XVIII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 2 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ATTUALITÀ DELL'ACCORDO DI SCHENGEN, NONCHÉ AL CONTROLLO E ALLA PREVENZIONE DELLE ATTIVITÀ TRANSNAZIONALI LEGATE AL TRAFFICO DI MIGRANTI E ALLA TRATTA DI PERSONE

Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede.
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 3 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14 
Ravetto Laura (FI)  ... 14 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14 
Pacifico Marinella  ... 14 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 15 
Galizia Francesca (M5S)  ... 15 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 15 
Perconti Filippo Giuseppe (M5S)  ... 15 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 15 
Iwobi Tony Chike  ... 15 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 16 
Tuzi Manuel (M5S)  ... 16 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 17 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 17 
Ravetto Laura (FI)  ... 17 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 17 
Ravetto Laura (FI)  ... 18 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 18 
Pacifico Marinella  ... 19 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 19 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 20 
Di Muro Flavio (LEGA)  ... 20 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 21 
Di Muro Flavio (LEGA)  ... 21 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 21 
Zuliani Cristiano  ... 21 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 21 
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 21 
Zoffili Eugenio , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI

  La seduta comincia alle 15.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede.

  PRESIDENTE. Prima di iniziare, ci tenevo a salutare ed augurare buon lavoro al nuovo membro del nostro Comitato parlamentare, l'onorevole Rosalba Cimino, che ha sostituito il Ministro Fabiana Dadone del Movimento 5 Stelle, a cui abbiamo fatto gli auguri di buon lavoro nel corso dell'ultima seduta dell'ufficio di presidenza. Benvenuta e buon lavoro. La presidenza è assolutamente a disposizione. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede nell'ambito dell'indagine conoscitiva: «Gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento all'attualità dell'accordo di Schengen, nonché al controllo e alla prevenzione delle attività transnazionali legate al traffico di migranti e alla tratta di persone». È stato richiesto al Ministro un approfondimento sul tema della tratta degli esseri umani, con particolare riferimento ai traffici ad opera della mafia nigeriana. Do quindi la parola al Ministro Bonafede, che ringrazio per la presenza e per aver accettato il nostro invito. Prego, ha la parola.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Grazie presidente. Prima di andare al centro di una tematica così delicata, sulla quale vi ringrazio di avermi chiamato ad intervenire in audizione in questa sede, devo necessariamente fare una premessa di carattere generale, che probabilmente per i presenti è scontata, però mi fa piacere partire da un quadro di insieme. Leggerò la relazione che ho preparato, poi sono disponibile a rispondere a tutte le domande. Trattandosi di una tematica molto delicata, nel caso in cui non avessi dati a portata di mano vi manderò risposte scritte.
  In ogni epoca le migrazioni sono state determinate da fattori ben definiti, assumendo precise connotazioni. A ciò non fa eccezione l'epoca contemporanea, nella quale il fenomeno migratorio ha assunto un contenuto drammatico per svariate e concomitanti ragioni. Semplificando, può sostenersi che ad oggi esistono due specie di flussi: la migrazione causata da motivi politici e la migrazione causata da motivi economici. La distinzione non è sempre semplice, spesso sovrapponendosi persecuzioni e mancanza di prospettive di vita minimamente dignitose, il che avviene soprattutto per le minoranze e per i soggetti vulnerabili, bambini e donne. I dati sulla dichiarata nazionalità dei migranti sbarcati in Italia testimoniano come le rotte dei clandestini si incrocino, di fatto, a quelle dei profughi provenienti da tali aree di conflitto o di elevate condizioni di insicurezza. La migrazione per motivi politici è quella cagionata da guerre in atto, da persecuzioni da parte di regimi totalitari, incapaci di assicurare l'effettivo esercizio delle Pag. 4libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana. In questi casi l'articolo 10, terzo comma, della nostra Costituzione e le convenzioni internazionali, come tutti sappiamo, attribuiscono allo straniero che si trovi in tali condizioni il diritto di asilo politico, che rientra fra i diritti fondamentali della persona. Chiaramente è completamente diversa, da un punto di vista giuridico e non solo, la migrazione economica motivata dal sottosviluppo dei numerosi Paesi africani, e in parte dell'Asia occidentale. È dato risaputo che l'Italia è il Paese presso cui da più anni sbarca la maggior parte di migranti economici, anche a costo di violare le leggi dei Paesi ospitanti, e quindi anche le leggi italiane. Va anche aggiunto che solo una parte di questi migranti economici resta nel nostro Paese; la parte maggiore, infatti, si sposta verso altri Paesi europei e d'oltreoceano, Paesi che, a loro avviso, offrono maggiori opportunità, o che già ospitano loro familiari. Si è ben consapevoli che i due fenomeni descritti richiedono diversa analisi e risposta istituzionale. Ai fini della presente audizione, e in considerazione delle competenze di questo dicastero, limiterò il perimetro del mio intervento alla problematica dei flussi migratori che rappresentano un business per soggetti senza scrupoli che, sfruttando la disperazione dei più deboli, li trasformano in vere e proprie res, generando fenomeni tanto deprecabili quanto criminosi, quali la tratta di esseri umani, la prostituzione, il traffico di organi. In questo bieco sfruttamento di situazioni di assoluto malessere si palesa, consentite il gioco di parole, il lato più disumano dell'umanità. È per queste ragioni che ogni stato di diritto, singolarmente e in accordo con gli altri Stati, deve offrire il massimo impegno nel fornire il massimo supporto per la tutela della vita umana e per il contrasto a forme di criminalità, che fanno del migrante il mezzo, il prodotto ed anche il profitto di condotte illecite. Quindi, ci tengo a dire, pur consapevole del fatto che ci sono fenomeni a monte completamente differenti, a volte, a valle, proprio nell'illiceità del comportamento, questi fenomeni finiscono con il sovrapporsi. Com'è noto, lo spazio di Schengen è nato il 14 giugno 1985, ed è altrettanto noto che le disposizioni contenute nel Regolamento, in linea generale, prevedono un'attenuazione assai incisiva, e spesso la cancellazione, dei controlli alle frontiere interne al perimetro dei Paesi coinvolti, nondimeno mantenendo, le attività di verifica sui confini esterni. I Paesi che entrano a far parte dello spazio Schengen assumono la responsabilità di sorvegliare le eventuali frontiere esterne del loro territorio per conto degli altri Stati dell'area e devono rispettare le regole condivise sulla concessione dei visti; inoltre, devono partecipare al Sistema di Informazione Schengen, una banca dati che contiene informazioni su persone e beni legati alle attività criminali. Il Regolamento UE 399/2016, che costituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, è il pilastro centrale per quanto concerne le frontiere dell'Unione Europea. Un ipotetico interrogativo in ordine all'attualità dell'accordo Schengen, che proprio era oggetto del quesito, può essere posto in relazione alla ripetuta sospensione, nel corso del tempo, del regime di libera circolazione da parte di uno o più Stati membri, mediante il ripristino di controllo alle frontiere interne. La consultazione dei dati forniti dalla Commissione Europea consente di sostenere che la riaffermazione, la riattivazione dei controlli, è avvenuta per 92 volte dal 2006 al 2017, e che in 44 occasioni essa è stata determinata da valutazioni connesse con i flussi migratori, mentre in altri casi è stata originata dai violenti episodi terroristici che hanno colpito l'Europa negli ultimi anni. Per altro verso l'interrogativo può essere posto in relazione all'interferenza funzionale con l'esercizio del diritto di asilo, che viene tenuto in considerazione dal Regolamento Schengen quale circostanza eccezionale che autorizza l'ingresso di cittadini terzi. Il fenomeno non appare di lieve entità perché, almeno sotto il profilo giudiziario, l'incremento delle domande di asilo si è tradotto inevitabilmente in un esponenziale aumento del numero delle impugnazioni in sedi giurisdizionali, e il flusso appare in costante crescita. Peraltro, il procedimento Pag. 5 giurisdizionale è per lo più governato dalla legislazione europea, sicché si tratta di un'attività estremamente onerosa per il singolo giudice, dal momento che nel giudizio di protezione è prevista l'adozione del principio dell'onere della prova attenuato.
  Sempre sotto il profilo giudiziario, l'accordo di Schengen risulta di interesse riguardo ad ulteriori e non secondari profili. Quale sostanziale contrappeso all'apertura delle frontiere interne, i Paesi membri dell'accordo si impegnano in un'incisiva attività di cooperazione internazionale in materia di polizia, con conseguenti effetti anche in materia di repressione penale. Semplificando, l'appartenenza allo spazio Schengen implica l'attuazione di una politica di intensa cooperazione di polizia tra tutti i membri, soprattutto sul versante del contrasto alla criminalità organizzata ed al terrorismo anche attraverso una condivisione di informazioni. Una delle applicazioni più immediatamente visibili di tale cooperazione è ad esempio il cosiddetto inseguimento transfrontaliero, ossia la facoltà della polizia appartenente ad uno degli Stati firmatari di inseguire in un altro Stato Schengen un sospetto che si sia macchiato di gravi infrazioni penali. In particolare, quale misura di sostanziale attuazione dello spazio libero di circolazione, è prevista la creazione di un sistema di collegamento telematico, per consentire lo scambio di dati tra le forze di polizia dei vari Stati, al fine di accedere rapidamente alle informazioni inerenti persone sospettate di gravi reati. Si tratta del noto Sistema di Informazione Schengen (SIS) che rappresenta la principale misura compensativa per l'abolizione dei controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen, e il cui funzionamento è sottoposto al controllo di autorità garanti specifiche, in seno ad ognuno degli Stati membri. In Italia tale ruolo è svolto dal Garante per la protezione dei dati personali. Si rinvia alla relazione depositata per i dettagli sul funzionamento del SIS sotto questo punto di vista. L'attualità del Sistema di Schengen, per profili che qui interessano, attiene soprattutto al mantenimento, e anzi all'auspicabile, rafforzamento delle finalità di contrasto alla criminalità organizzata ed al terrorismo che la banca dati consente. La funzione servente del SIS, in relazione alla tutela di tale interesse, sembra, del resto, posta a fondamento del Regolamento UE del 2018 1861 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 novembre 2018 sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del Sistema di Informazione Schengen nel settore delle verifiche di frontiera che modifica la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen ed abroga il Regolamento CEE numero 1987/2006. Tale indicazione, proveniente dalla legislazione europea, è stata accolta con favore dalle autorità giudiziarie italiane. In particolare, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha segnalato la necessità di ampliare la circolazione di informazioni sensibili che supportano l'attività di contrasto ai gruppi criminali organizzati. Appare, anzi, auspicabile, un rafforzamento degli uffici dell'unità S.I.R.E.N.E. (Supplementary Information Request at the National Entries) proprio allo scopo di consentire uno scambio efficace di informazioni supplementari, anche con riferimento alle specifiche azioni da intraprendere a seguito delle segnalazioni provenienti dal SIS. Il medesimo Regolamento, in precedenza citato, indica, d'altronde, l'opportunità di introdurre nuove categorie di dati nel SIS, proprio per consentire agli utenti finali, ossia tendenzialmente all'autorità di controllo, di adottare decisioni causa cognita, sulla base di una segnalazione ricevuta, senza complesse ricerche in ordine alla fonte della segnalazione stessa. In tal senso, ad esempio, anche le segnalazioni ai fini del respingimento e del rifiuto di soggiorno, dovrebbero comprendere informazioni sulla decisione su cui si basa l'allarme. Come è evidente, il tema intercetta la questione, cruciale per gli uffici giudiziari italiani, del miglioramento della condivisione delle informazioni, in vista dell'auspicabile riduzione delle ancora profonde divergenze tra i vari ordinamenti europei. Sotto questo profilo sarà necessario operare nel prossimo futuro, al fine di eliminare gli ostacoli al dialogo ed allo scambio delle informazioni raccolte, per la Pag. 6loro effettiva utilizzabilità a fini processuali, nel rispetto delle prerogative e dei principi degli ordinamenti nazionali. Fatto salvo, chiaramente, il principio della salvaguardia della sovranità nazionale in merito alle informazioni delle nostre autorità, è evidente che le nuove prospettive della criminalità organizzata sono tutte prevalentemente di stampo transfrontaliero, e, conseguentemente, è necessario che le autorità dei vari Stati comunichino tra loro. Mi fa piacere rappresentare che in questo l'Italia, per l'esperienza drammaticamente maturata in termini di lotta alla criminalità organizzata, diventa Paese leader a livello internazionale nella lotta alla criminalità organizzata. Il buon funzionamento dell'accordo di Schengen appare del resto il presupposto anche per l'implementazione dell'attività di cooperazione giudiziaria penale, attraverso l'attività di Europol ed Eurojust, che, a stretto collegamento con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, necessitano di coordinare le attività di contrasto transnazionali, potendo confidare sulla fluidità dei rapporti di polizia e sulla funzionalità delle banche dati. Appare peraltro opportuno osservare, sotto il profilo del contrasto del terrorismo, che tra le forze di polizia chiamate ad inserire dati significativi nei sistemi informatici va annoverata altresì la polizia penitenziaria che provvede all'inserimento delle informazioni, oltre che nel Centro di Elaborazione Dati (CED), anche nella sezione nazionale della banca dati di Schengen. Ebbene, l'intensa attività realizzata nelle carceri, con lo scopo di analizzare, neutralizzare e contrastare quella zona grigia di proselitismo dei terroristi di matrice jihadista che fa presa soprattutto sulla seconda generazione degli immigrati, appare uno strumento assai efficace in chiave di identificazione dei circuiti di radicalizzazione, anche in prospettiva della scarcerazione dei detenuti e della loro possibile circolazione nel territorio dell'Unione. Dal riconoscimento del fatto che il carcere è una realtà in qualche misura privilegiata, in cui è possibile acquisire notizie sulla radicalizzazione con una maggiore facilità, deriva la necessità stringente della condivisione delle informazioni acquisite attraverso il monitoraggio operato dalla polizia penitenziaria. Tuttavia, la possibilità di garantire il coordinamento delle informazioni che giungono dagli istituti penitenziari, anche per il collegamento con le altre forze di polizia e l'accesso alle banche dati nazionali ed estere, è garantita dalla porta aperta gestita dai sistemi di condivisione Schengen. I progressivi margini di ampliamento degli strumenti di cooperazione già in essere, desumibili dall'incremento del carico di lavoro di Eurojust che nel giro di due anni è più che raddoppiato, passando dai 41 casi gestiti nel 2015 agli 87 gestiti nel 2017, ed all'aumento esponenziale delle squadre investigative, passate dalle tre del 2015 alle dodici del 2017, certificano la rilevanza sempre più preponderante che un approccio condiviso riveste ai fini di giustizia in contesto comunitario. Ciò ha indotto il Ministero della giustizia ad ottenere, tramite l'intervento normativo, la previsione di un terzo assistente del membro nazionale distaccato presso la stessa autorità, nel rispetto del contingente massimo, fissato proprio in tre unità dalla legge n. 41 del 2005, la cui procedura di nomina è attualmente in corso.
