ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00606

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 459 del 18/02/2021
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00098
Firmatari
Primo firmatario: FASSINO PIERO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 18/02/2021


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Stato iter:
02/03/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 24/02/2021
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO
FORMENTINI PAOLO LEGA - SALVINI PREMIER
BOLDRINI LAURA PARTITO DEMOCRATICO
QUARTAPELLE PROCOPIO LIA PARTITO DEMOCRATICO
 
ILLUSTRAZIONE 02/03/2021
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 02/03/2021
SERENI MARINA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 02/03/2021
FASSINO PIERO PARTITO DEMOCRATICO
 
PARERE GOVERNO 02/03/2021
SERENI MARINA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 24/02/2021

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 24/02/2021

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 02/03/2021

DISCUSSIONE IL 02/03/2021

ACCOLTO IL 02/03/2021

PARERE GOVERNO IL 02/03/2021

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 02/03/2021

CONCLUSO IL 02/03/2021

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00606
presentato da
FASSINO Piero
testo di
Giovedì 18 febbraio 2021, seduta n. 459

   La III Commissione,

   premesso che:

    in Birmania/Unione del Myanmar il 1° febbraio 2021 avrebbe dovuto insediarsi il Parlamento eletto con le elezioni generali dell'8 novembre 2020 vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (Lnd) che ha conquistato l'83,6 per cento dei seggi;

    all'alba dello stesso 1° febbraio l'esercito birmano, denominato Tatmadaw, sotto la guida del comandante in capo, generale Min Aung Hlaing, ha sovvertito con un colpo di Stato l'ordine costituzionale democratico, estromettendo il Governo legittimo, proclamando lo stato di emergenza per un anno, sottoponendo al controllo militare il Parlamento, la magistratura e le istituzioni civili, arrestando il Presidente U Win Miynt, il Ministro di Stato e leader della Lnd Aung San Suu Kyi, i ministri del Governo incarica;

    tra le figure istituzionali colpite da mandato di arresto figurano anche gran parte dei parlamentari eletti l'8 novembre 2020, di cui circa settanta hanno costituito la Committee Representing the Pittangdsu-Hluttaw (Crhp);

    i militari autori del colpo di Stato lo hanno giustificato – di fronte al modesto risultato elettorale del loro partito di riferimento Usdp – invocando irregolarità elettorali e brogli senza peraltro addurre elementi di prova, quando invece la Commissione elettorale dell'unione (Uec) ha respinto i ricorsi presentati certificando la regolarità delle elezioni;

    la volontà di sovvertire l'ordinamento costituzionale era peraltro già stata evocata in più dichiarazioni di esponenti militari e, da ultimo, il 28 gennaio, dal generale Min Aun Hlaing, che ha proposto di abrogare la Costituzione adottata nel 2008, nonostante essa riconosca ai rappresentanti del Tatmadaw il 25 per cento dei seggi parlamentari e i tre ministeri chiave degli interni, della difesa e dell'integrità territoriale della nazione;

    il colpo di Stato soffoca così la transizione democratica in Myanmar/Birmania, avviata nel 2011 dopo oltre cinquant'anni di dittatura militare e che ha il proprio riferimento nella figura di Aung San Suu Kyi, insignita del Premio Nobel per la pace nel 2012 e storica leader dell'opposizione premiata da consenso plebiscitario nelle elezioni parziali del 2012 e nelle elezioni generali del 2015 e del 2020;

    immediatamente dopo la presa del potere, il 3 febbraio, il Tatmadaw ha revocato i membri della Uec, nominando nuovi membri al regime, e sottoposto a procedimento penale la Ministra di Stato Aung San Suu Kyi, accusata di possedere walkie-talkies importati illegalmente, mentre al Presidente U Win Myint si addebita la violazione della legge sulle restrizioni contro il coronavirus per aver incontrato dei suoi sostenitori;

    il colpo di Stato ha suscitato un vasto movimento popolare di protesta, contro cui sono state adottate dure misure repressive e proclamato lo stato di emergenza, nonché l'interruzione delle reti di comunicazione e la connettività internet;

    la transizione democratica avviata nel 2010 e consolidata con le elezioni del 2015 e del 2020 – entrambe vinte con largo consenso dalla Lnd – ha posto fine a cinquant'anni di spietata dittatura militare, di repressione di qualsiasi voce di dissenso o di opposizione e di isolamento internazionale del Paese;

    nei sette anni di Governo – 2015-2021 – della Lnd sono stati liberati tutti i prigionieri politici o di coscienza, è stata abolita ogni forma di censura, sono stati adottati standard normativi internazionali, è stato aperto il Paese all'economia di mercato e agli investimenti stranieri;

