XVIII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 35 di Mercoledì 28 luglio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ATTUALITÀ DELL'ACCORDO DI SCHENGEN, NONCHÉ AL CONTROLLO E ALLA PREVENZIONE DELLE ATTIVITÀ TRANSNAZIONALI LEGATE AL TRAFFICO DI MIGRANTI E ALLA TRATTA DI PERSONE

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, con particolare riferimento ai rischi d'infiltrazione di elementi terroristici nei flussi migratori e di rientro di foreign fighters nel territorio nazionale.
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 3 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 10 
Castellone Maria Domenica  ... 10 
Iwobi Tony Chike  ... 11 
Zuliani Cristiano  ... 11 
Tuzi Manuel (M5S)  ... 12 
Zuliani Cristiano  ... 12 
Cafiero De Raho Federico , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 13 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI

  La seduta comincia alle 14.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, con particolare riferimento ai rischi d'infiltrazione di elementi terroristici nei flussi migratori e di rientro di foreign fighters nel territorio nazionale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dottore Federico Cafiero de Raho, in merito ai rischi d'infiltrazione di elementi terroristici nei flussi migratori e di rientro di foreign fighters, puntualmente evidenziati anche nella relazione del dicembre scorso sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle connessioni tra immigrazione clandestina e le criminalità organizzate e le mafie. Desidero ricordare che l'audizione si svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva «Gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento all'attualità dell'accordo di Schengen, nonché al controllo e la prevenzione delle attività transnazionali legate al traffico di migranti e alla tratta di persone». Trattandosi di un'audizione formale, collocata nell'ambito delle indagine conoscitive in corso, do notizia che, di esse, sarà redatto un resoconto stenografico. Procuratore, a nome dei colleghi parlamentari, di tutto il Comitato, la ringrazio veramente di cuore per essere tornato in audizione. Mi permetto, a nome dei colleghi, di ringraziarla per quello che fa con determinazione, con passione e coraggio ogni giorno. Fa il bene del nostro Paese. A lei la parola per la sua relazione introduttiva e poi daremo la parola ai colleghi parlamentari collegati, se lo vorranno, e ai colleghi in presenza. Prego, Procuratore.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. La ringrazio, innanzitutto, per l'accoglienza. Ringrazio lei e i signori componenti del Comitato che sono qui presenti, onorevoli deputati, onorevoli senatori. Devo dire che, il tema sul quale sono invitato, è sicuramente un tema di grande importanza a livello nazionale e internazionale. L'immigrazione clandestina costituisce una delle forme che veicolano anche l'agevolazione di alcuni delitti, in particolare la tratta delle persone, la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento sessuale, lo sfruttamento lavorativo. L'ingresso nell'area Schengen tende, molto spesso, a individuare l'Italia come momento di approdo e di passaggio per arrivare poi in altri Paesi del centro e nord Europa. Da alcuni Paesi dell'Africa: Nigeria, Niger, Etiopia ed altri, proviene l'affluenza di donne che vengono indirizzate al meretricio e vengono sottoposte ad ogni forma di vessazione mediante una sorta di modalità estorsiva che si proietta nell'ambito nazionale di provenienza. Vale a dire, Pag. 4la vittima di tratta è persona che innanzitutto deve corrispondere ai trafficanti che hanno consentito l'arrivo nel nostro Paese, il prezzo del trasferimento, ma è un prezzo molto alto che va, di volta in volta, in qualche modo, pagato attraverso lo svolgimento di attività di prostituzione che viene molto spesso controllata non dallo stesso soggetto autore del traffico, così come avveniva in passato.
  Il più delle volte, la migrante destinata alla prostituzione viene assegnata a un soggetto intermediario che ne sfrutta tale attività e paga il prezzo al trafficante che l'ha importata con la finalità dello sfruttamento. In questo modo, si interrompe il rapporto diretto fra il trafficante e il soggetto destinato alla prostituzione. Questa modalità che si è evidenziata in alcune indagini, peraltro, dimostra come, di volta in volta, la criminalità individui sempre forme più attente per impedire l'indagine e soprattutto di arrivare, attraverso l'indagine, all'individuazione dei protagonisti del traffico e della tratta. Devo anche dire che, quel che era il canale di immigrazione che fino al 2017 partiva dalla Libia, via via, poi si è andato ampliando includendo la Tunisia, ma anche la Turchia, il Pakistan, la Siria e l'Iraq. Così come i migranti, che provengono dal centro e nord Africa, sono sostenuti da un canale che è solo in parte sempre più ridotto, quello libico, acquisendo sempre più spessore il canale proveniente dalla Tunisia. Proprio la Tunisia costituisce l'origine, la provenienza di soggetti a rischio sotto il profilo del terrorismo. Infatti devo dire, e lo anticipo, che l'attentatore dell'ottobre del 2020, a Nizza è, appunto, uno dei soggetti che proveniva dalla Tunisia. Devo, peraltro, ricordare come, in quella occasione, il soggetto era giunto, il 19 settembre del 2020, clandestinamente a Lampedusa, ed il 29 ottobre 2020 poi ha commesso la decapitazione di una donna, l'uccisione del sacrestano e di un'altra donna, nella Cattedrale di Notre-Dame. Aoussaoui Brahim, il nome dell'attentatore, proveniva appunto dalla Tunisia. Su di lui – anticipo un elemento che mi sembra importante – la cooperazione internazionale, sia in materia di terrorismo, che in materia di criminalità organizzata, è sempre più radicata, diffusa e molto rapida. Infatti, devo ricordare, che lo stesso 29 ottobre, il Procuratore nazionale di Parigi, attraverso il magistrato di collegamento francese, ebbe modo di contattare il Procuratore nazionale italiano – me, in particolare – e chiese informazioni sull'origine, sulla provenienza del soggetto e su tutti gli elementi di cui potevamo disporre in relazione anche ai soggetti con i quali si era accompagnato il soggetto. Devo dire che, attraverso un modello che seguiamo oramai da alcuni anni, la Direzione nazionale acquisisce, dal servizio centrale operativo, gli elenchi di tutti i migranti che vengono identificati nel momento di arrivo nei vari porti. Questo consente quindi di fare anche degli approfondimenti ulteriori, successivi. Questa modalità di lavoro si è trasformata, nel 2018, in un protocollo che la DNAA (Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) ebbe a stipulare con EUNAVFOR MED Operazione Sophia, in particolare con l'ammiraglio Credendino. Nel 2018 e nel 2019, l'osservatorio consentì, attraverso il contributo anche della Marina e del servizio centrale operativo, di integrare la banca dati della Direzione nazionale, che è la vera forza del coordinamento, la conoscenza e la condivisione. Ciò fu possibile, anche grazie all'apporto che lo stesso giorno 29 ottobre avemmo, nel giro di una ventina di minuti, dal prefetto di Bari, chiedendogli di avere immediata conferma dell'arrivo del soggetto e di tutti coloro che erano con lui. Sicché, in parte acquisendo gli elementi della nostra banca dati, in parte acquisendo le informazioni che provenivano dal Ministero dell'interno riuscimmo immediatamente ad avere l'informazione sull'arrivo dell'attentatore, in compagnia di altri nove tunisini, su un'imbarcazione che aveva una lunghezza di circa sei metri; arrivarono altri undici tunisini con altra imbarcazione di simile misura e con motori poco veloci.