  In tema di tratta di esseri umani, l'esperienza giudiziaria acquisita in Italia conferma che il traffico di esseri umani costituisce una vera e propria emergenza criminale della società contemporanea, in grado di minacciare la sicurezza e i diritti delle persone che ne sono vittime. È infatti dimostrato che i trafficanti si avvalgono dei flussi migratori, specialmente quelli via mare, per infiltrare le vittime di tratta, per poi destinarle in un secondo momento ad ogni tipo di sfruttamento, tanto nei Paesi di transito, che in quelli di destinazione. La gravità e l'estensione del fenomeno hanno determinato la sempre maggiore attenzione delle istituzioni, sia a livello europeo, sia a livello nazionale. A livello nazionale, secondo indagini statistiche pubblicate dalla direzione generale di statistica ed analisi organizzativa del Ministero della giustizia, ogni anno vengono iscritte in media oltre 300 contestazioni di reato inerenti la tratta di esseri umani. La gran parte di esse, circa Pag. 7il 60 per cento, riguarda la riduzione in schiavitù, il 36 per cento la tratta di persone, e il 4 per cento l'alienazione e l'acquisto di schiavi. Le tipologie di sfruttamento maggiormente rilevate nell'indagine sono lo sfruttamento della prostituzione, che coinvolge circa il 77 per cento delle vittime femminili, e lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente maschile. In linea generale, pur in presenza di un lieve aumento dei numeri, i procedimenti penali pendenti nel territorio nazionale e le condanne per tratta di esseri umani o riduzione in schiavitù non rappresentano una fedele riproduzione della gravità del fenomeno e della sua diffusione sul territorio nazionale. La scarsa collaborazione delle vittime e le difficoltà oggettive derivanti sia dalla ridotta cooperazione dei Paesi d'origine delle vittime, sia dalla mancanza di interpreti e di risorse da investire, costituiscono le principali cause dell'accertata sproporzione, in un quadro di sempre maggiore allarme. È di tutta evidenza che un efficace contrasto del fenomeno della tratta richiede, per la sua complessità e la diffusione a livello nazionale e transnazionale, un intervento multilivello in cui assume ruolo centrale la collaborazione dei Paesi d'origine delle vittime dei trafficanti ed un'osmosi costante delle esperienze e delle informazioni. Il sistema repressivo italiano contro la schiavitù è stato profondamente modificato negli ultimi quindici anni, in seguito a ripetuti interventi di adeguamento della normativa interna a quella internazionale ed europea, e rinvio per i dettagli sul quadro normativo alla relazione che ho presentato. Grazie a questi interventi riformatori, si è assistito al passaggio dalla genericità ed indeterminatezza delle nozioni di schiavitù, servitù e tratta, propria della disciplina previgente, ad una più precisa caratterizzazione degli elementi della fattispecie, su cui, appunto, rinvio alla relazione. Ciò posto, è di tutta evidenza che l'azione di contrasto debba essere attuata all'interno di una disciplina integrata delle politiche migratorie. Accanto alle fattispecie penali, occorrono disposizioni di carattere preventivo, norme a tutela delle vittime, accordi con i Paesi di provenienza dei migranti; a questo proposito è importante segnalare che a livello nazionale è affidata la cabina di regia interistituzionale sulla tratta degli esseri umani, ricostituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2019, l'elaborazione della nuova strategia antitratta che tenga conto dei mutamenti avvenuti dal 2016 ad oggi. A supporto della cabina di regia opera il comitato tecnico, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 aprile 2019 e composto da esponenti delle amministrazioni centrali e locali delle forze dell'ordine, della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, degli enti del terzo settore impegnati nel contrasto alla tratta di esseri umani e delle organizzazioni sindacali, considerando che si tratta di una materia di fatto interdisciplinare, è importante che lo Stato si sia supportato di uno strumento così rilevante che coinvolge tutte le varie e diverse competenze. Il comitato, di cui fanno parte anche due rappresentanti del Ministero della giustizia, assiste la cabina di regia in tutte le sue funzioni, anzitutto collaborando alla stesura del nuovo Piano nazionale anti tratta per gli anni 2019-2021, che trova la sua fonte nell'articolo 9 del decreto legislativo n. 24 del 2014. Esso si propone di individuare e definire azioni pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e allo sfruttamento degli esseri umani, nonché attività finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all'emersione e all'integrazione delle vittime, secondo le quattro direttrici sulle quali, a livello internazionale, è improntata la lotta alla tratta degli esseri umani: prevention, prosecution, protection, partnerships. Nel 2018 sono state 2012 le persone assistite. La gran parte erano donne, pari al 89,41 per cento, e di queste il 79,87 per cento erano nigeriane, mentre l'11,35 per cento erano minori. Nell'elaborazione delle linee di programmazione degli obiettivi del Piano non potrà prescindersi dalla strategia dell'Unione Europea per l'eradicazione della tratta, della raccomandazione dell'ultimo Rapporto di valutazione dell'Italia da parte del Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani, denominato Pag. 8GRETA, e, non da ultimo, dai risultati dell'attuazione del precedente piano 2016-2018. Dovranno infatti concludersi entro il prossimo anno i ventuno progetti selezionati, avviati e finalizzati lo scorso marzo in attuazione del piano 2016-2018, undici proposti da regioni e comuni e i restanti dieci da associazioni specializzate nel contrasto alla tratta, così assicurando la dovuta continuità alla presa in carico delle vittime, data proprio dalla sintesi della collaborazione anche degli enti territoriali proprio con le associazioni che si sono specializzate in materia. L'ultimo rapporto del GRETA ha positivamente evidenziato che le indagini italiane sulla mafia nigeriana e sulla tratta delle giovani nigeriane, in particolare quelle coordinate in Sicilia, a Catania, a Palermo, a Napoli, a Torino, devono essere annoverate tra le più significative e all'avanguardia in Europa. Al contempo, tale organismo ha rilevato l'opportunità di implementare sistemi di raccolta dei dati a livello nazionale, in modo da garantire una più ampia conoscenza sia dei flussi migratori, sia della localizzazione di vittime di tratte e di trafficanti in tutto il territorio nazionale, nonché di intensificare la formazione degli operatori che, a diverso titolo, entrano in contatto con le vittime della tratta. Parimenti è stata evidenziata la necessità di mettere in campo ulteriori misure per migliorare il processo di identificazione delle stesse. La comunità internazionale, all'inizio del decennio scorso, ha introdotto una regolamentazione ad hoc, contenuta in uno dei tre protocolli della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, la cosiddetta Convenzione di Palermo del 2000, fortemente voluta e promossa addirittura personalmente, a livello delle Nazioni Unite, da Giovanni Falcone. In particolare, il secondo protocollo alla convenzione è dedicato al traffico dei migranti via terra, via mare e via aria; mentre gli altri due protocolli sono dedicati rispettivamente alla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico degli esseri umani, e alla fabbricazione e ai traffici illeciti di armi da fuoco, loro parti, componenti e munizioni. L'Italia contribuisce attivamente alle attività delle Nazioni Unite in materia di tratta di persone e traffico illecito di migranti. E ci tengo a dire che questo contributo non è soltanto reso nell'ambito della nostra tradizione giuridica e delle energie che sono state portate avanti nel corso dei decenni dalla magistratura italiana, ma è anche reso in termini realmente economici, perché, con riguardo specifico alle attività di contrasto al traffico di migranti e alla tratta di persone in Africa, il 19 settembre scorso l'Italia ha firmato l'accordo per l'erogazione di un finanziamento all'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo sulla droga e sulla prevenzione del crimine, il cosiddetto UNODC, pari a 500 mila euro, per la realizzazione del processo di rafforzamento degli strumenti delle autorità giudiziarie e di polizia nel contrasto alla tratta di esseri umani e al traffico di migranti in Niger. Il contributo italiano si inserisce in un più ampio progetto dedicato all'Africa dall'UNODC, insieme all'ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani, denominato PROMIS, finanziato anche dai Paesi Bassi. Il progetto è mirato a forzare la capacità di contrasto al traffico di migranti in Africa Occidentale. I cinque principali destinatari del progetto sono Niger, Mali, Senegal, Costa d'Avorio e Gambia. Nell'ambito di questo progetto è stato possibile assicurare, mediante il suo distacco in Italia, la collaborazione di un pubblico ministero della Repubblica Federale di Nigeria, per consolidare la cooperazione con la Nigeria, Paese crocevia dei traffici di migranti e di origine della parte più consistente di vittime della tratta di esseri umani. Da un punto di vista normativo alcune iniziative del Ministero della giustizia hanno svolto un ruolo decisivo nell'avanzamento del mandato di UNODC. Si rammenta che nel mese di ottobre 2018 l'impegno italiano ha portato, dopo dieci anni di negoziato, all'istituto di un meccanismo di verifica dell'effettiva applicazione della Convenzione di Palermo, il cosiddetto meccanismo di revisione, per l'attuazione del quale è stato fornito un contributo di 500 mila euro. Giova inoltre ricordare che nell'ultima sessione di lavoro della Commissione per la Prevenzione della Criminalità e la Giustizia Penale delle Nazioni Pag. 9 Unite, svoltasi nel maggio del 2019, l'Italia, insieme ad altri Paesi, ha ufficialmente aderito alla campagna Blue Heart, dedicata all'assistenza delle vittime di tratta, attraverso la quale UNODC mira ad incoraggiare presso gli Stati aderenti l'azione delle istituzioni nel contrasto alla tratta e a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla causa delle vittime. La prossima sessione della predetta commissione è in programma nel maggio 2020 a Vienna ed includerà proprio una discussione tematica dedicata al traffico dei migranti. Ci tengo a dire che il sistema di revisione che, grazie ad un ruolo fondamentale dell'Italia, è stato implementato sulla Convenzione di Palermo del 2000, stabilisce un sistema solo apparentemente complesso, ma in realtà molto semplice, che stabilisce che ogni Stato sia controllato da un altro Stato che è a sua volta controllore di un altro Stato. In questo modo si garantisce che la Convenzione di Palermo venga realmente applicata.
  In merito all'impegno dell'Italia per la cooperazione giudiziaria internazionale in ambito migratorio, le organizzazioni internazionali, adattandosi alle mutevoli condizioni politiche dei diversi Paesi interessati dai traffici e all'azione repressiva messa in campo a livello politico e giudiziario, hanno dimostrato la capacità di cambiare le rotte e di modificare le modalità di trasferimento dei migranti, avvalendosi di un sistema integrato all'interno del quale gruppi di diversa nazionalità, che operano contemporaneamente in più Paesi, collaborano tra loro nelle diverse attività criminali. L'ampliamento delle forme di cooperazione giudiziaria può offrire un insostituibile contributo al complesso compito affidato all'autorità giudiziaria nella necessaria evoluzione dell'azione del contrasto alle nuove mafie, che sia in linea con i mutamenti che hanno investito la realtà socio-criminale. In poche parole, se c'è una flessibilità dall'altra parte, capace di modellarsi costantemente, deve esserci una flessibilità anche nelle attività di indagine e contrasto alla criminalità organizzata e alle nuove mafie. Con riguardo specifico al tema della cooperazione con i Paesi africani, l'Italia ha fatto molti passi in avanti nel campo degli accordi bilaterali e di cooperazione giudiziaria penale, con risultati ampiamente superiori alle attese. Il Ministero della giustizia ha infatti concentrato il suo impegno soprattutto su negoziati con alcuni Paesi ritenuti di particolare interesse per l'Italia, in base all'infiltrazione, alla presenza di gravi forme di criminalità, tra le quali la tratta di esseri umani. A questo proposito costituisce un importante risultato la partecipazione, nel novembre scorso, all'ottava assemblea plenaria del WACAP, ovvero il network delle autorità centrali e dei procuratori dell'Africa Occidentale, in Benin, in occasione del quale è stato firmato, tra l'Italia e gli Stati membri dell'ECOWAS, un accordo di partenariato in materia di cooperazione giudiziaria internazionale in campo penale. Con riguardo alla cooperazione giudiziaria in materia penale con la Repubblica Federale di Nigeria, il trattato sul trasferimento dei detenuti è stato firmato a Roma l'8 novembre 2016, unitamente ai trattati di estradizione e assistenza giudiziaria. L'11 luglio 2019, invece, il Senato ha approvato il relativo disegno di legge di ratifica e distribuzione. Con il Niger il Trattato sul trasferimento dei detenuti è stato firmato a Roma il 28 febbraio 2019, unitamente ai Trattati di estradizione e assistenza giudiziaria. In attesa che questi accordi entrino in vigore, i rapporti con la Nigeria si basano sulla cortesia internazionale, tenuto conto delle ottime relazioni diplomatiche tra le due Nazioni. La firma dei tre trattati di assistenza giudiziaria in materia penale e di estradizione sul trasferimento dei detenuti è stata infatti possibile, dopo un lungo negoziato, per rispondere alla necessità di rendere più fluidi i rapporti di cooperazione, consentendo la previa conoscenza delle autorità con le quali si dovrà interloquire e delle procedure da seguire, nonché di affrontare con strumenti più adeguati le sfide poste dalle organizzazioni criminali. L'intesa raggiunta prevede l'inserimento nel trattato di mutua assistenza giudiziaria dei più moderni e incisivi strumenti dell'indagine transfrontaliera, come le squadre investigative comuni, le consegne controllate, le operazioni sotto copertura e di osservazione e pedinamento Pag. 10 delle persone sospette di coinvolgimento nella commissione di gravi reati, quali soprattutto l'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani. Quanto alla situazione in ambito penitenziario, l'elevato flusso migratorio registrato nel corso degli anni ha determinato una considerevole presenza di detenuti; questa è una vera e propria piaga: detenuti stranieri nei penitenziari italiani. Al 24 settembre del 2019 su 60.865 detenuti presenti, i soggetti di nazionalità straniera si attestano sui 20.292, di cui 3.211 con cittadinanza comunitaria. Principalmente, se consideriamo che la percentuale di un terzo è un numero elevatissimo, gli stranieri provengono dal Marocco, Albania, Romania, Tunisia, Nigeria, Egitto, Senegal e Algeria. È importante osservare che, dall'analisi dettagliata operata dal nucleo investigativo centrale, su 459 detenuti inseriti nei tre profili di analisi per rischio radicalizzazione di natura confessionale, 37 risultano essere ristretti per il reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina. In relazione al numero complessivo dei soggetti stranieri ristretti negli istituti penitenziari con ascritti reati di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998, si rappresenta che questi complessivamente ammontano a 1.014 soggetti, di cui 74 donne. Per quanto concerne infine soggetti reclusi per il reato di cui all'articolo 601 del codice penale (parliamo della tratta di persone) si evidenzia che il numero complessivo ammonta a 196 soggetti, di cui 71 donne. Il Ministero della giustizia ha intenzione di avviare un tavolo interministeriale, già siamo avanti con il lavoro, con la partecipazione del Ministero dell'interno e del Ministero degli esteri, al fine di semplificare ed accelerare a legislazione vigente le procedure di rimpatrio dei detenuti stranieri. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro Luigi Di Maio, ha espresso forte preoccupazione per il deterioramento del quadro di sicurezza e della situazione umanitaria in Libia. Ha ribadito che l'instabilità in Libia non può essere risolta attraverso un intervento militare che ad oggi ha causato la morte di numerosi civili, un numero di vittime tra i combattenti difficile da definire e almeno 120 mila sfollati e ha riacutizzato la minaccia terroristica, ulteriormente aggravando il quadro di instabilità nel Paese. Cito le parole: «È sempre più urgente il ritorno al dialogo ed all'iniziativa politica», ha detto il Ministro Di Maio, ricordando la necessità di perseguire un dialogo inclusivo e di garantire l'equo impiego e la distribuzione delle risorse del Paese a beneficio di tutto il popolo libico. Per quanto riguarda il contrasto alle mafie nigeriane, grazie anche al contributo in termini di osservazione ed analisi del fenomeno fornito dal Nucleo investigativo centrale (NIC), emerge che l'organizzazione che merita un'attenzione particolare è proprio la cosiddetta mafia nera, ossia la mafia nigeriana. Ci tengo a sottolineare l'importanza del ruolo che ha la polizia penitenziaria nel fornire allo Stato italiano un monitoraggio di ciò che accade all'interno delle carceri, che è fondamentale per capire che tipo di degenerazione, in termini di radicalizzazione, ci può essere, nella importante presenza di detenuti. Permeata da uno spiccato associazionismo in cui interagiscono diversificati centri di interesse, la criminalità nigeriana si è sviluppata al di fuori della madrepatria, sfruttando i flussi migratori. In considerazione della significativa vocazione transnazionale delle organizzazioni criminali nigeriane, l'Italia, anche per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, è ovviamente interessata dalle attività illecite stanziali e di transito nei settori nei quali risulta coinvolta tale organizzazione criminale. L'allarme sulle organizzazioni criminali nigeriane scaturisce dalla strategia di inserimento e di occupazione illegale di mercati, di volta in volta disponibili e convenienti, in grado di promettere possibilità di crescita e di guadagno. Invero la documentazione giudiziaria informativa degli ultimi anni evidenzia gli ampi margini di operatività dei sodalizi nigeriani attivi in Italia, che spaziano dal traffico internazionale allo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti, alle estorsioni soprattutto in danno di cittadini africani gestori di attività commerciali, all'induzione e allo sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell'immigrazione Pag. 11 clandestina, alla falsificazione di documenti, alla contraffazione monetaria, alla tratta e riduzione in schiavitù di esseri umani, alle truffe e frodi informatiche, ai reati contro la persona e contro il patrimonio. Le modalità di azione criminale, i collegamenti transnazionali, il vincolo omertoso che caratterizza gli associati ed il timore infuso nelle vittime hanno peraltro fatto luce nel tempo su un agire sotto molti versi simile alle metodiche mafiose. Nel corso di varie indagini è stata accertata la connotazione mafiosa dei vari gruppi, che sono organizzati in maniera verticistica ed al cui interno ognuno riveste il proprio ruolo. L'accesso al gruppo, gestito e disciplinato dai vertici, prevede un vero e proprio rito di affiliazione e l'obbligo alla partecipazione, mediante il pagamento di una sorta di tassa di iscrizione, al finanziamento della confraternita, chiamata a provvedere, come tutte le organizzazioni criminali di spessore, al sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti, secondo un vincolo di assistenza previdenziale. Costituiscono un fattore di coesione molto elevato le ritualità magiche, e specifico, ritualità magiche e fideistiche che, unite al vincolo etnico ed alla forte influenza nella gestione da parte delle lobby in madrepatria, produce una forma di assoggettamento psicologico molto forte. Numerose, questo ciò che emerge dalle indagini che si sono via via sviluppate, sono le pronunce che, valorizzando gli elementi dell'utilizzo della forte intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà da essa derivante, hanno riconosciuto la sussistenza della fattispecie delittuosa di cui all'articolo 416-bis del codice penale nei confronti di queste organizzazioni. La criminalità nigeriana si caratterizza per l'alta specializzazione nei traffici di stupefacenti, nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e nella tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Tale dato conferma ulteriormente l'esistenza di un significativo legame tra il fenomeno migratorio irregolare, la tratta di persone e lo sfruttamento sessuale. In tale ambito l'organizzazione criminale controlla l'attività delittuosa in tutte le sue fasi, dal reclutamento fino all'invio delle donne, spesso di giovanissima età, nei Paesi al di fuori del territorio africano ed alla messa su strada. Stando a quanto è emerso nel corso di recenti inchieste, coordinate da diverse procure distrettuali nazionali, il trafficante delle vittime di tratta è parte di una rete criminale transnazionale radicata nei Paesi di origine dei flussi migratori, ove realtà caratterizzate da estrema povertà e da contesti socio-politici instabili diventano fattori di attrazione per le organizzazioni criminali, dedite a tali attività illecite. Si rinvia al testo per la descrizione di modalità di reclutamento. Però tengo a sottolineare che si tratta di modalità di reclutamento che vertono su veri e propri riti che però inducono poi le persone che ne sono vittime ad un vero e proprio assoggettamento. Più il reclutamento avviene su una dinamica magico-religiosa, più è facile per questo tipo di associazione incutere il timore che la mancata osservanza delle regole di quell'associazione criminale comporta anche delle conseguenze che sono di carattere religioso o sulla vita della persona o dei familiari. Nel corso degli anni numerose sono state le attività di indagine che hanno dato conto di questo turpe fenomeno, si cita a titolo esemplificativo l'operazione «Trafficking», eseguita dalla Polizia di Stato a Palermo nel marzo 2018, che ha permesso di disarticolare un'organizzazione composta da quattro cittadini nigeriani e due maman, dediti allo sfruttamento della prostituzione di giovani donne, schiavizzate e costrette a prostituirsi. Ancora si segnala l'operazione «Mommy», conclusa nel mese di maggio 2018 dalla Polizia di Stato di Napoli, con l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un'organizzazione composta da cinque cittadini nigeriani e un napoletano, accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, al favoreggiamento ed all'ingresso clandestino di cittadini stranieri, nonché alla riduzione in schiavitù, con l'aggravante della transnazionalità. Anche in questo caso, per ulteriori dettagli sull'operazione, si rimanda alla relazione depositata. Il settore Pag. 12del trafficking risulta connesso con quello degli stupefacenti. La criminalità nigeriana sembra utilizzare opportunisticamente gli stessi canali e le medesime strutture per i diversi «servizi» criminali, operando ormai da tempo come fornitrice, mediatrice, organizzatrice, dei traffici di droga anche in molti Paesi europei ed extraeuropei. Le attività di indagine hanno permesso, nel corso degli anni, di accertare che i cittadini nigeriani si riforniscono della sostanza stupefacente, a seconda della tipologia, direttamente nei luoghi di produzione siti in diversi continenti. Anche qui rimando al testo per la descrizione delle modalità proprio del traffico internazionale di stupefacenti che è fortemente integrato, per i motivi che dicevo, rispetto al fenomeno della cosiddetta mafia nigeriana. L'individuazione da parte delle forze di polizia dei canali di transito, generalmente aeroportuali, ha evidenziato nella criminalità nigeriana una particolare duttilità e capacità di adattamento che ha comportato l'immediata variazione delle rotte o l'avvicendamento nel trasporto con corrieri di altre etnie. Spesso infatti le organizzazioni si avvalgono anche di corrieri provenienti dall'Est Europa, mentre i viaggi di corrieri dall'Italia verso il Sud America, l'Asia e naturalmente l'Africa, possono avvenire anche attraverso tappe intermedie in altre Nazioni europee. I gruppi della mafia nigeriana radicati in Italia sono soprattutto quattro: Eye, Black Axe, Maphite e Vikings, nati in madrepatria originariamente come confraternite. Nel nostro Paese le aree maggiormente interessate dai flussi di stupefacenti gestite dai gruppi nigeriani sono la provincia di Caserta e Palermo, mentre nel Nord il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e l'Emilia Romagna. Tuttavia, recenti indagini hanno fatto emergere l'operatività della criminalità nigeriana nei traffici di stupefacenti anche in Basilicata. Se inizialmente le organizzazioni criminali nigeriane operanti in Italia si erano sviluppate in maniera servente rispetto ai gruppi mafiosi locali, principalmente camorra e mafia siciliana, le recenti evoluzioni consentono di affermare che ad oggi queste hanno acquisito un livello di autonomia e di potenza tali da renderle particolarmente pericolose. In linea generale può affermarsi che nelle regioni del Sud Italia i gruppi stranieri agiscono in una situazione di convivenza più o meno voluta con le organizzazioni mafiose autoctone, mentre nelle restanti regioni tendono a ritagliarsi spazi di autonomia operativa. In particolare l'area di Castel Volturno, nel casertano, è fortemente inquinata sia dalla presenza del clan dei Casalesi, sia dalla presenza della criminalità nigeriana da quanto risulta dalle attività svolte dall'autorità giudiziaria. Un ulteriore recente esempio di presenza di matrici mafiose autoctone nigeriane sul medesimo territorio si rinviene anche nell'area palermitana. Sulla scorta dei dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, alla data del 24 settembre 2019 (quindi dati estremamente aggiornati) i detenuti di nazionalità nigeriana ristretti negli istituti di pena italiani sono 1.651, di cui 1.468 uomini e 183 donne. Dall'analisi dei dati emerge un sostanziale aumento dei detenuti nigeriani, in particolare si evidenzia la presenza, nelle sezioni detentive destinate ai detenuti appartenenti al circuito dell'alta sicurezza, di 112 soggetti, segnatamente 109 uomini e tre donne, di cui ben 97 ristretti per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale. Molti dei detenuti presenti negli istituti penitenziari, classificati alta sicurezza, appartengono ai gruppi denominati Eye e Black Axe. In particolare il gruppo Black Axe (Ascia Nera) è la comunità più consistente in Italia con circa 100 mila affiliati. In ultimo, da non sottovalutare, è il forte integralismo islamico che si sta diffondendo in Nigeria e, di riflesso, tra i Nigeriani presenti in Italia, che potrebbe aumentare la minaccia terroristica nel nostro Paese, anche in virtù del fatto che esiste un gruppo terroristico nigeriano, denominato Boko Haram, che persegue l'applicazione letterale della sharia. Tale dato desta particolare allarme se analizzato insieme alla circostanza per cui parte dei proventi delle attività illecite vengono anche inviati in Nigeria, per favorire il sostentamento dei familiari e per finanziare le organizzazioni criminali in madre patria, inclusi i foreign fighters che, sfruttando Pag. 13 i flussi migratori clandestini di massa, rischiano di introdursi nel tessuto sociale italiano ed europeo. Sotto il profilo del contrasto e alla repressione è necessario che, nell'ambito delle politiche di prevenzione della tratta di esseri umani e di tutela delle vittime, si definiscano misure concentrate non solo sulla particolare vulnerabilità delle donne, ma anche dirette ad incrementare i loro diritti, al fine di evitare misure anti tratta che comprimano ulteriormente la loro libertà ed autonomia. Da un'analisi complessiva di sistema di contrasto del fenomeno emerge tuttavia che, se sul piano normativo decisivi passi in avanti sono stati realizzati, i risultati raggiunti non sono ancora del tutto soddisfacenti. La magistratura italiana, che si qualifica come la migliore al mondo nel contrasto alle mafie, nonché la legislazione vigente all'avanguardia nel settore, rappresentano un punto di forza indiscutibile per le future attività di repressione nel crimine trans-nazionale, anche con riferimento alla criminalità nigeriana. A tal riguardo di particolare interesse risulta un'osservazione fornita dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo in linea con quanto osservato dal GRETA, riscontrata attraverso la disamina delle indagini svolte in Italia. Ripeto che il nostro ordinamento, in termini non soltanto normativi, ma di qualità della nostra magistratura in tema di contrasto alle mafie, fa sì che la mafia nigeriana, rappresenti un fenomeno criminale che evidenzia punti di allerta, ma che esistano gli strumenti per poterlo fronteggiare. In particolare, le criticità sono: difficoltà di identificazione delle vittime e loro scarsa collaborazione una volta individuate; mancanza di una disciplina diretta a proteggere la vittima ed a consentire l'ingresso nel nostro Paese ai familiari delle stesse, con un modello simile a quello istituito per i testimoni di giustizia, ma con un allargamento dei casi di regolarizzazione per impedire eventuali ritorsioni delle organizzazioni criminali nei Paesi di origine; esiguità delle risorse sia in termini di mezzi sia di uomini da destinare alle indagini sulla tratta, in larga parte già utilizzate per rendere quanto più efficace possibile il contrasto alle organizzazioni criminali di stampo mafioso presenti in tutto il territorio nazionale; difficoltà di reperire interpreti che nei procedimenti in cui vengono attivate intercettazioni telefoniche ambientali siano in grado di decodificare dialetti utilizzati dagli indagati e/o di assolvere alla loro imprescindibile ed importante funzione di traduttori in modo affidabile; difficoltà di utilizzare efficaci strumenti di contrasto al patrimonio criminale previsti dall'ordinamento italiano; approccio delle forze di polizia giudiziaria nei primi contatti con i migranti fortemente condizionato dalla difficoltà di comprenderne la lingua e di coglierne la vulnerabilità, oltre che dalla loro condizione di immigrati irregolari; mancanza di gruppi di lavoro specializzati in materia di tratta all'interno delle forze di polizia giudiziaria, sulla falsa riga del NAPTIP nigeriano. Gli organismi centrali delle diverse forze di polizia giudiziaria, nonostante gli enormi sforzi profusi sin dal momento degli sbarchi dei migranti e delle sospette vittime di tratta, sono fagocitati di fatto dalle emergenze criminali diffuse in tutto il territorio nazionale e da fenomeni di pari o maggiore allarme sociale. Pertanto una forza di polizia dedicata alle indagini sulla tratta fortemente specializzata e in stretto rapporto con la mole di agenzie degli altri Paesi in cui il fenomeno è particolarmente diffuso, consentirebbe di incrementare le indagini e di conseguire risultati anche in termini di repressione. La comprensione dei punti su cui incentrare ulteriormente futuri interventi, sia di tipo normativo sia di tipo operativo esecutivo – e in questo mi farebbe piacere se continuasse ad esserci una sinergia tra il Ministero della giustizia e questo Comitato – rappresentano un fondamentale passo per la predisposizione di azioni mirate e specifiche, finalizzato ad un miglioramento delle attività di contrasto e repressione della criminalità organizzata e alla tutela dei valori e dei diritti fondamentali degli essere umani, rispetto ai quali l'azione di questo Ministero e di questo Governo procederà con decisione e fermezza. Vi ringrazio.

