ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00488

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 513 del 21/05/2021
Firmatari
Primo firmatario: DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 21/05/2021
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
LOLLOBRIGIDA FRANCESCO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
MELONI GIORGIA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
ALBANO LUCIA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
BELLUCCI MARIA TERESA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
BIGNAMI GALEAZZO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
BUCALO CARMELA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
BUTTI ALESSIO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
CAIATA SALVATORE FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
CARETTA MARIA CRISTINA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
CIABURRO MONICA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
CIRIELLI EDMONDO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
DE TOMA MASSIMILIANO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
DEIDDA SALVATORE FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
DONZELLI GIOVANNI FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
FERRO WANDA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
FOTI TOMMASO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
FRASSINETTI PAOLA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
GALANTINO DAVIDE FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
GEMMATO MARCELLO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
LUCASELLI YLENJA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
MANTOVANI LUCREZIA MARIA BENEDETTA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
MASCHIO CIRO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
MOLLICONE FEDERICO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
MONTARULI AUGUSTA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
OSNATO MARCO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
PRISCO EMANUELE FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
RAMPELLI FABIO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
RIZZETTO WALTER FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
ROTELLI MAURO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
SILVESTRI RACHELE FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
SILVESTRONI MARCO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
TRANCASSINI PAOLO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
VARCHI MARIA CAROLINA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
VINCI GIANLUCA FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021
ZUCCONI RICCARDO FRATELLI D'ITALIA 21/05/2021


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00488
presentato da
DELMASTRO DELLE VEDOVE Andrea
testo di
Venerdì 21 maggio 2021, seduta n. 513

   La Camera,

   premesso che:

    la Turchia del presidente Erdogan ha assunto, da tempo, una pericolosa deriva islamista che nella politica domestica si estrinseca nella compressione dei più elementari diritti politici e sociali dei cittadini, mentre nella politica estera si traduce nella costante eccitazione di una logica di scontro di civiltà in nome dell'islamismo politico;

    il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan rivendica la tradizione dell'islam politico;

    Erdogan, nella costruzione di una modernissima e preoccupante «democratura islamista», sta occupando ogni carica dello Stato, in spregio ad ogni principio di equilibrio fra poteri;

    la Turchia di Erdogan ha smantellato, nel complice silenzio occidentale ed europeo, i principi laici introdotti da Ataturk nei suoi sedici anni di ininterrotto Governo;

    la pericolosa deriva islamista della Turchia di Erdogan non può più essere sottovalutata dalla comunità internazionale per i motivi infra dedotti;

    nel contesto della guerra all'Isis in Siria, i funzionari turchi hanno garantito accoglienza all'interno dei confini del Paese della mezzaluna ai militanti di Isis che scappavano dai curdi, fatto confermato dalla notizia che molti jihadisti catturati dai curdi nel Nord della Siria fossero in possesso di documenti per entrare e uscire regolarmente dal territorio turco e abbiano affermato di essere stati assistiti da funzionari turchi;

    altra terribile circostanza di riscontro è costituita dal fatto che miliziani jihadisti hanno collaborato con i militari turchi non solo nell'occupazione di Afrin, città a Nord della Siria, ma anche nella conseguente e terribile pulizia etnica;

    ulteriormente due funzionari dell'intelligence turca, catturati dai guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq nel 2017, hanno fornito nomi e contatti di una rete di assistenza all'Isis e ad altri gruppi jihadisti che sono operativi in Siria e in Iraq e che farebbe capo direttamente al Governo turco di Erdogan;

    a ciò si aggiunga che Wikileaks ha pubblicato 58.000 email che testimoniano, senza possibilità di smentita, il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nel sostegno al mercato illegale del petrolio dell'Isis rubato dai pozzi di Siria e Iraq, la cui vendita finanziava il Califfato nell'acquisto di armi;

    ancora, la figlia del presidente turco, Sumeyye Erdogan, ha organizzato a Sanliurfa – città nella parte sud orientale della Turchia vicina al confine siriano – un centro medico che include un ospedale per curare i feriti dell'Isis;

    secondo diversi osservatori Erdogan sarebbe il principale sponsor del terrorismo jihadista nella regione, una sorta di padrino per i «fratelli» del Califfato, che in Turchia vengono sostenuti e protetti;