  Nel giro di poche ore, quindi, riuscimmo a riferire al Procuratore nazionale di Parigi quali erano i soggetti con i quali era arrivato in Italia l'attentatore. Questo elemento, poi, fu arricchito perché, per il ruolo che ha la Direzione nazionale, ci Pag. 5coordinammo immediatamente con il procuratore di Agrigento, che ci fece sapere che i migranti erano stati portati a Bari, e quindi con la procura di Bari, per conoscere esattamente quale era stata la storia di quei migranti, da Bari chiedemmo poi ulteriori informazioni, apprendemmo da Palermo che il soggetto attentatore, da Bari, si era portato a Palermo, aveva incontrato altro soggetto che però non aveva alcuna rilevanza sotto il profilo terroristico. Da Palermo, era andato a Roma, che immediatamente aprì un accertamento, e riuscì a capire che il soggetto era arrivato alla stazione di Roma e aveva contattato altro soggetto – sempre attraverso informazioni che la mamma gli aveva consentito di avere e che ancora non riguardavano alcun fatto di terrorismo – e da Roma poi era andato in Francia. Nel giro di 48 ore, riuscimmo a dare, al Procuratore nazionale, una serie di informazioni che riuscirono a illuminare quella che era la personalità dell'altro soggetto che si accompagnava all'attentatore. Quel che ho voluto descrivere è il meccanismo di condivisione e di immediato accertamento che il nostro circuito antimafia e antiterrorismo giudiziario riesce ad attuare. Vi ho fatto questo spaccato anche per sottolineare quanta attenzione vi sia per ciascun fatto migratorio e sui soggetti che sono coinvolti nell'immigrazione. Tornando all'odioso reato della tratta delle persone, questo è gestito da organizzazioni criminali che trovano operatività in vari Paesi dell'Africa. L'accompagnamento dei migranti è sostanzialmente controllato dalle stesse organizzazioni criminali che hanno sede nei Paesi di provenienza dei migranti che vengono poi destinati alle attività di prostituzione o lavorative, ma sotto costo. Queste organizzazioni curano il trasferimento dei migranti da un Paese a un altro, in modo che il migrante arriva alla costa dove poi deve essere imbarcato, sostenuto da quel percorso criminale che non ne perde mai di vista il controllo. In questo modo, il migrante, quando arriva in Italia, ha già una proiezione, un'assegnazione che o è italiana o è in altro Paese, dove ugualmente, altra organizzazione criminale l'attende. Il più delle volte, questa accoglienza, come dicevo, proprio per interrompere il contatto diretto e immediato, viene assegnata a intermediari. Gli intermediari prendono i soldi e, in questo modo, anche attraverso gli accertamenti che vengono sviluppati su eventuali trasferimenti di danaro, laddove non venga utilizzato il sistema hawala, sistema che non lascia traccia, perché come vi è noto sicuramente, non segue le regole dei flussi finanziari, ma si muove attraverso l'affermazione di una disponibilità in altro Paese: in uno si raccoglie, nell'altro si pone la disposizione. Quindi, il danaro, in realtà, non passa ma si ha solo un ordine di disponibilità in favore di un soggetto. Tutto questo avviene naturalmente senza alcuna formalità. Per cui, mentre laddove vengono utilizzati i sistemi finanziari, riusciamo a individuare, a volte, le transazioni – tanto che ora vi farò un altro esempio di quanto è importante approfondire le transazioni e soprattutto le segnalazioni per operazioni sospette – laddove invece viene utilizzato il sistema hawala, è evidente che non vi è nessuna possibilità di individuarlo se non attraverso intercettazioni, il più delle volte ambientali, così come avvenuto circa due anni fa, nell'ambito di una grande indagine che ha evidenziato come un'organizzazione criminale, che si occupava di immigrazione, utilizzava il sistema hawala proprio per sostenere le immigrazioni e porre a disposizione dell'organizzazione ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) una parte di quel danaro.
  È stata un'operazione che ha interessato – se non ricordo male – Brescia e Cagliari e un'operazione nel cui ambito i coautori, i gestori del traffico, avevano sede non solo in Italia ma anche in altri Paesi europei. Tutto questo ancora per sottolineare quale ampia disponibilità, peraltro, di mezzi e di collegamenti abbiano coloro che organizzano la tratta delle persone e organizzano l'immigrazione.
