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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 aprile 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    se il 2022 è stato segnato da siccità e da eventi climatici eccezionali, che in passato capitavano nell'arco di un decennio, il 2023 ha presentato con largo anticipo un quadro molto preoccupante, come documentato dalle fotografie della secca dei fiumi e dei laghi in Italia scattate da un satellite dell'Agenzia spaziale europea;

    laghi e fiumi risultano in forte sofferenza, quasi in secca come nell'estate 2022, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata: è quanto registrato in Italia, a metà febbraio 2023, complice l'aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le esigue precipitazioni e una crisi climatica senza precedenti;

    a segnalare gli allarmanti trend idrici in un periodo tradizionalmente piovoso e oggi addirittura afoso è l'osservatorio dell'Associazione nazionale delle bonifiche irrigazioni e miglioramenti fondiari (Anbi) sulle risorse idriche, che sottolinea innanzitutto come in tutta l'Emilia-Romagna tornino a calare vistosamente le portate dei fiumi, con il Po tornato su valori minimi, attorno al 30 per cento della media, e il Secchia che è sceso ai limiti del minimo storico (2,8 metri cubi al secondo), minimo sotto il quale è già sceso l'Enza;

    confrontando i dati 2021-2022 dei grandi bacini naturali del Nord, oggi tutti sotto media, si può notare come, ad eccezione del Lago di Como, le differenze siano notevoli: 12 mesi fa, Garda ed Iseo erano quasi al colmo di piena come il Maggiore, a cui oggi manca invece un buon 50 per cento del volume d'acqua presente nel 2022 e che, permanendo le attuali condizioni, segnerà prossimamente nuovi record di altezza idrometrica minima. In Valle d'Aosta le temperature della terza settimana di maggio, che sfiorano i 30 gradi, favoriscono lo scioglimento della neve, che sta rimpinguando i corsi d'acqua della regione. In Piemonte calano i livelli dei principali fiumi; in Lombardia, dove la neve che va sciogliendosi è circa il 62 per cento in meno di quella normalmente presente nel periodo, le portate del fiume Adda sono inferiori di oltre 200 milioni di metri cubi al secondo, rispetto allo stesso periodo del particolarmente siccitoso 2017. Il Veneto resta una delle regioni maggiormente in difficoltà idrica, con tutte le conseguenze che già ora si stanno manifestando per l'agricoltura e l'ambiente (gran parte delle risorgive sono ai minimi o perfino asciutte);

    scendono a livelli da piena estate anche le portate dei fiumi toscani e anche i corsi d'acqua marchigiani mostrano primi segnali di difficoltà. Nel Lazio, esigue, se confrontate con gli anni precedenti, sono le portate del fiume Tevere e non migliora la situazione del Lago di Bracciano. In Campania i livelli idrometrici dei corsi d'acqua sono in discesa: il rischio di siccità resta presente soprattutto nelle aree settentrionali della regione. Un leggero incremento nei volumi invasati si registra per le dighe della Basilicata, mentre quelle pugliesi calano di quasi 3 milioni di metri cubi in una settimana, segnando un leggero deficit sul 2022. In Sicilia, infine, rimane positiva la condizione complessiva degli invasi, nonostante le precipitazioni si manifestino da mesi in maniera disomogenea, lasciando all'asciutto una buona porzione di territorio;

    il bilancio complessivo è di una nuova ondata di siccità o forse sarebbe meglio parlare di un'emergenza siccità mai finita, con corsi d'acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica «media» in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi: il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell'Appennino settentrionale e quello dell'Appennino centrale;

    secondo Terna, la crisi idrica ha ridotto la produzione di energia idroelettrica del 37,7 per cento nel 2022 e a dicembre è stato registrato –18,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2021; preoccupante anche la carenza di neve, con il 53 per cento in meno sull'arco alpino, e, in particolare, il bacino del Po, con un deficit del 61 per cento (fonte: Cima research foundation);

    tale emergenza ha scatenato una tempesta perfetta anche sull'agricoltura italiana, come denunciato dalla Coldiretti, che ha stimato in circa 6 miliardi di euro i danni da siccità, arrivando a bruciare così il 10 per cento del valore della produzione agricola nazionale. Previsioni simili arrivano anche dalla Cia-Agricoltori italiani: partendo da un valore aggiunto per il settore intorno ai 34 miliardi di euro annui, c'è effettivamente il rischio che se ne vada in fumo il 10 per cento del prodotto interno lordo del comparto. Più cauta Confagricoltura, che ad oggi stima i danni da siccità in 2 miliardi di euro e le perdite per il valore aggiunto agricolo attorno al 6 per cento, anche se la percentuale è destinata senz'altro a salire per colpa degli aumenti dei costi di produzione;

    preoccupante è l'allarme in agricoltura lanciato da Coldiretti: «Il Po è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume, fondamentale per l'ecosistema della pianura padana, dove per la mancanza di acqua è minacciato oltre il 30 per cento della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo»;

    le difficoltà, ovviamente, si estendono a buona parte della penisola, dove con il picco delle temperature manca l'acqua necessaria ad irrigare le coltivazioni che si trovano in una situazione di stress idrico che mette a rischio le produzioni;

    l'assenza di precipitazioni colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l'Italia è dipendente dall'estero in molte materie prime e produce appena il 36 per cento del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53 per cento del mais per l'alimentazione delle stalle, il 56 per cento del grano duro per la pasta e il 73 per cento dell'orzo;

    per il raccolto del grano la Coldiretti stima un calo del 30 per cento per quello duro usato per la pasta e del 20 per cento per quello tenero, utilizzato per il pane, ma in alcune regioni si arriva addirittura a punte del 40 per cento di perdita delle rese;

    le stime per il mais sono ancora peggiori, il raccolto sarà dimezzato perché la siccità ha colpito più duro soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, che rappresentano quasi il 90 per cento dell'intera produzione nazionale. Il crollo del raccolto impatta pesantemente sulle stalle, anche a causa della contemporanea diminuzione della produzione di foraggi, anch'essa dimezzata dalle alte temperature;

    anche nelle risaie è allarme rosso, con perdite stimate in oltre il 30 per cento del raccolto. Dei 217 mila ettari coltivati a riso in Italia, ricorda la Coldiretti, il 90 per cento è concentrato fra la Lombardia e il Piemonte, due delle regioni dove l'emergenza siccità è più grave. Il riso, ad esempio, nel 2022 ha perso 23.000 ettari soltanto nella Lomellina, 3.000 nel Novarese; i risicoltori, anche a causa dell'aumento dei costi dei fertilizzanti, dei principi attivi e per l'essiccazione, hanno abbandonato 9.000 ettari di riso, passando a coltivazioni come soia, girasole, mais: una scelta dettata proprio dai cambiamenti climatici;

    quanto all'olio, la campagna 2022 era già risultata compromessa nei mesi scorsi, quando il caldo anomalo aveva ridotto significativamente la trasformazione dei fiori in frutti e la situazione è particolarmente grave in Puglia, dove, nonostante i danni da Xylella, si coltiva ancora un terzo delle olive italiane, con una produzione stimata in calo del 40 per cento;

    la siccità condiziona anche le vigne: senza pioggia gli acini di uva faticano a ingrossarsi, quando addirittura non si asciugano, ed è a rischio anche la sopravvivenza dei nuovi impianti, specie nelle aree dove non c'è possibilità di irrigare;

    nei campi la frutta e la verdura stanno letteralmente bruciando, con danni che in alcune zone arrivano a provocare la perdita del 70 per cento del raccolto: peperoni, meloni, angurie, albicocche e melanzane soprattutto. Per evitare le scottature da caldo, si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere; per il pomodoro da sugo, ad esempio, la raccolta è cominciata con una settimana di anticipo, ma nonostante questo si stima un calo del raccolto dell'11 per cento;

    il caldo condiziona anche gli animali nelle fattorie, dove per via delle alte temperature le mucche stanno producendo fino al 20 per cento di latte in meno. Ogni singolo animale è arrivato a bere fino a 140 litri di acqua al giorno, contro i 70 dei periodi meno caldi. La mancanza di acqua per garantire il ricambio idrico e l'aumento della salinità lungo la costa stanno invece soffocando le vongole e le cozze del delta del Po, con la perdita del 20 per cento degli allevamenti, sempre secondo le stime di Coldiretti Impresa-pesca;

    condivisibili sono le preoccupazioni di Confagricoltura, che ha avanzato la necessità di una strategia idrica nazionale, dal rinnovamento delle infrastrutture all'innovazione, strettamente connessa alla produttività, dall'adozione di un nuovo piano sugli invasi al ripensamento dell'intera rete per evitare le attuali perdite d'acqua;

    se è vero che da quando le imprese hanno investito in irrigazione di precisione, in sistemi di riutilizzo delle acque reflue e di raccolta massiva, si è assistito ad un grande risparmio valutabile nel 30/35 per cento di consumi in meno (si calcola che su alcune colture, con l'irrigazione mirata, si risparmino circa 630 metri cubi all'anno di acqua), è altrettanto vero che il problema risiederebbe in un sistema di distribuzione vecchio e fallace, considerato che in Italia si perde, lungo la rete idrica, mediamente il 42 per cento dell'acqua quando in Germania, ad esempio, tale percentuale sfiora l'8 per cento;

    non è più pensabile rincorrere le emergenze, ma è necessario promuovere una politica di prevenzione, attraverso la definizione di una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo. In particolare, sono necessarie misure che favoriscano l'adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d'acqua. La domanda di questa preziosa risorsa è alta perché riguarda diversi usi, da quello agricolo, a quello civile e industriale, pertanto non adottare misure ragionate significa rischiare nel medio periodo a non riuscire a soddisfare come sistema Paese il fabbisogno idrico nazionale;

    la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all'approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nei prossimi mesi primaverili ed estivi;

    come ricordato da Legambiente, l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni dieci anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della penisola;

    secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    in tale contesto il Governo, meritoriamente, per fronteggiare immediatamente la situazione di eccezionale gravità causata dai cambiamenti climatici in atto, ha adottato con urgenza un decreto-legge per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche. Le misure adottate aumenteranno la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e diminuiranno le dispersioni di risorse idriche. Per riuscire nella missione si segnalano, in particolare, le misure adottate per garantire un regime procedurale semplificato per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche sul modello di quella assunte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, l'aumento dei volumi utili degli invasi, la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito, il riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo, l'introduzione di rilevanti semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione;

    l'immediata attuazione delle misure è garantita da un efficace sistema di governance grazie all'istituzione d'una cabina di regia per effettuare nel breve termine una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per mitigare gli effetti della crisi idrica, individuando quelle da affidare immediatamente al commissario straordinario nazionale, il quale resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 con possibilità di proroga, se permanesse la situazione descritta, fino al 31 dicembre 2024. Nel caso di ritardi o di altre criticità la cabina di regia interviene per superare i problemi anche nominando singoli commissari ad acta;

    il commissario straordinario nazionale non solo realizzerà, in via d'urgenza, gli interventi indicati dalla cabina di regia, ma svolgerà anche ulteriori importanti funzioni, come la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la verifica e il coordinamento dell'adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi, la verifica e il monitoraggio dell'iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzati alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento, l'individuazione delle dighe per le quali risulta necessaria e urgente l'adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi, la ricognizione degli invasi fuori esercizio temporaneo da finanziare nell'ambito delle risorse del «Fondo per il miglioramento della sicurezza e la gestione degli invasi». Sono previste anche delle ulteriori procedure per consentire al Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, se e quando necessario, di imputare al commissario, in via sostitutiva, l'onere di adottare urgentemente tutti gli atti o i provvedimenti e di eseguire i progetti o gli interventi indispensabili alla nazione per contrastare con misure immediate la siccità e mitigarne efficacemente gli effetti che danneggiano tutti gli italiani e per dare una prima efficace soluzione alla preoccupante situazione economica e finanziaria vissuta dalle imprese a causa non solo della attuale congiuntura economico-finanziaria, ma anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici;

    fortunatamente le misure adottate per causa di necessità e urgenza dal Governo sopra descritte porteranno benefici nel breve periodo, ma ulteriori interventi futuri si ritengono necessari. Ad esempio, per risparmiare l'acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie, la Coldiretti, insieme all'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica), ha elaborato un progetto immediatamente cantierabile per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presente. L'idea è di realizzare laghetti, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l'acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all'industria e all'agricoltura, con una ricaduta importante sull'ambiente e sull'occupazione;

    occorre pensare e realizzare una rete di micro/medi impianti di raccolta delle acque piovane e fluviali, utilizzando senza sprechi e in modo attento e mirato i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati anche all'ammodernamento delle reti e delle captazioni dell'acqua. Occorre, altresì, ragionare sul riutilizzo delle acque depurate, che possono trovare nuovo impiego, anche in agricoltura, e al fine di non disperderle in mare, dove cagionerebbero danni certi giacché, trattandosi di acque dolci, la loro immissione nei bacini salati provoca alterazione dell'ecosistema;

    non meno importante è un'opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema del contrasto allo spreco della risorsa idrica, posto che siamo i più alti consumatori pro capite di acqua in Europa con oltre 220 litri al giorno per abitante, con consumi medi familiari nell'ordine dei 150 metri cubi all'anno; altro tema particolarmente sentito in tutti i principali settori produttivi che contribuiscono alla tenuta e alla crescita del Paese, a partire ovviamente dall'agricoltura, è quello dell'accesso al credito, posto che la disponibilità di risorse e di prodotti finanziari rappresenta indubbiamente una delle condizioni indispensabili per la crescita di una qualsiasi impresa o attività produttiva;

    anche e soprattutto per tali ragioni, è fondamentale intervenire sugli accordi di Basilea, valutando la possibilità di un ripensamento che tenga conto delle particolarità dell'agricoltura: si pensi, ad esempio, a interventi sulle procedure di istruttoria e a deroghe apposite per il merito creditizio delle imprese agricole, la cui attività come noto è legata in maniera indissolubile ai cicli della natura e, in quanto tale, non ha le stesse tempistiche degli altri comparti produttivi;

    in ogni caso, è necessario continuare a lavorare sul rapporto tra gli istituti di credito e le imprese agricole, rafforzandolo e facilitandolo, tenendo anche conto del fatto che un altro grande problema è quello legato all'inasprimento dei tassi d'interesse per i prestiti bancari, in atto ormai da diversi mesi. Questione di fondamentale rilevanza in un'ottica di rilancio dell'economia, per la quale lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza, come noto, oltre a prevedere risorse a fondo perduto, contempla prestiti ad interessi agevolati,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta ad adottare un piano nazionale per combattere l'emergenza idrica, fondato su alcuni principali pilastri:

  a) garantire la manutenzione costante della rete distributiva e degli invasi;

  b) prevedere il coinvolgimento dei bacini idroelettrici per sostenere le forniture di acqua ad uso potabile e agricolo nelle fasi più acute della siccità;

  c) favorire la ricarica controllata della falda, in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere a valle fino al mare;

  d) prevedere l'obbligo di recupero delle acque piovane con l'installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;

  e) prevedere interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

  f) implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura attraverso la promozione delle modifiche normative necessarie;

  g) riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;

  h) utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

  i) favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

  l) introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in ambito idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

  m) incentivare i comuni a dotarsi di strumenti di misura remoti smart meter e a promuovere progetti di intelligenza artificiale e data science per recuperare significative percentuali di risorse idriche perse;

  n) definire una gestione delle crisi basata sui bisogni concreti dei distretti idrografici minacciati dalla scarsità delle risorse idriche e dalla siccità, sulla partecipazione pubblica e sui sistemi di allerta rapida che operano a livello nazionale, regionale e locale;

  o) promuovere cooperazioni interregionali per la gestione integrata dei corsi d'acqua, in particolare in ambito agricolo;

