ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00246

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 172 del 09/05/2019
Firmatari
Primo firmatario: VARCHI MARIA CAROLINA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 09/05/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA 09/05/2019
GEMMATO MARCELLO FRATELLI D'ITALIA 15/05/2019


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 15/05/2019

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00246
presentato da
VARCHI Maria Carolina
testo presentato
Giovedì 9 maggio 2019
modificato
Mercoledì 15 maggio 2019, seduta n. 176

   La II Commissione,

   premesso che:

    negli ultimi anni l'annoso problema del sovraffollamento delle carceri italiane si è posto all'attenzione del nostro ordinamento come uno dei più sentiti;

    il sovraffollamento, come noto, pregiudica gravemente la qualità di detenzione, ha conseguenze negative sulle condizioni di salute dei detenuti e limita, come di fatto accade, la sicurezza del personale penitenziario in servizio e di quanti sono detenuti nei settori della media e bassa sicurezza;

    sovente, infatti, le cronache riportano di aggressioni avvenute all'interno delle carceri in danno di altri detenuti e di quanti vi lavorano; uno degli aspetti più gravi della questione è il fatto che le aggressioni colpiscono il personale penitenziario, a segnalare una crescente indifferenza ed arroganza dei detenuti nei loro confronti;

    i Governi Gentiloni e Renzi hanno inteso fronteggiare tale questione mediante decreti «svuota-carcere» e con la legge n. 47 del 2015, aventi il principale obbiettivo – anche condivisibile in linea teorica – di rafforzare il principio della custodia cautelare e della detenzione – in genere – in carcere quale extrema ratio;

    con la nota sentenza «Torreggiani» pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in data 8 gennaio 2013 l'Italia è stata condannata per violazione dell'articolo 3 della Cedu con l'imposizione di attuare, con urgenza e in tempi brevi, un sistema di interventi riparativi e compensativi in grado di assicurare il rispetto della dignità umana dei soggetti internati;

    sulla scorta di tale sentenza cosiddetta «pilota», i Governi di centro-sinistra hanno messo in campo diversi interventi normativi e da ultimo è stata emanata la legge n. 103 del 2017 recante «modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario», avente il supposto intento di adeguare il sistema normativo interno ad un «presunto» modello europeo;

    in linea con gli interventi degli ultimi anni volti alla riduzione del sovraffollamento, nell'ordinamento penitenziario è stata introdotta la sorveglianza dinamica, che va ad affiancarsi al regime aperto (il regime aperto si connota per il graduale superamento del criterio di perimetrazione della vita penitenziaria all'interno della camera di pernottamento. Il detenuto, quindi, non è più confinato nella cella di assegnazione ma gode di una certa libertà di movimento all'interno della sezione);

    in particolare, sul piano operativo ed organizzativo, la sorveglianza dinamica implica l'apertura delle stanze di detenzione per le ore giornaliere con la chiusura durante la notte ed in occasione della «conta» numerica di detenuti;

    il personale di polizia penitenziaria nelle sezioni detentive non è più assegnato ad una postazione fissa, bensì si muove nella sezione a cui è preposto e mantiene il controllo delle persone detenute con l'ausilio di supporti elettronici, laddove disponibili;

    ancora. La persona detenuta può dirigersi autonomamente da un piano all'altro all'interno della propria sezione, senza essere scortata dagli agenti e laddove permesso dal dirigente può, altresì, spostarsi tra diverse sezioni. Così come concepita, la sorveglianza dinamica implicherebbe un numero minore di unità del personale di polizia penitenziaria, a discapito, quindi, di un efficace sistema di tutela e sicurezza dei detenuti internati per reati lievi e del personale in servizio, non essendo in grado di fronteggiare i pericoli derivanti dal sovraffollamento con le limitate risorse, ad oggi, disponibili;

    orbene, fatte le necessarie premesse illustrative, giova rappresentare che l'istituto della sorveglianza dinamica pone una serie di interrogativi in relazione alla sua compatibilità con le strutture penitenziarie ad oggi esistenti sul territorio nazionale e la sua idoneità a garantire l'uso degli spazi detentivi e l'allocazione dei detenuti;

