ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05548

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 336 del 07/05/2020
Firmatari
Primo firmatario: POTENTI MANFREDI
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 07/05/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
TURRI ROBERTO LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
BISA INGRID LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
TATEO ANNA RITA LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
MORRONE JACOPO LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
CANTALAMESSA GIANLUCA LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
PAOLINI LUCA RODOLFO LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
MARCHETTI RICCARDO AUGUSTO LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020
DI MURO FLAVIO LEGA - SALVINI PREMIER 07/05/2020


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 07/05/2020
Stato iter:
28/09/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 28/09/2020
BONAFEDE ALFONSO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 28/09/2020

CONCLUSO IL 28/09/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05548
presentato da
POTENTI Manfredi
testo di
Giovedì 7 maggio 2020, seduta n. 336

   POTENTI, TURRI, BISA, TATEO, MORRONE, CANTALAMESSA, PAOLINI, MARCHETTI e DI MURO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tra il 7 e il 9 marzo 2020, mentre l'epidemia COVID-19 cominciava a diffondersi nel Paese, in 22 penitenziari italiani sono esplose contemporaneamente violente ribellioni. Sono conseguiti ingenti danni causati alle strutture; sono stati decine i feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria e dodici i detenuti morti, tutti per overdose dopo aver ingerito quantità esagerate di farmaci e metadone rubate nelle farmacie carcerarie;

   sugli episodi in questione sono in corso di svolgimento attività di indagine da parte di più procure che starebbero seguendo, secondo le indiscrezioni giornalistiche ed alcune dichiarazioni rilasciate dalla polizia giudiziaria, la pista di una regia esterna, riconducibile alla criminalità organizzata;

   alcune norme della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, fra tutte gli articoli 14-bis e 41-bis, permettono di assumere particolari misure, rispettivamente, di sorveglianza particolare verso detenuti che compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti e di sospensione nell'istituto interessato o in parte di esso, dell'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati in casi di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza; tali provvedimenti sono atti dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia ed esulano quindi dalla serie di valutazioni tipiche della discrezione giudiziaria –:

   se, quanti e quali provvedimenti tra quelli citati di cui agli articoli 14-bis e 41-bis dell'ordinamento penitenziario siano stati assunti nelle carceri teatro delle rivolte del marzo 2020 e se e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per prevenire il ripetersi di altri eventi come quello di cui trattasi.
(4-05548)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Lunedì 28 settembre 2020
nell'allegato B della seduta n. 399
4-05548
presentata da
POTENTI Manfredi

