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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 15 marzo 2023

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   L'XI Commissione,

   premesso che:

    secondo i dati resi disponibili nella sezione «Open data» del Portale Inail, nel 2022 si sono rilevate complessivamente 697.773 denunce di infortunio, il 25,67 per cento in più rispetto al 2021. Dei 697.773 casi rilevati, 607.806 riguardano infortuni avvenuti in occasione di lavoro, 89.967 infortuni in itinere. Con riferimento al genere, l'aumento riguarda sia la componente femminile, le cui denunce sono passate da 200.557 a 286.522 (+42,86 per cento), sia la componente maschile, con 411.251 denunce, 56.572 in più rispetto al 2021 (+15,95 per cento);

    l'analisi territoriale delle denunce rilevate nel corso del 2022 evidenzia, rispetto al 2021, aumenti del 37,29 per cento per il Sud, del 33,15 per cento per le Isole, del 30,42 per cento per il Nord Ovest, del 29,36 per cento per il Centro e del 13,29 per cento per il Nord Est;

    il numero delle denunce è in aumento in tutte le regioni rispetto al 2021: incrementi maggiori si sono rilevati in Lombardia, con 27.869 denunce in più, nel Lazio (+16.737), in Veneto (+14.458), in Campania (+13.495), in Piemonte (+12.830), in Toscana (+9.906), in Liguria (+9.245), in Sicilia (+8.785), in Emilia-Romagna (+7.104), in Puglia (+4.868), in Abruzzo (+4.273), in Sardegna (+2.815), nelle Marche (+2.470), in Calabria (+2.332) e in Umbria (+1.725). Seguono, in ordine decrescente, il Friuli Venezia Giulia (+993), la provincia autonoma di Bolzano (+798), il Molise (+695), la provincia autonoma di Trento (+679), la Valle d'Aosta (+314) e la Basilicata (+146);

    con riferimento agli infortuni con esito mortale sono stati 1.090 casi, a fronte dei 1.221 rilevati nel 2021 (-10,73 per cento); l'analisi territoriale evidenzia diminuzioni per tutte le macroaree geografiche (-26,10 per cento per il Sud, -11,23 per cento per il Nord Est, -3,83 per cento per il Nord Ovest, -3,45 per cento per le Isole, -0,88 per cento per il Centro). Con riferimento al genere, la diminuzione riguarda sia la componente femminile, con 120 denunce a fronte delle 126 rilevate nell'anno precedente (-4,76 per cento), sia la componente maschile, con 970 casi a fronte dei 1.095 rilevati nel 2021 (-11,42 per cento); ad aumentare sono soprattutto i casi avvenuti nel tragitto tra casa e azienda, crollati durante le fasi più acute della pandemia;

    colpisce anche il dato del sensibile aumento degli infortuni mortali fra i più giovani: sono 196 infortuni mortali fra i 25-39enni e 22 fra gli under 20;

    pur trattandosi di dati provvisori in quanto soggetti a consolidamento in esito alla definizione amministrativa dei singoli casi, l'Inail sottolinea che si è registrato un decremento nel 2022 rispetto al 2021 solo dei casi avvenuti in occasione di lavoro, scesi da 973 a 790 per il notevole minor peso delle morti COVID-19, mentre quelli in itinere sono passati da 248 a 300. Il calo ha riguardato soprattutto l'industria e servizi (da 1.040 a 936 denunce), seguita da conto Stato (da 53 a 36) e agricoltura (da 128 a 118);

    in aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 60.774 (+9,9 per cento);

    come evidenziato da Bruno Giordano, ex direttore dell'ispettorato nazionale del lavoro, si tratta di «Dati veri, ma non è tutto il vero: mancano gli incidenti che coinvolgono forze dell'ordine, forze armate, vigili del fuoco, e il numero oscuro degli incidenti, quelli non denunciati per nascondere un lavoro nero o per paura di perdere un lavoro precario» (La Repubblica, 3 febbraio 2023);

    dietro i numeri e le fredde statistiche ci sono storie di persone e famiglie che diventano il filo rosso di una «strage silenziosa»: recentemente il 20 gennaio 2023 Massimo Pezza, di appena 23 anni, impiegato in una ditta per lo smaltimento dei rifiuti vicino Roma, è stato colpito da una lastra di cemento; nel bresciano a Rodengo Saiano è morto un autotrasportatore di 64 anni schiacciato da una pesante lamiera che stava caricando sul camion; negli stessi giorni un lavoratore di 63 anni dipendente di un'azienda agricola di Barberino del Mugello (Firenze) è morto dopo essere stato urtato da un macchinario agricolo in transito nel podere in cui lavorava (Avvenire del 21 gennaio 2023); il 12 gennaio 2023 un giovane 22enne, Antonio Golino, che era al lavoro nell'area industriale di Pascarola a Caivano (Napoli), dipendente di una importante azienda che affetta e confeziona prosciutti per tutti i supermercati italiani, è morto schiacciato da decine di grossi bancali che sono improvvisamente caduti; il giovane Giuliano De Seta di appena compiuti 18 anni, è morto schiacciato lo scorso 16 settembre 2022 da una lastra di metallo di due tonnellate in un'azienda di Noventa di Piave (Venezia); il giovane era alla seconda di tre settimane di stage avviate con la sua scuola, l'istituto tecnico Da Vinci di Portogruaro;

    al di là dell'accertamento delle cause dell'accaduto da parte della magistratura, il problema delle morti bianche rappresenta un'emergenza che, dovrà essere affrontata immediatamente da tutti gli attori istituzionali;

    questo preoccupante trend non è una fatalità ma il risultato della diffusa abitudine a ritenere la riduzione del costo del lavoro elemento strategico per la competitività e la formazione professionale (quando presente) è finalizzata sempre più spesso al sostegno delle competenze necessarie per la produzione;

    ma il lavoro «uccide» in molti altri modi: il dilagare della precarietà, le trasformazioni dei rapporti di lavoro con il sempre più frequente cambiamento di mansioni, il ricorso al lavoro in appalto, poca innovazione ed investimento nei sistemi di sicurezza dei macchinari nei processi produttivi, scarsa informazione e formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori sulle misure di sicurezza e di prevenzione degli infortuni, lavoro nero, complessità di accesso agli incentivi per le imprese virtuose in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro, innalzamento dell'età pensionabile divenuta insopportabile soprattutto per determinati lavori, lacune normative come nei casi dei «rider» e dei giovani morti nei percorsi di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (ex alternanza scuola-lavoro), pochi controlli da parte dei soggetti preposti anche a causa della insufficienza di personale (Ispettorato del lavoro, Asl, Inps, e altro);

    proprio in tema di controlli, precise indicazioni sulle criticità del sistema delle ispezioni sul lavoro e sulle possibili innovazioni da introdurre sono contenute nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul riordino del sistema della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all'evasione contributiva (Doc. XVII, n. 7), approvato nella XVIII legislatura dalla XI Commissione nella seduta del 2 dicembre 2020;

    nell'ambito della richiamata indagine conoscitiva si era, in particolare, sottolineato il progressivo assottigliamento delle risorse umane destinate ai controlli, evidenziando come l'Inail nel 2019 potesse contare, per lo svolgimento dei controlli di propria competenza, solamente su 269 ispettori, a fronte dei 284 in servizio nel 2018, dei 299 in servizio nel 2017 e dei 350 in servizio nel 2016;

    occorre assicurare un sostegno alle imprese che investano nell'incremento degli standard di sicurezza sul lavoro: la sicurezza sul lavoro non è solo un obbligo, da adempiere in conformità alle prescrizioni legislative, ma deve essere connotata anche come un'opportunità, che possa indurre le aziende, anche attraverso misure premiali, ad elevare gli standard di sicurezza, incrementandoli anche in una misura maggiore rispetto ai livelli «minimi» previsti ex lege;

    in tale direzione è fondamentale sostenere l'azione dell'Inail per dare attuazione all'articolo 11 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede il finanziamento da parte dell'istituto di una serie di attività formative e di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza effettuati dalle imprese; recentemente con il bando Isi 2022, l'Inail metterà a disposizione 333,3 milioni a fondo perduto, una dotazione di oltre 60 milioni in più rispetto all'anno scorso;

    la sicurezza sul lavoro deve essere prima di tutto un tema culturale, per cui è fondamentale educare alla sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso iniziative specifiche, anche a livello di educazione primaria e campagne di sensibilizzazione delle imprese e dei lavoratori e dei giovani;

    in tema di ampliamento delle tutele, recentemente il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a seguito dei gravi infortuni subiti da giovani studenti e stagisti, in data 26 gennaio 2023, ha annunciato un ampliamento della tutela infortunistica degli studenti;

    prevenzione e formazione nei luoghi di lavoro, dunque, devono diventare una strategia e una scelta politica, con più risorse per mettere in sicurezza i processi produttivi e con più controlli e un coordinamento degli interventi; anche l'esigenza di semplificazione deve conciliarsi con quella di mantenere inalterati gli standard di tutela in ambito infortunistico;

    la nostra Costituzione all'articolo 41 prevede che l'iniziativa economica privata è libera ma «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative normative volte ad ampliare la tutela antinfortunistica anche allo svolgimento delle attività formative di qualsiasi tipologia che vengono svolte a qualsiasi titolo dalle imprese e nelle quali sono coinvolti gli studenti di ogni ordine e grado, compresi quelli impegnati in percorsi di istruzione e formazione professionale, tirocinanti, stagisti e docenti;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad implementare l'organico di tutti gli enti preposti ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro e di lavoro regolare nonché a rafforzare i controlli ispettivi nell'ambito delle attività formative svolte nelle aziende e che coinvolgono studenti di ogni ordine e grado, compresi studenti universitari, stagisti, apprendisti e docenti;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad incrementare l'ammontare delle risorse stanziate ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per i bandi Isi-lnail finalizzati a progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese, nonché dei progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai princìpi di responsabilità sociale delle imprese;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere agevolazioni fiscali sia per incrementare la formazione continua del personale, sia per favorire il rinnovo dei macchinari, molto spesso causa di incidenti perché troppo obsoleti;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a sostenere gli investimenti a favore della sicurezza sul lavoro, nonché dell'ammodernamento delle imprese agricole ed edili e dei relativi metodi e strumenti di lavoro;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a consolidare e rafforzare l'attività di controllo in materia di sicurezza sul lavoro, considerando in particolare la necessità di superare le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, relative al ruolo ad esaurimento del personale ispettivo dell'Inps e dell'Inail, nonché riportare in capo ai due istituti l'autonomia e le competenze con riferimento al relativo personale ispettivo, nel quadro del coordinamento assicurato dall'ispettorato nazionale del lavoro;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad assicurare l'interoperabilità e la piena condivisione tra Ispettorato nazionale del lavoro e Inail delle banche dati rilevanti ai fini delle attività di controllo, nel rispetto della normativa relativa alla protezione dei dati personali;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere una nuova funzione di vigilanza collaborativa del personale sanitario Inail, anche al fine di garantire alle imprese il supporto formativo nell'attività di prevenzione dei rischi sui luoghi di lavoro;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta ad affinare, anche attraverso una loro migliore organizzazione e integrazione, le procedure ispettive di competenza delle aziende sanitarie, anche al fine di contrastare i fattori di rischio biologico, compreso il rischio epidemiologico da COVID-19;

   ad adottare le opportune iniziative normative volte all'introduzione, nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado del sistema educativo di istruzione e formazione, dell'insegnamento della cultura della sicurezza, finalizzato a rendere consapevoli gli studenti delle diverse fasce di età dei potenziali rischi conseguenti a comportamenti errati nei luoghi di lavoro e nella vita domestica e scolastica, nonché a fornire loro la conoscenza e l'addestramento adeguati a riconoscere situazioni di pericolo;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a prevedere l'introduzione di strumenti e meccanismi premiali di tipo strutturale per le imprese, atti a favorire e selezionare le imprese più virtuose anche nell'accesso a specifici incentivi ed esoneri contributi e ad appalti e commesse pubbliche;

   ad avviare ogni iniziativa di competenza al fine di istituire un tavolo tecnico con il compito di proporre una revisione generale dei vigenti accordi Stato-regioni in tema di livelli della formazione sulla sicurezza sul lavoro, sui contenuti dei percorsi formativi e dell'aggiornamento, in modo da assicurare qualità ed efficacia alla formazione.
(7-00070) «Carotenuto».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la produzione italiana di olio d'oliva segue una tendenza flessiva nell'ultimo decennio e ancor di più nell'ultimo quinquennio. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dalle principali associazioni, il tessuto olivicolo italiano non è più competitivo: la produzione italiana di olio di oliva è passata da 674 mila tonnellate nella campagna 1991-92 a 315 mila nella campagna 2021-22, mentre nel 2022 la Spagna ha prodotto 1 milione di tonnellate;

    anche i Paesi del Sud del Mediterraneo sono stati capaci di aumentare la loro produttività e sono diventati più aggressivi e competitivi sui mercati globali. Nel contesto internazionale l'Italia è scesa dal podio dei primi tre Paesi produttori e la bilancia commerciale degli scambi con l'estero è in negativo, non essendo in grado la produzione nazionale di coprire i consumi interni, stimati in poco meno di 500 mila tonnellate;

    il calo produttivo è aggravato da eventi climatici estremi che hanno compromesso, nelle zone più vocate, quantità e qualità. Il fenomeno della desertificazione e la conseguente siccità rappresentano una drammatica piaga per la resa dell'olio in Italia, la campagna appena conclusasi è stata il trenta per cento meno produttiva di quella del 2021, meno di 250 mila tonnellate, a causa della siccità che ha colpito l'Italia nell'estate del 2022;

    la Xylella ha infettato la parte meridionale della regione Puglia – che è la prima regione per produzione di olio – ma le cause per cui la Xylella ha attecchito non sono da ricondurre solo alla patogenicità del batterio, ma anche al drammatico e annoso fenomeno dell'abbandono dei terreni agricoli e alla conseguente incuria, che potrebbero dall'altro lato offrire un'opportunità per nuovi e moderni impianti;

    oltre il 60 per cento del patrimonio olivicolo conta su alberi poco produttivi, con oltre 50 anni di età, mentre gli olivi con meno di 11 anni coprono solo il tre per cento dell'intera superficie olivicola, con evidenti negative conseguenze sulla produzione nazionale;

    l'olivicoltura italiana sconta un costo di produzione molto alto e ciò costituisce uno dei principali problemi della performance competitiva nazionale. Il costo di produzione italiano è difatti il più alto fra i principali Paesi produttori europei ed è superiore a quello spagnolo del 43 per cento;

    la manodopera è la voce che maggiormente incide sul bilancio delle aziende olivicole e nel campione in esame rappresenta in media il 67 per cento dei costi variabili e copre il 46 per cento dei ricavi di vendita, tra l'altro sempre più difficile da reperire e quasi mai qualificata; secondo un rapporto ISMEA, meno del 5 per cento delle aziende olivicole specializzate è gestito da coltivatori di età inferiore ai 40 anni;

    gli stessi costi energetici per la raccolta, trasformazione e imbottigliamento dell'olio erano già molto alti nel 2020 ed avevano un forte impatto sulla produzione (dati Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali 2020), ma dal 2022 sono diventanti insostenibili e rendono difficili tutte le fasi della produzione;

