ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00125

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 133 del 26/02/2019
Firmatari
Primo firmatario: PORCHIETTO CLAUDIA
Gruppo: FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 26/02/2019
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
GELMINI MARIASTELLA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
BARELLI PAOLO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
CARRARA MAURIZIO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
SQUERI LUCA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
FIORINI BENEDETTA FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
NEVI RAFFAELE FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019
PETTARIN GUIDO GERMANO FORZA ITALIA - BERLUSCONI PRESIDENTE 26/02/2019


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00125
presentato da
PORCHIETTO Claudia
testo di
Martedì 26 febbraio 2019, seduta n. 133

   La Camera,

   premesso che:

    la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, firmata il 20 marzo 1883 e modificata da ultimo il 28 settembre 1979, cui l'Italia aderisce insieme ad altri 173 Stati contraenti, ha come oggetto «i brevetti d'invenzione, i modelli d'utilità, i disegni o modelli industriali, i marchi di fabbrica o di commercio, i marchi di servizio, il nome commerciale e le indicazioni di provenienza o denominazioni d'origine, nonché la repressione della concorrenza sleale»;

    il medesimo trattato internazionale prevede che il concetto di proprietà industriale debba essere inteso «nel significato più largo» e si applichi non solo all'industria e al commercio propriamente detti, ma anche alle industrie agricole ed estrattive e a tutti i prodotti fabbricati o naturali;

    la Convenzione pone quale principio generale tra gli Stati: «nessun obbligo di domicilio o di stabilimento nel Paese dove è domandata la protezione del marchio potrà essere richiesto ai cittadini dei Paesi dell'Unione (dei 173 Stati aderenti) per il godimento di uno qualunque dei diritti di proprietà industriale»;

    tale principio appare però dover essere interpretato con maggiore flessibilità alla luce del combinato disposto delle previsioni dell'articolo 6-quater ove, nell'ambito della disciplina delle modalità di trasferimento del marchio, viene lasciata in capo allo Stato contraente la facoltà di stabilire se «la cessione del marchio debba essere valida solo se essa avvenga contemporaneamente al trasferimento dell'impresa o dell'azienda a cui il marchio appartiene» ovvero se affinché «questa validità sia ammessa, la parte dell'impresa o dell'azienda situata in tale Paese sia trasferita al cessionario con il diritto esclusivo di fabbricarvi o vendervi i prodotti contraddistinti dal marchio ceduto»;

    in ogni caso il comma 2 del medesimo articolo 6-quater stabilisce che «tale disposizione non impone ai Paesi dell'Unione (dei 173) l'obbligo di considerare valido il trasferimento di qualsiasi marchio di cui l'uso da parte del cessionario sarebbe, in fatto, di natura a indurre il pubblico in errore, particolarmente per quanto concerne la provenienza, la natura o le qualità sostanziali del prodotto ai quali il marchio è applicato»;

    l'articolo 10 del Trattato proibisce espressamente «l'utilizzazione diretta o indiretta di una indicazione falsa relativa alla provenienza del prodotto o all'identità del produttore, fabbricante o commerciante»;

    articolo 10-bis pone in capo agli Stati contraenti il dovere di assicurare protezione contro ogni atto di concorrenza sleale ovvero contro ogni atto di concorrenza contrario agli usi onesti in materia industriale o commerciale. In particolare, l'articolo vieta espressamente «I) tutti i fatti di natura tale da ingenerare confusione, qualunque ne sia il mezzo, con lo stabilimento, i prodotti o l'attività industriale o commerciale di un concorrente; II) le asserzioni false, nell'esercizio del commercio, tali da discreditare lo stabilimento, i prodotti o l'attività industriale o commerciale; III) le indicazioni o asserzioni il cui uso, nell'esercizio del commercio, possa trarre in errore il pubblico sulla natura, il modo di fabbricazione, le caratteristiche, l'attitudine all'uso o la quantità delle merci»;

    l'articolo 118 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede che «Nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure per la creazione di titoli europei al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione»;

    l'Unione europea ha provveduto alla creazione di un sistema specifico di protezione dei marchi nel proprio mercato mediante una serie di regolamenti che si sono succeduti nel tempo: il regolamento (CE) n. 40/94 e il regolamento (CE) n. 207/2009, modificato dal regolamento (UE) 2015/2424, ora abrogati, e il vigente regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017. Questo sistema specifico opera in parallelo alla protezione dei marchi ed è disponibile a livello degli Stati membri, in conformità ai rispettivi sistemi nazionali di protezione;

