ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00630

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 678 del 19/04/2022
Abbinamenti
Atto 1/00609 abbinato in data 10/05/2022
Atto 1/00627 abbinato in data 10/05/2022
Atto 1/00629 abbinato in data 10/05/2022
Atto 1/00631 abbinato in data 10/05/2022
Atto 1/00634 abbinato in data 10/05/2022
Firmatari
Primo firmatario: VIVIANI LORENZO
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 19/04/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MOLINARI RICCARDO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
BUBISUTTI AURELIA LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
GASTALDI FLAVIO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
GERMANA' ANTONINO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
GOLINELLI GUGLIELMO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
LIUNI MARZIO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
LOLINI MARIO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
LOSS MARTINA LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022
MANZATO FRANCO LEGA - SALVINI PREMIER 19/04/2022


Stato iter:
10/05/2022
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 19/04/2022
Resoconto VIVIANI LORENZO LEGA - SALVINI PREMIER
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 19/04/2022
Resoconto OCCHIONERO GIUSEPPINA ITALIA VIVA
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 19/04/2022

DISCUSSIONE IL 19/04/2022

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 19/04/2022

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 10/05/2022

RITIRATO IL 10/05/2022

CONCLUSO IL 10/05/2022

Atto Camera

Mozione 1-00630
presentato da
VIVIANI Lorenzo
testo di
Martedì 19 aprile 2022, seduta n. 678

   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi mesi la situazione dell'agricoltura italiana, impegnata in una fase di delicata ripresa dopo la crisi dovuta alla pandemia, si è ulteriormente aggravata a causa dell'impennata dei prezzi dell'energia e per il conflitto Russia-Ucraina, che stanno comportando il rincaro delle materie prime essenziali per i processi produttivi della filiera agroalimentare;

    il conflitto si è inserito in un momento in cui il mercato delle commodities era già turbolento e sta rendendo l'Italia vulnerabile sotto il profilo della dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti, in particolare, dei principali cereali quali mais, grano, soia e girasole;

    l'Ucraina è il quarto produttore al mondo di cereali e importante fornitore per il nostro Paese di mais, soia e grano, materie prime fondamentali soprattutto per il settore della zootecnia, in quanto il mais è presente nell'alimentazione di bovini da latte, da carni, suini e pollame da carne e ovaiole; un blocco delle importazioni di queste commodities ha un impatto dannoso per le produzioni agroalimentari, quali pasta, salumi, formaggi, carne e latte;

    la crisi ucraina e i suoi contraccolpi globali hanno messo in evidenza quanto l'Italia non sia autosufficiente su alcuni fronti; il nostro Paese produce appena il 36 per cento del grano tenero che le serve, il 53 per cento del mais, il 51 per cento della carne bovina, il 56 per cento del grano duro per la pasta, il 73 per cento dell'orzo, il 63 per cento della carne di maiale e i salumi, il 49 per cento della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all'84 per cento di autoapprovvigionamento;

    l'Ucraina, insieme alla Russia, controlla circa il 28 per cento degli scambi di grano con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, per il 16 per cento sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l'alimentazione degli animali negli allevamenti e per il 65 per cento sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate) per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell'industria alimentare;

    il mais è la componente principale dell'alimentazione degli animali negli allevamenti e l'Italia è costretta a importare oltre la metà del fabbisogno (53 per cento) a seguito della riduzione di quasi 1/3 della produzione interna negli ultimi 10 anni a causa delle speculazioni a danno degli agricoltori e dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, portando alla scomparsa di 1 campo di grano su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati;

    secondo le regole della Pac le aziende agricole di dimensioni superiori a 10 ettari dovrebbero lasciare obbligatoriamente a riposo, ogni anno, una quota pari al 5 per cento della superficie aziendale;

