ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00192

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 186 del 07/06/2019
Firmatari
Primo firmatario: DE CARLO SABRINA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 07/06/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PERCONTI FILIPPO GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
INVIDIA NICCOLO' MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
FLATI FRANCESCA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
OLGIATI RICCARDO MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
CAPPELLANI SANTI MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
LOVECCHIO GIORGIO MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
SUT LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
CORDA EMANUELA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
GALANTINO DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
ROMANIELLO CRISTIAN MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
ERMELLINO ALESSANDRA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
CHIAZZESE GIUSEPPE MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
ROSSINI ROBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
RUSSO GIOVANNI MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
TRAVERSI ROBERTO MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
SCANU LUCIA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
IOVINO LUIGI MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019
FRUSONE LUCA MOVIMENTO 5 STELLE 07/06/2019


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00192
presentato da
DE CARLO Sabrina
testo di
Venerdì 7 giugno 2019, seduta n. 186

   La Camera,

   premesso che:

    i foreign terrorist fighters (Ftf) hanno costituito in questi ultimi anni una delle maggiori minacce alla pace e alla stabilità nel mondo e sebbene la minaccia del terrorismo jihadista in ambito europeo appare in regressione, almeno nelle sue forme più eclatanti, il suo contrasto rimane un'assoluta priorità e sua prevenzione rimane la migliore arma per contrastarla;

    anche a seguito della disfatta dell'autoproclamato Stato Islamico, la galassia jihadista è in fase di riassetto. Secondo le stime più recenti i Ftf nell'area siro-irachena sarebbero circa 19 mila, di cui 8 mila stranieri. Tra questi ultimi sarebbero circa 2.600 gli europei dello spazio Schengen e 500 i balcanici. In totale se si comprendono anche donne e bambini il fenomeno riguarda non meno di 40 mila individui da più di 80 Paesi;

    sono numerosi i gruppi familiari e i singoli combattenti che vengono registrati in uscita dalla Siria e dall'Iraq, prevalentemente in direzione Nord Africa ma anche Asia meridionale e centrale, Sud-est asiatico ed Europa, dove i cosiddetti returnees sarebbero circa 1.700, dei quali 400 balcanici, mentre circa un migliaio sarebbero i combattenti tunisini ritornati in patria dalle zone di conflitto;

    sono principalmente queste ultime le cifre di cui anche il nostro Paese dovrà tener conto, considerando le comunità molto numerose nel nostro Paese e la vicinanza geografica del nostro Paese e ad ogni modo tenuto in considerazione che non tutti i Ftf sono stati «censiti» e che per tanti altri risulta difficile identificarli come tali;

    ad ogni modo la pericolosità del fenomeno dei Ftf di ritorno non risiede tanto nei numeri ma quanto nella «qualità» del loro profilo: potenziali veicoli di propaganda e proselitismo, nonché portatori di esperienza bellica e di know-how nell'uso di armi e esplosivi;

    con riferimento specifico al nostro Paese, nel 2018 sono stati monitorati dalle autorità 135 individui; con riferimento al contesto europeo, tale numero può essere considerato basso in valori assoluti e addirittura molto basso in relazione all'intera popolazione: si tratta, infatti, di poco più di 2 Ftf per milione di abitanti, contro i circa 46 per milione di abitanti in Belgio, 33 in Austria, 30 in Svezia e 28 in Francia; di questi 135 soltanto 24 sono in possesso della cittadinanza italiana, il 90 per cento sono uomini, l'88 per cento ha un basso livello di istruzione e l'età media è di 30 anni;

    oltre che essere un pericolo per il «ridispiegamento» in patria, i Ftf ancora in territorio di conflitto rappresentano un pericolo concreto per la sicurezza della regione, in quanto potrebbero unirsi a nuove campagne militari, riorganizzarsi e riprendere la jihad, oltre che essere un problema di «gestione»;

    dei Ftf reduci dalle campagne militari in Siria e Iraq, circa duemila combattenti con le rispettive famiglie per un totale di circa quattromila persone, sarebbero nelle mani delle Forze democratiche siriane (Syrian Democratic Forces, Sdf) e delle autorità irachene; attualmente il loro rimpatrio in Europa presenta diverse ragioni: legali, etiche, di sicurezza ed economiche;

    dal punto di vista legale sarebbe complicato processare i Ftf in patria data la difficoltà di raccogliere prove nel contesto del conflitto siro-iracheno e anche alla luce della mancanza di adeguati strumenti normativi per processarli in taluni Paesi. Per i Paesi che hanno una grande presenza di Ftf poi questo potrebbe essere un grande impegno economico, considerati i costi di trasferimenti, processi, eventuali iniziative di deradicalizzazione e reintegrazione, supporto sanitario e psicologico e altro difficilmente accettabili per l'opinione pubblica;