    a New York, durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2019, il Ministro degli esteri egiziano, Ahmed Hafez, ha lanciato precise accuse contro Erdogan, sostenendo che il presidente turco supporta il terrorismo dell'Isis anche in Libia, attraverso la costante fornitura di assistenza militare, armi e addestramento;

    le dettagliate circostanze di cui sopra confermano che Erdogan stia pascendo e proteggendo i terroristi del presente e del futuro;

    ancora, al fine di rappresentare la simbolica battaglia ingaggiata contro l'Europa, l'Occidente e la Cristianità, riproducendo la retorica jihadista volta a cancellare le tracce della Cristianità proprio dalle terre ove ha mosso i primi passi, il sultano Erdogan, nel marzo. 2019, ha fatto filtrare lo sconcertante proposito di convertire Santa Sofia, la storica chiesa della Cristianità costruita nel 537 dall'imperatore Bizantino Giustiniano, in Moschea;

    il terrificante annuncio, evidentemente volto ad alimentare la retorica islamista e anticristiana della «fratellanza dei naxbantiya» a cui appartiene Erdogan, è stato: «non sarà più museo. Il suo status cambierà. La chiameremo moschea»;

    nel luglio del 2019 Erdogan passava dalla retorica ai fatti e cancellava la precedente disposizione, adottata nel 1934 da Ataturk, riconvertendo Santa Sofia in moschea, nella disarmante paralisi della comunità internazionale che si limitava a proteste formali e protocollari;

    la decisione contravveniva a quanto era stato suggerito dall'Unesco, che aveva invitato a non modificare lo status di museo dell'edificio senza aver prima avviato un dialogo sull'argomento inclusivo di tutte le comunità del Paese;

    lo scontato epilogo, nel disarmo europeo, è stata la definitiva conversione di Santa Sofia in moschea aperta alla preghiera ufficialmente dal 24 luglio 2020;

    nel rapporto con l'Europa, anche a prescindere dall'utilizzo spregiudicato dei migranti come soverchia arma di pressione, è bene ricordare che Erdogan nel 2017 ha, in termini agghiaccianti, invitato ogni turco residente in Europa a fare «almeno 5 figli... sarà la migliore risposta all'ingiustizia che vi è stata fatta»;

    il predetto invito rende soverchio il proposito di Erdogan di islamizzazione dell'Europa attraverso la proliferazione;

    anche tali agghiaccianti appelli sono il segno della volontà di alimentare fratture e una millenaristica contrapposizione con l'Europa;

    nondimeno la Turchia svolge anche un ruolo di primo piano nel finanziamento delle moschee e degli imam in Europa. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, a Strasburgo è in fase di costruzione la moschea più grande d'Europa che verrà completata nel 2025. Il progetto, che comprende la costruzione di due minareti alti 36 metri e ha un costo complessivo di oltre 36 milioni di euro, è finanziato e supportato da due associazioni islamiche turche, Mili Gorus e il Comité de coordination des musulmans turcs de France (Ccmtf), vicine all'islamo-nazionalismo di Erdogan;

    le predette due associazioni islamiche turche si sono anche rifiutate di firmare la nota «Charte de principes pour l'islam de France», il documento concordato nel gennaio 2021 tra il governo francese e il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) che chiede il rispetto dei principi fondamentali della costituzione francese, ma anche di uguaglianza, reciprocità e diritti umani a livello globale;

    le organizzazioni Ccmft e Mili Gorus rientrano in quello che viene definito da Parigi come «Islam politico» o «separatismo islamista» di matrice turca. La prima è legata al direttorato governativo per gli affari religiosi «Diyanet», mentre la seconda fondata nel 1969 da Necmettin Erbakan è indicata da numerosi studiosi come legata all'ideologia islamista dei Fratelli Musulmani;

    le predette organizzazioni sono macchine della propaganda islamista di Ankara al punto da venire definite dall'esperto di Fratellanza, Lorenzo Vidino, come «La lunga mano di Erdogan in Europa»; il rapporto d'informazione del Senato Francese «sull'organizzazione, il ruolo, i finanziamenti dell'Islam in Francia e dei suoi luoghi di culto» ha confermato la strategia di penetrazione islamica in Francia per il tramite dell'invio di imam nelle moschee affermando che «la Turchia ha scelto di contribuire al funzionamento delle moschee attraverso l'invio di imam»;

