ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/08536

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 467 del 11/03/2021
Firmatari
Primo firmatario: PAXIA MARIA LAURA
Gruppo: MISTO-L'ALTERNATIVA C'È
Data firma: 11/03/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MENGA ROSA MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 11/03/2021
SARLI DORIANA MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 11/03/2021
SAPIA FRANCESCO MISTO-L'ALTERNATIVA C'È 11/03/2021
TERMINI GUIA MISTO-ALTRE COMPONENTI DEL GRUPPO 11/03/2021
SPESSOTTO ARIANNA MISTO-L'ALTERNATIVA C'È 11/03/2021
COLLETTI ANDREA MISTO-L'ALTERNATIVA C'È 11/03/2021
BERARDINI FABIO MISTO-CENTRO DEMOCRATICO 11/03/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
  • MINISTERO PER IL SUD E LA COESIONE TERRITORIALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 11/03/2021
Stato iter:
21/07/2021
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 21/07/2021
NISINI TIZIANA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 21/07/2021

CONCLUSO IL 21/07/2021

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08536
presentato da
PAXIA Maria Laura
testo di
Giovedì 11 marzo 2021, seduta n. 467

   PAXIA, COLLETTI, BERARDINI, MENGA, SARLI, SAPIA, TERMINI e SPESSOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 luglio 2020 la Corte di appello di Catania, con sentenza n. 416/2020, ha annullato la sentenza con la quale il Tribunale di Siracusa, con sentenza n. 900/2018, aveva condannato l'Inps ad accreditare, ai lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, le maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto, ai sensi dell'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, recante «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto»;

   l'Inps, nelle more dell'appello aveva già provveduto ad erogare accrediti delle maggiorazioni e prestazioni pensionistiche, nei confronti dei lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, in quanto ormai tali diritti erano stati riconosciuti in sede amministrativa in capo ai soggetti richiedenti;

   l'articolo 47, comma 6-bis, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, dispone che: «Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257»;

   l'articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, dispone che: «In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'INAIL»;

   risulta evidente quanto sia necessario, ai fini della definizione del contrasto di natura squisitamente giurisprudenziale, un intervento tecnico normativo coerente con la tutela dei diritti quesiti, con il tenore letterale dell'articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, e con l'irretroattività dell'articolo 47, legge n. 326 del 2003;

   la Corte d'appello di Catania di fatto adotta, nei confronti di lavoratori pesantemente esposti all'amianto, provvedimenti che non solo revocano ogni beneficio pensionistico ma che li costringono alla restituzione di quanto ottenuto in sede amministrativa;

   secondo i dati forniti dall'Ona (Osservatorio nazionale amianto) si stima la presenza, in Italia, di circa 40 milioni di tonnellate di materiali di amianto e contenenti amianto, distribuiti in circa un milione di siti, tra cui scuole, biblioteche, ospedali;

   manca un atto di indirizzo ministeriale per il riconoscimento dei benefici relativi all'amianto nei confronti dei lavoratori dei siti siciliani contaminati, il che configura, secondo l'interrogante, la violazione delle norme di cui agli articoli 153 e 156 Tfue; in ordine poi alla fattispecie specifica dei lavoratori delle Industrie Meccaniche Siciliane, c'è anche l'ulteriore pregiudizio già sofferto per il tardivo recepimento della direttiva comunitaria 477/83/CEE, come risulta dalla condanna della Corte di Giustizia del 13 dicembre 1990 a carico dello Stato italiano, a cui ha fatto seguito la legge n. 257 del 1992, per l'indennizzo dei lavoratori vittime, come quelli siciliani, e in particolare quelli delle Industrie Meccaniche Siciliane –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e, con riferimento alle mancate bonifiche di diversi siti all'interno del Sin, quali urgenti iniziative si intendano assumere per procedere in tempi rapidi;

   quali iniziative si intendano adottare per pervenire ad un'effettiva soluzione della grave problematica che coinvolge i lavoratori delle Industrie meccaniche siciliane, restituendo agli stessi immediata dignità e tutela dei diritti e quali iniziative si intendano intraprendere sul piano normativo che riconoscano a questi sopravvissuti i diritti e i valori personalissimi ed imprescrittibili tanto cari alla nostra Costituzione, il diritto alla vita, alla salute ed alla dignità sociale.
(4-08536)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 21 luglio 2021
nell'allegato B della seduta n. 544
4-08536
presentata da
PAXIA Maria Laura

