XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Mercoledì 26 giugno 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Parolo Ugo , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA «PER UNA RIFORMA DELLA FISCALITÀ IMMOBILIARE, EQUITÀ, SEMPLIFICAZIONE E RILANCIO DEL SETTORE»

Audizione del professor Maurizio Leo, docente di diritto tributario.
Parolo Ugo , Presidente ... 2 
Leo Maurizio , docente di diritto tributario ... 2 
Parolo Ugo , Presidente ... 7 
Leo Maurizio , docente di diritto tributario ... 7 
Parolo Ugo , Presidente ... 7 
Barbaro Claudio  ... 7 
Leo Maurizio , docente di diritto tributario ... 7 
Parolo Ugo , Presidente ... 7 
Sciascia Salvatore  ... 7 
Parolo Ugo , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO PAROLO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Informo che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming con modalità sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Maurizio Leo, docente di diritto tributario.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Maurizio Leo, docente di diritto tributario, accompagnato dal dottor Giovanni Formica, commercialista.
  Il professor Leo è stato anche parlamentare e presidente di questa Commissione, quindi a maggior ragione è un piacere averlo con noi.
  L'audizione odierna è volta a conoscere il punto di vista del professor Maurizio Leo, nella sua veste di esperto del settore, circa il possibile utilizzo della leva fiscale o di altri strumenti per supportare la ripresa del settore dell'edilizia e le questioni connesse all'indagine conoscitiva in materia di fiscalità immobiliare.
  Ringrazio il professor Leo, a cui cedo volentieri la parola.

  MAURIZIO LEO, docente di diritto tributario. Buongiorno a tutti. Ringrazio per l'invito, anche perché, come ricordava il presidente, mi sento un po’ a casa, visto che in passato sono stato presidente di questa Commissione, quindi ad essa sono particolarmente legato.
  Il tema che mi è stato affidato è quello di esaminare un po’ i riflessi che sul versante fiscale possono generarsi per quanto attiene al comparto immobiliare. Nel fare questo, mi soffermerò in particolare sulle tematiche che riguardano le imprese, quindi sul modo in cui il mondo imprenditoriale può seguire la fiscalità immobiliare anche per avere un meccanismo di sviluppo per l'economia e per la ripresa del Paese.
  Detto questo, non possiamo dimenticare che il tema della fiscalità immobiliare è sempre stato al centro dell'attenzione da parte del legislatore. Ricordiamo che già con la finanziaria del 2008 si era pensato di istituire una Commissione che rivedesse a 360 gradi sia la fiscalità diretta sia la fiscalità indiretta per il comparto immobiliare. Purtroppo, in dodici anni non sono stati prodotti provvedimenti significativi, se non nell'ambito di interventi necessitati alla luce delle pronunce comunitarie, di orientamenti comunitari. Siamo, quindi, in una fase in cui è necessario, e quindi ben venga la vostra indagine conoscitiva, fare un po’ il punto sulla fiscalità immobiliare.
  Ho avuto modo di leggere gli interventi di chi mi ha preceduto e ho visto che si sono concentrati in particolare sul catasto, sulla fiscalità delle persone fisiche e via dicendo. Per questo, ho ritenuto di concentrarmi su come le imprese possono approcciarsi alla materia della fiscalità immobiliare.
  Devo mettere in evidenza che dobbiamo guardare questa materia da due angoli visuali: gli immobili commerciali e gli immobili residenziali, separando le due aree dal punto di vista della fiscalità immobiliare. Pag. 3
  Due elementi sono a mio modo di vedere fondamentali. Uno è quello di assicurare a chi investe, a chi intende gestire patrimoni immobiliari, la cosiddetta certezza delle regole. Purtroppo, nel corso del tempo sono intervenuti tanti provvedimenti che hanno un po’ disorientato anche gli investitori. Poi occorre porre in essere una serie di misure di adeguamento della normativa nazionale alle mutate esigenze. Rispetto a quando furono introdotte norme di legge in materia di immobili, sono cambiate tante cose, e quindi è necessario provvedere anche a degli aggiornamenti.
  Parlo prima della tematica della certezza. Che cosa è opportuno fare sul versante degli immobili commerciali?