  Devo sottolineare come, proprio per combattere e contrastare al meglio il fenomeno della tratta delle persone, UNODC (United Nation Office on Drugs and Crime), quindi l'ufficio delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata, ha reso possibile un modelloPag. 6 di cooperazione che credo sia oggi il più ambito. Vale a dire, la cooperazione dell'Italia con la Nigeria, è stata resa possibile attraverso l'insediamento in Italia di un magistrato nigeriano. Tale insediamento ha consentito di avere un immediato riscontro delle esigenze investigative italiane proprio per quanto riguardava le organizzazioni criminali che si occupavano della tratta delle persone. In particolare, devo dire che la Nigeria ha individuato un modello straordinario di cooperazione perché il magistrato di collegamento per la cooperazione solitamente è un magistrato che viene insediato nell'ambito del Ministero della giustizia, mentre in questo caso, il magistrato, opera anche presso la Procura generale centrale nigeriana e questo consente che il magistrato abbia il doppio cappello, sostanzialmente: in Italia indossa il cappello del magistrato di collegamento, in Nigeria il cappello del magistrato della Procura generale nigeriana. Quindi, la stessa pratica che acquisisce in Italia riesce poi a gestirla con il proprio ufficio che se ne deve occupare in Nigeria. Ciò determina un'immediata risposta nell'ambito delle indagini. È un modello che l'Italia ha, per prima, attuato e, lo si vuole replicare anche in altri Paesi europei. Anche l'Etiopia e l'Eritrea hanno posto, a disposizione dell'Italia, un magistrato di collegamento per sviluppare l'attività di indagine in questa materia. Tutto questo, evidenzia come la cooperazione consenta all'Italia, nell'ambito delle indagini che svolgono le diverse procure, la possibilità di disporre immediatamente del sostegno del magistrato del Paese in cui l'attività rogatoriale dovrebbe essere sviluppata. Infatti è noto che mentre in Europa, oramai, è la modalità di acquisizione delle informazioni, come delle prove, e l'ordine di indagine europeo che consente l'immediata acquisizione in una acquisizione diretta, se non addirittura la squadra investigativa comune che pure costituisce il mezzo più avanzato di cooperazione giudiziaria, nel caso di specie attraverso i magistrati di collegamento abbiamo assunto forme ugualmente avanzate di cooperazione. Devo anche dire che, proprio per combattere al meglio la tratta, vengono organizzate squadre investigative comuni – e ciò è avvenuto sia con la Grecia, che con l'Albania –, attraverso tali squadre, come vi è noto, i due Paesi, in un'unica squadra, pongono magistrati e appartenenti alla polizia giudiziaria e ciascun Paese svilupperà la propria indagine nel proprio Paese ma condividendo i risultati investigativi con l'altro Paese. È come se, fra i due Paesi, non ci fossero più le frontiere e questa è una velocizzazione straordinaria che si è avuta negli ultimi tempi e ha trovato sempre più attuazione. Tale strumento viene utilizzato anche in campo extraeuropeo, laddove la stessa Eurojust, pur svolgendo un compito proprio in ambito europeo, spesso diviene protagonista nel collegamento con altri Paesi. Devo ancora sottolineare come un altro aspetto, che sembra di particolare significato, sia la capacità che ha l'Italia di continuare a svolgere controlli in ambito frontaliero, proprio sulle frontiere esterne, grazie alla sperimentazione di attività di controllo che consentono, di volta in volta, la individuazione dei soggetti che arrivano nel nostro Paese. Anche nel periodo di pandemia, i controlli e le identificazioni sono state effettuate con regolarità. Devo anzi dire che proprio il caso dell'attentatore, del terrorista, che si è reso autore della decapitazione a Nizza, determinò un intervento sulla operatività dei controlli in ambito frontaliero laddove esso, nonostante la pandemia, continuava ad essere portato avanti con lo stesso meccanismo che determinava però un grandissimo sforzo, un grandissimo impegno, da parte delle forze di polizia. Proprio in quel caso, venne sottolineata l'esigenza che fossero applicati gli stessi schemi di sempre, anche in presenza di pandemia, essendo necessario che per tutti vi fossero dei riconoscimenti, delle identificazioni che, nel momento in cui fosse stato necessario, potevano diventare utili di volta in volta. Anche sotto questo profilo, vorrei ricordare alcuni aspetti che mi sembrano anche qui di grande importanza. In particolare, in relazione all'arrivo dei migranti, abbiamo innanzitutto i primi controlli che sono i controlli di sicurezza di primo livello, controlli che vengono espletati negli hot spot italiani, Pag. 7greci, ciprioti e maltesi, con la collaborazione di Frontex.
  Essi consistono in rilievi foto dattiloscopici e nei controlli nominativi e biometrici presso le banche dati nazionali ed europee come il SIS (Sistema d'informazione Schengen) e come la banca dati Interpol. Questi sono, innanzitutto, i controlli di sicurezza che vengono effettuati sempre.
  Laddove sorgono dei dubbi, sulla base degli indicatori che sono stati, peraltro, individuati a livello europeo, si procede a ulteriori controlli. Alcuni degli indicatori di rischio sono gli itinerari del viaggio, i tipi di documenti, l'assenza di timbri, la sospetta contraffazione i visti di viaggio. Addirittura, fra gli indicatori, vi è anche il fatto di avere una pelle molto chiara rispetto alla carnagione che sembrerebbe dimostrativa del fatto che è stata tagliata la barba per non destare sospetti. Gli indicatori comportamentali da stress o da paura come tremori, sudorazione e altro. Laddove ci sono indicatori di questo tipo, si passa a ulteriori controlli che sono i controlli che poi Europol fa sui propri elenchi, sugli elenchi dei sospettati di terrorismo. Su questo, anche, abbiamo, come Direzione nazionale, sviluppato un'attività particolarmente intensa. Abbiamo ritenuto infatti che avere gli elenchi dei foreign fighters è una base fondamentale per poter poi procedere a ulteriori attività e soprattutto per impedire rischi di immigrazione di soggetti pericolosi. Europol ha una propria banca dati, tale banca dati è però nominativa, nel senso che risponde all'interrogazione