ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00079

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 69 del 23/10/2018
Firmatari
Primo firmatario: BONOMO FRANCESCA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 23/10/2018


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00079
presentato da
BONOMO Francesca
testo di
Martedì 23 ottobre 2018, seduta n. 69

   La X Commissione,

   premesso che:

    uno dei fattori che maggiormente influenzano l'andamento dell'economia è l'approvvigionamento energetico. In un certo senso, è stata proprio la grande disponibilità di energia a costo relativamente basso (fondata sullo sfruttamento del petrolio), che ha permesso lo sviluppo economico e sociale della società moderna. L'economia del petrolio, porta con sé numerose problematiche, tra cui:

     riscaldamento globale e cambiamenti climatici: la primavera 2017 è la terza più asciutta dal 1800 ad oggi, con un'anomalia di +1,9 °C. Il riscaldamento globale ha, in gran parte, origine antropica, in particolare a causa dell'emissione di gas serra nell'atmosfera che hanno l'effetto di trattenere parte dell'energia solare riemessa dalla crosta terrestre. Nel corso dell'ultimo secolo sembra che la temperatura media globale sia aumentata di un valore compreso fra 0,6 e 1 °C. Il livello e la temperatura medi dei mari sono cresciuti, quasi tutti i ghiacciai del mondo si stanno ritirando, i deserti si stanno espandendo e i fenomeni atmosferici estremi stanno, purtroppo, diventando assai frequenti;

     inquinamento (impatto sulla salute): altrettanto grave è il problema dell'inquinamento con l'impatto sulla salute umana e animale. L'aria malsana, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità è il fattore ambientale di maggiore rischio per la salute umana, responsabile di circa 7 milioni di decessi nel mondo, ossia il 12 per cento del totale delle morti premature. In Italia, l'inquinamento atmosferico provoca, ogni anno, 850.000 morti premature (il peggiore dato a livello europeo). Secondo uno studio dell'Enea, l'inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media (14 nella pianura Padana) e il danno è anche economico (perdita di ricchezza del 4,7 per cento di prodotto interno lordo);

     rischio di esaurimento delle risorse energetiche: lo sviluppo economico straordinario che sta interessando un gran numero di Paesi fino a ieri considerati del «terzo mondo» porta con sé una sempre maggiore domanda di energia da parte di questi Paesi e la parallela diminuzione, sempre più rapida, delle risorse energetiche non rinnovabili, il che dipinge uno scenario molto fosco. Se non si inverte la tendenza, si rischia di marciare verso una crisi energetica, dal momento che le riserve di idrocarburi andranno in esaurimento nei prossimi decenni (si stima che le riserve di petrolio dureranno per circa 70 anni), così come quelle di combustibile nucleare (si stima che le riserve di Uranio potrebbero durare da 55 a 85 anni, sempre che il numero di reattori non aumenti);

    lo sfruttamento dei combustibili fossili (per la generazione termoelettrica, il riscaldamento ed i trasporti) è uno dei fattori di maggiore impatto ambientale, in termini di emissione di gas serra e sostanze;

    per limitare il riscaldamento globale, è stato firmato l'accordo sul clima di Parigi (la cosiddetta COP21), nel dicembre 2015, universale e giuridicamente vincolante, entrato in vigore nel novembre 2016, ratificato da 195 Paesi, che rappresenta una pietra miliare della decarbonizzazione;

    l'ultimo rapporto del panel delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale ha segnalato che la situazione è più grave del previsto (entro il 2040 si verificherà un aumento della temperatura media globale di 0,5 °C e 3 °C per la fine del secolo) e, per evitare questo scenario, il mondo ha bisogno di una trasformazione di velocità e portata «senza precedenti storici»;

    la politica energetica dell'Unione europea, nel quadro del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, si articola essenzialmente su linee di intervento che prevedono la sicurezza dell'approvvigionamento, per assicurare una fornitura affidabile di energia quando e dove necessario, garantire il funzionamento del mercato dell'energia e dunque la sua competitività, per assicurare prezzi ragionevoli per utenze domestiche e imprese, la promozione del risparmio energetico e dell'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili, attraverso l'abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra e la riduzione della dipendenza da combustibili fossili e la promozione dell'interconnessione delle reti energetiche;