  Innanzitutto, come sapete, proprio con la legge di bilancio del 2019 si è corretta un'anomalia che stava emergendo per quanto riguarda gli interessi passivi delle imprese immobiliari. Voi sapete che molte imprese immobiliari, soprattutto quelle di gestione «passiva», ossia quelle che hanno unità immobiliari che danno in locazione, contraggono finanziamenti, contraggono mutui e via dicendo. Una norma della finanziaria del 2008 prevedeva che gli interessi passivi, quindi gli oneri finanziari, fossero integralmente deducibili. Perché? Nel momento in cui un imprenditore, una società acquisisce un compendio immobiliare che dà in locazione, i canoni che si ritraggono dalla locazione sono quasi controbilanciati dagli oneri finanziari che si sostengono per acquisire gli immobili. Opportunamente, quindi, nel 2008 si disse: consentiamo l'integrale deduzione di questi oneri finanziari, di questi interessi passivi.
  A ridosso della fine dello scorso anno, poi, sono stati introdotti dei provvedimenti, i cosiddetti «decreti ATAD», in attuazione di direttive comunitarie. C'è stato un misunderstanding tra chi ha fatto la proposta e quello che è stato poi il testo normativo venuto fuori, e si disse: questi interessi li dobbiamo rendere deducibili al pari di quello che avviene per le altre imprese. Si fece, quindi, nel decreto ATAD una deduzione parziale di questi interessi, solo con un tetto, il famoso tetto del Rol, del 30 per cento.
  Questo stava creando dei problemi non di poco conto, quindi il presidente della Commissione finanze Bagnai si fece carico di questa problematica e fu fatta una correzione nella legge di bilancio. Oggi la legge di bilancio assicura che questi interessi passivi siano integralmente deducibili.
  La certezza che deve essere data agli investitori dove sta? Non bisogna farsi prendere da modifiche sul versante dell'attuazione della normativa comunitaria dicendo: questa normativa va in contrasto con regole dell'Unione europea. Questo non è un aiuto selettivo a un'impresa. La certezza che si deve assicurare a questi imprenditori è che non si cambino le regole di qui a poco. Che cosa accadrebbe?
  Qualcuno va sostenendo che questa misura possa configurare per le imprese immobiliari una sorta d'aiuto di Stato. Non è così, non è un aiuto selettivo. Questa è una misura che deve necessariamente essere lasciata a quelle imprese che intendono investire negli immobili. Senza questa misura si rischia di creare problemi seri a questo comparto imprenditoriale.
  L'altro tema importante, che riguarda sempre le imprese commerciali, è quello degli ammortamenti, in particolare nel mondo dei centri commerciali.
  Oggi, se un centro commerciale che dà in affitto rami d'azienda per locali e via dicendo, di solito deroga a un principio posto nel nostro codice civile all'articolo 2561. Il testo unico consente la deduzione degli ammortamenti di questi beni di regola a chi prende in affitto il ramo d'azienda. Immaginiamo un centro commerciale: il centro dà in affitto un ramo d'azienda e l'affittuario ha diritto ad ammortizzare il costo di questi beni che prende in affitto. In base alle regole del codice civile, infatti, deve restituire questi beni nella consistenza economica che avevano prima che fossero dati in affitto.
  C'è la possibilità di derogare a questa disciplina, c'è la possibilità di dire: no, chi ammortizza è il titolare dell'immobile, il soggetto affittuario non ammortizza. Che cosa sta succedendo? Questo si sta verificando con accertamenti che l'amministrazione finanziaria sta portando avanti. Pag. 4
  Quando c'è questa deroga, ossia il proprietario del compendio immobiliare che dà in affitto il ramo d'azienda deroga alla norma del codice civile e ammortizza il compendio, l'Agenzia delle entrate dice: vediamo un po’ se tu sostieni delle spese di manutenzione, che sono cosa ben diversa rispetto al tenere in efficienza il compendio immobiliare; in questo caso, siccome hai sostenuto delle spese di manutenzione, tu soggetto che dà in affitto il ramo d'azienda, non puoi dedurti degli ammortamenti. Si fanno, quindi, dei recuperi abnormi, quando la manutenzione è cosa ben diversa dall'efficientamento, quindi non è una deroga da 2561.
  In quel caso, in che cosa consiste la certezza? Nell'evitare di porre in essere degli accertamenti veramente pesanti nei confronti di questi soggetti, che genererebbero conseguenze rilevantissime anche ai fini della tenuta economica della società.