    con il Governo democratico la Birmania/Unione del Myanmar si è reinserita nella vita della comunità internazionale, ha assunto un ruolo attivo nell'Asean, ha stabilito relazioni di intensa cooperazione con i Paesi vicini e con i grandi players asiatici, in primo luogo Cina, India e Giappone, contribuendo così alla stabilità del sud-est asiatico;

    in quello stesso periodo è stato rinnovato il patto federativo tra tutti i popoli e le nazionalità che vivono nel Paese – denominato la «seconda Panglong» – riconoscendo il carattere plurinazionale e plurireligioso della Birmania/Unione del Myanmar e l'autonomia amministrativa di ogni Stato e sottoscrivendo accordi di cessate il fuoco e di pacificazione con gruppi armati delle minoranze etniche;

    questo processo è stato contraddetto dalla brutale repressione contro la minoranza musulmana dei Royingha, orchestrata dal Tatmadaw per ledere l'immagine interna ed internazionale di Aung San Suu Ky, facendo leva sui radicati sentimenti di ostilità verso i Royingha dell'opinione pubblica birmana maggioritariamente buddista;

    il Tatmadaw ha represso con particolare spietatezza la minoranza Royingha al fine di ledere l'immagine internazionale di Assk – alla quale la Costituzione dei militari del 2008 non ha conferito alcun potere sui militari, neanche a livello formale – e di precostituire così un indebolimento della solidarietà del mondo occidentale nei suoi confronti in caso di nuova presa del potere da parte della giunta militare, come poi è avvenuto;

    pur respingendo l'uso del termine «genocidio», Aung San Suu Kyi ha riconosciuto gli abusi e le violenze dei militari, istituendo una Commissione di inchiesta e favorendo l'avvio da parte della Corte penale internazionale (Cpi) di un'indagine che – sulla base di reiterati pronunciamenti dell'Alto Commissario Onu per i diritti umani e dell'Assemblea generale dell'Onu – ha comportato l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle violazioni in Myanmar da parte delle forze armate e il deferimento alla Cpi del generale Min Aung Hlaing;

    il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha dichiarato «inaccettabile» il colpo di Stato, così come analoga condanna è venuta dall'Alto Rappresentante dell'Unione europea Borrell, nonché da molti Governi di ogni continente, tutti richiedendo l'immediata liberazione di tutte le persone arrestate e detenute, la cessazione di ogni azione repressiva e il ristabilimento dell'ordinamento istituzionale democratico;

    il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato che, in assenza dell'immediato ritorno alla legalità democratica, gli Stati Uniti adotteranno sanzioni contro gli autori del colpo di Stato e nella stessa direzione vanno i pronunciamenti di molti Governi;

    il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha duramente stigmatizzato il colpo di Stato raccomandando l'adozione di sanzioni mirate contro quanti, militari e civili, si rendano responsabili di violazioni dei diritti umani, di tutte le imprese di proprietà del Tatmadaw e l'embargo globale sulle armi nei confronti del Myanmar/Birmania;

    va tenuto anche conto che la brusca interruzione della transizione democratica del Myanmar/Birmania potrebbe avere rapidamente conseguenze destabilizzanti per l'intera regione del Sud-Est asiatico, come evidenziano le accuse mosse ad importanti attori regionali di pesanti interferenze nella crisi birmana e di sostegno ai militari;

    l'11 febbraio 2020 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con 667 voti favorevoli, uno contrario e 27 astensioni;

    negli stessi termini anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 12 febbraio, ha approvato una risoluzione – proposta da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, compresa quindi l'Italia, oltre che da Australia, Canada, Islanda, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera, Turchia e Regno Unito – che comporterà, tra l'altro, un significativo incremento di risorse a sostegno di tutte le agenzie dell'Onu, in primis l'Alto commissario per i Diritti umani e lo Special Rapporteur sui diritti umani in Myanmar;

    il 14 febbraio la delegazione dell'Unione europea e le ambasciate del Canada, degli Stati membri dell'Unione europea presenti in Myanmar, Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, di Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti hanno pubblicato una dichiarazione comune con cui hanno chiesto alle forze di sicurezza di astenersi dall'uso della violenza nei confronti dei dimostranti e dei civili; hanno condannato le detenzioni e i continui arresti dei leader politici, della società civile, dei funzionari così come gli abusi nei confronti dei giornalisti; hanno denunciato l'interruzione delle comunicazioni e le restrizioni ai diritti fondamentali e alle garanzie fondamentali per il popolo del Myanmar, hanno espresso sostegno al popolo del Myanmar nella sua aspirazione alla democrazia, alla libertà, alla pace e alla prosperità;