2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere economico a sostegno dei comparti produttivi maggiormente colpiti dall'emergenza idrica, con particolare riguardo a:

  a) misure di aiuto, prevenzione e compensazione a sostegno del settore agricolo, valutando l'opportunità di un miglior indirizzamento di quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

  b) estensione del credito di imposta per l'acquisto di gasolio agricolo, necessario ad arginare il «caro carburante»;

  c) sterilizzazione strutturale del sistema delle accise sui carburanti e definitiva eliminazione degli oneri di sistema;

3) sul piano ambientale, a promuovere una politica volta a:

  a) evitare la creazione di barriere al corso naturale dei fiumi nel tentativo di ridurre le inondazioni e condurre valutazioni più ampie dell'impatto in caso di sbarramento dei corsi naturali sul flusso d'acqua;

  b) favorire un maggior utilizzo del rimboschimento per limitare e mitigare il deflusso estremo delle acque di superficie e sotterranee e per contrastare il degrado e l'erosione del suolo;

  c) procedere a una nuova valutazione delle quantità di acqua sotterranea in Italia e delle norme che ne disciplinano l'uso, nel principale intento di garantire un uso razionale delle risorse d'acqua sotterranee in base alle esigenze dei singoli territori;

4) ad assumere iniziative di competenza presso le competenti sedi europee per l'estensione, anche per il 2023, delle deroghe accordate nel 2022 sull'uso non produttivo dei terreni e sulla rotazione annuale obbligatoria dei seminativi;

5) a istituire un tavolo di confronto permanente sul credito in agricoltura, vero e proprio motore della crescita e dell'innovazione, intorno al quale riunire le istituzioni, le organizzazioni di settore e l'Abi;

6) a promuovere campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione su un uso ragionato dell'acqua.
(1-00121) «Almici, Foti, Cerreto, Mattia, Rotelli, Caretta, Milani, Benvenuti Gostoli, Ciaburro, Iaia, La Porta, La Salandra, Lampis, Malaguti, Marchetto Aliprandi, Fabrizio Rossi, Rachele Silvestri».


   La Camera,

   premesso che:

    in occasione dell'audizione svolta in Parlamento nel dicembre 2022 sulle linee programmatiche del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro Pichetto Fratin ha riferito che «l'Italia produce solo il 25 per cento dell'energia di cui necessita, il restante 75 per cento viene importato da Paesi esteri, sotto forma di gas, di prodotti petroliferi e di carbone. (...) Inoltre, il conflitto russo ucraino ha mostrato con brutale evidenza che, per quanto riguarda il gas, la scelta di dipendere prevalentemente da un unico Paese fornitore – nel corso del 2021 il 40 cento del nostro fabbisogno di gas è stato soddisfatto da import russo – espone il sistema a forti rischi per l'approvvigionamento, acuiti da dinamiche estremamente instabili dei prezzi non determinate esclusivamente da logiche di mercato e soggette a fenomeni speculativi. È evidente che per raggiungere elevati livelli di indipendenza energetica nazionale è necessario un percorso di crescita esponenziale delle fonti rinnovabili»;

    accanto alle misure emergenziali per affrontare la crisi contingente occorre quindi, strategicamente, continuare a puntare sul phase out dalle fonti fossili attraverso un'accelerazione ancora più decisa dello sviluppo delle fonti rinnovabili che sia in grado di ridurre la domanda complessiva di gas;

    l'Italia si è dotata di una Strategia energetica nazionale (Sen) prima, e di un Piano nazionale integrato energia e clima poi, che in sostanziale continuità di struttura vanno a definire i futuri scenari energetici nazionali sulla base delle scelte compiute nel passato, degli impegni europei – a partire dal pacchetto Fit for 55 e, da ultimo, il piano REPowerEU, con investimenti imponenti di oltre 300 miliardi – e di quelli mondiali assunti con gli accordi per il clima nelle diverse Climate Change Conference (Cop) dell'Onu;

    in maniera schematica il processo verso la decarbonizzazione dell'economia e dei sistemi energetici si può suddividere in due parti. Una prima, intermedia e transitoria, che dura sino a circa il 2030, seguita poi da un secondo periodo di lavoro più incisivo che arriverà sino al 2050 per raggiungere «net zero» e decarbonizzazione totale di molti sistemi. In questo senso, nella fase intermedia è previsto che il nostro sistema energetico si regga sulle energie rinnovabili e sull'uso del gas, quali elementi di tenuta e bilanciamento della rete per la natura intermittente di quelle fonti. Ciò avendo anche previsto la fuoriuscita dal carbone in tempi ragionevolmente brevi;

    questi obiettivi comportano un notevole apporto delle Fer nel mix energetico primario complessivo;

    il phase out dalle fonti fossili potrà e dovrà subire un'accelerazione, sia per evidenti impatti sul clima, sia anche in considerazione della situazione di guerra in Ucraina, che rende sempre più necessaria ridurre la nostra dipendenza dall'estero. Occorre, infatti, puntare ancora più fermamente su misure di semplificazione nell'installazione e misure che portino alla diffusione dei contratti di fornitura a lungo termine, cosa che aiuterà nell'installazione di questi impianti e aiuterà nel contenimento dei costi per cittadini ed imprese;

    la transizione verso un'economia sostenibile comporta anche la necessità di investimenti in ricerca e sviluppo per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso lo sviluppo di tecnologie avanzate, favorendo quanto più possibile nuove forme di utilizzo (ad esempio aggregazioni/comunità energetiche);

    in tale contesto riveste un ruolo di primaria importanza la destinazione di adeguate risorse al sistema della ricerca pubblica per sviluppare e diffondere tecnologie rinnovabili economicamente efficaci per la generazione di energia;

    il 12 luglio 2022 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2020/852 («regolamento sulla tassonomia») con l'obiettivo di informare gli investitori sul carattere ecosostenibile di un'attività economica, definendo criteri comuni a livello di Unione europea;

    la tassonomia dell'Unione europea sulla sostenibilità di una serie di investimenti finanziari è concepito per contribuire al raggiungimento dei tre obiettivi del piano d'azione, che puntano a: a) riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva; b) gestire i rischi finanziari derivanti da cambiamenti climatici, catastrofi naturali, degrado ambientale e questioni sociali; c) promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività finanziarie ed economiche. Il regolamento stabilisce poi i passi che un'attività economica deve compiere per dare un contributo sostanziale o per non danneggiare in modo significativo nessuno di questi obiettivi;

    in particolare, l'atto delegato complementare «Clima» (regolamento delegato (UE) 2022/1214) modifica i regolamenti delegati (UE) 2021/2139 e (UE) 2021/2178, introducendo nella tassonomia dell'Unione europea altre attività economiche del settore energetico. Il testo stabilisce condizioni chiare e rigorose, a norma dell'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento tassonomia, alle quali è possibile aggiungere, come attività transitorie, alcune attività nucleari e del gas a quelle già presenti nel primo atto delegato sulla mitigazione e sull'adattamento ai cambiamenti climatici, applicabile dal 1° gennaio 2023;

    si ricorda che la classificazione della tassonomia non determina se una data tecnologia rientrerà o meno nel mix energetico degli Stati membri;

    l'Italia si è già espressa due volte contro il nucleare a seguito dei referendum abrogativi, l'ultimo dei quali nel 2011;

    sul nucleare, la ricerca studia da anni i reattori a fissione di IV generazione e i reattori a fusione. Entrambe queste tecnologie, seppur con diverso grado, hanno aspetti ambientali migliori rispetto alle tecnologie odierne eliminando, nel caso della fusione, o riducendolo, nel caso della IV generazione, il problema delle scorie radioattive;

    si tratta di tecnologie assai diverse che operano sulla base di principi e processi differenti (l'obiettivo è lo stesso: produrre energia elettrica);

    nel caso della «fusione nucleare» per studiare questo processo, la fisica dei plasmi, la loro stabilità e le tecnologie necessarie per lo sviluppo ed il mantenimento di plasmi stessi, è in corso di costruzione in Francia il reattore sperimentale Iter con il sostegno di un ampio consorzio internazionale (Cina, Unione europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti);

    in parallelo, negli Stati Uniti, presso il Massachusetts Institute of Technology, è in corso l'esperienza Sparc che coinvolge attivamente molte realtà italiane;

    l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo in rete, valutato sulla base dello sviluppo di Iter, può essere collocato, ad oggi, non prima del 2060;

    la «fusione nucleare» mostra importanti particolarità dal punto di vista della sicurezza ed in ottica ambientale, se si considera l'aspetto delle scorie nucleari che sarebbero praticamente eliminate;

    nel caso della «fissione» di IV generazione, si è invece in presenza di una evoluzione dei reattori ad oggi in operazione, da cui si distinguono per diversi fattori fra cui l'energia dei neutroni impiegati che può consentire un ciclo del combustibile molto differente dai reattori attuali;

    l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo della quarta generazione può essere, ad oggi, collocato attorno agli anni quaranta del secolo, ma con punti ancora non del tutto risolti sulla tecnologia da utilizzare, sulla effettiva economia dei reattori di quarta generazione, e sulla effettiva riduzione delle scorie radioattive;

    la natura del ciclo del combustibile nei reattori di quarta generazione riduce drasticamente la quantità delle scorie prodotte e il problema dei tempi di confinamento delle scorie radioattive, pur tuttavia senza eliminarlo;

    sempre sulla fissione nucleare è in fase di studio la possibilità dell'evoluzione della taglia del reattore andando verso unità di dimensioni più contenute (Small Modular Reactor) in modo da favorire la mitigazione del rischio, la standardizzazione della costruzione, a vantaggio dell'economia di sistema;

    così pure il cosiddetto nucleare di terza generazione, attualmente disponibile, ha dimostrato di non essere competitivo a livello di costi con molte delle opzioni di energia rinnovabili, a causa dei crescenti costi di costruzione e sicurezza;

    è bene ricordare, anche, che ad oggi, nella maggior parte dei paesi che usano energia nucleare, non vi è ancora una soluzione definitiva in funzione per lo stoccaggio geologico dei rifiuti ad alta radioattività sinora prodotti;

    a tal proposito, occorre porre un'attenzione adeguata e accelerare il programma di definizione del sito unico per i rifiuti nucleari, sia per quel che riguarda il programma già avviato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica tramite Sogin per i rifiuti a bassa intensità, il cui percorso è in atto, sia per quel che riguarda la definizione del sito (geologico), anche di intesa con altri Paesi europei, per i rifiuti ad alta intensità, quelli delle centrali, per i quali lo Stato italiano ha versato nel tempo alla Francia ed alla Gran Bretagna importanti risorse per la loro gestione, non avendo ancora definito un sito di deposito; recentemente, inoltre, la Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato, il secondo passaggio della procedura d'infrazione, all'Italia, per l'adozione di programmi nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi non interamente conformi alla direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi;

    ulteriore attenzione va comunque posta alle possibili relazioni – dual use, militare e civile – tra lo sviluppo ulteriore della fissione nucleare con i programmi di proliferazione militare;

    sulle nuove tecnologie collegate al nucleare del futuro l'Italia ha oggi un indiscusso ruolo di primo piano, lo ha per la fusione, con la partecipazione importante ad Iter e ad Euro Fusion, con la partecipazione del Dtt (Divertor Tokamak Test Facility) e con le grandi competenze nei sistemi di gestione del trizio e di asportazione del calore nei sistemi a piombo-litio maturate degli enti di ricerca e dell'industria nazionale;

    lo ha anche, però, nella IV generazione a fissione nella versione refrigerata piombo, dove l'industria nazionale è leader indiscussa a livello europeo nella progettazione e sviluppo tecnologico di questi reattori;

    sviluppo che già oggi vede aziende pubbliche e private lavorare in diversi Paesi europei (ad esempio, Romania e Regno Unito) per dimostrare la fattibilità tecnica di questi reattori;

    tuttavia, l'Italia sta perdendo competenze fondamentali nell'ambito nucleare, anche a causa della carenza di docenti e dell'insegnamento di programmi di ingegneria nucleare nelle università. In particolare, i corsi di ingegneria nucleare sono ad oggi attivi in pochissimi atenei e gli studenti interessati alla materia sono costretti a dirigersi verso un'offerta formativa all'estero;

    in particolare, anche a prescindere dallo sviluppo del nuovo nucleare a fusione o di quarta generazione, occorrerà coltivare competenze nucleari nell'ambito della radioprotezione per continuare l'azione dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) e per continuare l'azione di decommissioning della Sogin;

    si ricorda inoltre che, a nove mesi dal commissariamento di Sogin, di giugno 2022, si registrano una serie di inadempimenti e di ritardi sulle attività di decommissioning, sulla gestione dei grandi appalti e sulla realizzazione del deposito nazionale. Non si registrano attività rilevanti in alcun sito, l'organico è in costante riduzione, tanto da mettere in criticità la stessa gestione ordinaria e la messa in sicurezza degli impianti;

    la rilevanza dell'impegno nazionale, pubblico e privato, e le consistenti capacità scientifiche e tecnologiche in questi settori, evidenziate da questi sviluppi, costituiscono importanti opportunità industriali per il futuro del Paese;

    come già indicato è bene ricordare che la Sen ed il Pniec poi, hanno confermato una struttura del sistema energetico nazionale basata su Fer e gas – quale elemento di transizione – unitamente a significative azioni di risparmio energetico;

    in tale contesto, investitori privati e pubblici stanno mettendo in campo uno sforzo significativo in termini di nuovi impianti (solo per la Fer più di 70 gigawatt prima del 2030 con una produzione di più di 100 TWh), di ristrutturazione delle reti elettrica e del gas, di azioni di risparmio energetico, con investimenti facilmente quantificabili per più di 120-130 miliardi di euro, che saranno utilizzabili per i prossimi 20-30 anni e costituiranno l'ossatura del nostro sistema energetico nel processo di decarbonizzazione,

impegna il Governo:

1) a confermare e sostenere a livello europeo e nazionale ogni sforzo necessario a realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione e progressiva uscita dalla dipendenza dalle fonti fossili, provvedendo ad inviare alla Commissione europea l'aggiornamento del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) entro giugno 2023;

2) ad adottare programmi di ricerca e sviluppo dei sistemi a fusione e a fissione, del tipo quarta generazione, per consentire al Paese di mantenere le posizioni avanzate e di leadership conquistate nel settore, tenendo conto dell'esigenza di assicurare un impegno prioritario a sostenere lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie di fonti rinnovabili, l'efficienza energetica e la diversificazione delle fonti gas attualmente in uso, nell'ottica dell'autonomia energetica del Paese e per il raggiungimento dei target di neutralità climatica nei tempi stabiliti al 2030 e al 2050, concordati a livello europeo;

3) a concludere entro il 2023 il programma, già avviato, per l'individuazione di un sito unico per i rifiuti nucleari sia di intensità bassa e media sia, in fase intermedia, per gli stessi rifiuti ad alta intensità, al fine di favorire la messa in sicurezza dei territori e di ottemperare alle direttive europee, interrompendo la procedura d'infrazione attualmente in atto, con i relativi costi, aggravati dagli oneri versati ad altri Paesi che attendono di poter restituire il materiale riprocessato delle nostre centrali dismesse;

4) a garantire la piena operatività gestionale ed occupazionale di Sogin, al momento fortemente compromessa, e un suo rilancio industriale, scongiurando che si possa disperdere il suo patrimonio di competenze e professionalità e che possano venire meno le condizioni di sicurezza degli impianti, tenuto conto della strategicità delle sue attività di decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi;

5) a valutare, nel corso dei programmi di ricerca e sviluppo in particolare sulla fissione di IV generazione, i rischi legati al possibile «dual use» militare e civile, dello sviluppo ulteriore della fissione e della compatibilità con i trattati di non proliferazione;

6) a prevedere la formazione di competenze, tramite il potenziamento dei corsi e dell'offerta di formazione universitaria nell'ambito nucleare, anche attraverso l'eventuale reclutamento di docenti e ricercatori formatisi all'estero.
(1-00122) «Di Sanzo, Simiani, Peluffo, Braga, Curti, Ferrari, De Micheli, Di Biase, Gnassi, Orlando».