  C'è, poi, un'altra questione che riguarda la PEX – participation exemption. Che cos'è?
  Oggi, sappiamo che per l'IRES ai fini dell'imposta sul reddito delle società la tassazione avviene nel momento in cui si produce il reddito, quindi si tassa l'utile in quel momento, non si tassa di regola, anche se poi ci sono delle eccezioni laddove siamo in presenza di persone fisiche, quindi soggetti a imposta progressiva. Laddove, invece, quello che riceve il dividendo è un soggetto IRES, quindi sempre una società, non c'è di regola tassazione. Sì, c'è un 5 per cento, che risponde a delle regole particolari, alla deducibilità integrale dei componenti negativi e così via.
  Nel caso in cui un'impresa abbia degli immobili e il soggetto che ha la partecipazione in quell'impresa ceda la partecipazione, si applica il cosiddetto meccanismo della participation exemption, non c'è tassazione. C'è una tassazione solo sul 5 per cento del plusvalore.
  Questa regola riguarda le imprese del comparto immobiliare, ma la norma dice che si deve trattare non di imprese che fanno mera gestione immobiliare, non imprese che fanno mera locazione. Se io ho una partecipazione in una società e la società fa una gestione attiva del compendio immobiliare, se cedo la partecipazione, mi merito la PEX, la participation exemption con tassazione sul solo 5 per cento.
  Se la società fa, invece, mera locazione, quindi non è una società che fa gestione attiva del patrimonio immobiliare, non posso fruire di quest'agevolazione, devo pagare sul 100 per cento della plusvalenza.
  Qual è la linea di demarcazione tra un comparto e un altro? È sempre molto difficile. L'Agenzia delle entrate, con una circolare, in particolare del 2013, ha detto che, per capire se la società partecipata fa gestione di patrimonio immobiliare o una gestione attiva, quindi fa un'attività commerciale, dobbiamo riguardare questa situazione da due aspetti: un aspetto qualitativo e uno quantitativo.
  Sull'aspetto qualitativo si può essere d'accordo, vedere un po’ la gestione delle autorizzazioni amministrative, tutta la parte pubblicitaria. Questo va benissimo. È sull'aspetto quantitativo che sorgono dei problemi.
  Se io debbo distinguere la parte di attività che è mera locazione da quella propriamente commerciale e vedere che la parte commerciale deve prevalere sulla parte locativa, diventa un lavoro complesso, tenuto conto anche del fatto che, se applichiamo i valori OMI, la parte commerciale attiva deve essere di gran lunga superiore ai valori OMI. Si viene a creare una situazione complessa, che sta generando accertamenti anche pesanti nei confronti di questi imprenditori.
  Come si può risolvere? Si può risolvere dicendo che basta che si faccia una gestione attiva commerciale senza andare a vedere la prevalenza quantitativa e si può meritare la PEX.
  Questi sono i tre interventi, a mio modo di vedere, che dovrebbero essere fatti per dare certezza a questo comparto: gli interessi passivi, il discorso degli ammortamenti e la PEX.
  Dove, invece, bisogna fare un adeguamento, una manutenzione del sistema? Il primo tema che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione è la revisione della disciplina delle società di comodo. Pag. 5
  Oggi, nel momento in cui una società ha degli asset, come immobili o partecipazioni e via dicendo, e ha dei ricavi che non corrispondono a dei meccanismi che risultano dall'applicazione di certi coefficienti su questi immobili, su queste partecipazioni, scatta una presunzione di ricavi diversa rispetto ai ricavi effettivi. Se, per esempio, io ho degli immobili e realizzo ricavi reali per 100, debbo applicare una percentuale su questi immobili; se, supponiamo, applicando questo coefficiente sugli immobili, arrivo a 1.100, allora i miei ricavi non sono quelli reali che ho contabilizzato, ma sono i famosi 1.100.
  Per le società immobiliari questo è un pregiudizio notevole, perché il coefficiente da applicare agli immobili è del 6 per cento. Oggi, una redditività del 6 per cento mi pare sia difficile da immaginare. Penso che si debba rivedere l'adeguamento rispetto alla normativa del tempo che introdusse questa percentuale: sicuramente, abbassare la misura del 6 per cento, assolutamente inadeguata. Oggi, non è pensabile che si riesca a ottenere una redditività così elevata, così pronunciata sul comparto immobiliare.
