione all'intervento come passo in avanti verso la messa in esercizio di impianti ricadenti nell'area di paesaggio agrario di rilevante valore e individuati come ambiti di recupero e valorizzazione paesistica ai sensi del citato decreto ministeriale istitutivo di vincolo, sebbene l'intervento approvato non permetta in alcun modo la pratica possibilità di aprire tale tratto stradale ad un consistente traffico veicolare di mezzi pesanti;

   con ordinanza ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a fronte di criticità nella gestione dei rifiuti nel territorio di Roma Capitale, è stata prevista una serie di azioni finalizzate al collaudo dell'impianto di trattamento meccanico biologico situato nel territorio di Guidonia Montecelio (RM) – località Inviolata;

   considerato che l'applicazione di un vincolo ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 non può essere in alcun modo subalterna all'adozione di ordinanze o di atti relativi alla pianificazione territoriale regionale, oggetto appunto di legislazione concorrente in materia di governo del territorio, è doveroso verificare il rispetto di quelle norme previste da tale vincolo al fine di chiarire in maniera esplicita quali interventi siano ammissibili nel contesto in oggetto –:

   se, alla luce di quanto stabilito dal citato decreto ministeriale del 16 settembre 2016, volumi elevati di traffico veicolare di mezzi pesanti scaturiti dalla citata ordinanza siano conformi alle norme tecniche previste dal vincolo paesaggistico ed archeologico.
(4-00150)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante ha richiesto informazioni relative ai procedimenti avviati dalla Città metropolitana di Roma Capitale finalizzati a consentire l'accesso all'impianto per il trattamento meccanico-biologico dei rifiuti (cosiddetto T.M.B.), sito in Via dell'Inviolata (strada provinciale 17/A) – Guidonia Montecelio. In particolare, l'interrogante chiede se i volumi elevati di traffico veicolare di mezzi pesanti scaturiti dall'ordinanza emanata, ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, dal Sindaco della Città metropolitana di Roma Capitale, per l'attivazione del citato impianto per il trattamento dei rifiuti, siano conformi alle norme tecniche previste dal vincolo paesaggistico e archeologico gravante sull'area.
  Preliminarmente, si richiamano le norme di tutela paesaggistico/archeologica cui è sottoposta l'area in cui ricade il settore stradale oggetto d'intervento:

   1) Dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettera c) e d) del codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto interessata dalle previsioni del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo del 16 settembre 2016, recante la «Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area “Tenute storiche di Tor Mastorta, di Pilo Rotto, dell'Inviolata, di Tor dei Sordi, di Castell'Arcione e di alcune località limitrofe” nel comune di Guidonia Montecelio»;

   2) Vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera f) del Codice dei beni culturali e del paesaggio in quanto compresa nel perimetro del Parco regionale archeologico naturale dell'Inviolata, istituito con legge regionale del Lazio n. 22 del 1996.

  Inoltre, in base alle previsioni del piano territoriale paesistico regionale del Lazio (approvato con deliberazione del Consiglio regionale del Lazio n. 5 del 2021), l'area in questione è classificata come «Paesaggio naturale agrario», per il quale valgono le relative prescrizioni.
  Ciò premesso, si rileva che, sebbene le norme di tutela paesaggistica imposte dal decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo del 2016 sopra richiamato non prevedano un espresso divieto al transito veicolare «intensivo» sulla viabilità interna al comprensorio tutelato (prevedendosi, esclusivamente, il divieto di realizzare nuove strade carrabili e/o di ampliare quelle esistenti), la normativa di salvaguardia posta dal Parco regionale archeologico naturale dell'Inviolata pone significative limitazioni alla viabilità interna al relativo perimetro.
  Da ultimo, infatti, l'ente parco ha trasmesso alla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, nonché al comune di Guidonia Montecelio, la deliberazione del consiglio direttivo n. 4 del 19 gennaio 2023 recante «Approvazione disciplinare per rilascio di permesso di transito nel parco regionale archeologico naturale dell'inviolata».
  Ai sensi dell'articolo 4 del suddetto disciplinare, «in attuazione di quanto sopra e della Legge n. 41 del 1989 e successive modificazioni e integrazioni e delle disposizioni previste dal regolamento del PNR dei Monti Lucretili, le autorizzazioni di cui sopra [i.e. le autorizzazioni al transito veicolare] saranno quindi rilasciate per i mezzi necessari alla conduzione di attività agro-silvo-pastorali, agrituristiche, nonché per gli autoveicoli o autovetture dei residenti e comunque con osservanza delle prescrizioni di cui alla LR 29/87 “Disciplina della circolazione fuoristrada dei veicoli a motore” nonché per mezzi motorizzati per uso di invalidi rientranti tra gli ausili medici secondo le vigenti disposizioni comunitarie». Il disciplinare prevede, inoltre, all'articolo 12 che «le limitazioni di cui ai precedenti commi non concernono i mezzi delle Forze di Polizia, dell'Ente Parco e della Protezione Civile, non concernono, altresì, chi abbia necessità di accedere per ragioni di soccorso e di servizio antincendio».
  Pertanto, sebbene le prescrizioni di tutela paesaggistica contenute nelle norme d'uso allegate al decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo del 16 settembre 2016 non precludano – quanto meno in via diretta – il libero transito veicolare nel tratto di via dell'Inviolata interno al comprensorio sottoposto a tutela paesaggistica, le norme di tutela naturalistica poste dal parco archeologico dell'Inviolata (che assurgono a disposizioni di tutela paesaggistica, in ragione di quanto previsto dall'articolo 142, comma 1 lettera
f) del Codice dei beni culturali e del paesaggio) limitano il transito sulla carreggiata ai veicoli motorizzati, consentendolo esclusivamente a specifiche categorie di utenti, tra le quali non risultano compresi i mezzi di servizio dell'impianto trattamento meccanico-biologico dei rifiuti che si intende attivare.
  Di conseguenza, i volumi di traffico che verrebbero a determinarsi a seguito dell'attivazione dell'impianto lungo via dell'Inviolata si porrebbero in contrasto con le norme di salvaguardia del Parco.
  Alla luce di quanto innanzi, la soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti si sta attivando per concordare un incontro con l'ente parco competente e con il comune di Guidonia Montecelio, finalizzato ad esaminare le problematiche ambientali e paesaggistiche legate ai lavori di sistemazione della strada provinciale 17/A via dell'Inviolata e a individuare eventuali iniziative volte ad assicurare il rispetto delle norme vigenti sull'area.

Il Sottosegretario di Stato per la cultura: Vittorio Sgarbi.


   GALLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   in data 22 giugno 2015, il Consiglio affari esteri dell'Unione europea ha avviato ufficialmente l'operazione «European Union Naval Force in the South Central Mediterranean Sophia» a guida italiana, allo scopo principale di contrastare il traffico illecito di esseri umani e, più in generale, il ritorno della stabilità e della sicurezza in Libia;

   in data 31 marzo 2020, contestualmente al termine dell'operazione Sophia, il Consiglio dell'Unione europea ha varato una seconda operazione militare aeronavale per la sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale «European Union Naval Force in the South Central Mediterranean Irini» al fine di assicurare il rispetto della risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza dell'ONU che dal 2011 vieta il traffico di armi da e per la Libia;

   l'operazione Irini fu istituita con un mandato iniziale della durata di un anno, salvo poi, per stessa decisione del Consiglio dell'Unione europea il 26 marzo 2021, prorogare il mandato dell'operazione fino al 31 marzo 2023;

   predetta operazione ha inoltre, per sua stessa natura, una forte connotazione internazionale ed interforze e, quindi, le componenti impiegate si formano di personale italiano ed estero di tutte le forze armate; all'operazione partecipano attualmente, con contributi di diversa natura, 24 Stati membri dell'Unione europea;

   come riportato all'interno della «Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2021, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2022» – Doc. XXVI n. 5 – presentata dal Ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D'Incà, il trattamento economico spettante al personale italiano impiegato nell'ambito di tale operazione è attualmente determinato secondo il «compenso forfettario d'impiego»;

   ad avviso dell'interrogante è necessario sottolineare come tale tipologia di trattamento economico corrisposto al personale italiano impiegato nell'operazione Irini sembri determinare una disparità tra la componente nazionale e quella estera, alla quale è invece riconosciuta l'indennità di missione, un trattamento economico superiore rispetto al compenso forfettario d'impiego;

   in particolare, in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, all'articolo 9, comma 3, dispone che al personale impiegato in esercitazioni o in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro continui ad essere corrisposto il compenso forfettario di impiego per un periodo non superiore a 120 giorni all'anno; il mandato impartito alle forze militari italiane nell'operazione Irini, della durata di molteplici mesi senza soluzione di continuità, sembra comportare un importante rischio che il predetto limite di 120 giorni all'anno non venga rispettato –:

   se il Governo intenda chiarire le circostanze che hanno determinato tale disparità di trattamento economico tra il contingente italiano ed il personale estero in servizio ed eventualmente quali iniziative il Governo intenda intraprendere anche alla luce di quanto riportato in premessa.
(4-00496)

  Risposta. — A premessa della risposta si precisa che il trattamento economico del personale impiegato in missioni internazionali è disciplinato dalla legge 21 luglio 2016, n. 145, recante «Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali», che prevede una gradualità nell'attribuzione delle misure economiche in relazione al rischio e al disagio cui il personale è esposto, sia tra missioni differenti che nell'ambito della stessa missione.
  In aggiunta allo stipendio e alle indennità operative, vengono corrisposti, in alternativa:

   l'indennità di missione, cosiddetto di contingentamento, giusta articolo 5, comma 1, della legge n. 145 del 2016, con decorrenza dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati (Stati terzi) e fino alla data di uscita dagli stessi per il rientro nel territorio nazionale per la fine della missione, al personale che partecipa alle missioni internazionali, per tutta la durata del periodo;

   il compenso forfetario d'impiego, giusta articolo 6, comma 1, della legge n. 145 del 2016, in deroga ai limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, al personale militare delle unità navali impiegate nelle missioni internazionali, nonché al personale militare impiegato nei dispositivi preposti alle funzioni operative di comando e controllo delle stesse missioni, anche se ubicati in territorio nazionale, quando non è prevista la corresponsione dell'indennità di missione, ai sensi dell'articolo 5 (esempio acque internazionali).