del nominativo, non dà l'elenco dei soggetti sospettati. Il che, però, probabilmente, sarebbe un elemento ulteriormente significativo. Cioè conoscere quali sono tutti i nomi di tutti i soggetti sospettati di far parte di questo gruppo di coloro che sono andati a combattere per l'ISIS, sarebbe importante, non solo per le frontiere ma anche per attività pre-investigativa come quella che sviluppa la Direzione nazionale. Sotto questo profilo, vale a dire l'importanza dell'acquisizione dei nominativi dei soggetti sospettati di terrorismo, devo anche dire che la Direzione nazionale ha sottoscritto con i Paesi balcanici una dichiarazione di intenti, ovvero una sorta di protocollo che vuole facilitare, migliorare, lo scambio di informazioni. Questo ha determinato una vicinanza con Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Serbia, Kosovo, Croazia, ultimamente anche con Grecia e Austria. Con tutti questi Paesi, si è creato un protocollo e, più volte all'anno, ci si incontra e si sviluppano varie tematiche. Tale ulteriore modello è stato propiziato dall'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nell'ambito del progetto IPA (Strumento di pre-adesione) e nell'ambito del progetto TAIEX (Technical Assistance and Information Exchange Instrument). Questo modello di scambio informativo è tanto più importante in quanto mira a costituire addirittura una piattaforma informativa comune. In questo, l'Italia si era anche assunta, circa tre anni fa, il compito di mettere a disposizione degli altri Paesi, un sistema informatico, una banca dati, simile a quello che ha la DNA. Non sarebbe costato molto, poche decine di miglia di euro, e sarebbe stato particolarmente importante perché gli altri Paesi erano anche disposti a inserire nella stessa piattaforma – fermo restando che poi ciascuno avrebbe visto quali filtri selettori inserire – ma tutti avrebbero inserito le informazione che riguardavano il terrorismo. Inserire, in un'unica piattaforma, gli elementi che riguardano i soggetti che sono sospettati di terrorismo, soprattutto per quanto riguarda i Paesi balcanici, per noi, sarebbe stato veramente una grande acquisizione. Il Ministero della giustizia, però, ha avuto ancora delle difficoltà. Sembrava fossimo arrivati a una conclusione, però, certamente avremo una soluzione di questo tipo che sarà fondamentale un po' per tutti, per l'Italia, in particolare. Sempre in materia di terrorismo è stato istituito, come vi è noto, il Registro antiterrorismo europeo, presso Eurojust. Tale registro determina l'obbligo di tutti i Paesi, e quindi degli uffici giudiziari, le procure della Repubblica di tutti i Paesi, di inserire i propri dati riguardanti l'apertura di procedimenti penali nei confronti di soggetti sospettati di terrorismo.Pag. 8
  La Direzione nazionale ha il compito di acquisire presso le 26 procure distrettuali antiterrorismo questi elementi, quindi compilare la scheda e trasmetterla al membro nazionale italiano di Eurojust. Questo sistema consente, alla banca dati di Eurojust, di confrontare i nominativi e di lanciare un alert ogni qualvolta siano presenti nominativi con le stesse generalità o con elementi identificativi simili. Ciò propizia, naturalmente, il coordinamento e la condivisione delle informazioni che, in materia di terrorismo, è fondamentale, così come nel contrasto alle mafie. Devo anche sottolineare come un altro organismo che in Italia funziona con importantissimi risultati, è il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, il CASA. Il CASA – probabilmente avete già fatto un'audizione – comunque è guidato dal direttore della direzione della polizia di prevenzione, oggi è il prefetto Diego Parente, precedentemente era il prefetto Giannini, l'attuale capo della Polizia. Ha un compito di grandissima importanza, perché esso riesce a integrare e condividere le informazioni che sono in possesso dei Servizi sia interni che esteri, quindi AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) e AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) e delle due Polizie a competenza generale, Polizia di Stato e Carabinieri, oltre che della Guardia di finanza e della Polizia penitenziaria. Devo dire che, nell'ambito dell'individuazione dei soggetti a rischio di terrorismo, un lavoro di grande importanza svolge anche la Polizia penitenziaria in ambito carcerario e qui abbiamo il GOM (Gruppo Operativo Mobile), che è dotato di altissima specializzazione e individua i detenuti in tre diverse categorie che corrispondono ad altrettanti livelli di rischio: primo, secondo e terzo. Nel primo livello sono inseriti tutti coloro che hanno avuto una contestazione per reati di terrorismo, nel secondo e terzo vengono inseriti coloro che manifestano segni evidenti di radicalizzazione. Questa osservazione ha poi dei riflessi di grande importanza perché, nell'ambito dell'osservazione che viene compiuta, la Direzione penitenziaria invia alla Direzione nazionale le schede di ciascun detenuto. La Direzione nazionale si occupa di approfondire ciascuna scheda e confrontarla con la propria banca dati. Via via, il detenuto viene seguito nel corso del periodo di carcerazione e, successivamente, quando è in prossimità della scarcerazione, la Direzione nazionale invia alla procura del luogo di residenza del soggetto di dimora, se si tratta di uno straniero, una scheda nella quale rappresenta l'esigenza che quel soggetto continui a essere seguito. A seconda degli elementi che sono emersi nel corso della detenzione, si procede o con un monitoraggio attraverso intercettazioni preventive – di polizia, naturalmente – o con uno sviluppo investigativo attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche, telematiche, così come solitamente avviene. Devo ancora aggiungere che, in ambito nazionale, una grande attenzione viene riservata sulle moschee e quindi sulla frequentazione, sui comportamenti che alcuni dei soggetti che frequentano le moschee possono avere e tutto questo passa poi attraverso dei canali di approfondimento che, di volta in volta, la DIGOS (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali) o il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) sviluppano e che consentono poi di aprire ulteriori indagini.
