ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00620

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 670 del 01/04/2022
Firmatari
Primo firmatario: RADUZZI RAPHAEL
Gruppo: MISTO-ALTERNATIVA
Data firma: 01/04/2022
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CABRAS PINO MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
COLLETTI ANDREA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
CORDA EMANUELA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
COSTANZO JESSICA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
FORCINITI FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
GIULIODORI PAOLO MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
MANIERO ALVISE MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
SAPIA FRANCESCO MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
SPESSOTTO ARIANNA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
TESTAMENTO ROSA ALBA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
TRANO RAFFAELE MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
VALLASCAS ANDREA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
VIANELLO GIOVANNI MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022
VOLPI LEDA MISTO-ALTERNATIVA 01/04/2022


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00620
presentato da
RADUZZI Raphael
testo di
Venerdì 1 aprile 2022, seduta n. 670

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi pandemica ha determinato rilevanti effetti negativi per il tessuto economico degli stati membri dell'Unione europea, determinando nel 2020 un crollo del prodotto interno lordo nell'intera Unione europea del 6 per cento, del 6,5 per cento nell'eurozona e addirittura dell'8,9 per cento in Italia;

    per far fronte a ciò, una delle principali iniziative adottate dalla Commissione europea nel marzo 2020, è stata quella di utilizzare per la prima volta dall'introduzione del 2011 la cosiddetta «general escape clause» (clausola di salvaguardia) ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1466/97, i quali stabiliscono che: «in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa»;

    l'utilizzo della clausola di salvaguardia ha concesso agli Stati membri di adottare per il biennio 2020/2021 delle politiche fiscali di gran lunga più espansive rispetto al passato; il deficit di bilancio della media dell'Unione europea nel 2020 è infatti aumentato al 6,9 per cento del prodotto interno lordo al 7,2 per cento nell'eurozona ed al 9,5 per cento in Italia ma comunque inferiore ad altre economie occidentali come Stati Uniti, Regno Unito o Giappone. Ciò nonostante, è opportuno ricordare che la clausola di salvaguardia non elimina il patto di stabilità e neppure le sue procedure che si esplicano anche tramite raccomandazioni, monitoraggi ed esami approfonditi sugli squilibri macroeconomici;

    il 2 giugno dello scorso anno, con una comunicazione della Commissione europea si è inoltre prorogata l'applicazione della general escape clause per tutto il 2022, prevedendo nello stesso testo la sua disattivazione per il 2023, anno in cui il prodotto interno lordo europeo secondo le previsioni, dovrebbe tornare ai livelli precrisi per la maggior parte dei Paesi europei;

    alla fragile ripresa economica post-pandemica si è aggiunta la crisi derivante dal conflitto tra Russia ed Ucraina che avrà forti ripercussioni sia per l'Unione europea che, in particolare, per il nostro Paese. Dal comparto energetico, alla finanza, passando per l'agricoltura, sono molti i settori penalizzati;

    proprio a causa della crisi ucraina, le stime di crescita per il 2022 per l'Italia sono state già riviste al ribasso dal 4,7 per cento previsto a dicembre al 2,8 per cento. Le stime economiche potrebbero essere ulteriormente riviste in negativo col prolungarsi del conflitto: secondo banca Natixis nello scenario peggiore l'Unione europea potrebbe perdere l'8,6 per cento del prodotto intero lordo a causa del conflitto. In questo scenario l'Italia non tornerebbe ai livelli di PIL del 2019 nemmeno nel 2022;

    nell'ultima dichiarazione dell'Eurogruppo del 14 marzo non si è deciso di prorogare la clausola di salvaguardia anche per il 2023, anzi si chiede agli stati «fortemente indebitati», ove possibile, di iniziare un progressivo aggiustamento fiscale per ridurre il debito pubblico;

    nonostante i numerosi appelli di economisti europei degli ultimi anni ed una risoluzione dello scorso luglio del Parlamento europeo, non sono ancora state prese iniziative concrete per una modifica strutturale del Patto di stabilità e crescita;

