ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00693

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 536 del 07/07/2021
Firmatari
Primo firmatario: VIVIANI LORENZO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 30/06/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MAGGIONI MARCO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
BUBISUTTI AURELIA LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
GASTALDI FLAVIO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
GERMANA' ANTONINO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
GOLINELLI GUGLIELMO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
LIUNI MARZIO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
LOLINI MARIO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
LOSS MARTINA LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
MANZATO FRANCO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
TARANTINO LEONARDO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
BAZZARO ALEX LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
BIANCHI MATTEO LUIGI LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
CRIPPA ANDREA LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
GIGLIO VIGNA ALESSANDRO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
GRIMOLDI PAOLO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
LUCENTINI MAURO LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021
VOLPI RAFFAELE LEGA - SALVINI PREMIER 07/07/2021


Commissione assegnataria
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00693
presentato da
VIVIANI Lorenzo
testo di
Mercoledì 7 luglio 2021, seduta n. 536

   La XIII Commissione,

   premesso che:

    il vino in Italia rappresenta una fetta importante del prodotto interno lordo nazionale, simbolo del made in Italy nel mondo ed elemento distintivo del territorio, della cultura, del paesaggio e della storia; il nostro Paese con oltre 500 vini a Dogc, Doc e Igt, che svolgono il ruolo di ambasciatori delle produzioni di qualità italiane all'interno del mercato globale, è il primo produttore mondiale di vino con 49,1 milioni di ettolitri e il primo esportatore con un totale nel 2020 di 20,8 milioni di ettolitri – con una riduzione di poco superiore al 2,4 per cento rispetto al 2019 – davanti a Spagna (20,2) e Francia (13,8), per un valore di oltre 6,285 miliardi di euro, il 2,3 per cento in meno rispetto al 2019;

    dai primi dati del 2021 resi noti dall'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor si riscontrano i primi segnali di una ripresa degli ordini per Italia e Francia nei Paesi chiave del mercato mondiale quali Usa (+26 per cento) e Cina (+98 per cento);

    la penisola italiana offre un'incredibile quantità di vini di qualità prodotti da piccoli e grandi produttori che stanno ampliando la loro offerta anche grazie al turismo enogastronomico che vede sempre più stranieri recarsi in Italia per vivere un'esperienza emozionale unica che al buon bere è accompagnata dalle ricchezze artistiche e storiche del nostro Paese;

    la vendemmia in Italia vede impegnate oltre 300 mila aziende agricole e circa 46.000 imprese vinificatrici per un totale di 1,3 milioni di persone impegnate nel settore tra operatori in vigna, nelle cantine, nella commercializzazione e in attività connesse (fabbricazione di macchinari, sostanze enologiche e accessori per l'enologia);

    in seno ai negoziati, iniziati il 25 maggio 2021 e conclusisi il 28 giugno 2021, in sede di «Trilogo» presso l'UE riguardo alla riforma della politica agricola comune (Pac) e del regolamento 1308/2013, cosiddetto regolamento Ocm (Organizzazione unica dei mercati agricoli), ha fatto discutere la proposta di modifica riguardo il tema della regolamentazione del «vino dealcolato» ovvero la possibilità di dealcolizzazione totale o parziale del vino o comunque di reintegro dell'acqua persa nei prodotti a seguito del processo di dealcolazione, modificando le attuali «pratiche enologiche», al fine di ridurne la gradazione;

    la Commissione europea motiva tale scelta in considerazione della domanda crescente da parte dei consumatori di prodotti vitivinicoli innovativi con un titolo alcolometrico effettivo inferiore a quello attualmente stabilito per i prodotti vitivinicoli nell'allegato VII, parte II, del regolamento (UE) n. 1308/2013 e della necessità di consentirne la produzione anche nell'Unione europea stante la necessità di armonizzare un settore in cui già esistono normative nazionali (ad esempio Francia, Spagna, Portogallo, Germania), che potrebbero provocare una disparità di trattamento tra gli operatori, nonché possibili ostacoli alla libera circolazione dei prodotti;

    tale possibilità, quindi, permetterebbe la vendita e la produzione di vini dealcolati quando i disciplinari dei vini a denominazione d'origine prevedono un grado alcolometrico minimo, sotto il quale la denominazione non può essere utilizzata;