  Risposta. — La questione sollevata nell'interrogazione parlamentare in esame attiene ad una specifica controversia giurisdizionale che ha riguardato alcuni lavoratori siciliani che hanno richiesto all'Inps l'attribuzione dei benefici previdenziali previsti dalla legge per chi è stato esposto all'amianto.
  Com'è noto, i medesimi benefici rappresentano una delle misure in materia di rischio amianto introdotte nell'ordinamento all'interno di un articolato quadro normativo (fin dal decreto legislativo n. 277 del 1991 di recezione della direttiva 477/83/Cee e poi dalla legge n. 257 del 1992 cui hanno fatto seguito numerose altre) che ha previsto anzitutto la cessazione dell'uso dell'amianto, il confinamento e la rimozione dei manufatti, la bonifica dei siti contaminati, nell'ottica dell'eliminazione del rischio alla fonte.
  Detti benefici previdenziali risultano rivolti ai lavoratori esposti all'amianto per oltre dieci anni, ma sono soggetti ad un regime regolativo differente (sotto l'
an ed il quantum) a seconda che rientrino nella disciplina stabilita prima dall'articolo 13, comma 8 delle legge n. 257 del 1992 oppure in quella stabilita successivamente dall'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003.
  All'
uopo è in ogni caso richiesto che i lavoratori facciano una domanda all'Inail per l'accertamento della cosiddetta «esposizione qualificata» (ossia ad oltre 100 fibre litro per tutto il periodo di esposizione ultradecennale); ed inoltre una domanda all'Inps per l'accredito della maggiorazione contributiva.
  I lavoratori di cui si tratta avevano ottenuto, in primo grado, dal Tribunale di Siracusa (sentenza n. 900 del 2018), il riconoscimento dei più favorevoli benefici previsti dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 (non soggetti a decadenza alla data del 15 giugno 2005). La Corte d'appello di Catania, con sentenza n. 416 del 2020, ha riformato la sentenza stabilendo che i lavoratori rientrassero nel regime regolativo dell'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 che detta, appunto, una disciplina meno favorevole, prevedendo altresì un termine di decadenza (cosiddetto tombale, di natura sostanziale) per chi non avesse presentato la domanda all'Inail entro la data del 15 giugno 2005 (termine stabilito dal decreto ministeriale 27 ottobre 2004, cui rinvia la legge). E poiché i predetti lavoratori hanno certamente presentato domanda all'Inail molti anni dopo il termine fissato dalla legge (essendo ciò del tutto incontestato nel giudizio), la Corte d'appello ha dichiarato la domanda inammissibile per intervenuta decadenza.
  La questione risolta dalla Corte d'appello di Catania riguarda una tipica questione di diritto intertemporale che si ripropone nell'ordinamento tutte le volte in cui ad una prima disciplina normativa segue una diversa disciplina; occorrendo stabilire, in tali casi, fino a quando ed a chi si applichi la normativa originaria (in questo caso la più favorevole disciplina stabilita dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992) e quando occorra invece applicare ed a chi quella nuova (ed in tal caso l'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 che contempla il citato termine di decadenza).
  La soluzione di tale questione nella fattispecie in esame è stata resa agevole dallo stesso legislatore che ha dettato in proposito una specifica disciplina di diritto intertemporale, contenuta anzitutto nel citato articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003.
  Successivamente, dopo poco tempo, questa disciplina di diritto intertemporale è stata ampliata con la legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004); la quale è intervenuta di nuovo nella materia del dritto transitorio e con l'articolo 3, comma 132 ha, da una parte, ribadito che resta salva la normativa previgente per chi avesse maturato alla data del 2 ottobre 2003 «il diritto al conseguimento dei benefici» (espressione generica da intendersi confermativa e riassuntiva della disciplina intertemporale precedentemente introdotta con la legge n. 326 del 2003); e dall'altra ha aggiunto che la stessa salvezza operi nei confronti di chi avesse fatto soltanto domanda all'Inail ( ed ovviamente per chi avesse ottenuto una sentenza favorevole o avesse già ottenuto una certificazione di esposizione dall'Inail).