  Tanto chiarito, si precisa che la missione IRINI è un dispositivo aero-navale che promana dal concetto europeo di Common security and defence policy in cui, fatta salva l'ipotesi di invito ad intervenire da parte dello Stato terzo, non è contemplata alcuna violazione degli spazi territoriali di Stati terzi.
  In tale ottica, il mandato affidato al dispositivo aero-navale della missione IRINI si svolge esclusivamente in «alto mare».
  Le unità navali, peraltro, svolgono le soste operative in territorio italiano e nel caso di sequestri di armi provvedono agli sbarchi in territorio dell'Unione europea, attualmente francese.
  In relazione a quanto precede, si ritiene, senza che ciò comporti alcuna ipotesi di disparità, che al personale della missione IRINI sia legittimo corrispondere il compenso forfettario di impiego in deroga al tetto annuo di 120 giorni, per tutte le attività svolte in «alto mare», fatto salvo l'eventuale e non programmabile cambio di regime
ex articolo 5, comma 1, della legge n. 145 del 2016, qualora i citati assetti entrino in territorio straniero per le attività connesse al mandato ricevuto dall'organizzazione internazionale.
Il Ministro della difesa: Guido Crosetto.


   GUERRA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia di stampa DIRE, il 22 febbraio 2023, ha riportato la storia di un bambino di sette anni che, all'età di quattro, avrebbe riferito alla madre di abusi sessuali paterni. Le lesioni fisiche riscontrate sarebbero risultate compatibili con quanto riferito, ma non in modo risolutivo, potendo avere anche altre cause. Le notizie di reato sarebbero state quindi archiviate;

   il bambino avrebbe confermato gli stessi fatti, all'età di sei anni, durante una Ctu volta a valutare i genitori nel procedimento di affido pendente dinanzi al tribunale ordinario di Napoli;

   il bambino, affetto da una patologia genetica, rifiuterebbe gravemente il padre, reagendo con atteggiamenti di enorme paura quando deve entrare in contatto con lui, tanto da avere attacchi di panico ed enuresi così da necessitare, a volte, l'intervento del pronto soccorso;

   come da prassi processuali diffusesi negli ultimi 15 anni, la Ctu avrebbe interpretato il rifiuto grave nei confronti del padre come frutto di una manipolazione materna, come prevede la cosiddetta teoria della «alienazione parentale», o Pas, spesso ridefinita «simbiosi», «conflitto di lealtà o fedeltà»;

   il costrutto della Pas è stato però ripetutamente condannato dalla Comunità scientifica internazionale, dall'Onu, dall'Europarlamento, e in Italia, fra l'altro, dalla Corte di cassazione n. 7041 del 2013 che lo considera una pericolosa strategia processuale, per imporre al bambino il riallineamento paterno, basata su una falsa patologia mai accolta nel DSM 5, né più di recente nell'ICD 11;

   nel caso specifico, sarebbero stati effettuati passi prodromici all'allontanamento del minore dalla madre con cui vive serenamente. Sarebbe stato attivato il monitoraggio dei servizi sociali e il curatore speciale per i minori, nominato dal tribunale, avrebbe richiesto l'allontanamento radicale del bambino dalla madre;

   ciò nonostante non risultino comportamenti inappropriati della madre, che tenterebbe in ogni modo di attuare i contatti paterni, rifiutati dal bambino;

   il curatore speciale avrebbe chiesto al giudice la secretazione degli atti inerenti il prelievo del minore, evidentemente per facilitarne l'attuazione, con evidente lesione di diritto di difesa suo e della madre;

   nella udienza del 28 febbraio 2023 è previsto siano audite le zie paterne del bambino, forse individuate come collocatarie del minore;

   il minore non sarebbe stato ascoltato dal giudice;

   l'agenzia DIRE riporta anticipazioni sui risultati di una pubblicazione scientifica che conferma i dati in parte già accertati dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nel 2022 circa la grave difficoltà del nostro sistema giudiziale a riconoscere violenza domestica e abusi incestuosi sui minori;

   la cosiddetta riforma Cartabia prevede che nei procedimenti di affido vengano considerate, oltre alle condanne e alle denunce, le semplici allegazioni di comportamenti genitoriali violenti e che il giudice debba personalmente ascoltare il minore, assumendo le necessarie informazioni sulla violenza subita/assistita da lui raccontata. Diritto sancito anche dalle Convenzioni di New York e di Strasburgo –:

   se siano a conoscenza della vicenda richiamata in premessa e se ritengano di valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive, in particolare con riferimento all'ascolto del minore;

   se ritengano di adottare iniziative normative affinché nei procedimenti in questione sia salvaguardato prioritariamente il diritto del minore di vedere tutelati il proprio ambiente familiare e la propria sicurezza, evitando ulteriori rischi di traumatizzazione o ritraumatizzazione;

   se intendano intraprendere o comunque sostenere iniziative normative affinché i minori non vengano affidati o collocati presso genitori o loro famigliari di cui raccontino abusi e violenze, manifestando grave paura nei confronti degli stessi.
(4-00581)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante sottopone all'attenzione del Ministro della giustizia e del Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità quanto riportato dall'agenzia di stampa Dire in relazione alla vicenda di un bambino di sette anni che, all'età di quattro, avrebbe riferito alla madre di avere subito abusi sessuali ad opera del padre, confermando «...gli stessi fatti all'età di sei anni durante un ctu volta a valutare i, genitori nel procedimento di affido pendente dinanzi al tribunale ordinario di Napoli...», e domanda «...se siano a conoscenza della vicenda...e se ritengano di valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive, in particolare con riferimento all'ascolto del minore; se ritengano di adottare iniziative normative affinché nei procedimenti in questione sia salvaguardato prioritariamente il diritto del minore di vedere tutelati il proprio ambiente familiare e la propria sicurezza, evitando ulteriori rischi di traumatizzazione o ritraumatizzazione; se intendano intraprendere o comunque sostenere iniziative normative affinché i minori non vengano affidati o collocati presso genitori o loro famigliari di cui raccontino abusi e violenze, manifestando grave paura nei confronti degli stessi...».
  Al riguardo deve essere innanzitutto segnalato che – secondo quanto posto in risalto dalla Direzione generale dei magistrati del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero nella nota estesa in data 14 aprile 2023 – la presidenza della Corte di appello di Napoli non è riuscita a fornire le informazioni a lei domandate in merito alla vicenda tratteggiata nell'atto di sindacato ispettivo in quanto lo stesso non contiene elementi sufficienti per giungere alla individuazione del procedimento pendente dinanzi al tribunale di Napoli.
  Siffatti elementi, d'altronde non possono essere evinti neppure dal richiamato articolo di stampa dell'agenzia Dire, nel quale si è sottolineato che al minore è stato attribuito il nome di fantasia di Mattia.
  Su di un piano più generale, va ricordato che l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu) e l'articolo 337-
ter del codice civile riconoscono il diritto del minore alla bigenitorialità, ossia il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
  Ogni provvedimento concernente i minori deve tendere a salvaguardare il loro interesse superiore e pertanto nella materia di cui si discute non è possibile ricorrere a valutazioni astratte, «...occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell'interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione alla esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale...» (Cassazione, sezione I, ordinanza n. 27140 del 6 ottobre 2021).
  La giurisprudenza di legittimità insegna, quindi, che «...il diritto alla bigenitorialità è anzitutto un diritto del minore prima ancora che dei genitori e deve essere quindi necessariamente declinato attraverso modalità concrete dirette a realizzare
in primis il miglior interesse del minore. Il diritto del singolo genitore a consolidare rapporti continuativi e significativi con il figlio minore assume carattere recessivo se l'interesse di quest'ultimo non sia garantito nella fattispecie concreta...» (Cassazione, sezione I, ordinanza n. 9691 del 24 marzo 2022). La Corte di cassazione ha recentemente ribadito che «...la violazione del diritto alla bigenitorialità da parte del genitore che ostacoli i rapporti del figlio con l'altro genitore e la conseguente necessità di garantire l'attuazione di tale diritto non impongono necessariamente l'adozione di una pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale e l'allontanamento del minore dalla sua residenza, trattandosi di misure estreme che, in quanto aventi come effetto la rescissione di ogni rapporto giuridico, morale e affettivo con il figlio, presuppongono, conformemente al superiore interesse del minore, una preventiva verifica in ordine alla concreta praticabilità di interventi più limitati, volti a evitare il trauma derivante dal brusco e definitivo abbandono del genitore con cui il minore ha sempre vissuto e la correlata lacerazione di ogni consuetudine di vita...» (Cassazione, sezione I, ordinanza n. 142 del 4 gennaio 2023).
  L'ordinamento già oggi contempla quale obiettivo prioritario la salvaguardia del «...diritto del minore di vedere tutelati il proprio ambiente familiare e la propria sicurezza...»: da un lato, infatti, non può essere imposta al minore la frequentazione con uno dei genitori, quando ciò sia contrario al suo interesse; dall'altro lato, non pare possibile prevedere a priori, in via generale e astratta, un divieto di collocamento del minore presso il genitore o il familiare che sia stato accusato di abusi o condotte violente, dovendo anche in questa ipotesi essere accertato quale sia, in concreto e con riguardo al singolo minore e alle vicende che lo hanno interessato, il superiore interesse di costui.
  Quanto alle modalità attraverso le quali assicurare il perseguimento del
best interest del minore, si osserva che il decreto legislativo del 10 ottobre 2022 n. 149, con cui è stata data attuazione alla legge delega per la riforma del processo civile, ha introdotto uno specifico rito unificato destinato a regolare tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare (articoli 473-bis e seguenti del codice di procedura civile), prevedendo una sezione specificamente dedicata ai casi in cui siano allegati abusi familiari e violenze domestiche o di genere.
  In particolare, le nuove disposizioni si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023 e prevedono, per quanto qui interessa:

   che a tutela dei minori il giudice possa di ufficio adottare i provvedimenti opportuni anche in deroga all'articolo 112 del codice di procedura civile, e quindi anche in assenza di una specifica domanda di parte, e possa disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, purché nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria (articolo 473-bis.2 del codice di procedura civile);

   che il minore che abbia compiuto dodici anni (o anche di età inferiore, ove capace di discernimento) debba essere ascoltato dal giudice in tutti i procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, salvo che l'ascolto sia contrario all'interesse del minore stesso (articolo 473-bis.4 del codice di procedura civile);

   che quando il minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori e quando siano allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l'altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con i parenti, il giudice proceda all'ascolto senza ritardo, assuma sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e possa disporre l'abbreviazione dei termini processuali (articolo 473-bis.6 del codice di procedura civile);

   che il giudice nomini al minore un curatore speciale, nei casi (tra gli altri) in cui sia chiesta la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza dell'altro o quando dai fatti emersi nel procedimento venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori (articolo 473-bis.8 del codice di procedura civile);

   che nel caso in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori, il giudice proceda personalmente e senza ritardo all'ascolto del minore, evitando ogni contatto con la persona indicata come autore degli abusi o delle violenze (articolo 473-bis.45 del codice di procedura civile) e, all'esito dell'istruzione, se ravvisi la fondatezza delle allegazioni adotti i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui gli ordini di protezione, e disciplini il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza (articolo 473-bis.46 del codice di procedura civile).
Il Ministro della giustizia: Carlo Nordio.


   IEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in un editoriale del direttore di Libero dal titolo «Anche a Cairo e al suo Corriere i soldi pubblici non fanno schifo» si apprende delle diverse forme di finanziamento del principale quotidiano italiano;

   in particolare l'articolo di Libero, precisa che il fondo per l'editoria, cui accedono tutte le testate, non è l'unico finanziamento pubblico a giornali ed editori;

   come noto, i contributi all'editoria si dividono in misure di carattere diretto consistenti in finanziamenti a fondo perduto erogati direttamente nei confronti delle singole imprese editrici e di carattere indiretto relative a modalità di sostegno che non determinano erogazioni finanziarie a fondo perduto, pur andando a beneficio delle singole imprese editrici;

   il Corriere della Sera, come gli altri quotidiani, incassa dallo Stato cinque centesimi di euro per ogni copia venduta oltre il credito d'imposta concesso – sempre a tutte le testate – per l'acquisto della carta;

   sempre il Corriere della Sera, viene ricordato nel summenzionato articolo di Libero, ha goduto dell'alleggerimento dei propri organici, e quindi dei propri conti, con un esoso prepensionamento a carico dell'Inps, quindi pagato con soldi pubblici;

   altre ingenti risorse arrivano al Corriere della Sera sotto forma di pubblicità da parte di società a partecipazione pubblica quali Leonardo, Tirrenia, Cassa depositi e prestiti, Eni ed Enel;

   per l'interrogante, è doveroso avere massima trasparenza sull'utilizzo dei fondi pubblici, come peraltro sempre ribadito dal Corriere della Sera e dai suoi autorevoli giornalisti (basti pensare al best seller La Casta) –:

   a quanto ammonti la somma percepita dal Corriere della Sera e alle altre realtà Rcs derivante dalla pubblicità finanziata da società a partecipazione pubblica;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per razionalizzare e rendere sempre più trasparente il sostegno pubblico ai media.
(4-00700)

  Risposta. — L'interrogazione mi offre l'occasione di evidenziare l'importanza della trasparenza e della pubblicità dell'impiego dei fondi pubblici – nella specie, quelli destinati al sostegno del settore editoriale – che afferiscono direttamente al principio costituzionale di buona amministrazione. Prendendo spunto da un editoriale del quotidiano «Libero», mi chiede conto delle diverse forme di finanziamento di cui beneficerebbero il Corriere della Sera e le altre realtà RCS e quali iniziative il Governo intenda adottare per razionalizzare e rendere sempre più trasparente il sostegno pubblico ai media.
  Come Lei stesso ha ricordato nel testo dell'interrogazione, i contributi alla stampa si dividono in misure di carattere diretto, vale a dire finanziamenti a fondo perduto, e misure di carattere indiretto, che intervengono sui beneficiari in maniera mediata, fungendo da «catalizzatori» del mercato editoriale.
  I contributi diretti sono rivolti a determinate categorie di soggetti, vale a dire gli editori di quotidiani o periodici in possesso della configurazione giuridica e dei requisiti previsti dalla legge, quali cooperative giornalistiche, enti
no profit o imprese con capitale detenuto interamente o in prevalenza da fondazioni ed enti no profit, con espressa esclusione delle imprese facenti capo a società quotate in borsa. Di tali contributi beneficia, peraltro, anche l'Editoriale Libero s.r.l., editrice del quotidiano «Libero».
  Le misure indirette, invece, si sostanziano in una serie di misure modulate nel tempo dal legislatore in relazione alle necessità che si manifestano in un dato momento storico o per specifiche e contingenti crisi di mercato e vanno dalle misure storiche dei finanziamenti agevolati alle imprese, alle riduzioni tariffarie e ai crediti di imposta. A differenza della contribuzione diretta, le misure di sostegno indiretto, per loro natura, si rivolgono ad una platea di beneficiari più ampia.
  Ebbene, il dipartimento per l'informazione e l'editoria, in conformità alle norme del così detto decreto trasparenza (decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33), provvede alla tempestiva pubblicazione sul proprio sito
web di tutti i dati relativi ai contributi erogati e alle diverse forme di agevolazioni concesse, al fine di fornire, non solo agli stakeholder ma a tutti i cittadini, l'esatta conoscenza delle iniziative adottate a sostegno del sistema editoriale e dei soggetti che ne beneficiano. Quindi, sia gli importi erogati per i contributi diretti sia quelli concessi per le misure indirette, ivi compresi quelli di cui dovesse essere destinatario Rizzoli Corriere della Sera spa, sono pubblicati per annualità sul sito web del dipartimento per l'informazione e l'editoria.
  Nella Sua interrogazione, Lei ha fatto riferimento a due specifiche misure di cui beneficerebbe
il Corriere della Sera.
  Il primo è il «contributo di cinque centesimi di euro per copia venduta», una misura prevista dal Fondo Straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria, istituito dalla legge di bilancio 2022, a favore delle imprese editoriali di giornali e periodici con almeno tre giornalisti inquadrati con contratto di lavoro giornalistico. L'intervento è nato per contrastare gli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria e, in seguito, dal conflitto russo-ucraino, che hanno causato aumenti esponenziali dei prezzi dell'energia e di molte materie prime e non è cumulabile con altre agevolazioni previste dalla normativa locale, regionale, nazionale o europea che prevedano un analogo ristoro per le copie vendute di quotidiani e periodici.
  Tale agevolazione non è ancora operativa in quanto è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, a cui la misura è stata tempestivamente notificata dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria e che non si è ancora pronunciata sulla compatibilità con il regime degli aiuti di Stato. Quindi, ad oggi, non vi sono soggetti beneficiari di questa misura.
  La seconda misura di cui Lei ha fatto espressa menzione nell'interrogazione è il «credito d'imposta per l'acquisto della carta». Si tratta di un'agevolazione rifinanziata per gli anni 2020-2021 e poi prorogata per gli anni 2022 e 2023, volta a fornire sostegno al lavoro e all'economia e a cui possono accedere tutte le imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione, senza esclusioni legate alle dimensioni dei gruppi editoriali. Tale misura, per il biennio 2022-2023, ha visto un incremento, rispetto al biennio precedente, sia del finanziamento (da 30 a 60 milioni di euro per anno) che della percentuale di credito riconosciuto ai beneficiari (dal 10 al 30 per cento). Anche per questa agevolazione non è ammesso il cumulo con altre tipologie di aiuti che prevedono il medesimo ristoro.
  Come ho già chiarito in precedenza, l'elenco dei soggetti a cui è riconosciuto il credito d'imposta per l'acquisto della carta è pubblicato, così come per tutte le altre misure, sul sito
web del dipartimento, suddiviso per annualità.
  Per quanto riguarda, poi, il riferimento, contenuto nella Sua interrogazione, «all'alleggerimento degli organici» del quotidiano in questione, che avrebbe comportato un «esoso prepensionamento a carico dell'INPS», devo precisare che le scelte intraprese in tale ambito sono regolate dalle disposizioni legislative di carattere generale inerenti al trattamento di pensione anticipata dei giornalisti, che afferiscono a politiche di più ampio respiro che coinvolgono diverse amministrazioni dello Stato e rispetto alle quali, quindi, il dipartimento per l'informazione e l'editoria non ha la competenza esclusiva.
  Da ultimo, per quanto concerne gli investimenti pubblicitari da parte di alcune società a partecipazione pubblica, da Lei citate nell'interrogazione, si tratta di scelte gestionali effettuate da tali società nell'ambito delle proprie strategie di pubblicità e
marketing, in completa autonomia imprenditoriale, e sulle quali il dipartimento per l'informazione e l'editoria non è legittimato ad intervenire.
  Desidero, infine, sottolineare che nell'ultimo decennio le regole per l'erogazione dei contributi sono state ridefinite introducendo requisiti, criteri, limiti e vincoli via via più stringenti, al fine di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche messe a disposizione per il settore.
  Sotto questo profilo, è fondamentale l'ausilio di autorità ed organi specializzati, quali l'Agcom e la Guardia di finanza, che collaborano costantemente con il dipartimento per l'informazione e l'editoria per assicurare controlli effettivi sulle risorse pubbliche erogate nel settore, sia preventivi, in corso di istruttoria e relativi alla conformità degli assetti societari delle imprese richiedenti il contributo, sia successivi, volti a verificare la veridicità della documentazione presentata dalle imprese e quindi l'effettività dei requisiti.
  Proprio all'inizio di questo mese ho firmato, con il Comandante generale della Guardia di finanza, il rinnovo del protocollo per i controlli sui contributi diretti e indiretti.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Alberto Barachini.


   MACCANTI e PRETTO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   da circa un mese diversi utenti nella provincia di Rovigo non riescono più a sintonizzare e vedere i canali Rai. Nella maggior parte dei casi si tratta spesso di anziani impossibilitati a fruire di un servizio concessorio che viene regolarmente pagato tramite il canone, senza tra le altre cose potersi rivolgere al servizio assistenza che risulta essere a di poco carente se non addirittura nullo;

   da quanto è emerso tramite la stampa locale a denunciare la situazione sarebbe stato un lavoratore di un negozio di elettrodomestici, dopo che numerosi clienti si sono presentati segnalando disservizi non riconducibili ai loro apparecchi ma all'emittente Rai: ha confermato che trattasi di un problema esteso all'intera provincia e dai controlli effettuati sugli apparecchi non risultano anomalie, neanche collegabili con il recente switch off, in quanto è il segnale a risultare assente;

   si tratta del segnale afferente alle frequenze 37 e 40 e questo ha indotto a ritenere che il problema possa essere superato solo dalla Rai con un intervento diretto. Da quanto appreso a livello locale i primi disagi si sono verificati in concomitanza con i mondiali di calcio, ma sono poi proseguiti senza alcun intervento della concessionaria e sempre secondo quanto appreso dagli interroganti il segnale potrebbe essere stato abbassato volutamente per non interferire con quello di regioni vicine;

   dalle informazioni apprese risulta inoltre che l'assistenza tecnica della Rai sia stata gravemente carente in quanto il servizio automatizzato risulta inutile per questo genere di problematiche così come il tentativo di comunicare direttamente con un operatore. Questa situazione ha fortemente penalizzato soprattutto i più anziani che non avendo dimestichezza con la tecnologia sono rimasti disorientati e privi della possibilità di usufruire del servizio;

   l'articolo 45, comma 2, del testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo n. 177 del 2005) individua le attività che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve comunque garantire, fra cui la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale;

   Ray Way possiede oltre 2.300 torri distribuite in tutte le regioni italiane, e dovrebbe, pertanto, garantire la facile accessibilità da parte di tutta la popolazione nonché la diffusione e la trasmissione di contenuti televisivi e radiotelevisivi del servizio pubblico –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché si risolvano i descritti problemi di ricezione del segnale e sia garantito il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo su tutto il territorio nazionale e, in particolare, nella provincia di Rovigo.
(4-00355)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentite le direzioni generali competenti del Ministero delle imprese e del made in Italy, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti lamentano un problema di ricezione del segnale rai nella provincia di Rovigo, afferente alle frequenze 37 e 40, e chiedono che sia garantito il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo. A tal fine, richiamano il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici».
  In premessa, si rappresenta che il citato decreto legislativo n. 177 del 2005 è stato interamente abrogato e sostituito dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, recante «Testo unico dei servizi di media audiovisivi», in attuazione della direttiva (Ue) 2018/1808 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernente il testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato.
  Gli interroganti, in particolare, sottolineano che l'accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo debba essere garantito sull'intero territorio nazionale.
  In proposito, l'articolo 59 del citato decreto legislativo n. 208 del 2021 definisce i compiti del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, affidato in concessione alla rai, e prevede la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio con copertura integrale del territorio nazionale, per quanto consentito dallo stato della scienza e della tecnica.
  Orbene, ai sensi dello stesso testo unico dei servizi di media audiovisivi, il compito di verificare che il servizio pubblico in parola venga effettivamente prestato in conformità con le disposizioni vigenti, è affidato all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), con la quale questo Ministero mantiene costanti contatti (articolo 62). Il testo unico dispone anche le procedure che l'Agcom deve seguire in caso di inadempimento degli obblighi previsti.