    il predetto rapporto significativamente qualifica gli imam inviati dalla Turchia «imam detaches» (imam distaccati) poiché «stranieri, finanziati dall'estero, con la procedura dei funzionari distaccati e nell'ambito di accordi bilaterali»;

    quanto sopra rappresenta un ulteriore tassello della penetrazione islamico-politica in Europa di Erdogan per il tramite delle moschee e degli imam, nella veste quasi di funzionari dello Stato turco;

    ultima ma non meno importante perfomance degna di nota di Erdogan nei confronti dell'Europa è stato l'ospitalità riservata alla Presidente della Commissione europea Von Der Leyen, accomodata a lato in un divanetto, nel contesto di una visita internazionale, nuovamente per occhieggiare all'integralismo islamico e mostrare quale sia il suo rispetto per l'Europa e per le donne;

    a tacere di altre inaccettabili prese di posizione in politica estera, il presidente Erdogan ha deciso di egemonizzare l'area del Mediterraneo orientale nella convinzione che il futuro della Turchia sia non solo quello di potenza regionale, ma di guida dell'intero islam politico;

    in tale ottica, incredibilmente e in spregio ad ogni norma e convenzione del diritto del mare, il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez, nel corso del 2019, ha dato, ad avviso dei firmatari del presente atto, sfacciatamente e provocatoriamente, l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco n° 7, di pertinenza del Governo di Nicosia e assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

    a seguito della predetta decisione il Governo turco ha inviato la nave da trivellazione Yavuz nelle aree di sovranità marittima di Cipro, Nazione europea, accompagnata da fregate militari che hanno allontanato le navi da trivellazione di Eni e Total che beneficiano di legittime concessioni estrattive del governo cipriota;

    l'invio di navi militari nell'area di esclusiva sovranità marittima di Cipro è evidentemente atto unilaterale e militare di aggressione ai danni di una Nazione europea;

    l'inaudita posizione turca si inserisce nella sfacciata prosecuzione della sua temeraria politica energetica che, utilizzando il Governo di Cipro del Nord, sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga alla piattaforma continentale turca;

    l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote, ma soprattutto tale posizione è chiaramente una nuova sfida alla comunità internazionale e contestualmente un forte messaggio all'islamismo politico di cui, anche tramite queste azioni, Erdogan vuole rivendicare la guida;

    l'Unione europea ha inserito il caso Turchia più volte nell'agenda delle ultime riunione del Consiglio europeo, al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;

    le politiche di blande sanzioni non hanno fermato Erdogan che, a più riprese, ha accompagnato con navi militari le sue navi da trivellazioni all'interno della Zee cipriota, con ciò violando, con mezzi militari ed unilateralmente, la sovranità marittima di una nazione europea;

    nell'ottobre 2019 la Turchia ha, inoltre, lanciato l'operazione «Sorgente di pace» nel nordest della Siria con l'ingresso di truppe e mezzi militari che hanno occupato una fascia di circa 30 chilometri a partire dal confine turco all'interno del territorio del Kurdistan siriano;

    ufficialmente l'operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per «eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale»;

    il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiaramente definito l'operazione turca come «un'invasione di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità», e il presidente Mohamed Ali Alhakim ha avvisato del fatto che l'offensiva «aggraverà la crisi umanitaria, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi»;

    gruppi jihadisti appartenenti ad Al Nusra si sono uniti, infatti, alla Turchia per fare la guerra ai curdi: decine di foto scattate dagli stessi miliziani ne sono stata la più innegabile testimonianza e rendono verosimile l'ipotesi formulata da più attori internazionali che i terroristi islamici detenuti fossero stati liberati dall'esercito turco;

    diverse fonti curde hanno inoltre confermato che centinaia di affiliati Isis sono scappati dai campi di detenzione e si sono uniti all'esercito turco;