  Un altro aspetto che deve essere chiarito è che le società che gestiscono patrimoni immobiliari dovrebbero essere esonerate dall'applicazione di questa normativa. Può avere un senso per le cosiddette società schermo, vale a dire che io sono titolare di immobili, mi scudo con una società e quindi ricevo dei proventi e, per evitare la tassazione progressiva, attraverso la società, pago meno imposte. Quando, però, è una società che istituzionalmente investe in immobili, la disciplina delle società di comodo non ha senso.
  Sempre per rimanere all'ammortamento, c'è lo stesso coefficiente d'ammortamento. Ricordiamoci che i coefficienti di ammortamento dei beni risalgono al 1988 e che il coefficiente d'ammortamento per gli immobili è del 3 per cento. Significa che, se ho un costo di 100, lo dovrò ammortizzare in 33 anni. Anche qui, mi sembra che questa misura dovrebbe essere aggiornata, perché non ha ragion d'essere.
  Questo è per quanto riguarda gli immobili di tipo commerciale.
  Per passare agli immobili residenziali, oggi il testo unico delle imposte sui redditi non dà nessun tipo di beneficio. Oggi, se un'impresa ha degli immobili residenziali, che cosa deve fare? Nel caso in cui vengano dati in locazione, non si tassa il ricavo effettivo, ma bisognerà comparare il canone di locazione con un abbattimento del 15 per cento e la rendita catastale aumentata del 5 per cento: il più alto di questi due valori viene assunto come base di tassazione.
  Che cosa succede, invece, per gli immobili che non vengono dati in locazione? La tassazione è sulla rendita catastale, quindi non su altri meccanismi di determinazione del reddito.
  Il vero problema riguarda i costi. Se l'immobile è commerciale, è ammortizzabile; se l'immobile è residenziale, non è ammortizzabile, quindi non può dedurre nulla, tranne quell'abbattimento forfettario del canone di locazione del 15 per cento, che riguarda più che altro la manutenzione ordinaria, ma non il deperimento e il consumo dell'immobile.
  Anche qui, forse la strada che bisognerebbe perseguire è quella di cercare di allineare il trattamento tributario degli immobili residenziali con quello degli immobili commerciali, perché questa situazione crea non pochi problemi.
  L'altro tema legato agli immobili residenziali è quello dell'IVA. Oggi c'è un regime inderogabile di esenzione sicuramente molto penalizzante. Anche qui, probabilmente dovrebbe essere rivisto il trattamento IVA.
  Altre tre questioni riguardano la rivalutazione dei beni d'impresa.
  Noi sappiamo che l'ultima legge di bilancio ha consentito di rivalutare i beni immobili delle imprese, ma il coefficiente è abbastanza elevato. Prevedendo un'aliquota del 16 per cento, se voglio rivalutare un cespite e da 100 portarlo a mille, su quel differenziale devo pagare il 16 per cento. Che cosa succede? Avrò il beneficio in termini di ammortamento per il 24 per cento, che è l'aliquota applicabile ai fini Pag. 6IRES, su 33 anni, quindi non sono invogliato a fare la rivalutazione, tenuto conto dell'imposta sostitutiva, che è elevata. Se si abbassasse l'imposta sostitutiva, sicuramente ci sarebbe un maggior appeal.
  Positiva è la misura che è stata nel corso del tempo adeguata per quanto riguarda la deduzione IMU dalla base imponibile IRES, che andrà al 70 per cento nel 2022. Bisognerebbe tendere a renderla integralmente deducibile.
  Altro tema è quello del trattamento differenziato tra gli immobili delle imprese e quelli dei professionisti.
  Per le imprese, l'immobile strumentale è ammortizzabile. Non è così per i professionisti. Se il professionista prende un immobile strumentale, quindi non un residenziale, ma un A8, un A10 – gli uffici sono A10 – e gli uffici si possono ammortizzare per gli imprenditori, non lo può fare il professionista. Allora, il professionista ricorre spesso a degli éscamotage, come la locazione finanziaria, cioè prende in locazione finanziaria anziché ammortizzarlo e poi, nel momento in cui dismette questo cespite, non si generano plusvalenze. Anche qui, forse sarebbe opportuno allineare il trattamento di deducibilità del costo degli immobili attraverso l'ammortamento per i professionisti e per le imprese.
