ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/08517

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 466 del 10/03/2021
Firmatari
Primo firmatario: GIANNONE VERONICA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 10/03/2021


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO PER LE PARI OPPORTUNITA' E LA FAMIGLIA
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 10/03/2021
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-08517
presentato da
GIANNONE Veronica
testo di
Mercoledì 10 marzo 2021, seduta n. 466

   GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   nel settore sportivo manca ancora una effettiva equiparazione di trattamento economico fra uomini e donne, le discipline sportive femminili sono infatti dilettantistiche;

   questa disparità di trattamento deriva dalla legge 23 marzo 1981, n. 91, recante «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti», che conferisce il potere alle federazioni, sulla base delle direttive impartite dal Coni, di stabilire quali sport siano da considerarsi professionistici e quali no;

   in base all'articolo 2 della legge in questione, gli atleti che svolgono un'attività sportiva retribuita e continuativa nelle discipline regolamentate dal Coni, sono considerati «professionisti» solo se ricevono questa qualifica dalle singole federazioni sportive nazionali. Chi non è «professionista» è di conseguenza dilettante;

   riassumendo nel nostro Paese esiste la possibilità teorica che le donne possano essere atlete professioniste, ma nessuna federazione sportiva ha mai in concreto agito in questa direzione. Anche le atlete più note, come la nuotatrice Federica Pellegrini non sono formalmente professioniste;

   la prima conseguenza dell'assenza del riconoscimento del professionismo sportivo nelle donne è la mancanza di un contratto di lavoro. In vista di una regolare contrattualizzazione le sportive «professioniste di fatto» non possono essere considerate neppure lavoratrici di tipo subordinato o autonome;

   le evidenti disparità tra uomini e donne nello sport creano un serie di conseguenze da non sottovalutare. Le atlete donne, infatti, non percepiscono né il trattamento di fine rapporto, né gli indennizzi per i casi di maternità e sono escluse dalla maggior parte delle forme di tutela previdenziale presenti nel mondo del lavoro;

   nel libro «All you need is sport» a cura di Paolo Crepaz del 2019, viene dedicato un intero capitolo alla questione del gender gap nello sport in generale. Nel sistema sportivo italiano le atlete rappresentano il 28,2 per cento del totale – gli atleti sono al 71 per cento –, le dirigenti di società sportive sono il 15,4 per cento – gli uomini l'84,6 per cento –, i tecnici-donna sono poco meno del 20 per cento – gli uomini sono l'80 per cento –, le dirigenti federali il 12,4 per cento, le ufficiali di gara il 18,2 per cento, contro, rispettivamente, l'87,6 per cento e l'81,8 per cento dei colleghi uomini;

   recenti articoli di stampa hanno riportato la vicenda della pallavolista Lara Lugli, alla quale dopo aver comunicato la gravidanza alla società Volley Pordenone, non solo sia stato rescisso il contratto di ingaggio, senza il pagamento dell'ultimo stipendio, ma è stata addirittura notificata una citazione per danni dalla stessa società. L'accusa è quella di non aver informato, consapevolmente, la dirigenza di un eventuale desiderio di gravidanza. La storia della Lugli, che è stata trattata anche dal Corriere della sera è emblematica del fatto che la donna, in ambito sportivo, sia ancora vittima di una mentalità retrograda –:

   se il Governo, anche alla luce degli impegni collettivi dichiarati al G20 per ridurre il gender gap nel mondo del lavoro, non ritenga opportuno superare la legge n. 91 del 1981 con nuove iniziative normative volte a riformare l'intera disciplina del settore sportivo;

   se non si ritenga urgente e necessario adottare iniziative per definire la forma contrattuale delle atlete professioniste di fatto, affinché possano godere degli stessi diritti dei loro colleghi uomini, come pensioni, malattia e assicurazioni per infortunio, nonché usufruire dei congedi di maternità.
(4-08517)