    a giugno del 2018 è stato raggiunto l'accordo tra Consiglio e Parlamento europeo sulla proposta di direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (cosiddetta «direttiva rinnovabili»), che indirizzerà le legislazioni degli Stati membri dal 2020 al 2030. Tale direttiva innalzerà il target sulle energie rinnovabili al 32 per cento nel 2030 e riconoscerà il diritto all'autoproduzione, autoconsumo e accumulo di energia elettrica. L'intento della nuova normativa è di produrre benefìci a sostegno delle attività produttive con ricadute dirette, grazie alla riduzione del costo dell'energia elettrica e al miglioramento della competitività delle imprese, e indirette, attraverso il rilancio della filiera coinvolta e il miglioramento della sicurezza energetica;

    per il raggiungimento degli obiettivi europei al 2030 di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, l'autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per l'autoconsumo in loco avrà dunque un ruolo di crescente importanza. A fine 2016, in Italia, la produzione annua netta di energia prodotta da impianti di generazione distribuita (GD) rinnovabile e consumata in loco ammontava 4,2 TWh. In base ai nuovi obiettivi comunitari al 2030, tale produzione dovrà essere almeno quintuplicata. In questo ampio quadro che guarda le sfide per il prossimo futuro, le attività produttive impegnate nella filiera della green energy sono chiamate a svolgere un ruolo strategico di fondamentale importanza, realizzando un modello di transizione energetica che mira a coniugare innovazione tecnologica e rispetto dell'ambiente, con i benefici occupazionali, economici, di salute e ambientali che ciò comporta;

    il precedente Governo, con il decreto interministeriale 10 novembre 2017 ha approvato la nuova Strategia energetica nazionale (Sen) che pone un orizzonte di azioni da conseguire al 2030, in coerenza con lo scenario a lungo termine del 2050 stabilito dalla Roadmap europea che prevede la de-carbonizzazione e la riduzione di almeno l'80 per cento delle emissioni di gas serra rispetto al 1990; la Sen prevede i seguenti macro-obiettivi di politica energetica:

     a) migliorare la competitività del Paese, al fine di ridurre il gap di prezzo e il costo dell'energia rispetto all'Unione europea, assicurando che la transizione energetica di più lungo periodo (2030-2050) non comprometta il sistema industriale italiano ed europeo a favore di quello extra-UE;

     b) raggiungere in modo sostenibile gli obiettivi ambientali e di de-carbonizzazione al 2030 definiti a livello europeo, con un'ottica ai futuri traguardi stabiliti nella COP21 e in piena sinergia con la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. A livello nazionale, lo scenario che si propone prevede il phase out degli impianti termoelettrici italiani a carbone entro il 2025, in condizioni di sicurezza;

     c) continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento e la flessibilità e sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture;

    nel «Contratto» su cui è fondato il Governo, si legge «( ...) il nostro compito è quello di sostenere la “green-economy”, la ricerca, l'innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico e per la rinascita della competitività del nostro sistema industriale, con l'obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza e promuovendo l'economia circolare. Vanno ribaditi e rinnovati i limiti indicati dal principio di sostenibilità:

     per una risorsa rinnovabile (suoli, acqua, foreste), la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella di rigenerazione;

     per una risorsa non rinnovabile la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella con la quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa rinnovabile (ad esempio: investire parte dei profitti per l'adozione di tecnologie produttive con risorse rinnovabili)»;

    si legge inoltre che «gli immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro»;

    lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (Fer) in Italia, è un processo progressivo ed irreversibile, molto più rapido rispetto alle previsioni. Più in generale, il sistema energetico ha recentemente subito una notevole trasformazione tecnologica e questa tendenza risulterà ancora più marcata in futuro, per varie cause, ad esempio, la riduzione dei profitti sulla vendita dell'energia, il decentramento della produzione, la tensione verso il risparmio energetico, l'incremento dell'efficienza e delle Fer;

    la diffusione in atto delle rinnovabili comporterà anche l'aumento della generazione distribuita e incrementerà il ruolo del cosiddetto «prosumer» (produttore-consumatore), il che implica la necessità di individuare una regolamentazione del fenomeno assicurando, da un lato, la sicurezza del sistema, dall'altro, la tutela dei consumatori e l'equa ripartizione degli oneri di rete e di sistema;

    l'energia da Fer presuppone una metodologia di produzione, trasporto e diffusione differente rispetto alle fonti energetiche tradizionali sulle quali sono modellate le attuali reti di distribuzione. Esse, infatti, hanno una struttura a «stella», ossia sono basate su centri di produzione centralizzati (il termine «centrali» non è casuale), ad elevata potenza, che poi distribuiscono l'energia elettrica attraverso una rete trifase di natura unidirezionale. Le Fer, invece, hanno una natura molto differente: essendo per lo più di piccola e media taglia, quindi di bassa potenza, incostanti nella produzione (si pensi al fotovoltaico) e spesso localizzabili solo in determinate zone (si pensi all'eolico) sono maggiormente adatte ad una produzione diffusa sul territorio e, per certi aspetti, maggiormente «democratica». Ma una simile funzionalità, richiede appunto, una filosofia molto diversa nell'approccio della gestione e della distribuzione. Ad esempio, a causa della difficoltà della programmazione della produzione, il loro rendimento migliora se si sfruttano tecnologie di gestione della domanda;

