ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00367

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 257 del 12/11/2019
Firmatari
Primo firmatario: LIUNI MARZIO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 12/11/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
IEZZI IGOR GIANCARLO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
VIVIANI LORENZO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
GOLINELLI GUGLIELMO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
GUIDESI GUIDO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
MANZATO FRANCO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
BUBISUTTI AURELIA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
GASTALDI FLAVIO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
LOLINI MARIO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
LOSS MARTINA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
LUCCHINI ELENA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
GAVA VANNIA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
COVOLO SILVIA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
BADOLE MIRCO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
BENVENUTO ALESSANDRO MANUEL LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
D'ERAMO LUIGI LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
GOBBATO CLAUDIA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
PAROLO UGO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
RAFFAELLI ELENA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
VALBUSA VANIA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
VALLOTTO SERGIO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
BORDONALI SIMONA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
DE ANGELIS SARA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
INVERNIZZI CRISTIAN LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
MATURI FILIPPO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
MOLTENI NICOLA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
STEFANI ALBERTO LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
TONELLI GIANNI LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019
VINCI GIANLUCA LEGA - SALVINI PREMIER 12/11/2019


Commissione assegnataria
Commissione: I COMMISSIONE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)
Commissione: XIII COMMISSIONE (AGRICOLTURA)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00367
presentato da
LIUNI Marzio
testo di
Martedì 12 novembre 2019, seduta n. 257

   Le Commissioni I e XIII,

   premesso che:

    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica presenti sul nostro territorio oltre ad essere un rischio per la sicurezza delle persone, nei centri abitati e nelle campagne, comporta gravi danni alle colture agricole, in termini di campi e raccolti distrutti. Una loro naturale presenza e un controllato numero non ha mai creato problematiche particolari, mentre il loro aumento esponenziale, non efficacemente gestito e controllato, sta anche compromettendo, in vaste aree, l'equilibrio di coesistenza tra attività umane e specie animali;

    la gestione della fauna selvatica è una problematica che richiede l'individuazione di soluzioni condivise e di opzioni efficaci, ma non solo in relazione ai danni prodotti ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo, ma anche a tutela della sicurezza delle persone nei centri abitati e lungo le vie di comunicazione;

    è necessario agire in maniera coordinata su tutto il territorio e impostare interventi di gestione che risultino efficaci a breve termine, ma soprattutto che consentano di stabilizzare la situazione nel lungo periodo, al fine di salvaguardare le nostre produzioni agricole e agroalimentari, nonché proporre soluzioni che portino ad un contenimento delle varie specie di fauna selvatica presenti sul territorio nazionale;

    da anni le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica, hanno portato ripercussioni che vanno ad incidere anche sui bilanci economici delle aziende agricole, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni, che vedono compromesso gran parte del reddito ed interessano produzioni di grande qualità ed eccellenza;

    in molte aree del Paese la presenza di ungulati ha raggiunto numeri preoccupanti. I cinghiali selvatici sono animali la cui presenza sul territorio nazionale è diventata oramai incontrollabile;

    in Italia, negli ultimi 10 anni, il numero dei cinghiali selvatici è praticamente raddoppiato, si è passati dai 600.000 del 2005 ai 900.000 del 2010 e nel 2015 avrebbero raggiunto e superato il milione di esemplari, ma questi numeri sono purtroppo delle stime prudenziali calcolate in base ai danni riscontrati, perché un censimento reale della loro popolazione, ad oggi, non è stato concretamente effettuato;

    il cinghiale selvatico rappresenta uno dei principali responsabili, negli ultimi anni, dell'aumento di incidenti stradali causati da fauna selvatica. Questo animale è anche responsabile di gran parte dei danni causati alle produzioni agricole e agli allevamenti; danni ingenti che oggi non riescono ad essere rimborsati integralmente;

    i cinghiali rappresentano anche un rischio reale di trasmissione di epidemie di grande rilevanza e particolarmente gravi, quali la peste suina africana, che, proprio attraverso di essi, rappresenta una minaccia concreta per le produzioni agroalimentari e la zootecnia;

    eventuali abbattimenti programmati dei cinghiali selvatici potrebbero rappresentare un contenimento efficace e un ulteriore prevenzione contro la peste suina africana, tenendo conto che i danni causati da questi al settore agricolo rappresentano da tempo un'emergenza e sicuramente da molto prima della scoperta di focolai della Psa in Belgio;