    è opportuno ricordare che lo stesso European Fiscal Board, con il Report 2020, ha manifestato la necessità «di passare da un sistema di valutazione essenzialmente basato sul debito ad uno più attento alla spesa pubblica, con particolare riguardo alla sua qualità». La proposta istituirebbe di fatto una expenditure rule volta a promuovere gli investimenti e parallelamente a limitare la spesa corrente;

    in più occasioni numerosi esponenti dei governi dei paesi del nord Europa si sono detti contrari ad una revisione delle normative di bilancio europee che non tenessero adeguatamente conto di percorsi di aggiustamento del debito pubblico;

    in parallelo alla discussione sulla potenziale revisione del patto di stabilità sono state istituite delle iniziative di mutualizzazione del debito, prima tramite lo strumento «sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza» (Sure) e poi tramite il pacchetto «Next Generation EU» (Ngue) che vede nel Resilience and Recovery Facility (Rrf) il suo perno principale;

    nonostante la grande propaganda mediatica, l'impatto di questi fondi – che operano quasi esclusivamente tramite prestiti sostitutivi di emissioni nazionali – è risibile. Tanto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) necessario per ottenere le già menzionate risorse stima un impatto sul prodotto interno lordo di appena 0,3 per cento-0,6 per cento all'anno;

    inoltre, dette risorse vengono garantite solo previo espletamento delle riforme caldeggiate dalla Commissione europea tramite le raccomandazioni per Paese. A differenza di quanto si possa pensare, le erogazioni dei contributi della Rrf avvengono per tranche semestrali dopo esplicita richiesta dello Stato Membro. Le modalità di richiesta sono spiegate dall'articolo 24 del regolamento europeo e solamente gli stati che hanno fatto progressi sostanziali con le riforme, in conformità coi tempi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), possono ricevere l'erogazione del contributo. In caso negativo il pagamento viene sospeso in parte o in toto;

    lo stesso regolamento prevede che una volta ottenuti i traguardi di riforma ed investimento secondo il calendario previsto nel Pnrr, lo Stato membro può richiedere ogni sei mesi una tranche di finanziamento. La valutazione della Commissione deve però prevedere la richiesta di un parere del Comitato economico e finanziario (presieduto da tecnici non eletti). In questo consesso anche un solo Stato Membro può eccepire che vi siano scostamenti dal piano concordato ed attivare il cosiddetto «freno di emergenza». La palla passa così al Consiglio europeo che deve discutere «in modo esaustivo» e «di norma... non... più di tre mesi». Una formulazione volutamente molto vaga per lasciare spazio di persuasione e pressione allo Stato membro affinché venga posto rimedio alle riforme non ancora implementate e correggere il comportamento dello Stato membro indisciplinato;

    per come regolamentato anche Ngue si pone come un vincolo estremamente stringente per le scelte politiche degli stati membri;

    nonostante la pandemia, negli scorsi mesi, gli Stati europei hanno siglato le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità che – contrariamente a quanto a parole si vorrebbe fare – rafforza e riafferma i vincoli del Patto di stabilità e crescita per accedere al canale di liquidità precauzionale. Tali criteri generano un'asimmetria tra i pochi stati «virtuosi» (che possono accedere immediatamente al canale di liquidità precauzionale) e il resto dei Paesi dell'eurozona (che dovrebbero invece sottoscrivere un memorandum di intesa con la Commissione e il Mes. In pratica, la modifica consente un accesso alla liquidità automatico ai paesi del Nord Europa, e rende ancora più stringente l'accesso ai Paesi del Sud Europa, tra cui l'Italia;

    la stessa riforma rafforza i poteri del Mes a discapito di quelli attualmente in capo alla Commissione europea per quanto riguarda la valutazione della concessione del sostegno finanziario allo Stato membro in difficoltà e introduce l'obbligo di inserire le clausole CACs single limb nei titoli di Stato di nuova emissione dal primo gennaio 2022. Queste clausole rendono potenzialmente più rapida e probabile un'eventuale ristrutturazione del debito pubblico, che equivale ad una perdita secca del valore dei titoli di Stato, nei momenti di stress finanziario;