  La normativa dettata con la finanziaria ha quindi considerato come diritti acquisiti (all'applicazione della più favorevole disciplina) quelli maturati da tutti i lavoratori che prima del 2 ottobre 2003 avessero ottenuto o anche semplicemente richiesto all'Inail la certificazione dell'esposizione all'amianto.
  Dal momento che la norma ha fatto salva la posizione di coloro che al 2 ottobre avessero presentato domanda all'Inail, risulta del tutto ovvio e consequenziale che chi ha fatto domanda di certificazione all'Inail in data successiva al 2 ottobre 2003 (come appunto i lavoratori cui si riferisce la sentenza della Corte d'appello di Catania) non possa avere diritto all'applicazione del regime normativo pregresso e nei suoi confronti occorra applicare il nuovo regime stabilito dall'articolo 47 della legge n. 326 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003 (che come ripetutamente detto ha fissato pure un termine di decadenza tombale al 15 giugno 2005).
  Va rimarcato, ora, che la sentenza della Corte d'appello di Catania, oltre a rispettare le premesse normative richiamate (applicate dall'Inps fin dalla circolare n. 58 del 2005), risulta del tutto conforme all'unanime giurisprudenza di legittimità, rispetto alla quale si pone invece come eccentrica la sentenza del tribunale di Siracusa pronunciata in primo grado.
  Va infatti ricordato che costituisce
ius receptum nella giurisprudenza (Cassazione numeri 6133/2017, 24998/2014, 8649/2012, 15679/2006, 15008/2005) che «in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 3, comma 132, che – con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) – ha fatto salva l'applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all'Inail od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che; a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione; b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo (con domanda all'Inps o all'Inail nota del redattore) o giudiziario per l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva».
  In base al quadro normativo evocato (applicato in sede amministrativa e giurisdizionale per centinaia di migliaia di lavoratori) si evince dunque che non è sufficiente aver subito un'esposizione ultradecennale entro il 2 ottobre 2003 per maturare il diritto all'applicazione dei benefici previdenziali previsti dall'articolo 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 – secondo quanto sembra affermato nell'interrogazione parlamentare –; poiché la legge richiede che il lavoratore abbia invece maturato anche il trattamento pensionistico (ovvero i requisiti contributivi ed anagrafici richiesti dalla legge per accedere al pensionamento) oppure debba aver, quantomeno, presentato una domanda (all'Inail o all'Inps) avviando il procedimento previsto dalla legge.
  Del resto è agevole rilevare in proposito che, in base alla stessa legge n. 257 del 1992, il diritto ai benefici previdenziali non deriva
ipso iure dal mero fatto dell'esposizione ultradecennale, essendo invece subordinato alla presentazione di apposita domanda amministrativa (all'Inail e di seguito all'Inps) volta ad instaurare un complesso accertamento amministrativo sui requisiti costitutivi dei benefici previdenziali (l'esposizione ultradecennale qualificata da accertarsi a cura della Contarp dell'Inail) e sul loro accredito sulla posizione contributiva.
  Nessun dubbio di costituzionalità, tantomeno in relazione alla normativa Cedu, può essere sollevato sulla tenuta di tale assetto interpretativo, in quanto la normativa intertemporale più volte richiamata (il comma 6-
bis dell'articolo 47, introdotto dalla legge di conversione, e l'articolo 3, comma 132, della legge finanziaria n. 350 del 2003), disciplina il regime transitorio in considerazione del mutamento delle finalità e dei presupposti della misura previdenziale in oggetto. Tali norme hanno ampliato e non ristretto l'ambito applicativo del regime più favorevole, avendo voluto far salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela ed introdotto allo scopo disposizioni derogatorie rispetto all'immediata applicazione della nuova disciplina.