  Il quadro che voglio fornirvi è quello della rappresentazione della grande attenzione con cui la polizia giudiziaria segue il fenomeno del terrorismo, soprattutto del terrorismo islamico, dell'ISIS, «islamico» nel senso dei soggetti radicalizzati. Questo determina un monitoraggio amplissimo su un intero territorio nazionale. Sono numerosissime le intercettazioni preventive e quelle probatorie che vengono compiute sul territorio nazionale proprio per prevenire qualunque attività. L'Italia è un Paese a rischio, certo tale rischio è limitato dalla grande attenzione che le forze di polizia mettono sulla presenza di soggetti che potrebbero, potenzialmente, portare avanti attività di tipo terroristico. Sono state tantissime le attività di indagine che hanno consentito di arrivare all'arresto prima che il soggetto ponesse in essere atti di terrorismo, così come era nel suo progetto. Questo, ancora una volta, credo che ci evidenzia quale sia l'altissima professionalitàPag. 9 di cui è dotata la nostra Polizia giudiziaria e quale capacità abbia di prevenire fatti di terrorismo. Per quanto riguarda specificamente poi i foreign fighters, devo dire che, ad oggi, il numero che sia i ROS, che la Direzione centrale, la Polizia di prevenzione, ritiene di poter misurare è stato quello di 144 unità. Tanti sarebbero stati i soggetti partiti dall'Italia, essendo inseriti in questo numero sia italiani, sia stranieri che risiedevano, dimoravano in Italia, sia soggetti che non risiedevano, né dimoravano, ma che avevano avuto anche un passaggio per l'Italia. Quindi il numero è anche in eccesso rispetto ai reali combattenti stranieri che sono partiti dall'Italia come italiani. 56 sono i deceduti, 34 sono rientrati nei Paesi di provenienza e 11 soltanto in Italia, di questi 11, tre sono detenuti, gli altri otto sono costantemente monitorati. Questo credo che è anche l'altro aspetto, di grande importanza, che qualifica la nostra polizia giudiziaria, il monitoraggio che viene sviluppato. Laddove c'è un rischio, il soggetto non viene abbandonato mai, ecco qual è la garanzia della protezione e della sicurezza del nostro Paese. Nessun organismo di polizia giudiziaria lascia il soggetto pericoloso, abbandonando al caso il successivo comportamento, ma continua ad essere monitorato fino a che non si trasferisce altrove o il quadro indiziario non è tale da consentirne l'arresto. Sono Stefano Costantini, Alice Brignoli e Samir Bugana, i tre foreign fighters che sono detenuti, ai quali ho fatto poc'anzi riferimento. Per ognuno di loro vi potrei narrare la storia ma non voglio abusare del vostro tempo. Voglio, invece, ancora sottolineare come, al di là dei controlli alle frontiere, quindi controlli che vengono fatti sui migranti, un altro strumento di grandissima importanza che viene utilizzato proprio per individuare le reti di sospettati di terrorismo, è rappresentato dalle segnalazioni per operazioni sospette. Le segnalazioni per operazioni sospette sono quelle che, sulla base di parametri che la Banca d'Italia ha individuato, vengono compiute da operatori commerciali, industriali, da operatori finanziari, bancari, professionisti, da tutti coloro che operano nel campo economico. Qualunque transazione passa attraverso una valutazione e una analisi che risponde ad alcuni parametri: laddove la corrispondenza è positiva, quella transazione diventa una segnalazione per operazione sospetta. I soggetti che sono tenuti a tali segnalazioni sono gli istituti bancari, finanziari, professionisti, notai, avvocati, commercialisti, gli stessi gestori del gioco. Costoro inviano la segnalazione all'UIF (Unità d'Informazione Finanziaria) presso la Banca d'Italia e l'UIF raccoglie queste segnalazioni e le trasmette al nucleo speciale di polizia valutaria, alla Direzione investigativa antimafia e alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. La Direzione nazionale confronta le segnalazioni con la propria banca dati, e come in un frullatore, queste segnalazioni girano vorticosamente alla ricerca dell'identità e quindi la evidenziano; laddove c'è un confronto positivo, il dato viene estrapolato. Ogni anno, ci sono circa 100, 110 mila, 115 mila segnalazioni per operazioni sospette che vengono, di volta in volta, analizzate. L'anno scorso sono state circa 400, se non sbaglio, quelle che hanno riguardato soggetti sospettati di terrorismo. Con una nota, vi indicherò con maggiore precisione. Cosa consente un lavoro di questo tipo? Consente non solo di estrapolare il soggetto sospettato di terrorismo ma, attraverso gli approfondimenti, verificare anche la rete alla quale quel soggetto può essere rapportato. Quel soggetto viene inserito nelle varie banche dati e quindi, da tutte le banche dati, emergono elementi che possono essere un controllo di polizia o anche un biglietto aereo comprato con un altro soggetto, qualunque altra informazione utile che determina il collegamento. Il collegamento consente, quindi, di descrivere una rete, la rete di soggetti viene, dalla Direzione nazionale, descritta in un atto di impulso che viene inviato al procuratore distrettuale competente per territorio, che indaga e verifica cosa stanno facendo i soggetti in quel momento. Questa è una ulteriore moltiplicazione di monitoraggio di soggetti presenti nel nostro territorio. Proprio sotto questo profilo, volevo anche sottolinearvi quel che è avvenuto per Fejzulai Kujtim che è l'attentatorePag. 10 di Vienna del 2 novembre 2020. Questi è risultato, da una segnalazione per operazione sospettata, soggetto collegato ad altro soggetto macedone del quale si è occupata la procura distrettuale di Milano, la quale, nello sviluppare l'atto di impulso, ha rilevato che il soggetto macedone gestiva un traffico di documenti falsi. Appunto, uno di questi documenti, lo aveva chiesto l'attentatore di Vienna. Attraverso quindi l'approfondimento di una segnalazione per operazione sospetta, si è riuscito anche a individuare i componenti di un'associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione di documenti. Sembra che oltre 3 mila documenti siano stati consegnati da questa organizzazione e, tra questi, appunto, anche quello dell'attentatore di Vienna. Un altro aspetto che volevo sottolineare è quello che riguarda il monitoraggio del web. Questo è uno dei canali più significativi di approfondimento delle presenze che destano sospetti nell'ambito del contrasto al terrorismo. Abbiamo il servizio della Polizia postale delle comunicazioni, la direzione della Polizia che si occupa del monitoraggio del web e questo consente, di volta in volta, di rilevare i soggetti che entrano in collegamento con determinati siti, selezionarli e, su di essi, sviluppare ulteriori approfondimenti. Dal 2015 – quindi all'indomani degli attentati che si ebbero a Parigi nel 2015 – è stato istituito un servizio che, specificamente, presso la direzione postale e comunicazione della Polizia di Stato si occupa di tale monitoraggio. Devo anche sottolineare come, con questa direzione, in particolare con il Capo della Polizia, la Direzione nazionale ha sottoscritto, proprio qualche giorno fa, un protocollo finalizzato a mettere insieme gli elementi che emergono dagli approfondimenti che la Polizia postale sviluppa in questo campo e gli elementi di conoscenza di cui dispone la Direzione nazionale, per un ulteriore raffronto, e quindi un ulteriore approfondimento che poi determina altrettanti atti di impulso. Ho voluto darvi questo quadro anche per sottolineare quanto enorme sia l'attività investigativa in Italia che viene sviluppata e quanto sia ampio il collegamento e il coordinamento che, non solo sull'intero territorio nazionale, con le procure distrettuali, la Direzione nazionale sviluppa, ma anche con gli uffici nazionali degli altri Paesi. La Direzione nazionale è il punto di contatto della rete giudiziaria europea ed è il corrispondente di Eurojust. Ogni ordine di indagine europeo passa per la Direzione nazionale che si occupa, peraltro, di mettere in contatto i vari uffici di procura, così come per le rogatorie, e questo è particolarmente significativo anche in materia di terrorismo. Al momento, mi fermerei qui, sono stato molto veloce e sintetico, proprio per non sottrarvi troppo tempo.