  Nel caso di presunto inadempimento degli obblighi, l'articolo 62 del testo unico prevede un'attività di impulso da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy verso l'autorità competente e dispone le procedure che l'Agcom deve seguire in termini di procedura istruttoria e sanzionatoria.
  Tutto ciò premesso, in seguito ai fatti segnalati dagli interroganti, il Ministero delle imprese e del
made in Italy ha preso contatto sia con la rai che con il gestore degli impianti, Raiway, ed è emerso quanto segue.
  Nella zona della provincia di Rovigo confluiscono più segnali rai che garantiscono la copertura radioelettrica dell'area. Tuttavia, al momento del
refarming della banda 700 MHz in Veneto, per limitare la necessità degli utenti di intervenire sugli impianti di ricezione nell'area di Verona e Padova, è stato aggiunto, su sollecitazione di questo Ministero, l'impianto di Velo Veronese alla rete di impianti di diffusione del Multiplex macroregionale e, più recentemente, del Multiplex nazionale B-PNAF02.
  Tale modifica della rete di impianti ha richiesto più fasi di intervento, che si sono completate tra dicembre e gennaio scorso.
  Queste attività hanno comportato successive ottimizzazioni della rete SFN (
single frequency network) nella macro-regione costituita da Veneto ed Emilia-Romagna che hanno riguardato in particolare la modifica del ritardo statico dell'impianto di Bologna-Colle Barbiano e di alcuni altri impianti emiliani.
  Tali operazioni hanno permesso di migliorare in modo rilevante la situazione nell'area oggetto dell'interrogazione. Per indirizzare correttamente eventuali ulteriori interventi migliorativi, sarebbe necessario ricevere indicazioni puntuali sulle località in sofferenza di ricezione dei contenuti dei Multiplex rai. Inoltre, eventuali interventi sugli impianti degli utenti – tra cui l'ottimizzazione del puntamento delle antenne riceventi – contribuirebbero alla efficace soluzione delle eventuali problematiche residuali.
  In conclusione, si rappresenta che il Ministero delle imprese e del
made in Italy resta comunque a disposizione, anche valutando – ove necessario – l'attivazione della procedura d'impulso di cui all'articolo 62, comma 2 del citato decreto legislativo n. 208 del 2021, al fine di garantire un diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo su tutto il territorio nazionale.
Il Ministro delle imprese e del made in Italy: Adolfo Urso.


   UBALDO PAGANO, SARRACINO, TONI RICCIARDI, LAI, MANZI, FOSSI, GRIBAUDO, MORASSUT, GIRELLI, SIMIANI, BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   a fronte dell'accordo tra ArcelorMittal e Invitalia del 10 dicembre 2020, lo Stato ha, de facto, fatto ingresso nella società produttrice di acciaio che conta tra i suoi stabilimenti anche quello ex Ilva di Taranto;

   ad oggi, lo stabilimento Acciaierie d'Italia di Taranto conta circa 8200 dipendenti di cui, a causa della produzione attualmente ridotta, circa 3000 in cassa integrazione a rotazione;

   Confindustria Taranto nelle scorse settimane ha reso noti gli importi arretrati nei pagamenti alle ditte dell'indotto e dell'appalto da parte di Acciaierie d'Italia, che ammonterebbero circa a 100 milioni di euro;

   come noto, molte di queste aziende stanno per terminare gli ammortizzatori sociali, cosa che comporterà la cessazione di attività e quindi procedure di licenziamento per i lavoratori qualora non vengano pagate le fatture con gli ordini di lavoro che non partiranno;

   in data 11 e 12 novembre 2022, secondo quanto si apprende da fonti sindacali, Acciaierie d'Italia avrebbe sospeso, a decorrere da lunedì 14 novembre 2022, le attività di 145 aziende appaltatrici;

   trattandosi di un numero elevato di imprese, come rilevato dalle parti sociali, le conseguenze sull'intero indotto potrebbero essere molto serie, con inevitabili ricadute anche sul fronte occupazionale;

   Acciaierie d'Italia non ha precisato le motivazioni della sospensione, tuttavia riconducibili alla forte crisi di liquidità che da molti mesi investe l'azienda dell'acciaio e che si è già tradotta in una serie di mancati o ritardati pagamenti a imprese e fornitori;

   nel comunicato stampa rilasciato in occasione della suddetta sospensione, l'azienda ha affermato che «sopraggiunte e superiori circostanze ci inducono a comunicarvi, con particolare rammarico, la necessità di sospendere le attività oggetto degli ordini, nella rispettiva interezza, prevedibilmente fino al 16 gennaio 2023, oppure fino all'anteriore data prevista dagli ordini quale termine di consegna» –:

   se e quali iniziative si intenda intraprendere per scongiurare la sospensione delle attività delle imprese dell'indotto;

   quali iniziative si intenda intraprendere per tutelare tali aziende, anche in merito ai ritardi nel pagamento di attività già eseguite, fatturate ma non pagate;

   quali iniziative si intenda intraprendere per salvaguardare i posti di lavoro diretti e indiretti relativamente allo stabilimento di Taranto;

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intenda intraprendere nei confronti di ArcelorMittal rispetto alle violazioni degli accordi assunti con lo Stato, segnatamente riguardo alle innovazioni tecnologiche degli impianti, alla tutela occupazionale, alla salvaguardia dell'ambiente.
(4-00087)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 gennaio 2023 il dipartimento tarantino di Arpa Puglia ha trasmesso ad Acciaierie d'Italia e i commissari dell'amministrazione straordinaria dell'ex Ilva una nota con cui dava formale conferma degli allarmi lanciati dalle associazioni ambientaliste di Taranto su una nuova emergenza legata all'emissione di benzene;

   infatti, stando a quanto riportato nella nota, «l'intera rete di centraline di qualità dell'aria di pertinenza di Adi S.p.A. ed il sistema di monitoraggio ad alta risoluzione temporale ottico-spettrale lungo tutto il perimetro dello stabilimento hanno registrato un concomitante incremento delle concentrazioni di benzene»;

   nel documento, Arpa riporta la media dei primi 11 mesi dell'anno scorso evidenziando che per la stazione «Tamburi Via Orsini» il valore medio delle rilevazioni tra gennaio e novembre 2022 è pari a 3,3 microgrammi per metro cubo ed è «superiore» alle medie annue dal 2019 fino al 2021, che erano rispettivamente 1,3 microgrammi per metro cubo nel 2019, di 2,8 microgrammi per metro cubo nel 2020 e infine di 2,9 microgrammi per metro cubo nel 2021. Un analogo incremento di valori è stato rilevato nella centralina «Tamburi Via Machiavelli»: 1,9 microgrammi per metro cubo nel 2022 rispetto allo 0,8 del 2019, a 1,7 del 2020 e del 2021. Valori maggiori si sono registrati all'interno del perimetro degli stabilimenti;

   nei primi 11 mesi del 2022 la stazione Cokeria ha registrato un valore medio di 33,2 microgrammi per metro cubo: valore quasi doppio rispetto al 2019 (18,4 microgrammi per metro cubo), e superiore anche al 2020 (28,4) e 2021 (22,8). Anche la stazione di controllo posizionata nell'area Parchi minerali, quindi particolarmente vicina al caseggiato del quartiere Tamburi, ha raccolto un valore medio di 5,2 microgrammi per metro cubo, superiore alle medie annue del 2019 (1,4), 2020 (3,9) e 2021 (3,9);

   la Asl di Taranto con nota del 28 dicembre 2022 ha esternato preoccupazioni in termini di rischio sanitario, in quanto: «il rispetto del valore limite annuale di 5 microgrammi per metro cubo fissato dal decreto legislativo 155/2010 non garantisce l'assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell'area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute», ricordando, altresì, che anche la Iarc, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in merito al benzene ha chiarito che «non possono essere raccomandati livelli sicuri di esposizione» e che «sono necessarie azioni di sanità pubblica per ridurre l'esposizione al benzene nei lavoratori e nella popolazione generale» –:

   se i ministri interrogati fossero a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intendano, per quanto di competenza, intraprendere immediate iniziative volte a ridurre nel minor tempo possibile le emissioni di benzene al fine di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori dell'acciaieria;

   se intendano fornire informazioni con riguardo all'attuale gestione dell'ex Ilva, segnatamente in merito allo stato dell'arte del piano ambientale e alle iniziative intraprese e a quelle in corso per ridurre le emissioni inquinanti.
(4-00287)


   UBALDO PAGANO, SERRACCHIANI, TONI RICCIARDI e ANDREA ROSSI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   a fronte dell'accordo tra ArcelorMittal e Invitalia del 10 dicembre 2020, lo Stato ha, de facto, fatto ingresso nella società produttrice di acciaio che conta tra i suoi stabilimenti anche quello ex Ilva di Taranto;

   l'ex Ilva di Taranto è stata, a partire dal 2012, oggetto di numerosi provvedimenti e inchieste sugli alti livelli di inquinamento prodotti, responsabili di gravissimi danni all'ambiente e alla salute umana e animale dell'area;

   a dieci anni dal sequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento tarantino, i fenomeni emissivi di sostanze nocive non sono cessati;

   da quanto si apprende da organi di stampa e inchieste locali corroborata dai dati dell'Arpa Puglia, nel novembre del 2021 (periodo in cui lo Stato, tramite Invitalia, aveva già una consistente partecipazione in Acciaierie d'Italia), il valore medio mensile delle emissioni di diossina e pcb ha superato la media annuale del lontano 2008, ben oltre i limiti di legge;

   tali fenomeni si abbattono sull'abitato circostante lo stabilimento, non risparmiando le scuole presenti nell'area, i terreni agricoli, le aree destinate all'allevamento di capi di bestiame;

   l'inquinamento prodotto, insomma, ha effetti diretti e indiretti sulla salubrità dell'aria e dell'acqua, nonché su alimenti e bevande di origine animale e vegetali prodotti nel circondario –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;

   se intendano fornire informazioni con riguardo agli eccezionali livelli di emissioni registrate nel novembre 2021;