    i mercati internazionali, tuttavia, mantengono alta la domanda di olio prodotto in Italia benché ci sia una produzione che stenta a rispondere alla domanda. Dai dati dell'ultimo censimento in agricoltura risulta che il settore olivicolo conta in Italia oltre 640 mila aziende, con un patrimonio di 160 milioni di piante, esteso su un milione di ettari e dispone del maggior numero di olii extravergine a denominazione protetta in Europa (42 DOP e 6 IGP) con un patrimonio di 533 varietà di olive;

    la Spagna ha un programma di forte competizione verso la produzione italiana, gestito centralmente da un'interprofessione che raccoglie, attraverso un'imposta di 6 euro per tonnellata, circa 8-10 milioni di euro all'anno dagli operatori (produttori spagnoli, industrie spagnole e italiane) e che investe, per promuovere l'immagine dell'olio prodotto e imbottigliato in Spagna;

    l'imposta di 6 euro alla tonnellata praticato dall'interprofessione spagnola su tutti gli oli di oliva prodotti e scambiati in Spagna, viene pagato in parte anche dalle imprese italiane; infatti, considerato che sono 380 mila le tonnellate di olio di oliva che l'Italia importa ogni anno, si può affermare che l'Italia contribuisce a finanziare la promozione del prodotto spagnolo con oltre 2 milioni di euro, da oltre 15 anni;

    la minaccia che proviene dagli operatori dei paesi tradizionalmente fornitori dell'industria nazionale (Spagna in primis, ma anche Tunisia, Portogallo, Turchia, Grecia ecc.) si manifesta in tre direzioni: arrivano sui mercati principali con un prodotto confezionato a prezzi molto competitivi, condizionano qualità e prezzi di approvvigionamento degli oli sfusi della nostra industria, propongono sempre più prodotti di qualità sui mercati di nicchia;

    le campagne di promozione spagnole stanno mettendo in serie difficoltà la capacità competitiva dell'industria nazionale; la perdita di quote di mercato nei paesi a economia avanzata dove l'Italia leader e la limitata presenza nei mercati asiatici emergenti, sono sintomi inconfutabili di un declino già in atto;

    lo storico presidio tecnologico e commerciale dell'industria delle macchine e impianti di trasformazione delle olive nel Nord Africa è in forte crisi, per la concorrenza di prezzo e di servizi delle industrie turche, spagnole e cinesi, che negli ultimi anni stanno sostituendo le tecnologie italiane nei frantoi tunisini e del Maghreb in generale,

impegna il Governo:

   a predisporre un piano strategico nazionale olivicolo che indichi il modello di olivicoltura e di filiera olivicolo-olearia da sviluppare nei prossimi 15 anni, con precisi obiettivi e indicatori economici da raggiungere, sul mercato interno e internazionale;

   a creare piani di sostegno regionali volti ad aumentare la produzione di olio italiano, coerenti con il piano strategico nazionale olivicolo, orientati a massimizzare le potenzialità locali nell'ottica di aumentare sensibilmente la produzione, migliorare l'efficienza economica, la sostenibilità e la qualità del prodotto;

   a prevedere piani per contrastare il fenomeno della desertificazione nel Sud Italia e creare piani di intervento specifici nel settore olivicolo;

   ad adottare iniziative, di concerto tra i Ministeri dell'agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste e delle imprese e del made in Italy, per superare i limiti della frammentazione nel sistema della produzione nazionale e del gap di efficienza e innovazione che ci sta rendendo sempre meno competitivi rispetto ai concorrenti del Mediterraneo;

   a rendere immediatamente efficaci le proposte che arriveranno dalla Cabina di regia per l'internazionalizzazione al fine di dare nuovo slancio alla presenza sui mercati internazionali, come già avviato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con il Ministero delle imprese e del made in Italy;

   a rafforzare la cooperazione commerciale e tecnologica nei Paesi del Maghreb (Tunisia, Marocco, Algeria, Giordania) attraverso misure di sostegno a beneficio della industria italiana che produce e vende impianti oleari, nonché politiche che incentivino e rendano conveniente l'acquisto delle tecnologie olearie made in Italy da parte dei frantoi e delle industrie di detti Paesi;

   a dare nuovo impulso politico alla partecipazione italiana al Consiglio oleico internazionale, l'agenzia delle Nazioni Unite per l'olio, creando le condizioni diplomatiche per un Consiglio più vicino alle necessità del tessuto agro-industriale nazionale;

   a tutelare in sede europea la dieta tradizionale e mediterranea rispetto alle iniziative della Commissione europea che danneggiano la cultura italiana, come il sistema Nutri-score e il Piano europeo contro il cancro;

   a favorire un tavolo di confronto con la distribuzione moderna, per valorizzare e posizionare correttamente tutte le categorie commerciali degli olii da olive, creando spazi e opportunità anche per la categoria degli oli vergini, oggi scomparsa dagli scaffali;

   a differenziare gli oli extra vergine italiani di qualità, attraverso la messa a punto di un «sistema di qualità nazionale» (SQN) che in quanto «riconosciuto» potrebbe godere dei contributi UE per essere promosso e che, pur utilizzabile da altri paesi UE, ci consentirebbe di lanciare sul mercato un nuovo concept di extra vergine, con requisiti qualitativi molto più restrittivi della legge, certificato, distribuito, conservato e proposto nella ristorazione secondo regole nuove, destinate a rilanciare nel mondo il primato italiano della creatività e dell'innovazione sull'olio di oliva di qualità;

   a promuovere un tavolo di confronto in primis tra le organizzazioni sindacali e datoriali agricole, di concerto con le AOP e OP, i Consorzi di tutela, le associazioni dei confezionatori e quelle dei frantoiani, alle industrie delle tecnologie olearie, per dare vita ad un'organizzazione interprofessionale olivicola nazionale largamente rappresentativa e nelle condizioni di utilizzare l'istituto UE dell'estensione delle norme erga omnes, per controbilanciare la politica espansiva spagnola e rafforzare e consolidare la supremazia italiana nei mercati internazionali.
(7-00069) «Nevi, Gatta, Arruzzolo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRAZIANO, FASSINO, DE MARIA e CARÈ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 13 marzo 2023, i Ministri della difesa, Crosetto, e degli affari esteri, Tajani, hanno rilasciato dichiarazioni a mezzo stampa, affermando all'unisono che l'aumento degli arrivi di migranti in Italia sarebbe da imputare a una strategia della divisione Wagner: «L'aumento esponenziale del fenomeno migratorio, che parte dalle coste africane sia anche, in misura non indifferente, è parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner (...) sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni Paesi africani»;

   inoltre, il Ministro Crosetto ha continuato affermando che l'Ue, la Nato e l'Occidente «dovrebbero inoltre prendere atto che l'immigrazione incontrollata e continua, sommata alla crisi economica e sociale, diventa un modo per colpire i paesi più esposti, in primis l'Italia, e le loro scelte geostrategiche, chiare e nette. L'Alleanza Atlantica si consolida se si condividono anche i problemi che nascono dalle scelte collettive, ma rischia di incrinarsi se i paesi più esposti a ritorsioni di vario tipo (come aprire i “rubinetti” dell'immigrazione da parte di alcuni Stati) vengono lasciati soli»;

   come gruppo parlamentare il PD ha sempre preso molto sul serio e con grande preoccupazione le notizie riguardo alle interferenze russe nella politica italiana e i posizionamenti della Russia nello scacchiere internazionale –:

   se il Governo intenda chiarire al più presto a quali evidenze faccia riferimento il Ministro della difesa con riguardo agli eventuali legami tra sbarchi e infiltrazioni russe fa riferimento;

   cosa si intenda quando si afferma che l'Alleanza Atlantica rischia di incrinarsi se l'Italia viene lasciata sola e quali azioni ci si attenda in tal senso dalla Nato, che, qualora disattese, rischierebbero addirittura di incrinare, in questa fase di destabilizzazione mondiale dovuto al conflitto ucraino, i nostri saldi e consolidati rapporti nell'alleanza atlantica.
(5-00517)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAVANELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 marzo 2023, con epicentro nella zona di Umbertide, è stato registrato uno sciame sismico con due forti scosse nel giro di poche ore. La prima alle 16:05 con magnitudo 4.4 e la seconda alle 20:08 con magnitudo 4.5, stando ai dati riferiti dall'istituto nazionale di geofisica;

   la terra ha continuato a tremare anche dopo la seconda scossa con altri sismi di magnitudo 2.1, 3.9 e 2.6 della scala Richter;

   nel comune di Umbertide, oltre a un significativo numero di sfollati, sono state chiuse due scuole, mentre la stazione ferroviaria di Pierantonio è inagibile al pari delle strutture soprastanti;

   a seguito di un sopralluogo effettuato dalla interrogante, sono state rilevanti evidenti crepe negli edifici nel Paese situati nell'area più vicina all'epicentro tali da non permettere di escludere che ulteriori criticità possano emergere all'esito delle verifiche statiche ancora in corso;

   l'articolo 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018, recante «Deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale» prevede la possibilità per il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di deliberare lo stato di emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi. Detta prerogativa, subordinata al verificarsi dei requisiti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c), del predetto decreto legislativo, autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 1 del 2018. Inoltre, è compito della delibera individuare le prime risorse finanziarie da destinare all'avvio delle attività di soccorso e assistenza alla popolazione interventi più urgenti;

   a distanza di alcuni giorni dai citati eventi e nonostante il perdurante disagio delle comunità delle aree interessate dallo sciame sismico, risulta che non sia stata ufficialmente adottata alcuna deliberazione in tal senso –:

   se non si intenda adottare la deliberazione dello stato di emergenza concernente i territori colpiti dallo sciame sismico del 9 marzo 2019 al fine di semplificare l'individuazione delle risorse finanziare da destinare alle attività di soccorso e l'attività di assistenza alla popolazione nonché per accelerare il processo di ricognizione dei danni prodotti e di eventuale messa in sicurezza degli edifici compromessi.
(4-00657)

AGRICOLTURA, SOVRANITÀ ALIMENTARE E FORESTE

Interrogazione a risposta orale:


   RUBANO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   la filiera bufalina in Campania genera un volume d'affari di 1,2 miliardi di euro dando lavoro a più di undicimila persone. La legge di tutela n. 292 del 2002, stabilisce che «La bufala mediterranea italiana è da considerare patrimonio zootecnico nazionale (...) che deve essere tutelato da tutte le patologie infettive, mediante piani regionali di profilassi appositamente dedicati alla prevenzione ed eradicazione (...)»;

   nelle province di Caserta e Salerno sono presenti oltre 250.000 capi di bufale e circa 1.850 allevamenti, che riforniscono 250 caseifici (di cui 128 iscritti alla «mozzarella di bufala campana DOP»);

   la provincia di Caserta è da tempo afflitta dalla presenza dell'infezione della brucellosi nei bufali, con effetti rilevanti sulla tenuta del comparto agro-zootecnico. Durante l'emergenza sanitaria degli anni 2006-2008 (quando il tasso di prevalenza di brucellosi negli allevamenti era pari all'11.3 per cento) furono adottate misure straordinarie, vaccinando i capi sieronegativi negli allevamenti delle aree di contagio;

   le vaccinazioni sono state sospese dal primo gennaio 2014 e il divieto è stato rinnovato con la deliberazione della Giunta regionale n. 207 del 20 maggio 2019, nei fatti disponendone il blocco;

   la situazione in Campania per la brucellosi sta peggiorando: i bufali abbattuti nell'ultimo anno in Regione sono oltre 37.000, in particolare in provincia di Caserta. Negli ultimi dieci anni, per sospetta brucellosi o tubercolosi bufalina sono stati abbattuti oltre 140 mila capi, spesso rivelatisi poi sani alle indagini autoptiche;

   la responsabilità di questo è imputata al kit diagnostico per il gamma interferon (Bovigam) che, per stessa ammissione della casa produttrice, risulta ancora in fase di sperimentazione. Animali rivelatisi sani sono stati sacrificati a causa dell'applicazione di un protocollo o di test diagnostici non validati;

   negli ultimi 10 l'Unione europea ha versato all'Italia quasi 40 milioni di euro per cofinanziare le misure contro questa malattia, sopratutto in Campania. Tuttavia i risultati conseguiti negli ultimi anni sono di gran lunga inferiori agli obiettivi: dalla provincia di Caserta l'infezione sta avanzando sia a nord che a sud e sta raggiungendo la provincia di Salerno;

   le organizzazioni agricole hanno preso posizione, lamentando che detti piani comportano l'eradicazione della bufala, più che quella della brucellosi. Chiedono, oltre al ricorso alle campagne di vaccinazione in una logica di prevenzione sanitaria, l'abbattimento mirato dei soli capi malati, l'adozione del principio della responsabilizzazione aziendale, con l'obbligo di autocontrollo sanitario e ambientale, e la provincializzazione dei controlli stessi;

   chiedono, altresì l'istituzione di un tavolo di confronto permanente presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, finalizzato a monitorare e verificare costantemente la corretta applicazione dei sopra citati piani provinciali e formato, oltre che dagli incaricati del Ministero, dai rappresentanti del settore dell'allevamento bufalino, da esponenti della regione Campania e delle Asl competenti;

   il Consiglio di Stato, su ricorso degli allevatori, ha più volte sospeso le singole ordinanze di abbattimento in quanto il principio di precauzione non è stato contemperato con quello del diritto alla vita e al benessere degli animali;

   l'11 marzo 2023, il movimento costituito dagli operatori «Salviamo le Bufale», ha tenuto a Caserta una manifestazione nella quale, oltre alle già citate rivendicazioni, ha chiesto il ritiro della delega alla task force regionale e l'adozione di un piano di indennizzi e di sviluppo della filiera –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le iniziative di competenza finalizzate all'urgente salvaguardia del prezioso patrimonio bufalino italiano tutelato dalla legge n. 292 del 2002, facendo proprie le richieste degli operatori del settore, anche tramite l'adozione di piani di intervento per il contenimento e l'eradicazione delle patologie infettive basati su nuovi metodiche, con l'obiettivo limitare al massimo l'abbattimento degli animali allevati.
(3-00250)

AMBIENTE E SICUREZZA ENERGETICA

Interrogazione a risposta scritta:


   MARINO. — Al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   diversi sindaci siciliani lamentano, da alcuni anni, le problematiche legate al controllo della fauna selvatica, in particolare riguardo il sovrappopolamento di singole specie selvatiche definite «problematiche»;

   Anci Sicilia, a seguito di ingenti danni causati dai cinghiali e dai suini selvatici – fra cui numerosi incidenti stradali e danneggiamenti ai terreni agricoli – lo scorso autunno ha lanciato un appello rivolto in particolare alle istituzioni statali, chiedendo delle modifiche alla legge quadro sulla caccia, legge 11 febbraio 1992, n. 157;

   presso la Regione Siciliana è istituito il «Gruppo di Coordinamento Regionale per la gestione della fauna problematica» con il compito di affrontare in maniera organica ed efficiente il fenomeno del sovrappopolamento di «specie problematiche». L'istituzione del predetto organismo, della durata di tre anni, si è resa necessaria considerati i fenomeni di sovrappopolamento di talune specie, quali ungulati (suidi e cervidi) che hanno raggiunto nell'intero territorio siciliano livelli di espansione tali da avere delle ripercussioni negative sulla conservazione della biodiversità, sul mantenimento degli agro-sistemi e sull'incolumità pubblica;

   con la legge di bilancio per il 2023, il Governo ha modificato le regole per il controllo della fauna selvatica disciplinate dalla legge n. 157 del 1992 –:

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, in attesa dell'approvazione del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, al fine di contenere il fenomeno di sovrappopolamento delle specie selvatiche definite «problematiche» sull'intero territorio siciliano e in particolare all'interno dei Parchi e delle riserve naturali.
(4-00660)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   FURGIUELE. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   la città di Crotone, fondata nel 718 a.C. è stata uno dei centri più importanti della Magna Grecia, nota per il suo profilo culturale e per l'alto livello di civiltà raggiunto, celebre in tutta la Grecia per le sue personalità: Alcmeone e Pitagora su tutti e per i migliori atleti di tutta la Grecia antica, plurivincitori dei giochi ellenici dell'antichità, fra cui Milone;

   nel 2012 le amministrazioni regionale e comunale, di concerto con il Ministero interrogato, hanno annunciato il progetto «Antica Kroton», un investimento di cento milioni di euro, finanziato con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013, con il quale si intendeva riportare alla luce il sito archeologico dell'antica città;

   l'accordo di programma quadro prevedeva in particolare cinque interventi: la bonifica dei suoli; lo scavo archeologico e il restauro dei reperti; la realizzazione di un parco archeologico e, infine, di un teatro virtuale e museo multisensoriale;

   nel 2015 con una deliberazione di Giunta regionale è stato ritenuto necessario assicurare il finanziamento degli interventi previa rimodulazione degli stessi per un importo complessivo di 61,7 milioni di euro sul fondo unico del Piano di azione coesione (PAC) 2014/2020;

   nel 2021, veniva approvata la rimodulazione definitiva degli interventi per l'attuazione del programma con il comune di Crotone e il Segretariato regionale per la Calabria del Ministero della cultura soggetti attuatori degli interventi approvati, fra i quali si includeva anche la bonifica del Castello Carlo V, con museo civico e biblioteca comunale e uffici della soprintendenza, allocati nei locali dello stesso chiusi dal 1998 a causa del rinvenimento di materiale tossico;

   la nuova amministrazione comunale ha provveduto a redigere un Accordo quadro di concerto con Invitalia e a dare incarichi per la progettazione mentre, come si legge sulla stampa locale, il Segretariato regionale non ha provveduto agli adempimenti di propria competenza;

   a distanza di un anno e mezzo, pur avendo a disposizione le risorse finanziarie, nulla è stato fatto, con ciò precludendo la piena fruibilità del Castello, luogo identitario riconosciuto come tale dalla Comunità oltre che meta turistica tra le più visitate;

   ugualmente nulla ad oggi è stato fatto, per quanto concerne l'intervento di restauro del bastione San Giacomo, in cui a febbraio 2022 il Ministro della cultura annunciava la pubblicazione del bando e ad ottobre 2022 l'avvenuta aggiudicazione dei lavori;

   giova rammentare che nel 2019 si sono persi i fondi destinati al recupero delle tele pittoriche presso il convento della Santa Spina a Petilia Policastro che erano state rimosse nel lontano 1998;

   tali lungaggini ed inadempienze fanno temere seriamente in ordine alla realizzazione della progettualità dell'Antica Kroton, avuto riguardo alle risorse attribuite al Ministero e considerati i tempi perentori per realizzare tali investimenti (31 dicembre 2025);

   si rischierebbe, per l'ennesima volta, di rendere impossibile il raggiungimento dell'obiettivo di valorizzazione del territorio e, ancora una volta, la dispersione delle risorse messe a disposizione per la Calabria con il fondo dedicato allo sviluppo e alla coesione –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente delle circostanze, sopra descritte e quali iniziative urgenti intenda intraprendere al fine di assicurare la tempestività dell'azione del Segretariato regionale calabrese e l'avvio, nel minor tempo possibile, sia dei lavori di bonifica del Castello Carlo V sia del più vasto progetto di valorizzazione «Antica Kroton», oltre che di tutti i numerosi interventi attesi in regione.
(4-00659)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TENERINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Banca centrale europea (Bce) ha recentemente portato il tasso di interesse al livello più alto degli ultimi 14 anni, fissandolo al 3 per cento. Ha inoltre annunciato un nuovo aumento di 50 punti base a breve, senza escludere altri aumenti nel corso dell'anno;

   la Bce ha scelto di attuare una politica monetaria restrittiva per contrastare il recente aumento del tasso di inflazione;

   decisioni di questo tipo hanno un impatto dirompente sulle singole economie degli Stati membri;

   il problema appare particolarmente grave per le famiglie titolari di mutuo. Con un forte aumento dei prezzi degli alloggi, accompagnato da un aumento dei prezzi dei beni e dei servizi essenziali, il potere d'acquisto dei cittadini sta rapidamente peggiorando. Al tempo stesso, i profitti dei grandi gruppi economici e finanziari sono in aumento;

   nelle sue proiezioni economiche, la Commissione europea ha riconosciuto l'ampia perdita di reddito reale disponibile delle famiglie ritenendo che tale perdita sia destinata a continuare ma che possa al contempo essere frenata dal fatto che la maggior parte delle persone possiede mutui ipotecari a tasso fisso;

   nella realtà, il mercato dei mutui ipotecari nella zona euro è eterogeneo per tipologia di tassi di interesse. Mentre in alcuni Paesi si registra una prevalenza di mutui a tasso fisso, in altri prevalgono i mutui a tasso variabile;

   in Italia una decisione come quella su citata impatta su 3,5 milioni di famiglie che hanno mutui a tassi fissi e variabili, con una prevalenza di quelli variabili;

   secondo Banca d'Italia, i prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni, a dicembre 2022, era pari a 953 milioni di euro per finanziamenti fino a 5 anni e di 426 miliardi per quelli oltre;

   a gennaio 2023 il Governo ha reintrodotto una norma che prevede specifiche condizioni per passare da un mutuo a tasso variabile ad uno fisso. Se il richiedente ha i requisiti, la banca non potrà negare la rinegoziazione e dovrà farlo sulla base dei parametri forniti dalla norma. Per accedere il mutuatario deve aver sottoscritto il mutuo variabile prima del 2023, deve essere stato regolare nei pagamenti, deve avere un Isee inferiore ai 35 mila euro e l'importo del mutuo non deve superare i 200 mila euro;

   l'innalzamento dei tassi dei mutui ha avuto ed ha un forte impatto sul mercato immobiliare penalizzando fortemente famiglie e imprese che hanno visto le rate crescere anche del 40 per cento. Ciò a fronte di una situazione già difficile per gli stessi soggetti a causa del recente aumento dei prezzi determinato non da un innalzamento della propensione al consumo ma dalla guerra in Ucraina e dalla crisi energetica;

   l'aumento dei tassi, inoltre, ha avuto ed avrà sempre di più la naturale conseguenza della stagnazione del mercato immobiliare, con tutto l'indotto che gravita attorno allo stesso;

   per evitare pesanti conseguenze economico/produttive sarebbe auspicabile prevedere delle soluzioni di breve periodo per aiutare pmi e famiglie, specialmente quelle maggiormente svantaggiate;

   gli strumenti adottabili potrebbero andare ad esempio nella direzione della temporanea sospensione della quota capitale dei finanziamenti ipotecari per famiglie (proroga del Fondo Gasparrini) e pmi e dei finanziamenti non ipotecari delle pmi, magari consentendo ai debitori che sono regolari nei pagamenti, di trasformare il tasso variabile in tasso fisso (Irs di periodo) o in tasso variabile a rata costante, con una riduzione dello spread applicato dagli Istituti di Credito di una determinata percentuale, allo scopo di mitigare il notevole incremento dell'Euribor di periodo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare agendo in via emergenziale a favore di famiglie e imprese per mitigare gli effetti dell'innalzamento dei tassi di interesse sui mutui.
(5-00516)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MALAGUTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la casa circondariale di Ferrara, come nella gran parte delle case circondariali del Paese, è teatro di continue aggressioni, con conseguenze anche gravi per l'incolumità degli agenti di Polizia penitenziaria;

   sempre più spesso e in maniera sempre più aggressiva alcuni detenuti ricorrono alla violenza verso il personale di custodia al fine di ottenere vantaggi e benefici non dovuti;

   vi sono anche detenuti, affetti da problemi psichici, che a volte ricorrono alla violenza contro altri detenuti e contro sé stessi;

   mentre nella vita di tutti i giorni una persona affetta da problemi psichici, che sia pericolosa per sé stessa e per gli altri può essere sottoposta a un «Trattamento sanitario obbligatorio» questo di fatto non avviene nelle case circondariali;

   dovrebbero sopperire a tale scopo le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), ossia strutture sanitarie di accoglienza per gli autori di reato affetti da disturbi mentali (infermi di mente) e socialmente pericolosi, ma tali strutture non sono in grado di rispondere concretamente ai numerosi casi riscontrati;

   le organizzazioni sindacali rappresentative di tutto il personale, unitariamente, hanno richiamato diverse volte l'attenzione delle autorità competenti sulle insostenibili condizioni in cui si trovano gli operatori, denunciando il grave pericolo per la loro sicurezza e la necessità di misure per riportare l'ordine all'interno del carcere;

   i sindacati lamentano in particolare, oltre alla grave carenza di organici che costringe gli operatori a continui e snervanti straordinari, la mancanza di precisi protocolli operativi che li tutelino da denunce ricattatorie da parte dei reclusi stessi, e di strumenti di difesa dalle continue aggressioni;

   se infatti i detenuti più violenti possono trovare anche in carcere oggetti utilizzabili per ferire anche gravemente gli agenti, questi ultimi sono totalmente sprovvisti di qualsiasi strumento di difesa;

   gli agenti di polizia penitenziaria osservano quindi in particolare che la tendenza a cedere ad ogni pretesa avanzata dai detenuti con la forza non produca altro che ulteriore violenza, attraverso un'escalation senza tregua, come purtroppo sta avvenendo da ormai troppo tempo;

   lasciare senza alcuna conseguenza la commissione di gravi violazioni disciplinari e addirittura di gravi reati, come denunciano le organizzazioni sindacali, produce infatti un sentimento di impunità nei detenuti più aggressivi e facinorosi, che a sua volta aggrava ancora la situazione già molto difficile, con ulteriore demotivazione del personale preposto alla sicurezza –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e quali urgenti iniziative intenda adottare per restituire ordine e sicurezza all'interno della casa circondariale di Ferrara, come in altre nella stessa situazione, con particolare riferimento all'incolumità degli agenti di polizia penitenziaria che vi operano con sempre maggior sacrificio, e dei detenuti che non intendono essere coinvolti in atteggiamenti violenti e indisciplinati;

   se non si intenda istituire nuovi e precisi protocolli di intervento per gli agenti di polizia penitenziaria che li tutelino da eventuali denunce per maltrattamenti inesistenti e autolesionismo dei detenuti;

   se non si ritenga indispensabile dotare ogni capo turno, per ogni turno di vigilanza della polizia penitenziaria, di taser (storditore elettrico) da utilizzare nei casi più pericolosi in cui detenuti violenti aggrediscano gli agenti o altri detenuti o tendano all'autolesionismo;

   se non si intenda dotare le case circondariali della possibilità di adottare misure di trattamento sanitario obbligatorio (Tso) per i casi più gravi e irrecuperabili di detenuti affetti da patologie mentali.
(4-00651)


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti di stampa che la Procura di Terni avrebbe aperto un'indagine per la morte di Fabio Gloria, detenuto palermitano che stava scontando una condanna definitiva nel carcere umbro per il reato di estorsione;

   nell'ottobre 2022 gli erano stati inflitti in primo grado altri 12 anni per associazione mafiosa ed è in seguito a quest'ultima condanna che era stato trasferito dal Pagliarelli di Palermo al circuito ad alta sicurezza di Terni;

   sul corpo di Gloria – sempre secondo quanto riportato da fonti di stampa – è stata disposta l'autopsia per confermare o meno l'ipotesi del suicidio; versione alla quale i parenti non hanno mai creduto;

   secondo le prime ricostruzioni, all'interno del carcere si era verificata una rissa fra un gruppo di detenuti campani e Gloria sarebbe intervenuto in difesa di uno di loro, ma solo il palermitano sarebbe finito in isolamento;

   il pomeriggio in cui è stato trovato il corpo, gli era stato concesso di fare una videochiamata con i familiari che avevano notato gli evidenti segni delle ferite al volto riportate durante la colluttazione, ma Gloria sarebbe stato di umore tranquillo e nulla avrebbe lasciato presagire il terribile gesto;

   nonostante l'intervento degli agenti che hanno tentato di rianimarlo, il detenuto siciliano ha perso la vita per le conseguenze dell'impiccagione nella sua cella –:

   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti di cui in premessa e, più in generale, se vi siano notizie di ulteriori suicidi nel carcere di Terni e di elevata conflittualità tra uno o più gruppi di detenuti.
(4-00661)

IMPRESE E MADE IN ITALY

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO, FOSSI e SARRACINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   a otto mesi dal commissariamento di Sogin, del 15 giugno 2022, si registrano una serie di inadempimenti e di ritardi sulle attività di decommissioning, sulla gestione dei grandi appalti e sulla realizzazione del deposito nazionale;

   l'annullamento dei principali appalti finalizzati allo smantellamento del materiale radioattivo, su tutti la rescissione, per la seconda volta, del contratto CEMEX per la realizzazione di un impianto di cementificazione di rifiuti liquidi presso il sito di Saluggia, oltre alla mancanza di prospettive per la realizzazione del deposito nazionale, stanno determinando un clima di incertezza e preoccupazione tra i lavoratori della società;

   come denunciato dalla Filctem-CGIL, non si registrano attività rilevanti in nessun sito, l'organico è in costante riduzione, tanto da mettere in criticità la stessa gestione ordinaria e la messa in sicurezza degli impianti;

   in un contesto di generalizzato sottorganico di personale, si segnala la situazione particolarmente critica dei siti di Saluggia, ove si è assistito anche a dimissioni volontarie di personale giovane, e di Trino;

   per richiamare l'attenzione delle istituzioni su tale vicenda, il 6 marzo 2023 a Roma è stato organizzato un presidio presso la sede del Ministero dell'economia e finanze e altre mobilitazioni potranno essere intraprese nei prossimi giorni;

   anche dopo la costituzione dell'organo commissariale, a parere dell'interrogante, non sembra essersi determinata quella discontinuità necessaria il rilancio dell'azienda e, a tutt'oggi, non risulta essere stato presentato un nuovo piano industriale;

   senza un significativo cambio di direzione si rischia di mettere in forse il futuro occupazionale e la dignità di centinaia di lavoratrici e lavoratori ad alta professionalità di Sogin e del suo indotto, nonché di compromettere la tenuta industriale dell'azienda, compreso il mantenimento in sicurezza degli impianti –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di verificare la situazione gestionale ed occupazionale della Sogin, tenendo conto della strategicità delle sue attività e della necessità di un suo rilancio industriale, scongiurando che si possa disperdere il suo patrimonio di competenze e professionalità, nonché che possano venire meno le condizioni di sicurezza degli impianti.
(5-00515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCANI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   la tutela degli utenti nel settore della telefonia negli anni più recenti ha visto l'adozione di diversi interventi normativi finalizzati a rafforzare la posizione dei consumatori ampliando gli obblighi per gli operatori che svolgono l'attività di call center verso numerazioni nazionali fisse o mobili;

   il 14 ottobre 2022 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato sul proprio sito il provvedimento che approva l'allegato tecnico che definisce le modalità tramite cui i gestori telefonici comunicano al gestore del registro pubblico delle opposizioni (Rpo) le numerazioni fisse attive non pubblicate negli elenchi telefonici pubblici (cosiddette riservate) al fine della loro iscrizione di default nel Rpo, qualora non già iscritte;

   il provvedimento, previsto dall'articolo 7, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2022, n. 26, completa la riforma del registro pubblico delle opposizioni, permettendo l'iscrizione automatica delle numerazioni fisse non presenti negli elenchi telefonici;

   nonostante ad oggi si contino ben 3,9 milioni di iscritti, il nuovo registro pubblico delle opposizioni non ferma il cosiddetto «telemarketing illegale», ovvero l'esercizio abusivo dell'attività di call center e televendita da parte di soggetti che operano nel mercato italiano, ancorché spesso delocalizzati all'estero, in violazione delle norme che regolano queste attività;