    la Commissione europea, per fronteggiare all'allarme forniture dovuto alla crisi per la guerra in Ucraina, ha previsto una deroga temporanea al tasso minimo di terreni a riposo – misura che rientra in un piano anti-crisi per l'agricoltura – per la messa in coltivazione di 4 milioni di ettari di terreni inutilizzati nella Unione europea per consentirne la coltivazione e aumentare la produzione di cereali e colture proteiche per scopi alimentari e mangimi, al fine di ridurre la dipendenza dalle importazioni, che stanno mettendo in difficoltà la capacità di approvvigionamento in Italia e nell'Unione europea;

    questa deroga permetterà all'Italia di sbloccare circa 200 mila ettari di terreni incolti necessari per ridurre la dipendenza dall'estero; tra le regioni più interessate ci sono la Campania con 10.500 ettari, la Lombardia con 11 mila, il Veneto con 12.300 ettari, il Piemonte con 17.544 e l'Emilia-Romagna con 20.200;

    relativamente alla questione dei terreni incolti, che potrebbero essere utilizzati per aumentare l'autosufficienza del nostro Paese, esiste il problema della ricomposizione fondiaria che riveste una particolare rilevanza, specialmente nelle zone montane, a causa dei gravi limiti strutturali presenti nel comparto agricolo dovuti ai fenomeni di polverizzazione accompagnati da quelli di frammentazione e dispersione fondiaria delle aziende agricole, organizzate in genere su più corpi fondiari, spesso distanti fra di loro, riferibili ad un unico proprietario e intervallati da terreni appartenenti ad altri;

    la frammentazione fondiaria, inoltre, porta ad avere delle zone rurali abbandonate, perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio ed anche a causa delle ridotte dimensioni dei lotti che si configurano spesso come delle strisce di terreno lunghe e strette, caratteristiche dell'assetto montano e che mal si prestano alle lavorazioni agrarie; la frammentazione della proprietà fondiaria è un fattore negativo che incide fortemente sui costi di produzione delle colture ed è una grossa limitazione alla manutenzione dei terreni montani;

    alle conseguenze del conflitto Russia-Ucraina si è andata a sommare la situazione derivata dall'aumento dei costi energetici, che introduce nuovi e ulteriori fattori di instabilità sociale ed economica per l'agricoltura italiana;

    le aziende agricole segnalano quotidianamente una crescita esponenziale dei costi legati all'energia elettrica e al gas, ma anche un aumento dei prezzi di carburanti, fertilizzanti, mangimi, prodotti fitosanitari, antiparassitari, diserbanti, macchinari e sementi;

    l'innalzamento dei costi energetici si riflette, con rincari a catena, anche sui prezzi degli imballaggi, sulla plastica, sul vetro, sulla carta per le etichette dei prodotti, sulle confezioni di latte, sulle bottiglie per l'olio, sui succhi e passate ed anche sui trasporti;

    l'aumento dei costi di produzione ricade inevitabilmente sui prezzi al consumo dei prodotti primari, che vanno a gravare sui consumatori finali; l'aumento del prezzo finale non arriva al produttore iniziale, ma viene assorbito dalla grande distribuzione e dalla trasformazione; il settore agricolo, infatti, è quello che più di ogni altro non riesce nemmeno ad avere un vantaggio da un eventuale rialzo dei prezzi al consumo, perché l'aumento può causare, tra l'altro, una contrazione del consumo del prodotto stesso, con un conseguente effetto nullo lungo la filiera produttiva;

    il primo problema dell'agricoltura italiana, quindi, è il reddito delle aziende agricole; i rincari stanno colpendo la redditività delle imprese dell'intera filiera agroalimentare. Si stima un aumento medio di 1/3 dei costi di produzione dell'agricoltura a livello nazionale per un esborso di circa 8 miliardi di euro su base annua rispetto al precedente anno;

    se un'azienda agricola ha un reddito adeguato, ha le risorse necessarie per sostituire le trattrici, investire in stalle più moderne, investire nell'agricoltura di precisione, e, quindi, in maggiore sostenibilità ambientale allo stesso tempo e riduzione degli input, che sono un costo produttivo;