    nelle fasce collinari e pianeggianti si sviluppano colture agricole, quali grano, mais, orzo, ma anche castagne, farro, mele e uva, che diventano alimento ideale per i cinghiali selvatici. Essi, tra l'altro, sono molti prolifici, basti pensare che una femmina della specie può arrivare a partorire fino a 10 esemplari e in condizioni ottimali anche tre volte all'anno;

    si deve sottolineare che esiste anche il problema legato agli attacchi dei grandi predatori ai greggi ed al bestiame. Fenomeno che non accenna a diminuire. Infatti, si rileva un deciso aumento del numero dei grandi carnivori che viene stimato da 5 a 10 volte in più rispetto alla metà degli anni ’70 del secolo scorso;

    i pastori maggiormente colpiti dagli assalti dei grandi carnivori sono naturalmente coloro i quali esercitano il proprio mestiere in zone montane, e dunque «in alpeggio». Molti pastori sono costretti ad abbandonare il territorio montano, mentre gli allevatori dell'area pedemontana hanno deciso di tutelarsi tenendo i capi in stalla. È necessario intervenire per cercare di contenere gli attacchi di questi predatori che stanno causando ingenti danni alle aziende;

    la problematica dei danni al settore zootecnico provocati dai grandi carnivori è stata portata più volte all'attenzione del Consiglio dei ministri dell'agricoltura a livello di Unione europea, in tale contesto, è stato chiesto alla Commissione di avviare specifiche iniziative volte alla realizzazione di un monitoraggio oggettivo, aggiornato ed omogeneo a livello di Unione europea, anche per disporre di informazioni attendibili sulla reale consistenza e diffusione della loro popolazione e, conseguentemente, condividere le modalità di gestione delle problematiche ad essi legate;

    la recente sentenza n. 215 del 2019 della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della provincia autonoma di Trento dell'11 luglio 2018 n. 9 e dell'articolo 1 della legge della provincia autonoma di Bolzano del 16 luglio 2018 n. 11, ha dichiarato che la disciplina provinciale contestata rientri nell'ambito delle competenze legislative statutariamente affidate alle due province autonome di Trento e Bolzano;

    la sentenza ritiene che «Le norme impugnate attribuiscono ai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l'uccisione dell'orso e del lupo, specie protette dalla normativa nazionale e sovranazionale, purché ciò avvenga a specifiche condizioni ovvero al dichiarato fine di dare attuazione alla normativa comunitaria in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e per proteggere la fauna e la flora selvatiche caratteristiche dell'alpicoltura e conservare i relativi habitat naturali, prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque ed alla proprietà, nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, o tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente. In tali casi, i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare la cattura e l'uccisione degli esemplari delle specie protette (ursus arctos e canis lupus), previo parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e sempre che non sussistano altre soluzioni valide e non venga messa a rischio la conservazione della specie.». In sostanza la Corte ha dichiarato non fondata la questione dando ragione alle Province;

    altro problema, che interessa soprattutto nel Centro-Nord del Paese, è quello legato alle nutrie. Con riguardo a queste, dall'entrata in vigore della legge n. 116 del 2014, è stato modificato il loro status giuridico escludendole, al pari di talpe, ratti, topi propriamente detti e arvicole, dalla fauna selvatica e sono quindi state inserite nell'elenco delle specie nocive per le quali non si applicano le previsioni della legge n. 157 del 1992; pertanto queste sono passate dallo status di «fauna selvatica», e quindi protetta, allo status «specie nociva», alla stregua di animali infestanti e dannosi;

    questo ha comportato il trasferimento della competenza sulla gestione delle nutrie, attualmente in capo alle regioni e alle province, ai comuni nonché ha consentito, nella gestione delle problematiche relative al sovrappopolamento delle nutrie, l'utilizzo di tutti gli strumenti sinora impiegati per le specie nocive (non solo per il contenimento, ma anche per l'eliminazione totale di questi animali analogamente a quanto si fa nelle derattizzazioni);

    successivamente la legge n. 221 del 28 dicembre 2015, ha confermato l'esclusione della nutria dalle specie di fauna selvatica, prevedendo altresì che gli interventi per il controllo, finalizzati all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni presenti vengano realizzati secondo i modi e le procedure disposte dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992. Titolare dell'attuazione dei piani di controllo sono le regioni;