   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con delibera n. 420/19/ CONS del 17 ottobre 2019 ha istituito il tavolo tecnico avente la finalità di definire un «Codice di condotta» condiviso sulle modalità di esecuzione dell'attività di call center/teleseller e individuare soluzioni condivise tra i soggetti partecipanti;

   in base alle recenti stime del Codacons, sono più di 2 milioni gli italiani iscritti al Registro che continuano a ricevere telefonate commerciali da parte di call center e operatori specializzati. Il 38 per cento circa delle telefonate commerciali ricevute dagli utenti propone contratti di forniture per luce e gas, mentre il 31 per cento è legato al mondo della telefonia; cresce nell'ultimo periodo la quota delle telefonate che propongono investimenti e trading online, che raggiunge il 30 per cento del totale. Sempre più numerose poi le chiamate che provengono da sistemi automatizzati attraverso numeri fittizi creati da appositi software proprio allo scopo di aggirare ed eludere le norme in materia;

   quale sia il complesso delle iniziative assunte per contrastare il telemarketing illegale, anche alla luce delle risultanze a cui nell'ultimo semestre di attività è giunto il tavolo tecnico istituito presso l'Agcom.
(4-00664)


   ORRICO e PAVANELLI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 178, operante dal 2011, è stato istituito il Registro delle opposizioni presso il Ministero dello sviluppo economico che, all'epoca, si riferiva esclusivamente alle numerazioni telefoniche inserite nei pubblici elenchi;

   la legge 11 gennaio 2018, n. 5, ha previsto nuove norme per l'iscrizione degli utenti nel Registro delle opposizioni e per il suo funzionamento intendendo rafforzare la tutela degli utenti dalle chiamate indesiderate a scopo di promozione commerciale;

   con decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 2018, n. 149, in vigore dal 3 febbraio 2019, sono state introdotte modifiche al decreto del Presidente della Repubblica istitutivo del Registro delle opposizioni estendendo la disciplina anche alle comunicazioni commerciali inviate col mezzo postale;

   con decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2022, n. 26, si è estesa la disciplina di salvaguardia di cittadini anche con riferimento alle utenze di telefonia mobile;

   il Registro pubblico delle opposizioni, che si riferisce ora a tutti i numeri telefonici nazionali, fissi e cellulari, consente al cittadino di opporsi alle chiamate di telemarketing indesiderato;

   tale registro è però focalizzato solo sull'operato delle imprese legali iscritte al servizio e quindi non riesce a tutelare i cittadini dal cosiddetto telemarketing «illegale» condotto da operatori commerciali che ignorano le disposizioni di legge in merito;

   a conferma di quanto ciò predetto, per come denunciato da cittadini, associazioni di categoria, trasmissioni televisive ed organi di stampa, le chiamate illecite degli operatori commerciali continuano colpevolmente ad importunare gli utenti –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per verificare il reale funzionamento del Registro pubblico delle opposizioni e se non ritenga che la normativa vigente presenti delle lacune da colmare adeguatamente per ottenere lo scopo prefisso dal servizio.
(4-00665)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FENU e TODDE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la regione Autonoma della Sardegna risulta essere l'unica regione italiana priva di un sistema autostradale e, pertanto, l'unica infrastruttura stradale che connette il territorio sardo al suo interno è la strada statale 131 che a sua volta si suddivide nelle diramazioni denominate «Carlo Felice» e diramazione centrale Nuorese. La SS 131 si estende per un totale di circa 375 chilometri e connette le città di Cagliari, Oristano, Nuoro, Olbia e Sassari, con conseguente interconnessione stradale di 2 strutture aeroportuali e 3 strutture portuali. Pertanto, tale infrastruttura rappresenta il principale strumento di viabilità della regione in quanto, sia che si voglia attraversare il territorio longitudinalmente che trasversalmente, è l'unica soluzione praticabile sia per trasporto pubblico, civile e mercantile. Nonostante ciò, essa è classificata come strada extraurbana secondaria, con un limite di velocità massima di 90 Km/h, salvo un tratto di circa 60 chilometri in direzione Cagliari, ove è classificata come strada extraurbana principale, con un aumento della velocità massima consentita a 110 km/h;

   attualmente, la SS 131, considerando sia la diramazione «Carlo Felice» che la diramazione centrale Nuorese, conta 30 interventi di ammodernamento che coinvolgono l'intero tracciato. A riguardo, si segnala che la quasi totalità dei lavori si riferisce ad opere di manutenzione programmata, di cui tre risultano sospesi per ragioni non rese note dal soggetto gestore del tracciato Anas S.p.a., e tre, invece, prevedono nuove costruzioni. In aggiunta, si segnala che varie opere di manutenzione programmata e di nuove costruzioni sono state consegnate alle imprese nel 2019 ma, dopo 4 anni dalla consegna dei lavori, non sono ancora giunte a conclusione;

   nonostante il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 novembre 2021 abbia previsto il commissariamento degli interventi infrastrutturali relativi alla rete viaria stradale della regione Sardegna e, conseguentemente, abbia nominato il presidente della regione Sardegna pro tempore quale commissario straordinario, quest'ultimo, oltre che essere tenuto ad oneri informativi nei confronti del Dipartimento generale in merito alla conclusione degli interventi, nonché allo svolgimento di attività di monitoraggio di anomalie a ritardi rispetto al cronoprogramma, avrebbe dovuto dare un impulso significativo alle tempistiche previste per il completamento degli interventi medesimi;

   la situazione descritta, rivela un disagio alla mobilità che, oltre rappresentare un pregiudizio all'effettiva libertà di circolazione di merci e persone, limita anche lo sviluppo economico. Tale problematica verrà fortemente intensificata in concomitanza con l'inizio della stagione turistica che, a partire dal mese di maggio, determinerà una crescita esponenziale degli utenti stradali, con conseguente pregiudizio anche per l'incolumità pubblica. Infatti, stando al Report Istat «Incidenti Stradali in Sardegna – Anno 2021» la SS 131, insieme alla SS 129, rimane tra le strade più pericolose della Sardegna, con un indice di mortalità pari a 3,0. Inoltre, dai medesimi dati Istat, risulta che i mesi che vanno da maggio a settembre rappresentano, in relazione all'annualità, il 49,6 per cento degli incidenti, il 50 per cento dei morti e il 51 per cento dei feriti. Pertanto, appare pacifico affermare che le attuali condizioni della SS 131 non possono che acuire negativamente tali tendenze statistiche –:

   quali iniziative, anche di natura normativa, intenda porre in essere al fine di favorire un coordinamento dei lavori della SS 131 che possano essere in armonia con le necessità di viabilità che gli utenti stradali necessitano;

   se non ritenga che, al verificarsi di un sinistro causato dalle condizioni di oggettiva precarietà del tracciato, qualora il ritardo nella consegna dei lavori sia imputabile all'inerzia od omissione da parte dei soggetti a vario titolo responsabili dell'esecuzione dei lavori, si debba far valere una condivisione di responsabilità civile e penale dei soggetti medesimi.
(5-00514)

Interrogazione a risposta scritta:


   TRAVERSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in merito al contributo annuo a carico delle lavoratrici e dei lavoratori dei porti dedicato al fondo ministeriale di accompagno all'esodo, di cui ai commi 3-septies e 3-octies articolo 10 del decreto-legge n. 228 del 2021 convertito in legge n. 15 del 2022, in misura di euro 5 per 13 mensilità, si segnala che a partire dalla retribuzione del mese di gennaio 2023 è formalmente iniziato, per i suddetti lavoratori, l'accantonamento presso le aziende e le AdSP che si va ad unire al contributo di queste già avviato a gennaio 2022 pari a euro 130,00 annui;

   nel caso del mancato primo accantonamento previsto per il mese di gennaio scorso sarà possibile trattenere tale contributo sulla 14ma mensilità al fine di evitare disallineamenti sulle somme;

   nel contempo Assoporti si è impegnata a sensibilizzare le AdSP a procedere con l'effettivo accantonamento e a sollecitare lo stesso a tutti i soggetti coinvolti al fine di evitare anomalie e/o eventuali negligenze;

   non si ha ad oggi alcun riscontro circa la bozza di decreto per l'effettiva istituzione del fondo –:

   quando verrà predisposto ed approvato il decreto attuativo del fondo di accompagno all'esodo anticipato così da rendere fruibile il fondo a valle del periodo di accantonamento già concretamente avviato.
(4-00656)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   BELLOMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la situazione dell'ordine pubblico nella città di Bari, già problematica da diversi mesi, è degenerata negli ultimi giorni tanto da verificarsi episodi criminosi quotidiani nel centro cittadino che stanno creando non pochi timori nella popolazione che risulta pervasa da un senso di profonda insicurezza scossa da una siffatta recrudescenza di rapine, furti e aggressioni;

   basta leggere le cronache locali per rendersi conto di come i cittadini e commercianti di Bari siano sottoposti ad uno stillicidio di reati che non li fa più sentire sicuri:

    Ansa Puglia del 13 marzo 2023 «Nuovo furto con spaccata nel centro di Bari, indaga la polizia»;

    La Repubblica di Bari del 10 marzo 2023 «Bari, ancora un furto con spaccata in centro: ladri da Pronti a tavola in via Piccinni, è il secondo colpo in 24 ore»;

    Gazzetta del Mezzogiorno del 9 marzo 2023 «Bari, rompono vetrina con un masso e scappano con cassa e tablet, ennesimo furto in centro»;

    Gazzetta del Mezzogiorno del 21 febbraio 2023 «Bari, notte di spaccate in centro nel mirino 4 negozi di Via Dante, Corso Cavour e Via Argiro»;

    Gazzetta del Mezzogiorno dell'11 febbraio 2023 «Bari, continua l'escalation di furti e spaccate nel Murattiano: nel mirino anche Jerome»;

    La Repubblica di Bari dell'8 febbraio 2023 «Bari furto da 2.500 euro a Game Stop in Corso Cavour: svuotata la cassaforte»;

    La Repubblica di Bari del 7 febbraio 2023 «Bari, furto con spaccata in centro ladri nella notte da Kiki fish e poke per portare via 180 euro e un tablet».

   Ed ancora:

    il 10 febbraio 2023, in una via centrale a Bari, una anziana signora è stata violentemente rapinata; il 15 febbraio ci sono state due tentate rapine tra San Pasquale e Carrassi e un'aggressione in pieno centro, in piazza Umberto; il 21 febbraio una coppia è stata rapinata in pieno centro in Via Crisanzio; tali fatti confermano purtroppo l'affermarsi della malavita in città;

   il sindaco di Bari, ingegner Antonio Decaro, ha rilasciato agli organi di stampa, nella giornata del 14 marzo 2023, la seguente dichiarazione «l'ordine pubblico non è competenza del Comune, men che meno del Sindaco, nonostante ciò, non ci siamo mai sottratti a richiedere la convocazione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, garantendo tutta la disponibilità dell'amministrazione comunale ...»;

   ad avviso dell'interrogante, la farsesca dichiarazione del sindaco del comune di Bari, va considerata come vero e proprio atto di inerzia –:

   se il Governo sia a conoscenza degli episodi di criminalità che «tormentano» ormai quotidianamente la città di Bari;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per far sentire, ai cittadini residenti nel comune di Bari, la presenza dello Stato ed arginare il crescente ripetersi di atti criminosi;

   se non si ritenga opportuno potenziare i livelli di sicurezza sul territorio, prevedendo anche una maggiore presenza delle forze armate.
(3-00251)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   ad Asti, il gruppo consiliare «Uniti Si può», è stato sanzionato dalla Polizia municipale a causa dei volantini distribuiti durante un'iniziativa di protesta contro i nuovi stalli per il parcheggio pagamento in piazza Campo del Palio;

   il volantino riproduceva il facsimile di una contravvenzione, riportava il logo della forza politica presente in consiglio comunale «Uniti si può» e conteneva un messaggio che criticava la scelta dell'amministrazione di rendere a pagamento tutti i parcheggi di piazza Campo del Palio;

   la polizia municipale ha elevato, agli autori del volantino, una contravvenzione pari a 420 euro, sulla base della violazione dell'articolo 12, secondo comma, del «Regolamento comunale per l'applicazione e la disciplina dell'imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni», il quale prevede che: «la pubblicità effettuata mediante la distribuzione di volantini (o di altro materiale pubblicitario), è autorizzata, con la presentazione, almeno due giorni prima dell'inizio della pubblicità, di apposita istanza all'ufficio preposto alla gestione dell'imposta»;

   lo stesso regolamento all'articolo 8 prevede, però, che «Ai fini dell'imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell'esercizio di una attività economica e sono quindi escluse tutte le forme di comunicazione prive di contenuto pubblicitario, come le forme di comunicazione ideologi o comunque non collegabili ad alcun interesse economico»;

   a parere dell'interrogante appare evidente che il volantino distribuito in Piazza Campo del Palio, contenendo chiaramente un messaggio politico, riportando oltre al nome e il logo di una forza politica ed elettorale, presente in Consiglio comunale con un proprio gruppo consiliare, anche la dicitura «propaganda politica», non può in alcun modo essere considerato un generico messaggio pubblicitario e dunque rientra nei casi di esclusione dell'imposizione previsti dal richiamato articolo 8 del regolamento comunale dell'imposta sulla pubblicità;

   la distribuzione di stampati cosiddetto «volantinaggio» è una delle forme più diffuse di manifestazione del pensiero e della propaganda politica e, a parere dell'interrogante, è abbastanza inusuale e grave che venga sanzionato perché viene equiparato a generico materiale pubblicitario legato ad attività economiche;

   l'articolo 21 della Costituzione sancisce che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»;

   quanto accaduto rappresenta dunque un fatto ancora più preoccupante non solo perché lede diritti anche costituzionalmente garantiti, ma anche per la circostanza che la sanzione, palesemente illegittima a parere dell'interrogante, proviene da una amministrazione il cui operato è oggetto, nel volantino prodotto da un gruppo consiliare di opposizione, di contestazione e di critica –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa i fatti esposti in premessa e se risulti l'esistenza di precedenti casi analoghi in cui soggetti promotori di volantini dal contenuto politico siano stati sanzionati sulla base di norme regolamentari relative alle attività pubblicitarie genericamente intese;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire che la comunicazione politica, comprendendo anche quella effettuata attraverso la realizzazione e la distribuzione di volantini, non sia soggetta a sanzioni amministrative legate all'inosservanza di norme e regolamenti sulla diffusione di materiale pubblicitario.
(4-00653)