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  PRESIDENTE. Grazie signor Ministro. La relazione depositata nella sua versione integrale è stata distribuita. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per domande al Ministro o osservazioni. Si è iscritta a parlare l'onorevole Ravetto, capogruppo di Forza Italia. Prego.

  LAURA RAVETTO. Grazie presidente. Grazie Ministro di questa relazione. Tre brevissime domande. La prima: qualche legislatura fa, la precedente rispetto a questa, ad inizio legislatura, era stata votata una legge bipartisan relativa alla lotta alla radicalizzazione nell'ambito delle carceri. Già come Comitato Schengen in passato era stata affrontata questa tematica, nel senso che si è evinto che la prima causa di nuova radicalizzazione nel nostro Paese si ha proprio nelle carceri. Erano previsti degli stanziamenti. Volevo sapere, visto che poi questa decisione è efficace, se ci sono risorse dedicate. Volevo sapere se ci sono stanziamenti attualmente presso il suo Ministero, a quanto ammontino, se sono state fatte azioni in questo senso e se ritiene di proseguire su questa strada, o magari anche incrementare le risorse, se ci sono.
  Seconda domanda: lei nella sua relazione già ha toccato il tema, quindi probabilmente la domanda può essere ultronea, ma è per capire bene. Lei ha parlato di convenzioni con i Paesi di provenienza. Anche noi di Forza Italia abbiamo sempre insistito in Aula sull'applicazione della Convenzione di Strasburgo, quindi non parlo tanto della parte relativa all'estradizione di coloro che commettono dei reati, né quello dell'assistenza legale, ma più l'espiamento della pena nei Paesi di provenienza. Tra l'altro, Convenzione che spesso è utilizzata mediaticamente, descritta come punitiva, in realtà è una Convenzione che nasce proprio con un fine quasi umanitario, nel senso che si dice che è più facile rieducare e quindi anche reinserire socialmente i soggetti nel Paese di provenienza. Volevo sapere anche su questo se ha un po’ di dati. Lei ha detto che le persone presenti nelle nostre carceri sono di altre provenienze rispetto all'Italia, per esempio ho sentito la Romania. La Romania è una di quelle Nazioni con cui c'è un'attuazione di questa Convenzione. Volevo sapere se effettivamente sta funzionando o se il Parlamento in qualche modo dovrebbe fare qualcosa.
  Ultima domanda: a che punto siamo con i ricorsi? Nel senso che, nelle passate legislature, anche grazie all'attività di questo Comitato, si è risolto efficacemente, con una collaborazione del Ministro della giustizia, il tema della richiesta di domande d'asilo, relativamente alle commissioni territoriali. Sono state incrementate? È stato velocizzato l’iter? Chi ottiene il diniego, lei lo sa meglio di me, Ministro, fa ricorso, i tempi sono lunghissimi. Era stata fatta in passato una proposta da parte di questo Comitato sulla possibilità di individuare delle sezioni di tribunali dedicati a questo, come ci sono in altri Paesi europei, che si occupino esclusivamente dei ricorsi. Il Ministro Orlando aveva fatto una proposta in questo senso, proposta che poi, però, non è mai stata portata all'attenzione dell'Aula. Volevo sapere che cosa pensa di questo tema e se potrebbe essere un'idea che Lei in qualche modo potrebbe valutare.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Ravetto. Senatrice e segretario di Comitato Pacifico, Movimento 5 Stelle, prego.