    tali questioni, di assoluta importanza, sono direttamente collegate alla necessità di assicurare, all'interno degli istituti detentivi, la sicurezza di quanti vi operano e dei detenuti, molti dei quali, non di rado, subiscono il disagio generato dalle azioni violente, minacciose e persino «mafiose» di altre persone detenute;

    la tutela e la sicurezza del personale in servizio presso gli istituti detentivi devono sempre rappresentare il fondamento di qualsivoglia riforma penitenziaria atteso che la polizia penitenziaria svolge una funzione essenziale per conto della comunità, prodromica alla sicurezza dei detenuti e di quanti altri sono presenti negli istituti;

    per la principale funzione che svolgono, connotata da un alto margine di rischio per la propria incolumità, si dovrebbe poter garantire al personale in servizio condizioni di impiego idonee alle rispettive mansioni ed in linea con il carattere impegnativo del lavoro che è chiamato ad eseguire;

    sicurezza del personale in servizio e tutela dei detenuti sono, a ben vedere, due fattori intrinsecamente legati tra loro;

    è evidente, infatti, che la possibilità di garantire ai soggetti detenuti l'esecuzione della pena in linea con i princìpi fondamentali condivisi dal Consiglio europeo, deve inevitabilmente coincidere con la garanzia di assicurare al personale penitenziario di operare in un ambiente altrettanto dignitoso e sicuro;

    non di rado, tuttavia, taluni detenuti, giovandosi della maggiore flessibilità della vita in carcere dopo l'introduzione del regime aperto e della sorveglianza dinamica, assumono comportamenti pericolosi e violenti in danno di altri detenuti e del personale penitenziario, generando condizioni di vita e di lavoro particolarmente ostili;

    alle considerazioni si qui svolte, si aggiunga che:

     la riforma Madia ha notevolmente ridotto il personale in organico;

     le riforme succedutesi sino ad oggi non hanno apportato alcun ammodernamento tecnologico (ad esempio sistemi di videosorveglianza) che possa in qualche modo assicurare livelli sufficienti e ottimali di sicurezza non solo per i detenuti ma anche per il personale;

     istituti penitenziari importanti in termini numerici, quali Poggioreale e Secondigliano, a quanto consta ai presentatori del presente atto, registrano la pressoché totale assenza di videosorveglianza e i presidi di vigilanza armata esterna sono quasi inesistenti con grave vulnus per la sicurezza;

    venendo alle dolenti note: un recente dossier elaborato dal sindacato autonomo della polizia penitenziaria Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) evidenzia un aumento, rispetto ai primi tre mesi del 2017, del 30 per cento delle violenze nei confronti di agenti negli istituti penitenziari;

    si parla, ed è opportuno evidenziarlo, di un livello di violenza e aggressività mai registrato fino ad oggi, con episodi di estrema gravità;

    il delegato provinciale Giuseppe Iovine e il dirigente nazionale Maurizio Russo Osapp affermano «Ormai sembra un bollettino di guerra, ogni giorno negli istituti penitenziari si assiste inermi alle aggressioni ai danni dei colleghi e delle colleghe che operano nelle carceri in totale abbandono, senza tutela e con i minimi standard di sicurezza. Il personale è stressato, sfiduciato, abbandonato dallo Stato e dalle istituzioni che dovrebbero garantire l'incolumità, dare protezione e sicurezza»;

    si riportano a titolo esemplificativo alcuni episodi:

     in data 7 maggio 2018 la cronaca riporta di una aggressione avvenuta presso il carcere di Carinola, in provincia di Caserta, dove un detenuto ha ferito con una testata al volto un agente, costretto a ricorrere a cure sanitarie;

     in data 18 maggio 2018 l'ennesimo episodio nel carcere di Bellizzi. Un detenuto della provincia del napoletano, condannato per reati di violenza e rapina, ha aggredito un assistente capo della polizia penitenziaria che è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso. Lo stesso detenuto, il giorno successivo alla prima aggressione, si è scagliato con violenza contro altri due responsabili della sicurezza della casa circondariale;