   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese deve affrontare, con sempre più frequenza, situazioni di siccità prolungate che determinano condizioni critiche per ampie porzioni del territorio, da Nord a Sud. Risorse idriche sempre minori che stanno raggiungendo il loro livello minimo storico;

    l'ecosistema montagna appare quello che ha subito in maniera preponderante tale criticità, non solo a causa delle scarse precipitazioni, nevose in quota, ma soprattutto per l'aumento dell'altitudine dello zero termico, che sta determinando una riduzione sensibile dei principali serbatoi di acqua: i ghiacciai. In tal modo viene compromesso il loro fondamentale ruolo «tampone», aggravando le crisi idriche estive;

    è nei mesi estivi che si verifica il picco della domanda di acqua per uso civile, sensibile all'enorme fluttuazione di presenze nelle destinazioni turistiche, irriguo ed industriale, innescando conflitti d'uso multiscala (locale, regionale e nazionale) e intersettoriali (primario, secondario e terziario);

    le montagne forniscono acqua e nutrienti alle pianure, compensando la riduzione delle precipitazioni estive, tipica del clima italiano. Il contributo della fusione di neve e ghiaccio al deflusso totale dei fiumi varia dal 5 per cento nelle regioni meridionali al 50-60 per cento nel bacino padano;

    tra i servizi ecosistemici forniti dalle montagne, in connessione con le aree a valle, le pianure e le aree costiere, vi è quello di «serbatoi d'acqua» («water towers»);

    la cronaca delle ultime settimane indica una situazione di forte riduzione degli stock idrici nivali. Gli ultimi dati (15 febbraio 2023) confermano il persistere di un deficit di risorse idriche nivali a livello nazionale (-45 per cento), con picchi nella zona alpina (-53 per cento) e, in particolare, nel bacino del Po (-61 per cento) (Cima foundation);

    le indicazioni sono per un'estate ancora più critica di quella già molto difficile del 2022: Legambiente ricorda che l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili;

    la carenza di precipitazioni e l'aumento delle temperature stanno determinando anche una modificazione importante dell'assetto idrogeologico e meccanico delle montagne (Alpi e Appennini), con inevitabili conseguenze sui territori e sulle aree antropizzate;

    l'agricoltura tutta dipende dalla risorsa idrica e quella delle regioni, soprattutto del Nord Italia, è legata ai grandi fiumi e ai bacini lacustri di pianura e di quota;

    in base ai dati dell'Ispra, la disponibilità di risorsa idrica media annua in Italia, calcolata nel periodo 1951-2020, ammonta a 469,8 millimetri (corrispondente a un volume di circa 142 miliardi di metri cubi), cioè il 19 per cento in meno rispetto al valore medio annuo del trentennio 1921-1950, con un trend negativo che vede stimata una perdita di un ulteriore 40 per cento (con punte del 90 per cento in certe zone del Sud Italia) nei prossimi trent'anni;

    la quantità d'acqua utilizzata in Italia ogni anno equivale a circa 26,6 miliardi di metri cubi, distribuiti per il 51 per cento nel settore agricolo, per il 21 per cento nel settore industriale, per quasi il 20 per cento nel civile e per un restante 8 per cento circa tra settore energetico e zootecnia;

    la perdurante scarsità di precipitazioni pluviometriche e nevose degli ultimi anni ha, infatti, cagionato una riduzione dei deflussi sia superficiali che stoccati, condizionando in maniera significativa i livelli delle falde freatiche e mettendo in evidenza le importanti criticità strutturali che caratterizzano gli impianti e la rete di distribuzione idrica nazionale, con perdite ingenti;

    nel nostro Paese le opere di urbanizzazione primaria, come reti di acquedotto e di fognatura, sono sempre di più datate e raramente si sono immaginati in passato investimenti atti al riuso appropriato, attraverso idonei sistemi di depurazione delle acque di scarico a fini non potabili;

    la rete nazionale delle infrastrutture primarie di adduzione e scarico necessita in futuro di interventi di modernizzazione e manutenzione adeguatamente pianificati;

    anche la rete per l'irrigazione rurale necessità di adeguati interventi manutentivi e di razionalizzazione funzionale;

    il 28 dicembre 2022 si è finalmente giunti alla pubblicazione aggiornata del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, attualmente in fase finale di consultazione pubblica, prevista dalla valutazione ambientale strategica, nel quale sono indicate azioni di adattamento finalizzate all'ottimizzazione della gestione della risorsa idrica;

    non risulta però definito come le strutture di governance del Piano intendano svolgere il ruolo di coordinamento, indirizzo e facilitazione nell'attuazione degli interventi, né sono previste specifiche fonti di finanziamento, la cui ripartizione non dovrebbe basarsi sul criterio di popolazione territorialmente residente, ma sul parametro idrologico di contributo sui deflussi a favore dell'intera popolazione del bacino di riferimento;

    il Governo il 1° marzo 2023 ha riunito un tavolo sulla crisi idrica dai cui lavori è scaturita l'istituzione di una cabina di regia e la previsione di nominare un commissario straordinario nazionale con poteri esecutivi;

    ad inizio aprile 2023 il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge sulla prevenzione e sul contrasto della siccità e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche,

impegna il Governo:

1) a valutare e definire gli strumenti di finanziamento e quelli normativi necessari per l'attuazione di azioni sistemiche e non solo emergenziali, che consentano di ridurre la vulnerabilità dei territori di montagna, e quindi anche delle aree di pianura e costiere, sulla base della riduzione della disponibilità idrica causata dalla crisi climatica;

2) a valutare la definizione di un piano strategico di interventi, compatibilmente con le disponibilità finanziarie a disposizione, volte a provvedere, in via assolutamente prioritaria, alla realizzazione degli investimenti necessari per l'ammodernamento delle reti infrastrutturali di adduzione e scarico anche attraverso i fondi messi a disposizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

3) in relazione alle iniziative di cui ai precedenti impegni, a coinvolgere le istituzioni locali, quali regioni e comuni, nella definizione strategica delle azioni future, tenendo conto degli areali di riferimento e delle problematiche territoriali in essere e del ruolo prioritario delle regioni stesse;

4) a valutare l'adozione di misure di fiscalità agevolata al fine di incentivare interventi anche di natura locale e privata, indirizzati all'ottimizzazione della risorsa idrica non solo per gli usi civili e/o produttivi, ma soprattutto per ottimizzare gli investimenti in irrigazione di precisione nei settori agronomici, tenendo conto delle tipologie di colture, della configurazione dei territori e delle pratiche e tecniche che rappresentano la nostra storia e cultura;

5) a definire in tempi adeguati un piano per la realizzazione di una rete nazionale di nuovi invasi, a servizio delle imprese agricole, necessari a una maggiore e più capillare capacità di immagazzinamento dell'acqua piovana, oltre che una semplificazione normativa per la gestione dei detriti nella pulizia degli invasi già esistenti, quali i bacini delle dighe e dei laghi artificiali;

6) a promuovere un piano per il riuso delle acque di depurazione;

7) a promuovere iniziative puntuali di informazione alla popolazione, coinvolgendo anche le istituzioni scolastiche nell'agevolare un cambiamento culturale incentrato sulla consapevolezza dei cambiamenti in atto.
(1-00123) «Manes, Schullian, Steger, Gebhard, Gallo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PICCOLOTTI e GRIMALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per lo sport e i giovani. — Per sapere – premesso che:

   dalla puntata del podcast Chora Media (ep. 63) si apprende dell'esistenza di gruppi Telegram dedicati alle scommesse online che vengono pubblicizzate da giovanissimi Tik Toker sulla popolare piattaforma social Tik Tok, notoriamente frequentata soprattutto da ragazzi e ragazze molto giovani;

   questi Tik Toker, condividono il proprio stile di vita agiato, sostenendo di guadagnare velocemente molti soldi attraverso il consiglio di amici fidati, rimandando poi tramite link a gruppi Telegram che incentivano il gioco d'azzardo;

   all'interno di ognuno di questi canali i messaggi sono molto simili: foto con mazzette di soldi, spesso in mano a ragazze molto giovani seminude, screenshot di conti bancari sui quali arrivano bonifici a doppio zero quotidianamente, messaggi vocali di persone che dicono di aver vinto, o meglio, «sbancato», foto di giovanissimi in vacanza grazie ai jackpot, intervallate da grafiche che richiamano le sale scommesse e che anticipano una nuova sessione di gioco, con l'amministratore del canale che invita a giocare e a chiedere informazioni in privato;

   in soli sei di questi canali Telegram analizzati, gli utenti attivi vanno complessivamente dai quaranta ai centocinquantamila;

   a parere dell'interrogante occorre una forte azione di contrasto a questa nuova forma di pubblicità del gioco d'azzardo, per di più rivolto ad un pubblico composto prevalentemente da minorenni;

   da un articolo del 4 marzo 2022 pubblicato sul sito www.jamma.tv si apprende che la Francia ha adottato una nuova legge che sostituisce la procedura legale per il blocco dei siti di gioco illegali con una procedura di blocco amministrativo;

   grazie a questa legge, il presidente della National Gaming Authority può ora, sotto controllo del giudice amministrativo, ordinare ai fornitori di servizi internet di bloccare l'accesso ai siti che offrono un'offerta illegale di gioco e ciò consente di impedire, in modo più rapido ed efficace, l'accesso a siti che presentano rischi molto elevati in termini di dipendenza, affidabilità del gioco e operazioni di riciclaggio di denaro;

   quello compiuto dalla Francia rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro l'offerta illegale di gioco d'azzardo attraverso una nuova strategia di cooperazione con tutti gli operatori digitali – motori di ricerca, social network, piattaforme di scambio di contenuti, fornitori di metodi di pagamento – al fine di ritenerli responsabili e arginare così il proliferare di offerte illegali;

   inoltre, la legge francese prevede anche un meccanismo in grado di intervenire contro la manipolazione delle competizioni sportive e le scommesse atipiche o sospette effettuate su competizioni sportive o aperte alle scommesse sul territorio francese, al fine di procedere alla loro trasmissione all'autorità giudiziaria neutralizzando le scommesse sospette prima dell'inizio dell'evento sportivo;

   prendendo in considerazione anche l'esempio francese, a parere dell'interrogante anche il nostro Paese dovrebbe dotarsi di strumenti ancora più efficaci nel contrasto al gioco d'azzardo i cui costi sanitari, sociali, relazionali e legali sono cresciuti in maniera considerevole nel nostro Paese, considerando anche che il business del gioco d'azzardo costituisce una delle attività delle grandi organizzazioni criminali –:

   quali specifiche iniziative di contrasto, per quanto di competenza, si intenda assumere per impedire che attraverso le piattaforme social e i servizi di messaggistica istantanea e broadcasting venga pubblicizzato e incentivato il gioco d'azzardo e le scommesse online specialmente se rivolti ad utenti minorenni;

   quali ulteriori iniziative, anche di natura normativa, si intenda assumere per arginare il proliferare delle offerte di gioco d'azzardo illegali online, anche attraverso la collaborazione e la responsabilizzazione di tutti gli operatori digitali, motori di ricerca, social network, piattaforme di scambio di contenuti, fornitori di metodi di pagamento e per intervenire tempestivamente contro la manipolazione delle competizioni sportive attraverso un monitoraggio delle scommesse atipiche e sospette così da poterle neutralizzare prima dell'inizio dell'evento sportivo.
(4-00844)


