ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00081

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 69 del 23/10/2018
Firmatari
Primo firmatario: DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 23/10/2018
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONZELLI GIOVANNI FRATELLI D'ITALIA 23/10/2018
MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA 23/10/2018


Commissione assegnataria
Commissione: I COMMISSIONE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00081
presentato da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea
testo di
Martedì 23 ottobre 2018, seduta n. 69

   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    il 19 giugno 2009, la cattolica pachistana Asia Bibi veniva presa in custodia dalla polizia, nel suo villaggio del Punjab, con l'accusa di aver offeso il profeta Maometto. Da allora, la donna ha vissuto in carcere, spesso in isolamento anche per tutelarne l'incolumità;

    l'11 novembre 2010, Asia Bibi è stata condannata a morte per blasfemia. La sentenza è diventata definitiva nell'ottobre 2014, ma è stata sospesa a seguito di una petizione dei suoi legali alla Corte Suprema;

    l'8 ottobre 2018, dopo un'udienza durata oltre 3 ore e mezza, la Corte Suprema ha deciso di rinviare la decisione finale senza annunciare una data. Alla base di questo rinvio vi sarebbero le discrepanze registrate nella testimonianza della donna che la fece arrestare. Se la condanna venisse confermata, però, Asia Bibi verrebbe condotta al patibolo;

    secondo la tesi della difesa, le prove a carico della donna sarebbero insufficienti: il caso sarebbe montato su una accusa mossa da un imam locale che non ha assistito al diverbio tra Asia e le sue colleghe musulmane durante il quale la donna cristiana avrebbe commesso il reato di blasfemia. Inoltre, il capo della polizia di Ittanwali non avrebbe profuso sufficienti sforzi per verificare la fondatezza delle accuse;

    Asia Bibi è moglie e madre di 5 figli. A supporto della sua causa si è sviluppato un movimento globale che ne richiede la liberazione: Asia Bibi è diventata, suo malgrado, l'icona di un movimento che chiede la cancellazione del reato di blasfemia in Pakistan e il simbolo della persecuzione dei cristiani nel mondo. Per questi motivi, Asia ha attirato su di sé l'ira dei fondamentalisti islamici che ne vorrebbero la morte;

    il partito islamista pakistano Tehreek-e-Labbaik (Tip) ha fatto sapere che «se non sarà fatta giustizia e la condanna di Asia sarà trattata con indulgenza o con leggerezza o cercherà di fuggire in un altro Paese, ci saranno conseguenze pericolose», tornando in piazza per chiedere l'impiccagione della donna;

    il partito ha minacciato anche i giudici della Corte suprema chiamati a decidere sul suo caso, prospettando per loro una «fine orribile» qualora la donna venisse prosciolta;

    il Tip ha innalzato a «martire» ed «eroe» Mumtaz Qadri, l'uomo che nel 2011 uccise l'ex governatore musulmano della provincia del Punjab, Salman Tasir, ritenuto colpevole proprio di aver difeso Asia Bibi;

    secondo Thair Khalil Sindhu, già Ministro per i diritti umani e per gli affari delle minoranze della provincia pachistana del Punjab e membro del collegio difensivo di Asia, vi sarebbe «un'alta probabilità che la Corte suprema abbia posticipato remissione del verdetto perché ha intenzione di prosciogliere Asia». Secondo fonti di stampa, il Governo Pachistano starebbe preparando un piano di evacuazione della donna verso un luogo sicuro, probabilmente fuori dai confini nazionali,

impegnano il Governo

ad offrire immediatamente la disponibilità dell'Italia ad accogliere Asia Bibi e la sua famiglia qualora venisse scarcerata, riconoscendo lo status di rifugiati politici un posto sicuro dove poter continuare a vivere.
(7-00081) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Meloni».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

diritti delle minoranze

giudice

diritti umani