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'estate 2022 è stata caratterizzata da lunghe e intense ondate di caldo e da estenuanti periodi di siccità che hanno drasticamente aggravato il propagarsi di grandi incendi in tutto il pianeta. Secondo i dati dell'European Forest Fire Information System (Effis), la superficie totale che è andata in fumo nei paesi dell'Unione europea durante i mesi estivi del 2022 (dal 4 giugno al 3 settembre), è stata di 508.260 ettari, rispetto a una media 2006-2021 di 215.548 ettari nello stesso periodo;

   in Italia è stata una estate letteralmente «di fuoco» per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Da fonti stampa sappiamo che dal 1° agosto 2021 sono stati 970.869 gli interventi effettuati dalle squadre dei vigili in tutta Italia: in media 2.660 al giorno. Purtroppo il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre storicamente di una mancanza di personale umano e di attrezzature, lacune che si evidenziano nella loro gravità in situazioni e contesti di emergenza climatica e ambientale come quelli che stiamo affrontando e che probabilmente peggioreranno nei prossimi mesi. Sulla piattaforma Change.org, è stata presentata la petizione per sostenere il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo i dati indicati nella richiesta «l'Unione europea prevede per le attività di soccorso urgente la presenza di un vigile del fuoco ogni 1.500 abitanti» mentre «l'attuale rapporto in Italia è di un vigile del fuoco ogni 15.000 abitanti»;

   risulta particolarmente emblematico il caso del comando vigili del fuoco di Genova che ha una carenza di personale operativo pari: 52 unità nei ruoli di CR/CS (26,8 per cento), 41 unità nei ruoli di VP (12,3 per cento). Se a queste carenze si aggiungono quelle dovute al personale in articolo 234 e quelle assegnate ad altro comando, le carenze effettive del personale operativo sono pari: 61 unità nei ruoli di CR/CS (31,4 per cento), 49 unità nei ruoli di VP (14,8 per cento). Dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi, per il comando di Genova durante il Governo Conte I è stata aumentata la pianta organica per permettere l'apertura del nuovo distaccamento del Levante cittadino, zona sguarnita. Ma ad oggi, con le economie stanziate per l'apertura della nuova sede, il comando risulta privo di risorse operative e si trova in concreta difficoltà nell'organizzare un adeguato servizio di pronto intervento e soccorso. Situazione ancora più preoccupante è quella del servizio antincendio portuale di Genova: il vuoto è strutturale ed è destinato ad aggravarsi. Ad oggi, tra pensionamenti, unità dichiarate non idonee per infortuni e malattie e unità assenti per parziale idoneità al servizio, il personale impiegabile nell'attività di soccorso tecnico urgente risulta pari a circa il 54 per cento dell'organico carenze che ovviamente non consente di garantire un'idonea copertura del servizio SAR e SAP per il porto di Genova che, secondo i dai dati statistici, risulta uno dei principali porti italiani per movimentazione di rinfuse liquide, rinfuse solide, merci varie, teu, RoRo e passeggeri in generale –:

   se il Ministro interrogato, alla luce della evidente situazione di carenze strutturali nazionali del personale operativo e specializzato oltre a quello dei mezzi, non reputi necessario avviare iniziative di competenza per definire un nuovo piano triennale di assunzioni e finanziamenti specifici per tale settore;

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare per garantire la sicurezza e il pronto intervento da parte del comando di Genova e di quello specifico e strategico del distaccamento nautico portuale.
(4-00655)

ISTRUZIONE E MERITO

Interrogazione a risposta scritta:


   PICCOLOTTI. — Al Ministro dell'istruzione e del merito. — Per sapere – premesso che:

   secondo l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, promosso da diverse realtà di base tra cui il Cesp (Centro studi per la scuola pubblica), Pax Christi e Cobas scuola, gli ampi spazi concessi dalla scuola ai Pcto (ex alternanza scuola lavoro) vedono una forte ingerenza delle forze militari e delle industrie di armi;

   dai territori giungono frequenti segnalazioni di collaborazioni sempre più strette tra scuole, caserme e aziende della difesa, tutto a discapito della cultura della non violenza e di una didattica che indirizzi gli studenti alla ricerca di soluzioni non militari alla risoluzione dei conflitti, in sintonia con la nostra Costituzione che ripudia la guerra;

   il primo protocollo d'intesa tra i Ministeri dell'istruzione e della difesa risale al 2014 ed è stato poi rilanciato con l'arrivo dell'alternanza scuola lavoro previsto dalla riforma cosiddetta della «Buona scuola»;

   le scuole stanno diventando sempre più dei luoghi dove si preferisce coltivare l'ideologia bellicista e del controllo securitario e ciò avviene attraverso l'intervento diretto delle forze armate (in particolare italiane e statunitensi) declinato in una miriade di iniziative tese a promuovere la carriera militare in Italia e all'estero;

   a parere dell'interrogante non vi è nulla di educativo nel consentire l'ingresso di armi nelle scuole e permettere a bambine e bambini di tenere in mano una pistola, di familiarizzare con strumenti di morte, come accaduto qualche tempo fa in Puglia;

   è incredibile che si preferisca esporre gli studenti ai rischi derivanti dalla presenza di materiale esplosivo e armi anziché concentrare ogni sforzo educativo per promuovere il dialogo, il rispetto e la pace, concetti che si pongono in antitesi all'utilizzo di armi;

   rappresentanti delle forze militari addirittura tengono lezioni in qualità di «docenti» su vari argomenti (inglese, legalità, Costituzione, ginnastica, educazione alimentare, informatica, storia, geografia, prevenzione del bullismo e del consumo di droghe) e attraverso i Pcto si organizzano visite a basi militari o caserme, il tutto suffragato da protocolli di intesa firmati da rappresentanti dell'Esercito con il ministero dell'istruzione, gli Usr e Usp e le singole scuole;

   gli stage «militari» dei ragazzi sono diffusi in tutta Italia, ma sono più numerosi nel Mezzogiorno e particolarmente in Sicilia;

   compito della scuola è quello di contribuire a sviluppare la cultura della pace, della non violenza e dei diritti umani e a tal proposito occorrerebbe recuperare le «Linee guida del Ministero dell'istruzione sull'educazione alla pace e ai diritti umani», del 2007, in cui si afferma «l'importanza di acquisire conoscenze e tecniche per la comprensione, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, dei processi conflittuali in atto, delle relative cause e della individuazione delle soluzioni nonviolente potenzialmente disponibili», anziché continuare a potenziare Pcto in ambienti e con ambienti militari e dell'industria bellica, imperniati sulla «cultura della sicurezza e della difesa», intesa solo dal punto di vista militare;

   la presenza all'interno delle scuole di associazioni o organi militari per svolgere attività a contatto degli alunni minorenni si pone, inoltre in contrasto con la Dichiarazione universale dei Diritti del fanciullo e la Convenzione ONU dei diritti del fanciullo, non solo a protezione del minore ma soprattutto nella prospettiva di quell'educazione alla pace individuata come priorità urgente dallo studio ONU sull'educazione al disarmo e alla non proliferazione –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative di competenza volte a introdurre il divieto di svolgere Pcto in collaborazione con strutture militari e industrie belliche, così da limitare la cultura bellicista e militarista che ad avviso dell'interrogante si sta diffondendo nelle scuole di ogni ordine e grado del nostro Paese, rendendo gli spazi scolastici luoghi in cui praticare, anche attraverso specifici programmi ministeriali, la cultura della pace e dell'accoglienza, restituendo alla scuola il ruolo sociale previsto dalla Costituzione italiana.
(4-00663)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ORRICO e AMATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   è risaputo che il doppiaggio italiano è un autentico gioiello invidiato e riconosciuto a livello globale;

   sono proprie le voci dei nostri doppiatori, spesso, a rendere indimenticabili film passati alla storia, che, senza ovviamente togliere nulla al linguaggio originale di opere e serie tv internazionali, testimoniano l'importanza del doppiaggio italiano sul piano artistico e culturale;

   oggi, però, il mondo dei doppiatori italiani è in agitazione, alle prese con una crisi dal punto di vista economico-lavorativo che va avanti ormai da troppo tempo; i professionisti del doppiaggio (direttori, assistenti, dialoghisti-adattatori, doppiatori) sono in sciopero dal 21 febbraio 2023;

   non solo i loro stipendi sono fermi da troppo tempo, con un contratto nazionale che non si rinnova addirittura dal 2008, ma con l'avvento di piattaforme come Netflix e Amazon Prime, le loro condizioni e ritmi di lavoro sono diventati insostenibili;

   è dunque in corso un vero e proprio sciopero di categoria principalmente per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl); poi si contesta l'avvento delle piattaforme Ott e l'impatto che hanno avuto sulla produzione, ovvero l'aumentata mole di lavoro che non permette di prestare la dovuta attenzione alla qualità;

   infine, questi lavoratori denunciano i pericoli derivanti dall'utilizzo nel mondo del doppiaggio delle avanzate tecnologie dell'intelligenza artificiale; infatti, con le cessioni dei diritti che vengono firmate a lavori conclusi la voce dei doppiatori può essere manipolata ed anche replicata da strumenti di machine learning senza che lo stesso doppiatore ne sia al corrente;

   va peraltro ricordato che non solo i doppiatori, ma anche le troupe, gli stuntman, i generici e gli altri addetti del settore audiovisivo stentano a vedersi riconoscere i più basilari diritti sindacali;

   appare doveroso sostenere queste categorie nel condivisibile obiettivo di giungere ad un contratto collettivo nazionale di lavoro unico per tutti i comparti dell'audiovisivo –:

   quali siano intendimenti del Governo rispetto allo sciopero dei doppiatori italiani e della complessa situazione che investe la categoria, e in generale quale strategia intenda adottare per dare risposte di ampio respiro alle legittime esigenze dei lavoratori dell'audiovisivo.
(4-00652)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANNA RICCIARDI, FEDE e AMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in reazione alla crisi pandemica, alcuni Stati che rappresentano enormi centri di produzione (India, Cina e USA, in particolare), hanno iniziato ad investire nelle catene di approvvigionamento locali e a destinare maggiori sforzi nella capacità produttiva orientata al mercato nazionale. Questa scelta, insieme alla crisi energetica e inflattiva, ha determinato una riduzione dell'offerta con un'impennata dei prezzi di tutti i componenti derivanti da questi Paesi e una crescente difficoltà di approvvigionamento anche per il comparto farmaceutico nazionale, particolarmente legato a paesi terzi per la produzione di principi attivi farmaceutici, materie prime chimiche e medicinali;

   l'acuirsi dell'attuale delicata fase internazionale e l'impennata dei prezzi hanno fatto registrare un crescente numero di criticità da parte di numerose aziende farmaceutiche circa la complessa situazione di approvvigionamento per la produzione dei medicinali;

   le complessità produttive hanno determinato un aumento del fenomeno delle carenze di farmaci che se non gestito con concrete politiche di mitigazione delle cause alla base, potrebbe comportare gravi danni per il paziente che si trova senza il medicinale di cui necessita, ragion per cui il Ministro interrogato ha istituito un tavolo di lavoro per individuare e contrastare le cause determinanti;

   a tal riguardo, il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, cosiddetto decreto-legge Calabria) aveva disposto l'allungamento da 2 a 4 mesi del periodo di preavviso da parte delle aziende farmaceutiche per effettuare la comunicazione delle interruzioni temporanee o definitive della commercializzazione di medicinali, obbligo in violazione del quale sono previste delle sanzioni;

   l'allungamento del periodo non ha però avuto effetti migliorativi nella gestione delle carenze, comportando anche disfunzioni organizzative sia per le aziende che non possono provvedere a detenere scorte per quattro mesi e spesso sono costrette a fornire informazioni soggette a rettifiche, sia per gli Uffici competenti dell'Agenzia, che si sono trovati a gestire una mole molto significativa di procedimenti amministrativi su casi che non comportavano alcun danno al paziente essendoci molteplici alternative presenti nel ciclo distributivo;

   il ripristino del termine di preavviso da quattro a due mesi, oltre ad essere più in linea con gli altri Paesi europei, risulterebbe più coerente con le dinamiche organizzative delle aziende farmaceutiche e consentirebbe all'Aifa un'adeguata gestione degli stati di carenza solo sui farmaci, concentrandosi su quelli più critici e senza alternative disponibili –:

   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di competenza, all'interno del tavolo già istituito presso il Ministero della salute sulle carenze dei farmaci, assumere iniziative normative per modificare il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, cosiddetto decreto-legge Calabria) nel seguente modo: riportare la comunicazione di preavviso della carenza da 4 mesi a 2 mesi;

   istituire un elenco, periodicamente aggiornato, di medicinali critici, per i quali non esistono alternative terapeutiche e sui quali concentrare gli sforzi di vigilanza, di pronta comunicazione e di sanzione; innalzare le sanzioni previste per mancato preavviso non giustificato da validi motivi per quei farmaci che risultano non avere alternative di farmaci equivalenti o terapeutiche nella classe di appartenenza; creare un fondo dove far confluire le oblazioni, vincolato allo svolgimento di iniziative di formazione per la gestione delle carenze.
(5-00513)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SOTTANELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dai comitati cittadini che in località Cermone di Pizzoli (L'Aquila), nei pressi del sito archeologico di S. Vittorino Amiternum, nonché a poche centinaia di metri dal centro abitato, il comune di Pizzoli e il comune dell'Aquila hanno autorizzato un poligono di tiro a cielo aperto che svolge la sua attività tutti i fine settimana dalle ore 9.30 fino all'imbrunire, e persino in alcuni giorni infrasettimanali, rendendo impossibile la vita dei cittadini, creando disturbo al riposo e alla quiete pubblica e danno alla salute degli abitanti della località;

   la Asl Abruzzo con Pec del 31 maggio 2022 e successivi solleciti, sempre per mezzo Pec, del 22 giugno 2022 e del 18 ottobre 2022, avrebbe invitato i sindaci dell'Aquila e di Pizzoli a intervenire, in quanto, a seguito dei rilievi fonometrici prodotti dai cittadini e i rilievi fonometrici che la stessa Asl Abruzzo ha richiesto all'ARTA (Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente), risulta che l'attività di tiro superi notevolmente i 5 decibel consentiti per legge;

   si rileva che il comune di Pizzoli ha concesso l'autorizzazione, nonostante, secondo quanto consta all'interrogante, la società che gestisce il poligono di tiro non abbia prodotto entro 90 giorni dall'inizio dell'attività la perizia fonometrica richiesta dall'articolo 4, comma 7, della legge regionale n. 23 del 17 luglio 2007;

   ciò non considerando, tra l'altro, che nel 2018 l'O.M.S. (Organizzazione mondiale della sanità) ha emanato nuove linee guida con specifici limiti da porre ai livelli di rumore ambientale, confermando che i decibel superiori ai limiti consentiti dalla legge provocano gravi danni alla salute;

   alla luce del primario interesse del diritto alla salute dei cittadini si ritiene che il poligono di tiro, situato nei pressi di un centro abitato, possa provocare – come accertato da perizia psichiatrico-forense – gravi danni alla salute peggiorando in maniera intollerabile la qualità della vita delle persone, tale da compromettere la cosiddetta «Qualità Uomo» –:

   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritengano, per quanto di competenza, che nella vicenda sia stata garantita la tutela per la salute dei cittadini.
(4-00654)


   GRIBAUDO, SCHLEIN, SARRACINO, SCOTTO, FOSSI, BERRUTO, FORNARO e LAUS. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dal quotidiano «La Stampa» di Asti e provincia del 16 gennaio 2023, il bando, pubblicato il 28 dicembre 2020, per la nomina di un commissario liquidatore della casa di riposo «Città di Asti» è andato deserto a causa della difficile situazione che affligge la struttura, gravata da debiti per circa 8 milioni di euro;

   la chiusura della casa di riposo «Città di Asti» comporterebbe la perdita del posto di lavoro per i 110 impiegati della struttura, già collocati in mobilità, mentre ha già determinato il trasferimento dei 132 ospiti presso altre Rsa private, causando una situazione di gravissimo disagio per loro e per i familiari in una fase già molto difficile della vita;

   inoltre, la sua chiusura priverà la città e il territorio di una struttura che già era stata individuata come idonea ad accogliere il servizio di hospice, unico nella provincia, fondamentale per i malati affetti da Alzheimer e le loro famiglie;

   come denunciato in una intervista del medico geriatra Marcello Francesconi, primo coordinatore dell'Unità valutativa Alzheimer dell'Asl e vicepresidente dell'associazione Alzheimer Asti, in generale in tutto il Piemonte molti centri diurni non hanno riaperto dopo il Covid, cadendo nel dimenticatoio con un conseguente impatto molto negativo per la quotidianità delle famiglie delle persone in fase terminale;

   la perdita di servizi essenziali sul territorio si pone radicalmente in contrasto con la finalità e lo spirito degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che sono invece incentrati sul rafforzamento dell'assistenza territoriale e domiciliare, al fine di renderla quanto più possibile prossima alle esigenze dei cittadini;

   le difficoltà economiche e di gestione della struttura richiedono la costruzione di un tavolo di lavoro che coinvolga i Ministeri competenti, la regione, i comuni dell'Astigiano e le parti sociali, al fine di individuare le migliori strade percorribili per evitare i gravi disservizi sopra descritti –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza e in raccordo con gli enti locali interessati, affinché sia garantita la presenza di una casa di riposo con un servizio di hospice nella provincia di Asti e una adeguata ricollocazione professionale del personale in mobilità.
(4-00658)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è un Paese democratico, ma per alcuni più di altri, come testimonia purtroppo quanto sta accadendo all'Università degli Studi di Catania, dove un gruppo minoritario di studenti ha ingaggiato una vera e propria crociata contro la professoressa Marinella Coco, ricercatrice di psicobiologia e psicologia fisiologica del Dipartimento di Scienze della formazione, colpevole di non volersi piegare acriticamente alle dilaganti propagande «gender» e di dare conto, piuttosto, del panorama completo e pluralista degli esiti della ricerca scientifica sugli argomenti oggetto del programma di studio;

   come si legge nel recentissimo comunicato del MUA – Movimento universitario autorganizzato – Catania!, pubblicato proprio nel giorno della donna, «[...]La giornata di oggi però assume un importante significato per le universitarie e gli universitari della nostra città, infatti come MUA abbiamo deciso di organizzare un'azione simbolica alla fine del corteo per ricordare che la lotta contro le discriminazioni all'interno dell'università non è finita e che vogliamo seri provvedimenti contro la professoressa antiabortista e transfobica che, ad oggi, rimane libera di propagandare le sue idee violente e discriminatorie a tuttə lə suə studentə; [...] siamo comunque riuscitə ad entrare all'interno del rettorato, parlando sia col Direttore Generale, Giovanni Lavia, che col Rettore Priolo, che fino a quel momento si è completamente disinteressato di ciò che stava succedendo. Siamo riuscitə ad ottenere la garanzia che:

    verrà aperta un'indagine nei confronti della docente antiabortista e transfobica, coinvolgendo le parti lese;

    sarà fatto un comunicato da parte del Direttore Generale dissociandosi dalle violenze avvenute poco prima per mano delle forze dell'ordine;

   [...] Quanto ottenuto però a noi non basta: staremo col fiato sul collo a tuttə gli organi istituzionali ed accademici competenti finché questi risultati non si concretizzeranno!»;

   se la decisione dei vertici dell'Università degli Studi di Catania di aprire un'indagine a carico della professoressa fosse confermata, significherebbe cancellare anni di lotta contro la libertà di pensiero, la libertà di ricerca e di insegnamento (garantite dagli articoli 21 e 33 della Costituzione) e, soprattutto, lasciare spazio all'idea che l'ideologia gender o le impostazioni abortiste stiano diventando, sempre più, vere e proprie concezioni totalitarie, che valgono a giustificare la punizione di chi non si allinea ai relativi dogmi –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a riguardo a tutela delle libertà costituzionali di manifestazione del pensiero, di ricerca e di insegnamento.
(4-00662)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Dori e Piccolotti n. 4-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 marzo 2023, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Berruto.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Schlein e altri n. 3-00247, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2023, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Laus, Fossi, Gribaudo, Sarracino, Scotto.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lupi n. 1-00053, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 45 del 30 gennaio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    il quadro normativo che regola l'ordinamento processuale penale italiano è ispirato ed adeguato ai principi fondamentali incardinati nella Costituzione italiana;

    il sistema delle fonti sovraordinate del diritto processuale penale costituisce oggi un sistema complesso all'interno del quale, a fianco della Costituzione, si trovano la normativa dell'Unione europea e i trattati internazionali e in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

    il diritto all'equo processo è affermato quale diritto fondamentale dell'uomo e, dunque, riconosciuto in tutti gli ordinamenti degli Stati di diritto dall'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi;

    la fonte di matrice comunitaria cui in primis occorre fare riferimento è la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, come noto, ha valore normativo nei confronti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, con disposizioni che assurgono al rango di regole precettive di prerogative specifiche e a tutela di ogni persona;

    nell'ambito della Carta fondamentale dei diritti dell'uomo, la posizione e le garanzie che devono assistere l'autorità giurisdizionale chiamata a decidere di una singola controversia trovano regolamentazione nell'articolo 6 che si annovera fra quelli più importanti e discussi della Cedu e affronta il tema dell'equo processo, della ragionevole durata (articolo 6, paragrafo 1), della presunzione di innocenza (articolo 6, paragrafo 2) e delle garanzie processuali dell'imputato in relazione al principio del contraddittorio (articolo 6, paragrafo 3);

    strettamente interconnesse con le norme di rango sovranazionale vi è, dunque, il plesso delle disposizioni precipuamente dedicate dalla Costituzione alla materia penale. Si tratta di una messe di principi garantistici, sviluppati per definire presupposti, contenuto e limiti della potestà punitiva;

    alcuni di questi principi sono espressi, come il principio di legalità nei fondamentali corollari della riserva di legge e della irretroattività, previsti dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio della personalità della responsabilità penale, di non colpevolezza e della finalità rieducativa della pena – scolpiti nell'articolo 27 della Costituzione –;

    in particolare, l'articolo 111 della Carta costituzionale stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.», riservando al legislatore l'importante compito di regolare lo svolgimento del processo;

    come indicato altresì nel secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Da ciò deriva peraltro la tutela dei diritti che il sistema giudiziario italiano assicura a ciascuna parte;

    alla luce del suddetto articolo, trova posto il principio relativo alla ragionevole durata del processo. La riduzione dei tempi del giudizio costituisce altresì una delle misure concernenti la riforma del sistema giudiziario nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza; si sottolinea inoltre che il Consiglio europeo, anche precedentemente alla approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato come «la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi.» (Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio europeo sul programma di stabilità 2019 dell'Italia). L'attenzione che il legislatore deve prestare a tale principio è rafforzata dalle condanne che la Corte di Strasburgo ha inflitto nei confronti dell'Italia a seguito della riconosciuta violazione del suddetto principio;

    alla luce dei principi costituzionali, tra i diritti spettanti al soggetto imputato o indagato, brilla il principio di non colpevolezza, altresì conosciuto come presunzione di innocenza incorniciato dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione italiana che statuisce che «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»;

    l'Unione europea è intervenuta sulla materia della presunzione di innocenza con la direttiva 343/2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali che all'articolo 3 stabilisce che la presunzione di innocenza è riconosciuta agli indagati e agli imputati fino a quando non è stata legalmente provata la colpevolezza. L'Italia, con riguardo al recepimento della direttiva 343/2016, dopo un primo momento nel quale ha valutato l'ordinamento giuridico nazionale come conforme alle misure minime comuni stabilite dalla direttiva unionale, ha successivamente e alla luce della Relazione sullo stato di attuazione della direttiva (doc. COM (2021) 144 final), deciso di predisporre la previsione della legge n. 53 del 2021 a seguito della quale il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo A.G 285. Difatti, seppur l'Italia non abbia ricevuto esplicito riferimento nella suddetta relazione, avendo riscontrato alcune criticità anche con riguardo all'articolo 4 della direttiva e volendo evitare di incorrere in infrazioni, ha proceduto a novellare alcuni aspetti del quadro giuridico relativo alla presunzione di innocenza. Il Governo ha pertanto emanato il decreto legislativo n. 188 del 2021 recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; in particolare, l'articolo 4 della direttiva 343/2016 stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità»;

    la presunzione di innocenza, come altresì indicato nelle Comunicazioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulle linee programmatiche del suo dicastero il 6 dicembre 2022 presso la Commissione giustizia del Senato e come altresì ribadito presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il giorno 7 dicembre 2022, è stata vulnerata in molti modi. Diventa pertanto doveroso che la politica intervenga per risolvere le problematicità connesse a tale situazione;

    è opportuno che il legislatore identifichi le cause che, in qualsivoglia maniera, compromettono i principi costituzionali in materia di giustizia e che si attivi in tempi quanto più rapidi, attraverso interventi normativi mirati, per ristabilire un sistema di giustizia ispirato e adeguato alla Costituzione, oltre che alle convenzioni internazionali che regolano la materia;

    tra le cause che ledono i principi costituzionali va menzionato l'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. L'utilizzo improprio delle intercettazioni costituisce difatti una criticità del sistema giudiziario penale al quale il legislatore ha prestato attenzione negli ultimi anni e sul quale è opportuno intervenire;

    in relazione ai principi di legalità, della residualità del diritto penale, nonché del diritto alla privacy, una grave tensione con i principi fondanti del procedimento penale è posta dall'utilizzo delle intercettazioni e, nello specifico dall'utilizzo dei captatori informatici (così detto trojan horse);

    in relazione all'utilizzo dei captatori informatici si rileva una irragionevole assimilazione di fattispecie di reato geneticamente e fenomenologicamente eterogenee, di diverso allarme sociale. Il principio costituzionale di eguaglianza impone di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diseguali in modo diseguale. Rispetto a tale previsione si ravvisa, altresì, un eccesso di legislazione penale;

    se, da un lato, l'utilizzo del trojan, introdotto nell'ordinamento penale italiano con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – cosiddetta riforma Orlando – rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati ritenuti di particolare gravità di tipo associativo e di terrorismo, dall'altro, è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui, nonostante la Corte di cassazione abbia confermato che vada esclusa la riconducibilità del trojan agli strumenti di pressione sulla libertà fisica e morale il cui uso è vietato dall'articolo 188 del codice di procedura penale;

    particolare attenzione va posta sull'informazione di garanzia che viene spesso utilizzata per costruire processi di natura mediatica anche attraverso la diffusione di dati che dovrebbero essere riservati, generando situazioni lesive del principio di presunzione di innocenza; è fondamentale pertanto che il legislatore intervenga per tutelare maggiormente la riservatezza delle comunicazioni e la segretezza dell'avviso di garanzia in quanto strumenti di tutela del soggetto;

    in relazione alla privacy e alla presunzione di non colpevolezza, si deve rilevare come la diffusione degli atti nel corso di procedimenti, come evidenziato dal Ministro della giustizia Nordio durante l'audizione al Senato della Repubblica in Commissione giustizia «è uno strumento micidiale di violazione» dei diritti, «di delegittimazione personale e spesso politica»;

