XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 13 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE CONNESSE ALL'AVVIO E ALL'ESERCIZIO DELLE ATTIVITÀ DI IMPRESA

Audizione di rappresentanti di Alleanza Cooperative Italiane.
Stumpo Nicola , Presidente ... 3 
Della Vecchia Tonj , capo Servizio legislativo e legale di Confcooperative ... 3 
Stumpo Nicola , Presidente ... 7 
Iengo Mauro , responsabile Ufficio fisco e legislazione di Legacoop ... 8 
Stumpo Nicola , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
NICOLA STUMPO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che, trattandosi di seduta dedicata all'attività conoscitiva, ai componenti della Commissione è consentita la partecipazione da remoto secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento. In proposito, ricordo che per i componenti che intendano partecipare ai lavori secondo la predetta modalità è necessario che risultino visibili alla presidenza al momento del loro intervento.

Audizione di rappresentanti di Alleanza Cooperative Italiane.

  PRESIDENTE. Nella seduta odierna prosegue lo svolgimento dell'indagine conoscitiva in materia di semplificazione delle procedure amministrative connesse all'attività di impresa con l'audizione dell'Alleanza Cooperative Italiane, rappresentata dal Capo Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative, Tonj Della Vecchia, e dal Responsabile Ufficio Fisco e Legislazione di Legacoop, Mauro Iengo, che partecipano ai nostri lavori in videoconferenza e che ringrazio per aver aderito all'invito a partecipare ai nostri lavori.
  La questione della semplificazione delle procedure amministrative relative alle attività imprenditoriali è ormai da tempo al centro dell'attenzione del legislatore, ed è ora unanimemente avvertita come uno snodo essenziale per un'efficace ripartenza del sistema economico italiano. La razionalizzazione delle procedure amministrative e l'individuazione di un interlocutore sul territorio quale interfaccia unica delle amministrazioni pubbliche nei confronti delle imprese rappresentano i cardini del lavoro svolto in questo ambito dal legislatore negli ultimi anni. Da ultimo, l'adozione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, trasmesso all'Unione europea il 30 aprile scorso, ci pone in una fase cruciale, in cui lo sforzo di tutti sarà rivolto all'attuazione delle azioni di riforma previste.
  In tale quadro si pone l'unanime esigenza di dare piena attuazione al principio Once Only da parte delle amministrazioni pubbliche coinvolte nei procedimenti amministrativi che riguardano l'attività di impresa, compiendo un ulteriore passo verso una reale sinergia tra pubblica amministrazione e imprese.
  Chiederei agli auditi di segnalare alla Commissione tutti quegli elementi che dal punto di vista delle cooperative italiane possono essere utili ai predetti fini.
  Do, quindi, la parola prima al dottor Tonj Della Vecchia e poi al dottor Mauro Iengo. Prego, dottor Della Vecchia.

  TONJ DELLA VECCHIA, capo Servizio legislativo e legale di Confcooperative Grazie, presidente. Grazie per questa occasione. Più volte, in questo decennio, abbiamo avuto modo di interloquire non soltanto con il Parlamento, ma anche con i Ministeri e con il Governo, rispetto alle esigenze e ai comparti in cui l'esigenza di semplificazione burocratica è maggiormente avvertita. Abbiamo in un certo qual modo anche elaborato una posizione, che è diventata Pag. 4 una posizione consolidata in tutto quanto il movimento, su quelle che a parer nostro sono le priorità sotto il profilo dei principi, cui informare la politica, di concreta effettiva e rapida sburocratizzazione.
