ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/09315

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 512 del 20/05/2021
Firmatari
Primo firmatario: ASCARI STEFANIA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 19/05/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GRIPPA CARMELA MOVIMENTO 5 STELLE 18/05/2021
MARTINCIGLIO VITA MOVIMENTO 5 STELLE 18/05/2021
BARBUTO ELISABETTA MARIA MOVIMENTO 5 STELLE 18/05/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 19/05/2021
Stato iter:
13/10/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 13/10/2022
CARTABIA MARTA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 03/08/2021

RISPOSTA PUBBLICATA IL 13/10/2022

CONCLUSO IL 13/10/2022

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-09315
presentato da
ASCARI Stefania
testo di
Giovedì 20 maggio 2021, seduta n. 512

   ASCARI, GRIPPA, MARTINCIGLIO e BARBUTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi di quanto stabilito dagli articoli 216 e seguenti del codice penale, a un soggetto imputabile, dopo aver scontato la pena detentiva, si può applicare, se ritenuto socialmente pericoloso, la misura di sicurezza personale detentiva dell'assegnazione ad una casa di lavoro;

   l'assegnazione a tale istituto avviene alla fine della pena detentiva carceraria, quando, una volta scontata per intero la condanna in carcere, la persona, anziché essere rimessa in libertà, è sottoposta ad una misura di sicurezza a discrezione del giudice competente che deve valutare le attitudini del reo;

   l'assegnazione a una casa di lavoro non può essere revocata finché non cessa la pericolosità sociale ed è il magistrato di sorveglianza che provvede al riesame del caso;

   il sistema attuale così previsto dal nostro ordinamento penale e penitenziario ha prodotto, secondo l'interrogante, delle degenerazioni inaccettabili, in quanto la previsione dell'obbligo del lavoro all'interno della casa lavoro come strumento di reinserimento sociale si è rivelato, nella realtà, fittizio, mancando progetti di lavoro effettivo e remunerato;

   le case di lavoro, quali meri contenitori della marginalità sociale privi di reale contenuto trattamentale e senza alcuna prospettiva «rieducativa», si sono trasformate a tutti gli effetti in misure di sicurezza senza certezza del termine finale, tanto che si parla di «ergastoli bianchi». In alcune di queste strutture sarebbe stata riscontrata la totale mancanza di una programmazione delle attività dei detenuti internati praticamente a tempo indeterminato e, di conseguenza, senza alcuna utilità pratica;

   la stessa categoria giuridica della pericolosità sociale, così come è conosciuta dal nostro ordinamento penale, appare all'interrogante in profonda crisi, in quanto non può assommare in sé caratteristiche ibride ed ambivalenti, legate alla diagnosi psichiatrica e ad una aleatoria prognosi sull'eventuale esigenza di neutralizzare il soggetto reo, sovrapponendo confusamente il concetto di pericolosità psichiatrica con quello di pericolosità giudiziaria. Occorrerebbe, pertanto, un ripensamento della stessa cercando di valorizzare i profili di garanzia e superare i meccanismi giudiziali di stigmatizzazione ed esclusione sociale;

   alla luce di quanto esposto, appare, dunque, inaccettabile che tale misura di sicurezza che dovrebbe favorire il reinserimento sociale e lavorativo di persone che hanno saldato il loro conto con la giustizia diventi, nella pratica, un luogo di umiliazione non differenziandosi dalla detenzione e costituendo, anzi, un supplemento di pena;

   urge superare l'esperienza delle case di lavoro, costituite in numero limitato e come tali irrispettose del principio di territorialità dell'esecuzione delle misure di sicurezza, tramite una profonda rivisitazione del sistema del doppio binario sanzionatorio in cui attuare il principio dell'extrema ratio dell'internamento con minor sacrificio possibile della libertà personale, fatta salva la necessità, in casi particolari, della migliore tutela della collettività –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di adottare le opportune iniziative normative per avviare una profonda rivisitazione del sistema del «doppio binario» sanzionatorio e della categoria giuridica della pericolosità sociale e addivenire al superamento definitivo delle case di lavoro che, allo stato attuale, non paiono conformarsi al principio del finalismo rieducativo di cui all'articolo 27 della Costituzione.
(4-09315)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 13 ottobre 2022
nell'allegato B della seduta n. 1
4-09315
presentata da
ASCARI Stefania