  Un tema di cui si sta facendo carico il Governo – il Parlamento l'ha approfondito anche nell'ultima legge di bilancio – è quello della penalizzazione che hanno le imprese immobiliari rispetto alle imprese digitali.
  Oggi l'impresa immobiliare, che ha una sua fisicità, subisce un danno enorme, nel senso che deve sostenere dei costi fissi: l'utente che vuole acquistare un bene va presso un negozio, magari si misura le scarpe, si misura il vestito, e poi acquista via Internet, quindi il soggetto che ha la struttura fisica fissa sostiene dei costi, costi che gli rimangono sulle spalle. Chi, invece, ne ha un vantaggio enorme è il soggetto del Web, che vende la merce che l'utente ha visionato presso la struttura fisica e non paga imposte, tranne questo 3 per cento, la famosa imposta sui servizi digitali, che peraltro non è ancora attuale, perché richiede appunto un provvedimento.
  Questo disfavore che c'è per le imprese che hanno le strutture fisiche, in particolare le imprese immobiliari, è di tutta evidenza. Forse, anche lì bisognerebbe ripensare un po’ il meccanismo di tassazione per le imprese del Web. Mi rendo conto che il problema è globale. Oltre all'Italia, mi pare la Spagna, l'Austria e la Francia si stiano muovendo nella direzione dell'imposta sui servizi digitali. Il problema dovrebbe essere generalizzato, però attualmente le imprese del comparto immobiliare ne hanno uno svantaggio.
  L'ultima questione che vorrei ricordare riguarda la possibilità di attrarre investimenti esteri sul comparto immobiliare.
  Oggi esiste una normativa che riguarda le SIIQ, vale a dire le società di investimento immobiliare quotate, che investono nel comparto immobiliare. Ce ne sono pochissime. In Italia, si contano proprio sulle dita di una mano. Come funziona, oggi, per questi soggetti?
  Se c'è una SIIQ italiana, quindi una società quotata, che gestisce patrimonio immobiliare, non c'è tassazione sul reddito della società. Queste società sono soggetti trasparenti, quindi l'utile distribuito viene assoggettato a tassazione in capo ai soci di questa società, e l'utile deve essere distribuito.
  Molte imprese estere – questo potrebbe essere un volano per attrarne – che vorrebbero investire in Italia – e pensiamo adesso al fatto di esserci aggiudicati le Olimpiadi invernali – potrebbero venire in Italia e metterci delle stabili organizzazioni. C'è parecchio interesse a fare questo, solo che queste stabili organizzazioni sono assolutamente sfavorite.
  La SIIQ italiana oggi non paga nulla, la società in quanto tale paga il socio attraverso il dividendo che deve essere distribuito; se c'è, invece, una società estera, un investitore estero, che vuole mettere in Italia una stabile organizzazione, questa paga il 20 per cento sul reddito prodotto, più i soldi che rientrano.
  Se si eliminasse questa tassazione, si favorirebbe l'investimento in Italia di soggetti Pag. 7 esteri, e magari si potrebbe pensare a una percentuale, ma non il 20 per cento. In Francia c'è esenzione totale. Se arriva un soggetto italiano, supponiamo, e mette una stabile organizzazione in Francia, non paga nulla, come non paga la SIIQ francese. Se, invece, la società francese mette una stabile organizzazione in Italia, paga il 20 per cento, cosa che non paga la SIIQ italiana, quindi dalla Francia o da altre parti del mondo non viene nessuno in Italia. Se si abbassasse la tassazione e la si portasse al 5 per cento, ci sarebbe sicuramente interesse a investire in Italia, e quindi a creare occupazione e ad avere una serie di conseguenze favorevoli.
  Ultimissima questione, sempre su SIIQ italiane e SIIQ estere, c'è una sorta di entry tax: nel momento in cui si entra in questa disciplina agevolativa, bisognerà pagare un 20 per cento sulla differenza tra il costo fiscale, il costo di bilancio degli immobili, e il valore di mercato degli immobili. Questo 20 per cento aveva un senso quando le aliquote IRES erano al 33 per cento e c'era l'IRAP al 4,25. Ora, a mano a mano che sta scendendo la tassazione ai fini IRES e IRAP, troviamo proprio uno squilibrio di tassazione del 20 per cento come imposta sostitutiva sulla cosiddetta entry tax, quindi su tutti gli immobili che fanno parte del compendio delle SIIQ o delle stabili organizzazioni estere. Anche lì, forse, se si rivede un po’ la disciplina impositiva, probabilmente ne avremmo dei vantaggi in termini di maggior appeal di questo comparto.