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 14 aprile 2023, in pieno giorno, tra lo stupore dei tanti passeggeri della stazione ferroviaria di Udine, è stato avvistato un treno in transito, carico di mezzi cingolati;

   poco dopo la diffusione della notizia, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha affermato che il carico transitato per Udine trasportava carri semoventi M109, da 155 millimetri, provenienti dai depositi italiani;

   tali mezzi militari, dismessi dall'esercito italiano ormai anni fa, saranno impiegati nel prossimo futuro in Ucraina e non saranno subito operativi perché avranno bisogno, una volta raggiunta la destinazione, di una revisione per essere rimessi in esercizio;

   sempre secondo quanto affermato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, fanno riferimento all'ultimo pacchetto di armi approvato dal Governo precedentemente in carica, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi;

   il transito dei 20 carri semoventi avvistato a Udine conferma la scelta dell'attuale Esecutivo di proseguire sulla strada dell'invio di armamenti all'Ucraina, in totale assenza di trasparenza rispetto alla natura e alle quantità del materiale fornito, contribuendo così ad alimentare gli scontri e a causare ingenti vittime, rinunciando, nei fatti, ad imporre quel dialogo necessario per raggiungere la fine del conflitto e l'avvio di un serio negoziato che porti alla pace;

   pur ribadendo la ferma condanna dell'aggressione russa in Ucraina, che si pone in palese violazione del diritto internazionale e che ha aperto uno scenario angosciante di insicurezza globale, si sottolinea che il dramma di questa guerra, come di ogni guerra, ricade principalmente sulla popolazione civile inerme;

   ciò che si prefigura è una condizione di guerra di posizione e di logoramento destinata a protrarsi sul lungo periodo prolungando e aumentando così il carico di morte, distruzione e sofferenza;

   si guarda con allarme al continuo e scellerato aumento delle spese militari riscontrabile a livello nazionale, europeo e globale e iniziato ben prima dell'inizio del conflitto in Ucraina;

   a parere dell'interrogante occorre lavorare alla convocazione di una conferenza multilaterale per la pace e la sicurezza guidata dalle Nazioni Unite, interrompendo la fornitura di equipaggiamento militare, concentrando tali risorse sull'assistenza umanitaria e la ricostruzione –:

   quali iniziative intendano assumere, ciascuno per quanto di competenza, affinché si possa giungere nel più breve tempo possibile alla convocazione di una conferenza multilaterale per la pace e la sicurezza guidata dalle Nazioni Unite, all'interruzione della fornitura di equipaggiamento militare, concentrando le relative risorse sull'assistenza umanitaria e la ricostruzione e a fornire al Parlamento ogni elemento utile circa la natura e la quantità di equipaggiamento militare fin qui fornito all'Ucraina.
(4-00846)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   BONELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro delle imprese e del made in Italy, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'8 aprile 2022 l'Unione europea pubblicava nella Gazzetta Ufficiale il quinto pacchetto di sanzioni contro la Federazione russa, aggiungendo alla lista dei divieti già esistenti quello di esportare tecnologie utili per sviluppare il settore del gas naturale liquefatto, il cosiddetto Gnl o Lng;

   da quanto si apprende da organi di stampa, diverse aziende italiane avrebbero continuato ad esportare in Russia, almeno fino a febbraio 2023, materiali e componenti destinati alla costruzione di Arctic Lng-2, un impianto di liquefazione del gas in costruzione nell'Artico ad opera di un consorzio guidato dal più grande produttore privato di gas russo, la Novatek, e altre big del settore, tra cui la francese Total Energies, le cinesi Cnooc e Cnpc, le giapponesi Mitsui e Jogmec e la controllata italiana Saipem;

   l'impianto Arctic Lng-2, una volta entrato a regime, costituirebbe una minaccia gravissima per il Pianeta, resa ancora più grave dal fatto che il gas liquefatto provoca impatti sul clima pari se non addirittura peggiori a quelli del carbone, a causa delle perdite di metano che avvengono durante le fasi di lavorazione e trasporto. Inoltre, viste le condizioni ambientali estreme della regione, i rischi di incidenti sono elevatissimi. Un'agenzia governativa statunitense ha calcolato che il rischio di spill associato a progetti estrattivi nell'Artico si aggira intorno al 75 per cento;

   per realizzare le strutture usate per lo stoccaggio di Gnl, affidate da Novatek, la Saipem avrebbe creato la società olandese Saren, una joint venture al 50 per cento con il gruppo ingegneristico turco Renaissance Heavy Industries, per una commessa di 2,7 miliardi di euro, che ha coinvolto anche le principali istituzioni finanziarie italiane pubbliche e private, come Intesa San Paolo, Cdp e la SACE;

   sempre da notizie di stampa si apprende come la stessa Saipem avrebbe confermato di aver spedito materiali e componenti per l'impianto dopo il 27 maggio 2022, sebbene nell'ambito del processo di uscita dal progetto –:

   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se la società controllata Saipem risulti ancora coinvolta nella costruzione di Arctic Lng-2, uno dei progetti strategici della Federazione russa, se risulti siano state inviate ulteriori componenti tecnologiche successivamente al blocco dell'export di tecnologia da parte dell'Unione europea, quale quota di finanziamenti sia stata già erogata da parte delle finanziarie italiane per l'opera, se le garanzie offerte da Sace siano tutt'ora in vigore e quali iniziative di competenza intendano assumere perché venga rimosso ogni coinvolgimento delle società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato italiano nella costruzione dell'impianto Arctic Lng-2, che oltre a produrre gravissimi effetti climatici rappresenterebbe una potenziale arma geopolitica nelle mani della Russia.
(3-00331)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELLA VEDOVA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 11 aprile 2023 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza per la gestione del flusso di persone migranti arrivati e in arrivo in Italia;

   è chiara intenzione del Governo incentivare e potenziare le procedure di rimpatrio di suddette persone migranti che si ritenga non abbiano titolo a rimanere, come parte della strategia di gestione dei flussi migratori –:

   quanti siano ad oggi, e con quali Paesi, gli accordi bilaterali di riammissione e rimpatrio in vigore e quale effettiva esecuzione sia stata loro data.
(5-00706)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   nella risposta all'interrogazione n. 4-00289 a firma dell'onorevole Pino Bicchielli, il Ministro interrogato ha riscontrato quanto richiesto in merito all'intervento urbanistico progettato dall'archistar Ricardo Bofil ed eseguito nella città di Salerno, con la realizzazione della piazza denominata «Piazza della Libertà» e dell'edificio «Crescent»;

   nella risposta del Ministro si fa riferimento esclusivamente alla sentenza n. 91 del 2021 del 15 aprile 2021, resa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Salerno (e non dal Giudice per le indagini preliminari, come erroneamente indicato), a seguito di richiesta di giudizio abbreviato formulata da uno solo degli imputati, sentenza questa però appellata e riformata dalla sentenza n. 1794 del 2022 del 13 ottobre 2022, resa dalla Corte di appello di Salerno, con la quale è stata dichiarata l'estinzione di tutti i reati per effetto della intervenuta prescrizione;

   sempre nella risposta de qua, il Ministro interrogato ritiene che la «realizzazione» sia «risultata abusiva» e che, proprio in ragione di tale accertata abusività delle opere, l'alterazione di due tratti del torrente Fusandola [...] è motivo di preoccupazione per le conseguenze che potrebbero derivarne in caso di evento alluvionale, tesi questa sostenuta – per stessa ammissione del Ministro – unicamente dalla Associazione Italia Nostra onlus – Sezione di Salerno e dal Comitato No Crescent, costituite parti civili nei vari gradi di giudizio di altri procedimenti penali, sempre riguardanti il medesimo intervento urbanistico, conclusisi tutti con sentenze di assoluzione piena per i numerosi imputati («perché il fatto non sussiste»);

   nella citata sentenza resa dalla Corte di appello di Salerno – del tutto ignorata dal Ministro – non risulta tuttavia emesso alcun provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi da eseguire, come peraltro neppure nella suddetta sentenza del Gup del Tribunale di Salerno poi riformata in appello;

   nella medesima sentenza della Corte di appello di Salerno – ignorata dal Ministro – è scritto a chiare lettere che «dagli atti non emerge con evidenza: 1) né che il pericolo di inondazione di cui al capo del proc. pen. n. 12438/14 RGNR non sussiste – dovendosi sul punto disporsi una perizia alla luce del contrasto della consulenza tecnica del P.M. e le risultanze della consulenza effettuata dalla CUGRI per il comune di Salerno [...]» mancando, in altri termini, la certezza della sussistenza del pericolo di esondazione;

   sotto il profilo amministrativo, lo stesso Consiglio di Stato – Sezione VI, con sentenza n. 6223 del 2013 del 15 ottobre 2013, depositata il 23 dicembre 2013, ha, tra l'altro, dichiarato inammissibili ed infondate tutte le contestazioni mosse sul piano amministrativo nei confronti del comune di Salerno, incluse quelle inerenti al procedimento approvativo dell'Autorità di bacino e di deviazione del torrente «Fusandola» –:

   quale sia il motivo per cui nella risposta all'interrogazione 4-00289, il Ministro interrogato abbia fatto menzione della sentenza n. 91 del 2021, resa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Salerno, omettendo di rilevare che la stessa è stata riformata dalla sentenza n. 1794 del 2022 resa dalla Corte di appello di Salerno;

   quale sia il motivo per cui il Ministro interrogato non abbia considerato le statuizioni del Consiglio di Stato che non ha rilevato alcuna illegittimità degli atti assunti dal comune di Salerno in relazione all'intervento urbanistico progettato dall'archistar Bofil ed eseguito nella città di Salerno;

   da quali fonti il Ministro interrogato abbia tratto le considerazioni espresse in merito alle questioni sottese alla vicenda, considerato che i provvedimenti giudiziari non rilevano affatto quanto è stato rappresentato nella suddetta risposta, che ha generato allarme nella pubblica opinione e gettato discredito sull'operato delle pubbliche amministrazioni coinvolte.
(5-00707)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro della cultura, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Bergamo è attualmente prevista la realizzazione di due opere ferroviarie: il raddoppio della linea Ponte San Pietro-Bergamo-Montello e la nuova tratta Bergamo-aeroporto di Orio al Serio;

   come risulta dal sito di Ferrovie dello Stato, la realizzazione del raddoppio di circa 19 km in affiancamento al binario esistente della linea Ponte San Pietro-Bergamo-Montello, con un costo pari a 390 milioni di euro, prevede due fasi: nella prima il raddoppio della tratta Curno-Bergamo, nella seconda il raddoppio della tratta Bergamo-Montello;

   per la seconda tratta non è ancora stato approvato un progetto definitivo, prospettandosi come possibili modifiche e ulteriori soluzioni;

   i cantieri dei due progetti ferroviari dureranno anni, incidendo profondamente sul territorio dal punto di vista del traffico, della mobilità nonché della vivibilità dei quartieri interessati, in particolare nella zona di Boccaleone, nel cui tratto le due linee affidate a Rfi si affiancheranno impattando con ben quattro binari;

   la realizzazione di sottopassi pedonali e importanti barriere acustiche nel cuore del quartiere di Boccaleone ha un forte impatto sia dal punto di vista architettonico sia dal punto di vista della sicurezza cittadina;

   i comitati di quartiere hanno avanzato proposte progettuali alternative per permettere lo sviluppo di nuovi scenari verdi e sostenibili nella zona;

   dopo un primo progetto denominato «Ricuciamo Bergamo», già citato dall'interrogante nelle interrogazioni n. 4-08774 e n. 3-02883 nel corso della XVIII legislatura, col quale si chiedeva il seminterramento di una parte del tracciato ferroviario – proposta che non è stata accolta in fase di VIA – il comitato del quartiere di Boccaleone, interessato da entrambi i collegamenti ferroviari, ha presentato nel settembre 2022 un nuovo progetto chiamato «Ricuciamo 2, progetto di ri-Generazione energ-ETICA»;

   con questo nuovo progetto, anche al fine di utilizzare al meglio le risorse economiche destinate ai due collegamenti, il comitato propone di utilizzare una parte dello stanziamento previsto per il progetto Ponte San Pietro/Montello per migliorare il progetto Bergamo-aeroporto di Orio al Serio nel tracciato che si inserisce nel quartiere di Boccaleone, cioè il tratto vicino al passaggio a livello attuale di via Recastello, mediante la realizzazione di una fermata di interscambio in via Recastello, dotata di una struttura sovrastante scavalcabile;

   il progetto «Ricuciamo2» consentirebbe una ricucitura delle due parti del quartiere, Boccaleone e Clementina, con un'ipotesi di sopraelevata e senza sottopassi degradanti. Inoltre consentirebbe la realizzazione di un'area verde fruibile nel giardino pensile, utile anche per combattere l'effetto isola di calore e per consentire l'assorbimento d'acqua piovana;

   il progetto succitato, inoltre, propone di sfruttare in chiave sostenibile i muri esposti a sud attraverso l'installazione di pannelli fotovoltaici con il fine di creare una comunità energetica nel quartiere interessato, alla stregua di quanto già fatto in altri quartieri della città;

   la presenza di una nuova fermata cittadina intermedia da cui raggiungere la stazione di Bergamo, l'aeroporto, Curno e Seriate realizzerebbe nei fatti un servizio metropolitano su ferro con sei fermate tra Seriate e Curno –:

   se i Ministri interrogati intendano approfondire, per quanto di competenza mediante un'interlocuzione con regione Lombardia e Rfi, le alternative progettuali proposte dal comitato di Boccaleone con il progetto «Ricuciamo2», ridistribuendo opportunamente le risorse destinate al progetto ferroviario di Ponte San Pietro - Bergamo - Montello, in modo da realizzare un progetto complessivo lungimirante e sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale e che sappia rispondere alle effettive esigenze del territorio.
(4-00843)

CULTURA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della cultura, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la Direzione regionale musei Lombardia ha indetto una gara d'appalto specifico per l'affidamento del servizio di vigilanza e accoglienza a supporto del personale interno del Ministero della cultura presso gli 11 musei ad essa afferenti;

   la procedura (CIG 93489548E5) indetta dalla medesima Consip S.p.A. per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo n. 50 del 2016 come da bando inviato per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea in data 12 aprile 2022, è pubblicata sul «profilo del committente» www.consip.it.;

   tra i luoghi di svolgimento del servizio risultano anche:

    il Museo archeologico nazionale della Valle Camonica, piazzale Giacomini 2 Cividate Camuno (BS);

    il Parco nazionale delle incisioni rupestri, località Naquane Capo di Ponte (BS);

    il Museo nazionale della preistoria della Valle Camonica;

   con determina n. 151 della direttrice regionale Musei Lombardia, Dottoressa Emanuela Daffra, del 26 ottobre 2022, si aggiudica l'appalto specifico per il servizio di vigilanza e accoglienza a supporto del personale interno del Ministero della cultura presso 11 musei afferenti alla Direzione regionale musei Lombardia mediante sistema dinamico di acquisizione della pubblica amministrazione (Sdapa), alla ditta COSMOPOL S.P.A. P.IVA 01764680649 con sede in Contrada Santorelli, 83100, Avellino, per l'importo di euro 1.146.330,43 (IVA esclusa), a cui si aggiungono euro 4.000,00 per gli oneri di sicurezza, per un totale pari a euro 1.150.330,43;

   la scelta del contraente è stata effettuata in ragione del minor prezzo offerto;

   il contratto di lavoro stipulato dalla ditta aggiudicatrice con i dipendenti che presteranno servizio presso gli 11 siti museali, tra i quali i tre siti della Valle Camonica, fanno riferimento al Ccnl vigilanza privata e servizi Fiduciari e non al Ccnl dei lavoratori della cultura;

   il contratto prevede una retribuzione lorda mensile di 372,00 euro per 16 ore settimanali per una retribuzione oraria di euro 5,87 euro/ora ovvero 6,25 euro/ora se si considera il cosiddetto super minimo. Tale importo è frutto di una contrattazione sindacale nata dopo che i lavoratori, già impiegati sui siti camuni e che grazie alla clausola sociale avrebbero dovuto firmare il nuovo contratto con l'aggiudicatrice del nuovo bando, avevano incrociato le braccia chiedendo maggiori garanzie e una retribuzione maggiore. La retribuzione oraria inizialmente proposta dalla ditta era di euro 5,37;

