Legislatura: 18Seduta di annuncio: 353 del 09/06/2020
Primo firmatario: MURONI ROSSELLA
Gruppo: LIBERI E UGUALI
Data firma: 09/06/2020
Ministero destinatario:
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
- MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
- MINISTERO DELLA DIFESA
- MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega Delegato a rispondere Data delega PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 09/06/2020 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 09/06/2020 MINISTERO DELL'INTERNO 10/06/2020 Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE delegato in data 26/06/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione RISPOSTA GOVERNO 06/11/2020 SERENI MARINA VICE MINISTRO - (AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INT.)
RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/11/2020
CONCLUSO IL 06/11/2020
MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'Onu ha segnalato la recente scomparsa di più di 1.700 persone nel sistema dei lager libici. Nei primi 5 mesi del 2020, un totale di 3.150 persone è stato catturato in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica e dai maltesi, con la quotidiana collaborazione degli aerei italiani della missione Frontex;
le 3.150 persone catturate in mare sono state tutte respinte in Libia, con sbarco nel porto di Tripoli. Di queste, segnala l'Onu, solo 1.400 si trovano attualmente nel sistema dei campi migranti «ufficiali» di Al Serraj. Riguardo alle altre 1.700 persone non si conosce la fine che hanno fatto;
in questi mesi tutti i gruppi di attivisti che si occupano di Libia hanno ricevuto moltissime segnalazioni di persone scomparse. Più di quante ne ricevono di solito. Parenti di rifugiati catturati nel Mediterraneo chiedono agli attivisti notizie dei loro cari, letteralmente scomparsi;
subito dopo la deportazione in Libia, la maggior parte è stata chiusa nel lager di Triq al Sikka. È da qui che sono iniziate le sparizioni. Una parte dei rifugiati è stata ceduta alle terribili milizie di Al Serraj per essere impiegati come schiavi-soldato. Vengono mandati in prima linea. Molti sono già morti al fronte. Un'altra parte ha subito un «processo» e con il reato di immigrazione clandestina sono stati condannati chi a 3 chi a 6 mesi di reclusione da scontare nelle carceri ordinarie (soprattutto nel carcere di El Jadida a Tripoli). Al termine di questa detenzione, alcuni sono stati riportati a Triq al Sikka e lì ceduti alle milizie di Al Serraj, quelle tristemente famose per torture e omicidi;
per fortuna, certe volte, alcuni rifugiati sono riusciti a sfuggire alle milizie e ad arrivare in Europa, riacquistando la libertà e raccontando le loro storie;
tra le testimonianze, c'è quella di Paul (nome di fantasia). La sua storia è recente, 2020, ed è allucinante. Dopo essere stato catturato in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica viene deportato in Libia, nel lager di Triq al Sikka. Trasferito al tribunale di Tripoli per un «processo», non gli è stato concesso il diritto di chiamare un avvocato ed è stato condannato a 3 mesi da scontare nel carcere ordinario di El Jadida, quello per criminali. Dopo è stato ricondotto a Triq al Sikka, ceduto alle milizie di Al Serraj e costretto a combattere in prima linea, assieme a tanti altri migranti schiavi-soldato;
queste persone hanno un nome quando si imbarcano per fuggire dalla guerra. Hanno un nome quando gli aerei di Frontex le scorgono dall'alto in mezzo al mare. Non hanno nome quando Frontex comunica le loro coordinate alla cosiddetta Guardia costiera libica. Vengono catturate e diventano degli invisibili, dei quasi-morti senza nome da spedire in prima linea a morire, carne da macello. Tutto questo è solo una parte dell'ennesimo articolo denuncia di Sarita Fratini pubblicato sul sito online «SaritaLibre – Una selvaggia parata di idee» –:
se il Governo non ritenga necessario attivarsi immediatamente nei confronti della Libia, assumendo iniziative, tramite i canali diplomatici, affinché:
a) sia fatta piena luce in merito alla vicenda esposta in premessa;
b) vengano messe in sicurezza le persone detenute nel centro di detenzione di Triq al Sikka e in altri luoghi di detenzione;
c) siano predisposti controlli adeguati, attraverso personale specializzato, relativamente all'uso dei metodi di tortura e della violenza;
d) vengano ascoltate le persone detenute nel centro di detenzione di Triq al Sikka, e in altri luoghi di detenzione, e condotte in luogo protetto a garanzia e tutela dei diritti della persona;
e) si preveda l'invio di rappresentanti di organismi di tutela dei diritti umani.