  Se permette, noi le esprimiamo prima un pensiero generale critico su come è avvenuta in questi anni la semplificazione e su come sarebbe potuta avvenire in maniera più ficcante, più efficace. Da questo punto di vista, noi riteniamo che la concentrazione sul procedimento amministrativo e l'emarginazione dei profili legati alla semplificazione legislativa, cioè alla soppressione delle norme e alla codificazione, non siano una buona soluzione. Noi riteniamo che al primo posto debba esserci soprattutto una semplificazione di natura legislativa, normativa, attuata o nelle forme della ripulitura di buona parte delle leggi esistenti, quindi con le tecniche dell'abrogazione, oppure nella forma del riassetto della codificazione o riunificazione in testi unici. Sotto questo profilo, caldeggiamo da un po' di tempo una riedizione di una sorta di «taglia-leggi» aggiornato. Questo lo diciamo perché riteniamo prioritaria e strutturale una semplificazione che sia anzitutto legislativa. Prima le norme e poi i procedimenti; prima eliminiamo e razionalizziamo le norme e, poi, ci concentriamo sui procedimenti, perché riteniamo che la causa vera della complicazione, soprattutto in settori quali quello dell'avvio dell'impresa o delle decisioni di investimento, sia data dall'esistenza di troppe norme o non sistemate o sistemate in maniera caotica e di troppi enti produttori e gestori della loro attuazione.
  Da questo punto di vista, il procedimento amministrativo impone la sua sovrastrutturalità rispetto alla priorità che hanno norme e soggetti gestori e produttori delle norme, ed è lì che conviene aggredire. Tra l'altro, in più interventi in questa indagine conoscitiva, si è sottolineata la complicazione che deriva anche dall'avere una forma di Stato complessa e un'amministrazione multilivello con molteplici soggetti produttori di norme, e si è indicata in questa situazione una delle cause della complicazione burocratica. Auspichiamo questa nuova stagione molto più seria e di più ampio respiro di codificazione, riassetto e ripulitura dell'ordinamento.
  Un altro aspetto che va sempre a connotare un pensiero critico sulla semplificazione e su come è stata attuata sinora riguarda la tecnica di produzione della norma, che troppo spesso e con troppa facilità rinvia a normative di secondo grado. Da questo punto di vista si è fatto qualche passo in avanti in questi anni, cercando di andare a censire la normativa di secondo grado necessaria e quella inattuata, ma si è fatto ancora poco. Il tema dell'attuazione delle norme è un'altra di quelle questioni che è causa essa stessa di una complicazione dell'ordinamento, e quindi anche del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, specie riguardo a quegli istituti rispetto ai quali si ripone la speranza di una semplificazione che però non viene attuata o viene attuata con ritardo e in malo modo.
  Un ultimo tema riguarda la necessità di estendere queste politiche di semplificazione, anche quelle riferite alla semplificazione dei procedimenti, a settori che sono stati pressoché ignorati da drastiche misure di semplificazione oppure sono stati considerati da questo punto di vista con provvedimenti ad hoc, spesso parziali ed eccessivamente selettivi. Alludiamo, in particolare, alla materia fiscale e alla materia della giustizia: due grandi temi, due riforme trasversali indicate dal PNRR come riforme cruciali per la ripresa del Paese e che richiedono, oltre che un riassetto e una rigenerazione, un approccio grandemente semplificante degli oneri burocratici di cui si fanno carico i cittadini rispetto ai compiti di amministrazione dello Stato, sia dall'amministrazione finanziaria sia di quella della giustizia.
  Ci rendiamo conto che molti di questi profili sono stati già trattati da colleghi e istituzioni ascoltate da questa Commissione, nel contesto di questa indagine conoscitiva che opportunamente si concentra su alcune cose e alcune fasi della relazione complessa tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Lo fa opportunamente, concentrandosi sulla fase dell'avvio dell'impresa, Pag. 5 e questa è la ragione per cui adesso mi soffermerò squisitamente e precipuamente sull'oggetto di questa indagine, cioè sullo starting a business (perdonerete l'inglese), con riferimento al cominciamento di particolari forme di imprese, cioè delle imprese cooperative, mutualistiche e con funzioni sociali.
  Da questo punto di vista noi abbiamo censito, in questi anni recenti, una serie di difficoltà che non riguardano soltanto l'avvio e la costituzione del soggetto di impresa, ma anche la semplice evoluzione di alcuni soggetti non imprenditoriali in imprese (anche su questo vi diremo qualcosa), difficoltà di natura burocratica o comunque di insufficiente stimolo all'aggregazione tra le imprese (quindi costituzione, trapasso alla forma imprenditoriale e aggregazione tra imprese), e in ultimo difficoltà riferite ad alcune inedite nuove rivoluzionarie forme di impresa che la modernità ci sta consegnando.
