ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05332

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 329 del 22/04/2020
Firmatari
Primo firmatario: DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 22/04/2020
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FERRO WANDA FRATELLI D'ITALIA 22/04/2020


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 22/04/2020
Stato iter:
07/08/2020
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 07/08/2020
BONAFEDE ALFONSO MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 07/08/2020

CONCLUSO IL 07/08/2020

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05332
presentato da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea
testo di
Mercoledì 22 aprile 2020, seduta n. 329

   DELMASTRO DELLE VEDOVE e FERRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 21 marzo 2020 una circolare trasmessa per conto del direttore generale del Dap Giulio Romano, inviata a tutti i penitenziari italiani con oggetto generico «Segnalazione all'autorità giudiziaria», invita a comunicare «con solerzia alla Autorità giudiziaria, per le eventuali determinazioni di competenza», il nominativo di quei detenuti che hanno più di 70 anni e sono affetti da determinate patologie;

   la circolare segue l'emanazione del decreto-legge «Cura Italia» con cui il Governo affronta il problema del sovraffollamento delle carceri, prevedendo gli arresti domiciliari per i detenuti che abbiano una condanna «non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena»;

   il documento del Dap non fa distinzione tra detenuti. Ed è proprio quella mancata distinzione che ha fatto scattare l'allarme negli ambienti giudiziari, perché così si includono anche quei soggetti sottoposti al regime carcerario del 41-bis. Si parla di una «popolazione» di 74 boss al carcere duro, a cui si aggiungono le diverse centinaia di detenuti in alta sicurezza, che potenzialmente rientrerebbero nella «casistica» dei soggetti a rischio;

   tra i potenziali beneficiari delle misure riconducibili al decreto «Cura Italia» vi sono: Leoluca Bagarella, Pippo Calò, Nitto Santapaola, Raffaele Cutolo, Pasquale Condello, Giuseppe Piromalli, Umberto Bellocco, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Nino Rotolo e Benedetto Spera. Tutti nomi di primissimo piano di Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Camorra;

   come nella circolare del Dap, ai primi di aprile 2020 è stata trasmessa un'ulteriore disposizione da parte del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, a tutte le procure generali d'Italia. Nel documento in cui si suggeriva di considerare il carcere come «extrema ratio»;

   dal combinato disposto dei due documenti emerge che la decisione finale viene lasciata nelle mani del singolo giudice chiamato ad assumere le proprie «determinazioni di competenza», assumendosi di fatto ogni responsabilità qualora accada qualcosa al detenuto che ha presentato l'istanza tramite il proprio legale –:

   quali siano gli intendimenti del Governo, per quanto di competenza, in merito alla scarcerazione dei detenuti sottoposti al regime carcerario del 41-bis e di quelli detenuti in alta sicurezza ai sensi della normativa riconducibile al decreto «Cura Italia», su cui ha posto la questione di fiducia alle Camere;

