ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/07002

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 402 del 02/10/2020
Firmatari
Primo firmatario: DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 02/10/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA 02/10/2020


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 02/10/2020
Stato iter:
06/11/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/11/2020
SERENI MARINA VICE MINISTRO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/11/2020

CONCLUSO IL 06/11/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-07002
presentato da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea
testo di
Venerdì 2 ottobre 2020, seduta n. 402

   DELMASTRO DELLE VEDOVE e VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo le ricostruzioni di numerosi organi di stampa, dopo un mese, l'unica certezza nella vicenda dei pescatori di Mazara del Vallo indebitamente trattenuti in Libia «è che il generale Khalifa Haftar non libererà nessuno fin quando non verranno consegnati i quattro» giovani libici partiti cinque anni fa da Bengasi e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti;

   la notizia proverrebbe da fonti libiche contattate da Adnkronos International. Inoltre, «si sta pensando di far avocare le indagini alla Procura militare», affermano le stesse fonti dopo le notizie degli ultimi giorni;

   un tweet del Libyan Addres Journal pare confermare ciò che da giorni si dice a Mazara del Vallo. Il tweet afferma l'esistenza di una trattativa dietro quella ufficiale, da tempo rimasta al palo. I miliziani di Haftar hanno ribadito alla testata giornalistica libica che i pescatori detenuti non saranno liberati, se prima non vi sarà da parte dell'Italia il rilascio di quattro «calciatori» libici oggi in carcere in Italia. Un vero e proprio scambio di prigionieri;

   nei giorni scorsi sono comparse su alcune testate online libiche, foto di panetti di droga che hanno detto essere stati rinvenuti sui motopesca, accusa definita inventata dagli armatori e dai familiari dei marittimi;

   giova ricordare che i libici richiesti da Haftar sono quattro scafisti condannati a Catania a 30 anni per traffico di esseri umani e per la morte in mare di 49 migranti, nell'estate 2015;

   appare evidente come le storie non siano neanche minimamente comparabili. Da un lato, 18 persone che sfidano le onde per lavorare, portando a casa uno stipendio che permetta alle rispettive famiglie una vita dignitosa. Dall'altra, quella di 4 soggetti che ci hanno guadagnato sulla pelle di 49 morti affogati, davanti alla costa orientale siciliana;

   dopo un mese, è giunto il momento in cui lo Stato italiano deve alzare l'asticella del confronto. La vicenda dimostra lo scarso spessore della politica estera dell'Italia nel Mediterraneo. Quello che una volta era il «Mare Nostrum» oggi parla russo, turco e francese;

   davanti alle dinamiche che stanno consumando il Mediterraneo, serve l'autorevolezza di un Governo che faccia il proprio dovere e che si impegni categoricamente contro ogni sciagurata ipotesi di estradizione per i 4 libici. Il generale Haftar, in un momento di stallo internazionale sfavorevole al suo Governo, parrebbe aver colpito l'Italia con scienza e cinico calcolo;

   da lunedì un gruppo di familiari dei marittimi e i due armatori si trovano a Roma, in un presidio di fronte a Palazzo Chigi persone che meritano una risposta a seguito delle rivelazioni che vengono dalla Libia –:

   se siano vere le indiscrezioni che provengono dalla Libia sulla richiesta di trattativa per la liberazione di 4 scafisti;

   se a quali Paesi straniero si sia rivolta l'Italia per chiedere di intercedere per la liberazione dei pescatori.
(4-07002)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 6 novembre 2020
nell'allegato B della seduta n. 424
4-07002
presentata da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea

  Risposta. — Il Governo sta seguendo con la massima attenzione, tramite tutte le sue articolazioni, la vicenda che vede coinvolti gli equipaggi dei due pescherecci Antartide e Medinea, fermati nella notte tra il primo e il 2 settembre 2020 da parte dell'autoproclamato governo dell'Est della Libia. Gli otto cittadini italiani e un doppio cittadino italo- tunisino e tutti gli altri marittimi fermati stanno bene, non condividono gli spazi in cui si trovano con persone che possano mettere a rischio la loro incolumità e, tramite l'ambasciata d'Italia a Tripoli, ricevono l'assistenza e i medicinali di cui necessitano.
  L'intervento libico sembra sia scaturito dalla presunta violazione dell'autoproclamata Zona di pesca protetta. Il tratto di mare in cui è avvenuto il sequestro dei pescherecci sarebbe infatti considerato zona militare dalla parte est-libica.
  Al di là della situazione di grave instabilità interna che caratterizza lo scenario libico e delle valutazioni di profilo giuridico-internazionale, nel maggio 2019 il Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist) ha dichiarato l'area della Zona di protezione di pesca libica ad «alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologie. Analogo messaggio viene riportato sul sito istituzionale della Farnesina «Viaggiare Sicuri». A più riprese il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il comando generale della Guardia costiera e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali hanno raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. In ottemperanza alle decisioni del Cocist, le unità della Marina militare in navigazione nell'area invitano le unità di pesca italiane localizzate in quella zona a lasciarla.
  Riteniamo inaccettabile lo stato di fermo per qualcuno che viola una zona autoproclamata, soprattutto considerando che ad emetterlo è un'entità che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo. L'Italia non accetta ricatti. Ciò non toglie che quella rimane una zona a rischio. Quanto accaduto pone con rinnovata evidenza il tema della progressiva territorializzazione del Mediterraneo. Negli ultimi anni, un numero crescente di Stati ha proclamato proprie zone marittime per esercitare diritti di sovranità esclusivi. Con alcuni di questi, come Algeria e Grecia, abbiamo concluso accordi. È ovviamente impossibile, in questa fase, prevedere accordi analoghi con una Libia purtroppo teatro di scontri armati e contesa tra più fazioni. I nostri sforzi ora sono concentrati sul riportare a casa i pescatori, ma certamente occorre lavorare, e il Governo lo sta facendo, anche per creare le condizioni che evitino il ripetersi di episodi così dolorosi per la nostra marineria.
  Anche al fine di rispondere alle speculazioni su un presunto legame tra l'ultima visita del Ministro Di Maio in Libia e il fermo dei nostri pescatori, è opportuno ricordare solo alcuni degli episodi verificatisi in passato al largo delle coste libiche. I pescherecci Matteo Mazzarino e Afrodite Pesca, sequestrati il 9 ottobre 2018 e poi rilasciati. Il peschereccio Tramontana, fermato il 23 luglio 2019 al largo di Misurata e poi rilasciato con il pagamento di una multa, grazie all'intervento della nostra ambasciata a Tripoli. Analogo è il caso il peschereccio Grecale, avvicinato il 6 settembre 2019 al largo di Bengasi, il cui sequestro è stato impedito dal tempestivo intervento della nostra Marina. Tutti episodi che dimostrano chiaramente la pericolosità dell'area alla base degli sconsigli della Farnesina e del Cocist e il fatto che il Governo se ne occupa costantemente, lavorando e portando a casa i nostri pescatori in silenzio.
  La vicenda è resa ancor più complessa dalla frammentazione della Libia, di fatto controllata da diverse entità. I nostri connazionali sono nelle mani di forze libiche autoproclamate. Anche per questo il Ministro Di Maio si è subito attivato tramite telefonate e incontri con i
partner internazionali, in particolare quelli (come Russia ed Emirati Arabi Uniti) che intrattengono rapporti specifici con Bengasi. Questa azione parallela potrà corroborare gli sforzi che svolgiamo a tutto campo con i libici.
  Adesso, come ha sottolineato il Ministro Di Maio nel
question time al Senato del 15 ottobre 2020 occorre anzitutto stringersi intorno ai connazionali trattenuti a Bengasi, evitando speculazioni politiche e perseguendo insieme l'unico obiettivo che conta: restituirli al più presto all'affetto dei loro cari. Per raggiungere questo obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.