(4-05942)
Risposta. — Ringrazio innanzitutto l'interrogante per aver sollevato un tema di cruciale importanza per la politica estera italiana. L'Italia è in prima linea nel tentativo di fermare il conflitto in corso in Libia e di riportare pace e sicurezza nel Paese. Collegato a questo obiettivo è il dovere di migliorare le condizioni della popolazione locale, degli sfollati, dei migranti e dei rifugiati – in altre parole di tutte le persone più vulnerabili che del conflitto pagano le conseguenze più gravi.
L'obiettivo di tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione è perseguito con una serie di interventi diretti sul terreno. Paese di destinazione, transito e partenza di flussi migratori irregolari, nel triennio 2017-19 la Libia ha beneficiato (in aggiunta alle risorse della cooperazione allo sviluppo, su cui si riferisce oltre) di 58 milioni di euro stanziati nell'ambito del Fondo Africa, uno strumento grazie al quale la Farnesina ha finanziato interventi realizzati prevalentemente da organizzazioni delle Nazioni unite nei settori dell'assistenza ai migranti e ai rifugiati.
Nell'ottica di alleviare il più possibile i disagi dei migranti e rifugiati, il Fondo Africa, soprattutto alla luce dell'acutizzarsi del conflitto interno dal 2019, ha investito consistenti risorse affinché fosse intensificata l'assistenza ai migranti e ai rifugiati in Libia, sia nei centri di detenzione che in contesti urbani, nonché agli sfollati libici e alle comunità locali colpite dalle conseguenze dell'instabilità. Solo l'anno scorso, accogliendo una richiesta delle Nazioni unite, con un finanziamento di 11 milioni di euro a valere sul Fondo Africa, è stato possibile: sostenere circa 20.00 sfollati con Unhcr, dare assistenza a minori e ripristinare le forniture d'acqua con Unicef; fornire cibo a 28.000 migranti con Wfp ed infine rimpatriare volontariamente con Oim i migranti verso i propri Paesi di origine.
A quest'ultimo riguardo, il Fondo Africa della Farnesina ha contribuito a realizzare, nel corso degli ultimi anni, circa 50.000 rimpatri volontari assistiti di migranti effettuati dall'Oim dalla Libia verso i Paesi di origine. Essenziale è risultato altresì il sostegno alle operazioni del Meccanismo di transito di emergenza (Etm) dell'Unhcr, grazie al quale rifugiati vulnerabili sono trasferiti dalla Libia in apposite strutture a Niamey (Niger) e Gashora (Ruanda), in vista del loro successivo reinsediamento in Paesi occidentali. L'Italia è stato il primo Paese a finanziare l'apertura di tale meccanismo in Ruanda. La stessa creazione della Gathering and departure facility dell'Unhcr, fino a poco tempo fa luogo sicuro a Tripoli in cui venivano ospitati i rifugiati vulnerabili in attesa di trasferimento umanitario, è stata dovuta in buona parte alla sensibilizzazione che l'Italia ha effettuato sulle autorità libiche.
Nella strategia di aiuto ai migranti in Libia rientrano i finanziamenti ai Paesi limitrofi (Niger e Tunisia) per un valore di 77 milioni di euro in tre anni, con i quali, tra le altre cose, sono state rafforzate le attività di assistenza e protezione offerte dalle Nazioni unite a migranti e rifugiati, prevedendo anche rimpatri volontari assistiti.
