ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00125

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 95 del 06/12/2018
Firmatari
Primo firmatario: ROSTAN MICHELA
Gruppo: LIBERI E UGUALI
Data firma: 06/12/2018


Commissione assegnataria
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00125
presentato da
ROSTAN Michela
testo di
Giovedì 6 dicembre 2018, seduta n. 95

   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute come uno dei diritti fondamentali della persona;

    il sistema sanitario nazionale, pur ancora definibile tra i migliori del mondo, vive una realtà ben diversa che necessiterebbe di un riallineamento strutturale a quelle che erano le finalità universali in origine. Finalità che si sono alquanto ridotte nella portata per avere sottoposto la sanità pubblica alle ragioni di finanza pubblica, che hanno comportato un peggioramento complessivo delle possibilità di accesso alle strutture sanitarie, alla prevenzione e alle cure;

    il sistema sanitario nazionale è stato istituito nel 1978 allo scopo di fornire un'adeguata copertura sanitaria completa efficace ed efficiente a tutti i cittadini residenti; in particolare, l'obiettivo era quello di fornire una assistenza sanitaria gratuita uniformemente in ogni struttura sanitaria chiamata ad erogare sul territorio nazionale servizi adeguati sulla base del principio che tutti i cittadini potessero usufruire di parità di accesso, indipendentemente dalle condizioni reddituali personali o del luogo di residenza;

    il servizio sanitario nazionale con la legge n. 833 del 1978 si prefiggeva di garantire i princìpi di universalità, equità e solidarietà;

    nel 2015, infatti la Corte dei conti registrava che la spesa sanitaria ammontava a 147,295 miliardi di euro. Nell'anno 2015 la Corte dei conti ha certificato 112.408 miliardi di euro di spesa pubblica e 34.887 miliardi di spesa privata, di cui 4.476 miliardi di euro intermediata e 30.411 miliardi di spesa out-of-pocket. In altri termini, il 23,7 per cento della spesa sanitaria è privata e di questa oltre l'87 per cento è out-of-pocket;

    si è assistiti quindi da un Servizio sanitario non più in grado di offrire adeguatamente il livello delle prestazioni standard definito dai livelli essenziali di assistenza (Lea), soprattutto ed in particolare a causa di problemi finanziari e delle compatibilità con il bilancio alle quali si è reso subalterno il servizio sanitario nazionale;

    le decisioni di politica sanitaria continuano ad affrontare il tema della salute sostanzialmente con l'unica visuale della sostenibilità ed in questo limitando le politiche di prevenzione e cura ad un orizzonte breve e contingente, trascurando sistematicamente i reali bisogni di salute della popolazione e, in tale contesto, di quelli delle fasce socioeconomiche più deboli;

    l'Italia è la dodicesima nazione europea in relazione alla spesa sanitaria. La Germania è la nazione che destina più risorse in sanità, ovvero oltre 216 miliardi di euro, il Regno Unito, destina 191 miliardi di euro, la Francia, 178 miliardi di euro;

    tra i punti deboli della sanità italiana c'è quello delle diseguaglianze dei trattamenti tra le regioni, derivanti in particolare dai pesanti vincoli di bilancio imposti negli ultimi anni, su iniziativa dei Governi che si sono succeduti, dalla crisi finanziaria;

    il quadro che emerge dal VI Rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, è molto preoccupante: seppure passino da 5 a 2 le regioni che il Ministero della salute valuta inadempienti rispetto all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, restano indietro la Calabria, che perde 3 punti rispetto all'anno precedente, e la Campania che si attesta sul punteggio più basso. Il Veneto è la regione con il punteggio Lea più elevato pari a 209. Tra la prima e l'ultima regione ci sono 85 punti di scarto;

    la spesa sanitaria pubblica pro capite varia da un minimo di 1.770 euro della Campania, ad un massimo di 2.430 euro della Provincia autonoma di Bolzano e 2.120 dell'Emilia-Romagna;

    restano profonde le differenze sulla spesa sanitaria annuale a carico delle famiglie; si va dai 159 euro in media della Lombardia, ai 64 euro della Campania, stesse differenze per la quota di ticket pro capite sostenuta dai cittadini: nel 2017 si passa dai 95 euro in Valle d'Aosta ai 32,8 della Sardegna;

    a causa del «superticket», ovvero i 10 euro aggiuntivi su ricetta, gli introiti per lo Stato derivanti dai ticket sono in costante riduzione: si passa da oltre 1,548 miliardi di euro del 2012 a poco più di 1,336 miliardi del 2017, cioè 212 milioni di euro in meno l'anno;

    sette regioni, ossia Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata, si sono avvalse della possibilità di ricorrere a misure alternative ai 10 euro. Recentemente, inoltre, hanno adottato iniziative volte ad eliminare o ridurre il peso del «superticket» le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Abruzzo;