    la transizione in corso e il nuovo paradigma che si sta determinando, basato su generazione intermittente e di piccola taglia, causa già adesso criticità dovute ad una maggiore complessità di gestione, una crescente richiesta di flessibilità dovuta alla minore capacità di programmazione di alcune fonti rinnovabili e una riduzione della capacità termoelettrica (si è già avuta una diminuzione di 15 GW di capacità tra il 2012 ed il 2016). Quindi, l'aumento delle rinnovabili, che è di per sé un fatto estremamente positivo, richiede un'evoluzione delle reti di trasmissione e di distribuzione, altrimenti può generare squilibri nel sistema elettrico;

    l'obiettivo finale di questo processo in atto dovrebbe essere la trasformazione dell'attuale rete di distribuzione, con una «smart-grid», che consiste nell'accoppiare la rete elettrica (e termica) con una rete di scambio di informazione che le permetta di essere gestita in modo «intelligente» ed efficiente: una rete intelligente, modulare, con produzione diffusa dell'energia, capacità di stoccaggio e tecnologia di gestione della domanda, in modo tale da massimizzare l'efficienza energetica, minimizzare le perdite e i costi ed, in tal mondo, diminuire (possibilmente azzerare attraverso l'utilizzazione delle Fer), l'impatto ambientale dell'intero comparto energetico. In pratica, si immagina una generazione «sparsa» di energia (fotovoltaico, micro-eolico, micro-idroelettrico e altro), coinvolgendo i singoli utenti sia come produttori sia come fruitori, rendendoli essi stessi protagonisti della produzione energetica, attraverso vari centri di produzione sul territorio, a potenza limitata (quindi non «centrali»), possibilmente rinnovabili, con la capacità di regolare produzioni e consumi in modo «intelligente», stoccare energia in eccesso e reimpiegarla quando necessario;

    la strategia per facilitare tale transizione potrebbe essere rappresentata dall'implementazione dalle cosiddette «Comunità energetiche» (CE), un insieme di utenze che decidono di fare scelte energetiche comuni al fine di massimizzare i risparmi derivanti dall'utilizzo dell'energia, attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici;

    i possibili vantaggi derivanti dall'implementazione delle comunità energetiche sono diversi, tra cui la riduzione delle bollette energetiche, l'incremento dell'efficienza e diminuzione delle perdite della rete, la riduzione dell'impatto ambientale. La trasformazione del sistema produrrebbe anche una trasformazione sociale, non solo producendo nuovi posti di lavoro, ma anche ingenerando una maggiore consapevolezza della gestione dell'energia e quindi anche una nuova socialità. Simbolicamente, le Ce impersonano la nuova etica ambientale ed una società più responsabile da un punto di vista dell'approvvigionamento e del consumo energetico e possono valorizzare le risorse energetiche locali, nonché rappresentare un innovativo strumento per sperimentare modelli nuovi di business, di aggregazione e di utilizzo di nuove tecnologie. Esse manterrebbero, comunque, una forte connessione con la rete elettrica e termica, essendo in grado, in caso di necessità, di attingere da essa, o, in caso di surplus di produzione rispetto alle loro necessità, di vendere energia ad altri utenti;

    simbolicamente, le Ce impersonano la nuova etica ambientale e una società più responsabile da un punto di vista dell'approvvigionamento e del consumo energetico e possono valorizzare le risorse energetiche locali, nonché rappresentare un innovativo strumento per sperimentare modelli nuovi di business, di aggregazione e di utilizzo di nuove tecnologie. Esse manterrebbero, comunque, una forte connessione con la rete elettrica e termica, essendo in grado, in caso di necessità, di attingere da essa, o, in caso di surplus di produzione rispetto alle loro necessità, di vendere energia ad altri utenti;

    si calcola che, qualora si sviluppasse anche solo il 5 per cento del mercato potenziale delle Ce, si potrebbe generare un volume di affari pari a circa 29 miliardi di euro ed esse potrebbero contribuire dal 10 al 30 per cento alla riduzione di emissioni previste dalla Strategia energetica nazionale. La riduzione di CO2 potrebbe variare tra 3,3 e 11 milioni di tonnellate/anno e il risparmio del costo legato alle emissioni, tra i 26 e i 78 miliardi di euro/anno;