L'obiettivo di fornire assistenza ai migranti e ai rifugiati in Libia si conferma anche per l'attuazione di interventi nel 2020 mediante il Fondo migrazioni (nuova denominazione del precedente Fondo Africa). Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio ha esplicitamente richiesto a fine 2019 a Oim e Unhcr di tracciare un piano d'azione congiunto, volto non solo all'assistenza diretta ai migranti e ai rifugiati, ma anche al progressivo superamento del sistema dei centri di detenzione, con il parallelo sviluppo di progetti di aiuto in contesti urbani. La recente visita del Ministro a Tripoli è stata occasione per annunciare il lancio del pacchetto di 9 milioni di euro con i quali la Farnesina finanzia parte del sopra menzionato Piano d'azione Oim-Unhcr per la realizzazione di progetti di aiuto alle comunità locali e coesistenza pacifica con i migranti, sia nel sud che nel nord del Paese; di assistenza diretta ai migranti e ai rifugiati in contesti urbani, nonché di iniziative di capacity-building in materia di diritti umani a favore delle istituzioni libiche incaricate della gestione dei flussi migratori e delle strutture detentive.
Il miglioramento delle condizioni delle persone più vulnerabili è stato perseguito anche con interventi di cooperazione allo sviluppo. Le attività realizzate dalle organizzazioni della società civile (Osc) italiane in Libia nei centri migranti e rifugiati si inseriscono nel più ampio quadro di risposta del Governo italiano e della stessa comunità internazionale alla perdurante crisi umanitaria libica. A partire dal 2017, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ha finanziato nove iniziative realizzate da Osc HELPCODE Italia, Emergenza Sorrisi, CESVI, Terre des Hommes Italia, CEFA, We World GVC) per un importo complessivo di 6 milioni di euro, intervenendo nei centri migranti di Tarek al Seka, Tarek Al Matar, Daher Al Jabal, Bouslim, Azzawya (El Nasr), Janzour, Tajoura, El Qasr Bin Gashir, Khoms, AlSaaba.
Con particolare riguardo al campo di Terek al Seka hanno operato le seguenti Osc: Helpcode, Cesvi e Cefa. Tutte le loro iniziative sono state concluse entro il 2019, tranne quella di Cefa, in via di conclusione. Unhcr e Oim sono presenti regolarmente all'interno del centro, così come altre organizzazioni non governative internazionali quali International rescue committee e international medical corps. Il centro è collocato nell'omonimo quartiere di Tripoli, proprio dinnanzi ai locali che un tempo ospitavano la «Gathering and Departure Facility», centro modello gestito da UNHCR e chiuso nei mesi scorsi. Il 7 agosto 2020 in occasione delle periodiche attività di intervista, registrazione e assistenza sanitaria fornite ai migranti all'interno dei centri governativi, le Nazioni Unite hanno censito all'interno di Tarek Al Sika 240 migranti, 118 dei quali ritenuti particolarmente vulnerabili.
Sentita al riguardo, la nostra ambasciata a Tripoli ha riferito di non essere al corrente degli specifici eventi citati dall'interrogante, che risultano non essere noti neppure ai rappresentanti locali delle Nazioni unite. Ciononostante, posso assicurare che questa Amministrazione continuerà ad interessarsi attivamente allo specifico centro migranti menzionato nell'interrogazione.
Non meno importante è l'impegno italiano per dare una soluzione comprensiva e di lungo periodo ai problemi segnalati dall'interrogante.