   particolarmente seria è poi la problematica per coloro i quali si sono recati in Siria e Iraq, ma non hanno partecipato personalmente ai combattimenti, pur aderendo all'ideologia di gruppi armati jihadisti. Questo riguarda particolarmente le donne, che secondo stime plausibili rappresenterebbero un quinto del totale delle persone partite e i minori che sono stati portati dai propri genitori o da altri adulti, o che sono addirittura nati in quel contesto;

    tutti questi individui hanno quindi trascorso anni fondamentali nella formazione di una persona in aree sotto il controllo di gruppi estremistici, esposti ad atti di violenza sistematica e altri eventi traumatici, a contatto quotidiano con l'ideologia jihadista, subendo persino articolati processi di indottrinamento. Il loro rimpatrio e ad ogni modo la loro riabilitazione, in qualunque luogo avvenga, richiederebbero quindi un'attenta e delicatissima attività di supporto;

    il possibile rientro su larga scala dei Ftf nei Paesi d'origine pone quindi tutta una serie di questioni che non possono non essere affrontare attraverso differenti strategie. In primis, con riferimento minaccia terroristica occorre proseguire nell'approccio repressivo di tutta una serie di persone che oggi esprimono idee estreme, cariche di risentimento e rabbia; con riferimento a situazioni che non possono essere considerate alla stregua del terrorismo, occorre agire con programmi che prevedano strategie di prevenzione, deradicalizzazione e riabilitazione con l'obiettivo di prevenire ulteriori e più gravi problematiche;

    al di là del perseguimento dei procedimenti penali per i reati connessi, tenendo in considerazione le difficoltà sopra evidenziate dovute alle difficoltà nel reperimento di fonti di prova certe relative alle attività svolte e ai legami con organizzazioni terroristiche, rimangono le misure di carattere repressivo quelle più diffuse in Europa, tra cui: revoca della cittadinanza, ritiro del passaporto, divieto di rientro per i Tft;

    a tal riguardo, con il decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43, sono state introdotte importanti misure volte a rafforzare e ad aggiornare rispetto alla nuova minaccia terroristica gli strumenti di prevenzione e repressione del fenomeno nel territorio dello Stato;

    tale intervento normativo è stato effettuato a seguito e in conformità alla risoluzione n. 2178, adottata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 24 settembre 2014, che tra le altre cose, oltre all'esortazione agli Stati ad applicare misure repressive, sollecita politiche attive di contrasto dell'estremismo violento e un approccio preventivo;

    in definitiva, alla luce di quanto brevemente esposto, anche considerata l'evoluzione della minaccia terroristica, appare necessario un intervento finalizzato alla revisione e all'aggiornamento nonché all'attuazione delle strategie globali di lotta all'estremismo violento jihadista in tutte le sue forme,

impegna il Governo:

1) ad applicare le raccomandazioni dell'Osce sul contrasto al terrorismo approvate durante la Conferenza del 2018 tenutasi sotto la presidenza italiana, in particolare volte a:

   a) rafforzare i controlli frontalieri;

   b) intensificare la collaborazione internazionale, in particolare rafforzando lo scambio di informazioni operative;

   c) assicurare il costante raccordo con i database dell'interpol;

   d) vigilare sui rischi collegati alla possibile infiltrazione di jihadisti nei flussi migratori;

2) a proporre, nelle sedi internazionali competenti, il dispiegamento di una forza di controllo internazionale a guida Onu alla frontiera della Siria con l'Iraq e la Turchia;

3) a sostenere nelle competenti sedi dell'Onu e dell'Unione europea le proposte volte all'istituzione di un tribunale penale internazionale che indaghi sui crimini di guerra commessi da Daesh e dalle altre organizzazioni Jihadiste in Siria e in Iraq, sul modello dei tribunali internazionali già istituiti per l'ex Jugoslavia o il Ruanda;

4) a proporre in ambito europeo una strategia di deradicalizzazione, riabilitazione e reintegrazione, in particolare con riferimento alle donne e ai minori residenti nell'Unione europea che non hanno partecipato ai combattimenti ma che attualmente si trovano in Siria e in Iraq in quanto congiunti dei Foreign Terrorist Fighters.
(1-00192) «Sabrina De Carlo, Perconti, Invidia, Flati, Olgiati, Cappellani, Lovecchio, Sut, Corda, Galantino, Romaniello, Ermellino, Chiazzese, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi, Scanu, Iovino, Frusone».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

terrorismo

mantenimento della pace

Stato islamico