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti, riferiti aspetti di forti criticità in ordine all'utilità della misura di sicurezza della casa lavoro, quindi all'attuale compatibilità delle misure di sicurezza in relazione all'articolo 27 della Costituzione, avanzano quesiti in ordine all'eventuale opportunità di una completa rivisitazione del sistema del cosiddetto doppio binario.
  Orbene, in via preliminare va riferito che, allo stato, non vi sono allo studio atti di iniziativa legislativa nella materia, che risulta oggi disciplinata dagli articoli 216, 217 e 218 del codice penale.
  La tassatività dell'elenco dei soggetti destinatari di tale misura – che ha come finalità quella del riadattamento sociale dei delinquenti più pericolosi mediante la loro educazione al lavoro – esclude attualmente il rischio di una sua applicazione generalizzata.
  Tale misura può essere applicata, intatti, esclusivamente ai soggetti, imputabili e pericolosi, dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza (articolo 216, n. 1, del codice penale); a coloro che — essendo stati già dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ma non più sottoposti a misura di sicurezza — commettono un nuovo delitto, purché esso sia una nuova manifestazione dell'abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere 216, n. 2 del codice penale; nonché a coloro per i quali lo prevedano specifiche disposizioni di legge (articolo 216, n. 3 del codice penale), ovvero l'articolo 212 del codice penale; (che ne consente l'applicazione, in alternativa alla libertà vigilata, nei casi in cui sia cessata l'infermità psichica della persona ricoverata per tale motivo in un ospedale psichiatrico), l'articolo 223 del codice penale) (nel caso in cui la misura del ricovero in un riformatorio giudiziario sia applicata o debba essere eseguita dopo il raggiungimento da parte del minore della maggiore età e sempre che il giudice non ritenga di disporre la libertà vigilata), l'articolo 226 del codice penale (per l'ipotesi che abbia compiuto i diciotto anni il minore dichiarato delinquente abituale, delinquente abituale o delinquente per tendenza) e, infine, l'articolo 231 del codice penale (che la prevede come conseguenza della mancata prestazione della cauzione di buona condotta da parte del trasgressore degli obblighi della libertà vigilata, o nei casi in cui la trasgressione ai suddetti obblighi sia particolarmente grave o ripetuta).
  Quanto all'accertamento della pericolosità sociale del soggetto, a seguito dell'entrata in vigore della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (cosiddetta legge Gozzini), «tutte le misure di sicurezza personale sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa».
  Pertanto, attualmente tutte le misure di sicurezza personali, e dunque anche quella dell'assegnazione alla casa lavoro o alla colonia agricola, devono essere ordinate dopo l'accertamento, da parte del giudice procedente, che colui il quale ha commesso il fatto di rilevanza penale sia persona socialmente pericolosa,
  A tale valutazione deve fare seguito poi il nuovo accertamento, da parte del magistrato di sorveglianza, del permanere della menzionata condizione di pericolosità sociale, intesa come accentuata possibilità di commettere in futuro altri reati, tenendo conto non solo della gravità di quelli già commessi, ma anche dei fatti successivi e del comportamento tenuto dal condannato sia durante sia dopo la pena espiata.
  È l'articolo 679 del codice di procedura penale che configura l'accertamento della pericolosità sociale quale adempimento ineludibile, sia in fase applicativa che in fase esecutiva, sicché, pure se la misura sia già stata disposta in sede di cognizione, al momento di darvi corso il magistrato di sorveglianza deve previamente verificare il permanere della pericolosità sociale.
  Stante l'inequivocità del tenore, la norma in questione è stata costantemente interpretata nel senso di imporre la verifica dell'effettiva esistenza della pericolosità sociale di un soggetto, nel momento in cui a costui deve essere applicata una misura di sicurezza, residuando un contrasto giurisprudenziale solo per le misure di sicurezza disposte in sede di condanna per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso.