Sul piano multilaterale, il Governo italiano ha di recente sostenuto in seno al Consiglio per i diritti-umani Onu (Cdu) una risoluzione promossa dai Paesi del Gruppo africano con l'appoggio del Governo di accordo nazionale libico che prevede anche l'istituzione di una missione conoscitiva indipendente (Fact-Finding Mission) di esperti delle Nazioni unite che investighi sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario perpetrate da entrambe le parti in Libia. Tale risoluzione, adottata anche grazie al nostro impegno il 22 giugno 2020 al termine della 43ma sessione del Cdu, conferisce alla Fact-finding Mission il mandato di stabilire i fatti e le circostanze relative alla situazione dei diritti umani e raccogliere le informazioni pertinenti per documentare presunte violazioni e abusi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in tutto il Paese dall'inizio del 2016 anche al fine di preservare tali prove e garantire che gli autori delle violazioni possano essere giudicati. Essa dovrà veder garantito libero accesso su tutto il territorio libico e - già in occasione della 46° sessione del Consiglio per i diritti umani (che si terrà tra febbraio e marzo 2021) – presenterà un rapporto sullo stato dei diritti umani in Libia, basato sulle evidenze raccolte e comprensivo di raccomandazioni per prevenire violazioni future.
Sul piano bilaterale, il nostro Paese ha dato avvio alla rinegoziazione del memorandum d'intesa italo-libico in materia di cooperazione migratoria del 2017. La recente visita del Ministro Di Maio a Tripoli (24 giugno 2020) ha impresso una accelerazione al confronto con le autorità di Tripoli e ha permesso di organizzare già il 2 luglio scorso, a Roma, una prima riunione bilaterale del comitato italo-libico sulle questioni migratorie, volta a individuare una convergenza tra le proposte di modifica italiane e le controproposte libiche.
Pur nella piena consapevolezza della difficoltà dell'esercizio, abbiamo voluto intraprendere questo percorso di revisione in un quadro di rafforzata adesione alle norme internazionali sui diritti umani. Nell'aggiornamento del memorandum, infatti, la posizione negoziale italiana si fonda sui seguenti principi, in linea con la Risoluzione di autorizzazione delle missioni internazionali approvata alla Camera il 16 luglio 2020.
il miglioramento nel breve e medio termine delle condizioni dei migranti, nell'ottica del progressivo superamento del sistema dei centri;
il rafforzamento dello stato di diritto e della tutela dei diritti umani degli stessi migranti;
il coinvolgimento delle Nazioni Unite e in particolare di Unhcr e Oim nella gestione di migranti, rifugiati e sfollati;
il pieno e incondizionato accesso di operatori umanitari nei centri, nonché la garanzia che, nei suddetti centri, operi personale con comprovate credenziali in materia di tutela dei diritti umani;
il richiamo ripetuto ai diritti umani e al diritto internazionale;
l'immediato rilascio dai centri di donne, bambini ed altri individui vulnerabili.
Su tali basi e quale seguito della riunione del 2 luglio 2020, abbiamo poi avviato una concertazione interministeriale, che ha permesso di elaborare una nuova bozza di MoU e abbiamo dato istruzioni al nostro ambasciatore a Tripoli di sottoporre il nuovo testo alle Autorità libiche per la prosecuzione del negoziato.
Da ultimo, mi preme ricordare che la chiave per dare una soluzione complessiva e durevole alla gestione dei fenomeni migratori irregolari che interessano la Libia e il Mediterraneo centrale è la stabilizzazione del Paese. Rispetto a questo obiettivo mi limito a confermare in questa sede che l'impegno italiano prosegue – con senso di continuità attraverso gli anni – per la definizione di una soluzione durevole e giusta attraverso il dialogo politico inclusivo. Le recenti dichiarazioni parallele del 21 agosto 2020 con le quali il Presidente Serraj e il Presidente Aghila Saleh hanno annunciato l'immediata cessazione delle ostilità nel Paese – che presentano divergenze ma anche punti in comune (tra cui la richiesta di riattivazione della produzione petrolifera) – rappresentano una nuova, importante finestra di opportunità che va assolutamente colta. In tale prospettiva, la visita del Ministro Di Maio in Libia del 1° settembre ha permesso di incoraggiare gli interlocutori libici a tradurre in fatti concreti gli impegni annunciati con le loro dichiarazioni e di confermare il pieno sostegno dell'Italia per una soluzione politica e inclusiva della crisi.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.