    la presenza della nutria rappresenta una minaccia per l'incolumità pubblica, in particolare con riferimento al rischio idraulico, all'impatto sulle colture, sulle altre specie animali, oltre al problema sanitario (potenziale vettore di leptospirosi e altre gravi patologie);

    il regolamento (Ue) n. 1143 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 reca disposizioni volte a prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive così come definite all'articolo 3, commi 1 e 2, che chiariscono come per «specie esotica» (o alloctona) si intenda «qualsiasi esemplare vivo di specie, sottospecie o taxon inferiore di animali, piante, funghi o microorganismi spostato al di fuori del suo areale naturale» e per «specie esotica invasiva: una specie esotica per cui si è rilevato che l'introduzione o la diffusione minaccia la biodiversità e i servizi ecosistemici collegati, o ha effetti negativi su di essi»;

    inoltre, il regolamento (Ue) n. 1143 del 2014 ha introdotto specifici obblighi per le specie contemplate nell'elenco delle specie esotiche di rilevanza unionale, che prevedono in particolare l'attuazione di misure di gestione volte all'eradicazione nelle fasi iniziali dell'invasione (articolo 17), o, per le specie ampiamente diffuse, l'attivazione – entro 18 mesi dall'entrata in vigore della norma – di misure di gestione efficaci, consistenti in interventi fisici, chimici o biologici, letali, volti all'eradicazione, al controllo numerico o al contenimento delle popolazioni (articolo 19). La nutria è stata inclusa nel primo elenco delle «specie esotiche invasive di rilevanza unionale», entrato in vigore nel luglio 2016 (regolamento di esecuzione (Ue) 2016/1141 della Commissione del 13 luglio 2016). Tale norma comunitaria ha quindi introdotto diversi obblighi per l'Italia che deve dotarsi di un piano nazionale di gestione della nutria e attivare, in tempi rapidi, efficaci misure di eradicazione o contenimento della specie;

    a quanto sopra si aggiungono tutti i danni arrecati da alcune specie di avifauna, spesso e volentieri difficili da quantificare. Le problematiche derivanti dall'eccessiva presenza dei corvidi nel nostro Paese richiedono di essere affrontate in modo concreto. Allo stesso modo i danni arrecati alle colture agricole, con particolare riferimento alla viticoltura e all'olivicoltura da parte dello storno deve trovare una soluzione che vada oltre la protezione della specie oggi in atto. Infatti, l'Italia è l'unico Paese europeo del bacino del Mediterraneo ove lo storno, pur essendo un migratore, è considerato specie protetta e l'applicazione della deroga prevista dalla direttiva comunitaria è ostacolata dai vincoli previsti dall'Ispra;

    i danni all'agricoltura, in termini di raccolti distrutti, bestiame ucciso, cedimenti delle infrastrutture irrigue, perdita di biodiversità dovute alle specie alloctone e soprattutto rischi sanitari, sia per l'uomo che per la zootecnia, sono valutati in oltre 100 milioni di euro di danni all'anno, stime molto prudenziali. Questo a dimostrazione di quanto una massiccia presenza di questi animali sia un danno e un rischio per l'incolumità dei cittadini e la redditività degli agricoltori;

    la legge n. 157 del 1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) non è più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato. È necessario, ammodernare la legge e non parlare più di protezione della fauna selvatica, ma di gestione della fauna selvatica;

    esiste un effettivo problema relativo alla questione dei piani di controllo. La legge n. 157 del 1992, all'articolo 19, comma 2, stabilisce che: «Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento (...)»;

    in accordo con le regioni, si potrebbero valutare possibili modifiche alla legge n. 157 del 1992 prevedendo la figura dell'operatore volontario, ossia un selecontrollore, che, a seguito di appositi corsi di formazione, a titolo volontario fornisca supporto nell'effettuazione del contenimento numerico della fauna selvatica oggi in capo solo agli agenti dipendenti di regioni, province e città metropolitane;

    il 16 novembre 2018, in accordo con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato istituito un gruppo di lavoro incaricato, fra le altre cose, di formulare proposte per l'adeguamento del quadro normativo relativo ai danni da fauna selvatica;