    per quanto attiene agli investimenti in sanità per ammodernare le strutture e i macchinari del Servizio sanitario nazionale, a fronte di regioni come Veneto, Emilia-Romagna, Toscana che hanno sottoscritto il 100 per cento delle risorse destinate, ve ne sono altre che hanno investito molto meno come Campania il 31,1 per cento, il Molise il 21,5 per cento, l'Abruzzo il 36,5 per cento, la Calabria il 57,5 per cento;

    a due anni all'approvazione del Piano nazionale cronicità, sono solo 6 le regioni che lo hanno recepito con proprio atto: Umbria, Puglia, Lazio, Emilia-Romagna, Marche e Veneto. La Lombardia ha il suo piano regionale della cronicità e fragilità;

    tenuto conto dei dati disponibili, sarebbero 6 le regioni che non raggiungono il punteggio ritenuto accettabile sugli screening oncologici nel 2016: Calabria, Puglia, Campania Sicilia, Sardegna e Lazio, in larga parte regioni meridionali;

    lo stesso rapporto tra medico e cittadino è stato minato dall'introduzione delle leggi di mercato, che hanno trasformato la salute in un prodotto e sarebbe necessaria una profonda inversione di tendenza nell'accesso alla salute;

    il Censis, nel suo 7° rapporto, ha rilevato che nel 2016 13 milioni di italiani hanno avuto difficoltà a sostenere le prestazioni sanitarie che non sono riusciti a ricevere dal servizio pubblico, soprattutto a causa di lunghe liste di attesa;

    circa otto milioni di persone hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi per curarsi. Circa due milioni di italiani sono entrati nell'area della povertà a causa di spese sanitarie private; nel 2016 più di 12 milioni di persone hanno dovuto rinunciare o rinviare almeno una prestazione sanitaria per motivi economici, un milione e 200 mila in più rispetto al 2015;

    secondo il 7° rapporto del Censis ammonta a 35 miliardi di euro la spesa privata degli italiani per ricevere prestazioni sanitarie; in tale somma è ricompreso il pagamento dei ticket, con un aumento del 4,2 per cento tra il 2013 e il 2016;

    il Censis rileva che per gli italiani è la nuova normalità a pagare per la sanità: non solo i benestanti pagano per avere prestazioni sanitarie ma anche il 64 per cento di persone a basso reddito, di questi il 76 per cento sono malati cronici;

    su una base di 100 la spesa sanitaria privata pro-capite degli italiani per un malato cronico arriva a 121, per un anziano a 146, per una persona non autosufficiente a 212;

    si è quindi assistito al fatto che sono aumentate le disuguaglianze sociali; infatti, 13 milioni di persone hanno dovuto ridistribuire i consumi per far fronte alle spese e in tale contesto si evidenzia come il servizio sanitario nazionale, piegato alle compatibilità di bilancio che hanno ridotto le possibilità di accesso, ha prodotto una spesa sanitaria privata che pesa di più su chi ha meno, il 74 per cento di persone a basso reddito, su chi vive in territori più disagiati, il 53,8 per cento dei cittadini meridionali rispetto al 22 per cento di quelli settentrionali, su chi ha più bisogno della sanità per curarsi, il 51 per cento delle famiglie che hanno una persona non autosufficiente in casa,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza che garantiscano l'attuazione dei princìpi di universalità ai quali il servizio sanitario nazionale doveva assolvere con la legge n. 833 del 1978 nonché la piena realizzazione del diritto alla salute sancito dalla Costituzione;

   ad abbandonare un approccio sulle prestazioni di prevenzione e cura da parte del servizio sanitario nazionale che sia subalterno ai vincoli di bilancio e di finanza pubblica in quanto la salute è un diritto che va garantito, escludendolo dalle logiche di mercato;

   ad attuare iniziative, anche di carattere economico e in tema di modifica delle modalità di riparto delle risorse, che puntino al superamento delle diseguaglianze dei trattamenti tra le regioni, in particolare tra quelle meridionali e quelle del Centro-nord, anche attraverso la revisione delle modalità di riparto regionale dei fondi fissate dal decreto legislativo n. 68 del 2011 per raggiungere un'erogazione dei livelli essenziali di assistenza uniforme sul territorio nazionale;

   a prevedere un'iniziativa normativa che abroghi il «superticket»;

   ad adottare iniziative per incentivare le risorse destinate al fabbisogno del servizio sanitario nazionale per adeguarlo ai livelli e agli standard migliori dell'Unione europea.
(7-00125) «Rostan».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

spese sanitarie

servizio sanitario nazionale

politica sanitaria