  Mi sono permesso di fare un quadro della fiscalità immobiliare, che riguarda nello specifico il mondo imprenditoriale. Sono a disposizione per chiarimenti e approfondimenti.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Leo. Con la sua competenza ci ha delineato un quadro molto particolare rispetto a una tematica che sinceramente in parte avevamo trattato in qualche audizione precedente, ma non in maniera così approfondita e dettagliata.

  MAURIZIO LEO, docente di diritto tributario. Ho predisposto, presidente, un documento.

  PRESIDENTE. Se ce lo lascia, sicuramente sarà molto utile per il lavoro della Commissione.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CLAUDIO BARBARO. In maniera brevissima, intervengo solo per ringraziare l'amico Maurizio Leo, con il quale ho condiviso diverse esperienze amministrative. È stato, oserei dire, perfetto – non me ne vogliano anche gli altri amici che sono venuti in audizione – comprensibilissimo. Ci tengo a esprimere il mio più sentito ringraziamento per la relazione che hai appena svolto. Non ho alcuna delucidazione da chiederti. Più chiaro di così mi sembra non si possa avere come risultato. Grazie veramente di cuore e un saluto affettuoso.

  MAURIZIO LEO, docente di diritto tributario. Altrettanto. Ricambio di cuore.

  PRESIDENTE. Mi associo alle considerazioni del senatore Barbaro. Sono temi molto complicati, ma sono stati espressi in maniera assolutamente comprensibile per tutti. Complimenti.

  SALVATORE SCIASCIA. Professore, anch'io la ringrazio per l'esauriente esposizione. Purtroppo, trattiamo di un settore in cui lavoro non dico tutti i giorni, ma quattro giorni alla settimana, e faccio due considerazioni.
  Primo, sotto il profilo immobiliare le imprese sono sempre state maleficiate, tant'è vero che ancora oggi si discute della tassazione del magazzino immobiliare, lei mi insegna, di quella per le costruzioni e così via, con una diversità di trattamento.
  Altro punto, nel decreto crescita c'è una sola norma a favore delle imprese – salvo errori – ed è quella che prevede l'abolizione della TASI dal lontano 2022 per il magazzino immobiliare. Delle altre, salvo Pag. 8errori o salvo che io non abbia ben interpretato i 50 articoli e oltre della norma, non c'è traccia.
  Il punto che io vedo, però, è sempre quello, è sempre il principio dell'amministrazione finanziaria: prima del diritto, viene la cassa. Siccome la cassa è importante per le società immobiliari, secondo me vedremo una riforma nel 2100.

  PRESIDENTE. Grazie, senatore Sciascia.
  Mi permetterei di aggiungere che forse c'è anche qualche altro provvedimento nel decreto crescita, per esempio l'abbattimento dell'imposta di registro, imposta ipotecaria, in caso di imprese che acquistano beni da ristrutturare o demolire e commercializzare nell'arco di dieci anni. È un'azione abbastanza significativa, perché dal 10 per cento sostanzialmente si passa a un'imposta fissa di 200 euro, e su valori rilevanti questa è un'incidenza importante.
  Se non erro, c'è anche la possibilità di cedere le detrazioni fiscali per l’«ecobonus» e le ristrutturazioni alle imprese con deducibilità in cinque invece che in dieci anni. Diventa un arco temporale assolutamente competitivo per un'impresa. È difficile fare un bilancio sui dieci anni, ma in cinque anni evidentemente diventa più ragionevole.
  Certo, le cose da fare sono sicuramente tantissime. L'audizione del professor Leo ce lo dimostra. L'impressione che credo abbiamo tutti è che si agisca un po’ senza un coordinamento, senza una visione strategica, che invece occorrerebbe in un settore importante come questo.
  Forse, il nostro compito è anche proprio quello di cercare di mettere insieme tutte queste cose e mettere a disposizione dei parlamentari, di tutto il Parlamento e del Governo, una relazione speriamo la più completa possibile che possa offrire una panoramica a 360 gradi, non certo la soluzione, ma almeno una visione dei problemi. Il contributo del professor Leo oggi è stato assolutamente significativo anche da questo punto di vista.
  Non essendoci ulteriori interventi, ringrazio il professor Leo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.