   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per far cessare tali fenomeni, chiudendo definitivamente le fonti inquinanti e dando finalmente avvio al processo di decarbonizzazione dello stabilimento.
(4-00691)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   i fumi dell'ILVA, oltre ad essere all'origine di numerose patologie gravi e decessi precoci, sono anche responsabili di pesanti danni all'ambiente e alle cose, nonché di gravi compressioni di diritti costituzionalmente garantiti come la proprietà, soprattutto nei quartieri più vicini agli stabilimenti;

   nel corso degli ultimi anni, molti residenti del quartiere Tamburi hanno proposto azioni risarcitorie per i danni connessi alle emissioni provenienti dallo stabilimento nei confronti di ILVA S.p.A., fondate sui danni sopportati per i maggiori costi connessi alla manutenzione degli stabili di proprietà, aggrediti dal cosiddetto «polverino» proveniente dai parchi minerali posti a ridosso del quartiere, per la riduzione delle possibilità di godimento dei propri immobili e per il deprezzamento subito sempre a causa dell'inquinamento;

   per tali ragioni, con i commi da 2-bis a 2-sexies dell'articolo 77 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, inseriti nel corso dell'esame alla Camera, si è provveduto a istituire un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2021 e 2,5 milioni di euro per il 2022 al fine di riconoscere un indennizzo per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all'inquinamento degli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo ILVA;

   con la legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 278) si è provveduto a modificare alcune criticità presenti nel decreto ministeriale del 23 settembre 2022 e a rifinanziare il suddetto fondo, destinandovi 3,5 milioni di euro per l'anno 2023 e 4,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024;

   ad oggi, dopo oltre un anno e mezzo di attesa, si attende l'ultimo atto utile a rendere pienamente operativo il fondo, ossia il decreto direttoriale che fissi le modalità di richiesta di pagamento dell'indennizzo;

   sebbene risulti all'interrogante che tale decreto sarebbe stato firmato il 3 gennaio 2023, non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale –:

   se intenda fornire informazioni con riguardo alle tempistiche di pubblicazione del decreto direttoriale di cui in premessa al fine di conferire piena operatività al fondo istituito a copertura dell'indennizzo per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all'inquinamento provocato dagli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo ILVA.
(4-00692)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, tutti concernenti le diverse problematiche che riguardano Acciaierie d'Italia, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti sottolineano un quadro della situazione critico, non solo in termini di tutela ambientale ma anche in termini produttivi. In particolare, viene evidenziato che Acciaierie d'Italia ha esposizioni debitorie di diverse centinaia di milioni di euro nei confronti di diverse aziende (come Eni e Snam) nonché ha fortemente ridotto la produzione di acciaio negli ultimi anni (da 10 milioni di tonnellate nel periodo 2005-2006, a 4,3 milioni di tonnellate nel 2019, a 3,9 milioni nel 2021 e a circa 3 milioni nel 2022). A tal proposito, gli Onorevoli interroganti richiamano la comunicazione della società dell'autunno 2022 relativa alla sospensione temporanea delle attività e degli ordinativi a circa 145 imprese dell'indotto.
  Al fine di contemperare tutti gli interessi in gioco, si rappresenta che questo Governo è intervenuto istituendo in primo luogo un apposito tavolo di confronto con tutte le parti interessate presso il Ministero delle imprese e del made in Italy.
  In occasione dell'incontro del 19 gennaio 2023, il Ministro Urso ha annunciato l'avvio della definizione di un accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale del polo siderurgico e dell'area di Taranto. Il fine dell'accordo di programma è quello di definire i tempi, le risorse e le modalità degli investimenti industriali per la riconversione dei sito produttivo dell'ex Ilva per renderlo la più grande acciaieria verde d'Europa, nonché le iniziative funzionali a rilanciare il territorio, tra cui il porto, il parco eolico
off shore, il tecnopolo e gli altri insediamenti industriali.
  Perché l'obiettivo di rilancio esposto in occasione del tavolo ex Ilva sia pienamente realizzato, è necessario assicurarsi che l'azienda rispetti gli impegni assunti, che prevedono, tra l'altro, un articolato piano di investimenti industriali e ambientali.
  In particolare, Acciaierie d'Italia ha riferito di avere come obiettivo 4 milioni di tonnellate di produzione per il 2023 e 5 milioni di tonnellate nel 2024. Ha poi illustrato i principali investimenti programmati: il rifacimento dell'altoforno n. 5, il potenziamento di una centrale elettrica, la realizzazione di un rigassificatore in collaborazione con il porto di Taranto, il riavvio del cementificio collegato allo stabilimento. Ha poi riferito di accordi in corso per la fornitura di energia rinnovabile e la realizzazione di un impianto
offshore di dissalazione per produrre l'acqua necessaria a ridurre le alte temperature.
  Per quello che attiene alle misure volte alla riduzione delle emissioni nocive e al punto di domanda contenuto nell'interrogazione e relativa allo stabilimento ex Ilva di Taranto, ci si rimette alle conoscenze e alle competenze del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
  In proposito, si ricorda che tra gli impegni assunti da Acciaierie d'Italia in materia di investimenti ambientali è prevista la decarbonizzazione degli impianti, con l'attivazione di un forno elettrico capace di produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate l'anno.
  Sul tema della decarbonizzazione, si rappresenta altresì che è stata costituita la società Dri d'Italia S.p.A., controllata al 100 per cento da Invitalia (decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, convertito con modificazioni dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5). La citata società si occupa della produzione di pre-ridotto da idrogeno rinnovabile (o Dri - Direct reduced iron), che sarà impiegato nel processo di produzione dell'acciaio verde, al fine di limitare ulteriormente le emissioni nocive (che dal
report 2021 di Arpa Puglia risultano, nel complesso, in diminuzione rispetto al passato).
  L'obiettivo è quello di promuovere la transizione energetica e l'evoluzione ecologica dell'industria siderurgica italiana e tutelare l'ambiente contribuendo al processo di abbattimento delle emissioni climalteranti e dell'impronta carbonica nel Paese e, in particolare, nell'area di Taranto.
  Quanto alla richiesta degli interroganti circa il decreto direttoriale che fissa le modalità di richiesta dell'indennizzo da parte dei proprietari degli immobili siti nei pressi dell'impianto siderurgico (ai sensi dell'articolo 77, commi da 2-
bis a 2-sexies, decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106) si rappresenta che il decreto direttoriale in parola è stato firmato il 3 gennaio 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 44 del 21 febbraio 2023.
  Per quello che attiene poi al perimetro occupazionale degli stabilimenti ex Ilva, si sottolinea che la legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha disposto la proroga dell'integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) riconosciuta in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo Ilva, nel limite di 19 milioni di euro per l'anno 2023, a valere sulle risorse del fondo sociale per occupazione e formazione (articolo 1, comma 328).
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito a riguardo, comunica che la Società ha fruito, da ultimo, di un trattamento di Cigs per riorganizzazione aziendale per il periodo dal 28 marzo 2022 al 27 marzo 2023 autorizzato in favore di 3.000 lavoratori dipendenti. Successivamente, il 29 marzo 2023 è stata richiesta la prosecuzione della Cigs per riorganizzazione aziendale per ulteriori 12 mesi a far data dal 28 marzo 2023. La pratica è in istruttoria.
  Si sottolinea che sull'ex Ilva questo Governo è intervenuto da ultimo con il decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 (decreto Ilva), convertito con modificazioni dalla legge 3 marzo 2023, n. 17, che ha introdotto misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, tra i quali quelli ex Ilva. Il decreto ha previsto modifiche alle misure di rafforzamento patrimoniale in essere (decreto-legge n. 142 del 2019), ivi compresi finanziamenti da convertire in capitale sociale e strumenti che prevedono per lo Stato la possibilità di intervenire in caso di gestione inadeguata di imprese di interesse strategico nazionale, in modo da garantirne la continuità produttiva.
  Con il decreto in parola, il Governo ha previsto un rafforzamento patrimoniale di Adi Holding s.p.a. per consentire all'ex Ilva di affrontare e superare il periodo di crisi emerso a seguito dell'impennata del costo dell'energia e delle difficoltà legate al conflitto bellico in Ucraina.
  Nel loro complesso, le risorse stanziate sono funzionali a dare una nuova prospettiva al futuro dell'acciaieria italiana, con l'obiettivo di riequilibrare la
governance tra la parte privata e la parte pubblica (rappresentata da Invitalia) per porre in essere gli interventi necessari a salvaguardia della produzione e dello sviluppo dell'industria siderurgica in Italia, compatibilmente con gli obiettivi di tutela ambientale.
  Il Governo continuerà a seguire con molta attenzione l'evoluzione della situazione dell'ex Ilva, con particolare attenzione alla definizione dell'accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale, nonché alla realizzazione dei piano industriale di Acciaierie d'Italia. A tal fine sono in programma verifiche periodiche sull'attuazione delle sue varie fasi, nel rispetto degli
standard ambientali e di sicurezza del lavoro.
  Inoltre, al fine di dare continuità al confronto con le parti e assicurare che tutti gli impegni presi vengano rispettati, si rappresenta che il tavolo Ilva verrà riconvocato a breve, quando sarà presentato lo schema di accordo di programma, nonché il cronoprogramma per il rilancio industriale e produttivo di Taranto e per la sua riconversione.
  La priorità del Governo è quella di garantire all'acciaieria una guida industriale all'altezza, in grado di trasformarla nella più grande acciaieria verde d'Europa, che risponda alle sfide ambientali, sociali e sanitarie che il territorio merita.

Il Sottosegretario di Stato per le imprese e il made in Italy: Fausta Bergamotto.