    conclusivamente Erdogan non solo ha menomato l'integrità territoriale siriana, ma ha conseguito l'obiettivo di mettere in campo una devastante operazione di pulizia etnica nei confronti dei curdi che furono essenziali alleati nella lotta al jihadismo del Califfato, liberando, proteggendo e arruolando centinaia di miliziani jihadisti;

    continuare a consentire alla Turchia di operare in spregio alle norme della comunità internazionale alimenterebbe il «mito del rinato impero ottomano» presso la comunità islamica più radicale, con fatali ricadute in termini di scontro di civiltà;

    a fronte della condanna dell'Europa dell'operazione militare turca, Erdogan ha reagito in questi termini chiaramente minatori «Vi avverto, se cercherete di descrivere la nostra operazione (nel Nord della Siria) come un'invasione, il nostro lavoro sarà facile: apriremo i confini e invieremo 3,6 milioni di rifugiati in Europa»;

    nel 2020, ulteriormente e come è noto, Erdogan è intervenuto militarmente nella crisi, sfociata in conflitto armato tra Armenia e Azerbaigian;

    a prescindere dalle rispettive ragioni, il conflitto ha, sin da subito, assunto i contorni della tragedia umanitaria;

    in particolare, Erdogan ha esportato jihadisti dalla Siria e dalla Libia in Azerbaigian, fornendo anche supporto logistico all'aeronautica militare azera per gli attacchi alla Armenia e alla regione del Nagorno Karabakh;

    fonti armene hanno denunciato bombardamenti indiscriminati sui civili e l'utilizzo, da parte azera, delle cosiddette «bombe a grappolo», in evidente sfregio del diritto internazionale;

    l'intervento militare di Erdogan per il tramite di consiglieri militari e, soprattutto, di jihadisti, ha aggravato la situazione sotto il profilo umanitario, facendogli assumere i sanguinari contorni della guerra anche di religione;

    anche in questo caso appare evidente il progetto: occhieggiando all'idea del neo impero ottomano, Erdogan si accredita come Nazione forte della Fratellanza Musulmana e utilizza la leva dello scontro di civiltà per ingaggiare con l'Occidente e l'Europa la guerra per l'approvvigionamento energetico;

    anche nella regione caucasica, dunque, Erdogan ha assunto le vesti di elemento perturbatore, intervenendo militarmente e alimentando ulteriormente la tensione, in particolare con evocazioni storiche agghiaccianti con cui precisava di voler «completare l'opera dei padri», facendo neanche troppo velato riferimento al genocidio del popolo armeno;

    in particolare, quest'ultimo agghiacciante riferimento storico alimenta ferite mai sopite e l'idea di uno scontro di civiltà;

    Erdogan, dunque da tempo, destabilizza intere aree a partire dal mediterraneo orientale, dalla Siria e dalla Libia, la cui rilevanza per l'Italia in termini di sicurezza nazionale e approvvigionamento energetico merita successive e particolari considerazioni;

    sin dallo scoppio del conflitto che ha rovesciato il Governo di Gheddafi, la Turchia ha cercato di giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere libico a tutto danno dell'Italia;

    la Turchia ha fornito un pesante aiuto militare, anche infrangendo l'embargo decretato dalle Nazioni Unite, che ha permesso alle truppe legittime di Al Serraj di rovesciare la situazione sul campo di battaglia e sconfiggere l'offensiva del generale Haftar con l'ausilio di mercenari siriani, batterie antiaeree, droni in assetto da battaglia, continui rifornimenti di armi e munizioni turche;

    lo scorso anno, nell'assordante silenzio del nostro Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, i responsabili della difesa di Turchia e Qatar hanno ottenuto dal premier di Tripoli Fayez Al Serraj un vantaggioso accordo grazie al quale una parte del porto di Misurata si è trasformata in una base navale turca, garantita da una concessione di 99 anni. In base allo stesso accordo, l'aviazione militare turca potrà utilizzare la base aerea di al-Watya nella Tripolitania Occidentale;

    gran parte della costa libica è nelle mani di milizie fedeli ad Ankara, che ad oggi controlla le due principali direttrici dei flussi migratori irregolari verso l'Unione europea;