    è dunque necessaria una risposta normativa che tuteli effettivamente e concretamente il cittadino da tale fenomeno;

    alla luce del principio di presunzione di innocenza e del principio di ragionevole durata del processo risulta altresì importante che il legislatore si concentri sul tema della prescrizione. Come richiamato nell'ordine del giorno n. 9/705/149 del 28 dicembre 2022: «l'allungamento dei tempi processuali non solo collide con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, al contrario, ne impongono una significativa riduzione, ma si pone altresì in aperto contrasto con i principi costituzionali di presunzione di innocenza, funzione rieducativa della pena e ragionevole durata del processo». Come noto al legislatore, sul tema della prescrizione è intervenuta la «riforma Cartabia», ma come indicato nel suddetto ordine del giorno: «la riforma Cartabia, tuttavia, non ha modificato il principio di sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado fissato dalla riforma Bonafede, configurando piuttosto un'ipotesi di improcedibilità in appello; infatti, pur dovendosi apprezzare la scelta di ovviare alle macroscopiche criticità derivanti dalla cosiddetta “Spazzacorrotti”, non può non rilevarsi la necessità di ripristinare definitivamente la disciplina sulla prescrizione in un quadro di coerenza sistematica.»;

    la prescrizione sostanziale è un fondamentale elemento acceleratorio, e il suo venir meno, più che una cura, suona come il certificato della malattia cronica della giustizia italiana. Porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima, e la collettività tutta, che hanno un comune interesse al celere accertamento della responsabilità e alla punizione del reato. L'innocente, già danneggiato dal solo fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di vedere definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;

    sempre in un'ottica di maggiore efficienza del procedimento penale e di effettività delle garanzie dell'imputato, s'impone di evidenziare il regime di impugnazione delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri. La questione è stata affrontata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, (cosiddetta legge Pecorella) che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, salvo l'emergere di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado. La Consulta, con la sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'incostituzionalità della norma sopra riferita in quanto negazione del principio di parità delle parti, impedendo al pubblico ministero il potere di impugnare una sentenza di primo grado in appello. La medesima pronuncia della Corte costituzionale ha rilevato come «le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti necessarie del processo penale, correlate alle diverse condizioni di operatività e ai differenti interessi dei quali, anche alla luce dei precetti costituzionali, le parti stesse sono portatrici – essendo l'una un organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l'altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali (in primis, quello di libertà personale), sui quali inciderebbe una eventuale sentenza di condanna – impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell'iter processuale, in un'assoluta simmetria di poteri e facoltà»;

    sul punto giova ricordare l'articolo 2 del protocollo numero 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, o l'articolo 14, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme prevedono che la persona condannata per un reato abbia diritto a che l'accertamento di colpevolezza sia esaminato da un tribunale superiore o di seconda istanza. Diritto riconosciuto solo all'imputato e non all'accusa;

    occorre ridisegnare il sistema delle impugnazioni alla luce delle coordinate costituzionali e convenzionali, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, che ha rimarcato – in modo sempre più accentuato – la «diversa quotazione costituzionale del potere di impugnazione delle due parti necessarie del processo penale: privo di autonoma copertura nell'articolo 112 della Costituzione – e, dunque, più “malleabile”, in funzione della realizzazione di interessi contrapposti – quello della parte pubblica; intimamente collegato, invece, all'articolo 24 della Costituzione. – e, dunque, meno disponibile a interventi limitativi – quello dell'imputato» (sentenza n. 34 del 2020);

    in relazione, poi, alla presunzione di non colpevolezza, l'8 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (C-2022-8987) sui diritti procedurali degli indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con la quale ha invitato, a chiare lettere, gli Stati membri ad «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». La Commissione europea ha precisato che gli Stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati», ma soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza»;

    il tema delle misure cautelari personali è inesorabilmente e strettamente connesso con i fondamenti della legislazione costituzionale di garanzia: dal principio di inviolabilità della libertà personale (articolo 13, primo comma, della Costituzione), alla riserva di legge che esige la tipizzazione dei casi e dei modi nonché dei tempi di limitazione di tale libertà, alla riserva di giurisdizione che esige sempre un atto motivato del giudice (articolo 13, secondo e quinto comma, della Costituzione), fino – come detto – alla presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), in forza della quale l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Nel nostro Paese, il mancato rispetto dell'impianto costituzionale di riferimento è drammaticamente testimoniato dai dati riferiti nell'ultima relazione annuale del Ministro della giustizia al Parlamento ex legge 16 aprile 2015, n. 47: ventiquattro milioni e mezzo di euro è quanto ha pagato lo scorso anno lo Stato per risarcire quanti hanno ingiustamente subito la custodia cautelare in carcere. Si tratta di persone private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Vittime di un potere oltre limite, quello di limitare la libertà personale di un cittadino, extra e ante contraddittorio;

    s'impone, dunque, una riflessione molto rigorosa sulla «genesi» dell'intervento cautelare nonché sulla effettività del controllo giurisdizionale in ordine alle richieste del pubblico ministero, rendendo più stringenti i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, in particolare incidendo sulle condizioni meno aderenti al principio di legalità, quale il rischio di reiterazioni di reati della medesima specie di quello per cui si procede (articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale);

    ulteriore criticità del sistema concerne la giustizia amministrativa la quale soffre di una paralisi che inficia il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che richiede al legislatore di intervenire sulla revisione di alcuni reati; in particolare, si auspica un intervento legislativo sul reato di abuso di ufficio disciplinato dall'articolo 323 del Codice penale per il quale si riscontra un numero di condanne minimo rispetto al numero delle indagini avviate. In tal modo si vogliono altresì tutelare gli amministratori locali che sempre più spesso si trovano a dover dedicare parte del loro tempo e delle proprie risorse a procedimenti non connessi a reali responsabilità per illeciti personali, ma conseguenti al mero adempimento delle proprie funzioni;

    nel corso dell'esposizione delle linee guida del suo dicastero, il Ministro della giustizia ha evidenziato che dai dati relativi all'abuso d'ufficio emerge solo il 3 per cento di condanne, mentre le statistiche indicano 5.400 procedimenti nel 2021, conclusi con 9 condanne davanti al Gip e 18 in sede di dibattimento;

    lo stesso Ministro della giustizia ha evidenziato che «(...) L'unica conseguenza è il rischio di essere indagati (...)», rilevando la necessità di «(...) abbandonare l'idea di tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione con minaccia della pena», e ricordando gli appelli dei sindaci di diverse parti politiche in direzione di una riforma di questi reati che comportano soltanto un vulnus all'efficiente funzionamento del procedimento penale;

    le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato e superare una delle tante criticità della giustizia italiana che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione, e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni;

    il rispetto del principio di legalità, in uno con i principi di sussidiarietà e di extrema ratio che debbono governare l'impiego del diritto penale, presentano gravi aspetti di frizione con l'articolo 346-bis del codice penale, rubricato «Traffico di influenze illecite», introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190, con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla pubblica amministrazione, punendo l'insieme delle condotte prodromiche all'atto corruttivo vero e proprio. Successivamente, nel 2019, con la legge cosiddetta «Spazzacorrotti» (legge 9 gennaio 2019, n. 3), si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata, facendovi confluire la fattispecie del millantato credito, contestualmente abrogata. Il reato de quo è volto a individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; esso si struttura come illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l'attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio;

    l'eccessiva anticipazione della tutela penale, ovvero per il concentrarsi della norma sulla «mera mediazione» più che sull'«effettivo risultato lobbistico» e, e ancor più, per l'uso nella descrizione della condotta penalmente rilevante di formule vaghe quanto ambigue, impongono un intervento riformatore sulla fattispecie costituzionalmente orientato;

    si ritiene fondamentale intervenire sulla norma che disciplina il reato di traffico di influenze illecite che, come anche richiamato dal Ministro Nordio nel suo intervento al Senato del 6 dicembre 2022, difetta di tipicità e tassatività, consentendo pertanto l'avvio di indagini che rischiano di essere discrezionali;

    in relazione alla presunzione di non colpevolezza si deve evidenziare come il testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (cosiddetta legge Severino), abbia introdotto nel nostro ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna. Tali disposizioni presentano evidenti aspetti di disomogeneità;

    la maggior parte delle sue disposizioni prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva, mentre le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive;

    pare, quindi, fondamentale un sollecito intervento del legislatore idoneo a realizzare un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all'articolo 27 della Costituzione;

    alla luce di quanto esposto e con il fine di adeguare il sistema giudiziario ai principi costituzionali e internazionali, è essenziale che il legislatore intervenga affinché la giustizia italiana sia regolata in modo tale da far nuovamente risplendere i principi fondamentali che sono alla base del nostro ordinamento,

impegna il Governo:

1) a monitorare, per quanto di competenza, l'applicazione dei principi costituzionali;

2) a rendere effettivo, anche attraverso iniziative culturali e di informazione, il principio di non colpevolezza previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

3) ad adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari personali atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione, incidendo, a monte, sui presupposti per la loro applicazione e, nello specifico, su quelli non aderenti al necessario rispetto del principio di legalità quali quello previsto dall'articolo 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale e, quindi, rafforzando sia il controllo giurisdizionale sulle medesime sia l'obbligo motivazionale;

4) ad adottare iniziative normative volte a rendere effettiva la ragionevole durata dei processi;

5) a tutelare i diritti del soggetto indagato o imputato attraverso iniziative normative mirate;

6) ad adottare iniziative normative per disciplinare ulteriormente la materia delle intercettazioni onde evitarne l'abuso;

7) ad adottare le iniziative di competenza necessarie atte ad inibire la pubblicazione, anche parziale, del contenuto di intercettazioni, nell'equo contemperamento del principio della presunzione di non colpevolezza con il diritto di cronaca;

8) in materia di intercettazioni, ad adottare le opportune iniziative normative volte ad assicurare l'utilizzo come strumento di ricerca della prova, individuando, a seguito della conclusione della indagine conoscitiva che si sta svolgendo al Senato, eventuali disfunzioni o lacune normative;

9) ad adottare iniziative normative in ordine al tema della prescrizione con il fine di ristabilire la prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio;

10) ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in materia di inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti in violazione di legge, assolutezza del relativo divieto ex articolo 191 del codice di procedura penale, anche nel caso di ricorso da parte dell'imputato a riti alternativi;

11) ad intraprendere le necessarie iniziative normative in materia di regime di impugnabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del magistrato del pubblico ministero, in asse con i principi costituzionali ed europei;

12) ad adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, prevedendo che le cause di sospensione degli amministratori regionali e locali siano allineate con i principi costituzionali ed europei in materia di giusto processo;

13) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio;

14) ad adottare le iniziative normative volte a modificare l'articolo 346-bis del codice penale in materia di traffico di influenze illecite, alla luce dei principi di tassatività e tipicità, necessarie a garantire il principio di legalità, nel rispetto dei vincoli discendenti dalla sottoscrizione della Convenzione di Merida, tipizzando maggiormente le relative condotte e posticipando la tutela penale in relazione all'effettivo risultato lobbistico;

15) ad adottare iniziative normative relative ai fenomeni baby gang e a combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità;

16) ad adottare iniziative normative volte a combattere le truffe agli anziani, a tutelare l'inviolabilità del domicilio da occupazioni arbitrarie;

17) nell'ottica di una funzionale esecuzione della pena, al fine di contrastare il sovraffollamento carcerario ad adottare iniziative volte a far sì che i detenuti stranieri scontino la pena nei propri Stati di origine;

18) ad adottare iniziative per procedere con una riforma dell'ordinamento penitenziario per garantire piena dignità al detenuto, con programmi di lavoro dei detenuti stessi, sicurezza nelle carceri, assunzioni per la polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari;

19) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere percorsi alternativi alla detenzione per i detenuti tossicodipendenti, come già previsti dall'ordinamento penitenziario, anche mediante il maggior coinvolgimento degli enti del terzo settore.
(1-00053) (Nuova formulazione) «Lupi, Foti, Molinari, Cattaneo».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Orsini n. 7-00062, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 65 dell'8 marzo 2023.

   Le Commissioni III e X,

   premesso che:

    il brevetto europeo con effetto unitario («brevetto unitario») sarà operativo dopo l'entrata in vigore dell'Accordo internazionale sul Tribunale unificato dei brevetti (TUB), che avverrà il 1° giugno 2023 avendo la Germania depositato lo strumento di ratifica il 17 febbraio 2023;

    la fase di applicazione provvisoria, necessaria a consentire la selezione, la contrattualizzazione e la formazione dei giudici togati e tecnici del Tub, nonché per rendere operative le divisioni centrali, regionali e locali del nuovo Tribunale, si protrarrà fino alla fine di maggio 2023;

    dal 1° gennaio 2023 sono operative le misure transitorie messe a punto dall'Ufficio europeo dei brevetti per anticipare la richiesta di effetto unitario o ritardare la concessione di un brevetto europeo;

    dal 1° marzo 2023 è iniziato il periodo di sunrise, durante il quale gli aventi diritto possono effettuare presso la cancelleria del Tub la richiesta di opt-out, cioè richiedere l'esclusione dalla competenza del tribunale (articolo 83 regime transitorio);

    per le sedi del Tub (Corte di primo grado) è stata prevista dall'Accordo TUB (articolo 7) una «biforcazione» geografica tra la divisione centrale con sede principale a Parigi e sezioni «tematiche» a Londra e Monaco e le divisioni locali/regionali istituite presso ciascuno Stato contraente a sua richiesta;

    a causa dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea a seguito della Brexit per ora la Corte di primo grado del TUB avrà due sole sedi centrali, Parigi e Monaco, mentre la Corte d'appello avrà sede a Lussemburgo;

    è imprescindibile l'istituzione della terza sede posto che, in sua assenza, si renderà necessario stravolgere il sistema di attribuzione delle competenze;

    il nostro Paese ha già da tempo individuato in Milano la sede della divisione locale del Tub, in virtù della sua vicinanza al mondo imprenditoriale più forte del Paese;

    già nella XVIII legislatura la Camera dei deputati aveva votato un atto di indirizzo che impegnava il Governo, alla luce del nuovo assetto delle relazioni post-Brexit tra Unione europea e Regno Unito, a mettere in atto tutte le iniziative affinché l'Italia potesse ottenere il trasferimento della sezione specializzata della divisione centrale del Tub assegnata a Londra;

    è di fondamentale importanza che la sede italiana ospiti una delle sedi apicali del Tub e che le sia assegnata un'adeguata quota di competenze anche in considerazione della vocazione dell'impresa italiana in molti importanti settori;

    l'articolo 87 (comma 2) dell'Accordo sul tribunale (Upca) prevede che il comitato amministrativo possa modificare «il presente accordo al fine di adeguarlo a un trattato internazionale in materia di brevetti o al diritto dell'Unione»;

    secondo molti giuristi proprio la Brexit ha modificato il diritto dell'Unione europea, con effetti diretti sull'assetto organizzativo dei brevetti e delle corti, consentendo così di assegnare una nuova sede con delibera del comitato amministrativo e senza dover riavviare in complesso iter internazionale di modifica del trattato,

impegnano il Governo

a proseguire l'attività presso tutte le sedi istituzionali coinvolte affinché l'Italia ottenga il trasferimento a Milano della prevista terza sede della divisione centrale del Tub con adeguate competenze.
(7-00062) «Orsini, Squeri, Battilocchio, Casasco, Marrocco, Polidori».