  Comincio dalla questione della costituzione del soggetto d'impresa. L'avvento della figura della S.r.l. semplificata ha determinato delle conseguenze notevoli, soprattutto nel nostro mondo. La cooperativa è stata per parecchio tempo la start up elettiva dell'ordinamento data la facilità, o meglio, la forma agevole di costituzione per quanto riguarda soprattutto le questioni legate al livello del capitale legale e alla sua variabilità. Era considerata come la forma elettiva per i giovani lavoratori che volevano avviare un'attività di impresa. Con l'avvento della S.r.l. semplificata c'è stata una sorta di spiazzamento. C'è stato un grande successo, per certi versi opportuno, di questa forma semplificata di costituzione di società di capitali, ma un fortissimo spiazzamento delle cooperative, che in questi anni sono state costituite in misura nettamente inferiore.
  Sappiamo che la cooperazione è soprattutto una palestra, che bisogna cominciare per conoscerne veramente i risultati e i risvolti in termini di funzione sociale, semmai si comincia; ma è difficile vedere quanto la cooperazione possa essere funzionale e utile sotto tutti i profili, anche e soprattutto quelli costituzionali. Questa fortissima limitazione, il mancato aggiornamento delle forme semplificate di costituzione rispetto anche alla forma cooperativa, ha secondo noi determinato un serio danno a tutto l'ordinamento. Ecco perché riteniamo che si debba da subito introdurre una forma semplificata di costituzione delle società cooperative al pari delle S.r.l. semplificata. Su questo abbiamo non solo delle proposte analitiche, alcune già discusse, esaminate e vagliate positivamente dall'autorità di vigilanza e dal Ministero dello sviluppo economico. Vi è anche l'occasione legislativa – data dalla necessità del Parlamento italiano, delle autorità italiane, in questo caso del Governo come legislatore delegato – di attuare una direttiva sulla costituzione a distanza digitale delle S.r.l. e delle società di capitali in genere. La direttiva è specificamente nominata nella legge di delegazione europea, la legge n. 53 del 2021, approvata da qualche settimana.
  Il tema della costituzione della società cooperativa è uno dei temi importanti da aggredire quanto prima. Non solo è un'occasione, ma soprattutto vi sono gli strumenti e le proposte analitiche per aggredire questo tema.
  L'altra forte questione è quella dell'evoluzione di attività pre-economiche, pre-imprenditoriali, in imprese in senso proprio, in senso stretto. Da questo punto di vista noi sottolineiamo l'incomprensibile inattuazione di alcune recenti riforme, che avrebbero potuto favorire questo trapasso e razionalizzazione di attività pre-economiche, o comunque economiche, di fatto in attività imprenditoriali sotto tutti i punti di vista. Alludiamo, in particolare, alla tardiva e ancora incompleta attuazione della riforma dell'impresa sociale, alla non ancora in vigore riforma degli enti sportivi che potrebbe dare uno sprone al trapasso di alcune forme di attività pre-economicità in attività imprenditoriale in senso stretto; ma alludiamo anche all'opportunità, mai colta dal legislatore di queste riforme, di introdurre nell'ordinamento delle finestre legislative in grado di consentire la trasformazione delle associazioni in società di capitali in maniera agevolata e in maniera tale – non dico da eludere, perché non è questo Pag. 6il problema –, ma da favorire una trasformazione di massa di parecchi di questi fenomeni in impresa, semplificando quelli che attualmente esistono e che sono posti dal codice civile per quanto riguarda la trasformazione eterogenea di associazioni in società di capitali.
  Spesso tutti questi fenomeni, che hanno forma di associazione ma che sono nella sostanza imprese, hanno difficoltà a strutturarsi in forma di società proprio per questi ostacoli, e nell'occasione di queste grandi riforme non c'è mai una finestra che consenta il trapasso di associazioni in società di capitali in maniera semplificata, tale da favorire questa trasformazione in massa e attuare, in maniera decisa, riforme di grande ambizione. Ne ho citate alcune.