    i costi aziendali, oramai, sono fuori controllo, riducono fortemente il profitto degli agricoltori portandolo a livelli al di sotto della sostenibilità economica, considerato che il 30 per cento delle aziende agricole ha un bilancio in negativo. Il Crea ha stimato che un'impresa agricola su dieci non riesce a far fronte alle spese, con un impatto di 15.700 euro di aumento medio dei costi annui;

    il prezzo del gasolio ad uso agricolo e per la pesca, sta toccando sempre più livelli preoccupanti andando ad appesantire ulteriormente il bilancio delle aziende agricole e ittiche che rischiano di uscire dal mercato; essendo il gasolio agricolo imprescindibile per le attività agricole, silvicolturali, di allevamento e ittiche, questo rincaro sta mettendo in ginocchio le attività che utilizzano macchinari e mezzi;

    il caro carburanti contribuisce a ridurre la competitività delle imprese made in Italy sul mercato interno e sulle esportazioni con il rischio di perdere quote di mercato, soprattutto nell'ambito della competizione internazionale;

    il settore ittico, già provato duramente dagli effetti della pandemia, si trova oggi a dover fare i conti con questo nuovo ostacolo, l'aumento del gasolio agricolo; la voce «carburante», che prima incideva per il 40 per cento, ora supera il 70 per cento; in media, un pieno di gasolio di un peschereccio è passato da circa 700 euro a oltre 1.300, a fronte di entrate economiche sempre più esigue; con i costi superiori ai ricavi si va incontro ad un danno irrecuperabile per il settore ittico, con 8 imprese su 10 che rischiano la chiusura della loro attività;

    per le operazioni colturali gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50 per cento per il gasolio necessario per le attività che comprendono l'estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione; l'impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha rialzato anche i prezzi dei concimi (+143 per cento);

    i rincari energetici e la guerra in Ucraina stanno colpendo anche le coltivazioni in serra di frutta, verdura, ortaggi e fiori e hanno fatto aumentare del 51 per cento il costo della produzione di frutta in Italia, che arriva addirittura al 67 per cento per la produzione ortofloricola; si tratta di una situazione preoccupante per il settore ortofrutticolo nazionale, che garantisce 440.000 posti di lavoro, pari al 40 per cento del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all'anno, pari al 25 per cento della produzione agricola totale;

    gli agricoltori si trovano costretti a cambiare le abitudini consolidate nelle produzioni, come quella di tornare, temporaneamente, a dedicarsi a semine diverse, pur di spegnere le serre e tamponare così le cifre mostruose degli aumenti;

    nel settore del florovivaismo quest'anno produrre fiori costa agli agricoltori italiani il 30 per cento in più, con i vivai che sono oggi costretti a produrre praticamente in perdita; il settore del florovivaismo è un settore cardine per l'economia agricola nazionale che vale oltre 2,57 miliardi di euro, generati da 27.000 aziende florovivaistiche attive in Italia, con un indotto complessivo di 200.000 occupati;

    l'emergenza energetica si riversa non solo sui costi di riscaldamento delle serre ma anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. Nelle serre si spende dal 50 per cento in più, per il gasolio e l'elettricità, al 400 per cento in più per concimi e metano, mentre i prezzi degli imballaggi in plastica sono triplicati;

    i rincari non hanno risparmiato neanche chi da anni ha convertito i propri sistemi di riscaldamento da gasolio a fonti green, ovvero a biomassa, dovuto ai costi di approvvigionamento qualora le materie prime non siano locali;