  MARINELLA PACIFICO. Grazie presidente. Grazie Ministro per la sua relazione. In parte ha soddisfatto anche le mie domande, le mie richieste. Io volevo focalizzarmi sulla mafia nigeriana, di cui lei ha parlato ed ha parlato anche in maniera abbastanza esauriente. Infatti, dall'ultimo rapporto della DIA in realtà emergono i dati che ci ha fornito. Questa è una mafia che nasce dalle confraternite universitarie nigeriane, che arriva in Italia nell'87: ricordiamo i primi arresti per corrieri che erano imbottiti di ovuli di eroina, però attualmente questa associazione criminale mafiosa ha surclassato, come lei ha anche ricordato, le mafie locali. È una mafia molto potente, è una mafia efferata e pericolosa, che si affilia con i migranti, con chi sbarca sulle nostre coste. Lei è stato esauriente nel fornirci informazioni su questa associazione criminale mafiosa, dicendo anche che noi in Italia abbiamo una Pag. 15norma, il 416-bis, che ci tutela su queste associazioni; però io volevo sapere se c'era la possibilità, e cosa ne pensa, di una legislazione, invece, a livello più globale, cioè di una legislazione che sia proprio di carattere transnazionale, e se ritiene opportuno che i singoli Paesi dell'Unione Europea, ma anche l'Unione Europea stessa, vadano a dotarsi di strumenti giuridici adeguati e a questo punto, credo, indispensabili, forte anche del fatto che alcuni reati, come la tratta degli esseri umani è in realtà tutelata. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie senatrice Pacifico. Onorevole Galizia, capogruppo Movimento 5 Stelle, prego.

  FRANCESCA GALIZIA. Grazie presidente, io voglio ringraziare il Ministro, perché veramente ci ha portato una relazione ricca di contenuti e di elementi interessanti per i lavori del nostro Comitato. Prima di fare la mia domanda, io volevo sottolineare la mancanza di personale per poter fronteggiare la mafia nigeriana. In particolare, tra le varie indagini citate all'interno della sua relazione non mi è parso di leggere quella di Torino, dove un ruolo importantissimo ha avuto la polizia locale con la squadra SAT. Potrebbe essere una buona idea dare maggior spazio alla polizia locale per poter intervenire sul fenomeno della tratta degli esseri umani, perché si tratta di un gruppo specializzato con un'ampia ed alta formazione. È presente solo a Torino, e credo che sarebbe utile poter investire su questo tipo di servizio sui territori. Un'altra questione molto importante è legata al traffico di esseri umani perché riguarda i minori. Si calcola che i bambini rappresentino il 30 per cento dei soggetti vittime di tratta di esseri umani Sono bambini che subiscono da subito maltrattamenti, sono i più piccoli, i più indifesi, i più deboli e queste vittime possono essere vendute Si parla di vendita di bambini ancora in fasce per l'adozione, con costi che possono variare dai 7 mila ai 15 mila euro. Da quanto emerso dalle indagini possono essere venduti più volte. Che cosa si può fare per monitorare meglio questo sconcertante fenomeno? E soprattutto, come si possono agganciare le vittime minori, considerando che è difficile rintracciarli per strada, come succede per le donne, dato che sono più che altro in luoghi chiusi? Infine come si può rendere più efficace l'intervento di contrasto da parte delle forze dell'ordine e della magistratura? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Galizia. Onorevole Perconti, Movimento 5 Stelle, prego.

  FILIPPO GIUSEPPE PERCONTI. Grazie presidente. Anche io volevo ringraziare il Ministro per la relazione esaustiva. In parte ha anche risposto alla mia domanda, però ritengo opportuno chiedere un approfondimento in merito al rapporto con le mafie autoctone. Parliamo di una mafia che è di livello internazionale, che parte dagli Stati Uniti, arriva fino in Africa, è ben strutturata, è ben organizzata. Uno dei maggiori centri dov'è diffusa è Castel Volturno, tra Caserta e Napoli, ed è difficile pensare che non ci siano legami con la camorra. Addirittura leggo che tra i Casalesi si diceva che era necessario lasciare lo spazio della prostituzione agli Africani, mentre loro si occupavano di cemento e di TAV. Quindi sarebbe opportuno approfondire questo rapporto che c'è con la mafia siciliana, ma anche con la camorra o con la ’ndrangheta. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Perconti. Senatore Tony Iwobi della Lega, di origine nigeriana.