  PRESIDENTE. La ringrazio veramente di cuore, signor Procuratore. Questo suo intervento, così come quello dell'altra audizione che abbiamo avuto presso il nostro Comitato, arricchisce sicuramente il nostro lavoro. La sua presenza è fondamentale per quanto siamo tenuti a fare nel rispetto dei compiti che ci sono stati attribuiti dal Parlamento. Do la parola ai colleghi senatori e deputati che volessero intervenire. Prego, onorevole Castellone.

  MARIA DOMENICA CASTELLONE. Grazie Procuratore, innanzitutto per il suo lavoro quotidiano e anche per il sacrificio della sua vita e quanto lei fa per il nostro Paese, con questo impegnativo compito. L'insediamento del magistrato di collegamento è un progetto, a mio avviso, come lei dice, che andrebbe esportato anche in altri Paesi in cui l'infiltrazione terroristica è più importante, ad esempio, come lei diceva, la Tunisia; non so se c'è in previsione un progetto simile per quel Paese. Vorrei da lei qualche commento in particolare su quanto, e in che modo, mafia e terrorismo ostacolano quelli che, per noi, sono dei processi importanti e mi riferisco al rimpatrio dei migranti irregolari, soprattutto dei migranti economici, alla redistribuzione dei migranti richiedenti asilo e all'integrazione – so che questo è un tema che a lei sta molto a cuore – dei migranti regolari nei Paesi che li ospitano e per integrazione intendo anche inserimento nel mondo del lavoro. Quindi quanto la mafia e il terrorismoPag. 11 ostacolino il raggiungimento di questi obiettivi. Grazie.

  TONY CHIKE IWOBI. La ringrazio di cuore Procuratore, il vostro lavoro non è facile, ma comunque avete dimostrato di essere all'altezza della situazione e state facendo un bel lavoro. La ringrazio anche per la sua relazione molto esauriente. Quello che sta succedendo in Tunisia, è molto preoccupante in questo momento, perché ormai sappiamo che il Presidente del Paese tunisino ha sospeso la funzione del Parlamento del Paese per 30 giorni, revocando l'unità parlamentare, destituendo anche il premier e oggi la Tunisia è nel caos. La situazione è veramente inquietante, diversi osservatori vedono con estrema preoccupazione anche i flussi migratori che proverranno a breve da quel Paese. Quindi dobbiamo tenere alta la guardia. Lei ha definito il problema, chiamandolo con il suo vero nome cioè la clandestinità, l'immigrazione clandestina, non l'immigrazione in quanto tale. Mi fa molto piacere perché vorrei ribadire il perché noi siamo contro questo tipo di immigrazione che è l'immigrazione negativa. Innanzi tutto perché è l'anticamera di ingiustizia sociale e insicurezza. Lei ha analizzato questo tema in modo corretto, esauriente. Inoltre perché la clandestinità è una forma di oppressione per lo stesso immigrato, per chi lo subisce, quindi, a tutti gli effetti, è una violazione dei diritti umani che va assolutamente fermata. Infine, perché è l'illegalità che alimenta l'economia sommersa del Paese ospitante. È evidente la collusione con la mafia, con le organizzazioni illegali, sia del Paese di provenienza, sia di quelli che sono intermezzo tra il Paese di provenienza e il Paese di arrivo. La ringrazio davvero perché ci ha dato delle delucidazioni ben appropriate in merito. È evidente che, senza i dati, la politica stessa è fondata sul nulla. Scambio dei dati e informazioni sono fondamentali. Non possiamo continuare a parlare puntando il dito ai problemi senza trovare le soluzioni. Lo scambio dei dati è importante se vogliamo eliminare l'odiosa tratta di esseri umani e ridurre la libertà dei soggetti socialmente pericolosi quali i terroristi. Lei ha messo in atto anche l'esempio di cooperazione internazionale che ormai funziona, cioè quella collaborazione tra Italia e Nigeria che ho constatato anch'io durante la missione di due anni fa in Nigeria, ho visto questo centro di operazione tra Italia e Nigeria. Ho incontrato anche i poliziotti italiani che operano faccia a faccia, fianco a fianco, con quelli nigeriani. I giudici, che sono venuti in Italia, li ho incontrati in Nigeria, quindi che ben venga questo tipo di attività importantissima, come la collega ha menzionato prima. Sarebbe opportuno esportare questo tipo di collaborazione con altri Paesi di provenienza, se intendiamo risolvere questo problema una volta per sempre. Ovviamente questo è compito della politica. La ringrazio di nuovo.