   PICCOLOTTI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   il 12 novembre 2022 Acciaierie d'Italia ha improvvisamente comunicato la sospensione momentanea delle attività di 145 aziende dell'appalto – a partire da lunedì 14 novembre 2022 – probabilmente a causa della crisi di liquidità lamentata dai vertici aziendali;

   nonostante le rassicurazioni dell'amministratore delegato di ArcelorMittal, di circa un mese fa, in cui comunicava che nonostante le piccole riduzioni della capacità produttiva dovute all'emergenza gas, lo stato dello stabilimento della ex Ilva di Taranto non presentava criticità, e non si prevedevano cambiamenti tali che potessero compromettere il futuro dell'acciaieria, l'azienda ha improvvisamente scoperto di trovarsi in difficoltà;

   questo ultimo atto unilaterale di Acciaierie d'Italia rappresenta l'ennesima provocazione nei confronti dei lavoratori, delle lavoratrici e della città di Taranto, da parte di un management sempre pronto a chiedere nuove risorse pubbliche, utilizzando l'occupazione come elemento ricattatorio;

   siamo di fronte ad un gesto gravissimo compiuto dall'azienda in una fase drammatica per le famiglie tarantine, già provate da mesi di cassa integrazione e ritardi negli stipendi, in un già difficile contesto generale, che vede un'inflazione da record e conseguentemente un aumento considerevole del costo della vita;

   ad oggi non risulta chiaro alle organizzazioni sindacali come siano stati definiti alcuni blocchi delle attività di manutenzione, tranne per i lavori previsti dall'autorizzazione integrata ambientale, in un'azienda che necessita di maggiori investimenti e non di rinvii che metterebbero ulteriormente a rischio la salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, dal momento che un così ingente numero di dipendenti sospesi andrebbe ad aggravare ulteriormente la già drammatica situazione degli impianti, che necessitano di urgenti manutenzioni ordinarie e straordinarie e graverebbe sull'aspetto psicologico dei lavoratori, alle prese, ormai da tempo, con una continua incertezza per il loro futuro e delle loro famiglie;

   le organizzazioni sindacali inoltre hanno riscontrato un ulteriore ed inspiegabile rialzo dei numeri sulla cassa integrazione per i lavoratori diretti di Acciaierie d'Italia che compromette il già precario sistema produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto;

   a parere dell'interrogante, così come sostenuto anche dalle organizzazioni sindacali, è necessario che il Governo intervenga immediatamente anche utilizzando gli strumenti previsti dal suo ruolo di azionista in Acciaierie d'Italia e vincoli le risorse ad un intervento pubblico che garantisca occupazione ed una giusta transizione ambientale e produttiva non cedendo ai continui ricatti della multinazionale;

   è indispensabile inoltre un celere intervento da parte dei Ministri in indirizzo affinché vengano definiti e discussi tempi e modalità sui futuri assetti societari, sul processo di transizione ecologica e sul piano occupazionale ed industriale;

   occorre affrontare urgentemente la drammatica situazione produttiva ed occupazionale in cui versa la società Acciaierie d'Italia e finalizzare l'azione di patrimonializzazione disposta con gli ultimi provvedimenti normativi del Governo precedente puntando sul rilancio degli investimenti e delle produzioni e nel miglioramento delle prospettive occupazionali, stante anche il ruolo di Azionista che lo Stato ricopre in questa società –:

   quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati affinché venga affrontata, anche nel confronto con le organizzazioni sindacali, la drammatica situazione produttiva ed occupazionale in cui versa la società Acciaierie d'Italia e vengano definiti e discussi tempi e modalità sui futuri assetti societari, sul processo di transizione ecologica e sul piano occupazionale ed industriale dell'ex Ilva, oggi Acciaierie d'Italia, puntando con determinazione ad una vera riconversione ecologica del sito, capace di dare risposte ai lavoratori, alle lavoratrici e a tutti i cittadini e le cittadine di Taranto;

   quali iniziative di competenza intendano assumere affinché Acciaierie d'Italia revochi la sospensione delle attività per le aziende dell'appalto richiamate in premessa.
(4-00065)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente Acciaierie d'Italia, si rappresenta quanto segue.
  L'interrogante sottolinea un quadro della situazione critico, in termini produttivi, occupazionali e di tutela ambientale, richiamando la comunicazione della società dell'autunno 2022, relativa alla sospensione temporanea delle attività e degli ordinativi a circa 145 imprese dell'indotto.
  Al fine di contemperare tutti gli interessi in gioco, si rappresenta che questo Governo è intervenuto sin da subito istituendo un apposito tavolo di confronto con tutte le parti interessate presso il Ministero delle imprese e del
made in italy.
  In occasione dell'incontro dello scorso 19 gennaio, il Ministro Urso ha annunciato l'avvio della definizione di un accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale del polo siderurgico e dell'area di Taranto. Il fine dell'accordo di programma è quello di definire i tempi, le risorse e le modalità degli investimenti industriali per la riconversione del sito produttivo dell'ex Ilva per renderlo la più grande acciaieria verde d'Europa, nonché le iniziative funzionali a rilanciare il territorio, tra cui il porto, il parco eolico
off shore, il tecnopolo e gli altri insediamenti industriali.
  Perché l'obiettivo di rilancio esposto in occasione del tavolo ex Ilva sia pienamente realizzato, è necessario assicurarsi che l'azienda rispetti gli impegni assunti, che prevedono, tra l'altro, un articolato piano di investimenti industriali e ambientali.
  In particolare, Acciaierie d'Italia ha riferito di avere come obiettivo 4 milioni di tonnellate di produzione per il 2023 e 5 milioni di tonnellate nel 2024. Ha poi illustrato i principali investimenti programmati: il rifacimento dell'altoforno n. 5, il potenziamento di una centrale elettrica, la realizzazione di un rigassificatore in collaborazione con il Porto di Taranto, il riavvio del cementificio collegato allo stabilimento. Ha poi riferito di accordi in corso per la fornitura di energia rinnovabile e la realizzazione di un impianto
off shore di dissalazione per produrre l'acqua necessaria a ridurre le alte temperature.
  Per quello che attiene alle misure volte alla riduzione delle emissioni nocive e al punto di domanda contenuto nell'interrogazione e relativa allo stabilimento ex Ilva di Taranto, ci si rimette alle conoscenze e alle competenze del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
  In proposito, si ricorda che tra gli impegni assunti da Acciaierie d'Italia in materia di investimenti ambientali è prevista la decarbonizzazione degli impianti, con l'attivazione di un forno elettrico capace di produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate l'anno.
  Per quanto di competenza, sul tema della decarbonizzazione, si rappresenta altresì che è stata costituita la società DRI d'Italia s.p.a., controllata al 100 per cento da Invitalia (decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, convertito con modificazioni dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5). La citata società si occupa della produzione di pre-ridotto da idrogeno rinnovabile (o DRI -
Direct Reduced Iron), che sarà impiegato nel processo di produzione dell'acciaio verde, al fine di limitare ulteriormente le emissioni nocive (che dal report 2021 di Arpa Puglia risultano, nel complesso, in diminuzione rispetto al passato).
  L'obiettivo è quello di promuovere la transizione energetica e l'evoluzione ecologica dell'industria siderurgica italiana e tutelare l'ambiente contribuendo al processo di abbattimento delle emissioni climalteranti e dell'impronta carbonica nel Paese e, in particolare, nell'area di Taranto.
  Per quello che attiene specificamente gli ulteriori problemi di inquinamento richiamati nell'interrogazione, si rimanda al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
  Per quello che attiene al perimetro occupazionale degli stabilimenti ex Ilva, si sottolinea che la legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha disposto la proroga dell'integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) riconosciuta in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo Ilva, nel limite di 19 milioni di euro per l'anno 2023, a valere sulle risorse del fondo sociale per occupazione e formazione (articolo 1, comma 328).
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito a riguardo, comunica altresì che la Società ha fruito di un trattamento di CIGS per riorganizzazione aziendale per il periodo dal 28 marzo 2022 al 27 marzo 2023 autorizzato in favore di 3.000 lavoratori dipendenti. Successivamente, il 29 marzo 2023 è stata richiesta la prosecuzione della CIGS per riorganizzazione aziendale per ulteriori 12 mesi a far data dal 28 marzo 2023.
  Si sottolinea, inoltre, che sull'ex Ilva questo Governo è intervenuto con il decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 (Decreto Ilva), convertito con modificazioni dalla legge 3 marzo 2023, n. 17, che ha introdotto misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, tra i quali quelli ex Ilva. Il decreto ha previsto modifiche alle misure di rafforzamento patrimoniale in essere (decreto-legge n. 142 del 2019), ivi compresi finanziamenti da convertire in capitale sociale e strumenti che prevedono per lo Stato la possibilità di intervenire in caso di gestione inadeguata di imprese di interesse strategico nazionale, in modo da garantirne la continuità produttiva.
  Con il decreto in parola, il Governo ha previsto un rafforzamento patrimoniale di ADI Holding s.p.a. per consentire all'ex Ilva di affrontare e superare il periodo di crisi emerso a seguito dell'impennata del costo dell'energia e delle difficoltà legate al conflitto in Ucraina.
  Nel loro complesso, le risorse stanziate sono funzionali a dare una nuova prospettiva al futuro dell'acciaieria italiana, con l'obiettivo di riequilibrare la governance tra la parte privata e la parte pubblica (rappresentata da Invitalia) per porre in essere gli interventi necessari a salvaguardia della produzione e dello sviluppo dell'industria siderurgica in Italia, compatibilmente con gli obiettivi di tutela ambientale.
  Il Governo continuerà a seguire con molta attenzione l'evoluzione della situazione dell'ex Ilva, al fine di definire l'accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale. A tal fine sono in programma verifiche periodiche sull'attuazione delle varie fasi del piano industriale, nel rispetto degli
standard ambientali e di sicurezza del lavoro. Inoltre, al fine di dare continuità al confronto con le parti e assicurare che tutti gli impegni presi vengano rispettati, si rappresenta che il tavolo Ilva è stato riconvocato per il 28 aprile 2023.
  La priorità del Governo è quella di garantire all'acciaieria una guida industriale all'altezza, in grado di trasformarla nella più grande acciaieria verde d'Europa, che risponda alle sfide ambientali, sociali e sanitarie che il territorio merita.
La Sottosegretaria di Stato per le imprese e il made in Italy: Fausta Bergamotto.