     in data 1° giugno 2018 la cronaca informa di sette aggressioni avvenute nell'arco di una settimana presso il carcere di Bari;

     in data 13 giugno 2018 nel carcere di Ariano Irpino un gruppo di detenuti in regime di custodia aperta ha preso in ostaggio un agente ed un ispettore del servizio di vigilanza della polizia penitenziaria, liberati dopo alcune ore. Sempre in data 13 giugno 2018 ma nel carcere di Trapani un detenuto, già destinatario di diversi rapporti disciplinari, ha colpito violentemente al volto un assistente capo della polizia penitenziaria. Anche in questa occasione si è reso necessario il ricorso alle cure mediche;

     in data 20 giugno 2018 nel carcere di Sulmona un detenuto ha lanciato dell'olio bollente contro un agente di 47 anni, costretto ad un delicato intervento chirurgico;

     in data 21 giugno 2018 nella casa di reclusione di Turi, in provincia di Bari, un detenuto che si trovava all'interno della sala colloqui, invitato ad uscire perché il tempo a disposizione era terminato, ha aggredito con violenza inaudita un agente di polizia penitenziaria, colpendolo ripetutamente con pugni e schiaffi, incurante della presenza all'interno della sala di familiari di altri detenuti, tra cui anche dei bambini;

     in data 4 luglio 2018, nella casa circondariale «Antimo Graziano» di Bellizzi Irpino, un detenuto ha preso a pugni un agente causandogli delle contusioni;

     in data 3 agosto 2018 presso il carcere di Salerno due psichiatre sono state aggredite da un detenuto nel corso di una visita. Episodio che, come tanti altri, mette in luce la mancanza di sicurezza di quanto operano all'interno degli istituti detentivi;

     in data 3 agosto 2018 nel carcere di Lucca un detenuto nigeriano ha aggredito con calci e pugni due agenti e un sovrintendente della polizia penitenziaria e solo grazie all'intervento di altri poliziotti si è potuto evitare che la situazione degenerasse oltremodo;

     in data 31 agosto 2018 presso il carcere di Caltanissetta quattro agenti di polizia penitenziaria riportano ferite mentre tentavano di sedare una violenta rissa tra detenuti di origine nigeriana;

     in data 2 settembre 2018 la cronaca riporta di una aggressione grave avvenuta presso il carcere di Prato. Quattro poliziotti penitenziari sono stati aggrediti violentemente da un detenuto sudamericano; in particolare uno di loro è stato gravemente ferito alla gola con dei colpi di lametta;

     in data 10 settembre 2018 presso il carcere di Brissogne, Aosta, due agenti di polizia penitenziaria sono stati aggrediti da un detenuto. Si tratta dell'ennesimo episodio di violenza avvenuto nell'identica sezione detentiva aperta denominata A2 che di fatto risulta da tempo in balia degli appartenenti alla popolazione detentiva;

     in data 2 ottobre 2018, presso il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), un detenuto tedesco ha ferito 5 agenti di polizia penitenziaria e due infermieri ai quali sono stati riconosciuti 35 giorni di prognosi;

     in data 18 ottobre 2018 alcuni agenti di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Messina sono costretti a ricorrere alle cure mediche (dieci giorni di prognosi) dopo aver tentato di contenere l'azione aggressiva di un detenuto nei confronti dell'agente preposto al reparto sosta;

     in data 20 novembre 2018 presso il carcere di Trani un detenuto foggiano ha aggredito un agente penitenziario;

     in data 8 dicembre 2018, presso la casa di reclusione «Calogero Di Bona – Ucciardone» di Palermo, un detenuto dopo aver minacciato di morte un agente ne ferisce a calci e pugni altri tre;

     in data 25 dicembre 2018 si apprende da organi si stampa di una nuova aggressione avvenuta presso il carcere di Montorio durante la quale un detenuto aggrediva per futili motivi un agente che riportava lesioni allo zigomo sinistro, con prognosi di tre giorni;