   i dipendenti impiegati sui siti camuni, ma verosimilmente anche sugli altri siti lombardi, non svolgono solo attività di vigilanza, ma si occupano anche di accoglienza dell'utenza rispondendo a molteplici domande anche di natura tecnica/storica afferenti ai siti in questione e che gli stessi dipendenti hanno provveduto in autonomia a formarsi, sia perché tutti particolarmente motivati e interessati alla storia ma anche per non lasciare il visitatore senza risposte creando quindi un danno di immagine all'intera istituzione museale nonché al Ministero da cui essa dipende. Inoltre è stato segnalato dagli stessi dipendenti che spesso sono chiamati ad effettuare la chiusura e l'apertura dei siti, quando invece questo dovrebbe competere esclusivamente a personale interno e con funzioni dirigenziali, in quanto comporta precise responsabilità a cui i dipendenti della COSMOPOL non sono soggetti;

   in seguito all'aggiudicazione dell'appalto l'azienda ha provveduto a convocare gli stessi giovani lavoratori che avevano già lavorato per il Mupre nei sei anni precedenti con le stesse mansioni e sempre in condizioni di precarietà. Questi lavoratori sono stati convocati a prendere atto del nuovo contratto presso il parcheggio di una struttura commerciale, dove però non si è presentato nessun rappresentante della ditta. Il contratto è arrivato via mail alle 21.15 con la richiesta di firmarlo con urgenza;

   i lavoratori si sono trovati di fronte ad un contratto peggiorativo rispetto a quello sottoscritto con la ditta precedente. I lavoratori hanno per la prima volta manifestato il loro dissenso incrociando le braccia rifiutandosi di firmare il nuovo contratto. Di fronte alla minaccia di sostituzioni da parte della società in appalto, hanno dovuto cedere e hanno firmato, pur di non perdere il lavoro, per un aumento irrisorio, che loro stessi considerano umiliante, decidendo comunque di proseguire la loro lotta –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   se non si ritenga utile e urgente adottare iniziative di competenza volte a imporre, nelle procedure di gara previste per l'appalto di servizi afferenti alle strutture museali nazionali, l'applicazione del contratto collettivo nazionale Federculture per il pieno riconoscimento di tutte le professioni culturali.
(2-00126) «Barzotti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PICCOLOTTI. — Al Ministro della cultura, al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   il Museo storico della comunicazione ospitato a Roma nella sede dell'Eur del Ministero delle imprese e del made in Italy rappresenta un importante e prezioso patrimonio culturale, unico in Italia e tra i più rilevanti al mondo in tema di storia delle tecnologie di comunicazione;

   lo spazio espositivo racconta le vicende storiche e culturali di grandi inventori italiani, da Meucci a Marconi, e ricorda anche la storia di imprese italiane di assoluta eccellenza come la Olivetti. Nelle sale è infatti esposto uno tra i primi computer mainframe completamente transistorizzati al mondo, l'Elea 9003 sviluppato nel 1959 da giovani ricercatori italiani;

   al suo interno vengono inoltre custoditi: la sala operativa di Guglielmo Marconi sita nella nave Elettra, uno dei pochi esemplari di macchina codificatrice Enigma, ad uso delle forze armate tedesche durante l'ultima guerra, la ricostruzione di un intero edificio postale del Ducato di Parma del XIX secolo, solo per citare alcuni esempi, e un patrimonio filatelico di immenso valore;

   l'improvvisa chiusura del Museo, dovuta a problematiche relative agli impianti elettrici, impedisce la fruizione delle visite guidate alle scolaresche e impoverisce l'attrattiva culturale e turistica dell'Eur e dell'intera città di Roma, che rimane priva di un così importante patrimonio quando per anni, il museo, è stato di interesse per studiosi e studenti che hanno continuato ad affluirvi;

   nel 2019, con decreto n. 122 del 17 luglio, la Commissione regionale per il patrimonio culturale del Lazio del Ministero per i beni e le attività culturali ha dichiarato il patrimonio del Museo storico della comunicazione di «interesse culturale» e quindi «[...] meritevole di attenzione e di tutela in quanto costituisce testimonianza della storia degli uffici postali e della comunicazione in Italia [...]», sottoponendolo alle disposizioni del decreto legislativo n. 42 del 2004;

   la preoccupazione dell'interrogante è che il Ministero delle imprese e del made in Italy stia trascurando questa parte del nostro patrimonio e che lo stesso possa essere dimenticato non essendoci alcuna evidenza del necessario piano di conservazione e valorizzazione del prezioso patrimonio ospitato dal Museo storico della comunicazione –:

   quali iniziative di competenza intendano assumere affinché il patrimonio contenuto nel Museo storico della comunicazione venga salvaguardato e valorizzato per il suo intrinseco valore nazionale, riaprendo il museo o progettandone una diversa allocazione in tempi certi, così restituendolo alla piena fruibilità da parte dei cittadini.
(5-00708)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARAMIELLO, CHERCHI e AMATO. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la società CoopCulture, nata dalla fusione tra il primo concessionario Pierreci e Codess Cultura, dal 1997 gestisce la biglietteria del Colosseo, in regime di proroga perpetua, tra gare ritirate o bocciate dal Consiglio di Stato. In particolare, il Parco archeologico del Colosseo, a fronte di circa 10 milioni di visitatori, ha generato incassi per 63 milioni di euro solo nel 2022. In data 8 settembre 2021, Anac ha evidenziato che «il prolungato affidamento in gestione dei servizi del Colosseo in regime di monopolio non fosse coerente ai principi del diritto euro-unitario in materia di contratti pubblici». Pertanto, ha invitato il Ministero della cultura ad adottare ogni iniziativa necessaria per pervenire all'aggiudicazione di procedure di evidenza pubblica;

   dando seguito ai rilievi di Anac, nel mese di ottobre 2022 Consip ha indetto una gara di appalto per l'affidamento del servizio di biglietteria presso il Parco archeologico del Colosseo, per 48 mesi. Indetta in data 3 ottobre 2022, ad aggiudicarsi la gara sarebbe stato il Consorzio nazionale dei servizi, mentre si registra una débâcle di CoopCulture, arrivata quarta. Il condizionale è d'obbligo, dal momento che l'aggiudicazione definitiva della gara è stata dichiarata «non efficace», il 30 marzo 2023;

   in particolare, detta gara ha ad oggetto il servizio di biglietteria ed esclude la restante parte dei servizi dell'attuale contratto in essere, nonché tutti i siti del Museo nazionale romano, le Terme di Caracalla e l'Appia Antica, originariamente unificati in un'unica concessione al fine di garantire omogenei standard di fruibilità anche in luoghi meno visitati;

   ciò premesso, la tipologia di gara, che esclude gli altri servizi, ovvero siti di interesse culturale, si pone in discontinuità rispetto al modello concessorio integrato tra tutti servizi al pubblico di cui all'articolo 117 del decreto legislativo n. 42 del 2004, modificato e integrato dalla legge n. 120 del 2020, e rispetto ad analoghe gare bandite da Consip;

   ai sensi degli articoli 30 e 50 di cui al codice dei contratti pubblici, il futuro aggiudicatario deve assorbire il personale, ma compatibilmente con la propria organizzazione aziendale e del mutato assetto prestazionale. Pertanto, il riassorbimento del personale è imponibile nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall'esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l'organizzazione definita dal nuovo assuntore;

   come riferito testualmente da alcune sigle sindacali «la suddivisione dei servizi in singoli lotti all'interno di uno stesso sito, non solo si tradurrebbe in un eventuale esubero di personale, oltre che in una riduzione di tutele per le lavoratrici e i lavoratori, ma anche in un'eventuale precarizzazione dei servizi offerti ai fruitori a causa della frammentazione della filiera culturale»;

   ciò detto, lo smembramento dei servizi col relativo affidamento a diverse aziende, atteso che nella fattispecie del Colosseo è stata bandita solo una gara afferente ai servizi di biglietteria, rende incerto il futuro degli altri servizi e dei lavoratori coinvolti;

   a parere dell'interrogante, la necessità di dar seguito ai rilievi espressi da Anac e, dunque, di bandire una gara che possa trasparentemente mettere in discussione la gestione monopolistica di CoopCulture, non deve ricadere sul futuro occupazione dei lavoratori. Pertanto, si condivide l'opportunità di stabilizzare le figure lavorative in oggetto, disciplinando differentemente l'affidamento dei servizi aggiuntivi così da impedire una gestione privatistica del nostro patrimonio culturale –:

   quali siano i motivi per cui è stato bandito solo il servizio di biglietteria, escludendo dalla gara altri servizi aggiuntivi e ulteriori siti culturali;

   quali garanzie intenda conferire il Ministro interrogato ai lavoratori in oggetto, così da salvaguardare i livelli occupazionali.
(4-00847)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BONELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Def certifica che non ci sono soldi per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e stima che il costo per la realizzazione del ponte e opere complementari sarà di oltre 14,6 miliardi di euro che rischieranno di diventare almeno 20: una follia perché così si sottraggono risorse al ritardo infrastrutturale del sud dal punto di vista sociale e del trasporto ferroviario. Soldi pubblici utilizzati solo per fare propaganda, utile solo a «coprire» le negligenze e le inefficienze del nuovo governo dei sovranisti;

   siamo di fronte, ad avviso dell'interrogante, una vera e propria «truffa» politica e mediatica di chi vorrebbe realizzare al solo scopo di fare propaganda un ponte senza avere i soldi per finanziarlo, ma si stanziano al momento solo 340 milioni di euro per finanziare concessione e studi di progettazione;

   un ponte che non regge anche dal punto di vista ingegneristico, considerato che non esiste al mondo un ponte a campata unica con ferrovia lungo 3,3 chilometri. Ricordo che al mondo non è mai stato costruito un ponte a campata unica più lungo di quello di Akashi (1,99 chilometri, in Giappone): quello di Messina sarà lungo il doppio e ancora non si comprende bene utilizzando quali materiali;

   si ritorna così a parlare del ponte sullo Stretto di Messina dopo 40 anni di polemiche in cui è stato dimostrato in tutte le maniere che il ponte non è conveniente economicamente, non è conveniente ecologicamente e paesaggisticamente, e soprattutto geologicamente;

   se si vogliono rispettare le leggi europee di finanziamento, il pedaggio sarebbe caro; si ricorda che tutti i grandi attraversamenti del mondo, dal Golden Gate al tunnel sotto la Manica, o costano parecchio oppure sono in deficit;

   un'assurdità priva di qualsiasi fondamento geologico, naturalistico e culturale, che sembra frutto, oltre che di incompetenza, dell'incapacità di convivere armonicamente col mondo circostante;

   la struttura societaria che sovraintenderà all'edificazione prevede che la moribonda società «Stretto di Messina», in liquidazione, torni in bonis e si trasformi in una società in house con la partecipazione di Rfi, Anas, delle regioni Sicilia e Calabria e per una quota di maggioranza del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:

   come intendano i Ministri interrogati, per quanto di competenza, finanziare un'opera così costosa che pone numerosi problemi, oltre a quelli economici, elencati in premessa;

   se non ritengano, proprio alla luce di quanto evidenziato, utilizzare detti finanziamenti per l'ammodernamento delle infrastrutture della Sicilia e della Calabria.
(4-00849)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BICCHIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 29-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, «al fine di incrementare i servizi di prevenzione, di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi all'emergenza sanitaria in corso causata dalla pandemia di COVID-19 e per le esigenze di prevenzione e contrasto delle attività criminali e di eventuali iniziative terroristiche, oltre che di presidio e controllo delle frontiere, anche connesse allo svolgimento del Giubileo della Chiesa cattolica nell'anno 2025», si disponeva di avviare la procedura di assunzione di 1.300 allievi agenti della polizia di Stato, attingendo dall'elenco degli idonei alla prova scritta di esame del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti della polizia di Stato, bandito con decreto del Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 18 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 40 del 26 maggio 2017;

   si prevedeva di ammettere alla suddetta procedura assunzionale coloro che, avendo partecipato al concorso pubblico il cui bando era stato pubblicato il 26 maggio 2017 sulla Gazzetta Ufficiale per l'assunzione di 1.148 allievi agenti della polizia di Stato, avessero riportato una votazione compresa tra 9,50 e 8,25 decimi secondo la graduatoria del concorso pubblicata con decreto n. 333-B/12D.2.17/16263 del 27 ottobre 2017, fermi restando le riserve, le preferenze e i requisiti applicabili secondo la normativa vigente alla data dell'indizione della citata procedura concorsuale;

   per accedere alla procedura disposta tramite articolo 29-bis del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, i soggetti ammessi erano tenuti, a pena di esclusione di diritto, manifestare l'interesse a parteciparvi, formulando istanza di partecipazione, secondo i termini e le modalità indicate;

   considerate le sopraddette illustrate condizioni, sono rimasti esclusi dallo scorrimento concorsuale in questione coloro che, secondo la graduatoria del concorso pubblicata con decreto n. 333-B/12D.2.17/16263 del 27 ottobre 2017, hanno raggiunto in graduatoria un punteggio inferiore a 8,25;

   a seguito di tale procedura, i soggetti risultati idonei sono stati 40, lasciando pertanto possibilità di procedere ad ulteriori assunzioni, viste anche la necessità e l'urgenza di procedere ad ulteriori assunzioni nel comparto sicurezza –:

   se il Ministro interrogato consideri opportuno valutare iniziative da intraprendere con riguardo a tale situazione, valutando la possibilità di provvedere alle assunzioni di allievi agenti della polizia di Stato attraverso un bando rivolto a coloro che, avendo partecipato al concorso pubblico bandito con decreto del Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 18 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 40 del 26 maggio 2017, abbiano riportato una votazione inferiore a 8,25 decimi.
(4-00845)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FRASSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il mantenimento dei servizi di rilevanza pubblica sul territorio della Valle Brembana (BG), risulta essere un fondamentale sostegno alla popolazione che vive in territori disagiati come quelli montani;

   i servizi di rilevanza pubblica ubicati in territori montani non devono essere valutati esclusivamente in termini di costi, ma devono considerare anche il risvolto sociale ad essi collegato;

   l'agenzia Inps ubicata a Zogno (BG) è uno dei servizi di rilevanza pubblica il cui mantenimento sul territorio è fondamentale per agevolare una utenza locale che incontrerebbe notevoli disagi nello spostarsi a Bergamo per poter usufruire di tale servizio;

   l'agenzia Inps ubicata a Zogno potenzialmente serve i cittadini residenti dei comuni della Valle Brembana e Valle Imagna per un totale stimato di circa 40.000 cittadini;

   l'agenzia Inps di Zogno, oggi aperta cinque giorni a settimana, svolge un ruolo di aiuto e sostegno alle esigenze dei cittadini relativamente alle tematiche pensionistiche, quali la gestione del conto assicurativo per i dipendenti e gli autonomi, la gestione delle pensioni, le prestazioni a sostegno del reddito e delle prestazioni socio-assistenziali solo per indicarne alcune;