   RUBANO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali del 21 settembre 1984 ha stabilito che sono vincolati sotto il profilo paesaggistico i territori costieri e lacustri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, oltre alla battigia stessa, le montagne per la parte eccedente 1.800 metri sul livello del mare i boschi e le foreste, i fiumi, i torrenti e i corsi d'acqua classificabili pubblici e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna, i parchi e le riserve, i ghiacciai ed i circhi glaciali;

   il comune di Dugenta è situato a 55 metri sul livello del mare, non fa parte della comunità montana del Taburno e sul suo territorio non sono presenti beni e luoghi da vincolare ai sensi del suddetto decreto ministeriale 21 settembre 1984;

   tuttavia, come si rileva dal Piano paesistico della regione Campania (http://www.sito.regione.campania.it/) con decreto ministeriale 28 marzo 1985 una parte rilevante del territorio comunale di Dugenta viene dichiarato di notevole interesse pubblico, sottoponendo lo stesso a tutte le disposizioni restrittive del codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42);

   i cittadini di Dugenta, per costruire, per ristrutturare, comunque per intervenire sulle loro abitazioni devono ottenere l'autorizzazione da parte della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Caserta;

   la presenza del vincolo paesistico ambientale non permette a Dugenta di attrarre sul proprio territorio ogni sorta di imprese che, di conseguenza, preferiscono insediarsi nei comuni limitrofi a Dugenta (esempio Limatola, Amorosi, Puglianello) che hanno tempi burocratici – autorizzativi ridotti;

   è ampiamente condivisa nell'opinione pubblica locale la necessità di chiedere la rimozione di tale vincolo paesaggistico in quanto non sussistono i presupposti per il regime vincolistico –:

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza al fine di riconsiderare il regime vincolistico paesaggistico ambientale apposto sul comune di Dugenta, in considerazione del fatto che esso crea inaccettabili limitazioni alla vita civile e allo sviluppo produttivo locale in forza dell'eccessivo prolungamento degli iter burocratici che ostacolano l'edilizia privata, soprattutto per quel che riguarda l'accesso ai benefici dei bonus edilizi e l'insediamento delle attività produttive, nonché l'accesso ai fondi pubblici stanziati dallo Stato per le imprese.
(4-00131)

  Risposta. — Con il presente atto di sindacato ispettivo l'interrogante ha chiesto al Ministro della cultura le opportune iniziative di competenza da adottare «al fine di riconsiderare il regime vincolistico paesaggistico ambientale apposto sul comune di Dugenta, in considerazione del fatto che esso crea inaccettabili limitazioni alla vita civile e allo sviluppo produttivo locale in forza dell'eccessivo prolungamento degli iter burocratici che ostacolano l'edilizia privata, soprattutto per quel che riguarda l'accesso ai benefici dei bonus edilizi e l'insediamento delle attività produttive, nonché l'accesso ai fondi pubblici stanziati dallo Stato per le imprese.».
  Il territorio del comune di Dugenta è parte del più ampio complesso di interesse paesistico denominato «Gruppo Montuoso del Taburno».
  Il complesso è patrimonio ambientale di particolare valore perché assieme ai territori comunali limitrofi, Bonea, Bucciano, Frasso, Moiano, S. Agata dei Goti, Solopaca, Cautano, Vitulano, Campoli del Monte Taburno, Foglianise Melizzano, Montesarchio, Paupisi, Torrecuso, compone un insieme di quadri naturali di incomparabile suggestività e di notevole interesse pubblico, nonché un insieme di cose immobili avente valore estetico e tradizionale.
  Per tali motivi la soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento propose al Ministero già nell'oramai lontano 1985, un provvedimento di inibitoria di cui al punto 2 del decreto ministeriale del 21 settembre 1984 (cosiddetto decreto Galasso).
  Dalla proposta d'inibitoria si evince che il territorio del comune di Dugenta è considerato patrimonio ambientale di particolare interesse per l'incomparabile suggestività e valore estetico ed è compreso in gran parte nel Demanio statale. La foresta demaniale del Taburno è costituita, in prevalenza, da faggi nonché nelle zone sottostanti da abeti, carpini, ornielli e cerri, oltre ad essere introdotti nel recente periodo anche il pino laricio e il pino silvestre. Per i suoi caratteri di cospicua bellezza panoramica l'intero paesaggio si compone di quadri naturali, dei quali il comune di Dugenta è parte, nell'ambito del gruppo montuoso del Taburno le cui vette più elevate sono il Monte Taburno e il Monte Camposauro e i cui elementi orografici lo rendono un massiccio isolato che si erge ad ovest di Benevento, separato dal Matese a nord dal fiume Calore. Prevalgono i calcari bianchi e grigi del Cretaceo, in parte quelli dolomitici, che formano perciò pendici molto scoscese. Infine, alla base del Massiccio, vi sono diverse scaturigini fra cui la sorgente del Fizzo che alimenta l'acquedotto Carolino.
  La variegata e preziosa flora e l'articolata struttura paesaggistica rendono, quindi, peculiare il valore ambientale di tutto l'insieme.
  Allo stato attuale il regime vincolistico paesaggistico ambientale del territorio comunale di Dugenta è sottoposto al piano territoriale paesistico «Ambito del Massiccio del Taburno» approvato con decreto ministeriale 30 settembre 1996 e pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 251 il 25 ottobre 1996.
  Il 14 luglio 2016 è stata, inoltre, siglata l'Intesa Istituzionale tra il Ministero della cultura e la regione Campania per l'elaborazione congiunta del piano paesaggistico regionale (PPR) di cui all'articolo 135 del decreto legislativo n. 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, relativamente alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico; delle aree tutelate per legge e degli ulteriori immobili od aree di notevole interesse pubblico.
  In attuazione di tale intesa di recente è stata conclusa la macroazione 2, come da cronoprogramma delle azioni, relativa alla ricognizione, delimitazione e idonea rappresentazione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, validata dal Comitato tecnico ed i cui risultati sono stati successivamente pubblicati con delibera di Giunta regionale n. 620 del 22 novembre 2022.
  Attualmente il Comitato tecnico è in attesa di validare i risultati della macroazione n. 3 relativa alla ricognizione dei vincoli
ope legis come previsti dall'articolo 142 del Codice dei beni culturali.
  Successivamente ci sarà la fase di ricognizione di tutti i piani territoriali paesistici attualmente vigenti nella regione Campania, tra cui si annovera il piano territoriale paesistico «Ambito del Massiccio del Taburno» in cui rientra anche il territorio comunale di Dugenta (macroazione 4 dell'Intesa).
  Nelle more della condivisione tra le parti istituzionali del PPR redatto dalla regione Campania congiuntamente con il Ministero della cultura e della sua approvazione definitiva, all'area di Dugenta si applicano le disposizioni vigenti del piano territoriale paesistico «Ambito del Massiccio del Taburno», approvato con decreto ministeriale del 30 settembre 1996.
  Sarà cura del Ministero della cultura e, per esso, della competente direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, vigilare affinché vengano effettivamente individuate nel piano paesaggistico regionale le sole zone effettivamente dotate di caratteri paesaggisticamente meritevoli di protezione.

Il Sottosegretario di Stato per la cultura: Vittorio Sgarbi.


   SCOTTO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Acciaierie d'Italia ha comunicato ai sindacati che da lunedì 14 novembre 2022 nello stabilimento siderurgico di Taranto sono sospese le attività di 145 imprese appaltatrici;

   da quanto si apprende dai sindacati «la sospensione è a tempo indeterminato» e che «si tratta di un gesto gravissimo che mette a rischio centinaia di posti di lavoro. La ricaduta occupazionale sarà massiccia»;

   secondo i sindacati potrebbero essere circa 2mila i lavoratori collocati in cassa integrazione dopo la decisione di Acciaierie d'Italia. È solo una stima sindacale per il momento, ma se è vero che si è ancora in attesa di capire quali aziende saranno interessate allo stop, è evidente che i riflessi della fermata saranno su larga scala: manutenzioni, sostituzioni, ricambi, impiantistica, per citare soltanto alcune delle attività che l'ex Ilva affida in appalto;

   il sospetto delle sigle sindacali, espresse a mezzo stampa, è che Acciaierie d'Italia e l'amministratore delegato Lucia Morselli stiano pensando di utilizzare questa situazione per premere sul Governo e cercare di ottenere ulteriori risorse;

   nella lettera inviata alle aziende dell'appalto, Acciaierie d'Italia parla di «sopraggiunte e superiori circostanze» che «inducono a comunicarvi, con particolare rammarico, la necessità di sospendere le attività oggetto degli ordini nella rispettiva interezza»;

   a quanto si apprende da fonti sindacali in realtà l'azienda non avrebbe fornito le reali motivazioni della sospensione;

   la società sollecita le ditte dell'appalto a liberare i cantieri «entro lunedì 14 novembre», precisando «che, decorso tale termine, sarà inibito ogni accesso in stabilimento» «Confermiamo l'interesse alla prosecuzione delle attività e delle opere appaltate — spiega infine Acciaierie — e a tale riguardo sarà nostra cura comunicarvi ogni utile aggiornamento non appena possibile»;

   da lunedì 14 novembre 2022 Acciaierie d'Italia avrebbe aumentato anche la cassa integrazione per il personale diretto, i tecnici, che sinora sono stati esclusi dalla cassa integrazione, dovranno effettuare due giorni a settimana e ovviamente anche per gli operai è prevedibile un aumento della cigs;

   nell'ex Ilva da marzo 2022 è scattata la cassa integrazione straordinaria, durata un anno, per un numero massimo di 3 mila unità, di cui 2.500 a Taranto. È da metà 2019, cioè pochi mesi dopo il subentro alla gestione commissariale dell'amministrazione straordinaria, che l'ex Ilva è costantemente ricorsa agli ammortizzatori sociali, con numeri variabili, tra cassa ordinaria, cassa Covid e ora straordinaria;

   questa notizia pare essere l'ennesima tegola sul tessuto produttivo tarantino che rischia di avere enormi ricadute occupazionali sul territorio e di aggravare una già precaria situazione reddituale di centinaia di famiglie –:

   quali iniziative, per quanto di competenza si intenda intraprendere affinché non si verifichi l'ennesima perdita di posti di lavoro nel distretto industriale di Taranto, se non ritenga necessario convocare i vertici aziendali per capire le reali motivazioni della sospensione della produzione in esame e se inoltre non si ritenga che serva un intervento deciso e netto affinché si vincolino le risorse pubbliche a garanzia dei livelli occupazionali e di una necessaria transizione ambientale.
(4-00098)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, tutti concernenti le diverse problematiche che riguardano Acciaierie d'Italia, si rappresenta quanto segue.
  Gli interroganti sottolineano un quadro della situazione critico, non solo in termini di tutela ambientale ma anche in termini produttivi. In particolare, viene evidenziato che Acciaierie d'Italia ha esposizioni debitorie di diverse centinaia di milioni di euro nei confronti di diverse aziende (come Eni e Snam) nonché ha fortemente ridotto la produzione di acciaio negli ultimi anni (da 10 milioni di tonnellate nel periodo 2005-2006, a 4,3 milioni di tonnellate nel 2019, a 3,9 milioni nel 2021 e a circa 3 milioni nel 2022). A tal proposito, gli Onorevoli interroganti richiamano la comunicazione della società dell'autunno 2022 relativa alla sospensione temporanea delle attività e degli ordinativi a circa 145 imprese dell'indotto.
  Al fine di contemperare tutti gli interessi in gioco, si rappresenta che questo Governo è intervenuto istituendo in primo luogo un apposito tavolo di confronto con tutte le parti interessate presso il Ministero delle imprese e del made in Italy.
  In occasione dell'incontro del 19 gennaio 2023, il Ministro Urso ha annunciato l'avvio della definizione di un accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale del polo siderurgico e dell'area di Taranto. Il fine dell'accordo di programma è quello di definire i tempi, le risorse e le modalità degli investimenti industriali per la riconversione dei sito produttivo dell'ex Ilva per renderlo la più grande acciaieria verde d'Europa, nonché le iniziative funzionali a rilanciare il territorio, tra cui il porto, il parco eolico
off shore, il tecnopolo e gli altri insediamenti industriali.
  Perché l'obiettivo di rilancio esposto in occasione del tavolo ex Ilva sia pienamente realizzato, è necessario assicurarsi che l'azienda rispetti gli impegni assunti, che prevedono, tra l'altro, un articolato piano di investimenti industriali e ambientali.
  In particolare, Acciaierie d'Italia ha riferito di avere come obiettivo 4 milioni di tonnellate di produzione per il 2023 e 5 milioni di tonnellate nel 2024. Ha poi illustrato i principali investimenti programmati: il rifacimento dell'altoforno n. 5, il potenziamento di una centrale elettrica, la realizzazione di un rigassificatore in collaborazione con il porto di Taranto, il riavvio del cementificio collegato allo stabilimento. Ha poi riferito di accordi in corso per la fornitura di energia rinnovabile e la realizzazione di un impianto
offshore di dissalazione per produrre l'acqua necessaria a ridurre le alte temperature.
  Per quello che attiene alle misure volte alla riduzione delle emissioni nocive e al punto di domanda contenuto nell'interrogazione e relativa allo stabilimento ex Ilva di Taranto, ci si rimette alle conoscenze e alle competenze del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
  In proposito, si ricorda che tra gli impegni assunti da Acciaierie d'Italia in materia di investimenti ambientali è prevista la decarbonizzazione degli impianti, con l'attivazione di un forno elettrico capace di produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate l'anno.
  Sul tema della decarbonizzazione, si rappresenta altresì che è stata costituita la società Dri d'Italia S.p.A., controllata al 100 per cento da Invitalia (decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, convertito con modificazioni dalla legge 7 febbraio 2020, n. 5). La citata società si occupa della produzione di pre-ridotto da idrogeno rinnovabile (o Dri - Direct reduced iron), che sarà impiegato nel processo di produzione dell'acciaio verde, al fine di limitare ulteriormente le emissioni nocive (che dal
report 2021 di Arpa Puglia risultano, nel complesso, in diminuzione rispetto al passato).
  L'obiettivo è quello di promuovere la transizione energetica e l'evoluzione ecologica dell'industria siderurgica italiana e tutelare l'ambiente contribuendo al processo di abbattimento delle emissioni climalteranti e dell'impronta carbonica nel Paese e, in particolare, nell'area di Taranto.
  Quanto alla richiesta degli interroganti circa il decreto direttoriale che fissa le modalità di richiesta dell'indennizzo da parte dei proprietari degli immobili siti nei pressi dell'impianto siderurgico (ai sensi dell'articolo 77, commi da 2-
bis a 2-sexies, decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106) si rappresenta che il decreto direttoriale in parola è stato firmato il 3 gennaio 2023 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 44 del 21 febbraio 2023.
  Per quello che attiene poi al perimetro occupazionale degli stabilimenti ex Ilva, si sottolinea che la legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197) ha disposto la proroga dell'integrazione economica, per la parte non coperta, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) riconosciuta in favore dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo Ilva, nel limite di 19 milioni di euro per l'anno 2023, a valere sulle risorse del fondo sociale per occupazione e formazione (articolo 1, comma 328).
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito a riguardo, comunica che la Società ha fruito, da ultimo, di un trattamento di Cigs per riorganizzazione aziendale per il periodo dal 28 marzo 2022 al 27 marzo 2023 autorizzato in favore di 3.000 lavoratori dipendenti. Successivamente, il 29 marzo 2023 è stata richiesta la prosecuzione della Cigs per riorganizzazione aziendale per ulteriori 12 mesi a far data dal 28 marzo 2023. La pratica è in istruttoria.
  Si sottolinea che sull'ex Ilva questo Governo è intervenuto da ultimo con il decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 (decreto Ilva), convertito con modificazioni dalla legge 3 marzo 2023, n. 17, che ha introdotto misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, tra i quali quelli ex Ilva. Il decreto ha previsto modifiche alle misure di rafforzamento patrimoniale in essere (decreto-legge n. 142 del 2019), ivi compresi finanziamenti da convertire in capitale sociale e strumenti che prevedono per lo Stato la possibilità di intervenire in caso di gestione inadeguata di imprese di interesse strategico nazionale, in modo da garantirne la continuità produttiva.
  Con il decreto in parola, il Governo ha previsto un rafforzamento patrimoniale di Adi Holding s.p.a. per consentire all'ex Ilva di affrontare e superare il periodo di crisi emerso a seguito dell'impennata del costo dell'energia e delle difficoltà legate al conflitto bellico in Ucraina.
  Nel loro complesso, le risorse stanziate sono funzionali a dare una nuova prospettiva al futuro dell'acciaieria italiana, con l'obiettivo di riequilibrare la
governance tra la parte privata e la parte pubblica (rappresentata da Invitalia) per porre in essere gli interventi necessari a salvaguardia della produzione e dello sviluppo dell'industria siderurgica in Italia, compatibilmente con gli obiettivi di tutela ambientale.
  Il Governo continuerà a seguire con molta attenzione l'evoluzione della situazione dell'ex Ilva, con particolare attenzione alla definizione dell'accordo di programma per la riconversione industriale ed ambientale, nonché alla realizzazione dei piano industriale di Acciaierie d'Italia. A tal fine sono in programma verifiche periodiche sull'attuazione delle sue varie fasi, nel rispetto degli
standard ambientali e di sicurezza del lavoro.
  Inoltre, al fine di dare continuità al confronto con le parti e assicurare che tutti gli impegni presi vengano rispettati, si rappresenta che il tavolo Ilva verrà riconvocato a breve, quando sarà presentato lo schema di accordo di programma, nonché il cronoprogramma per il rilancio industriale e produttivo di Taranto e per la sua riconversione.
  La priorità del Governo è quella di garantire all'acciaieria una guida industriale all'altezza, in grado di trasformarla nella più grande acciaieria verde d'Europa, che risponda alle sfide ambientali, sociali e sanitarie che il territorio merita.

Il Sottosegretario di Stato per le imprese e il made in Italy: Fausta Bergamotto.


   ZAN. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da organi di stampa nazionali e locali della diffusione di un video sui social media in cui è stato ripreso il momento dello sparo con una pistola ad aria compressa contro un'insegnante da parte di un alunno, presso l'IIS Viola Marchesini di Rovigo, avvenuto nei giorni scorsi, in una data non resa nota dalla stampa;

   tale video, girato e diffuso dagli stessi alunni, conferma che l'insegnante è stata raggiunta da un violento colpo alla testa, seguito, a quanto riporta la stampa, da un secondo colpo all'occhio;

   i due colpi di pistola ad aria compressa hanno reso necessarie cure ospedaliere per la docente;

   a parere dell'interrogante, si tratta di un gesto premeditato dagli studenti, avendo organizzato anche la ripresa del gesto stesso e la successiva diffusione e rappresenta un fatto estremamente grave, che si rischia di essere emulato in altri istituti scolastici, esponendo il corpo docenti a rischi per la propria sicurezza e incolumità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intendano porre in essere per garantire la sicurezza e l'incolumità del corpo docenti sul posto di lavoro.
(4-00027)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, l'Ufficio scolastico regionale per il Veneto, in risposta alla richiesta di questo Ministero di fornire elementi, ha comunicato quanto di seguito si riporta.
  Presso l'istituto «Viola-Marchesini» di Rovigo, durante l'ora di lezione, alcuni studenti di una classe prima, hanno sparato, con una pistola spara-pallini di plastica, in direzione della propria insegnante che veniva colpita al capo.
  In esito al fatto è intervenuto, tempestivamente, in classe, dapprima il collaboratore della dirigente, in seguito la dirigente stessa. Quest'ultima si è attivata al fine di chiarire, al più presto, le responsabilità ed individuare i protagonisti del gesto ingiustificabile e pericoloso.
  Il giorno successivo è giunta notizia alla dirigente dell'esistenza di un audio-video dell'accaduto, ripreso da uno studente con il cellulare personale, divenuto, immediatamente, virale.
  A seguito di quest'ultimo evento, che ha dato evidenza del succedersi degli accadimenti, la dirigente ha proceduto ad una puntuale informativa alla questura di Rovigo, per gli adempimenti del caso, ed ha avviato i necessari e dovuti contatti con le famiglie degli studenti protagonisti della vicenda.
  In sede di consiglio di classe straordinario, convocato per il giorno 18 ottobre 2022, la dirigente, sentiti tutti gli interventi, ha proposto la sospensione degli studenti autori del fatto e, per tutta la classe, una giornata di riflessione sul tema del rispetto tra pari e con gli adulti.
  A tal proposito, in data 24 ottobre 2022, la scuola ha organizzato un intervento educativo dal titolo: «Riflessioni sul comportamento e sulle emozioni a partire dalla lettura ed interpretazione del testo poetico L'Albatro di Baudelaire».
  Inoltre, nel mese di novembre 2022, l'istituto ha effettuato tre incontri con il comitato studentesco per riflettere sull'accaduto e preparare le attività di
peer education rivolte a tutte le classi interessate dal titolo: «Costruire l'appartenenza e l'identità attraverso la peer education».
  La dirigente ha riferito che il consiglio di classe si è nuovamente riunito in sessione straordinaria, in data 12 dicembre 2022, deliberando all'unanimità la conferma delle sanzioni già disposte il 18 ottobre 2022 a carico degli studenti.
  La nuova delibera del consiglio di classe straordinario si è resa necessaria per consentire agli studenti e alle loro famiglie di optare per un'attività alternativa alla sanzione della sospensione dalla frequenza scolastica che, all'epoca del primo incontro del 18 ottobre 2022, non era ancora stata approntata dall'istituto.
  Nell'incontro che si è svolto presso il Ministero dell'istruzione e del merito con la dirigente scolastica dell'istituto, in data 24 gennaio 2022, il Ministero ha voluto rafforzare il dialogo con l'istituzione scolastica per identificare insieme le criticità e studiare le possibili soluzioni, condividendo la necessità di affrontare la vicenda in argomento attraverso l'unica strada efficace: ripristinare il patto educativo fra genitori e insegnanti per il bene dei ragazzi.
  Infine, si ricorda che, in data 8 febbraio 2023, il Ministero ha emanato una circolare secondo la quale, nei casi accertati di episodi di violenza nei confronti del personale scolastico, al fine di assicurarne la rappresentanza e la difesa nelle sedi civili e penali, potrà essere richiesto l'intervento dell'Avvocatura dello Stato e sempre che l'Avvocato generale dello Stato ne riconosca l'opportunità.

Il Ministro dell'istruzione e del merito: Giuseppe Valditara.