  Il sistema giurisdizionale di tutela della condizione soggettiva della persona destinataria di misura di sicurezza personale, oggi infatti consente la richiesta di rivalutare la misura di sicurezza disposta dal giudice della cognizione, divenuta definitiva unitamente alla sentenza cui essa inerisce, anche prima che la suddetta persona abbia terminato il periodo di esecuzione della pena detentiva.
  Sulla scorta di quanto affermato anche dalla giurisprudenza costituzionale va escluso il paventato pericolo della duplicazione della pena.
  Il sistema risulta infatti fondato sulla «chiara distinzione di oggetto e funzione delle pene e delle misure di sicurezza», ciò che esclude la giuridica possibilità di accedere ad ogni prospettazione di duplicazione indebita del sistema sanzionatorio del singolo fatto di reato, tenuto conto che il giudizio di pericolosità sociale che supporta l'applicazione di una misura di sicurezza è quello che investe la pericolosità proiettata nel futuro della persona che ha commesso un reato e non la sua generica capacità criminale, che esiste per il fatto stesso che il soggetto ha già commesso il reato e che costituisce, quindi, un'attitudine soggettiva alla commissione dei reati, alla quale può essere commisurata solo la pena, in virtù della sua funzione retributiva e general-preventiva.
  Passando, ora, alla concreta applicazione della misura di sicurezza in parola, oltre all'istituto di Vasto, che è l'unico sul territorio nazionale a recare la denominazione di casa di lavoro, sono presenti, allo stato, sezioni per internati sottoposti alla misura di sicurezza della casa di lavoro presso la casa circondariale di Alba (sostitutiva di quella esistente presso il carcere di Biella dismessa con decreto ministeriale 9 giugno 2021), la casa di reclusione di Castelfranco Emilia, la casa circondariale di Tolmezzo, la casa di reclusione di Aversa, la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto e, per le internate, presso le casi di reclusione femminili di Venezia Giudecca e Trani.
  Alla data del 6 ottobre, presso la casa lavoro di Vasto, su una capienza di 144 posti, risultano 63 le persone ivi concretamente assegnate; 27 presso il carcere di Alba (su 32 posti); 45 il carcere di Castelfranco Emilia (su 54 posti), 7 presso il carcere di Tolmezzo (su 8 posti), 46 presso il carcere di Aversa (su 42 posti), 32 presso il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (su 23 posti), 4 presso la casa di reclusione femminile di Trani (su 4 posti) e 4 presso la casa di reclusione femminile di Venezia Giudecca (su 9 posti).
  Ciò premesso, va evidenziato che l'ordinamento penitenziario prevede espressamente, all'articolo 62, che le misure di sicurezza detentive di cui all'articolo 215, comma secondo, del codice penale, si eseguano in appositi istituti.
  A differenza di quanto avviene per le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, le colonie agricole e le case di lavoro sono destinate a ospitare solo i soggetti cui sia stata applicata, con sentenza definitiva, l'omonima misura di sicurezza.
  I soggetti sottoposti alla misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro possono essere ammessi al lavoro all'esterno di cui all'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario.
  Ciò riferito, merita rammentare che alle misure di sicurezza, a suo tempo, fu dedicato il tavolo 11 degli stati generali dell'esecuzione penale; in tale contesto si auspicò l'abolizione della misura di sicurezza della casa di lavoro e venne evidenziato che, per i soggetti imputabili, dovrebbe preferirsi il ricorso a una misura di sicurezza non detentiva, e cioè a un'inedita versione della libertà vigilata, priva di prescrizioni «punitive» che possano ostacolare il processo di reinserimento sociale e suscettibile, invece, di un'applicazione personalizzata grazie a un catalogo di prescrizioni adattabili alla singola situazione.
  Solo in casi eccezionali, a seguito della reiterazione di gravi violazioni delle prescrizioni, dovrebbe ammettersi la possibilità di sostituire, gradualmente la misura non detentiva con una misura contenitiva.
  La questione fu successivamente sviluppata con il decreto ministeriale 19 luglio 2017, istitutivo di una Commissione per la riforma del sistema normativo delle misure di sicurezza personali e dell'assistenza sanitaria in ambito penitenziario, specie per le patologie di tipo psichiatrico, e per la revisione del sistema delle pene accessorie, presieduta dal professore Marco Pelissero.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

reinserimento sociale

psichiatria

codice penale