  CRISTIANO ZULIANI. Grazie, Procuratore per essere venuto qui oggi. Veramente ci sarebbe da stare qui a discutere, a parlare, confrontarsi per delle ore perché c'è solo l'imbarazzo della scelta sui termini del confronto. Il materiale stesso che c'è stato disposto dai funzionari del Comitato è veramente tanto. Abbiamo visto i numeri esponenziali, rispetto ad anni precedenti, che stanno coinvolgendo il fenomeno dell'immigrazione. Questo sembrerebbe dovuto allo stato di crisi in maniera accentuata, in altri Paesi extraeuropei, legato alla pandemia, ma anche a una probabile gestione dell'immigrazione da parte delle ONG (Organizzazioni non governative) – ne abbiamo discusso più volte qui in Commissione – che di fatto, alimentano il fenomeno di pull factor, l'attrazione verso quei soggetti che vogliono arrivare nel nostro Paese o negli Stati europei. Abbiamo anche visto dalla documentazione fornita dalla segreteria del Comitato che gli attacchi terroristici hanno un'elevata percentuale di soggetti di seconda e terza generazione. Quindi è vero che c'è un'alimentazione di soggetti dovuta all'immigrazione, anche col consolidamento negli Stati europei. L'attecchimento di certi estremismi avviene anche via web, lei ne ha parlato prima. Eventuali soggetti terroristici hanno più possibilità di attecchire grazie all'uso della tecnologia perché chi non era preparato usa sempre di più la tecnologia. Vorrei sapere cosa ne Pag. 12pensa circa una correlazione fra soggetti che arrivano nel nostro Paese e soggetti terroristici. Faccio un esempio, una cifra buttata a caso, un soggetto presunto terrorista ogni centomila abitanti. Se gli immigrati, da centomila passano a 300 mila, 400 mila se, per la probabilità, il soggetto è uno ogni centomila è ovvio che i soggetti aumentino. È pur vero che ci sono i controlli, però sappiamo quali gravi danni può provocare anche un solo soggetto in caso di attacco terroristico. Abbiamo visto che basta un fucile, un kalashnikov, esplosivi, per cui non è una rassicurazione il fatto che, alcuni soggetti, siano svolti fortunatamente catturati dalle forze di polizia, con i dovuti controlli, perché poi basta un attacco solo per creare un disastro. Quindi volevo capire, se lei sia d'accordo con me, che più sono i soggetti immigrati che arrivano nel nostro Paese più, ovviamente, il rischio si alza. Infine, vorrei capire meglio il rapporto fra le istituzioni e le religioni, parliamo della religione islamica, perché possiamo affermarlo, presumo, che il problema terroristico è di natura islamica. Quindi capire quali sono i rapporti fra istituzioni e associazioni religiose islamiche, se c'è collaborazione, se vengono effettuati i dovuti controlli dei predicatori islamici. Per quanto riguarda il carcere, quali sono le modalità attraverso le quali si riesce, all'interno del carcere, a capire quali sono i soggetti coinvolti da problemi legati a fenomeni di terrorismo. Grazie.

  MANUEL TUZI. Procuratore, grazie per la relazione decisamente esaustiva e anche per la documentazione fornitaci, penso che ci sia ottimo materiale su cui poter lavorare. Volevo sfruttare questo intervento anche per estenderlo a questioni magari territoriali ma che hanno, inevitabilmente, una ricaduta a livello nazionale. Io sono un deputato eletto a Roma e, a Roma, noi abbiamo un problema importante per quanto riguarda la mafia, come in tanti altri territori, ma soprattutto per quanto concerne le cosiddette piazze di spaccio. Piazze di spaccio che, inevitabilmente, hanno anche un collegamento molto stretto con quello che è il fenomeno migratorio e il fenomeno di mancata integrazione di queste persone, migranti regolari ma, in questo contesto, anche non regolari, che magari diventano, di fatto, manovalanza per favorire l'ulteriore diffusione e lo spaccio nelle varie piazze. In questo contesto, vorrei capire quali possono essere gli strumenti a disposizione non solo delle forze dell'ordine, ma anche gli strumenti di cui forse si necessita, da un punto di vista legislativo, politico, anche in termini di atti ufficiali per poter creare una stretta sinergia e cooperazione. Noi abbiamo un problema che va dalla mafia, in senso stretto, alle situazione di disagio giovanile. Molto spesso i minori vengono impiegati proprio per lo spaccio. All'interno di un unico fenomeno – quello del semplice spaccio di droga – ci sono tante tematiche che arricchiscono le tasche della criminalità organizzata. In questo contesto, secondo me, quello che mi sembra di vedere, analizzando anche le problematiche su Roma, è la mancanza di un'azione sinergica su più fronti. Sarebbe importante favorire l'integrazione, la formazione, portare in questi luoghi, oltre a delle semplici azioni preventive, come dei presidi di sicurezza sul territorio, cercare di attuare un'azione pratica e operativa con interventi di qualsiasi tipo che possono andare dalla cultura a quella della rivalutazione, da un punto di vista strutturale, di queste zone. Mi chiedevo, quindi, quali possono essere gli strumenti operativi, in questo contesto, per cercare di fare uscire, soprattutto in quelle zone, cittadini imprigionati, di fatto, da contesti di disagio giovanile, disagio sociale e generale, per aiutare la popolazione in generale e cercare di contrastare il fenomeno di sfruttamento da parte della mafia. Il fenomeno romano diventa d'esempio a livello nazionale. Roma è solo una delle tante città che ha questo tipo di problematica. Grazie.

  CRISTIANO ZULIANI. Ho dimenticato di fare una brevissima domanda. Volevo capire la situazione, in particolare, del personale di polizia preposto al tipo di controlli che lei prima ci ha illustrato. La mia paura è che lo stato di stress, ove vi fosse, del personale di polizia, faccia sì che non vengano fatti nella maniera opportuna certi Pag. 13tipi di controlli per quello che riguarda il terrorismo. Grazie.