    esistono, dunque, diversi sistemi di protezione dei marchi: i marchi nazionali, registrati dagli uffici per la proprietà intellettuale degli Stati membri (per l'Italia dall'ufficio italiano brevetti e marchi-Uibm) sulla base di un sistema armonizzato a livello di Unione europea; i marchi dell'Unione europea (che hanno gli stessi effetti in tutta l'Unione e sono disciplinati dal predetto regolamento (UE) 2017/1001), che non sostituiscono i sistemi nazionali di marchio, bensì costituiscono un quadro giuridico parallelo e supplementare nel territorio degli Stati membri; i marchi internazionali, amministrati dall'Organizzazione internazionale della proprietà intellettuale (Ompi), i quali assicurano una protezione in diversi Paesi mediante l'adesione all'accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi, riveduto a Stoccolma nel 1967 e modificato nel 1979, e al relativo protocollo del 1989;

    contemporaneamente, i sistemi nazionali di protezione dei marchi all'interno dei diversi Stati dell'Unione europea sono stati armonizzati prima dalle direttive 89/104/CEE e 2008/95/CE, ora abrogate, e dalla vigente direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015. Tale direttiva mira a un ulteriore e più stringente ravvicinamento delle legislazioni sostanziali e procedurali degli Stati membri in materia di marchi di impresa, muovendosi in sostanziale simmetria con le disposizioni regolamentari in materia di marchio d'impresa europeo;

    insieme al citato regolamento (UE) 2017/1001, la direttiva (UE) 2015/2436 costituisce, dunque, il cosiddetto «pacchetto marchi», ossia l'intervento normativo voluto dal legislatore europeo non soltanto per armonizzare tra loro gli ordinamenti degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, ma anche per rendere il più possibile omogenei gli ordinamenti nazionali e quella parte di ordinamento europeo che disciplina in maniera diretta il «marchio dell'Unione europea», ossia il titolo di proprietà industriale rilasciato dall'Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (Euipo) che ha effetto in tutti gli Stati membri;

    nell'ambito del recepimento, tuttora in corso, della nuova disciplina comunitaria all'interno dell'ordinamento italiano il Governo è tenuto, nell'ambito dei numerosi princìpi e criteri direttivi, a: (I) prevedere i casi in cui un marchio debba essere escluso dalla registrazione o, se registrato, debba essere dichiarato nullo o decaduto, sia in relazione agli impedimenti alla registrazione e ai motivi di nullità, sia in relazione all'individuazione dei segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa; II) prevedere conformemente alla direttiva (UE) 2015/2436 il diritto di vietare l'uso di un segno a fini diversi da quello di contraddistinguere prodotti o servizi; III) uniformare la disciplina dei marchi collettivi alle disposizioni in materia contenute nella direttiva (UE) 2015/2436, prevedendo che costituiscano marchi collettivi anche i segni e le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi e stabilendo le opportune disposizioni di coordinamento con la disciplina dei marchi di garanzia e di certificazione;

    tra i profili innovativi della nuova normativa europea in corso di recepimento risulta di interesse ai fini del presente atto l'introduzione di una protezione rafforzata ai marchi che godono di una reputazione forte in uno Stato membro, con l'autorizzazione ai titolari di marchi di rinomanza a prevenire usi che, senza giusta causa, traggono indebitamente vantaggio o pregiudicano il loro carattere distintivo o la loro reputazione;

    inoltre la direttiva (UE) 2015/2436 prevede:

     che «Indipendentemente dal trasferimento dell'impresa, il marchio d'impresa può essere trasferito per la totalità o parte dei prodotti o servizio per i quali è stato registrato. Il trasferimento della totalità dell'impresa implica il trasferimento del marchio d'impresa, salvo se diversamente concordato o se le circostanze impongano chiaramente il contrario.»;

     che il marchio d'impresa «può, indipendentemente dall'impresa, essere dato in pegno o essere oggetto di un altro diritto reale»;

     che il marchio d'impresa «può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o parte del territorio di uno Stato membro. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive» e inoltre che «Il titolare di un marchio d'impresa può far valere i diritti conferiti da tale marchio contro un licenziatario che trasgredisca una disposizione del contratto di licenza per quanto riguarda: (a) la sua durata, (b) la forma oggetto della registrazione nella quale si può usare il marchio di impresa, (c) la natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è rilasciata, (d) il territorio al cui interno il marchio d'impresa può essere apposto, (e) la qualità dei prodotti fabbricati o dei servizi forniti dal licenziatario»;

     che «gli Stati membri prevedono le registrazioni di marchi collettivi» la cui domanda di registrazione può essere depositata da «associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente al diritto loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico»;

    in materia di marchi collettivi, gli Stati membri, in deroga all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), «possono disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi.»;

    il codice della proprietà industriale vigente nell'ordinamento italiano (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30) prevede:

     all'articolo 11 che «I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi collettivi ed hanno la facoltà di concedere l'uso dei marchi esteri a produttori o commercianti.» e che «In deroga all'articolo 13, comma 1, un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi.»;