    nonostante molte delle nostre aziende agricole stiano avviando un percorso «green» di sviluppo sostenibile, investendo nella produzione di energia da fonti rinnovabili, da sole però non riescono a soddisfare il fabbisogno energetico ed il ricorso al mercato è ancora indispensabile per garantire la continuità dell'attività agricola. L'agrovoltaico, sul quale c'è una destinazione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di 1,5 miliardi di euro, sarà un grande supporto alle aziende agricole per abbassare i costi dell'energia. Per le aziende agricole va anche valorizzato l'utilizzo di centrali a biomasse, soprattutto per quei tipi di aziende che hanno molti residui verdi di lavorazione, basti pensare al florovivaismo e non soltanto;

    si sta avviando il processo di transizione ecologica chiedendo alle nostre aziende agricole di fare degli sforzi, soprattutto economici, per affrontare questo passaggio, ma alla luce dei nuovi sviluppi internazionali, come il conflitto russo ucraino, serve a questo punto un'azione graduale che accompagni le nostre aziende agricole in questo passaggio e non scelte che adesso apparirebbero drastiche e che potrebbero causare loro un ulteriore appesantimento grave;

    anche la filiera lattiero-casearia, una tra le filiere fondamentali dei nostri sistemi produttivi primari, è in forte preoccupazione per la tenuta delle sue aziende perché sconta una situazione macroeconomica relativa ad un aumento dei costi di produzione fuori controllo, causato dal continuo ed inarrestabile aumento delle materie prime per l'alimentazione degli animali, dell'energia elettrica, del gasolio agricolo, dovuti sia alla crisi ucraina che all'inadeguatezza del prezzo del latte alla stalla che, pur in presenza di un aumento intorno al 10 per cento, non riesce a compensare i crescenti costi di produzione;

    sommando l'aumento del costo alimentare a quello energetico oggi produrre 1 litro di latte vaccino costa quasi 8/10 centesimi in più rispetto ad un anno fa, arrivando a 48/50 centesimi il litro, con grandi differenze su base regionale, mentre il prezzo conferito agli allevatori è di 41 centesimi;

    alla fine dello scorso anno è stato avviato un tavolo di filiera, esteso a tutti gli attori della filiera, con lo scopo di avere un'ampia condivisione delle tematiche di filiera e per una migliore remunerazione del prezzo del latte. I risultati raggiunti dal tavolo, però, di fatto, sono stati azzerati dall'aumento dei costi di produzione (mangimi e costi energetici);

    il decreto-legge n. 21 del 2022, cosiddetto «decreto crisi ucraina», ha adottato alcune misure volte a sostenere gli agricoltori e pescatori italiani, tra le quali la previsione di un credito d'imposta del 20 per cento della spesa per l'acquisto di gasolio sostenuta dalle imprese agricole e della pesca e dell'acquacoltura per l'acquisto del carburante effettivamente utilizzato nel primo trimestre solare dell'anno 2022, e la rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari che prevede che le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura potranno rinegoziare e ristrutturare i finanziamenti in essere e allungare fino a 25 anni il relativo periodo residuo di rimborso;

    queste misure sono importanti e sono di sostegno al settore dell'agricoltura e della pesca, ma per risollevarne le sorti sono necessarie, non solo misure emergenziali, ma misure strutturali di medio e soprattutto lungo periodo che permettano un rilancio duraturo dell'agricoltura e della pesca e che possano metterlo in condizione di affrontare le sfide future che si porranno davanti a fronte di un panorama europeo e internazionale che sta inevitabilmente mutando;

    la Politica agricola comune (Pac) 2021-2027, che già prima sembrava difficile da attuare, e che secondo diversi studi metteva a rischio l'approvvigionamento di cibo nell'Unione europea, alla luce dell'attuale nuovo quadro appare deficitaria e incapace di dare le risposte necessarie all'agricoltura ad affrontare le nuove esigenze sopravvenute;

    la Commissione europea ha inviato all'Italia le sue osservazioni, di carattere generale e puntuale, sul Piano strategico nazionale (Psn) ritenendolo insufficiente, con elementi mancanti, incompleti o incoerenti chiedendo dibatto al nostro Paese una drastica correzione di rotta per l'attuazione della Pac post 2022; il Psn aveva previsto come utilizzare i 35,7 miliardi di euro messi a disposizioni del nostro Paese per i prossimi 5 anni in merito al nuovo regime dei pagamenti diretti, agli interventi settoriali e per le politiche di sviluppo rurale,

impegna il Governo:

1) ad adottare ulteriori iniziative urgenti e di medio e lungo periodo, di sostegno al reddito per gli operatori dei settori agricolo, forestale, della pesca e dell'acquacoltura, al fine di compensare l'aumento dei costi fissi, sostenuti dalle imprese, causato dall'aumento dei costi energetici e da quelli derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, che sta minando la competitività del made in Italy mettendo a rischio la tenuta di uno dei comparti strategici per l'economia italiana, che va dai campi all'industria di trasformazione, fino alla conservazione e alla distribuzione;

2) ad assumere iniziative per attuare un incisivo intervento che favorisca la ricomposizione dei fondi agricoli e il riordino delle proprietà polverizzate, al fine di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, prevedendo una revisione dell'attuale normativa che preveda, tra le altre cose, una procedura semplificata in caso di eventuali comproprietari non più rintracciabili, residenti in altri Stati o impossibilitati a partecipare all'atto di compravendita di fondi agricoli ubicati in territori agroforestali montani, in modo da sostenere gli interventi volti a integrare, ove possibile, le superfici e a contribuire alla rettificazione dei confini dei fondi agricoli;

3) a predisporre una strategia per monitorare l'andamento dei prezzi delle materie prime e di quelli energetici e per garantire la trasparenza del mercato, al fine di arginare fenomeni speculativi che destabilizzano il mercato e generano un disequilibrio nella remunerazione dei fattori produttivi a danno della competitività delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, e a monitorare la composizione e l'andamento dei prezzi dei prodotti agroalimentari, affinché i rincari non ricadano sui consumatori finali;

4) ad adottare iniziative volte ad evitare che i rincari del gasolio agricolo blocchino i settori agricolo, della pesca e dell'acquacoltura, fondamentali per l'economia nazionale;

5) ad adottare nel medio e lungo periodo iniziative volte a tutelare la redditività delle aziende agricole, in particolare per il comparto lattiero-caseario, partendo dall'attuazione completa degli accordi conclusi al Tavolo nazionale sulla filiera;

6) ad adottare iniziative per prevedere un Piano che permetta, alla luce della deroga da parte della Commissione europea sui terreni a riposo, un aumento della produzione nazionale di mais e grano che porterebbe ad una drastica riduzione della dipendenza del nostro Paese dalle importazioni, nonché per stimolare la stipula di contratti di filiera per la coltivazione del grano e del mais che riconoscano un prezzo equo di acquisto basato sugli effettivi costi sostenuti dalle imprese agricole;

7) ad adottare iniziative per favorire l'utilizzo delle biomasse come fonte energetica rinnovabile utilizzando a tale fine gli scarti delle lavorazioni della filiera agricola, forestale e del legno, consentendo l'installazione di nuovi impianti a biomasse al servizio delle aziende agricole e forestali, anche al fine di garantire la resilienza e lo sviluppo delle aree rurali e di montagna;

8) ad avviare un dialogo, in vista della revisione del Piano strategico nazionale, e alla luce delle osservazioni della Commissione europea, con tutti i soggetti interessati per un confronto costruttivo per far sì che la nuova versione del suddetto Piano strategico nazionale della Pac recepisca al meglio le osservazioni della Commissione europea e risponda anche alle esigenze attuali del mondo agricolo, in difficoltà per il rincaro energetico e delle materie prime.
(1-00630) «Viviani, Molinari, Bubisutti, Gastaldi, Germanà, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

aumento dei prezzi

settore agricolo

alimentazione animale