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'emanazione di linee guida contenenti criteri precisi che sollevino i singoli giudici, soggetti alla legge ai sensi dell'articolo 101 della Costituzione, dalla responsabilità di aver rimesso in libertà detenuti sottoposti al regime carcerario del 41-bis e detenuti in alta sicurezza applicando le disposizioni volute dal Governo.
(4-05332)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 7 agosto 2020
nell'allegato B della seduta n. 388
4-05332
presentata da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo ai recenti provvedimenti di scarcerazione emessi dall'autorità giudiziaria nei confronti di soggetti ascritti ai circuiti di Alta sicurezza e 41-bis, si rappresenta quanto segue.
  I provvedimenti di differimento dell'esecuzione pena, ai sensi degli articoli 146 del codice penale (rinvio obbligatorio) e 147 del codice penale (rinvio facoltativo), ovvero la detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-
ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario, possono essere adottati a prescindere dalle preclusioni di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
  Il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena non può essere adottato se sussiste il «concreto pericolo della commissione di delitti» (articolo 147, comma 4, del codice penale).
  La valutazione relativa alla sussistenza o meno dei presupposti per la concessione dei «benefici penitenziari», nonché il bilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute del soggetto e la necessità di prevenire il pericolo di recidiva, competono alla magistratura di sorveglianza, la quale è tenuta altresì a valutare l'eventuale necessità di una iniziale concessione provvisoria «
de plano».
  Inoltre, ai sensi dell'articolo 666, comma 5, codice di procedura penale «il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno»; può dunque chiedere alla competente autorità sanitaria le informazioni relative alle misure adottate nell'istituto e nella sezione di appartenenza per la prevenzione del pericolo di contagio (come anche quelle di approfondimento sulla pericolosità, di cui sono già indice la sottoposizione allo speciale regime detentivo
ex articolo 41-bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario o l'assegnazione al circuito Alta sicurezza).
  Con nota del 21 marzo 2020, n. 95907, la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha disposto che le, direzioni degli istituti penitenziari segnalassero all'autorità giudiziaria, «per le eventuali determinazioni di competenza», i nominativi dei ristretti rispetto ai quali, in conseguenza dell'attuale emergenza sanitaria, per patologie o condizione, era possibile riconnettere un elevato rischio di complicanze.
  Tale nota, coerente con il disposto di cui agli articoli 23, comma 2, e 108 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 è in linea di continuità con la lettera circolare del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria 14 novembre 2012, n. 405351, ed è in sintonia con quanto affermato dal gruppo tecnico interregionale della sanità penitenziaria (Gispe) – commissione salute, da ultimo in data 22 aprile 2020, nel documento in materia di linee di indirizzo recante: «gestione Covid-19 all'interno degli istituti penitenziari italiani» nella parte in cui viene stabilito che occorre «...favorire o promuovere, in tempi brevi, per quanto di competenza, le istanze di misure alternative o di sostituzione di misure cautelari. I servizi sanitari segnaleranno all'autorità giudiziaria e alle direzioni degli istituti penitenziari le persone detenute che per età e/o patologie possono presentare un rischio per lo sviluppo di complicanze da Covid-19...; ...le direzioni degli istituti penitenziari indicheranno ai servizi sanitari quali persone detenute potrebbero, per condizioni giuridiche, essere ammesse a misure alternative e, per questi casi, le Asl forniranno relative relazioni sanitarie ai fini della possibile fruizione di misure esterne alla detenzione».
  L'articolo 123 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, nel consentire ai condannati la cui pena detentiva, anche se residuo di maggior pena, non sia superiore a diciotto mesi, l'esecuzione di detta pena detentiva presso la propria abitazione o presso altro luogo privato o pubblico di cura, assistenza e accoglienza, esclude dalla possibilità di fruire di tale modalità esecutiva coloro la cui condanna sia stata pronunciata per i delitti di maggiore gravità.
  In particolare, sono stati esclusi dalla possibilità di accedere alla detenzione domiciliare, con le modalità semplificate che l'emergenza sanitaria in atto ha imposto al fine di evitare il rischio che l'epidemia dilagasse nelle carceri, tutti i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-
bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero per i medesimi delitti ai quali fa riferimento anche l'articolo 41-bis della medesima legge, nel prevedere che possa essere disposto, a carico delle persone che per essi abbiano riportato condanna e nella concorrenza degli altri presupposti, il regime detentivo speciale.
  Sono stati parimenti esclusi dalla fruibilità di tale modalità esecutiva della pena, anche i soggetti condannati per i delitti di cui agli articoli 572 e 612-
bis del codice penale, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, oltre che i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
  Inoltre, proprio al fine di evitare che le disposizioni introdotte in materia di detenzione domiciliare potessero consentire l'uscita dagli istituti penitenziari di soggetti che avessero dato prova, nel corso dell'ultimo anno di detenzione, di pericolosità sociale, è stato escluso che tale modalità di esecuzione della pena potesse essere ottenuta dai detenuti che nell'ultimo anno abbiano riportato sanzioni disciplinari per evasione o per aver commesso fatti previsti dalla legge come reato in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori, o, ancora, per aver promosso o partecipato a disordini e sommosse, oppure nei cui confronti sia stato redatto rapporto disciplinare per le sommosse o i disordini scoppiati dopo il 6 marzo 2020.
  Peraltro, il comma 2 della medesima disposizione lascia un ampio margine di apprezzamento al magistrato di sorveglianza, consentendogli di non adottare il provvedimento che dispone l'esecuzione della pena a domicilio qualora ravvisi gravi motivi ostativi alla sua concessione in favore del singolo detenuto.
  Infine, sempre in considerazione della necessità di evitare rischi per la sicurezza pubblica, è stato introdotto, rispetto alle disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio di cui alla legge 26 novembre 2010, n. 199, l'obbligo dell'adozione della procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici alla cui applicazione il condannato maggiorenne deve prestare consenso, nel caso intenda fruire della detenzione domiciliare ed abbia una pena residua da espiare superiore ai sei mesi di reclusione.
  Da ultimo, con l'articolo 2 (disposizioni urgenti in materia di detenzione domiciliare e permessi) del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, entrato in vigore il 30 aprile 2020, ossia il giorno stesso della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale, sono state apportate le seguenti modificazioni alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in tema di permessi di necessità e detenzione domiciliare cosiddetta umanitaria:

   «a) all'articolo 30-bis:

    1) al primo comma sono aggiunti in fine i seguenti periodi: “Nel caso di detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, l'autorità competente, prima di pronunciarsi, chiede altresì il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. Salvo ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, il permesso non può essere concesso prima di ventiquattro ore dalla richiesta dei predetti pareri.”;

    il nono comma è sostituito dal seguente: “il procuratore generale presso la corte d'appello è informato dei permessi concessi e del relativo esito con relazione trimestrale degli organi che li hanno rilasciati e, nel caso, di permessi concessi a detenuti per delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o a detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, ne dà comunicazione, rispettivamente, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.”;

   b) all'articolo 47-ter, dopo il comma 1-quater, è aggiunto il seguente: “1-quinquies. Nei confronti dei detenuti per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale o sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, prima di provvedere in ordine al rinvio dell'esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 o 147 del codice penale con applicazione della detenzione domiciliare, ai sensi del comma 1-ter, o alla sua proroga, chiede il parere del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il tribunale che ha emesso la sentenza e, nel caso di detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, anche quello del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo in ordine all'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ed alla pericolosità del soggetto. I pareri sono resi al magistrato di sorveglianza e al tribunale di sorveglianza nel termine, rispettivamente, di due giorni e di quindici giorni dalla richiesta. Salvo che ricorrano esigenze di motivata eccezionale urgenza, decorsi detti termini, il magistrato o il tribunale di sorveglianza procedono comunque anche in assenza dei pareri.”».

  In sostanza, si è introdotto il parere obbligatorio dei procuratori distrettuali e del Procuratore nazionale antimafia, chiamati ora ad interloquire ove si tratti, rispettivamente, di detenuti per delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o di detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, prima che il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decidano sulla richiesta di permesso di necessità di cui all'articolo 30 della legge n. 354 del 1975 o sulla detenzione domiciliare «umanitaria» di cui al comma 1-ter dell'articolo 47-ter della medesima legge n. 354 del 1975.
  Al fine di consentire alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo di fornire agli uffici di sorveglianza ogni utile informazione in ordine alla pericolosità del detenuto e all'operatività dell'organizzazione di appartenenza, con nota del 24 aprile 2020 il direttore generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto che le direzioni degli istituti penitenziari, oltre alle informazioni già indicate nella succitata circolare 21 marzo 2020, provvedano tempestivamente a trasmettere direttamente alla procura nazionale antimafia e antiterrorismo copia delle segnalazioni/istanze concernenti i ristretti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-
bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario o assegnati al circuito alta sicurezza.
  Con nota 2 maggio 2020, il medesimo direttore generale ha disposto che copia delle segnalazioni/istanze trasmesse alla procura nazionale antimafia e antiterrorismo, siano trasmesse anche alla direzione generale dei detenuti e del trattamento, comprensive della relazione sanitaria, al fine di approntare, nell'immediato, la conseguente attività di analisi finalizzata alla predisposizione delle idonee misure di carattere organizzativo. Infine l'articolo 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, impone al magistrato di sorveglianza o al tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento che ha disposto la detenzione domiciliare o il differimento della pena nei confronti di detenuti ai sensi dell'articolo 41-
bis, alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare la persistenza dei presupposti per le scarcerazioni entro 15 giorni dall'adozione del provvedimento e successivamente con cadenza mensile, acquisito il parere del procuratore distrettuale antimafia competente e del procuratore nazionale antimafia.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.