  Riteniamo che sia opportuno prevedere delle finestre, attraverso disposizioni transitorie, che consentano ai nuovi soggetti dell'economia culturale, sportiva, sociale di favorire l'assunzione della nuova forma di società di capitali quando in realtà partono da forme di tipo del libro primo del codice civile, ovvero associazioni o fondazioni.
  Alto tema è l'aggregazione tra le imprese. Abbiamo spesso declamato, ormai in più decenni, l'opportunità di aggregazione. La cooperazione, il consorzio cooperativo, la rete d'impresa sono forme in grado di accompagnare questi processi. Spesso, però, questi processi sono stati orfani di congeniali misure di stimolo fiscale all'aggregazione, perché spesso queste misure di stimolo fiscale hanno guardato alla società di capitali elettiva, alla S.p.a., dimenticando la specialità e il pluralismo di alcune forme e dimenticando che per alcune di queste andrebbero congegnate misure di sostegno e di stimolo fiscale più universali, in grado di funzionare per tutte le forme di impresa.
  Per esempio, il bonus aggregazioni, una delle ultime misure dell'ultima legge di bilancio, nella sua forma di credito d'imposta ha una carica più universalizzante, capace di prendere tutte le forme e di favorire, per tutte, processi di aggregazione; però contiene dei forti limiti rispetto al premio fiscale incorporato, tali da tradire la volontà di favorire per lo più le aggregazioni tra grandi soggetti. Ma, in realtà, l'esigenza dell'aggregazione d'impresa è un qualcosa che pertiene soprattutto alla foresta delle imprese medio-piccole, ed è lì che bisognerebbe intervenire con un bonus, con una misura con limiti e condizionamenti diversi, molto più a dimensione e congeniali all'impresa medio-piccola.
  Sotto questo profilo noi auspichiamo anche una rimeditazione di alcuni requisiti di aggregazione delle cooperative e delle imprese sociali, e in particolare segnaliamo l'opportunità di andare a rivedere la figura del consorzio cooperativo rispetto alla base sociale di aggregazione. Lì abbiamo delle proposte, ma riteniamo ormai ineludibile la necessità di intervenire favorendo una base sociale più assortita. Ovviamente il consorzio cooperativo deve restare una forma di aggregazione che in prevalenza deve essere costituita da imprese con funzione sociale e, in primis, da imprese mutualistiche cooperative; ma è ormai il tempo di allargare questa base sociale, di aprirla a nuove esperienze e nuove forme giuridiche.
  L'ultimo punto riguarda una maggiore attenzione rispetto a nuovi cominciamenti di impresa, nuovi fenomeni economici che rischiano di vedersi tarpate le ali.
  Vi segnaliamo in particolare due fenomeni interessanti. Uno riguarda, non solo con uno slogan, ma anche con una dicitura che è entrata nel dibattito giuridico del Paese, quelle che si chiamano «cooperative comunità» o «imprese di comunità». Sono espressioni che sintetizzano quei fenomeni imprenditoriali tipici di aree svantaggiate, anche urbane – aree interne, aree montane, aree urbane degradate eccetera – e che sono connotate per lo più da una forma mutualistica dell'impresa, per lo più cooperativa, e dalla strutturale funzione anche benefica per le comunità in cui operano, oltre che dalla partecipazione e dalla governance democratica. Queste misure nascono per lo più in realtà ad alta desertificazione economica, dove ci sono pochissime imprese, pochissime persone, e dove vi è il fortissimo rischio di desertificazione antropologica istituzionale prima che economica. Eppure c'è qualche matto, o anzi, Pag. 7più di qualche matto, che decide di presidiare quei retaggi anche di storia del Paese con delle attività addirittura, udite udite, di impresa, e non di meno questi matti incontrano oltre alle difficoltà della storia anche le difficoltà meno nobili della burocrazia.
  Sono tante, andrebbero inanellate una dietro l'altra, ma una in particolare è odiosa, cioè l'impossibilità di adottare più codici ATECO da parte di questi soggetti che svolgono tre, quattro, cinque attività, e che solo svolgendo tre, quattro, cinque, sei, sette attività economiche riescono a essere sostenibili per sé stessi e a rendere sostenibile il presidio che esercitano in quel territorio. Questo impedisce l'accesso a tutta una serie di istituti. Sembra una banalità, perché stiamo veramente parlando della mera sovrastrutturalità burocratica, però è così. È per questo che crediamo che questo problema debba essere affrontato e risolto quanto prima. Noi riteniamo che sia possibile farlo con l'introduzione di un codice ATECO primario, multiplo, per questi fenomeni di imprese che operano in primis in aree montane, zone ad alta intensità sismica, piccoli comuni svantaggiati, aree interne.