  FEDERICO CAFIERO DE RAHO, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Innanzitutto grazie per le domande che, di per sé, dimostrano che vi è interesse e questo già mi gratifica. Primo, rimpatrio degli irregolari, integrazione. Sono orgoglioso di essere italiano, come tutti voi, certamente. Sono orgoglioso della nostra Costituzione che pone al primo posto la libertà e l'uguaglianza. Proprio il nostro Paese, fiero dei principi e dei valori che ha posto, peraltro, ha inserito nella Costituzione l'articolo 10 che, addirittura, riconosce allo straniero, al quale siano impedite le libertà riconosciute dalla nostra Repubblica, dalla nostra Costituzione, asilo nel nostro Paese. È un principio che credo sia in linea con quello che, a livello globale, porta avanti l'Assemblea generale delle Nazioni Unite per quanto poi trovi difficoltà ad attuarlo proprio perché, se nell'Assemblea poi si è d'accordo su questi principi, quando si tratta di attuarli, si nota che vi è una certa disgregazione. Quello che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha sottolineato recentemente è che, unitamente agli sforzi dell'antiterrorismo delle Nazioni Unite, sono essenziali la promozione e la protezione dei diritti umani e il rispetto dello stato diritto. Le misure antiterrorismo, che non rispettano i diritti umani, non sono solo in contrasto con gli obblighi giuridici degli Stati membri, ma sono controproducenti, perché anziché affrontare il terrorismo, lo incoraggiano. Questo vale, allo stesso modo, per le immigrazioni che dovrebbero essere trattate, probabilmente, in un tavolo concordato da tutti i Paesi, in modo da riconoscere il diritto di libertà a tutti e il diritto di uguaglianza ma, al tempo stesso consentire, a ciascun Paese, di garantire la propria sicurezza. Mi rendo conto che è difficile conciliare i due aspetti, soprattutto laddove l'Italia, che si trova esposta nel Mediterraneo, è più facilmente raggiungibile però, probabilmente, il più importante impegno che deve essere raggiunto a livello politico è proprio quello di trovare una soluzione per evitare flussi migratori di quella consistenza. Ma perché ci sono i flussi migratori? Basta verificarlo nell'ambito dei Paesi dell'Africa, per esempio, laddove vi sono territori vastissimi in cui non c'è diritto, c'è violenza, c'è l'imposizione di quelle regole che, da noi, solo la mafia applica e quindi si fugge da quei territori. Cosa ci dicono le Nazioni Unite? Aiutiamo i territori che soffrono di più per fare in modo che il livello di vivibilità altrove cresca. Probabilmente quella è la strada politica per aiutare quei Paesi a migliorare la loro condizione. Diventa difficile porsi alla frontiera, e impedire a soggetti che si trovano in condizioni inumane, a resistere nei loro territori. Però, la sensibilità che ha l'Italia nell'accoglierli dovrebbero averla tutti i Paesi. Credo che, oggi, quello che sta facendo l'Italia è un qualcosa di veramente enorme, è uno sforzo straordinario. A partire dalle forze di polizia che, probabilmente, in alcuni momenti, sono al limite delle loro energie, ma continuano a svolgere appieno il loro compito. Nessun migrante passa il centro in cui viene raccolto senza essere stato sottoposto al rilevamento delle impronte, ai rilevamenti biometrici, all'individuazione, sia pure sotto le generalità che vengono di volta in volta dichiarate. Probabilmente, uno sforzo in più andrebbe fatto al momento in cui i migranti vengono raccolti, laddove una volta c'erano interviste che venivano sviluppate immediatamente, quelle interviste consentivano anche di conoscere quale fosse la reale condizione del migrante. In tante interviste, una volta, emergeva, proprio perché fatte a caldo, il nome del trafficante, la proiezione nel settore dello sfruttamento e della prostituzione, tanti elementi importantissimi che oggi non figurano più o sono rarissimi. Tornare, un attimo, a qualcosa che ci consenta un maggiore contatto con il migrante e combattere la criminalità organizzata o impedire, a soggetti sospettati di terrorismo, di entrare nel nostro Paese, attraverso le applicazioni di tutti gli strumenti che il nostro diritto ci consente. Credo che la nostra legislazione sia la più completa, sia sotto il profilo del contrasto alle mafie, sia sotto il profilo del contrasto al terrorismo. Penso che nessun Paese abbia gli stessi Pag. 14meccanismi di monitoraggio che ha il nostro. Partiamo dalle intercettazioni preventive che vengono eseguite dai servizi, a quelle che vengono eseguite dalla polizia giudiziaria, alle intercettazioni probatorie, arriviamo a una legislazione che è quella dei collaboratori e testimoni di giustizia, arriviamo a meccanismi di condivisione delle informazioni all'origine con il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, al circuito giudiziario antimafia antiterrorismo che è rappresentato dalle 26 procure distrettuali, dalle 26 direzioni distrettuali, con la Direzione nazionale. Abbiamo una banca dati che funziona dal 1992 per l'antimafia e dal 2015 per il terrorismo e sta acquisendo anche il passato. Abbiamo tantissimi strumenti, le misure di prevenzione che non ha nessun altro Paese. Abbiamo veramente uno strumentario, sia sostanziale che procedurale, che ci consente un monitoraggio e un contrasto che nessun altro Paese ha. Dove dobbiamo essere aiutati? Proprio nel selezionare l'immigrazione perché è certo che un'immigrazione così imponente determina dei problemi di contenimento. È lì che, a livello europeo e a livello delle Nazioni Unite, l'Italia deve essere aiutata e dobbiamo pretendere, probabilmente, di essere aiutati. Se vi è uno spaccio di droga, in cui sono inseriti anche gli irregolari, c'è uno spaccio di droga in cui ci sono i regolari e ci sono gli italiani, nel crimine, sia gli uni che gli altri sono inseriti. Così come non credo che sia motivo di preoccupazione una religione, quanto piuttosto la radicalizzazione di quella religione. Peraltro, tutte le religioni sono uguali davanti al nostro Paese, lo stesso Papa Francesco ce lo ha detto. Credo che il nostro modo, anche di accogliere, ci rende ancora meno esposti al rischio degli attentati, probabilmente, anche la nostra condizione economica non particolarmente brillante, consente a coloro che entrano nel nostro Paese di comprendere che anche gli italiani versano in condizioni di povertà e questo è un ulteriore motivo che forse, dal punto di vista sociale, consente una maggiore integrazione. L'Italia è un grande Paese, io credo che vada rispettato quello ci insegna la nostra Costituzione. Dobbiamo, probabilmente, fare il massimo perché gli altri Paesi riescano a guardare con gli stessi occhi degli italiani, con la capacità, la cultura, il progresso, lo sviluppo anche sociale e culturale che il nostro Paese riesce a dare e inserire nell'ambito della valutazione e l'analisi dei problemi che, di volta in volta, si pongono. Quindi credo che sia giusto, al momento, continuare ad applicare le norme che vengono seguite e credo che occorra, però, il contributo di tutti per impedire che noi siamo esposti ai rischi di una incontrollata immigrazione.

  PRESIDENTE. Grazie ancora al signor Procuratore, la salutiamo con un arrivederci a presto in Comitato. L'audizione è conclusa.

  La seduta termina alle 15.25.