  TONY CHIKE IWOBI. Quando stavo entrando, Ministro, stava parlando della mafia nigeriana, come dire che tutti i nigeriani sono mafiosi, questo ovviamente non è vero. Ci sono milioni di Nigeriani, residenti in Italia, che hanno contribuito alla sorte economica del Paese. Ringrazio il presidente per avermi consentito la possibilità di intervenire in questo delicato tema. Ministro, il fatto è che l'immigrazione di massa incontrollata è una triste conseguenza della volontà di non risolvere alla radice le criticità che affliggono l'Africa e dell'incapacità Pag. 16 della politica di cooperare con le istituzioni africane, per un concreto sviluppo economico. Questo è un dato di fatto, è un tema in cui dobbiamo entrare nel merito, superando il modo in cui vediamo l'immigrazione da questa parte del mondo. Dobbiamo andare oltre, verso la radice del problema, per poter anche attivare procedure per la risoluzione del problema stesso. Detto questo, ribadisco che l'immigrazione è un tema fondamentalmente importante per l'umanità, ma va regolamentata. È compito esclusivamente della politica regolamentarla ed è quello che il Governo precedente ha cercato di fare, con moltissime critiche del mondo civile. Non accetto che il futuro degli Africani sia la carità del sistema di accoglienze e, allo stesso tempo, che l'Italia non sia in grado di assicurare il futuro di chi accoglie, dando spazio alla cosiddetta mafia nigeriana. Dobbiamo fare presto, Ministro, dobbiamo fare presto ad arginare questo problema alla radice, cominciando a tutelare i confini dello Stato, è importantissimo questo aspetto, il primo step. La mia domanda, quindi, signor Ministro, è: quale misura di collaborazione il Governo intende attuare in questo momento con i Paesi di provenienza di Africani disperati, e mi piange il cuore perché si tratta nella maggior parte di miei connazionali di origine nigeriana. Conosco il problema da vicino, l'ho seguito da tantissimi anni, prima ancora di entrare in politica, e conosco la disponibilità di alcune Nazioni africane, particolarmente la Nigeria, da dove proviene la maggior parte di questi ragazzi Ho recentemente svolto una missione istituzionale in Nigeria, dove ho avuto la possibilità di confrontarmi con il Presidente della Nazione. A sentirli parlare sembravano tutti leghisti, nel senso che erano contro questo esodo. Sono a disposizione dell'Italia, per collaborare ad arginare questo problema. Sembrerebbe che il Governo italiano sia assente da un po’ di tempo verso l'Africa, e spero veramente che sia arrivato il momento in cui bisogna attivarsi per poter collaborare in modo concreto.
  Infine volevo sapere quali misure intende adottare il Governo attuale in merito alla tratta di esseri umani, oggetto della mafia nigeriana che affligge il tessuto sociale del Paese? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie senatore Iwobi. Onorevole Tuzi, vicepresidente del Comitato, prego.

  MANUEL TUZI. Grazie presidente. Ringrazio il Ministro per l'esposizione che, secondo me, è stata molto esauriente, anzi, ci ha dato un contributo non indifferente. Io vorrei concentrarmi sulla questione dei flussi migratori, della politica dei porti aperti, dei porti chiusi. Sappiamo in che direzione sta andando la polemica. Diciamocelo chiaramente: in realtà i porti, anche nel Governo precedente, sono sempre stati aperti, la differenza è che quando le ONG arrivavano in prossimità della costa, iniziava il teatrino mediatico che andava in una specifica direzione: quello di palesare un problema reale a livello europeo. Nello stesso tempo il fenomeno dei «barchini», rispetto a quello delle ONG è maggiormente preminente rispetto a quello delle ONG e inevitabilmente va ad amplificare il fenomeno migratorio. Sappiamo, anche per una missione che abbiamo svolto con alcuni colleghi in Niger, degli accordi bilaterali che si stanno facendo con molti Paesi africani, ma anche di quello che si sta venendo a creare in Libia e della bolla che tra poco inevitabilmente esploderà. In virtù di questo, si vengono a creare fenomeni dalle ricadute a livello territoriale, tra cui quello delle mafie nigeriane. Da romano voglio poi arrivare al problema di Mafia Capitale, che conoscerà bene. Innanzitutto, il fenomeno migratorio ha aumentato il business dei migranti e sicuramente in passato le politiche migratorie non sono state sufficienti a contrastarlo. Mi chiedo quali siano state le politiche più efficaci e di maggiore impatto per contrastare tali fenomeni, ma soprattutto per arginare il ripetersi di fenomeni come Mafia Capitale a Roma. Sappiamo che la mafia è presente a Roma, sappiamo che specula anche sui migranti, ma sappiamo anche che Mafia Capitale, a suo tempo, aveva come principale fonte del business quella legata ai migranti, come Pag. 17provato dalla famosa intercettazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Tuzi. Ministro prego.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Darò spunti di risposte, poi integrati magari da risposte scritte. Permettetemi di cominciare dagli spunti che sono stati dati dal senatore Iwobi. Lungi da me l'idea di identificare il popolo nigeriano con qualsiasi forma di criminalità più o meno organizzata. Io sono stato chiamato qui a parlare delle varie problematiche di giustizia che si incrociano con i flussi migratori e, in particolare, proprio sul fenomeno delle mafie nigeriane, quindi mi sono permesso di focalizzarmi su questo, nel rispetto del quesito che era stato formulato. Ho grande rispetto del popolo nigeriano e credo che i primi a beneficiare della lotta alla mafia nigeriana siano proprio i cittadini nigeriani. Su questo non c'è alcun dubbio. Poi, poiché in generale qualche spunto si è spostato sul fenomeno dell'immigrazione, e questo è inevitabile, quello di cui vi posso parlare è come poi si cerca di affrontare la fase della degenerazione di un flusso migratorio, qualunque sia la causa alla base di quel flusso, quando questo degenera in una attività criminale. Da questo punto di vista, quindi, vi posso dire che certamente il controllo effettuato sulle persone che arrivano in Italia è l'elemento fondamentale, soprattutto tenuto conto che con controllo si intende non soltanto verifica dell'identità, ma anche filtro rispetto all'entrate delle persone, nel rispetto ed attuazione della normativa nazionale ed internazionale. Quando parlo del controllo parlo anche del fatto che quando si dispone di dati, si deve cercare una condivisione, per una cooperazione di livello giudiziario a livello internazionale. Noi con altri sei Paesi abbiamo costituito, proprio dall'autunno 2018, vado a memoria, il gruppo Vendome, un gruppo di Paesi europei, molto ristretto, che ha deciso di affrontare tutti questi temi non solo con determinazione, ma anche con spirito di cooperazione. È all'inizio del suo lavoro, ma è fondamentale che l'Italia in quel gruppo ci sia. Riguardo alle collaborazioni con i Paesi di provenienza, a livello di convenzione o meno, il deputato Ravetto chiedeva: «Ma stanno funzionando o no?» Le convenzioni servono anche per dare spazio ai Paesi di provenienza o di transito, a seconda del fenomeno che viene preso in considerazione. Quando si analizzano questi fenomeni solo nel momento in cui si manifestano nel territorio italiano, è già per certi versi tardi. È un modo per affrontare un problema di illegalità a monte. Alcune convenzioni funzionano un po’ meglio e altre no; a volte, nel momento in cui è necessaria una cooperazione dell'altro Stato, questa cooperazione c'è solo a livello di stipula dell'accordo e non nell'esecuzione. Ci sono Stati più collaborativi, altri meno collaborativi. Io faccio sempre l'esempio dell'Albania. All'inizio degli anni 2000 abbiamo deciso di costruire, sostanzialmente a spese nostre, un carcere in Albania, con l'accordo che i detenuti albanesi, che avevano commesso reati in Italia, andassero a scontare la loro pena in quel carcere, poiché all'Italia costa meno realizzare un carcere lì che non gestire la pena in un carcere italiano.

  LAURA RAVETTO. Lo ha fatto questo Governo?

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. No, probabilmente l'ha fatto un Governo della sua area politica, all'inizio degli anni... Pensavo di non dover specificare con lei quali erano i Governi che c'erano all'inizio degli anni 2000, ma sicuramente non c'era il Movimento 5 Stelle. Devo dire che l'intuizione è corretta, il problema è che il giorno dopo che è stato realizzato il carcere nessun detenuto albanese che avesse commesso reati ci è andato. Io ho cercato di intensificare il flusso, però, finché queste cose vengono viste a compartimenti stagni, non si va da nessuna parte. Sul punto ho già avuto un'interlocuzione col Ministro Di Maio e con la Ministra Lamorgese perché l'attività deve essere a livello interministeriale: quel Paese deve capire che per l'Italia è fondamentale il rimpatrio dei detenuti che devono scontare Pag. 18la pena lì o, dico ancora di più, di persone che non deve nemmeno scontare la pena, perché pena residua, e quindi può tranquillamente essere rimpatriata. È necessaria un'attività diplomatica del nostro Paese che faccia capire che per l'Italia è fondamentale il fenomeno dei rimpatri.