  In ultimo vengo a un fenomeno sempre nuovo, inedito, molto interessante, costituito dalle cosiddette «comunità energetiche», le comunità di cittadini che si riuniscono per produrre e auto-consumare energia. Vi sono due figure che l'ordinamento europeo vuole che gli Stati membri attuino. In Italia abbiamo cominciato, però non abbiamo cominciato bene; questo lo dobbiamo dire. La comunità energetica è una figura che a livello dell'ordinamento europeo è stata elaborata e promossa dal Movimento cooperativo europeo nella forma del Movimento della cooperazione elettrica europea. È una figura in primis di impresa democratica costituita dai cittadini e che opera nelle forme della razionalità economica imprenditoriale.
  La scelta che sta facendo il legislatore italiano, invece, è quella di dirottare questo fenomeno nella forma delle attività non imprenditoriali, non economiche. Lo vediamo dalla misura che è stata introdotta a mo' di sperimentazione nel vecchio decreto-legge «Milleproroghe», quello dell'anno passato, e lo vediamo nella novella che è stata appostata al cosiddetto «Superbonus», di cui possono godere soltanto le comunità energetiche che hanno la forma di ente non commerciale. È evidente la piega che sta prendendo questo fenomeno, che in realtà è un nuovo avvio di attività imprenditoriali partecipate, diffuse e di grande responsabilizzazione economica dei cittadini. Eppure viene relegato dal legislatore italiano alla forma dell'associazionismo non imprenditoriale, quasi non credendo nelle possibilità dei cittadini di auto-governarsi e di gestire democraticamente e con mire di sviluppo un'attività economica, tra l'altro in un settore di grande innovazione, di cui ha dato prova di grande innovazione il Movimento cooperativo europeo. Questo non lo comprendiamo, anche perché dietro questo movimento c'è anche un sano ambientalismo, un ambientalismo che vuole coniugare responsabilizzazione dei cittadini alla tutela del paesaggio e all'economia sostenibile, in primis però responsabilizzazione dei cittadini; eppure il legislatore italiano sta mancando questo tassello fondamentale.
  Sto perdendo tempo su questo punto perché so che le imprese aventi a oggetto l'energia rinnovabile sono uno dei temi programmatici di questa indagine conoscitiva, quindi mi sto concedendo questa digressione. È opportuno che le due direttive europee sul mercato dell'energia e sull'energia rinnovabile, anche queste dedotte nell'ultima legge europea, la legge n. 53 del 2021, attuino l'istituto della comunità di energia rinnovabile e della comunità energetica di cittadini, non dimenticando che queste forme sono in primis forme di impresa – non sono forme democratiche e mutualistiche come vuole la direttiva, ma innanzitutto forme di impresa – e che sarebbe veramente un peccato se venissero rinchiuse nel recinto degli enti non economici.
  Ho finito, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Della Vecchia. Darei la parola al dottor Mauro Iengo.

Pag. 8

  MAURO IENGO, responsabile Ufficio fisco e legislazione di Legacoop. Grazie, presidente. La posizione dell'Alleanza delle Cooperative è stata espressa dal collega Della Vecchia, per cui, anche per una semplificazione della rappresentanza politica, perlomeno per quanto mi riguarda, le posizioni dell'Alleanza sono state già espresse.

  PRESIDENTE. Perfetto così. Io chiederei ai colleghi che sono collegati se hanno delle domande oppure se, come capitato altre volte, potremmo fornire successivamente delle domande scritte e avere delle eventuali risposte. Preso atto che non ci sono domande, ringrazio i nostri ospiti per il contributo ed anche il segretario generale di Confcooperative, Marco Venturelli, per la disponibilità che ci aveva dato, anche se non è riuscito a collegarsi. Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.05.