    i trattamenti di dealcolazione privano il prodotto vino di gran parte delle sue caratteristiche organolettiche e ne modificano la composizione e lo rendono non più conforme alla definizione di «vino»; il regolamento (UE) n. 1308/2013 definisce vino: «prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica di uve o mosti avente un titolo alcolometrico non inferiore a 8,5 per cento di volume». La Commissione nella sua proposta di modifica ha introdotto ulteriori specifiche, proponendo una definizione di «parzialmente dealcolati» per i prodotti con un grado alcolico compreso tra 0,5 per cento e 8,5 per cento di volume;

    alla ferma opposizione dell'Italia, la Commissione europea ha risposto con un testo di compromesso, anch'esso ritenuto insoddisfacente, in quanto salvaguarderebbe solo in minima parte le produzioni di qualità, vietando la dealcolizzazione totale per i vini con denominazioni di origine (Dop) e ad indicazione geografica (Igp) ma non quella parziale. Pertanto, i vini a Ig potrebbero essere trattati ed etichettati unicamente come «parzialmente dealcolati»;

    in tale contesto, il Governo ha fatto presente che la definizione dei prodotti parzialmente dealcolati proposta, risulterebbe in completo contrasto anche con la vigente definizione adottata in ambito internazionale dall'Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) che definisce il «prodotto parzialmente dealcolato» quello «cui è stato tolto al massimo il 20 per cento del grado alcolico posseduto dal vino prima della dealcolizzazione e che possiede un grado alcolico superiore al grado alcolico minimo del vino»;

    la dealcolazione, in realtà, è una pratica consentita dal 2009 (con il Reg. 606/2009 e poi confermata con il Reg. 1308/2013) per i vini generici nella misura massima del 20 per cento che ha consentito di ottenere vini con contenuti in alcol inferiori ai 9 gradi;

    in realtà, se un vino analcolico può da una parte aprire delle prospettive per i grandi produttori di vini europei, o meglio permetterebbe di creare un prodotto adatto alla grande industria, difficilmente dall'altra parte i produttori più piccoli potrebbero competere con quelli più grandi su un nuovo ipotetico mercato, ma soprattutto si rischia di snaturalizzare il vino italiano;

    questa misura se sommata ad un'altra che prevede l'inserimento in etichetta di un avvertimento sui danni causati dall'alcol all'organismo, i vini sarebbero bollati come pericolosi, rischiando di produrre ingenti perdite ai viticoltori italiani;

    la proposta in esame rappresenta l'ennesimo attacco al cuore delle produzioni tipiche agroalimentari italiane, se si aggiunge alla possibilità per i Paesi del nord Europa di produrre vino senza uva, assegnando la denominazione «vino» a bevande ottenute mediante la fermentazione di frutti come ribes o lamponi;

    la dealcolizzazione del vino rappresenterebbe un grosso rischio e un precedente pericolosissimo in grado di mettere fortemente a rischio l'identità del vino italiano ed europeo nonché a pericolose ripercussioni da un punto di vista della contraffazione dei prodotti Made in Italy;

    data l'importanza economica, culturale, tradizionale e nazionale del vino nello stile di vita italiano, nonché nella dieta mediterranea medesima, la proposta di dealcolazione dell'Unione europea costituisce un duro colpo per il nostro settore vitivinicolo, dal momento in cui i prodotti verrebbero da una parte snaturati;

    altra questione sulla quale è necessario porre l'accento e affermare, nelle sedi europee e internazionali, la distintività del cibo italiano e contrastare qualsiasi iniziativa discriminatoria nei confronti del modello alimentare basato sui principi della dieta mediterranea, è il mercato dei cibi sintetici che è in forte espansione;

    l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) in applicazione del regolamento dell'Unione europea n. 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti, ha dichiarato le larve delle tarme della farina (Tenebrio moliltor) fonte proteica alternativa, sicure per il consumo umano, annoverandole come «cibo del futuro», ma di contro non escludendo che questo alimento possa indurre reazioni allergiche, soprattutto in soggetti con allergia ai crostacei e agli acari della polvere;

    a seguito di questa dichiarazione la Commissione europea, il 3 maggio 2021, ha autorizzato la commercializzazione delle larve o disidratate o intere o come farina da utilizzare come ingrediente di altri alimenti, determinando reazioni sconcertanti da parte dei consumatori, in quanto un'alimentazione basata sul consumo di insetti è estranea alla cultura alimentare del nostro Paese, che trae le proprie fonti proteiche da alimenti tradizionalmente riconducibili alla dieta mediterranea, caratterizzata dal consumo equilibrato di alimenti che sono l'espressione più alta dell'eccellenza agroalimentare italiana;