Pubblicazione di testi ulteriormente riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Mazzetti n. 1-00040, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 37 del 17 gennaio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    la misura cosiddetta «Superbonus edilizio 110 per cento» è stata introdotta in una fase socioeconomica emergenziale del Paese, dopo il tracollo del 9 per cento del Pil, al fine di rilanciare il sistema economico, produttivo e occupazionale nazionale, colpito dall'emergenza pandemica da Covid;

    tuttavia sono note le criticità derivate da una legge ab origine scritta in maniera confusa e imprecisa per molti aspetti errata da risultare in prospettiva socialmente iniqua, con stanziamenti di risorse insufficienti, al punto da richiedere ben-33 modifiche in neanche tre anni dall'entrata in vigore del decreto istitutivo del superbonus (decreto-legge n. 34 del 2020), anche per arginare il gravissimo fenomeno delle frodi fiscali, (7,5 miliardi di euro complessivamente accertati dalle Autorità competenti sul complesso dei bonus edilizi);

    tra i vari interventi resisi necessari per ridurre i rischi di frodi o di utilizzi indebiti dell'agevolazione si evidenzia il decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, cosiddetto decreto-legge Antifrodi, che ha introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus edilizi diversi dal 110 per cento, nonché l'obbligo di assoggettare al visto di conformità anche l'utilizzo diretto del superbonus nella dichiarazione dei redditi. In forza dell'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, per i bonus legati a interventi edilizi sono state vietate le cessioni «a catena», ritenendosi legittimo, oltre allo sconto in fattura sul corrispettivo, un solo trasferimento;

    in relazione alle suesposte criticità, venutesi a determinare nel corso del tempo è risultato inevitabile, pertanto, che le diverse inefficienze normative determinassero un progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali esistenti nei cassetti fiscali delle imprese operanti nel settore delle ristrutturazioni edilizie;

    a fronte della situazione attuale di stallo del mercato delle cessioni con conseguenti sofferenze delle imprese per carenza di liquidità, in particolare delle PMI, il Parlamento e il Governo, sono più volte intervenuti, attraverso numerosi decreti legge, introducendo una serie d'interventi correttivi, con l'intento di migliorare l'attuale quadro regolatorio;

    in particolare, sotto il profilo normativo, il legislatore è intervenuto con numerosi provvedimenti diversi nel corso degli ultimi due anni, 12 dei quali per regolare il mercato delle cessioni e 10 per introdurre misure più stringenti di contrasto alle frodi nel settore. Da ultimo, con il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 «decreto-Cessione crediti fiscali, in corso d'esame alla Camera dei deputati, si provvede a dare certezza alle cessioni già avvenute e si stabilisce il divieto per le cessioni e gli sconti in fattura futuri, garantendo, comunque, talune deroghe»;

    attualmente risultano quasi 50 mila le PMI che sono in difficoltà economiche a causa del mancato smaltimento dei crediti fiscali; al riguardo si segnala inoltre come il centro studi Cna ha pubblicato una nuova indagine, già effettuata lo scorso giugno 2022 sulle cessioni dei crediti fiscali, rilevando un peggioramento della situazione. Nel campione di imprese intervistato è esplosa la percentuale di imprese che, da almeno cinque mesi, si trovano ad avere un cassetto fiscale pieno: attualmente, sfiora il 75 per cento mentre nella precedente rilevazione era a quota 35 per cento. Aumenta al 54 per cento del totale il numero di imprese che detengono crediti per valori superiori a 100 mila euro. Oltre metà delle imprese intervistate dichiara di essere in ritardo con il pagamento dei fornitori, il 40 per cento dichiara di far fatica a pagare tasse e imposte, mentre il 60 per cento sta valutando la sospensione dei cantieri in corso. Dall'analisi dei fatturati e della consistenza media dei crediti emerge che il blocco colpisce di più le imprese minori. Nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle Entrate (ADE) ha quantificato in 19 miliardi di euro i crediti fiscali giacenti nei cassetti fiscali delle imprese, di cui 12 relativi al Superbonus;

    nella medesima sede l'ADE ha calcolato in 34-35 miliardi di euro la capacità fiscale residua delle banche per assorbire i crediti incagliati dei bonus edilizi. L'Associazione bancaria Italiana invece ha sostenuto di essere arrivata al limite della propria capacità fiscale, pari a 81 miliardi di euro, in quanto nella contabilità bancaria pesano le annualità di smaltimento dei crediti fiscali; parimenti, bisogna evidenziare quanto rilevato dall'Ufficio parlamentare di Bilancio, che ha ridimensionato fortemente l'impatto della misura del Superbonus sulla crescita del Pil;

    in tale ambito, le recenti considerazioni del direttore statistiche finanza pubblica di Eurostat, in audizione lo scorso 14 febbraio in Commissione Finanze e Tesoro del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, secondo le quali: «il superbonus non costituisce “debito pubblico” ma impatta sul deficit dello Stato in base a come si considerano i crediti d'imposta che il bonus genera: crediti fiscali pagabili o crediti fiscali non pagabili», non hanno certamente favorito a determinare maggiore chiarezza sul quadro complessivo, ma hanno confermato la necessità d'intervenire d'urgenza da parte del Governo, considerato che gli effetti della riclassificazione apportata da Eurostat al deficit del triennio 2020-2022, avrebbe potuto riguardare in maniera consistente gli anni successivi, con effetti anche sulla dinamica del debito;

    il decreto-legge cosiddetto Aiuti-quater, ha inoltre evidenziato come il totale della copertura finanziaria della spesa riconducibile soltanto al superbonus 110 per cento per il periodo 2022- 2036 ammonta a 33,3 miliardi, di euro cui si sono aggiunti effetti indotti positivi sulle imposte dirette e indirette, stimati in circa 1,5 miliardi di euro; una parte della spesa trova copertura nel PNRR, all'interno della missione «Rivoluzione verde e transizione ecologica», che stanzia 13,95 miliardi di euro per l'investimento «Ecobonus e Sismabonus fino al 100 per cento»; a questi si aggiungono altri 4,56 miliardi finanziati dal piano complementare, per un totale di 18,51 miliardi di euro;

    dai dati sopra esposti appare evidente il netto sbilanciamento tra le risorse appostate (circa 33,3 miliardi di euro) e quelle necessarie a coprire le spese ammesse o potenzialmente ammissibili (68,7 miliardi di euro, potenziali e in crescita), relative ai crediti d'imposta relativi al Superbonus 110 per cento nell'arco dei periodi di imposta dal 2022 al 2036;

    per quanto riguarda invece gli effetti positivi sulle imposte dirette e indirette, numerosi studi pubblicati in questi mesi (Consiglio nazionale ingegneri (CNI), Nomisma, ANCE, CENSIS, CRESME, Consiglio e fondazione nazionale dei commercialisti), esprimono perplessità sulle stime eccessivamente prudenziali dell'effetto fiscale positivo derivante dall'applicazione della norma, contenute nella relazione tecnica originaria (articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020), rilevando tutti un gettito ascrivibile alla misura molto più alto. Ulteriori positività non considerate deriverebbero dagli effetti indiretti e indotti;

    a giudizio dei firmatari del presente documento, non è possibile non considerare come, nonostante le criticità derivanti dalla stratificazione di disposizioni normative in materia di agevolazioni fiscali dei bonus edilizi, sussiste una vasta platea di famiglie e di imprese del Paese che ha mostrato fiducia e aspettative nel legislatore, avviando le procedure peraltro complicate, per i lavori di ricostruzione o di restauro edile, impegnandosi attraverso preventivi e acquisti di materiale edile, rispettando i complessi adempimenti burocratici e che pertanto meritano di essere salvaguardati e tutelati;

    in tale ambito, l'incentivo fiscale connesso al superbonus ha determinato un impatto economico importante, ma tuttavia discutibile nelle modalità applicative e soprattutto con riferimento agli oneri finanziari evidentemente insostenibili, derivanti da tale misura, determinando l'intervento urgente del Governo con l'approvazione del decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11 in corso di conversione, che ha stabilito la fermata dello sconto in fattura e della cessione del credito per i nuovi interventi edilizi (ad esclusione di quelli già avviati che proseguono con l'iter tradizionale);

    l'Ocse, ha esplicitamente apprezzato l'Italia nell'utilizzo della leva fiscale per promuovere la sostenibilità ambientale, tuttavia il nostro Paese è tuttora privo di una politica strutturale e programmatica connessa all'efficienza energetica degli edifici, anche e soprattutto a causa delle politiche che hanno caratterizzato i Governi nella legislatura precedente limitatesi all'effetto «annuncio» (nonché, per le nostre particolari caratteristiche geografiche, di adeguamento antisismico);

    a differenza di altri Paesi europei, in cui ci sono stati interventi legislativi effettuati in maniera più organica e duratura, l'Italia negli ultimi anni, ha impostato le politiche ambientali e di sostegno al tessuto economico e produttivo al settore dell'edilizia, attraverso misure rivolte soltanto all'incentivazione ma non strutturali, circoscritte a piccoli aggiustamenti, proroghe temporali e con modalità cosiddette di stop and go;

    la Francia e la Germania ad esempio hanno avviato politiche coordinate, di lungo periodo, investendo risorse importanti, in Germania gli stanziamenti pubblici annuali a carico dello Stato per la decarbonizzazione e l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono lievitati dagli 8 miliardi nel 2021 ai 13-14 miliardi del 2022 destinati a finanziare la riforma delle norme cosiddette «Beg» (federal support for efficient buildings) basata su tre pilastri – riqualificazioni parziali, ristrutturazioni totali dell'esistente e ricostruzione di nuovi edifici. La KfW (la Cdp tedesca) nell'ambito dei programmi per l'efficienza energetica, all'ottobre 2022 aveva già sottoscritto oltre 100 mila accordi (tra prestiti e sussidi a qualsiasi controparte) per 36,1 miliardi di euro;

    la Francia sostiene dal 2015 una politica di incentivazione per i lavori di ristrutturazione energetica degli immobili abitativi che consente di cumulare le molte agevolazioni statali fino al 90 per cento della spesa (a scalare in base al reddito fino al 40 per cento per le famiglie con redditi più alti) e ancora di aggiungere ulteriori misure di sostegno locale, con il limite di non superare il 100 per cento della spesa. La legge sulla «transizione energetica per la crescita verde» prevede di riqualificare 500 mila unità immobiliari l'anno fino al 2050. Nel corso del 2019 le agevolazioni hanno consentito a 3,1 milioni di famiglie (il 20 per cento delle famiglie residenti in case unifamiliari) di completare almeno un intervento di riqualificazione energetica, per un totale di 28 miliardi. Nel 2021 la legge «Clima e resilienza» ha introdotto un obbligo di riqualificazione degli edifici molto energivori con l'obiettivo di ristrutturare tutte le unità abitative in classe F e G entro il 2028;

    è necessario, pertanto, anche alla luce della discussione in sede europea della direttiva ai più nota come «Direttiva case green» intervenire con misure non più straordinarie o emergenziali, bensì con programmi, fondi e risorse, coerenti con il quadro di finanza pubblica e in grado di determinare un sostegno al mercato delle costruzioni e delle ristrutturazioni edilizie, permanente e solido, nella consapevolezza che tale comparto, rappresenta un indotto strategico e un volano dell'economia nazionale indispensabile per la crescita occupazionale,

impegna il Governo:

1) a valutare la possibilità di adottare, nel rispetto del quadro di finanza pubblica e del dettato dell'articolo 81 della Costituzione, le opportune iniziative di carattere normativo, volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per la ristrutturazione edilizia, sotto il profilo energetico e sismico;

2) a tener conto, nelle valutazioni delle misure che saranno adottate, della specificità delle organizzazioni non lucrative di volontariato, quelle che operano nel terzo settore e gli istituti autonomi delle case popolari e assimilati nonché delle condizioni economiche dei soggetti che saranno destinatari delle misure medesime;

3) a promuovere il coinvolgimento degli ordini professionali competenti per materia nella stesura delle regole tecniche attuative delle normative in materia di bonus fiscali in ambito sismico ed energetico.
(1-00040) (Ulteriore nuova formulazione) «Mazzetti, Congedo, Gusmeroli, Semenzato, Battistoni, De Bertoldi, Bagnai, Cortelazzo, Filini, Cavandoli, Matteoni, Centemero, Maullu, Miele, Osnato, Testa, Tremonti, Mattia, Benvenuti Gostoli, Iaia, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rotelli, Rachele Silvestri».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Foti n. 1-00071, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 56 del 22 febbraio 2023.

   La Camera,

   premesso che:

    il più grave scandalo che l'Unione europea abbia finora mai vissuto, che i media hanno impropriamente definito «Qatargate», scoppia il 9 dicembre 2022 quando la polizia belga, su mandato del giudice istruttore Michel Claise, richiama a Bruxelles la vice presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, al fine di perquisire sia la sua abitazione che il suo ufficio, oltre che abitazioni e luoghi di lavoro di altre persone sulle quali l'anticorruzione del Belgio aveva avviato una indagine partita a luglio dello stesso anno;

    le perquisizioni della polizia belga hanno portato ad otto arresti, ovvero quello della vice presidente del Parlamento europeo Eva Kaili (Movimento Socialista Panellenico), del suo assistente Francesco Giorgi, dell'ex parlamentare europeo (membro del Partito Democratico fino al 2017 e di Articolo 1 fino al 2022) ed ex segretario generale della Camera del lavoro di Milano Antonio Panzeri (insieme alla moglie e alla figlia), di Luca Visentini, segretario della Confederazione internazionale dei sindacati (poi rilasciato) e di Niccolò Figà-Talamanca, capo della organizzazione non governativa «No Peace Without Justice», ora in libertà vigilata;

    per tutti i soggetti arrestati l'accusa è di corruzione, riciclaggio, associazione a delinquere;

    nella sua indagine, il giudice istruttore Claise ha mirato al cuore di un sistema basato sulla contiguità tra politici e lobbisti, sul confine tra diplomazia e interesse, sulla relazione tra potere, ideali, denaro;

    oltre che essere stato un deputato del Parlamento europeo e segretario della Camera del lavoro di Milano, Antonio Panzeri risulta essere il fondatore della «Fight Impunity», ovvero una organizzazione non governativa con il fine dichiarato di promuovere i diritti umani ed organizzare eventi che, stando a quanto emerso dalle indagini della polizia belga, è stata utilizzata da tramite per facilitare il riciclaggio di fondi illeciti, mettendo così in discussione la legittimità e l'integrità delle organizzazioni non governative affiliate a determinati gruppi politici o deputati al Parlamento europeo;

    nell'abitazione del Panzeri, la polizia belga ha trovato 600 mila euro in contanti, computer e telefoni cellulari, mentre in quella di Kaili e Giorgi sono stati rinvenuti 150 mila euro in contanti, ai quali vanno sommati ulteriori 600 mila euro trovati all'interno di un trolley che il padre della Kaili, Alexandros Kaili, ha tentato di portar via dall'hotel Sofitel di Place Jourdan di Bruxelles prima di essere fermato dalla polizia;

    in totale, le operazioni di sequestro delle autorità belghe ammontano a 1,5 milioni di euro;

    nel corso degli interrogatori cui sono stati sottoposti, sia Antonio Panzeri che Francesco Giorgi hanno fatto ulteriori nomi di persone che sarebbero coinvolte nello scandalo, ovvero i parlamentari europei Antonio Cozzolino del Partito democratico e Marc Tarabella del Partito socialista;

    in data 2 febbraio 2023, il Parlamento europeo in seduta plenaria ha votato a favore della revoca dell'immunità sia di Cozzolino che di Tarabella i quali, conseguentemente, sono stati posti in stato di arresto;

    fermo restando il diritto alla presunzione di innocenza nei confronti delle singole persone coinvolte fino ad eventuale condanna definitiva e al pieno rispetto delle garanzie per gli imputati,

impegna il Governo:

1) nelle competenti sedi europee a sostenere ogni iniziativa utile al contrasto della corruzione e una necessaria regolamentazione delle attività di lobby;

2) ad agire, nelle sedi opportune e se del caso secondo le procedure previste dalla giurisdizione belga, al fine di costituirsi come parte civile nel procedimento penale in essere, per la salvaguardia e tutela dell'immagine dell'Italia nel contesto internazionale;

3) ad aggiornare il Parlamento in merito agli sviluppi della vicenda di cui in premessa.
(1-00071) (Seconda ulteriore nuova formulazione) «Foti, Candiani, Rossello, Tirelli, Messina, Formentini, Battilocchio, Gardini, Giglio Vigna, Antoniozzi, Bisa, Ruspandini, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Caretta, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, Lampis, Lancellotta, La Porta, La Salandra, Longi, Loperfido, Lucaselli, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Mantovani, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Michelotti, Milani, Mollicone, Montaruli, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Schifone, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Varchi, Vietri, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   mozione Calderone n. 1-00090 del 10 marzo 2023;

   mozione Bisa n. 1-00092 del 13 marzo 2023.