  LAURA RAVETTO. Io ho fatto una domanda specifica, questo è chiaro, grazie Ministro. Se può fornirci dei numeri perché l'attuazione delle convenzioni si misura sui dati. In particolare le ho chiesto della Romania. Vorrei capire quanti trasferimenti effettivi ci sono stati, perché lei ha parlato di Marocco, Albania e Romania, come le tre etnie prevalenti nelle carceri. Quanto stanno funzionando le convenzioni in termini percentuali? Questo è un dato che credo che il Ministero ci possa far arrivare.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Assolutamente, infatti la mia premessa è stata che davo principi di risposta che dovranno essere integrati nei numeri, soprattutto per quella parte che non era strettamente legata all'oggetto dell'audizione; verranno integrati con relazioni che arriveranno dal Ministero. Con questo mi riferisco a tutte le domande che avete fatto, però per la parte in cui, o in linea di principio o in parte nel dettaglio, posso rispondere, mi fa piacere darvi un inizio di risposta qui. Sulla lotta alle radicalizzazioni nelle carceri, il progetto Train Training, finanziato con fondi comunitari e finalizzato a perfezionare gli indicatori della radicalizzazione violenta, per migliorare il monitoraggio in ambito penitenziario coinvolge sei istituti, ed è condotto in collaborazione con il Nucleo Investigativo Centrale. Il livello di specializzazione del NIC, il corpo speciale della polizia penitenziaria, sul monitoraggio è veramente sorprendente. Quando ho avuto la possibilità di interloquire con questo corpo speciale ho visto che davvero lo Stato ha uno sguardo estremamente efficace proprio nel monitoraggio di tutti i fenomeni di radicalizzazione, perché quello è l'osservatorio minore. Tra l'altro l'Italia è favorita dal fatto che i cosiddetti foreign fighters in Italia hanno numeri estremamente inferiori rispetto a quello che accade negli altri Stati. La qualità del corpo speciale del NIC, e della polizia penitenziaria in generale, coordinata in combinato disposto con un fenomeno che riusciamo comunque a controllare, per quello che è possibile e per quello che mi risulta dagli atti, ci permette di dire che il livello di lotta alla radicalizzazione è veramente molto alto. Continueremo comunque ad investire in tal senso. Sui ricorsi, concordo perfettamente, la direzione deve essere affidata non a tribunali specializzati, ma a sezioni specializzate in tempi brevi. Nell'ambito dell'attuale assetto dell'ordinamento giudiziario, la magistratura italiana ha cercato, di avere comunque delle specializzazioni: cioè in ogni tribunale, in ogni corte, ci sono magistrati che si stanno già specializzando in quel settore, a prescindere dalla nomenclatura della sezione. È mia intenzione, pensavo di farlo il mese prossimo, convocare i magistrati che se ne stanno occupando, per cominciare a tirare le fila del discorso e per capire come può essere istituzionalizzata la specializzazione proprio nella direzione che indicava lei. Riguardo a quello che diceva la senatrice Pacifico sulla legislazione transnazionale si concretizza con varie convenzioni esistenti. Queste convenzioni sono fondamentali, soprattutto quella di Palermo del 2000 è estremamente importante. Pensate con quale lungimiranza già allora si ponevano le basi per la lotta alla criminalità internazionale, anche derivante fenomeni transfrontalieri di cui si parla adesso. Io ricordo sempre, e mi piace ribadirlo anche in questo Comitato, che Falcone diceva che gli uomini passano, ma le loro idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini. Oggi quella Convenzione è legge a livello internazionale per 188 Stati del mondo. A me piace immaginarla e pensarla come un'idea di Giovanni Falcone che oggi viaggia sulle gambe dei cittadini di 188 Paesi del mondo. Ed è così e riesce a migliorarsi ed incrementarsi. Il prossimo anno sarà celebrato il ventennale, sarà un momento di celebrazione in termini sostanziali dei traguardi importanti raggiunti, sarà un momento Pag. 19 di visibilità per il nostro Paese, ancora una volta leader a livello internazionale. Per quanto riguarda il nostro rapporto con i Paesi europei nella lotta alla mafia il nostro ordinamento è molto più all'avanguardia rispetto a qualsiasi Paese europeo, per cui il coordinamento con la legislazione europea, se non è trainata dal Paese Italia, rischia di essere un appiattimento per l'Italia su quello che è previsto a livello internazionale. I nostri strumenti di lotta alla mafia devono essere salvaguardati con particolare attenzione, come ho già detto pubblicamente. Faccio l'esempio dell'ergastolo ostativo, che è stato fondamentale nella lotta alla mafia, e che causa, così come l'articolo 41-bis, momenti di frizione a livello internazionale. Noi rispettiamo i diritti umani di tutti, ma ci sono strumenti che devono essere molto forti per essere efficaci nella lotta alle mafie. Da questo punto di vista, il nostro Paese ha ritenuto che la Procura europea sia una prospettiva importante nella lotta ai fenomeni transfrontalieri, ma facciamo sempre attenzione perché noi abbiamo la magistratura e la legislatura migliori al mondo in tema di lotta alla criminalità.

  MARINELLA PACIFICO. Io parlavo appunto della possibilità di esportare la nostra normativa, non quella di appiattirla alle altre straniere.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Infatti, sono perfettamente d'accordo e specificavo che l'importanza di esportare questi strumenti è nella misura in cui l'Italia è leader a livello internazionale. Tra l'altro, il fatto che l'Italia sia leader in questi settori lo dicono tutti gli organismi internazionali, anche il GRETA, veniva sottolineato. Riguardo a quello che veniva detto su Torino non ho fatto riferimento a tutte le inchieste, riconosco a quell'inchiesta una grande importanza dal punto di vista anche di osservatorio di alcuni fenomeni della mafia nigeriana; senz'altro il SAT, così come gli altri corpi speciali, può rappresentare uno strumento importantissimo. Nella lotta a tutti quei reati che riguardano i minori, per i motivi che esponeva lei, è molto difficile poter andare a scovare il singolo caso, se non cercando di avere un monitoraggio costante di tutti i dati di tutte le persone che entrano nel nostro Paese, perché attraverso l'incrocio dei dati poi si arriva ad incidere su quei fenomeni che sono fisicamente non visibili. Da questo punto di vista stiamo lavorando con molta attenzione. A proposito del SIS 2, c'è una parte della relazione che non ho letto, ma che in dettaglio affronta proprio come il Sistema Informativo Schengen cerchi di individuare il più possibile quei fenomeni criminali per tutelare in maggior modo i minori. Riguardo all'intervento del deputato Perconti circa il rapporto con le mafie autoctone, laddove c'è più spazio la mafia nigeriana tende ad espandersi in via autonoma e a volte riesce a ritagliarsi anche degli spazi. In regioni in cui la presenza della criminalità organizzata autoctona lascia ancora più spazio, la mafia nigeriana tende ad avere più autonomia. Lo Stato, però, non dà spazio a nessuno e la lotta alla criminalità organizzata è già ad un altissimo livello. Il vicepresidente Tuzi ha parlato di Mafia Capitale. Qui rientriamo nel discorso di ogni tipo di illegalità che c'è a livello nazionale e che tende a lucrare sugli immigrati, sul fenomeno dell'immigrazione. Su questo noi affrontiamo a 360 gradi il fenomeno. Io posso dire che, dal mio punto di vista, una delle leggi che spiana la strada alla lotta a quei fenomeni è la legge n. 3 del 2019, la cosiddetta legge spazza-corrotti, perché quei fenomeni sono il frutto spesso di opacità nei rapporti economici. Nella misura in cui quella legge tende a garantire la massima trasparenza nei rapporti economici che arrivano alla politica, e quindi anche nei rapporti economici che ci sono stati in passato tra politica e, per esempio, cooperative e a punire in maniera rigida tutti i fenomeni di corruzione, di fatto si sta dando un duro colpo a quelli che poi sono gli strumenti con cui quelle forme di lucro e di guadagno sul fenomeno dell'immigrazione, fenomeni di carattere illegale, tendono a svilupparsi. Se non ricordo male, un articolo stabilisce il divieto delle cooperative sociali di finanziamento della politica. Più Pag. 20noi accendiamo il riflettore su tutti i fenomeni, anche quelli fisiologici, minori saranno gli spazi d'ombra per possibili degenerazioni a livello patologico. Rispetto alla lotta alla mafia oltre a quanto detto finora, ricordo che in questa legislatura è stata approvata la proposta di legge (da parte del Parlamento, quindi non ho nessun merito a riguardo) sul voto di scambio politico-mafioso con la quale si colpisce un grave fenomeno alla base dei fenomeni mafiosi che inquina maggiormente le istituzioni. Siamo riusciti ad estrapolare il dato sulla Romania. Applicando la decisione quadro 2008/909/GAI, le procedure di trasferimento dei detenuti concluse con la Romania sono: 67 nel 2017; 77 nel 2018. Le procedure attive con la Romania sono: 216 nel 2017: 274 nel 2018. In via di implementazione per il 2019.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro. Se è disponibile, ci sono altri interventi. Onorevole Di Muro, prego.

  FLAVIO DI MURO. Grazie presidente. Grazie per avere anche, dopo richiesta della Lega, coinvolto il Ministro della giustizia a questa audizione. Cerco di essere rapido e concreto, visto che abbiamo poco tempo. Ho ascoltato quello che ha dichiarato. Grazie per la lunga, puntuale redazione di questo dossier, che andrò a rileggere sicuramente in serata. Sulla mafia nigeriana in particolare ci ha parlato il mio collega Iwobi, quindi volevo concentrarmi su quello che il Ministro può fare con la sua iniziativa politica, anche a livello legislativo, sui concetti che ha esposto. Non voglio tornare sull'accordo di Malta, che io ritengo assolutamente inappropriato e inefficace e per questo già ho scritto al Presidente Conte. Non ho ricevuto risposta rispetto ai rapporti transfrontalieri nel bilaterale che c'è stato tra Italia e Francia. Quella poteva essere un'occasione reale, per parlare dei problemi reali che ci sono tra i due Paesi, che continuano ad esserci tra i due Paesi. Non mi ha risposto, credo che non ne abbia neanche parlato con Macron. Peccato, è stata un'occasione persa. Non lo dico perché devo fare opposizione e sono della Lega: è stata un'occasione persa per l'Italia di affrontare i problemi che gli chiedono gli italiani. Io credo che il Ministro non ne abbia le possibilità, probabilmente vorrebbe combattere tutte le mafie del mondo, ma è tenuto a garantire che l'ordinamento della giustizia funzioni e che le norme, i finanziamenti, le risorse per chi opera nella giustizia e per le strutture della giustizia, siano adeguati per contrastare i fenomeni criminosi. Abbiamo sentito durante la formazione del nuovo Governo, l'intenzione magari non sua, ma di qualche suo collega, di rivedere il decreto sicurezza. Soprattutto nel decreto sicurezza 2 ci sono delle norme stringenti, volute dal mio movimento, che sono molto più coercitive per le navi che arrivano senza permesso nel nostro Paese e sono molto onerose dal punto di vista delle multe. Sono previste anche delle confische. Io spero che nella legittima revisione che la nuova maggioranza parlamentare e il nuovo Governo vogliano realizzare sui decreti sicurezza voluti dall'ex Ministro Salvini, non si vadano ad intaccare queste previsioni, perché, come ha ricordato all'inizio della sua relazione, dalle navi arriva sì chi chiede l'asilo politico, che noi dobbiamo assolutamente garantire e tutelare, ma arrivano anche tanti, molti, forse la maggioranza, migranti economici di cui una parte dai dati del Ministero della giustizia, va a riempire le nostre carceri. Abbiamo sentito nuovamente che un terzo dei detenuti è di origine straniera, è un dato che ovviamente non ci fa piacere, anche perché gli accordi di rimpatrio sono difficili da raggiungere. Auguro a questo nuovo tavolo interministeriale grandi successi, ma tutti i Governi che sono preceduti hanno avuto difficoltà di questo tipo; e poi, purtroppo sono spese che escono dalle tasche degli italiani, che pagano le tasse e si trovano a dover contribuire alla permanenza nelle carceri di tanti e tanti detenuti stranieri. Anche su questo punto, io mi auguro grande lavoro e tanta soddisfazione per il Ministro. Ritengo che alle forze dell'ordine, in particolare Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, oltre ai Vigili del fuoco ed alle polizie locali, che operano in quelle realtà più difficili del Paese, che hanno a che fare con la cooperazione Pag. 21 transnazionale, transfrontaliera vada il doveroso ringraziamento di tutti. Nello scorso Governo vi è stata un'attenzione economica particolare: sono arrivate nuove assunzioni, sono arrivate più unità in quelle province che avevano più bisogno di copertura, anche solo guardando il numero dei reati. Io spero, mi auguro, le chiedo che ci sia più attenzione, più risorse, che si continui su questa linea, magari con specifica attenzione in quella realtà. Penso a Lampedusa, penso a Como del presidente Zoffili, penso alla mia Ventimiglia, a quelle realtà così difficili, così attenzionate dai flussi di migrazione. La polizia di frontiera, in queste specifiche realtà territoriali, sta lavorando molto bene, non dobbiamo lasciarla da sola. C'è già una cooperazione di pattuglie miste tra queste realtà. Ci sono già dei dati che vengono aggiornati ed elaborati tra i Paesi confinanti, come Italia e Francia e su questo manca un ruolo di coordinamento dell'Europa, che è stata assente anche su quest'aspetto per troppi anni. Ancora due considerazioni. Sulle carceri non voglio dimenticare la polizia penitenziaria. È necessario un impegno e questo lo può fare solo lei, Ministro, nell'andare ad analizzare quelle che sono le difficoltà con cui i nostri agenti lavorano nelle carceri, come dicevamo, piene anche di immigrati extracomunitari o comunitari. Mi risulta che nel carcere di Sanremo, uno dei carceri che risente di più della pressione migratoria, ci sono da parte dei sindacati, da anni, richieste di ispezioni ministeriali per criticità dovute al personale assegnato e alla carenza di personale. Ci sono tre agenti con qualifica di ispettori, su 266 agenti; manca il provveditore regionale per le carceri liguri. Capisco che lei non può intervenire a combattere le mafie nel mondo, ma sicuramente può avere un'incidenza diretta sulla gestione delle carceri. Infine, ho letto che alle 19 vede Matteo Renzi: lei forse è il primo esponente del Movimento 5 Stelle che ha il piacere di incontrare Renzi per parlare della riforma della giustizia. Come lei sa, a me stanno molto a cuore il tribunale soppresso di Sanremo e la sede distaccata di Ventimiglia.