    con l'immissione in commercio di alimenti a base di insetti, identificati come una fonte di proteine a basso impatto ambientale per sostenere la transizione «verde» della produzione alimentare dell'Unione europea, si compie l'ennesimo attacco al made in Italy agroalimentare, simbolo delle tradizioni e delle specificità dei nostri territori;

    il regime alimentare che deriva dalla «dieta mediterranea» è il migliore; infatti, corre l'obbligo di ricordare che è da più di 10 anni che essa è iscritta nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco, e quindi non vi è alcuna ragione né scientifica né economica per la quale il nostro Paese debba mangiare insetti che sì è apprezzato in alcune culture alimentari, ma che sono estranee alla nostra;

    inoltre, sempre in seno al Parlamento europeo, si è aperto un dibattito anche sulla modifica dell'attuale disciplina che regolamenta la denominazione di «carne», prevedendone la possibilità di impiego anche sui prodotti di origine vegetale o sintetica, in modo tale da permettere, a titolo di esempio, di chiamare «hamburger» una polpetta di soia o «salsiccia» un prodotto ottenuto da sintesi;

    in Europa nel 2019 le vendite di carne sintetica, hanno sfiorato il miliardo di euro, con 208 milioni di pezzi ed un incremento del mercato del 38 per cento. Questa tendenza rischia di inficiare le politiche di tutela del made in Italy, screditando il sistema degli allevamenti italiani che risultano tra i più sicuri e sostenibili a livello mondiale;

    ai cibi sintetici si è aggiunto il latte derivato dai piselli trasformati – bevanda a base di piselli gialli, fibre di cicoria/zucchero e olio di girasole – il cui sapore non può essere assolutamente paragonabile a quello del latte di origine animale, né per qualità né per genuinità;

    dietro alla sostenibilità ambientale, l'etica e la difesa della salute dei consumatori si cela un non tanto velato tentativo di frenare la competitività del Made in Italy alimentare, che tra produzione (140 miliardi di euro), esportazione (42 miliardi di euro), italian sounding (100 miliardi di euro) e falsificazioni (60 miliardi di euro) ha un valore complessivo di 340 miliardi di euro;

    in questi giorni si è tenuto il «Dialogue on sustainable food system», iniziativa organizzata dal B20, dal G20 e dalla Fao, per discutere della sostenibilità dei sistemi alimentari, in vista del G20 di Matera del 29 giugno 2021 e, soprattutto, del pre summit 2021 dell'Onu, che si terrà a Roma il 19 luglio, tappe queste che saranno di preparazione per il Food System Summit dell'Onu in autunno a New York, dove si potrebbe arrivare ad una indicazione che la dieta mediterranea contiene troppi alimenti di derivazione animale e quindi è poco sostenibile per il Pianeta. Un orientamento di questo tipo sarebbe un inevitabilmente duro colpo all'export dei prodotti agroalimentari italiani;

impegna il Governo:

   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie volte a far valere, sia nelle competenti sedi europee che presso le istituzioni internazionali (Oiv), la posizione di assoluta contrarietà del nostro Paese circa l'assimilazione delle bevande dealcolizzate al vino, al fine di tutelare e salvaguardare le produzioni di qualità da provvedimenti che rischiano di danneggiare il prodotto vitivinicolo italiano e i prodotti Docg, Doc e Igt; settori espressivi dell'autentico made in Italy;

   ad adottare iniziative nelle opportune sedi europee ed internazionali, a difesa delle tantissime eccellenze agroalimentari del nostro Paese, che fanno grande il made in Italy nel mondo, a partire dall'immissione sul mercato di alimenti a base di insetti, estranei alla nostra cultura alimentare, e a tutela della distintività del cibo italiano e a contrastare qualsiasi iniziativa discriminatoria nei confronti del modello alimentare basato su principi della dieta mediterranea anche a difesa della salute dei consumatori;

   ad assumere le necessarie iniziative per confermare, in tutte le sedi competenti, la ferma contrarietà del nostro Paese circa l'attribuzione della denominazione di carne ovvero di latte e derivati a prodotti che nulla hanno a che vedere con quelli di origine animale e che sono di origine vegetale o del tutto sintetica, che inducono in inganno i consumatori e che rischiano di recare danno alla salute dei consumatori stessi e alle nostre produzioni ed eccellenze.
(7-00693) «Viviani, Maggioni, Bubisutti, Gastaldi, Germanà, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Tarantino, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Raffaele Volpi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

viticoltura

produzione nazionale

denominazione di origine