ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00650

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 692 del 11/05/2022
Firmatari
Primo firmatario: COLLETTI ANDREA
Gruppo: MISTO-ALTERNATIVA
Data firma: 11/05/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CABRAS PINO MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
CORDA EMANUELA MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
BARONI MASSIMO ENRICO MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
FORCINITI FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
GIULIODORI PAOLO MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
MANIERO ALVISE MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
RADUZZI RAPHAEL MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
SAPIA FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
SPESSOTTO ARIANNA MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
TESTAMENTO ROSA ALBA MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
TRANO RAFFAELE MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
VALLASCAS ANDREA MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
VIANELLO GIOVANNI MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022
VOLPI LEDA MISTO-ALTERNATIVA 11/05/2022


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00650
presentato da
COLLETTI Andrea
testo di
Mercoledì 11 maggio 2022, seduta n. 692

   La Camera,

   premesso che:

    nella notte del 24 febbraio 2022, la Russia ha invaso il territorio ucraino avviando un attacco militare su larga scala. In pochi giorni il conflitto ha causato gravi conseguenze, anche a lungo termine, coinvolgendo non solo gli Stati in conflitto;

    l'operazione militare russa è andata ben oltre le rivendicazioni territoriali delle autoproclamate repubbliche secessioniste, causando migliaia di vittime anche tra i civili ucraini e la fuga di oltre tre milioni e mezzo di persone;

    la crisi ucraina è uno degli esiti di un percorso trentennale che ha visto una costante espansione a Est dell'Alleanza atlantica e della Nato fino a lambire le frontiere della Federazione Russa, così modificando gli equilibri stabiliti all'esito della Guerra fredda;

    il Cremlino, prima di avviare l'operazione militare, ha chiesto, perentoriamente, che si adottasse un trattato internazionale che prevedesse il riconoscimento delle due repubbliche popolari del Donbass, il ritiro della richiesta ucraina di adesione alla Nato e la smilitarizzazione della regione;

    lo schieramento dell'esercito russo, ai confini ucraini, ha determinato una repentina interruzione del dialogo culminando nell'aggressione russa; anche le autorità di Kiev avevano schierato ingenti forze militari alle porte delle regioni separatiste;

    nel primo mese di conflitto, dal 24 febbraio al 27 marzo, l'Italia è stato il quarto Paese nel mondo per il valore degli aiuti militari inviati all'Ucraina, con un investimento in armamenti di oltre 150 milioni di euro. In realtà, nonostante le rassicurazioni del Governo italiano, l'impegno dell'Italia in Ucraina comincia a farsi più definito;

    l'entrata dell'Italia in una guerra più ampia sembra essere già stata preventivata negli scenari ipotizzati dal Ministero della difesa e ciò lo si evince da diversi segnali;

    l'Italia sarebbe chiamata a combattere a fianco dell'Alleanza atlantica in quanto membro fondatore della Nato, qualora uno dei Paesi aderente fosse coinvolto direttamente nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina così come disposto all'articolo 5 del Trattato. Tuttavia, nonostante l'Ucraina non faccia parte della Nato, l'intervento belligerante, seppur non diretto, è già informalmente attivato;

    l'invio di armi letali in teatro di guerra, seppur dichiaratamente in chiave difensiva con l'approvazione del primo «decreto Ucraina» ha già innescato un processo dagli effetti imprevedibili. Dai vertici delle forze armate italiane sono arrivati gli ordini ai comandi diretti alla predisposizione nell'eventualità di un conflitto;

    già nel marzo scorso, con lettera circolare dello Stato Maggiore dell'Esercito, sono state trasmesse disposizioni per indirizzare «tutte le attività di addestramento, anche quelle dei minori livelli ordinativi» al «warfighting», predisponendo allo stato di allerta i contingenti militari, qualora uno dei Paesi fosse interessato dal conflitto in corso;

    è evidente che il potenziamento di tutti gli assetti e i dispositivi, inclusa la massima disponibilità del personale a essere richiamato, non deponga verso previsioni rassicuranti;

    in tale ottica si inquadrano anche le pressanti richieste avanzate da numerose parti politiche di un aumento delle spese militari fino al 2 per cento del Pil. Come se non bastasse, sempre su questo pericoloso indirizzo, il Ministro Guerini ha recentemente preannunciato, durante l'audizione nelle commissioni riunite Difesa di Camera e Senato, persino l'invio di altri e più pesanti materiali d'armamento letali. Il Ministro, invero, ha discorso – genericamente – di armi in grado di neutralizzare le postazioni d'attacco russe. Nella medesima occasione ha ribadito, altresì, la completa disponibilità del nostro Paese a favorire un ulteriore ampliamento della Nato con l'ingresso di nuovi Paesi; il che pregiudicherebbe, ancor più, la possibilità di ripristinare una trattativa con la Federazione Russa;