    per quanto riguarda la problematica relativa al risarcimento dei danni al settore agricolo indotti dalla specie selvatiche, dopo la notifica alla Commissione europea di uno schema di decreto interministeriale teso a disciplinare le modalità di concessione degli aiuti per le misure preventive e per gli indennizzi dei danni provocati da fauna selvatica omeoterma alle produzioni agricole, la Commissione ha informato l'Italia della propria decisione, ritenendolo compatibile con il mercato interno;

    ai sensi dell'articolo 26, comma 1, della legge n. 157 del 1992, le regioni, per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere realizzate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, devono costituire un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce una percentuale dei proventi delle tasse per lo svolgimento dell'attività venatoria, e da tempo, tutte le regioni hanno provveduto ad adeguarsi in tal senso,

impegnano il Governo:

   ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a modificare la legge n. 157 del 1992 al fine di rendere concretamente attuabili ed efficaci i piani di contenimento per una migliore gestione del patrimonio agricolo e zootecnico, consentendo alle regioni e alle province autonome di abilitare, previa frequenza di appositi corsi, operatori muniti di licenza per l'esercizio venatorio;

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per introdurre misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie, in conformità con la normativa europea, al fine di riparare i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole, prevedendo anche l'istituzione di un fondo nazionale che vada a coadiuvare i fondi regionali per riuscire a riparare i danni da fauna selvatica;

   ad intervenire urgentemente con iniziative rapide ed efficaci per contrastare il fenomeno del crescente aumento del numero di ungulati nocivi al fine di evitare che il futuro dell'agricoltura venga irrimediabilmente compromesso in quanto gli agricoltori sono fortemente preoccupati per i danni ingentissimi alle loro coltivazioni e al bestiame;

   a porre in essere azioni, per quanto di competenza, al fine di prevenire ed arginare gli attacchi dei predatori, che in questi anni stanno creando disagi enormi ai pastori ed agli allevatori, in modo tale da tutelare e preservare il loro lavoro;

   a proseguire con lo stesso impegno ed efficacia sulle linee già tracciate dal Ministro dell'agricoltura pro tempore al fine di approfondire le problematiche esposte in premessa, congiuntamente alle altre competenti amministrazioni periferiche, in modo da poter poi individuare soluzioni utili da attivare sia a livello normativo, sia a livello operativo sul territorio, al fine di salvaguardare le produzioni agricole e agroalimentari italiane;

   a monitorare, controllare e contenere l'aumento di grandi carnivori, non solo ai fini di un equilibrio ambientale, ma anche in relazione ad un problema di sicurezza pubblica che non si deve sottovalutare;

   a valutare l'opportunità, per quanto di competenza, di assumere iniziative normative per conferire autonomia alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per garantire la gestione, la salvaguardia e il monitoraggio dello stato di conservazione dei grandi carnivori, e dei relativi habitat di interesse comunitario, da parte delle autorità più vicine alle problematiche territoriali, conferendo ad esse la possibilità di regolare anche eventuali «prelievi», in deroga alla normativa vigente, qualora siano a rischio l'incolumità della popolazione locale e la pacifica convivenza con animali predatori, così come emerge anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 215 del 2019;

   a mettere in atto proposte e progetti innovativi a livello nazionale per provvedere alla gestione della nutria in tempi rapidi al fine di contenere il fenomeno, nonché ad assumere iniziative per istituire, con adeguate risorse finanziarie, un Fondo nazionale per il finanziamento di piani regionali affinché sia fatto tutto il possibile per aiutare gli agricoltori e le comunità locali contro i danni provocati dalla nutria all'economia agricola, alla rete irrigua, al suolo e alla salute pubblica;

   ad intraprendere iniziative tese ad agevolare l'applicazione del prelievo in deroga della specie storno da parte delle regioni, superando gli attuali vincoli disposti da Ispra con l'obiettivo di raggiungere il più velocemente possibile l'inserimento di questa specie tra quelle cacciabili, come già previsto nei Paesi europei del Mediterraneo.
(7-00367) «Liuni, Iezzi, Viviani, Golinelli, Guidesi, Manzato, Bubisutti, Gastaldi, Lolini, Loss, Lucchini, Gava, Covolo, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

fauna

prodotto agricolo

protezione della fauna