  PRESIDENTE. Sintetizziamo onorevole.

  FLAVIO DI MURO. Sintetizzo. In quest'ultimo, che è stato soppresso proprio dai Governi sostenuti da metà della sua attuale maggioranza, c'erano tutti quei giudizi di direttissima che riguardavano reati particolari che hanno a che fare con il flusso di immigrazione. Io la invito a fare una riflessione nella riorganizzazione della giustizia anche su quest'aspetto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie onorevole. Senatore Zuliani.

  CRISTIANO ZULIANI. Sarò telegrafico. Grazie presidente, grazie Ministro. Chiedo la sua opinione e la sua presa di posizione relativamente all'episodio (che io condanno fermamente) dello sbarco della Sea Watch del 29 giugno del corrente anno, durante il quale una motovedetta della Guardia di finanza è stata speronata, violando le leggi dello Stato italiano, dalla capitana Carola Rackete. Inoltre le chiedo se è a conoscenza, se sia vero, che alcuni immigrati siano stati accusati di violenze, stupri, sequestro ed omicidio; e cosa ancor più grave che il tutto è stato avallato da parlamentari del Partito Democratico che hanno voluto a tutti i costi lo sbarco. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Mi permetto di fare una puntualizzazione rispetto all'intervento del senatore Zuliani, che ha citato l'episodio dello speronamento da parte di Carola Rackete. Noi siamo stati in missione a Lampedusa e personale in divisa, quando ho visto la motovedetta speronata, mi ha corretto e mi ha detto: «Presidente, questa motovedetta non è stata speronata, ma è stata schiacciata». Io lo riporto da presidente, proprio perché mi è stato riferito, nell'ambito della missione istituzionale di questo Comitato, da personale in divisa.

  ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Comincio da quest'ultima domanda, senatore, per sottolineare che è evidentemente estranea al mio ambito di competenza, perché, laddove c'è un'indagine in corso o un procedimento in corso Pag. 22io, come Ministro della giustizia, non posso entrare nel singolo caso, anzi, sono il Ministro che ci può entrare meno di tutti. Per quanto riguarda il monitoraggio di quelle che potrebbero essere le conseguenze a livello di sicurezza del Paese, da un punto di vista istituzionale, è di competenza del Ministero dell'interno e non del Ministero della giustizia. Per quanto riguarda l'intervento articolato del deputato Di Muro, sul decreto sicurezza non posso che ribadire quanto è stato già detto, e cioè che la volontà politica di questo Governo, è di correggerlo negli aspetti la cui criticità è stata rilevata dal Presidente della Repubblica. Qualsiasi mia osservazione in più o in meno sarebbe alterata dal fatto che ancora non c'è un livello di dettagli per poter dare una risposta più precisa. Posso però dire una cosa, il decreto sicurezza, cosiddetto sicurezza bis, prevede, se non ricordo male, una sorta di concertazione e di sinergia tra Ministro dell'interno, Ministro delle infrastrutture, Ministro della difesa e Presidente del Consiglio, ogni volta che si presenta una situazione da autorizzare o meno. Ritengo che quel tipo di impostazione sia buona nella misura in cui dà la possibilità allo Stato di avere un monitoraggio per vari profili: quello della difesa, quello dell'interno, quello delle infrastrutture, con la supervisione del Presidente del Consiglio, di quella situazione che si è venuta a creare. Riguardo poi agli aspetti critici rilevati dal Presidente della Repubblica, su quello ci sarà da lavorare. Per quanto riguarda il rimpatrio dei detenuti sto proseguendo un lavoro che era iniziato col precedente Governo perché non c'è colore politico, dal mio punto di vista, nel fatto che ci sono detenuti che possono andare a scontare la loro pena nel loro Paese di origine, quindi i Ministeri si riuniscono per lavorare e per cercare di ottenere quel risultato. Mi risulta che ci sia ancora la volontà della Ministra Lamorgese e del Ministro Di Maio. Per quanto riguarda la difficoltà nelle carceri, lei dovrebbe sapere meglio di me, perché è un provvedimento della scorsa legge finanziaria, che rispetto alle forze dell'ordine, per la polizia penitenziaria, è stato previsto un incremento di 1.300 unità soltanto in quest'anno, quindi abbiamo lavorato tantissimo per dare nuove risorse. Con la delega sul riordino delle forze dell'ordine noi incrementiamo ulteriormente le prospettive della polizia penitenziaria in termini di crescita di quel corpo di polizia. A proposito delle carenze di personale nelle carceri, se non ricordo male, arriveranno dei dirigenti che potranno in alcuni casi sopperire a quelle mancanze. Sulla riforma della giustizia, nel momento in cui sono diventato Ministro della giustizia, non si è chiuso più il portone di alcun tribunale in Italia nonostante ve ne fossero in chiusura almeno setto o otto. Poi un conto è non chiuderli, un conto è riaprirli, perché a quel punto bisogna indicare dei criteri che valgano per tutta Italia, perché non è possibile aprirli in una regione e non in un'altra. In merito in primavera ho convocato, proprio per questo autunno, le associazioni che si stanno muovendo in tal senso, per cercare di individuare, nonostante le difficoltà, un criterio per poter stabilire se ci sono dei vuoti di giurisdizione su cui intervenire. Quindi questo è al tavolo di studio, non voglio dire niente, né in un senso né nell'altro, per me il presidio di giustizia che dà un tribunale è fondamentale, quindi lavoreremo per valutare il territorio allo stato attuale e vedere quale miglioramento ci può essere. Detto questo, il riferimento che mi faceva all'incontro di stasera, chiaramente è fuori argomento all'ordine del giorno, ma non mi sottrarrò alla risposta. Lei è male informato, perché io non ho in programma alcun incontro con il senatore Renzi. Io stasera, e mi sembra giusto farlo, farò un incontro di prospettiva, che non sarebbe nemmeno dovuto, sulla riforma della giustizia con tutti i gruppi parlamentari di maggioranza, su una bozza di riforma, per avere un primo confronto e per vedere quali sono le esigenze del Parlamento. Successivamente, farò un confronto anche con gli addetti ai lavori e mi piacerebbe, compatibilmente con i tempi prima che la riforma arrivi in Parlamento, anche un confronto con i capigruppo di opposizione, perché ritengo il dialogo ed il contraddittorio essenziali. Non mi risulta che Pag. 23Matteo Renzi sia uno dei due capigruppo della forza politica a cui appartiene. Visto che stiamo in una sede parlamentare, sarebbe bene andare oltre il titolo dell'agenzia che arriva sul cellulare e verificare l'informazione che sta alla base. Sul resto mi permetta di dire una cosa, senza nessuna polemica politica: tutti i progetti su cui lei mi ha fatto una domanda e a cui io ho risposto con piacere, (spero di avere ancora sinergia con il Parlamento e con questo Comitato) erano progetti caratterizzati da uno sforzo organizzativo, logistico ed economico che fa capo anche alla precedente fase di Governo, perché ritengo che, laddove non ci sia una linea politica o un colore politico, si debba cercare di lavorare, o declinando in maniera politicamente diversa un impegno o cercando di dare continuità. Continuità sia riguardo al riordino delle forze dell'ordine, che prevedeva una scadenza al 30 settembre, sia riguardo al lavoro fatto sui rimpatri; sarebbe stata una continuità gravemente compromessa da una crisi di Governo, che non sono stato certo io ad originare. Io sto continuando a lavorare e rispondo alle domande, però dobbiamo essere tutti consapevoli del fatto che ogni volta che portiamo avanti una linea politica questa ha conseguenza sull'impegno che in quel momento stiamo portando nelle Istituzioni e quindi sugli interessi reali dei cittadini. Questo è il mio punto di vista che mi sono permesso di esporre. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro. La ringrazio per l'audizione, per la relazione, quanto esposto e quanto depositato. Io ci tenevo a ringraziare anche gli agenti, gli operatori del Ministero ed in particolare gli agenti della polizia penitenziaria. Da presidente, ma anche da deputato, ho avuto modo, nella mia esperienza, di conoscerli anche all'interno delle carceri e di verificare di persona le condizioni difficili in cui talvolta sono costretti ad operare, anche a fronte di dati che ha riportato relativi alla popolazione carceraria. Personalmente sono preoccupatissimo riguardo ai rischi inerenti terrorismo e foreign fighters e alla mafia nigeriana. Vorrei informarla che l'ufficio di presidenza di questo Comitato ha approvato una missione in Nigeria, che verrà sottoposta all'attenzione del Presidente del Senato e del Presidente della Camera per l'autorizzazione. Noi saremo, la informo, 16 ottobre prossimo a Lampedusa, il 29 ottobre a Cagliari, dove le coste della zona del Sulcis sono luoghi di sbarco della rotta algerina. Il Comitato andrà anche in Algeria, in Tunisia; stiamo valutando anche una missione in Libia, senza dimenticare i confini con Ventimiglia, confini col Friuli Venezia Giulia, e con un occhio agli effetti della Brexit rispetto all'immigrazione. La prossima settimana è prevista un'audizione con il Ministro Amendola. Ringrazio ancora il Ministro e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 17.05.