   entro la fine dell'anno, tra pensionamenti e trasferimenti, si stima una riduzione di organico sotto i 200 dipendenti, a fronte dei 270 attuali e dei 600 che lavoravano nelle sedi provinciali fino a 15 anni fa, mettendo a serio rischio le attività delle sedi periferiche, tra cui, appunto, proprio quella di Zogno, punto di riferimento importante – si ribadisce – per l'utenza di tutta la Valle Brembana e Valle Imagna;

   come avviene oramai da alcuni anni, periodicamente si rincorrono voci sull'eventualità che l'agenzia Inps di Zogno possa essere ridimensionata nella sua operatività o addirittura accorpata agli uffici di Bergamo –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la piena funzionalità dell'agenzia Inps di Zogno, al fine di evitare una sua trasformazione in punto Inps, con conseguente ridimensionamento del servizio aperto solo una o due volte a settimana e solo per limitati servizi, e nell'ottica di dare un segnale di attenzione e presenza della pubblica amministrazione nelle zone montane.
(4-00842)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZINZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la direttrice sanitaria dell'ospedale «D.ssa Anastasia Guerriero» di Marcianise, Laura Leoncini, si è candidata alle elezioni amministrative di Marcianise, fissate per il 14 e il 15 maggio 2023, nella lista «Marcianise Terra di Idee» a sostegno della candidata sindaco Lina Tartaglione;

   la candidatura della dottoressa Leoncini, nello stesso comune in cui esercita le proprie funzioni di direttrice sanitaria, ha suscitato forti polemiche sul territorio, riprese immediatamente dai principali organi di stampa locale;

   accanto alle criticità di natura politica, giuridica e amministrativa, l'inserimento nella lista elettorale della dottoressa Leoncini pone – a parere dell'interrogante – rilevanti questioni dal punto di vista della gestione della sanità locale e delle garanzie del diritto alla salute ad essa connesse, considerato anche che l'ospedale di Marcianise è interessato da un delicato progetto di ampliamento che meriterebbe di essere seguito con la dovuta attenzione, da dirigenti sanitari super partes, non impegnati nella contemporanea organizzazione di una campagna elettorale;

   con una nota inviata al direttore dell'Azienda sanitaria locale di Caserta, anch'essa anticipata da diversi articoli di stampa, la consigliera regionale Antonella Piccerillo ha chiesto la revoca immediata della dottoressa Leoncini dall'incarico. La medesima consigliera ha rimarcato «il momento delicatissimo di riorganizzazione della rete ospedaliera e dei servizi», il «progetto di ampliamento» in atto presso l'ospedale di Marcianise e la necessità di evitare che le scelte fatte presso l'ospedale stesso possano lottizzare la sanità per scopi elettorali o condizionare in qualunque modo l'esito del voto –:

   se non ritenga di adottare iniziative, a fronte della vicenda di cui in premessa, al fine di assicurare, per quanto di competenza e tramite la struttura commissariale, il corretto funzionamento del servizio sanitario al fine di tutelare il diritto alla salute.
(4-00848)

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Serracchiani n. 1-00073, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 56 del 22 febbraio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    il 2023 è appena iniziato ma già sono evidenti i segnali che inducono a pensare che i livelli di siccità, già preoccupanti ora, si evidenzieranno ancora di più in termini di emergenza;

    stando ai bollettini emanati dalle autorità di distretto negli ultimi mesi in tre dei sette distretti idrografici nazionali si è raggiunto uno stato di severità idrica «media»: distretto idrografico del fiume Po, distretto idrografico dell'Appennino settentrionale e distretto idrografico dell'Appennino centrale;

    la neve rappresenta la riserva d'acqua più importante per diverse attività, dalla produzione di energia all'agricoltura, nei mesi primaverili ed estivi. E dalla neve arrivano altri segnali preoccupanti. Ad oggi, fonte Global Drought Observatory (Gdo) del JRC in collaborazione con la Fondazione Cima, si registra il 40-50 per cento di neve in meno rispetto alla media dei dodici anni precedenti; il deficit è particolarmente marcato nelle Alpi nord-occidentali. L'aumento della temperatura determinerà nei prossimi mesi la fusione della neve che, in forma di acqua, può essere impegnata per l'irrigazione e altre attività e sarà di conseguenza direttamente proporzionale al decremento registrato con conseguenze gravi per molti settori produttivi;

    ormai da diversi anni, una serie di eventi naturali avversi ha contribuito nel corso del tempo ad indebolire il settore agricolo, ed in special modo le aziende ortofrutticole. Nel corso dell'estate 2022, oltre ai danni provocati dalla siccità si sono aggiunti quelli arrecati dal prolungarsi di temperature eccezionali che hanno colpito duramente ed in maniera omogenea tutto il Paese;

    in virtù di questa situazione verranno coltivati quest'anno in Italia quasi 8 mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211 mila ettari, ai minimi da trenta anni, sulla base delle previsioni di semina. Stessa situazione per le semine di mais necessario per garantire l'alimentazione del bestiame per la produzione del latte dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono stati sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina;

    tutte le produzioni ortofrutticole, in particolare le drupacee e le pomacee, a causa delle alte temperature registrate hanno subìto danni irreversibili, a partire dal rallentamento nella crescita dei frutti determinato come conseguenza calibri ridotti. In molti casi, addirittura, il raccolto non è commerciabile pertanto le rese produttive sono risultate nettamente più basse e in diversi casi gravemente compromesse. Tra le colture più colpite, oltre a drupacee e pomacee, danni a pomodoro, cipolla, patate zucche, mais, barbabietola da zucchero, soia e riso. Pertanto la produzione lorda vendibile del 2022 rispetto alla media ordinaria delle annate precedenti è risultata ampiamente inferiore al 30 per cento, con gravi ripercussioni sui bilanci delle imprese agricole;

    relativamente ai fiumi in secca, nel bacino del Po si registra oltre il 60 per cento di acqua in meno; i 22 gradi nel mese di febbraio di alcuni territori alpini causati dal riscaldamento globale hanno determinato ulteriore scioglimento dei ghiacciai alpini che sono ad ora pressoché dimezzati. Le temperature in Italia sono salite di almeno 1 grado rispetto ai livelli preindustriali, in alcune città del Nord di quasi 1,5. Lo zero termico oggi è a 3.000 metri, un valore che in media si aveva a maggio;

    la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media; la produzione di energia elettrica è in stallo; le colture, nonostante l'avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell'irrigazione, sono tutt'ora in sofferenza; così come si accentua, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat, la risalita del cuneo salino a oltre 10 chilometri dalla costa adriatica e con un utilizzo all'80 per cento a 15 chilometri dal mare;

    in particolare, la risalita del cuneo salino causato dall'erosione costiera e accentuato dalla siccità, con conseguente riduzione dell'apporto idrico, o da errate opere di drenaggio che riducono l'apporto di materia naturale dei fiumi, entrando nell'entroterra mette a rischio migliaia di ettari e le aziende agricole che operano sul territorio costiero, le quali, a causa della presenza di maggiori valori di salinità sia nelle acque superficiali, sia in quelle di falda, vedono compromessa la possibilità di prelevare acque ad uso irriguo e potabile;

    per una gestione resiliente di questa crisi idrica straordinaria, già nel 2022 si è scelto che il comparto idroelettrico, indipendentemente dalle concessioni legislative, dia la disponibilità a sostenere il settore primario dell'agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva; i grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare con continuità e per quanto possibile i corsi d'acqua di valle sia per finalità irrigue che per il mantenimento habitat e della biodiversità e, nell'ottica della massima trasparenza e per una condivisione unitaria delle scelte strategiche di adattamento al clima e alla situazione idrologica contingente;

    alcune regioni, hanno adottato nel 2022 provvedimenti, in particolare, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, applicando anticipatamente, in talune aree, il cosiddetto deflusso minimo vitale (Dmv) estivo che consentirà di prelevare e accumulare più acqua in caso di precipitazioni;

    secondo gli ultimi dati pubblicati nel rapporto statistico Gse 2020 «Energia da fonti rinnovabili in Italia», nel nostro Paese ci sono 4.503 impianti idroelettrici per una potenza di 19.106 megawatt, pari al 34 per cento del totale di energia prodotta da fonti rinnovabili. La mancanza di acqua influisce direttamente anche sulla produzione di energia di queste centrali: alcune sono ferme, altre hanno limitato la produzione rispetto alla potenza totale. Gli operatori che sono riusciti a mantenere almeno in parte la produzione temono l'aggravarsi degli effetti della siccità nei mesi estivi;

    il quinto rapporto sullo stato del capitale naturale d'Italia presenta i primi dati della Red List degli ecosistemi terrestri d'Italia, rilevando che tra gli ecosistemi più a rischio nel nostro Paese vi sono proprio quelli delle acque dolci (fiumi e laghi). Le «arterie» ambientali della nostra penisola devono essere attentamente curate con una forte azione di tutela e ripristino, mentre ancora oggi continuano a essere oggetto di numerosi interventi dannosi che devastano ambienti fondamentali anche per il ciclo idrico;

    l'Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l'Oms, poiché utilizza il 30-35 per cento delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6 per cento ogni 10 anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l'approvvigionamento idrico della Penisola. Secondo i dati diffusi dallo Giec (Gruppo intergovernativo degli esperti sul cambiamento climatico), all'aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20 per cento della disponibilità delle risorse idriche;

    la siccità rappresenta una delle sfide più pressanti del nostro tempo, e richiede politiche pubbliche efficaci di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici, per la gestione delle perdite di acqua e per gli investimenti nelle infrastrutture idriche. Inoltre, le azioni volte alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla promozione della mobilità elettrica e alternativa sono essenziali per la lotta contro la crisi climatica;

    per far fronte alla siccità sono però necessari nuovi investimenti nelle reti idriche e la realizzazione di nuove infrastrutture. Questi investimenti, laddove necessario, dovranno includere anche la costruzione di nuovi bacini e serbatoi ma dovranno riguardare, in primo luogo, l'efficientamento delle reti idriche esistenti, la realizzazione di sistemi di irrigazione innovativi e la promozione e il sostegno dell'agricoltura di precisione. Tali investimenti possono garantire una maggiore disponibilità di acqua per le attività agricole, industriali e domestiche;

    oltre ad operare per cercare di mitigare gli effetti della scarsità idrica è fondamentale ridurre le emissioni di gas serra per far fronte alla crisi climatica. Le politiche pubbliche dovrebbero incentivare lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, come l'energia solare ed eolica, e la promozione dell'efficienza energetica. Inoltre, la transizione verso fonti energetiche rinnovabili e la promozione della mobilità elettrica o alternativa possono ridurre le emissioni di gas serra e migliorare la qualità dell'aria nelle città;

    è anche importante promuovere azioni per preservare l'ambiente, come la conservazione delle risorse naturali e delle foreste. Le foreste sono essenziali per la regolazione del clima e la conservazione della biodiversità. Inoltre, possono contribuire alla conservazione dei corsi d'acqua, riducendo l'erosione del suolo e il rischio di inondazioni;

    l'irrigazione innovativa per l'agricoltura è fondamentale per utilizzare l'acqua in modo efficiente e ridurre gli sprechi. Le tecnologie di irrigazione a goccia e di agricoltura di precisione possono aiutare gli agricoltori a utilizzare l'acqua in modo più efficiente e a ridurre l'impatto ambiente le dell'agricoltura. Inoltre, l'irrigazione a nebbia può rappresentare una soluzione innovativa per ridurre il consumo di acqua e promuovere la sostenibilità ambientale;

    i consorzi di bonifica e di irrigazione svolgono un fondamentale ruolo di sostegno dell'agricoltura nazionale, gestendo gli impianti pubblici di irrigazione su oltre 3,3 milioni di ettari e, al contempo, partecipano alla gestione del territorio e alla difesa del suolo, curando l'esercizio e la manutenzione delle opere di bonifica idraulica;

    come per le opere pubbliche, anche il territorio necessita di manutenzione per mantenere la sua efficienza, ed è questa la funzione svolta dai consorzi di bonifica, la cui presenza e gli interventi sono volti ad evitare che il territorio stesso si degradi e sia minacciato da instabilità del suolo, alluvioni, siccità, effetti negativi della pressione antropica e inquinamento, curando l'irreggimentazione dei corsi d'acqua e il deflusso o l'accumulo delle acque in eccesso, il consolidamento delle pendici in dissesto, il terrazzamento delle superfici declivi, garantendo così la conservazione e la sicurezza del territorio, dell'ambiente e del paesaggio. L'attività manutentiva svolta dai consorzi non interessa, quindi, esclusivamente il settore agricolo, ma l'intera collettività, cui viene assicurato un ambiente idrogeologicamente più sicuro;

    va considerato che l'attività di manutenzione delle opere di bonifica idraulica e di irrigazione realizzate e gestite dai consorzi viene eseguita in larga parte grazie ai contributi versati da parte di 8,8 milioni di consorziati, in gran parte agricoltori. Pertanto la manutenzione ordinaria è in gran parte a carico dei privati consorziati, mentre occorrono risorse pubbliche per la manutenzione straordinaria necessaria ad adeguare gli impianti in relazione alla diffusa situazione di vulnerabilità del territorio;

    nella Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra vengono indicate, fra le azioni di adattamento l'incremento della connettività delle infrastrutture idriche; l'aumento della capacità di ritenzione ed accumulo attraverso la realizzazione di laghetti, piccoli invasi e vasche, al fine di ridurre la pressione sulle falde sotterranee; il risanamento del sistema fluviale, assicurando la funzionalità idraulica, capace di espletare le necessarie caratteristiche funzioni e quelle ecosistemiche; il miglioramento della capacità previsionale per anticipare la disponibilità naturale della risorsa e ottimizzare il volume immagazzinato; i piani di gestione della siccità; la costruzione del bilancio idrico alla scala del Paese;

    la situazione va quindi affrontata non soltanto con aiuti immediati per contrastare l'emergenza, ma con misure strutturali per migliorare l'efficacia della gestione, conservazione e distribuzione le delle risorse idriche;

    strettamente connesso con gli eventi climatici estremi è il tema del dissesto idrogeologico, a causa del quale complessivamente il 93,9 per cento dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera e le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria;

    nella XVIII legislatura l'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021 ha introdotto importanti novità in materia di dissesto idrogeologico. La norma prevede, tra l'altro, l'introduzione della denominazione di «commissari di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico» per i commissari aventi competenze in materia di contrasto al dissesto idrogeologico, disciplinati da diverse normative, attribuendo ad essi la competenza degli interventi in tale ambito, indipendentemente dalla fonte di finanziamento. Viene inoltre previsto che gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto al dissesto idrogeologico – ivi compresi quelli finanziabili tra le linee di azione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – siano qualificati come opere di preminente interesse nazionale, aventi carattere prioritario;

    resta però ancora indispensabile potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale, favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua;