    fornire armi a un Paese in conflitto è un atto che alimenta la spirale di guerra e suscita estrema apprensione per le conseguenze, nefaste, che tale impiego potrebbe comportare;

    le armi fornite vengono assegnate anche alla popolazione civile così come stabilito dalle autorità ucraine, con risvolti drammatici per la stessa popolazione coinvolta;

    a oggi, secondo fonti ucraine, hanno perso la vita nel conflitto circa 3.800 civili, di cui 215 bambini;

    oltre al dato umano, è doveroso ricordare come fornire armamenti a un Paese in conflitto sia vietato dalla legge 9 luglio 1990, n. 185, la quale che regola l'esportazione e la fornitura dei materiali di armamento in base a un principio attento alla mancanza di adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei prodotti e al fatto che le autorità del Paese destinatario siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate da organizzazioni internazionali, alle quali l'Italia aderisce;

    in un'intervista all'agenzia ufficiale cinese Xinhua, secondo la trascrizione pubblicata sul sito web del Ministero degli esteri di Mosca, il Ministro Russo Sergei Lavrov ha affermato che per risolvere la crisi ucraina devono «smettere di fornire armi a Kiev»;

    dal mese di febbraio l'Unione europea, quale tentativo di mantenere la massima pressione sulla Russia, ha imposto a Mosca cinque pacchetti di sanzioni, tra cui sanzioni individuali, sanzioni economiche e misure diplomatiche; imposizioni risultate, come è noto, vane e che anzi hanno sortito esiti ancor più aggressivi e non certo minimamente risolutivi rispetto al conflitto;

    storicamente le sanzioni finanziarie, quale strumento di pressione politica, si sono dimostrate inefficaci e, in particolare, quelle attualmente imposte alla Russia, hanno comportato gravi e pesanti ricadute sul nostro tessuto produttivo, sistema bancario e sull'approvvigionamento energetico, potenzialmente in grado di ridimensionare traumaticamente la manifattura italiana in un contesto di drastico impoverimento industriale dell'intera Europa;

    l'Italia è il secondo Paese europeo, dopo la Germania, a essere maggiormente dipendente dal gas Russo, con un'importazione del 38 per cento del gas che viene consumato, pari a circa 29 miliardi di metri cubi;

    la Banca d'Italia ha ipotizzato tre scenari economici; nello scenario migliore l'Italia perde l'1,7 per cento del Pil, nello scenario intermedio il 2,5 per cento e nel peggiore il 5,2 per cento ma gli effetti sistemici possono essere persino peggiori se si connettono con contemporanei e probabili shock finanziari di grande portata;

    il conflitto Russia-Ucraina per singola famiglia italiana avrà un costo che oscilla tra i 1.700 - 3.600 euro;

    le imprese stanno subendo un'impennata del costo del gas e delle materie prime, con una volatilità finanziaria a cui non riescono a far fronte. Questo comporterà una diminuzione della produzione con conseguenti licenziamenti;

    l'Italia è il 7° fornitore mondiale della Russia che, a sua volta, è il 14° mercato di destinazione dell'export italiano per un valore di oltre 7 miliardi di euro e un interscambio commerciale di 20 miliardi di euro;

    l'azzeramento delle esportazioni italiane verso la Russia ha causato un calo di crescita di 0,2 punti percentuali nel 2022 e di un ulteriore 0,1 punti nel 2023;

    i rischi di escalation delle operazioni belliche sono richiamati, quotidianamente, dalle valutazioni e dalle dichiarazioni tanto degli analisti militari quanto degli stessi protagonisti delle decisioni aventi implicazioni belliche, compresa la prospettiva dell'uso di armamenti capaci di portare la guerra su teatri molto più vasti rispetto all'attuale conflitto;

    per addivenire ad una risoluzione del conflitto, quale unica soluzione che potrebbe limitare le conseguenze civili ed economiche, è necessario utilizzare tutti gli strumenti di diplomazia per favorire un dialogo tra tutte le parti,

impegna il Governo:

1) a promuovere e organizzare al più presto una conferenza di pace a Roma o in altro Paese europeo per risolvere il conflitto Russia-Ucraina e limitare le gravi conseguenze che si paventano;

2) a non inviare altro materiale d'armamento letale in Ucraina;

3) a informare, in ogni caso e puntualmente, il Parlamento, nelle competenti commissioni permanenti (nel rispetto, ove richiesta riservatezza, delle norme di cui all'articolo 65, comma 3, del regolamento della Camera e dell'articolo 31, comma 3 del regolamento del Senato) sui dettagli di nuove ed eventuali forniture di armi ed equipaggiamenti indicando la spesa effettuata, la tipologia di materiale e le quantità;

4) a non incrementare, nei prossimi anni, le spese militari mantenendole in linea con quelle determinate per l'anno 2020;

5) a non appoggiare ulteriori adesioni alla NATO.
(1-00650) «Colletti, Cabras, Corda, Massimo Enrico Baroni, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

intervento militare

NATO

guerra