  Risposta. — Con riferimento ai quesiti sollevati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante ha chiesto se e quali provvedimenti di applicazione del regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario, ovvero del regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della stessa legge, siano stati assunti all'indomani delle rivolte del mese di marzo che hanno coinvolto numerosi istituti del Paese, si rappresenta quanto segue.
  Le proteste che hanno visto coinvolti, nella fattispecie, detenuti appartenenti al circuito Alta sicurezza si sono verificate, in data 9 marzo 2020 presso i soli istituti penitenziari di Melfi e Roma «Rebibbia nuovo complesso».
  In data 11 marzo 2020, il competente ufficio della direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto il trasferimento di n. 3 detenuti dalla casa circondariale di Roma «Rebibbia n.c.»; mentre, con successivi provvedimenti del 13 e del 16 marzo 2020, ha provveduto a disporre il trasferimento di ulteriori n. 54 detenuti alta sicurezza dalla casa circondariale di Melfi.
  Stante la difficoltà di appurare con certezza l'effettiva partecipazione degli stessi alle proteste e di individuare i ruoli rivestiti da ognuno durante i disordini, non sono stati emessi provvedimenti di applicazione del regime di sorveglianza particolare, di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario, nei confronti dei detenuti ascritti al circuito alta sicurezza. Non risulta, altresì, nei confronti degli stessi, alcuna applicazione dell'articolo 41-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975.
  Le rivolte dell'8, 9 e 10 marzo 2020, poste in essere dai detenuti appartenenti al circuito media sicurezza, oltre a mettere a repentaglio l'ordine e la sicurezza interni, hanno comportato danni ingenti alle strutture; ne è conseguita la necessità di disporre il trasferimento di numerosi detenuti in sedi extra distretto (779 soggetti, dei quali 471 solo dalla casa circondariale di Modena, 107 dalla casa circondariale di Foggia e 52 dalla casa circondariale di Velletri).
  Inoltre, all'esito di accurate attività di indagine condotte dalle Direzioni penitenziarie, è stata avviata, in molti casi, la procedura dell'applicazione del regime di cui all'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario nei riguardi dei detenuti individuati come promotori delle rivolte. Precisamente, sono giunte a questa sede centrale n. 185 richieste di attivazione del regime di sorveglianza particolare: allo stato, n. 36 di queste sono in corso di istruttoria; n. 9 sono i decreti già emanati; n. 13 sono le archiviazioni per mancanza di elementi sufficienti all'applicazione del regime. Più di recente, sono giunte ulteriori n. 129 richieste di applicazione del suddetto regime, delle quali n. 91 provenienti dalla casa reclusione di Milano «Opera» e n. 38 dalla casa circondariale di Siracusa, per le quali il personale addetto sta predisponendo l'attività decisoria.
  Sono in corso, altresì, complesse indagini giudiziarie, volte ad accertare le eventuali responsabilità dei singoli soggetti coinvolti e il relativo grado di partecipazione ai fatti occorsi.
  I provvedimenti ai quali fanno riferimento gli interroganti sono stati introdotti nella legge 26 luglio 1975, n. 354 recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà» per effetto delle disposizioni della legge 10 ottobre 1986, n. 663 e di quelle del decreto-legge 8 giugno 1992, convertito con modificazione dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
  Con il primo dei due interventi normativi sono stati introdotti nell'ordinamento penitenziario il regime di sorveglianza particolare, disciplinato dall'articolo 14-
bis dell'ordinamento penitenziario e quello di sicurezza collettiva, previsto al comma 1 dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; con il secondo si introdusse il regime di detenzione speciale, di cui al comma 2 del già citato 41-bis.
  Il regime di sicurezza particolare, disciplinato dall'articolo 14-
bis, è caratterizzato dall'essere una forma di trattamento individualizzato finalizzato a contenere la pericolosità penitenziaria del singolo detenuto, che deriva principalmente dai comportamenti che costui assume, o ha assunto nel corso di pregresse detenzioni, all'interno della struttura carceraria e che rischiano di mettere a repentaglio l'ordine e la sicurezza dell'istituto penitenziario e di comprometterne il regolare funzionamento.
  Si tratta di misura la cui applicazione spetta all'amministrazione penitenziaria, anche su segnalazione dell'autorità giudiziaria, e che può essere, nei casi di necessità ed urgenza, disposta provvisoriamente anche prima dell'acquisizione dei pareri del consiglio di disciplina in composizione allargata, che in tal caso devono essere acquisiti nei successivi dieci giorni, termine oltre il quale il provvedimento provvisorio decade, ove la decisione definitiva non intervenga.
  Il regime di sicurezza collettivo, di cui al comma 1 dell'articolo 41-
bis, è invece una misura di tutela dell'ordine pubblico interno o esterno, adottabile dal Ministro della giustizia «in casi eccezionali di rivolta o altre gravi situazioni di emergenza» e che può consistere nella sospensione nell'intero istituto penitenziario o in una sua parte dell'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati in esso ristretti.
  Tale regime rappresenta dunque uno strumento finalizzato a contenere non la condotta di un singolo detenuto, bensì una grave crisi dell'ordinamento penitenziario collegata alla diffusione di uno stato di agitazione delle persone detenute all'interno del singolo istituto.
  Il regime detentivo speciale individuale, di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, è una misura anch'essa adottabile dal Ministro della giustizia con la quale può essere sospesa l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario a carico di un singolo detenuto o internato.