    il Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, Tom Andrews, nella dichiarazione congiunta col Comitato di coordinamento presentata nella 29esima sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dell'Onu sulle implicazioni della crisi in Myanmar ha inoltre sottolineato che è quindi «imperativo che la leadership del Tatmadaw comprenda che non è al di sopra della legge e che il popolo del Myanmar e i popoli del mondo non lasceranno che queste azioni illegali e riprovevoli restino impunite»;

    anche l'Italia ha condannato il colpo di Stato condividendo le posizioni assunte dalle Nazioni Unite, dall'Unione europea e dai Governi europei;

    il movimento di protesta popolare è vasto e in crescita, a dimostrazione dell'insuccesso della strategia dei militari e della ferma intenzione dei cittadini birmani di opporsi fino in fondo al ritorno al passato autoritario e di proteggere la democrazia così duramente riconquistata e, con essa, anche la prospettiva di maggior benessere economico, considerato l'aggravamento delle percentuali di persone che vivono sotto alla soglia della povertà, passate dal 22 ad oltre il 27 per cento;

    è responsabilità morale e politica della comunità internazionale e di ogni coscienza democratica non lasciare solo il Myanmar/Birmania nella sua lotta per la democrazia e la libertà,

impegna il Governo:

   a chiedere il rilascio immediato e senza alcuna condizione di tutti i membri del Governo, del Presidente U Win Myint, della Consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e del suo stretto collaboratore Win Htein, dei parlamentari e di tutti gli attivisti, giornalisti, monaci e semplici cittadini inermi che sono stati arrestati dalla giunta militare birmana;

   a condannare in modo fermo il golpe militare messo in atto il 1° febbraio 2021 dal Tatmadaw e a chiedere con pari fermezza l'immediato ripristino dell'autorità civile, il rispetto dell'esito delle elezioni democraticamente e regolarmente svolte l'8 novembre 2020, consentendo l'insediamento delle nuove Camere e l'elezione delle più alte cariche parlamentari e di Governo, e, in prospettiva, il superamento del sistema ibrido di condivisione del potere tra civili e militari che ha finora impedito il progresso Paese;

   a chiedere la revoca di ogni misura di blocco delle comunicazioni e delle connettività;

   ad adottare iniziative per subordinare al rilascio immediato di tutte le persone arrestate l'avvio di qualunque iniziativa di negoziato tra le principali parti interessate a risolvere la situazione e al ripristino dello Stato di diritto;

   a chiedere in tutte le sedi competenti l'adozione di sanzioni mirate nei confronti degli autori del colpo di Stato e di quanti si rendano responsabili della violazione dei diritti umani e civili, applicando il regime globale di sanzioni dell'Unione europea in materia di diritti umani e ad assumere iniziative affinché il Consiglio affari esteri dell'Unione europea imponga sanzioni finanziarie mirate nei confronti di tutti gli interessi commerciali del Tatmadaw, scongiurando invece sanzioni generalizzate contro la popolazione civile o contro specifici gruppi etnici;

   a non dare corso a misure di annullamento del debito del Myanmar/Birmania, come già deliberato nel luglio 2020 da Austria, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Polonia, e a fare pervenire gli aiuti di cooperazione allo sviluppo alla popolazione attraverso canali alternativi a quelli governativi;

   a sostenere in ogni modo la popolazione del Myanmar/Birmania, condannando la repressione di attivisti, delle organizzazioni non governative, dei monaci, delle organizzazioni dei media e della società civile messa in atto dal Tatmadaw, assicurando un monitoraggio e un'attenzione costante sulla crisi, nella considerazione che Aung San Suu Kyi, vittima negli anni passati di una campagna di screditamento internazionale da parte dei militari, resta per i birmani «Mother SUU», la campionessa delle loro battaglie per la democrazia, la leader che vorrebbero vedere libera e governare il Paese;

   a monitorare, in sinergia con la delegazione dell'Unione europea e gli altri Stati membri, gli annunciati procedimenti giudiziari a carico della consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, del presidente U Win Myint e di tutte le altre persone detenute in relazione al golpe, ad assistere ai loro processi e a rendere loro visita in carcere o nell'abitazione in cui sono trattenuti in stato di arresto;

   a collaborare con i partner democratici a livello sia mondiale che regionale, e in particolare con i grandi player asiatici – Cina, India, Indonesia – e le organizzazioni regionali quali l'Asean per una soluzione pacifica della crisi in Myanmar/Birmania, promuovendo ogni iniziativa utile al ripristino della legalità democratica e sostenendo le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite;

   a chiedere l'accesso al Myanmar/Birmania per gli osservatori umanitari internazionali e per le Organizzazioni internazionali umanitarie a tutela degli sfollati interni, delle minoranze e in particolare della minoranza Rohingya nello Stato di Rakhine.
(7-00606) «Fassino».