    la Turchia di Erdogan ha, inoltre, concluso con la Libia accordi per la delimitazione delle rispettive Zee, con il preciso scopo dello sfruttamento dei gasdotti e soprattutto al fine di ritardare l'esecuzione del gasdotto Eastmed;

    la delineata fascia di Zee turco-libica taglia, infatti, in due il Mediterraneo orientale, creando potenziali problemi geopolitici attinenti la libertà di navigazione e la posa di gasdotti di particolare importanza per l'Italia come il gasdotto Eastmed;

    anche l'accordo di delimitazione turco-libico viola palesemente il diritto internazionale, in quanto non tiene in debito conto i diritti degli altri Stati costieri sovrani come Grecia e Cipro, due Stati membri dell'Unione europea, inglobando in alcuni casi anche isole che fanno parte del rispettivo territorio nazionale;

    Ankara ha successivamente reso noto di aver ottenuto dal Governo di Accordo nazionale libico anche le licenze di esplorazione e perforazione relative a 7 aree situate nel Mediterraneo orientale;

    anche sul fronte interno il quadro turco appare inquietante;

    a seguito del tentato golpe del 2016, il Governo turco ha accusato di attività terroristiche e/o eversive avvocati, giuristi, accademici, intellettuali, giornalisti e artisti, rei in verità di svolgere, con indipendenza e imparzialità, la professione e di aver manifestato critiche alla democratura di Erdogan, procedendo con arresti sommari e processi svolti in violazione dei più elementari principi del contraddittorio e del giusto processo;

    a febbraio 2020, secondo Lawyers Initiative, erano stati indagati oltre 1.500 avvocati, centinaia di essi sono stati arrestati in attesa di giudizio e complessivamente è stata erogata una pena di 2.728 anni di reclusione a circa 441 avvocati, utilizzando strumentalmente le liberticide leggi speciali per il contrasto alla attività terroristica e alla propaganda terroristica;

    la recrudescenza della repressione nei confronti dell'avvocatura è espressione della brutale volontà di calpestare ogni resistenza anche processuale alla democratura;

    oltre alle legittime proteste degli avvocati turchi, la gravità della situazione ha suscitato l'intervento del Ccbe, organismo di rappresentanza dell'avvocatura dei Paesi del Consiglio d'Europa, a tutela dei diritti degli avvocati turchi;

    anche i Relatori speciali dell'Onu sono intervenuti richiedendo, senza esito, l'immediato rilascio delle persone detenute in spregio al diritto internazionale;

    durissimo è stato l'intervento del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa che ha precisato che «il sistema giudiziario turco si sta trasformando in uno strumento per zittire avvocati, difensori dei diritti umani e giornalisti, attraverso una negazione sistematica dei principi più basici dello stato di diritto»;

    incredibilmente negli ultimi dieci anni l'Unione europea ha finanziato con più di 5 miliardi i progetti finalizzati all'adesione della Turchia (somme cui devono aggiungersi gli ingenti stanziamenti per fermare i flussi di immigrati mediorientali);

    i predetti finanziamenti, finalizzati all'adesione della Turchia, sono incomprensibili alla luce dell'aperta ostilità della Turchia nei confronti dell'Europa, giunti sino alla patente aggressione, per il tramite di navi da guerra, di Cipro, nazione europea, all'interno della sua sovranità marittima,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative in ogni sede opportuna, in particolare in sede di Unione europea, affinché sia affrontata la questione della Turchia, in particolare richiedendo:

   a) l'adozione di severe sanzioni per la denegata ipotesi che la Turchia non ritiri ogni rivendicazione sulla Zee di Cipro, rispettando le legittime concessioni estrattive, non si ritiri immediatamente dai confini della libera Siria, cessando ogni operazione militare, e non riveda, con tutti gli Stati interessati, l'accordo di delimitazione delle rispettive Zee sottoscritto con la Libia, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo senza alcuna considerazione delle norme internazionali a tutela degli altri Stati rivieraschi;

   b) in ogni caso, all'Unione europea la formale revoca dello status di «associato» all'Europa della Turchia, ponendo unilateralmente fine a qualsivoglia negoziato per l'adesione della Turchia all'Unione europea.
(1-00488) «Delmastro Delle Vedove, Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».