    è inoltre urgente e necessario programmare un importante piano di investimenti per ridurre i rischi legati al continuo manifestarsi di fenomeni climatici estremi ed in particolare a carattere siccitoso, puntando anche all'efficientamento e alla messa in sicurezza delle reti idriche e alla realizzazione di nuovi invasi, alla produzione di acqua dissalata e al riuso delle acque depurate a fini agricoli e industriali;

    la legge di bilancio 2022-2024 ha previsto 440 milioni di euro dal 2022 al 2027 per la realizzazione del «piano invasi» basato su progetti già disponibili, rafforzando ulteriormente l'impegno senza precedenti (3 miliardi di euro) per il miglioramento delle infrastrutture idriche previsto dal PNRR;

    in tal senso il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare un'importante opportunità per affrontare in maniera strutturale il problema delle emergenze climatiche connesse ai cambiamenti climatici, contribuendo contestualmente al rilancio dell'economia del Paese, grazie all'apertura di numerosi cantieri sull'intero territorio nazionale;

    in continuità con i fondi del PNRR si collocano le risorse del programma europeo «React Eu», nell'ambito del Piano operativo nazionale (Pon) infrastrutture e reti 2014-2020 per interventi volti a potenziare le infrastrutture idriche, a ridurre le perdite e digitalizzare e migliorare il monitoraggio delle reti;

    per la programmazione e la realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurre le dispersioni di risorse idriche è stata prevista, con il decreto-legge n. 121 del 2021, l'adozione, entro il 30 giugno 2022, del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (Pnissi);

    nel mese di ottobre 2022 è stato dato il via libera della Conferenza unificata allo schema di decreto del Ministro pro tempore delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, che riguarda il potenziamento e il miglioramento della sicurezza del settore idrico, in attuazione della riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);

    lo schema di decreto attua una fondamentale riforma prevista dal PNRR, che consentirà di valutare gli interventi per gli invasi e per la rete di distribuzione dell'acqua secondo una logica di sistema, funzionale ai territori coinvolti, anche per limitare i danni provocati dalla siccità e per ridurre le perdite. La riforma del settore, che prevede finalmente una programmazione pluriennale degli investimenti, accompagna gli stanziamenti per le infrastrutture idriche, pari a 4,7 miliardi di euro, un importo senza precedenti nella storia recente del Paese;

    occorre pertanto adottare iniziative urgenti, sia di breve, sia di lungo periodo, per far fronte, in collaborazione con le regioni più coinvolte, alla grave siccità che sta colpendo il nostro Paese, con gravi ripercussioni sulla produzione di energia idroelettrica, sul comparto agricolo, e che sta provocando finanche un'emergenza idropotabile in alcuni aree,

impegna il Governo:

1) ad istituire un'apposita cabina di regia, con il coinvolgimento dei Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del Ministero per gli affari europei, per le politiche di coesione e per il PNRR, della Protezione civile, delle regioni e delle autorità di bacino distrettuale al fine di garantire un efficiente e rapido monitoraggio dei bacini idrografici e coordinare i provvedimenti da adottare;

2) ad adottare iniziative di competenza per scongiurare un potenziale conflitto fra la richiesta idrica per il raffreddamento delle centrali termoelettriche e per il funzionamento delle centrali idroelettriche, l'agricoltura colpita da una durissima siccità e gli approvvigionamenti per uso domestico;

3) ad adottare il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico prevedendo, in particolare:

  a) di adottare le opportune iniziative, in aggiunta alle previsioni incluse nel PNRR, per la realizzazione di infrastrutture di accumulo idrico durante gli eventi meteorologici estremi e per il recupero di acque piovane a fini di usi industriali, irrigui e domestici prevedendo l'obbligo di recupero delle acque piovane e l'installazione di sistemi di risparmio idrico;

  b) di adottare urgenti iniziative dirette alla realizzazione di nuovi invasi nonché di piccoli invasi interaziendali a servizio delle imprese agricole, semplificando le relative procedure;

  c) di predisporre interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione;

  d) di adottare iniziative volte ad evitare gli sprechi sia dal punto di vista delle dispersioni della rete, sia in relazione all'uso della risorsa idrica, anche attraverso investimenti diretti a promuovere, con specifico riguardo al settore agricolo, l'impiego di moderne e più avanzate tecnologie, come l'irrigazione di precisione;

  e) di adottare iniziative volte a implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura e a fini industriali attraverso le modifiche normative necessarie;

  f) di adottare iniziative volte all'eventuale realizzazione di impianti di dissalazione alimentati da energia rinnovabile, con contestuali investimenti mirati su tecnologie per il recupero delle scorie dei processi di desalinazione di acque salmastre e di mare, in limitate aree, previa valutazione di impatto ambientale, dove, in un mix di interventi, occorra garantire l'autonomia idrica, con particolare riferimento alle isole minori o in aree costiere con particolari carenze infrastrutturali;

4) ad adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 31 dicembre 2022 «Criteri generali per la determinazione, da parte delle Regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica», al fine di garantire un uso razionale ed efficiente delle risorse idriche, prevedendo una copertura dei costi ambientali e dei costi della risorsa e dell'inquinamento, conformemente al «principio chi inquina paga», come individuati dai piani di gestione distrettuali ex direttiva 2000/60/CE;

5) a razionalizzare e semplificare il Governo della risorsa idrica, attraverso l'inserimento degli «Osservatori permanenti sugli utilizzi idrici» all'interno del decreto legislativo n. 152 del 2006, dando alle autorità di distretto le necessarie risorse individuandone i criteri di ripartizione da parte del Ministero competente;

6) a promuovere e sostenere la ricerca nel settore agricolo, allo scopo di individuare varietà di colture maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici;

7) a promuovere e sostenere l'adozione di una normativa efficace per il contenimento del consumo di suolo che consenta di raggiungere l'obiettivo di «consumo di suolo zero al 2050», riduca l'impermeabilizzazione dei suoli nelle aree urbane e quindi ripristini le capacità di drenaggio delle acque, evitando che vengano disperse nella fognatura;

8) ad adottare iniziative idonee, anche nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire la rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e ripristinarne le capacità di contenimento in caso di eventi meteorologici estremi (forti precipitazioni e alluvioni);

9) ad utilizzare i criteri minimi ambientali nel campo dell'edilizia per ridurre gli sprechi;

10) a favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;

11) ad adottare iniziative volte a introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti;

12) ad adottare iniziative volte all'eventuale creazione di scorte di acqua potabile da utilizzare in caso di possibili razionamenti del consumo e di un prevedibile e conseguenziale aumento dei prezzi ed alterazione del mercato;

13) ad adottare le iniziative di competenza per potenziare e rendere più efficienti gli enti preposti alla prevenzione del rischio idrogeologico, aumentarne la capacità tecnica e progettuale e favorire una capacità di spesa superiore all'attuale media annua, a partire dal ruolo fondamentale dei consorzi di bonifica e di irrigazione;

14) ad adottare iniziative volte a dare pronta e piena attuazione, per quanto di competenza, alle misure di semplificazione e accelerazione per il contrasto del dissesto idrogeologico introdotte dall'articolo 36-ter del decreto-legge n. 77 del 2021;

15) ad adottare iniziative, stanziando le relative risorse, per definire un programma di pulizia dei grandi invasi, ricorrendo anche a tecnologie innovative che prevedano un processo autorizzativo, sotto il profilo ambientale, più snello.
(1-00073) (Nuova formulazione) «Serracchiani, Simiani, Vaccari, Braga, Curti, Di Sanzo, Ferrari, Forattini, Marino, Andrea Rossi, Morassut, Madia, Carè, De Maria, Girelli, Graziano, Toni Ricciardi, Manzi, Merola, Sarracino, Malavasi, Boldrini, Peluffo, Ghio, Scotto, Zingaretti, Stefanazzi, Cuperlo, Fossi, Lacarra, Casu, Iacono, D'Alfonso, Scarpa, Berruto, Ascani, Guerra, Di Biase, Fornaro, Gianassi, Lai, Gribaudo, Bakkali, Roggiani, Tabacci, Bonafè, Barbagallo, Gnassi, Furfaro, Guerini, Orfini, Fassino, Stumpo, Laus».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Bonelli n. 1-00117, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 87 del 14 aprile 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    la siccità in Italia sta diventando sempre più comune negli ultimi decenni, con conseguenze devastanti per l'agricoltura, l'ambiente e la popolazione. Le cause principali della siccità sono legate al cambiamento climatico, che sta aumentando la temperatura globale e alterando i modelli di precipitazione, ma anche a un uso insostenibile della risorsa idrica;

    il grido di allarme lanciato dagli scienziati dell'Ipcc (il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) con l'ultimo rapporto pubblicato a fine marzo 2023, indica chiaramente come non ci sia più tempo da perdere per fronteggiare l'emergenza climatica. Il surriscaldamento del pianeta, con un aumento della temperatura media globale di 1.1 °C rispetto all'era preindustriale (1850-1900), sta già avendo impatti diffusi e disastrosi che colpiscono la vita di milioni di persone in tutto il mondo, con l'aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni che stanno già superando il livello di guardia;

    in questo scenario si inserisce l'estate 2022, forse quella dove si è registrata la peggiore siccità in Europa da 500 anni a questa parte e il 2023 che si preannuncia ancora più drammatico. L'Italia ha chiuso il 2022 con un pesante deficit idrico, aggravato dalla siccità che ha colpito duramente tutto il Nord e parte del Centro per oltre un anno. A subire le conseguenze maggiori sono stati soprattutto i terreni irrigui e i prati-pascoli, che sono stati colpiti da un intenso deficit di pioggia di lungo periodo, ma la siccità ha influito pesantemente anche sull'agricoltura e sull'energia idroelettrica prodotta, che ha subito una forte riduzione di circa il 40 per cento. Secondo i dati della piattaforma Entso-E, il calo è visibile già dalla metà del 2021, ma il 2022 è stato un anno eccezionale rispetto ai sei precedenti e anche i valori dei primi mesi del 2023, sono molto inferiori aggravando ulteriormente la situazione;

    appare molto preoccupante la situazione della siccità nel Nord-Ovest del Paese, come evidenziato da diverse fonti, in particolare, l'Ordine dei geologi, che ha riferito come le riserve di acqua in Lombardia sono di circa il 45 per cento in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020, con il livello dei laghi inferiore di poco più del 50 per cento e il manto nevoso sulle montagne solo al 46,2 per cento della media. Questa grave siccità ha causato il ridotto livello dei fiumi e dei laghi della regione, che rappresenta un problema per l'ecosistema e per le attività umane che ne dipendono. Rispetto al massimo valore d'invaso il Lago di Garda, ad esempio, ha un riempimento del 35 per cento, che lo porta a soli 13 centimetri dal record minimo del periodo risalente al 1989, mentre il Lago di Como ha una percentuale di riempimento pari al 20 per cento e un livello di –5,8 cm, circa 20 cm al di sotto dei livelli normali. Il Lago Maggiore ha un riempimento del 38 per cento, inferiore alla norma, mentre il Fiume Po a Ponte della Becca (Pavia) si trova a –3,2 metri rispetto allo zero idrometrico, con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate;

    l'altra causa della siccità in Italia è l'uso insostenibile dell'acqua, di cui non conosciamo appieno i consumi annui. Se per gli usi civili, periodicamente rilevati dall'Istat, sappiamo che si erogano ai cittadini circa 4,7 miliardi di metri cubi l'anno, ai quali va aggiunto un terzo dovuto alle perdite delle reti di distribuzione, le stime sugli usi industriali non sono mai state aggiornate da oltre 20 anni, mentre l'incertezza maggiore riguarda gli usi irrigui. Il Censimento dell'agricoltura 2010 stima che per irrigare i 2,42 milioni di ettari di superficie irrigua nazionale si impiegano circa 11,1 miliardi di metri cubi all'anno, che tenuto conto delle elevate perdite di distribuzione delle reti irrigue implicherebbe un prelievo di circa 25 miliardi di metri cubi;

    al netto delle perdite l'Italia è il Paese dell'EU con i consumi domestici più elevati (220 litri/abitante/giorno contro i 150 della Grecia e i 132 della Spagna – fonte: Blue Book 2022) e ciò per la totale mancanza di incentivi per favorire la diffusione di soluzioni che nel resto d'Europa si stanno diffondendo, come la raccolta della pioggia e il riuso delle acque grigie depurate;

    la fatiscenza degli acquedotti porta ad una perdita di acqua pari al 42 per cento, potremmo dare da bere ad una popolazione di 40 milioni di abitanti: nonostante questa emergenza infrastrutturale il PNRR prevede solo 900 milioni di euro di investimento per affrontare la dispersione dell'acqua dalle condutture;

    secondo l'ultimo dossier di Legambiente «Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell'era della crisi climatica», l'Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90 per cento di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70 per cento), Svizzera (50 per cento), Francia (39 per cento). Tale sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, il rapporto di Legambiente stima un consumo annuo di acqua che già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di metri cubi, corrispondente al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti. Inoltre, per rifornire di neve artificiale i 23.800 ettari di piste innevabili sull'arco alpino è stato determinato un consumo energetico complessivo di ben 600 gigawattora, che corrisponde «al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone», come specificato dal Cipra;

    l'azione condotta fin qui dai Governi è stata per lo più improntata ad un uso reiterato dei commissariamenti, da quelli per il dissesto idrogeologico a quelli per accelerare la predisposizione e attuazione del Piano nazionale di interventi nel settore idrico, dal commissario unico nazionale per la depurazione, ai commissari delegati per gli interventi urgenti per la gestione della risorsa idrica con un approccio dettato dall'emergenza e dall'estemporaneità degli interventi, per lo più di carattere infrastrutturale e di ulteriore artificializzazione del reticolo idrico, senza affrontare in modo ordinario e pianificato la gestione delle acque;

    nel nostro Paese attualmente vi sono 532 grandi dighe, di cui solo 374 in pieno esercizio, mentre 7 risultano ancora in costruzione, 76 in attesa di collaudo, 41 a invaso limitato e 33 fuori esercizio temporaneo (Annuario dei dati ambientali 2020, Ispra, 2021), mentre per le piccole dighe sono state raccolte informazioni su 26288 invasi, molti dei quali recentemente costruiti. Da rilevare poi che, sulla spinta degli incentivi, gli impianti di produzione di energia idroelettrica e la conseguenza frammentazione del reticolo idrico soprattutto montano, sono aumentati enormemente nell'arco di un decennio, passando da 2249 nel 2009 a 4337 nel 2018 (Terna, 2018). Impianti piccoli, con un contributo energetico strategico trascurabile (+0,7 per cento di potenza installata in 10 anni) ma con elevati impatti ambientali;