  La finalità di tale misura non è quella di prevenire il pericolo di attività illecite all'interno dell'istituto penitenziario o a contenere il pericolo di rivolte, bensì quello di impedire che all'esterno del carcere vengano consumati ulteriori delitti, la cui commissione è disposta da persone che nel carcere sono ristrette: obiettivo che la misura in questione persegue impedendo la possibilità per detti soggetti – individuati in relazione al reato per il quale sono detenuti (che deve essere un reato associativo di tipo mafioso, terroristico o eversivo o comunque finalizzato per agevolare l'associazione di tipo mafioso) e a carico dei quali sussistono «elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva» – di far giungere le proprie comunicazioni all'esterno, anche a mezzo di altri detenuti.
  Attualmente non risulta allo studio alcun intervento normativo volto a modificare i suddetti regimi, i quali rispondono ad esigenze che sono state tenute in considerazione dagli interventi normativi che, durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, hanno riguardato il settore penitenziario.
  Le nuove disposizioni in materia di detenzione domiciliare che sono state introdotte con l'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, hanno infatti espressamente escluso dall'ambito di loro applicazione i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall'articolo 4-
bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (comma 1, lettera a), del citato articolo 123) – dunque, gli stessi ai quali è possibile applicare il regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975 – nonché i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge (comma 1, lettera c)).
  Per evitare anche che di tale detenzione domiciliare potessero fruire detenuti che, seppure non sottoposti al regime della sorveglianza particolare, fossero stati comunque in tempi recenti autori di gravi infrazioni disciplinari, sono stati specificamente esclusi dall'ambito di operatività di questa modalità di esecuzione della pena, con la disposizione di cui alla lettera
d) dell'articolo 123, «i detenuti che nell'ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all'articolo 77, comma 1, numeri 18, 19, 20, e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230», ovvero i detenuti sanzionati proprio per aver partecipato a disordini e sommosse, per aver promosso disordini o sommosse, per evasione o, infine, per fatti previsti dalla legge come reato commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori.
  Infine, al fine di evitare che i tempi imposti dalle procedure necessarie per l'irrogazione di sanzioni disciplinari o per l'adozione del regime della sorveglianza particolare potessero consentire l'ammissione alla detenzione domiciliare «speciale» ai detenuti che, pur non essendo stati condannati per un delitto di cui all'articolo 4-
bis della legge n. 354 del 1975 o non avendo già manifestato una pericolosità penitenziaria, avevano però preso parte alle rivolte verificatesi negli istituti penitenziari in coincidenza con il primo periodo dell'emergenza sanitaria sia ai detenuti autori di eventuali, futuri, ulteriori sommovimenti, la lettera e) del comma 1 dell'articolo 123 ha disposto che l'adozione della misura in questione fosse preclusa nei confronti dei detenuti a carico dei quali sia redatto un «rapporto disciplinare a sensi dell'articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommesse a far data dal 7 marzo 2020».
  Con la disposizione di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 è stato modificato l'ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare e permessi a detenuti.
  In particolare, è stato novellato il disposto dell'articolo 30-
bis della legge n. 354 del 1975, prevedendo che sull'istanza volta all'ottenimento del permesso presentata da detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, sia chiamato ad interloquire il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il quale esprimerà il parere in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto; analoga l'innovazione apportata in materia di ammissione alla detenzione domiciliare, dove l'intervento, operato mediante l'inserimento del comma 1-quinquies nell'articolo 41-ter della legge n. 354 del 1975, ha disposto che la magistratura di sorveglianza, prima di provvedere nei confronti di condannati sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis al rinvio dell'esecuzione della pena, ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, applicando la misura della detenzione domiciliare, debba acquisire, sia in sede di prima applicazione di detta modalità di esecuzione della pena, sia in caso di proroga, il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Particolare attenzione alla tutela delle esigenze sottese all'adozione del regime di detenzione speciale di cui all'articolo 41-
bis ha mostrato anche il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29.
  Le disposizioni dettate dagli articoli 2 e 3 del suddetto provvedimento normativo hanno, infatti, introdotto procedure volte a consentire all'autorità giudiziaria un costante monitoraggio della permanenza delle ragioni che, a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19, hanno comportato l'adozione di provvedimenti di sostituzione della misura della custodia cautelare con quella degli arresti domiciliari o di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento dell'esecuzione della pena nei confronti di persone detenute a carico delle quali era in corso il regime detentivo di cui all'articolo 41-
bis: e ciò, al fine di consentire l'immediato ripristino nei confronti di costoro della detenzione inframuraria al cessare di quelle ragioni, nonché nel caso in cui la direzione dell'amministrazione penitenziaria abbia individuato strutture penitenziarie o reparti di medicina protetti in grado di fornire ai quei detenuti le cure e gli accertamenti diagnostici necessari per la tutela della loro salute.
  

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.