     all'articolo 14 che «Il marchio d'impresa decade se sia divenuta idoneo ad indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa di modo e del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è registrato»;

     all'articolo 19 che «Anche le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono ottenere registrazioni di marchio»;

     all'articolo 25 che «Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato» e «può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari.»;

     il medesimo articolo prevede inoltre che «Il titolare del marchio d'impresa può far valere il diritto all'uso esclusivo del marchio stesso contro il licenziatario che violi le disposizioni del contratto di licenza relativamente alla durata; al modo di utilizzazione del marchio, alla natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è concessa, al territorio in cui il marchio può essere usato o alla qualità dei prodotti fabbricati e dei servizi prestati dal licenziatario.» e che «In ogni caso, dal trasferimento e dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico»;

    i diritti di proprietà industriale costituiscono, per tutte le tipologie di imprese, un asset di valore inestimabile da proteggere e tutelare con rigore e attenzione;

    ciò vale tanto più nel nostro Paese ove le peculiarità del sistema produttivo, formato da innumerevoli casi di eccellenza, di alta artigianalità, di qualità, di stile unici al mondo rendono il know how, la creatività, il tratto distintivo, la ricerca delle materie prime migliori i veri assi nella manica del successo internazionale delle produzioni nostrane;

    la forza dei marchi «made in Italy» è dimostrata anche dall'attenzione dedicata all'Italia dalla prestigiosa classifica BrandZ, realizzata per Wpp da Kantar Millward Brown, che da 12 anni edita la Top 100 mondiale dei marchi e, dal 2018, ha riservato una parte dell'analisi specifica proprio ai marchi italiani;

    la prima «Top30 Most Valuable Italian Brands» ha messo in luce la forza del «brand Italia» nel suo complesso, a cui tutto il mondo riconosce il primato nella creatività, nello stile, nella ricerca estetica e ha sottolineato che i marchi italiani si distinguono in Europa per l'attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale e per la capacità di adattarsi ai nuovi mercati;

    negli ultimi anni molti marchi emblema d'italianità sono stati acquisiti da gruppi stranieri. Nel settore della moda, dei gioielli e della cosmetica vi sono i casi più noti: Versace è stato venduto agli americani di Michael Kors; Loro Piana, Pucci, Fendi, Bulgari e Acqua di Parma sono stati tutti acquisiti dal gruppo francese LVMH; Gucci, Bottega Veneta, Brioni e Pomellato sono stati acquisiti dal gruppo Kering; Valentino è di proprietà del fondo del Qatar Mayhoola; Krizia del gruppo cinese Marisfrolg;

    anche molte aziende di taglia media e piccola che operano in settori meno «popolari alle cronache» sono finite nel mirino di gruppi esteri, con l'aggravante in questi casi sono stati statisticamente più frequenti i comportamenti anomali da parte dei nuovi acquirenti, spesso a danno della qualità e dell'immagine del marchio, oltre che degli standard occupazionali garantiti dagli stabilimenti produttivi presenti sul suolo italiano. Nel settore metalmeccanico si ricordano Saeco, il marchio storico dei piccoli elettrodomestici e macchine da caffè emiliano fatta propria dalla multinazionale Philips, le Acciaierie di Piombino acquisita dal gruppo algerino Cervital, la Ercole Marelli di Sesto San Giovanni inglobata da Alstom, Piaggio Aerospace ceduto al fondo sovrano emirato Mubadala, le Acciaierie di Terni divenute parte del Gruppo tedesco Thyssen Krupp;

    anche nel settore alimentare, punta di diamante del tessuto produttivo italiano, le cessioni sono state numerose e rilevanti. Pernigotti e le vicissitudini con i nuovi proprietari turchi sono solo l'ultimo dei casi di cronaca, ma in passato sono stati numerosi gli eventi analoghi: Perugina venduta alla Nestlé, il gruppo francese Lactalis ha collezionato un vero e proprio portafoglio di brand italiani (Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Vallelata e Parmalat), le tre maggiori etichette nel settore dell'olio – Bertolli, Carapelli e Sasso – fanno parte della scuderia della spagnola Deoleo, Birra Peroni insieme al marchio Nastro Azzurro sono state prima cedute al colosso sudafricano SABMiller, poi a loro volta trasferite ai giapponesi di Asahi, il pacchetto di marchi Star (Pummarò, Sogni d'oro, GranRagù Star, Risochef) sono ora di proprietà spagnola, Mellin è stato acquisito dagli olandesi e confluito poi sotto il cappello di Danone, Orzo Bimbo appartiene al ramo specializzato in nutrizione del gruppo svizzero Novartis, Plasmon è passato al colosso americano Heinz per poi essere ceduto alla Francia, la Fiorucci salumi al Gruppo messicano Campofrio Food Group, i brand piemontesi Caffè Hug e Splendid sono stati acquistati dalla multinazionale olandese del caffè Jacobs Douwe Egberts (JDE);