     tra il 19 e 21 gennaio 2019 presso il carcere di Don Bosco di Pisa si sono susseguite tre aggressioni nei confronti del personale della Polizia penitenziaria: il primo giorno un detenuto georgiano ha aggredito un agente che ha riportato delle ferite; il secondo giorno un agente è stato aggredito da un detenuto tunisino; il terzo giorno un altro operatore è stato colpito da un carrello del vitto che gli è stato lanciato addosso da un detenuto, riportando delle lesioni;

     in relazione ai problemi connessi alla sorveglianza dinamica è intervenuto il sindacato autonomo di polizia penitenziaria; il segretario generale del Sappe Donato Capece ha dichiarato «la situazione delle carceri si è notevolmente aggravata. Basterebbe avere l'onestà di esaminare i dati degli eventi critici accaduti in carcere nell'anno 2017 (...) 9.510 atti di autolesionismo, 1.135 tentati suicidi, 7.446 colluttazioni e 1.175 ferimenti. E la cosa grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario aperto, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria»;

     ancora, a seguito dell'aggressione avvenuta presso il carcere di Lucca, di cui sopra, Capece lamenta ancora una volta la carenza di personale e l'evidente acuirsi della situazione rispetto al passato. A testimonianza di ciò il segretario ha fornito i dati del primo semestre dell'anno 2018: «5.157 atti di autolesionismo, 585 tentati suicidi; 3.545 colluttazioni, 571 ferimenti, 5 tentati omicidi»;

     in occasione dell'aggressione avvenuta presso il carcere di Spoleto, Capere afferma: «Nelle carceri umbre si contano sistematicamente atti di autolesionismo, tentati suicidi sventati in tempo dagli uomini della polizia penitenziaria, colluttazioni e ferimenti. Lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti, lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività è controproducente perché lascia i detenuti nell'apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti». La proposta quindi: «è quella di sospendere la vigilanza dinamica: sono, infatti, state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno, con controlli sporadici e occasionali, con detenuti di 25 anni che incomprensibilmente continuano a stare ristretti in carceri minorili»;

     a causa del procrastinarsi di tale situazione di pericolo, sulla medesima scia degli altri sindacati, è intervenuto anche il Segretario nazionale del Si.N.A.P.Pe (Sindacato nazionale autonomo Polizia Penitenziaria) Luigi Vargas: «Ci si domanda se è il caso di insistere con la sorveglianza dinamica, un regime detentivo aperto che alla luce dei fatti sta mostrando le sue falle. È giunto il momento di arrestare questa carneficina. Non possiamo più accettare che si verifichino ancora eventi ai danni dei rappresentanti dello Stato, la cui unica colpa è quella di espletare con professionalità e spirito di sacrificio i loro compiti istituzionali. La custodia dinamica spesso viene interpretata, soprattutto dai detenuti particolarmente violenti e remissivi alle regole, come un ammorbidimento del regime penitenziario infondendo in essi la convinzione di rimanere impuniti..»;

     il segretario generale del Spp (Sindacato di Polizia penitenziaria) Aldo di Giacomo dinanzi all'ennesima azione di violenza ingiustificata avvenuta presso la casa di reclusione di Turi ha affermato: «Mi rivolgo al nuovo Ministro della giustizia chiedendo interventi urgenti e straordinari tesi a fermare la mattanza che quotidianamente vede vittime gli agenti di polizia penitenziaria, che svolgono il proprio dovere al servizio dello Stato in strutture che ormai non garantiscono più alcuna sicurezza. È inaccettabile assistere e subire passivamente l'escalation di violenza che da tempo gli appartenenti al Corpo sono costretti a subire. Chiedo come primo atto concreto, finalizzato a ristabilire la legalità all'interno delle strutture penitenziarie, l'abolizione del cosiddetto sistema di vigilanza dinamica»;

     alla luce di quanto sin qui rappresentato risulta palese la necessità di ridefinire i criteri della sorveglianza dinamica e della sua applicazione, rivedere l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, limitare l'accesso al beneficio del regime aperto e della sorveglianza dinamica per chiunque abbia commesso un reato grave, non solo in forma associata, perpetrato con condotte violente e minacciose tali da far ritenere il detenuto un soggetto pericoloso per gli altri detenuti e per il personale;