    i costi dell'investimento iniziale sono ancora molto alti. Per contrastare questo problema, occorrerebbe la presenza di Esco (Energy Service Company) e un nuovo sistema di incentivi. La sfida affinché le Ce possano diventare effettivamente un nuovo paradigma energetico per il nostro Paese, passa attraverso una trasformazione del ruolo delle utility energetiche (ossia gli operatori del settore dell'energia: ENEL, IREN e altri), i cui ricavi non dovranno più consistere prioritariamente nella vendita del bene (energia); esse si dovrebbero evolvere in aziende in grado di fornire, anche, servizi di accompagnamento delle Ce, mettendo a disposizione il proprio know-how;

    la legislazione nazionale, oggi non consente di costituire Ce in forma completa, ma soltanto il cosiddetto «scambio in loco», cioè la reimmissione di energia in surplus nella rete, mentre non prevede lo scambio con altri utenti singoli;

    esistono alcuni riferimenti normativi che riguardano le fattispecie attualmente previste dalla legislazione italiana, assimilabili alle Ce, ossia Seu (Sistemi efficienti di utenza), Seseu, Riu (Reti interne di utenza), SSPC (Sistemi semplici di produzione e consumo, tra cui cooperative e consorzi storici), cooperative elettriche e le Oil Free Zone. In generale, però, non prevedono norme tassative di applicazione di misure di efficienza energetica. L'unica fattispecie che rappresenta una concreta implementazione della comunità energetica è costituita dai sistemi efficienti di utenza (Seu). Di fatto, il legislatore si è limitato a normare stati di fatto, colmando lacune prodotte dall'innovazione tecnologica;

    tale quadro normativo, oltre al fatto di essere essenzialmente concentrato sul sistema elettrico, escludendo quello termico, risulta estremamente frammentario, generico, interpretabile (e spesso interpretato in modo differente) e, soprattutto, manca di una esplicita menzione e di una esplicita normazione per le Ce. Ciò è causa di notevoli ritardi nello sviluppo delle stesse in Italia; pesano, inoltre, i problemi legati alla sostenibilità finanziaria del sistema ed il fatto che manchi uno scenario di sviluppo a lungo termine, con la valutazione che tale impatto potrebbe avere sul sistema nazionale, ad esempio, in termini di sicurezza delle reti e sulla distribuzione. Altro aspetto rilevante è il fatto che il tema delle Ce sia al centro di un complesso nodo di interessi da parte di vari attori in campo (Utility, produttori da Fer, distributori, utenti) ed è difficile pertanto intervenire normativamente dovendo alterare interessi consolidati;

    molti Paesi europei, soprattutto quelli dell'Europa del nord, sulle Ce sono molto avanti. Spesso, non sussistono specifiche politiche per le CE e le Smart Grid, ma vi sono molte condizioni favorevoli alla loro costituzione, principalmente per quanto riguarda la componente elettrica, in genere in connessione con le Fer, che sono più facilmente soggette alla produzione individuale e microproduzione: esse sono spesso fiscalmente incentivate e veicolano la costituzione di Ce, in relazione alla tensione verso la sostenibilità ambientale;

    il contrasto dei fattori inquinanti, la tutela dell'ambiente, del clima, della salute e della biodiversità dovrebbero essere prioritari rispetto anche a tematiche pure importanti come economia e occupazione e dovrebbero essere la principale priorità per qualsiasi partito o qualsiasi Governo;

    la società del petrolio e, in generale, degli idrocarburi, ha permesso gran parte del benessere attuale dell'umanità, ma, a causa delle emissioni prodotte della loro combustione, ha effetti deleteri sulla salute e sul clima;

    questa tendenza va invertita ed è assolutamente imprescindibile uno scatto in avanti, un atto di coraggio che aggredisca in modo sostanziale le suddette problematiche;

    è imperativo produrre ogni sforzo verso una transizione in direzione di un nuovo modello di approvvigionamento, distribuzione e consumo energetico. La tensione verso un sistema energetico sostenibile deve essere sostanzialmente rivolta verso due direzioni:

     la massima riduzione possibile della dipendenza da combustibili fossili o comunque da processi ad elevata emissioni di gas serra e sostanze inquinanti (quindi transizione verso le Fer);

     il massimo dell'efficienza energetica;

    è essenziale valutare anche l'impatto ambientale provocato dalla Fer;