    la normativa vigente in materia di proprietà industriale non tiene conto delle particolari peculiarità presenti sul territorio italiano, in particolare non è riuscita fino ad oggi a recepire l'esistenza, e quindi a garantire adeguata tutela, ai marchi storici e indentitari presenti sul territorio italiano;

    il valore di un marchio storico, nato e cresciuto in un determinato territorio, che ha fatto di quelle radici parte della propria esclusività, creando un indotto economico, produttivo e occupazionale di alta specializzazione deve essere considerato parte integrante dell'identità, della storia e della cultura del nostro Paese e deve ricevere una tutela ad hoc, differente e ulteriore rispetto ai marchi standard, nella quale il fattore geografico-territoriale assuma una rilevanza fondamentale,

impegna il Governo:

1) nel pieno rispetto della libera iniziativa economica, ad adottare iniziative per introdurre, norme specifiche riguardo ai marchi storici indentitari, che garantiscano il rispetto del legame con il territorio ove questi siano stati prodotti per centinaia di anni anche in caso di cessione – ad operatori italiani o stranieri non rileva – di parte o della totalità dell'attività produttiva;

2) a promuovere una specifica classificazione dei marchi storici identitari italiani, anche con la collaborazione tecnica del Ministero dello sviluppo economico attraverso la direzione generale per la lotta alla contraffazione – ufficio italiano brevetti e marchi, e delle regioni italiane;

3) a promuovere la registrazione, su iniziativa del Ministero dello sviluppo economico, di un marchio collettivo identificato come «marchio storico italiano» da attribuire in via automatica ai marchi contenuti nel suddetto albo specifico, al fine di rafforzare l'elemento distintivo e la riconoscibilità di questi brand identitari;

4) ad adottare iniziative per prevedere in seno a Cassa depositi e prestiti spa, nell'ambito delle attività previste dai commi 7 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, la creazione di un fondo «marchi storici indentitari italiani»;

5) ad adottare iniziative per prevedere che in caso di cessione di parte o della totalità della proprietà o della produzione legata a marchi storici indentitari italiani a nuovi proprietari, italiani o stranieri, lo stesso marchio venga automaticamente scorporato e trasferito – al medesimo valore economico stabilito da perizia asseverata effettuata in sede di compravendita – per i primi sette anni a Cassa depositi e prestiti spa, che lo concede con contratto di licenza a titolo gratuito al neo-proprietario dell'impresa, a condizione che esso rispetti i requisiti di natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi per i quali il marchio è registrato;

6) ad adottare iniziative per prevedere che allo scadere del settimo anno, il marchio possa essere riscattato al medesimo valore concordato in sede di compravendita;

7) ad adottare iniziative per prevedere che, qualora nel corso del settennato le strategie industriali dei nuovi proprietari si discostino dai requisiti di natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi per i quali il marchio è stato registrato, Cassa depositi e prestiti spa possa esercitare la revoca del contratto di licenza e il diritto di riscatto decada;

8) ad adottare iniziative per prevedere, in favore delle imprese proprietarie o licenziatarie di marchi storici identitari, un pacchetto di agevolazioni fiscali specifiche per spese e investimenti direttamente connessi alla produzione dei beni o servizi per i quali il marchio è registrato, in particolare in favore di attività volte alla valorizzazione produttiva e commerciale del marchio e dei prodotti/servizi ad esso correlati ovvero per attività volte al rafforzamento del marchio, alla sua estensione a livello comunitario e/o internazionale, nonché all'ampliamento della sua protezione mediante la registrazione dello stesso marchio in ulteriori classi di prodotti o servizi, coerentemente con l'oggetto sociale della piccola e media impresa richiedente l'agevolazione;

9) a sostenere con forza, in sede di notifica alla Commissione europea della normativa in questione ai sensi della direttiva 98/34/CE, la quale obbliga gli Stati membri a notificare alla Commissione europea i progetti di regolamentazioni tecniche prima che siano adottate nelle legislazioni nazionali, la necessità di rafforzare la tutela dei marchi storici indentitari e, in deroga alla disciplina generale, il legame con il territorio di origine, al fine di evitare che da eventuale trasferimento dei medesimi brand derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico e, dunque, al fine della tutela dell'interesse nazionale, nonché della salute e della sicurezza pubblica.
(1-00125) «Porchietto, Gelmini, Barelli, Carrara, Squeri, Fiorini, Nevi, Pettarin».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

beni e servizi

marcatura

diritto dei marchi