    l'Italia detiene oltre 14 miliardi di euro di capitale versato, e circa 125,3 miliardi di capitale sottoscritto, nella struttura del Mes;

    nella lettera mandata dal presidente dell'Eurogruppo Pascal Donohoe a Charles Michel, presidente del Vertice euro, prima del Vertice euro dello scorso 25 marzo, in relazione all'Unione Bancaria, si chiede nuovamente di trovare un accordo per la metà del 2022 che contemperi la «diversificazione del rischio dei titoli sovrani per le banche» seguendo l'approccio tipico degli stati del nord Europa che da tempo chiedono un coefficiente di ponderazione del rischio per i titoli di stato nei bilanci bancari;

    tale ponderazione – come spesso ricordato dalle organizzazioni di settore e da importanti economisti – avrebbe pesanti ripercussioni sia per il tessuto bancario che sarebbe costretto a pesanti accantonamenti di bilancio, sia per il rendimento dei nostri titoli di stato;

    nella stessa lettera, il Presidente Donohoe ha rimarcato il lavoro che le istituzioni europee stanno compiendo, assieme alla Banca centrale europea, per istituire un euro digitale da affiancare alla moneta circolante. L'Eurogruppo ha sostenuto la necessità di un intervento legislativo dell'Unione ed anche l'iniziativa della Commissione europea di una consultazione pubblica, come parte del processo pre-legislativo, che dovrebbero concludersi entro l'anno per poi arrivare ad una proposta ad inizio 2023;

    la proposta di un euro digitale secondo molti economisti ha potenzialità enormi, che spaziano dall'affidabilità alla sicurezza dei pagamenti, ma anche devastanti per il comparto bancario che potrebbe essere quasi interamente estromesso dal sistema finanziario. Unitariamente a sistemi di identità digitale, la proposta di euro digitale potrebbe comportare un controllo totale su individui ed imprese profilando rischi per la privacy ed i diritti individuali,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee e nazionali finalizzata a:

  a) mantenere attiva la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (Psc) anche nel corso del 2023;

  b) abrogare entro la fine del 2023 l'insieme di regolamenti e direttive che dal 1997 ad oggi hanno portato all'attuale Patto di stabilità e Crescita, con particolare riferimento al cosiddetto «Six Pack» e al «Two Pak», ed inoltre, a rimuovere ogni vincolo di bilancio predeterminato da soglie di deficit strutturale basate su stime irrealistiche della disoccupazione strutturale e dell'output gap e su percorsi insostenibili di rientro dal debito o di contenimento della spesa corrente;

  c) promuovere un nuovo quadro normativo di bilancio che sia teso a degli obiettivi di finanza pubblica che possano includere dei target di disoccupazione reale e di investimenti pubblici;

  d) non presentare alcun disegno di legge di ratifica della riforma del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità;

  e) smantellare il Meccanismo europeo di stabilità utilizzando gli oltre 14 miliardi di euro per un sostegno immediato alle piccole e medie imprese italiane;

  f) non assentire a nuove forme di mutualizzazione del debito europeo, anche per iniziative concernenti energia e difesa, che prevedano condizionalità di accesso e vincoli a riforme imposte dalla Commissione europea;

  g) porre il veto sul completamento del terzo pilastro dell'Unione bancaria qualora lo stesso includa forme di ponderazione o diversificazione obbligatoria nell'esposizione verso titoli di debito pubblico per i bilanci bancari;

  h) promuovere l'esclusione dalla vigilanza europea per i gruppi cooperativi derivanti dalla riforma del settore del 2016;

  i) favorire, per quanto di competenza, un ampio dibattito parlamentare sulle ipotesi di una legislazione europea sull'euro digitale e ad evitare che lo stesso accentri in maniera esclusiva l'emissione e controllo della moneta presso le banche centrali, danneggiando le possibilità di accesso al credito tramite banche commerciali e, inoltre, che in parallelo al progetto di identità digitale europea recentemente supportato dalla Commissione, l'euro digitale divenga uno strumento di controllo coercitivo per i cittadini europei.
(1-00620) «Raduzzi, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

paese membro

prodotto interno lordo

conseguenza economica