    è essenziale un ripensamento della logistica di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e termica, nell'ottica del risparmio (sia energetico che economico), dell'efficienza e dell'adattabilità rispetto ad un sistema che sta rapidamente cambiando;

    per le utility e per i distributori di energia tutto ciò costituisce una straordinaria opportunità di innovazione tecnologica e di mercato, posto che il valore economico del loro prodotto principale, ossia la produzione di energia, è in forte declino;

    occorre una nuova normativa che faciliti la diffusione delle Ce e che favorisca l'efficienza energetica e l'innovazione tecnologica;

    sarebbe anche opportuno un nuovo regime di incentivazione per la costituzione di Ce;

    occorre, pertanto, una nuova normativa, che faciliti la diffusione delle Ce e che dovrebbe favorire l'efficienza energetica e l'innovazione tecnologica, valorizzando lo sviluppo della cosiddetta «Smart Energy», tecnologia che può determinare un salto di qualità delle Ce fornendo l'intelligenza e gli strumenti per evolvere le stesse da autoproduttori, a soggetti che autoconsumano e si autopagano. Sarebbe anche opportuno, un nuovo regime di incentivazione (l'esenzione dal pagamento degli oneri di sistema, oggi confermato dalla normativa per l'energia autoconsumata, è in realtà una forma di incentivazione indiretta), che amplii ed eventualmente vincoli quella oggi prevista per le Fer alla costituzione di Ce,

impegna il Governo:

   a elaborare un'iniziativa normativa che permetta lo scambio di energia fra utenti, e consenta di sperimentare soluzioni intermedie che anticipino la prospettiva di uno sviluppo esteso delle comunità energetiche, nonché favorisca l'implementazione operativa delle soluzioni più promettenti in termini energetici e di ricaduta sociale;

   ad adottare iniziative normative per la predisposizione di un testo unico, specificamente dedicato alla regolamentazione ed allo sviluppo delle comunità energetiche, che riprenda, sostituisca ed unifichi anche la legislazione frammentaria che, attualmente, regolamenta gli istituti assimilabili alle comunità energetiche (Sistemi efficienti di utenza, Sesu, Riu, cooperative energetiche, autoproduzione, Oil Free Zone, e altre) secondo i seguenti princìpi:

    a) favorire l'evoluzione delle utility energetiche da semplici produttori e venditori di risorse energetiche a Esco, che possano assumere il rischio dell'iniziativa, liberando il cliente finale da ogni onere organizzativo e di investimento, suddividendo fra la Esco ed il cliente finale, i risparmi economici ottenuti, e che siano fornitrici di servizi e «know how» atti a favorire consulenza ed appoggio sia logistico, sia economico per lo sviluppo di Ce;

    b) intervenire sul regime fiscale affinché vengano introdotte forme di incentivazione verso le Fer (contributi, sovvenzioni e altre forme di incentivazione economica) che possano essere, almeno in parte, legate allo sviluppo di Ce e le utility energetiche siano economicamente incentivate a trasformarsi in erogatori di servizi per le comunità energetiche;

    c) introdurre strumenti come le feed-in-tariff; prevedendo che i costruttori di impianti eolici debbano offrire una percentuale di quote a coloro che abitano entro una certa distanza dall'impianto e dare a un terzo soggetto aggregatore, la possibilità di assumersi il rischio economico del bilanciamento;

    d) incentivare la ricerca delle tecnologie abilitanti, in particolare quelle di stoccaggio;

    e) precisare un livello di opportunità delle fonti rinnovabili, in modo che esse non possano essere portate ad avere impatti ambientali locali negativi: ad esempio, escludere campi fotovoltaici posati a terra o, in generale, azioni che possano consumare nuovo suolo boschivo o agricolo (posarle solo su suolo già consumato) e, in ogni caso, limitare lo sfruttamento massiccio del patrimonio boschivo, verificando la possibilità di utilizzo delle centraline idroelettriche su corsi d'acqua naturali, in modo tale che non provochino danni alla fauna ittica;

    f) a identificare chiaramente un ruolo di guida evitando confusione tra la funzione del gestore/partecipante alla Ce e il ruolo di garante, in particolare esplicitare il compito che dovrebbe assumere l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) rispetto alle «comunità energetiche»;

    g) a creare una corsia privilegiata, per la realizzazione di Ce per le amministrazioni pubbliche (sulla scia di quanto già previsto dalla delibera dell'Arera 570/2012/R/efr che facilita la sperimentazione laddove le utenze siano enti pubblici sotto i 20.000 abitanti).
(7-00079) «Bonomo».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

energia rinnovabile

risorse rinnovabili

inquinamento stratosferico