  Per altro verso le stesse disposizioni non hanno prodotto alcuna irragionevole discriminazione come ha già espressamente riconosciuto la Corte costituzionale con sentenza n. 376 del 2008 con la quale ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità sollevata in proposito; sulla scorta della considerazione secondo cui per orientamento giurisprudenziale costante – salvo il limite di ragionevolezza, qui non oltrepassato – va riconosciuta al legislatore ampia discrezionalità nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di carattere derogatorio comportante scelte connesse all'individuazione delle categorie dei beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale.
  Ciò posto, va peraltro ricordato che la sentenza della Corte d'appello di Catania n. 416 del 2020 è suscettibile di ricorso per cassazione e pertanto i lavoratori potrebbero far valere, nei termini, davanti alla Suprema Corte le loro legittime istanze difensive e veder riconosciute le loro pretese se fossero veramente tutelate dall'ordinamento in vigore.
  Per quanto concerne, invece, la diversa questione della ripetizione dell'indebito da parte dell'Inps ossia della restituzione delle somme che sono state erogate – nelle more, tra la sentenza di primo grado e la sentenza di appello – a titolo di benefici contributivi sulle pensioni dei lavoratori, è pure vero che, come ribadito dall'istituto, allo stato attuale della disciplina, l'Inps non possa abbandonare, senza una norma
ad hoc, il recupero delle stesse somme che risultano corrisposte e non dovute.
  Tuttavia norme di tale tipo – volte a stabilire un regime di irripetibilità dell'indebito pensionistico – specificamente riferite ai lavoratori esposti all'amianto, per l'ipotesi di riforma di sentenze favorevoli nelle fasi successive del giudizio, sono state più volte introdotte nell'ordinamento (articolo 80, comma 25, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; articolo 39, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, articolo 47, comma 6-
quinquies, della legge n. 32 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 269 del 2003), ancorché in via episodica e solamente transitoria.
  Esse sono da ritenere altresì rispondenti ai principi, sia in considerazione della destinazione delle stesse somme, facenti parte del reddito da pensione, alle improcrastinabili esigenze di vita dei lavoratori; sia per la complessità della legislazione in materia di benefici previdenziali amianto, più volte assoggettata a modifiche che hanno determinato un insieme normativo disorganico e bisognevole di essere ricondotto a sistema.
  Il Ministero, nell'attribuire particolare considerazione alla situazione di questi lavoratori, si impegna a valutare – compatibilmente con le ragioni di sostenibilità finanziaria – un intervento normativo volto a sanare l'indebito per i lavoratori di cui si tratta.
  Per quanto concerne, infine, le questioni ambientali sollevate nell'interrogazione parlamentare risulta, in base a nota inviata a questo Ministero dal Ministero della transizione ecologica, che l'area Ims srl nel Sin di Priolo, non risulta essere stata interessata dalla presenza di amianto. Risulta pure che con decreto ministeriale del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 269 del 29 dicembre 2020 sono state stanziate nuove risorse per la bonifica dei cosiddetti «siti orfani» che dovranno essere individuati da regioni e province autonome di Trento e Bolzano. Pertanto, in relazione alla questione di specifico interesse, la regione Sicilia potrà individuare i siti oggetto di contaminazione da amianto tra quelli da finanziare nell'ambito del citato programma.

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Tiziana Nisini.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

sanita' del lavoro

sicurezza del lavoro

industria meccanica