     si rende opportuno ed urgente adottare provvedimenti di tutela «rafforzata» per gli agenti e di sicurezza in generale all'interno degli istituti, prevedendo idonei sistemi di videosorveglianza e limitando l'accesso al regime delle celle aperte e al sistema della sorveglianza dinamica solo per coloro che non hanno riportato condanne per reati di violenza grave contro la persona e che, a seguito di un periodo di ricognizione dimostrino di essere effettivamente meritevoli di tali benefici;

     ai fini del rafforzamento della tutela intramuraria sarebbe altresì opportuno, oltre ai sistemi di videosorveglianza, investire sul corpo di polizia penitenziaria attraverso il potenziamento degli organici e dotando gli agenti di strumenti, quali spray e taser per assicurare l'incolumità sul posto di lavoro. È evidente, inoltre, che il sistema della sorveglianza dinamica, così come concepita, necessita di maggior personale e non di una riduzione dello stesso;

     la prassi ha dimostrato che il problema del sovraffollamento non può essere combattuto e sconfitto tramite la mera apertura delle celle, bensì per mezzo di misure idonee a contenere l'ordine e la sicurezza per quanti nelle carceri permangano in detenzione e per quanti ivi lavorano;

     ciò rende improcrastinabile l'esigenza di una allocazione più attenta e rigorosa delle risorse disponibili, una previsione urgente di misure di attuazione di mezzi all'avanguardia a fini della sorveglianza e misure più stringenti per quanti non siano meritevoli di tali benefìci;

     occorre, una risposta forte da parte dello Stato finalizzata a coadiuvare il personale di polizia penitenziaria al fine di non generare nello stesso un senso di abbandono da parte delle istituzioni;

     è un dato di fatto incontestabile, oggetto di molteplici denunce da parte dei sindacati, che persiste ormai da tempo un'azione di violenza ingiustificata contro il personale in servizio nelle carceri;

     il personale della polizia penitenziaria e – in generale – tutti coloro che appartengono alle forze dell'ordine rappresentano un indispensabile presidio di legalità e di sicurezza sul territorio, nelle città e nelle carceri;

     pertanto, il loro ruolo non può essere in alcun modo sminuito;

     è opportuno garantire la punibilità di quanti si rendano protagonisti di aggressioni in danno del personale della polizia penitenziaria, superando l'idea che le violenze, verbali o fisiche che siano, si traducano in una mera violazione disciplinare; è certo che le sanzioni disciplinari non rappresentano un effettivo deterrente per la commissione di ulteriori e spesso più gravi eventi in danno del personale ovvero di altri soggetti detenuti. Per tale ragione le pene edittali previste per i reati di violenza o minaccia e resistenza nei confronti degli appartenenti delle forze dell'ordine risultano essere inadeguate, atteso che per effetto dei provvedimenti «svuotacarceri», lasciano di fatto impunite tali condotte illecite,

impegna il Governo:

   a compiere una valutazione del sistema carcerario – con urgenza – basata su criteri non meramente deflattivi bensì qualitativi, in grado di assicurare da un lato il rispetto della dignità umana dei soggetti detenuti, dall'altro la sicurezza degli stessi e in particolar modo del personale in servizio presso gli istituti penitenziari;

   ad assumere iniziative volte a disciplinare in maniera differenziata l'istituto della sorveglianza dinamica tenendo conto, quale parametro di riferimento, della pericolosità dei singoli detenuti;

   ad assumere iniziative per prevedere una maggiore allocazione delle risorse disponibili all'interno delle carceri e disporre misure idonee ed avanzate di sorveglianza, nonché un aumento significativo degli appartenenti alla polizia penitenziaria, predisponendo nuove assunzioni tramite scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori e nuove procedure concorsuali;

   a prevedere al più presto l'apertura degli istituti penitenziari in via di ultimazione e la creazione di nuove strutture.
(7-00246) «Varchi, Cirielli, Gemmato».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

personale carcerario

detenuto

stabilimento penitenziario