    in Italia, come in altri Paesi mediterranei, le politiche di approvvigionamento idrico hanno puntato ad accrescere la «capacità di regolazione» dei deflussi superficiali, creando invasi in cui accumulare le acque nel periodo piovoso per utilizzarle durante quello arido. Questa strategia ha tuttavia ben pochi margini per essere ulteriormente attuata, considerando che le sezioni dei corsi d'acqua dove era più facile ed efficace realizzare invasi sono ormai già abbondantemente sfruttate e che il riempimento dei volumi di accumulo esistenti sta diventando sempre più difficile a causa del mutato regime delle precipitazioni, a partire da quelle nevose, visto che con i grandi laghi alpini e gli invasi artificiali semivuoti sembra molto ottimistico pensare che realizzarne di nuovi possa risolvere il deficit idrico;

    negli ultimi decenni, sono risultati sempre più evidenti i notevolissimi impatti ambientali e socio-economici degli sbarramenti dei fiumi. Secondo l'analisi delle pressioni sulle acque svolta in attuazione della direttiva quadro 2000/60, dighe e altri ostacoli sono, infatti, il fattore di pressione più significativo in almeno il 30 per cento dei corpi idrici europei e causa del mancato raggiungimento del buono stato ecologico in almeno il 20 per cento di essi;

    le dighe, oltre ad impattare drammaticamente la popolazione ittica, hanno determinato (insieme alle escavazioni in alveo) un cronico deficit di sedimenti su estese porzioni del reticolo idrografico italiano, con incisione degli alvei ed erosione costiera e conseguenti danni a ponti e opere di difesa, rendendo necessario un ingente esborso di risorse per ricostruire o stabilizzare tali infrastrutture e per realizzare opere di difesa dei litorali. Incisione degli alvei ed erosione delle coste sono fattori primari di depauperamento delle falde freatiche e di intrusione del cuneo salino, ovvero proprio quei fenomeni che vengono spesso imputati esclusivamente alla siccità e che si pretende di combattere con nuove dighe;

    all'accumulo negli invasi si collegano poi altri problemi significativi, come la perdita di molta acqua per evaporazione, l'aumento elevato di temperature negli invasi più piccoli, con formazione di condizioni anossiche, fioriture algali e sviluppo di cianotossine (uno dei problemi di qualità dell'acqua emergenti di maggior rilievo a livello mondiale), fattori che compromettono il successivo utilizzo di queste acque e la necessità di sfangamento degli invasi, che spesso comportano interventi costosi e complessi sul piano tecnico, impatti ambientali rilevanti e la difficoltà di reperire siti idonei, nel caso in cui i fanghi vadano smaltiti ai di fuori del corso d'acqua;

    risulta pertanto evidente come gli invasi lungo i corsi d'acqua non rispettino assolutamente il principio Dnsh (Do no significant harm), che prevede che gli interventi previsti dai PNRR non arrechino danno significativo all'ambiente e vanno nella direzione diametralmente opposta rispetto alla Strategia europea per la biodiversità 2030 e alla proposta di Regolamento europeo per la «Nature Restoration», che chiedono invece di ripristinare la connettività dei corsi d'acqua, rimuovendo sbarramenti che creano più danni che benefici e non di costruirne di nuovi;

    anche la realizzazione di impianti di desalinizzazione per aumentare la disponibilità idrica non è sostenibile come soluzione strutturale di approvvigionamento idrico per il Paese e può essere presa in considerazione solo in casi di necessità, in determinati periodi dell'anno e solo per realtà particolari, ad esempio le piccole isole. Sono, infatti, molto elevati tanto i costi economici quanto quelli energetici e ambientali associati a questa tecnologia, considerando che i residui del trattamento, ad esempio, sono costituiti da una «melma» ipersalina (la salamoia) ricca di anti-incrostanti, metalli e cloruri, il cui smaltimento determina notevoli impatti dove viene scaricata, tendendo a stratificarsi in prossimità del fondale marino e alterando gravemente habitat e specie;

    per sopperire all'eccesso di domanda irrigua rispetto alla disponibilità idrica, troppo spesso inoltre si fa ricorso al meccanismo della deroga al deflusso ecologico, che dovrebbe restare una misura di assoluta emergenza. Ora la deroga, applicata anche nella misura del 70 per cento e per l'intera stagione irrigua, sta diventando, di fatto, un istituto ordinario in diverse regioni, vanificando così gli sforzi in corso per passare da un ormai obsoleto deflusso minimo vitale a un vero e proprio deflusso ecologico, che tenga in considerazione i diversi aspetti rilevanti del regime idrologico e le funzioni e servizi ecosistemici a essi associati. La realizzazione di nuovi invasi rischia, non solo di alterare ulteriormente il regime idrologico di corsi d'acqua già fortemente impattati, ma di determinare un'ulteriore spinta per altre deroghe;

    secondo stime Anbi in Italia all'agricoltura sono imputabili 14,5 miliardi di metri cubi di acqua l'anno, pari al 54 per cento dei consumi totali e in tale contesto appare quanto mai necessario, a fronte non solo delle crisi idriche ma di quelle sistemiche che rendendo sempre più difficile e costoso l'accesso ai fattori su cui si è basata la produttività agricola, promuovere un sistema agroalimentare che richieda un minor uso idrico, anche attraverso una riconversione del sistema dell'industria zootecnica e ridefinire l'organizzazione dei paesaggi agrari e delle pratiche agronomiche, con l'adozione di misure mirate all'incremento della funzionalità ecologica dei territori agrari e della loro capacità di trattenere e far infiltrare le acque meteoriche e prevenire il degrado dei suoli, con l'adozione generalizzata di pratiche colturali che implementino il contenuto di sostanza organica nei suoli e la loro capacità di assorbire le piogge e trattenere umidità;

    l'agricoltura intensiva ha poi determinato un estremo impoverimento dei suoli agricoli. Secondo Ispra il 28 per cento del territorio italiano presenta segni di desertificazione, che non è solo un problema di mancanza d'acqua. Secondo i dati Crea (2017) in Italia il contenuto di carbonio organico nei suoli è in media pari all'1 per cento: questo indica suoli disfunzionali, inclini alla desertificazione, meno capaci di trattenere acqua e nutrienti, dalla minore capacità produttiva. Si stima che aumentando di solo l'1 per cento il contenuto di sostanza organica nel suolo, la capacità di trattenere acqua aumenti di quasi 300 metri cubi per ettaro. La superficie agricola italiana è di circa 17 milioni di ettari, si tratta quindi di un accumulo di oltre 5 miliardi di metri cubi, quasi la metà di quella che si può attualmente accumulare negli invasi delle grandi dighe italiane (11,8 sono i miliardi di metri cubi invasabili attualmente stimati);

    il luogo migliore dove stoccare l'acqua rimane la falda e la ricarica controllata della falda determina un ventaglio ampio di benefici oltre quello dello stoccaggio: falde più alte sono di sostegno a numerosi habitat umidi, lentici e lotici si previene la subsidenza indotta dall'abbassamento della falda; falde più elevate rilasciano lentamente acqua nel reticolo idrografico sostenendo le portate di magra; livelli di falda alti contrastano l'intrusione del cuneo salino. I sistemi di ricarica controllata della falda costano in media 1,5 euro per metri cubi di capacità di infiltrazione annua, mentre per gli invasi i costi arrivano a 5-6 euro per metri cubi di volume invasabile. I sistemi di ricarica controllata consumano molto meno territorio e per essi è più facile trovare siti idonei; metodi «naturali» come le aree forestali di infiltrazione, già realizzate ed efficacemente dimostrate in alcuni contesti agricoli, andrebbero incentivate e potrebbero, fornire diversi servizi ecosistemici aggiuntivi;

    l'ostacolo principale all'infiltrazione delle piogge nel suolo è data dalla forte cementificazione del territorio e dall'impermeabilizzazione dei suoli che ha ridotto progressivamente la capacità di rigenerazione delle falde idriche, determinando il rapido convogliamento delle acque nei sistemi di fognatura urbana. Il consumo di suolo viaggia ad una velocità di 2 mq/sec, secondo i dati Ispra il recupero delle acque piovane in ambito urbano risulta viceversa assolutamente strategico, considerando che i dati pluviometrici relativi a 109 città capoluogo di provincia nel 2023, anno in cui le piogge sono state anche inferiori alle medie storiche di riferimento, indicano in circa 13 miliardi di metri cubi l'acqua piovana dispersa, una quantità corrispondente a circa il 40 per cento dei prelievi medi annui di acqua in Italia (circa 33 miliardi di metri cubi);

    per far sì che le precipitazioni permangano più a lungo sul territorio, alimentando le falde e smorzando i picchi di piena, invece di scorrere velocemente a valle, un'altra misura fondamentale è la restituzione di spazio ai fiumi, riducendone la canalizzazione e ripristinando la connessione tra gli alvei e le pianure inondabili, anche rimuovendo opere di difesa e, quando necessario, ricostruendole a maggior distanza dal fiume. In questa direzione va anche il ripristino della connettività monte-valle, rimuovendo o modificando parte degli sbarramenti esistenti, per recuperare le forti incisioni subite dagli alvei nei decenni scorsi a causa dell'eccesso di escavazioni nei corsi d'acqua e all'effetto di dighe e invasi;

    l'indagine «Il riutilizzo delle acque reflue in Italia», realizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), sostiene che il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme (9 miliardi di metri cubi all'anno, l'acqua che esce dai depuratori), ma in Italia viene sfruttato solo per il 5 per cento (475 milioni di metri cubi), a causa di limiti normativi, pregiudizi degli agricoltori e una governance non ancora ben definita. È quindi necessario superare i limiti culturali su questa soluzione, cui dovremo necessariamente ricorrere nei prossimi anni e che, se progettata con criterio, ovvero seguendo i principi della gestione del rischio, e associata a una capillare attività di monitoraggio della qualità, garantisce che l'acqua recuperata sia utilizzata e gestita in modo sicuro per la salute e l'ambiente;

    le soluzioni sopra indicate dovrebbero essere tra le misure previste dai piani di gestione dei bacini idrografici e dettagliate dalle regioni nell'ambito dei piani regionali di tutela delle acque come prescritto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, per cui non servono piani straordinari concepiti sull'onda emotiva dell'emergenza, ma eventuali procedure straordinarie limitate ad affrontare particolari criticità e urgenze, mentre è necessario prevedere dotazioni finanziarie adeguate per l'attuazione di una strategia nazionale integrata per l'attuazione di politiche idriche al tempo del cambiamento climatico,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza volte ad istituire un fondo di 8 miliardi di euro da destinare alla sostituzione-manutenzione degli acquedotti fatiscenti attraverso la rimodulazione del fondo complementare del PNRR;

2) a individuare, sentita Arera e le associazioni degli enti d'ambito e dei gestori dei Sii, gli eventuali ostacoli e i meccanismi di reperimento delle risorse finanziarie che permettano di accelerare il percorso volto a portare le perdite delle reti civili al di sotto del 25 per cento (per le perdite percentuali) ed entro i 15 mc/km/gg (per le perdite specifiche lineari) e di introdurre un nuovo criterio in aggiunta ai 6 definiti dalla «regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato», che premi i gestori che massimizzano il riuso delle acque depurate;

3) ad istituire, con il supporto di Ispra, Istat, Irsa-Cnr e le altre istituzioni tecnico-scientifiche in grado di contribuire, protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che consentano di conoscere e rendere disponibili ai cittadini stime affidabili delle disponibilità delle risorse idriche, dei consumi reali e della domanda potenziale;

4) ad adottare iniziative volte a definire e adottare per ogni bacino idrografico piani di bilancio idrico con misure di gestione delle siccità che devono essere inserite nella pianificazione territoriali e tenute in considerazione del rinnovo delle concessioni idriche, in modo da superare definitivamente l'attuale approccio emergenziale;

5) a definire un quadro normativo e regolamentare per favorire il riuso in ambito irriguo delle acque reflue secondo il regolamento UE 741/2020, anche associando agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane sistemi di fitodepurazione e lagunaggio, al fine di garantire una maggiore persistenza degli accumuli in superficie, contribuendo alla ricarica delle falde;

6) a definire, di concerto con l'Anci, una strategia sui criteri minimi edilizi che porti alla riduzione dei consumi idrici domestici e il ricorso ad acque non potabili (acque di pioggia accumulate o acque grigie depurate) per gli usi compatibili (risciacquo dei WC, lavatrice, lavaggi esterni) in modo da portare il valore medio dei consumi civili di acqua potabile a non oltre i 150 litri abitante giorno;

7) a definire e disporre misure di limitazione dei sistemi di innevamento artificiale, nel quadro di un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, che contenga il consumo di acqua;

8) a definire una strategia di trasformazione del nostro sistema agroalimentare, identificando misure fortemente orientate:

  a) a favorire la diffusione di colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti;

  b) a promuovere la diffusione di misure mirate all'incremento della funzionalità ecologica dei paesaggi e suoli agrari e della loro capacità di ritenzione idrica;

  c) a ridurre gli allevamenti intensivi;

  d) a contenere i consumi irrigui anche attraverso la digitalizzazione e l'innovazione tecnologica;

9) ad adottare le iniziative di competenza volte ad arrestare la costruzione di nuovi grandi invasi artificiali e di nuove dighe lungo i corsi d'acqua e l'escavazione in alveo, che pregiudicano il deflusso ecologico dei fiumi determinando un fortissimo impatto sul sistema idrografico e in generale sulle funzioni vitali dell'ecosistema fluviale;

10) a favorire interventi di rinaturalizzazione dei corsi d'acqua previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

11) ad adottare iniziative volte a garantire la piena attuazione degli obblighi di rilascio del deflusso ecologico nei corpi idrici, per assicurare una maggior resilienza degli ecosistemi acquatici in condizioni di siccità e anche al fine di ripristinare le naturali funzioni di ricarica delle falde acquifere, associandolo a misure di ricarica artificiale;

12) a recepire le misure previste dalle strategie per la «Biodiversità 2030», «From farm to fork» e «Suolo» nell'ambito del New Green Deal dell'Unione europea e riprese dalla recente proposta normativa «Pacchetto Natura» presentata dalla Commissione europea;

13) ad adottare iniziative normative che portino a consumo suolo zero entro il 2030 per fermare anche l'impermeabilizzazione dei terreni;

14) ad avviare una un programma nazionale di riqualificazione e ripristino della connettività dei corsi d'acqua, come misura di adattamento al cambiamento climatico, in coerenza con gli obblighi della direttiva quadro acque e con gli impegni della strategia europea per la biodiversità e in sinergia con la direttiva alluvioni;

15) ad adottare iniziative volte a destinare almeno 2 miliardi di euro l'anno per un periodo di 10 anni per interventi di riqualificazione morfologica ed ecologica dei corpi idrici naturali e del reticolo minore;

16) a favorire il riutilizzo dell'acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti.
(1-00117) (Nuova formulazione) «Bonelli, Zanella, Fratoianni, Evi, Borrelli, Dori, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».